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Riassunto di LA NASCITA DELLA TRAGEDIA (di Friedrich Nietzsche), Sintesi del corso di Estetica

Riassunto del Libro "La Nascita della Tragedia" di Friedrich Nietzsche - Corso del Professor Cattaneo, DAMS, Bologna

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 11/04/2023

DiegoPolimeni
DiegoPolimeni 🇮🇹

4.6

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Scarica Riassunto di LA NASCITA DELLA TRAGEDIA (di Friedrich Nietzsche) e più Sintesi del corso in PDF di Estetica solo su Docsity! LA NASCITA DELLA TRAGEDIA (di Friedrich Nietzsche) CAPITOLO PRIMO Lo sviluppo dell’Arte è dovuto alla duplice presenza degli spiriti Apollineo e Dionisiaco, così chiamati vista l'importanza e il risalto delle due divinità che danno loro il nome all’interno del mondo greco. Nonostante le grandi differenze essi sono cresciuti di pari passo l’uno con l’altro, accomunati dal loro legame con l’Arte. Elemento di contatto è stata la Volontà, ciò che origina l’Arte stessa (viene ripreso Schopenhauer). Questi due spiriti rappresentano rispettivamente il Sogno e l’Ebbrezza. Il Sogno lega l’uomo alle arti plastiche e a parte della poesia. Questo tuttavia è lungi dall'essere solamente Apparenza: secondo una concezione filosofica, infatti, esso rappresenterebbe una "seconda realtà" parallela e complementare a quella della veglia. Il mondo onirico può fungere infatti come riflessione e allenamento per la quotidianità. Ad Apollo viene associata anche l’Apparenza, insieme alla Bellezza e alla Saggezza che ne derivano. Schopenhauer parla di orrore quando l’uomo entra in contatto con la Conoscenza disorientante dei fenomeni. Questo orrore diviene superabile grazie all’Ebbrezza, l'Estetica del Dionisiaco, ovvero lo spirito di spensieratezza che accompagna l'uomo nei momenti di cambiamento. Per esempio durante la storia venivano eseguiti riti e danze per accogliere l’arrivo della primavera, stagione climaticamente favorevole, e della fertilità che ne derivava, la quale permetteva una riconciliazione tra l’Uomo e la Natura, nonché tra gli stessi uomini: venivano abbattute le barriere e l’uomo diventava temporaneamente libero. Da Artista l’uomo diventava Opera d’Arte. CAPITOLO SECONDO La concezione dell’Arte si divideva come già detto in Apollineo o Dionisiaco, quindi in Sogno, Intelletto ed Individualità o in Ebbrezza, Spensieratezza e Unione. Ogni Artista non era altro che un imitatore di uno di questi due spiriti. Il Sogno Apollineo rievocava una Natura di tipo Simbolico, dotata di istinti artistici. I Greci avevano una propria concezione dei sogni di origine Omerica, peculiare ed estranea rispetto a quella nostra odierna. I Barbari rappresentavano l’Ebbrezza Dionisiaca, con i loro rituali sfrenati, sessuali e febbrili. A questo impulso si opponeva la figura di Apollo, il quale assumeva una funzione di protettore. Ma questa protezione apollinea era destinata a cedere, dal momento che gli stessi istinti dionisiaci presenti nei barbari erano sopiti anche nei greci stessi. Apollo è quindi retrocesso in uno stato di "guardiano conciliatore", il cui compito era quello di bilanciare gli istinti dionisiaci. Questa conciliazione è stato l’evento più importante della storia greca: i greci iniziarono ad assimilare la sfrenatezza ed i rituali barbarici, sviluppando al contempo una concezione orribile della natura, ormai disgregata, così come degli uomini, destinati ad esistere solamente come singoli individui. Altrettanto spaventosa era la dissonante Musica Dionisiaca, in quanto fino a quel momento l’arte musicale era sempre stata associata ad Apollo. Questa spingeva l’uomo a sviluppare tutte le proprie capacità simboliche grazie alla propria violenza travolgente e flessibile. La ricerca di simboli scatenava una ritmica dinamica ed armonica inedita, davanti alla quale lo stesso spirito Apollineo doveva stupirsi. CAPITOLO TERZO Per comprendere la cultura apollinea bisogna partire da un'analisi delle sue origini. Apollo può apparire come singola divinità al pari delle altre, tuttavia la sua influenza è stata indubbiamente la più significativa all'interno del pantheon greco, tanto da rappresentare l'austerità dell’intero mondo olimpico. A differenza di altre religioni, quella greca esaltava in maniera eguale vizi e virtù: non erano importanti l'ascesi o la bontà, bensì il Trionfo ed il Vitalismo. La vera importanza degli dei greci stava però nella consolazione che la sola esistenza di questi forniva: i greci avevano infatti una concezione terribile e fatalista del mondo che li circondava e che solo il divino poteva sminuire attraverso la gioia. La sofferenza unica che quel popolo era in grado di provare e la consolazione altrettanto unica che la gioia divina forniva permise ai greci di sviluppare una conseguente concezione unica dell’arte, permeata dall’istinto e dalla Volontà di un intero popolo. La Morte da Liberazione diventava quindi nuovamente Sofferenza, la sofferenza di doversi distaccare dall’Arte. Ne consegue che la Volontà greca era quella di allontanare la morte. Schiller ha coniato il termine “Ingenuo”, il quale rappresenta uno stato contemplativo che dovremmo tutti provare di fronte all’Arte Apollinea. È però difficilmente raggiungibile questo Ingenuo Sublime: unica eccezione indiscutibile è stato infatti Omero, massimo esempio di trionfo apollineo. La Volontà nel mondo greco non voleva altro che rivedere se stessa nel Genio e nell'Arte, ovvero in forme "Sublimi”. Queste forme Sublimi rappresentano la Bellezza, che a sua volta rappresenta il Mondo Olimpico delle Divinità. Questa è la Giustificazione Estetica del Mondo: il Senso Metafisico dell'uomo è dato dall’Arte e non dalla Morale, poiché quest’ultima semplicemente non esiste, dal momento che nasciamo per morire e nella vita stessa soffriamo. Se è vero che la vita umana sta nelle mani di un Dio giocoso che la manipola a piacimento, solo il piacere Estetico rimane l’unico dotato di senso poiché è esso stesso divino. CAPITOLO QUARTO L’Artista Ingenuo è per certi versi paragonabile al Sognatore, dal momento che entrambi sono accomunati dallo Spirito Apollineo. Per sognare bisogna distaccarsi dalla Realtà della Veglia facendosi guidare da Apollo. Nonostante questa realtà sembri la più importante, in quanto apparentemente più concreta e quindi preferibile, non bisogna però sottovalutare la Realtà Onirica, misteriosa e altrettanto importante a livello fenomenologico. Il Sogno non è altro che una temporanea beatitudine necessaria, una gioia che apparentemente non esiste. Il Sogno può quindi essere visto come l’Apparenza dell’Apparenza, ed è quindi in grado di fornire lo stesso appagamento gioioso della creazione dell’Artista Ingenuo. Da questa “Apparenza Ulteriore” deriva un contrasto tipico dell'Arte e della Bellezza Apollinea. Questa spinge il singolo uomo a soffrire per poi cercare la redenzione. Il “Conosci te Stesso” di Delfi non è altro che un invito alla ricerca di una Redenzione attraverso la Bellezza Estetica. Qualità quali la superbia venivano disprezzate e relegate all'età pre-apollinea dei titani e dei barbari. La stessa concezione si aveva del Dionisiaco prima della sua integrazione. Questo spirito giaceva a sua volta su di una base di sofferenza necessaria e quindi i due spiriti in realtà non erano poi così diversi. Ma se dall'Apollineo nascevano le arti intellettuali dal Dionisiaco nascevano invece l'ebbrezza e la gioia. A questa incursione culturale i Greci e il loro Spirito Apollineo reagirono con una iniziale ostilità: nacque il Periodo Dorico. Le due concezioni dello spirito sono in seguito cresciute di pari passo permeando l’essenza stessa del popolo greco. Lo scontro tra i due ha permesso innovazioni che artisticamente si sono sviluppate nei periodi successivi della storia ellenica. Proprio in uno di questi nasce la Tragedia Attica, massima comunione dei due istinti. CAPITOLO OTTAVO Il Satiro è accomunato al Pastore dalla Nostalgia che gli uomini provano nei confronti dello Stato di Natura, privo di civiltà e di consapevolezze spaventose. L’immagine ancestrale dell'uomo era inoltre più vicina al Dio: il Satiro viene visto con riverenza in quanto è un'Immagine Primigenia dell’Uomo Naturale. Schiller sotto questo punto di vista aveva ragione: il Coro rappresenta un tentativo di limitare l’ingerenza della Realtà nella Tragedia, affinché questa possa risultare più autentica e veritiera della Realtà stessa. La Poesia non solo si colloca all’esterno della Realtà, bensì ne è l’esatto contrario. La Realtà si costruisce sul contrasto tra la Verità della Natura e la Menzogna della Civiltà. In realtà il Pastore e il Satiro, non sono altro che un'illusione creata dall’uomo moderno per sostituire una Natura ormai inesistente. Il Greco Dionisiaco però non si accontenta di ciò: egli brama l’Autenticità che la Tragedia vuole imitare senza Illusioni. Nella Tragedia attica non vi è nessuna opposizione tra il Coro ed il Pubblico, ed anzi, il primo deve rappresentare il secondo. Lo Spettatore Ideale auspicato da Schlegel è quindi colui che osserva la scena come se fosse un Mondo Distinto, ignorando quella Realtà che lo circonda. L'Attore a sua volta deve essere in grado di “vedere” il Personaggio da interpretare, mentre l’architettura teatrale ricorda una valle naturale, al centro del quale risiede un'allegorica immagine di Dioniso. Le descrizioni di Omero erano le più vivide in quanto lui stesso era colui che vedeva più vividamente. Questa dote artistica è comunicabile attraverso lo Spirito Dionisiaco e su di essa si costruisce il Dramma Originario. Ciò vale anche per i Coreuti, i quali abbandonano lo stato civile e per gli spettatori, che partecipano più o meno consapevolmente all’incantesimo scenico. Coerentemente allo spirito Dionisiaco, queste situazioni comportano un abbandono dell’individualità in favore della Molteplicità Originaria. Tutto ciò spiega come il Coro Tragico della tradizione greca fosse per certi versi più importante della Vita stessa, rappresentato da creature naturali e servili nonché incarnazioni del Dio stesso. Si parla quindi dell’espressione più significativa della Natura e degli Istinti, che trasmette Sofferenza quanto Sapienza. Nella Tragedia più antica Dioniso non veniva rappresentato ma permeava comunque la scena sotto forma di spirito. Il suo inserimento comportó la transizione dal semplice “Coro” alla “Forma Drammatica”. Paradossalmente la comparsa del Dio sulla scena generò le stesse sensazioni del sogno Apollineo. La Scena può quindi essere sia Dionisiaca nella Forma che Apollinea nella Sostanza. Dioniso con l’evoluzione della Tragedia smise quindi di essere un semplice influsso divenendo una concreta raffigurazione dell'eroe epico sotto forma di sogno apollineo. CAPITOLO NONO Parte della Tragedia Greca legata allo Spirito Apollineo è il Dialogo. Ignorando le figure eroiche possiamo vedere nel Mito aspetti inediti: si parla della Serenità, ovvero di una sensazione intesa diversamente dai greci rispetto a come potrebbero intenderla oggi i contemporanei. Per esempio l’Edipo del mito, nonostante il parricidio e l’incesto con la madre, risulta essere un uomo nobile poichè le sue azioni generano una sofferenza benefica, una ricostruzione sulle macerie di ciò che è andato distrutto precedentemente. Da questa sofferenza benefica viene sprigionata una conseguente gioia la quale genera a sua volta la “Serenità Ellenica”, diversa per questo da tutte le altre forme di serenità. L’eroe diventa quindi attivo nella sua passività, donando gioia al pubblico. Secondo una credenza greca, un mago in grado di sovvertire l'ordine naturale poteva solamente venire generato da un incesto, dal momento che la Natura può essere oltrepassabile solo attraverso la violazione delle sue leggi: ciò non è riconducile al solo mito di Edipo, lo stesso vale infatti per la Sapienza, altra forma di violazione della Natura. Ma l’influenza del Mito non deve per forza derivare da un protagonista passivo come Edipo: esistono anche protagonisti attivi quali Prometeo, la cui vicenda è stata messa in scena da Eschilo. Quest’altro mito rappresenta un'elevazione della dimensione umana e la conseguente parentesi di irreligiosità, ma anche una forte moralità della giustizia. La concezione greca del proprio misticismo culturale implica una visione metafisica altrettanto colorita: artista e divinità provano un reciproco legame di dipendenza e ciò è riscontrabile nel "Prometeo". Il potere e la superbia derivano da una valorizzazione (forse eccessiva) della Sapienza. Nessuna di queste due concezioni basta tuttavia per una descrizione completa della profondità del Mito. Il Peccato di Prometeo è infatti comparabile a quello di Adamo ed Eva, vista la medesima volontà dei soggetti di “emanciparsi” dagli Dei. In entrambi i casi l’umano, tentando di migliorare le proprie condizioni, finisce per incappare in sofferenze maggiori. La differenza sta nella valorizzazione del crimine: se nel mito di Prometeo esso viene giustificato per via della finalità, nella tradizione cristiana esso appare solo come un sacrilegio. La sventura dell’esistenza sta nell’Individualismo, mentre il Confronto può fornire giustificazioni reciproche, come accade con il contatto con il mondo divino. La Sofferenza dell'Individualismo sta nella sopportazione del Contrasto Originario delle cose. Dal momento che l’Apollineo è lo Spirito Individualista, il sacrificio prometeico per il mondo è per propria natura Anti-Apollineo. Di conseguenza, il titano Prometeo non è che l’unificatore Dionisiaco che si carica sulle spalle i singoli. Eschilo tuttavia è un autore cresciuto dallo spirito Apollineo e quindi il risultato che ne deriva è una perfetta influenza reciproca dei due spiriti. CAPITOLO DECIMO Per un lungo periodo Dioniso e le sue sofferenze sono stati al centro della Tragedia greca. Successivamente egli è rimasto come Essenza, dal momento che tutti gli eroi interpretati in realtà non erano altro che sue raffigurazioni. La Natura Divina di questi eroi è ciò che li ha resi importanti e tollerabili agli occhi del pubblico. Egli è il Dio mascherato che appare in forme diverse e molteplici e che lotta contro l’Individualità. È in grado di errare come i mortali ma è anche in grado di impegnarsi per esperire la sofferenza originaria. Egli ha influenzato le concezioni olimpiche, che da lui in avanti sono state viste in maniera più introspettiva, dal momento che l'individuo poteva finalmente avvicinarsi alla collettività. Ciò è dovuto anche alla riscoperta dei vecchi miti nonché della natura. Il Dionisiaco non obbliga l’uomo, bensì lo spinge ad esprimere la propria conoscenza attraverso il Culto e la Tragedia. Per fare ciò è stata funzionale anche la musica la quale è riuscita a dare una chiave di lettura inedita al Mito. Quest’ultimo infatti stava tendendo inevitabilmente verso una auto-legittimazione storica che lo avrebbe portato alla propria fine: la vera importanza dei greci sta nell'aver giustificato il Mito come parte della loro gioventù storica. La Tragedia e la sua musica dionisiaca valorizzano il contenuto metafisico più profondo del mito, rendendolo importante anche senza pretese storiche. Abbandonando gli Dei la Tragedia ha in seguito perso una parte di sé, assumendo i connotati del Mascheramento e della Contraffazione.
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