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Riassunto di Libro d'ombra, Sintesi del corso di Storia

Riassunto dell'omonio libro che tratta i principi dell'arte giapponese

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017
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30 Punti
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Caricato il 19/10/2017

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Scarica Riassunto di Libro d'ombra e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! LIBRO D’OMBRA di Junichiro Tanikazi L’autore vuole sottolineare l’importanza di trovare degli espedienti per convogliare perfettamente l’elegante e fine gusto estetico delle case giapponesi tradizionali, e gli agi e comodità, prevalentemente di ideazione occidentale, ormai indispensabili e proprie di qualsiasi dimora comune, senza troppe pretese. È vero che ci sono ancora giapponesi estremamente radicali e profondamente ancorati alle tradizioni antiche del loro paese, che sono disposti a vivere unicamente in piccole capanne, esclusivamente realizzate in materiali naturali e deperibili, come il legno, le cannette e la carta, senza l’agio di alcun elettrodomestico, tra i boschi, sui monti o in campagna. Il problema, però, si pone principalmente per tutti coloro che hanno attività turistiche e di ristorazione, e che devono, quindi, cercare di mettere a loro agio il più possibile il proprio cliente, per evitare il rischio di fallimento e chiusura del loro hotel o ristorante: non possono fare a meno di illuminazione tecnica per la sera, di servizi igienici e gabinetti moderni per non violare le norme igienico – sanitarie, oppure di sistemi di riscaldamento e condizionatori. Le tipiche e tradizionali dimore giapponese sono estremamente fini, semplici, dall’illuminazione opaca e opalescente, non andrebbe in nessun caso d’accordo con qualsiasi tecnologia ed elettrodomestico: il ventilatore provoca un ronzio troppo fastidioso rispetto alla sua calma tipica, stonano delle classiche finestre di vetro qualsiasi rispetto agli shoji (i paraventi di carta) della tradizione, i fili elettrici. Anche il sistema di riscaldamento necessita di una certa attenzione perché le stufe occidentali stonano sempre anch’esse: quelle a gas producono un fastidioso ronzio continuo che deturpa la quiete, mentre quelle elettriche necessitano di un tubo di scarico, estremamente antiestetico, per evitare che causi emicrania, il problema in questione potrebbe essere risolto ponendo quegli stessi radiatori presenti sui tram, ma si perderebbe così tutta la bellezza e il calore intimo trasmesso dalle fiamme di un fuoco, ed ecco la soluzione migliore: usare un basso focolare domestico, che possa funzionare sia a elettricità sia a legna, che basti a scaldare tutta la dimora e fornire sempre acqua ben calda per il thè. Per il bagno bisognerebbe usare il legno per rimanere fedeli alla tradizione, ma risulta essere ben poco funzionale e pratico: usare delle piastrelle per le pareti e del legno per il soffitto e gli infissi potrebbe essere un giusto compromesso per non rinunziare del tutto alla bellezza del legno giapponese stagionato, e, allo stesso tempo, alla praticità, seppure antiestetica, di piastrelle bianche facilmente pulibili. L’ambiente in cui si può riscontrare di più la raffinatezza dei tipici ambienti tradizionali giapponesi è proprio il bagno. Noi occidentali siamo portati addirittura a non nominare totalmente questa stanza delle nostre dimore perché ritenuto disdicevole, ma i giapponesi sono molto più vicini alla verità delle cose: è, anzi, considerato un vero e proprio piacere fisiologico espellere i propri rifiuti corporei mattutini nel tipico bagno alla giapponese, interamente realizzato in legno, immerso nella natura, a temperatura quasi analoga a quella esterna che rende l’ambiente molto più elegante, con delle fessure orizzontali ai piedi dei muri della stanza che permettono di udire il lieve rumore delle gocce di pioggia cadere e persino percepire il suono degli uccelli e il ronzio lontano e sommesso delle zanzare. A differenza dei tipici bagni occidentali illuminati quasi a giorno, quelli giapponesi sono immersi nella penombra perché disdicevole illuminare così tanto i propri rifiuti corporei o altro, il che garantisce ulteriormente un atmosfera quieta e rilassante. L’unica scomodità del tipico bagno alla giapponese è rappresentato dalla sua distanza rispetto alla dimora, soprattutto se l’esigenza è notturna, o sempre durante i mesi freddi. Solo i ristoranti e gli hotel hanno dovuto allontanarsi dalla tradizione del paese per soddisfare le necessità e i capricci dei propri clienti, anche occidentali, ma se lo possono permettere perché possono usufruire del lavoro accurato e preciso degli addetti alle pulizie, i quali garantiscono che le piastrelle bianche “all’occidentale” siano sempre pulite e rimangano bianche più a lungo possibile nel tempo, diverso è per i bagni privati. Probabilmente, se le due culture, occidentale e orientale, avessero continuato a proseguire autonomamente, senza influenzarsi, e senza che quella giapponese assorbisse così tanto dall’Europa, per quanto riguarda l’avanzamento tecnologico, ciascun mondo avrebbe ottenuto dei risultati completamente diversi e a loro stanti, anche per quanto riguarda la carta utilizzata (quella più diffusa sarebbe senz’altro quella opalescente e sottile giapponese o cinese, non quella bianco brillante e più rigida dell’Occidente), così come per lo strumento per la scrittura (non si userebbero penne dall’estremità metallica, ma stilografiche dalla punta morbida, come un pennello). Se le due civiltà opposte avessero sempre proseguito su due binari altrettanto opposti , probabilmente non sarebbero mai sorti problemi di questo tipo. Vero è che le civiltà cinese e giapponese per 500 anni hanno dimostrato di essersi poco evolute, ancora oggi, nelle campagne più sperdute e periferiche dell’Estremo Oriente, notiamo una realtà e delle condizioni di vita ferme ancora a qualche secolo fa. Da riconoscere sono le abilità dell’Occidente in tutto il campo delle tecnologie: sono tecnologie ed espedienti tecnici adattati, anzi fatti su misura su tutti gli aspetti, i dettagli e la caratteristiche di tutto ciò che riguarda il mondo e la cultura occidentale, è chiaro che risultino essere molto più valorizzate, ad esempio, le voci o la carnagione degli europei, e meno quello degli orientali. Se anche l’Oriente, in contemporanea, avesse portato avanti la propria tecnologia, questa sarebbe stata più conforme e adatta ai suoi dettagli, in modo che li valorizzasse al meglio; è il caso dei metodi di registrazione e delle tipiche musiche giapponesi: in queste sono assolutamente importanti le pause, e metodi di registrazioni moderni occidentali le “ucciderebbero” completamente. Detto ciò, possiamo ora analizzare aspetti paralleli presenti in entrambe le civiltà, seppure in maniera diversa: la carta e il senso estetico, più in generale. La carta utilizzata nelle due civiltà è completamente diversa, e rispecchia pienamente il gusto di esse. In Europa si utilizza un tipo di carta quasi luminoso, di un bianco candido che riflette completamente la luce; questo è perfettamente conforme alle abitudini europee di illuminare a giorno qualsiasi ambiente, di rendere il tutto sempre il più luminoso, riflettente e pulito possibile. Al contrario, in Giappone, ci si sentiva quasi “feriti” dal troppo splendore e dalla troppa lucentezza di oggetti e posate in argento, argentate o in acciaio inossidabile, piuttosto si preferiscono tutti quegli strumenti o utensili ricoperti da una certa patina tenue conferita dai decenni e secoli trascorsi, in realtà, questa patina altro non è che strati depositati e accumulati di sudiciume, ma esprimono proprio il potere, il fascino e l’assolutezza del tempo. L’occidente è solito lustrare al massimo la propria argenteria per renderla il più lucida possibile, al contrario il giapponese ritiene che il fascino sia conferito proprio dal tempo. Da qui si capisce il motivo per cui gli orientali amano così tanto la giada fino a preferirla al diamante stesso, troppo lucente, mentre la giada è così nuvolosa e discreta, sembra di poter vedere l’intero passato di una civiltà al suo interno. Altro esempio è la preferenza dei giapponesi per la ceramica rispetto al vetro, nonostante già nell’antichità essi ne conoscessero i segreti e le tecniche. In Giappone sono presenti ancora certi locali tradizionali, che non restano fedeli solo al tipico arredamento in stile nipponico, ma alla tipica illuminazione fioca che garantisce un’atmosfera preziosa nella penombra. D’altra parte, sono sempre più numerosi i ristoranti che adottano un’illuminazione elettrica per soddisfare le esigenze e le richieste dei clienti, soprattutto stranieri e non abituati alla luce soffusa delle lampade a olio o delle candele. Con l’elettricità, però, si perde moltissimo di quelli che sono i segreti del tipico mobilio nipponico: gli antichi svilupparono un tipo di arredamento pensato per essere sempre immerso in una particolare misteriosa atmosfera, quasi magica, determinata da luce veramente timida; da qui, ad esempio, il concetto di legno laccato: alla luce solare o elettrica, l’effetto risulterebbe addirittura pacchiano, ma nella luce in cui fu concepito dagli antichi saggi risulta quasi magico perché i dettagli in oro o in argento che abbelliscono questi oggetti, come tavoli, mensole a muro, scatole, ciotole, riescono a captare qualsiasi piccola particella di luce presente anche in un ambiente quasi completamente oscuro. Solitamente sono di colore scuro, come il marrone, il nero o il rosso, oggi ne vengono realizzate anche in bianco ma hanno un effetto meno deciso e forte. In legno laccato sono realizzati gli strumenti per la cerimonia del thè, oppure le ciotole per le zuppe calde: alle classe stoviglie di ceramica bianca all’Occidentale, si continuano a preferire quelle della tradizione per le innumerevoli sensazioni che riescono a regalare, perché non viene subito rivelato il contenuto e i suoi ingredienti dal momento che questo assume lo stesso colore scuro, incerto e indefinito del suo contenitore, può essere solo immaginato dall’odore che preannuncia, ma nulla di più, quindi il mistero ne amplifica il gusto e la sorpresa; inoltre, il legno non è rumoroso come la ceramica quando viene sbattuta, e al tatto emana solo un lieve e piacevolissimo tepore, non brucia le mani. L’oscurità è un ingrediente essenziale anche della cucina giapponese. Sembrerebbe che il suo vero intento non sia deliziare il palato, quanto regalare qualcosa di più: tutto è sempre perfettamente amalgamato
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