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Riassunto di 'Il fango e l'oro', di Riccardo Campi, Sintesi del corso di Letteratura Francese

Riassunto di 'Il fango e l'oro' - Parigi da Voltaire a Breton di Riccardo Campi. Il libro originale è di 188 pagine, il riassunto ne ha 8 e segue una suddivisione per autori all'interno dei capitoli. I capitoli 4 e 5 non sono esplicitati ma integrati nei discorsi sui singoli autori.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Caricato il 25/05/2021

marina-marcotullio
marina-marcotullio 🇮🇹

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Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto di 'Il fango e l'oro', di Riccardo Campi e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Francese solo su Docsity! I capitoli 4 e 5 sono integrati nel testo senza che sia esplicitato, seguendo una divisione che va in base agli autori. PRIMO CAPITOLO Delusione di molti autori e turisti nel vedere Parigi, poiché per arrivarci si passava per saint- marceau. VOLTAIRE: secondo lui Parigi, e in particolare questi sobborghi potevano essere utilizzati solo come bersaglio satirico o polemico, quindi soggetti di un giudizio estetico e morale, ma la loro descrizione sarebbe stata comunque fuori luogo in un contesto letterario, per questo si limitava a una presentazione generica, per conformarsi alle regole di buon gusto. Per lui Parigi era il luogo di ogni contraddizione, dei contrasti di lusso e indigenza, di palazzi e catapecchie. È l’assurdità di questo contrasto che secondo Voltaire deve interessare i propri lettori. ATTEGGIAMENTO DEGLI SCRITTORI FINO A FINE SECOLO. BALZAC: per lui le descrizioni dei quartieri sono uno dei fini principali della creazione romanzesca poiché necessarie per la caratterizzazione dei suoi personaggi. In Balzac la descrizione dello spazio, che sia urbano suburbano o campagnolo, diventa essenziale e non è un mero esercizio stilistico, poiché parafrasando Auerbach ogni spazio si tramuta in un’atmosfera morale e sensibile di cui s’imbevono corpi, case, mobili, caratteri, sorte dei personaggi, ecc… Per lui luoghi, personaggi e situazioni sono interdipendenti nella costruzione dell’intreccio narrativo. Quindi gli spazi per Balzac non sono mai solo un’inerte scenografia ma elementi dotati di un significato che contribuiscono al senso d’insieme. Solo dopo di lui si potranno concepire certe opere di Zola o Hugo. Balzac attinge dall’opera di Mercier e sarà il primo a dimostrarsi dotato della curiosità e capacità d’osservazione necessarie, abbandonando lo sguardo giudicante o satirico. In Balzac i tradizionali inconvenienti cui è esposto il pedone parigino assumono una funzione narrrativa ben precisa nello sviluppo dell’intreccio. Il fango diventa un simbolo pregno di drammaticità. Per esempio ne ‘La peau de chagrin’ serve a sottolineare la distanza che separa il mondo di Raphael e quello della dama. Questo contrasto è funzionale allo sviluppo del dramma, e lo alimenta. Riteneva di avere una ‘seconda vista’, un dono che possiedono i poeti o gli scrittori filosofi, che permette loro di presagire tutte le situazioni possibili. È quindi una facoltà che permette di inventare il vero in virtù di una singolare capacità di osservare e decifrare l’esistenze. Neppure Balzac però farà trovare un posto al quarto stato nella Comédie Humaine. Nelle opere di Balzac il destino ha duplice funzione: libera i personaggi dalla causalità, cioè da un percorso prestabilito da determinati fattori causali, dall’altra lascia nelle contingenze in cui agisce autonomia decisionale ai personaggi. Il destino dei personaggi non è più conteso tra il caso e la provvidenza, ma tra il caso e le contingenze storiche, ovvero sociali. Per Balzac il caso non è un fattore minaccioso ma un “dio” per il quale bisogna saper rischiare: Parigi è la capital du hasard, dove le relazioni sociali aumentano la possibilità di affermarsi e avere successo che bisogna saper sfruttare con forza volitiva. Le risorse romanzesche del caso a Parigi sono talmente ricche che il realtà la bravura del romanziere sta nell’attenuarle per renderle verosimili. Per esempio nel romanzo Ferragus il protagonista trova per caso una lettera: l’episodio serve a mantenere vivo l’interesse del lettore ma permette anche il procedere della narrazione. Il ritrovamento della lettera è una coincidenza talmente incredibile che deve per forza di cose essere giustificata e resa verosimile dal contesto, cosa che Balzac inizia a fare da inizio capitolo: l’episodio infatti è anticipato da un preambolo sul fatto che Malincour innamorato perso voglia assolutamente scoprire cosa c’è dietro questo mistero e torna più e più volte in quella strada, finché incontrando un acquazzone succede quello che succede. La scena descritta quindi non ha nulla di eccezionale nel panorama urbano: la sua veridicità viene avvalorata dai piccoli dettagli come la portinaia che ramazza. Il caso viene fatto intervenire da Balzac come un fatto possibile e quindi in quanto tale perfettamente ammissibile. L’usonarrativo che Balzac fa del caso quindi disinnesca il carattere romazesco. Le vicende di Ferragus non costituiscono un exemplum come in Manon Lescaut, poiché non obbediscono a nessun piano provvidenziale o fatale. Più volte Balzac definisce Parigi un mostro. Nel preambolo alla fine di Fille aux yeaux d’or vengono descritti i diversi cerchi che compongono la stratificazione sociale e morale dell’inferno parigino. Il terzo di questi cerchi viene visto comr una specie di ventre parigino, in cui vengono digeriti gli interessi della città e nel quale questi si condensano sotto forma di affari. Quest’immagine, benché possa apparire disgustosa rappresentata come un movimento intestinale, non ha per forza una connotazione negativa, indica anche la vitalità di Parigi. MERCIER: Tableau de Paris, ancora aveva un atteggiamento moralista e riformatore illuminista, si indignava di fronte allo spettacolo delle enormi disuguaglianze tra quartieri ricchi e poveri. Non sono descrizioni dettagliate come quelle di Balzac, ma dopo considerazioni molto generali Mercier lascia intravedere una scena di ciò che accade in una casa. Mercier aveva intuito che Parigi poterre offrire un grande repertorio di situazioni drammatiche e narrative. Egli non ha saputo trasformare le sue osservazioni in materiale narrativo, non ha saputo investigare i destini di chi abita quei quartieri, cosa che farà Balzac proprio grazie agli spunti di Mercier. Sulla sua scia mezzo secolo dopo si creerà il paradigma della letteratura romantica e realista. Come abbiamo detto Mercier osserva la metropoli in tutti i suoi minimi dettagli con intento moralistico: per esempio quando parla del fango lo fa con l'intenzione di richiamare l'attenzione del pubblico sulla necessità di provvedere di marciapiedi e strade parigine sull'esempio di quelle di Londra. L'intenzione è quindi riformatrice e non ha che vedere con la poesia satirica e burlesca. La struttura dei Tableau si presenta come un mosaico ricco e variopinto per l'estrema libertà digressiva del FLAUBERT: Nell’Educazione sentimentale fu colui che prima e consapevolmente volle e seppe assorbire anche i dettagli più minuti nella propria scrittura. Per mezzo di dettagli apparentemente poco significativi Flaubert costruisce la struttura che essendo apparentemente assente fu causa di critiche all’opera. Anche in questo caso è presente il fango che schizza addosso a Deslauriers. Questo schizzo di fango ha una forza che trattiene l'attenzione del lettore, inoltre svolge anche una funzione nel quadro del racconto: mantiene vivo il legame che unisce Frederic e questo personaggio scomparso dalla narrazione ma che continua esistere e condurre la propria solita resistenza piena di frustrazioni. Il tutto è espresso attraverso lo schizzo di fango che colpisce accidentalmente un passante che avrebbe potuto essere chiunque. Invece queste poche righe insignificanti servono a mantenere un labile filo che tiene insieme una storia che ha una sua fondamentale importanza nella trama testuale del romanzo. Flaubert non ha fiducia nelle risorse morali ed intellettuali della borghesia e non ha più speranza di poter cogliere ed esprimere letterariamente una realtà oggettiva. Maupassant ci fa notare come non basti una spiccata capacità di osservazione per fare di Flaubert un realista: le descrizioni per esempio sono soggettivate e c’è un costante ricorso alla focalizzazione interna. La scrittura descrittiva di Flaubert è uno strumento analitico, un mezzo di scomposizione della realtà o uno specchio del disordine della realtà, retta dal caso. Le descrizioni urbane e le fantasticherie dei suoi personaggi soggettivizzano e derealizzano la realtà, sminuzzandola in un pulviscolo di dettagli. Parigi non viene mai rappresentata come una totalità, non c’è mai un discorso su Parigi (≠Balzac, Zola). Parigi è filtrata ed interiorizzata dallo sguardo del protagonista. La rappresentazione di Parigi perde il carattere organico che ha in Balzac: l’unico funtore di unità è meramente soggettivo, in quanto si identifica con la coscienza del protagonista. In Flaubert la frequentazione di una città enorme e l’incrocio di innumerevoli relazioni invece di essere risorse (come in Balzac) che forniscono occasioni di sviluppo all’intreccio romanzesco, frantumano il quadro narrativo. Il caso non viene piegato alle esigente narrative ma diviene un fattore propriamente costitutivo della struttura poiché impedisce l’evoluzione narrativa, il suo ruolo è infatti antiromanzesco. (Da ricordare: L’éducation sentimantale è un anti-romanzo). Flaubert non riesce infatti a risolvere la contraddizione per la quale sa che un’opera dovrebbe “fare la piramide”, avere cioè un punto culminante, ma il rispetto per l’osservazione alla verità della vita glielo impedisce. TERZO CAPITOLO VAUVENARGUE: erede della tradizione dei moralisti classici, l’oggetto delle proprie indagini da moralista doveva essere ciò che concernesse tutti e non il singolo individuo. Prende quindi in esame ciò che accomuna gli uomini, cioè i vizi, le passioni, i costumi. In questo si accosta a La Bruyère, il quale dichiarava che il suo scopo fosse quello di dipingere l’uomo in generale. Vauvenargue non presenta il contesto concreto in cui agiscono i caratteri che egli analizza con tanta precisione, che sembrano muoversi in uno spazio vuoto ed estemporaneo. In un teste delle Miserie nascoste abbandona vagamente questa discrezione, offrendo un’immagine d’insieme visiva dei giardini di Lussemburgo, che il lettore non potrà più ritrovare nelle opere successive. In questo testo e in ‘Les bas-fond’ la riflessione è la medesima e si volge ai suoi temi prediletti. È lampante però la differenza di tono. Dei bassi fondi si parla in maniera molto generica, non viene nemmeno menzionata Parigi, e la riflessione compassionevole non si sofferma su nessun individuo parigino. Altra differenza è che nel primo testo la descrizione dei giardini si intreccia con una testimonianza personale. Le due prime frasi ambiscono a un’universalità presentando forma impersonale tipico dello stile aforistico tradizionale, ma nella seguente prende la parola personalmente utilizzando sei volte il pronome di p.p.s. Il testo è sì descrittivo, eppure non abbastanza minuzioso da capire per certo che sia il Louxembourg senza saperlo preventivamente, potrebbe essere qualunque parco. Eppure vari testi successivi di altri artisti confermeranno la fedeltà della descrizione del moralista. Il ripetuto impiego della prima persona produce un effetto inusuale nella scrittura dei moralisti: la rappresentazione del luogo è filtrata dallo sguardo di un soggetto, che non riesce ad essere obbiettivo. Il quadro quindi si sdoppia: da una parte abbiamo l’immagine del giardino a cui corrispondono delle emozioni, dall’altra le fantasticherie del moralista. PRÉVOST: anch’egli cita il giardino di Lussemburgo, sempre in occasioni di incontri privati, in cui ha bisogno di non dare nell’occhio. Il Luxembourg evidentemente poteva offrire questa discrezione a causa della sua vastità. Anche se il giardino non è descritto svolge comunque una precisa funzione. SESTO CAPITOLO Il caso, le coincidenze diventano segni e presagi da decifrare poiché alludono ad una surrealtà, che per i surrealisti è la “vrai vie”, indistinguibile dal sogno. Aragon, per esempio, si definisce un pessimo osservatore: lo spazio urbano diventa limite interiore e il problema non è più stilistico ma esistenziale, che investe psichicamente il soggetto. La ricerca si volge su un esprit nouveau, la luce moderna dell’insolito, dove sogno e realtà sono due facce della stessa medaglia, e non più due componenti contraddittorie. Ciò che cambia non è la città ma l’idea del reale. Tecniche espressive e pratiche non hanno alcuna finalità letteraria o estetica. Parigi è ancora la “capitale del caso” ma l’interesse si sposta su quelle “serrature” che danno accesso ad un dominio ancora proibito.
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