Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto di "Narrativa e guerra civile spagnola: i classici e i moderni" (Elisabetta Sarmati), Sintesi del corso di Letteratura Spagnola

Riassunto del saggio "Narrativa e guerra civile spagnola: i classici e i moderni" della professoressa Elisabetta Sarmati per l'esame di Literatura española - profundización II.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 13/02/2021

AppuntidiVero
AppuntidiVero 🇮🇹

4.7

(41)

29 documenti

1 / 7

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto di "Narrativa e guerra civile spagnola: i classici e i moderni" (Elisabetta Sarmati) e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! 1 Per chi suona la campana (1940, Hemingway) e Omaggio alla Catalogna (1938, Orwell) hanno rappresentato per i lettori d’Europa e d’America la prima finestra aperta sulla tragica storia spagnola degli anni ‘30, che vide la giovane democrazia europea precipitare in una cruenta guerra civile. La focalizzazione interna al conflitto, di cui partecipano entrambe le opere, è stata probabilmente una delle cause della grande risonanza di cui hanno goduto e di cui continuano a godere presso i lettori di ieri e di oggi. Una rilettura di queste due opere si rivela esperienza feconda per chi voglia conoscere o continuare ad interrogarsi sulle cause che portarono all’eclissi della democrazia, con lo scatenarsi di una guerra fratricida. Oltre al diverso genere prescelto – romanzo l’uno, reportage di guerra l’altro – la versione dei fatti che i due scrittori, entrambi schierati sul fronte repubblicano, forniscono è a tratti divergente, seppure complementare. Per chi suona la campana è stato il primo libro di Hemingway pubblicato da Mondadori nel 1945, nella collana la «Medusa», raggiungendo la tiratura complessiva di 162.300 copie. La traduzione di Maria Napolitano Martone è stata riproposta nel corso degli anni. Il perno attorno al quale ruota la riflessione hemingwayana è più in generale il tema della morte, correlato al tema del suicidio e alla funzione salvifica dell’amore, ma molte sono le pagine del romanzo che forniscono una visione assai lucida della guerra di Spagna, soprattutto nell’indicare le difficoltà interne al fronte repubblicano. Il punto di vista prevalente è affidato da Hemingway al professore americano Robert Jordan che, innamorato della Spagna e della causa repubblicana, consegna al lettore la sua personale visione delle cose, in un flusso di coscienza appassionato e prezioso. Non vi è dubbio che il partigiano Jordan è un alterego. Esperto dinamitardo, el inglés, ha il compito di far saltare il ponte de La Cantina, presso Navacerrada (Segovia), sorvegliato da una retroguardia dell’esercito franchista. Nella realtà, il ponte non fu mai fatto esplodere, anche se l’intera zona fu teatro di scontri cruenti durante la guerra. Robert Jordan porterà a termine la missione, a prezzo della vita, ma con esiti incerti per il suo schieramento. Nel dialogo e nello scontro con i compagni partigiani, ma soprattutto nelle lunghe riflessioni che corredano l’azione, affiora la statura morale e il pensiero politico di Jordan/Hemingway, lacerato tra l’adesione ideale al progetto di una rivoluzione totale, democratica e popolare e il disincanto di fronte alla diversità degli interessi e delle forze in campo. Alla presa d’atto del ruolo svolto dall’Unione Sovietica nell’addestramento militare di contadini e operai spagnoli e alla presenza di «consiglieri militari» russi, sono dedicate le pagine centrali del romanzo. Particolarmente efficace la descrizione delle tre centrali comuniste operative della capitale spagnola: ⸾ l’Hotel Gaylord, requisito dai russi, ⸾ il quartier generale della Brigata Internazionale in via Velázquez 63; ⸾ il comando del Quinto Reggimento ove, la guerra era assunta con lo spirito di una «crociata». Il giudizio degli storici negli anni concorderà con la visione dello scrittore. Scrive Harry Browne: Dalla sensazione che la causa della Spagna fosse la causa della democrazia – e per molti di sinistra la causa del popolo – nacque la prontezza con cui molti giovani appartenenti a classi e paesi diversi accorsero a difesa della repubblica. [...] La strada verso la Spagna fu tracciata dai partiti comunisti nazionali che, con il supporto e il consenso di Mosca, istituirono delle organizzazioni per guidare e controllare le nuove reclute. Nei ranghi il controllo comunista portò disciplina e spesso cieca obbedienza a ordini impossibili (Browne, 2000, p. 126). 2 Jordan, è ben lontano da uno schematismo manicheo. Ma riconosce la necessità di una struttura gerarchica, di guida e disciplina, che il comando comunista imponeva ad un esercito di miliziani, dotato di coraggio e spirito di sacrificio, ma poco organizzato e inesperto. L’esperienza della trincea non rivela agli occhi del professore americano solamente scenari epici di solidarietà ed eroismo, ma anche fenomeni di ferocia gratuita e di imbarbarimento della lotta. Il giudizio di Hemingway è severo anche con i vertici politici repubblicani: […] Lui, Robert Jordan, credeva nella Repubblica come forma di governo, ma la Repubblica avrebbe dovuto sbarazzarsi di tutta quella banda di ladri di cavalli che l’avevano trascinata nel vicolo cieco in cui si trovava allo scoppio della rivolta. C’era mai stato un popolo i cui capi, come i capi di questo popolo, fossero i suoi nemici peggiori? (Hemingway, 1996, p. 177). Con l’eccezione di Pablo Iglesias, fondatore del PSOE, e dell’anarchico Buenaventura Durruti, sulla cui morte non è stata fatta ancora completamente luce, la condanna della dirigenza repubblicana da parte di Jordan/ Hemingway è senza appello. Il viaggio di Andrés verso Navacerrada, con una missiva di Robert Jordan diretta al generale Golz, perché fermi l’offensiva aerea in una missione divenuta troppo pericolosa per sé e per i suoi compagni, è molto illuminante sul giudizio che lo scrittore americano dà delle forze in campo e delle diverse, e contrapposte, compagini presenti nell’esercito repubblicano. Altri ancora sono gli eventi e le figure di rilievo del panorama storico spagnolo di metà degli anni ‘30 che compaiono nelle pagine del romanzo. Vi si trovano riferimenti a: ⸙ Andreu Nin, leader del POUM, che scomparirà in Spagna in una prigione del NKVD, la polizia segreta sovietica; ⸙ Valentín González, Enrique Líster e Juan Modesto, i primi comandanti comunisti dell’esercito popolare. Nelle conversazioni serrate fra i personaggi si ricorda anche l’impiego nella guerra delle truppe marocchine, i regulares. Si fa, inoltre, riferimento alle pratiche umilianti nei confronti dei vinti, come:  la rasatura dei capelli alle donne;  alla condizione della popolazione gitana e alla loro adesione alla causa repubblicana, tema ancora tutto da approfondire alla scarsezza delle armi insieme all’imperizia tecnica dei partigiani repubblicani;  al ruolo svolto nella guerra dall’aviazione tedesca, dagli Heinkel e dai monoplani russi, i Boeing P32, chiamati popolarmente Moscas. Per chi suona la campana ha avuto e continua ad avere una storia critica molto controversa. La lettura spirituale e simbolica del romanzo ha prevalso spesso su quella storico-biografica, lasciandone a margine quel contributo testimoniale che ne costituisce, invece, l’ossatura forte. Non v’è dubbio, infatti, che Hemingway lo avesse inteso come il suo romanzo sulla guerra civile. Il contributo di verità apportato da questo romanzo degli anni ‘40, non esente da proiezioni esotiche e da giudizi talvolta sommari – si pensi solo alle ingenerose parole spese sul POUM – rimane decisivo. Proprio alle milizie operaie del POUM e all’atmosfera rivoluzionaria della Barcellona del ‘36 è dedicato Omaggio alla Catalogna di George Orwell, «diario di trincea», «storia di una rivoluzione tradita, sacrificata alle direttive della politica staliniana». Orwell giunge a Barcellona nel dicembre del ‘36 «con la vaga idea di scrivere articoli per la stampa», per poi arruolarsi immediatamente nella milizia operaia, perché «in quel momento e in quell’atmosfera sembrava l’unica cosa concepibile da fare» (Orwell, 1993, p. 4). Nelle prime pagine del romanzo la città è fotografata in pieno esperimento di rivoluzione sociale: praticamente tutti gli edifici, piccoli o grandi che fossero, erano stati occupati dagli operai 5 basca. Filippo Stella conduce, con tinte macabre, una narrazione in controcanto, ove non v’è spazio né per la compassione per i vinti, né per alcuna riflessione sulla storia di Spagna. Su tutto trionfa il «sonno della ragione» e un ritmo da danza macabra. Anche Bruno Arpaia dedica due dei suoi ultimi romanzi alla travagliata storia della Spagna degli anni ‘30. L’uno necessaria premessa dell’altro, eppure narrazioni autonome, tanto che dopo il successo de L’angelo della storia del 2001 (Arpaia, 2005) la casa editrice Guanda decide di riproporre al pubblico Tempo perso, uscito per l’editore Tropea nel 1997 (Arpaia, 2002), i due romanzi si muovo intorno agli ultimi mesi di vita di Walter Benjamin nella voce del vecchio Laureano Mahojo che, invitato a parlare del suo incontro con il filosofo tedesco, torna con la memoria agli anni della gioventù, agli scioperi dei minatori delle Asturie, alle rivolte operaie. Mentre l’uno cerca di mettersi in salvo dai nazisti e l’altro di nascondersi dalla Guardia Civil, assieme a loro, le apparizioni fugaci di Hanna Arendt, Georges Bataille, Antonio Machado, ecc. contribuiscono alla dimensione corale di una tragedia che ha travolto la Spagna e l’Europa del Novecento e che ancora non smette di suscitare interrogativi e inquietudini. Sul fronte della letteratura italiana, si deve tener conto per ultimo del romanzo di Fabrizia Ramondino, Guerra d’infanzia e di Spagna (2001), in cui la Spagna e la Guerra Civile sono rievocate a partire dallo sguardo di una bambina, Titina, figlia del console italiano trasferito a Maiorca con lo scopo di creare basi aeree e navali in appoggio all’esercito falangista. Ramondino trasferisce il conflitto della Storia tra le pareti di un universo famigliare, in cui l’irriducibile Titina si scontra dolorosamente con l’incomprensione degli adulti e la loro visione del mondo. In Spagna, sul fronte del romanzo della «memoria», un filone di sicuro successo è costituito recentemente dalla narrazione-indagine che intende riportare all’attenzione del pubblico il percorso esistenziale di uomini e donne il cui destino rimase fatalmente legato alle vicende della guerra del ‘36. In alcuni casi si tratta di figure liberamente rievocate a partire da memorie e ricostruzioni biografiche, altre volte il romanzo è frutto di studi e ricerche rigorosissimi. L’ultimo romanzo di Eleno Osorio, scrittrice argentina, è un omaggio a Micaela Feldman Etchebéhere, Mika, ebrea argentina che durante la Guerra Civile spagnola fu a capo di una milizia antifranchista. Eleno Osorio ricostruisce la figura di Mika attraverso i suoi scritti, i ricordi e le testimonianze di chi ha potuto conoscerla. Ignara di ogni pratica di guerriglia, incapace persino di imbracciare il fucile, Mika supera, con il coraggio e la passione politica, la diffidenza dei commilitoni, che la battezzeranno La capitana, titolo con il quale il romanzo esce in Spagna. Per Dove nessuno ti troverà, il nuovo romanzo di Alicia Giménez-Bartlett, (Giménez-Bartlett, 2011, Premio Nadal 2010), si è parlato di novela de maquis, espressione con la quale si intende la narrativa storica spagnola sui nuclei di resistenza partigiana del primo dopoguerra. Si basa sulla biografia di Teresa Pla Meseguer (1917-2004), così come è stata ricostruita dal giornalista José Calvo Segarra, a base di interviste, testimonianze e ricerche sul campo. Teresa Pla Meseguer, conosciuta con il soprannome di La Pastora – o «la maquis ermafrodita» – fu personaggio controverso. Affetta da una malformazione genitale che ne condizionò duramente la vita, entrò nella guerrilla partigiana con il nome di Florencio/Durruti, dimostrando straordinarie doti di coraggio, forza e mimetismo con l’ambiente che ne alimentarono il mito. Fu arrestata dalla Guardia Civile nel 1960, accusata di un numero indefinito di crimini, politici e non, e condannata a morte. La pena sarà poi commutata in trent’anni di reclusione, di cui ne sconterà ventitré. Sarà scarcerata nel 1977. Donde nadie te encuentre convince meno sotto il profilo del giudizio storico. Vi si descrive, infatti, una popolazione stremata, derubata e continuamente vilipesa non solo dai somatén (la polizia locale che supportò la Guardia Civil nella guerra contro i partigiani antifranchisti), ma anche dai maquis, i guerriglieri che negli anni ’40 continuarono la lotta contro il regime falangista, e che in questo racconto della Bartlett si macchiano di ogni genere di efferatezze, sino a sconfinare in episodi di vero e brutale banditismo. Quest’attitudine a non schierarsi, come affiora ripetutamente nelle pagine del romanzo, sconfina in un generale disincantato, in cui è un intero popolo ad essere giudicato senza riserve e senza distinguo. 6 Una menzione particolare meritano due scrittrici in lingua catalana, l’una Mercè Rodoreda (1908-1983), l’altra Maria Barbal. La piazza del Diamante e Come una pietra che rotola si articolano entrambi come un lungo monologo femminile della protagonista. Sono due storie in cui la guerra civile non è rappresentata al fronte, nell’epica della guerriglia o nella retorica dell’ideologia, piuttosto è filtrata nella quotidiana fatica del vivere di due donne del popolo, della loro rassegnata pazienza, della disperazione di essere mogli e madri in tempo di guerra, della forza di tirare avanti per custodire tenacemente quanto rimane della vita. La Storia, da questa prospettiva, si impone dapprima come un’eco lontana, per poi farsi prepotentemente presente, con tutto il suo carico di dolore. Una «storia vera» è quella rievocata da Ángeles Caso in Un lungo silenzio (2011), a partire dai ricordi famigliari e, ancora una volta, una storia al femminile. Le donne della famiglia Vega, scampate alla guerra o alle rappresaglie del dopoguerra, tornano a Castrollano, ove non ritroveranno più né la casa né i loro beni. Guardate con sospetto, perché madri, figlie o compagne dei «rossi», affronteranno il presente, sopravvivendo in «silenzio» alla sconfitta. Una rassegna su narrativa e guerra civile non sarebbe completa senza citare almeno altri quattro titoli, che in Spagna hanno goduto di discreto successo. Si tratta de: ◣ La notte dei tempi di Antonio Muñoz Molina, in cui si rievoca la fatidica notte del 18 luglio 1936 dalla prospettiva di un uomo qualunque, ◣ Dimmi chi sono di Julia Navarro, in cui l’indagine famigliare di una nipote sulla vita della bisnonna Amelia conduce a un recupero delle complesse vicende storiche che hanno interessato la prima metà del XX secolo, ◣ La notte ha cambiato rumore di María Dueñas, un moderno feuilleton con sullo sfondo la storia spagnola degli anni Trenta, ◣ Notturno di sole di Rosa Montero, nel quale si intrecciano le vite di quattro personaggi nell’assoluta certezza che non ci sono possibili «istruzioni per cambiare il mondo», come recita il titolo originale. A partire dagli anni ’60 del ‘900, la storiografia anglosassone ha prodotto una serie di studi sulla guerra di Spagna che sono divenuti dei classici. In Spagna, per ovvie ragioni di censura sia in epoca franchista che nella delicata fase di transizione alla democrazia, fatta eccezione per i contributi dello storico Manuel Tuñón de Lara, solo a partire dagli ultimi dieci anni si è assistito all’incremento di una produzione affidabile sul tema della guerra civile, del primo dopoguerra e, soprattutto, sul concetto di memoria storica. Ai lettori italiani la casa editrice Ombre Corte propone il volume dello storico Javier Rodrigo, «Vencidos». Violenza e repressione politica nella Spagna di Franco (1936-1948) con prefazione di Alfonso Botti. All’onda lunga di una retorica di regime, divulgata negli anni del dopoguerra e fondata sull’esaltazione dei vincitori e dei caduti della «gloriosa crociata» dell’esercito nazionalista, Javier Rodrigo contrappone le ragioni e le vittime dei vinti, vera parte offesa dal golpe militare del 16 luglio 1936, fornendo una gran mole di dati, modi e dispositivi della repressione franchista, relativi sia al triennio bellico che all’immediato dopoguerra. Lo studioso ricorda come la democrazia spagnola, al contrario di quella francese e italiana, non si sia fondata sul paradigma dell’antifascismo; ma che, anzi, la fase della transizione alla democrazia accentuò prudentemente gli aspetti di continuità, piuttosto che di rottura con il passato, con la divulgazione dell’idea di una dictablanda, una dittatura, quella franchista, dai metodi «morbidi». Contro questa falsificazione della storia, Rodrigo si assume l’oneroso compito di testimoniare paseos, sacas, campi di concentramento, campi di lavoro, riduzione in schiavitù, torture, rieducazione forzata, discriminazioni di genere, insieme al fenomeno dei desaparecidos e alle fosse comuni, oggi luogo di pietose quanto drammatiche riesumazioni (p. 26). Piuttosto che una dictablanda, dal quadro fornito da Rodrigo, ne scaturisce un regime che ha saputo addormentare la memoria collettiva in modo sistematico ed efficace. 7 Rodrigo riporta una riflessione dello storico inglese Paul Preston: «Franco condusse le prime fasi [della lotta] contro la sinistra spagnola come se si trattasse di una guerra coloniale contro un nemico di razza inferiore», cui seguono agghiaccianti resoconti (Paul Preston, La política de la venganza. El fascismo y el militarismo en la España del siglo XX, Península, Barcelona, 1997). Sul fronte dell’editoria italiana bisogna segnalare l’apporto significativo di Gabriele Ranzato che, nell’arco scarso di un decennio, fa uscire tre contributi sull’origine e sulle conseguenze nella Spagna democratica della guerra civile degli anni ‘30. Nel ragionamento di Ranzato l’attenzione è tutta volta a testimoniare puntualmente le proteste di piazza e le rappresaglie popolari, che configurarono sin dal ‘31 uno scenario di preguerra civile, ci si sia dimenticati di render conto a sufficienza delle vere cause che determinarono quel clima arroventato di giustizia sociale e che risiedevano nelle condizioni di estrema indigenza in cui versavano le classi popolari, operai e contadini, della Spagna urbana e rurale. Come anche risulta oscurato il grande ed eroico contributo dato dei partiti di sinistra e dalle masse popolari nella resistenza prima al golpe militare e poi alla dittatura franchista. Sul fronte storiografico non può mancare un cenno al volume Il franchismo di Giuliana di Febo e Santos Juliá, uscito per i tipi Carocci (2003), che, si configura come un profilo di storia della dittatura di Francisco Franco. Profondità all’analisi dei quasi quarant’anni del regime dittatoriale, dal «lungo dopoguerra» al lento e graduale superamento dell’autarchia economica e culturale. Si segnalano, in particolare, le pagine dedicate al nazional- cattolicesimo, alla mitografia del Nuovo Stato e ai «nuovi» modelli di genere, che videro la drastica riduzione del protagonismo femminile alla sola sfera domestica, contro l’emancipazione delle donne nella vita pubblica e politica durante gli anni della Repubblica «visibile nella presenza delle deputate nelle Cortes» (p. 47), e la proposta, al maschile, del modello della milizia ascetica.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved