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Riassunto di "Nazionalismo" di Hans-Ulrich Wehler, Schemi e mappe concettuali di Storia Contemporanea

Riassunto esauriente dell'opera "Nazionalismo" di Hans-Ulrich Wehler, obbligatoria per sostenere l'esame del corso "Nazioni e processi nazionali in età contemporanea"; A.A. 2021-22

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 28/05/2022

giovanni-vezzosi
giovanni-vezzosi 🇮🇹

4.6

(20)

8 documenti

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Scarica Riassunto di "Nazionalismo" di Hans-Ulrich Wehler e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! Wehler – Nazionalismo Prefazione Il nazionalismo è un fenomeno moderno. Inizialmente nazionalità e sentimento nazionale erano dati come scontati e pertanto nessuno riteneva necessario sottoporli a riflessione critica. Una maggiore risonanza della ricerca scientifica sul nazionalismo si ebbe dopo la Prima guerra mondiale, complice il principio all’autodeterminazione dei popoli, mentre dagli anni ‘60 iniziò la ricerca all'interno della community of scholars internazionale e negli anni ‘80 si ebbe il punto di svolta. Fino a quel periodo vi erano alcune premesse comuni e vincolanti: 1- la nazione era considerata come un'entità quasi naturale della storia europea, sviluppatasi a partire dalle grandi immigrazioni o dal medioevo, caratterizzata da un processo organico di crescita. Le nazioni poi sopite si sarebbero svegliate o risvegliate, la loro genesi era un atto di creazione divina. 2- la nazione aveva il diritto di avere un proprio Stato, le nuove di conquistarselo, le vecchie di riconquistarlo. 3- la nazione creerebbe progressivamente quel sistema di valori e di idee con cui giustificare la propria esistenza, interpretare il proprio passato e progettare il proprio futuro, idee espresse come coscienza nazionale, patriottismo o sentimento nazionale; il concetto di nazionalismo ha una connotazione sempre più peggiorativa. 4- predomina la concezione di matrice marxiana, la base politica e linguistica della nazione genera una sovrastruttura ideale sotto forma di nazionalismo. La presa di distanza dalle direttrici di fondo dei predecessori avviene nell’Annus mirabilis 1983, con gli studi di Gellner, Anderson e Hobsbawm. Le peculiarità della nuova discussione sono: 1- il costruttivismo, che smonta l’essenzialismo dei fenomeni storici, concettualizzandoli come costrutti dello spirito umano e delle sue categorie (Weber, l'oggettività conoscitiva della scienza sociale). 2- insistenza sul primato della lingua e delle idee, la nazione viene come ordine inizialmente solo pensato, una comunità immaginata. La visione teologica si realizza solo progressivamente tramite un ancoraggio sociopolitico alle idee portanti (non le aspirazioni delle nazioni fanno il nazionalismo, molto più il nazionalismo stesso si fa le sue nazioni, Gellner). 3- la vecchia ricerca risulta superiore per quello che riguarda l'analisi delle condizioni favorevoli o restrittive, nonché della base sociale su cui nazionalismo poté affermarsi. La nuova ricerca toglie la naturalità dal nazionalismo e pone in questione la priorità del nazionalismo nei processi di formazione dell'identità, ha uno stile di pensiero genuinamente storico e insiste sulla storicità del nazionalismo e della nazione. Essa fa così decadere l'ambizione del nazionalismo di una durata eterna della nazione e sottolinea il suo carattere di costruzione e quindi di flessibilità; analizza le utopie del nazionalismo, il loro potenziale di affermazione, la loro mutevolezza; risulta però deficitaria nell'analisi degli elementi di lunga durata oltre che nella valutazione delle condizioni non linguistiche. 4- il nazionalismo può essere inteso come un onnicomprensivo Weltbild con cui cogliere e tracciare le coordinate del mondo moderno. La nazione fatta dal nazionalismo registrato uno straordinario successo, pur non riuscendo mai a raggiungere una nazione in qualche modo compiuta, rimanendo in una condizione di aggregato che unisce elementi stabili e duraturi e attributi specifici di ogni epoca storica, che possono addirittura ridefinire a mutare gli elementi di lunga durata. Il nazionalismo si lega spesso con altre forme di lealtà, come confessioni o religioni storiche, tradizioni cittadine, neoumanesimo. Da sempre il nazionalismo va alla ricerca di un ordine legittimo della collettività e di una legittimazione del suo ordine nazionale: la nazione stessa diviene un dispensatore di legittimazione, argomento fulcro del principio secondo il quale il nazionalismo sarebbe un fenomeno politico dell'età moderna. Weber, pur essendo un nazionalista, pone radicalmente in questione la naturalità del nazionalismo e della nazione: la nazione non può essere spiegata come una qualità ricavata empiricamente, né essa coincide con una comunità linguistica; certo il nazionalismo si riallaccia spesso a beni culturali di massa, a comunità fondate sulla memoria, a lotte comune all'ultimo sangue, ma sostanzialmente poggia su un progetto utopico di organizzazione e di dominio, sentimento di solidarietà e interessi di prestigio, oltre che su un comune progetto politico, lo Stato nazionale. È necessario prima considerare la storia del nazionalismo in Europa e nel Nord America; il termine nazionalismo si estende in un campo semantico completamente amorfo, molti fenomeni vengono fatti rientrare nel nazionalismo. Per Wehler il nazionalismo è il sistema di idee, un Weltbild per la creazione, mobilitazione e integrazione di una grande associazione solidale, utile per la legittimazione delle moderne forme di dominio politico. Lo Stato nazionale e la sua ricerca di una nazione il più possibile omogenea costituiscono pertanto il problema cardine del nazionalismo. La nazione è quell’ordine, in primo luogo, pensato che si sviluppa tramite il ricorso alle tradizioni di una organizzazione di dominio su base etnica e che si costituisce progressivamente in una sovrana unità di azione attraverso il nazionalismo e i suoi sostenitori. È dunque il nazionalismo a essere demiurgo della nuova realtà, non il contrario. 1. Il nazionalismo come unicità dell'occidente Almeno fino alla seconda metà del diciannovesimo secolo, il nazionalismo è stato un fenomeno politico e socioculturale del mondo occidentale e delle sue propaggini contro il dispotismo e al senso di missione dei loro opinion makers, ulteriormente rafforzata dalla teoria politica evoluzionistica dello spostamento della sede degli imperi mondiali verso ovest. Il nazionalismo che si sviluppa ritiene scontato che alla repubblica spettino sia il predominio imperiale sull’emisfero occidentale sia la funzione mondiale di faro della democrazia repubblicana. Nel 1789 ha luogo la Rivoluzione francese, esemplare anche in merito al proprio nazionalismo. Essa nasce da una fatale crisi di legittimazione dell’Ancient regime, il Weltbild non riesce più a reggere la fusione di privilegi tra trono, altare e nobiltà. Il fenomeno decisivo dello scoppio rivoluzionario è la sovrapposizione di tre diversi movimenti sociali: la protesta elitista dei rappresentanti dei ceti, il sollevamento dei bassi strati urbani e la rivoluzione agraria contro il sistema tardofeudale nelle campagne; l’abate Sieyés eleva il terzo stato a nucleo portante della nazione. Così come quella americana, anche la repubblica francese si costituì nel corso della lotta per il potere, e come quella inglese si coniugò con l'esecuzione del monarca. La repubblica era legata alle nuove idee di mobilitazione e di integrazione del nazionalismo, fondato sull'unità della nazione contro i numerosi nemici interni ed esterni. Il massimo dell'autonomia poteva essere garantito solo dalla sovranità illimitata dello Stato nazionale: doveva sorgere una unica identità nazionale in grado di dominare sul tutto (ambiguità sugli ebrei). I sostenitori del nazionalismo si appellavano al diritto naturale e malgrado la Restaurazione i fondamenti del nazionalismo di questo periodo sopravvissero incontrastati. Con le tre rivoluzioni si crea una costellazione internazionale basata sul forte potere di attrazione di questi tre Stati nazionali. Una volta che una rivoluzione industriale risulta coronata dal successo, tutte le società-Stato capaci di sviluppo sono risucchiate dal vortice dell’imitazione, sia per i risultati raggiunti sia per i rapporti di concorrenza, che porta a voler superare i precedenti. Lo stesso modello si può applicare nel campo del nazionalismo, con le tre società pioniere assurte a riferimento, due Stati territoriali divenuti nazionali per una rivoluzione interna, uno sulla base della sovranità popolare. L'elemento chiave per poter liberare la sovranità popolare da una limitazione di ordine giuridico-cetuale è necessario il principio dell'uguaglianza per ogni membro della nazione: fusione di democrazia egualitaria e nazionalismo che aumenta il potere di attrazione, coinvolgendo sia i movimenti liberali sia quelli democratici. La capacità di modernizzazione aveva fatto di quegli Stati un modello esemplare e il nazionalismo, che era riuscito a scatenare inaudite capacità e forze entro situazioni di conflitto, era un marchio di garanzia di modernità vera: questa era l'opinione degli intellettuali politici europei, ma il nazionalismo rimaneva una invenzione sociale, nata come risposta alle crisi rivoluzionarie dei processi di modernizzazione in Occidente. Sin dall'inizio emerse l'ambivalenza del nazionalismo, come attrattiva forza di mobilitazione delle masse, in quanto dottrina di integrazione e focolaio per la stabilità politico-sociale. L'argomento funzionalista (Gellner) secondo in cui i bisogni delle moderne società industriali esigevano il medium di una lingua comune o di una cultura nazionale standardizzata, e perciò di nazionalismo, perde valore in quanto gli originali nazionalismi si affermarono prima dell'industrializzazione e che il nazionalismo non occidentale del ventesimo secolo si è manifestato in contesti non ancora industrializzati. Lo Stato nazionale è sempre l'obiettivo dei rispettivi movimenti nazionali: il moderno processo di formazione degli Stati trovò il proprio prosieguo nella forma dello Stato nazionale mentre il nazionalismo contribuì allo sviluppo delle nazioni con l'obiettivo di una omogeneità e identità nazionale. I processi di nation building e State building sono autonomi e separati. Il processo di formazione dello Stato rispetto all'esterno inizia nel XV secolo e porta nel tempo, grazie a una spietata rivalità, a una drastica riduzione dal punto di vista numerico. Componente integrante di questo processo è la formazione interna dello Stato, con le istituzioni che mirano a procurare, riunire e amministrare le risorse necessarie per potersi affermare nella competizione. In Europa pertanto esisteva già uno stabile impianto di istituzioni ancor prima che nazionalismo si affacciasse, il che costituirà una premessa essenziale per il successo del nazionalismo. Dove questa base manca, dove manca una tradizione statuale, il nazionalismo ha sempre portato labilità. 3. Il sostrato delle idee del nazionalismo e il suo innalzamento a religione politica Bisogna definire il sostrato delle idee e la selezione che il nazionalismo operò per distinguere gli elementi confacenti per orientarsi e offrire la nuova base di legittimazione. C'è un evidente ricorso alla tradizione giudaico-cristiana: i periodi di sconvolgimenti delle tradizioni si accompagnano spesso alla nascita o arrivo di un mito che prospetta stabilizzazione e legittimità e rimanda a un mutamento profondo. I nazionalismi si rivolsero all'eredità cristiana, alla sua mitologia e in particolare alle varianti moderne (protestantesimo e calvinismo). In ogni variante del nazionalismo c'è il ricorso a quattro elementi dell'Antico Testamento (magazzino simbolico della tradizione giudaico-cristiana): 1- ripresa e adattamento dell'idea del popolo eletto; 2- idee di Terrasanta e di terra promessa come patria provvidenziale; 3- ricezione di ogni avversario come nemico mortale, che giustifica il ricorso alla violenza e l'odio nei confronti dei propri nemici; 4- messianesimo interpretato come missione storica, dottrina secolarizzata della predestinazione. C'è la fiducia in un futuro messia o redentore. 5- (dal Nuovo Testamento) idea della fratellanza, nazione come communio sanctorum, consociazione analoga alle comunità cristiane o a quelle formate dai detentori del diritto di cittadinanza comunale. C'è inoltre il ricorso al diritto naturale e ai principi giuridici ultra-positivi, oltre alla reinterpretazione illuministica del diritto alla libera autodeterminazione degli individui. Queste figure di pensiero sono state recepite prima dal nazionalismo occidentale e poi da tutti gli altri nazionalismi: la secolarizzazione di retaggi religiosi permette lo sviluppo di elementi di lunga durata del nazionalismo. La comunità redentrice era vista come l'organizzazione culturale e di dominio privilegiata, grazie a una alleanza tra la provvidenza (storia) e la rispettiva nazione, che porta alla definizione di un popolo eletto. L'origine della nazione è avvalorata da un mito di discendenza lineare e teologica: Mosè, i Troiani, i Franchi, gli Ariani. Il mito genealogico dà stabilità alla fratellanza etnica e alla comunità nazionale, soprattutto in un contesto di rapido mutamento sociale. Necessariamente si introducono anche i criteri di esclusione, che porta i membri della nazione a distinguersi dagli altri, incrementando l'omogeneità interna e contrassegnando i confini esterni: i valori e gli interessi del popolo eletto godevano di assoluta priorità. Inevitabilmente l'esclusività del popolo eletto entrò in un rapporto di tensione con le ambizioni egualitarie della democrazia nazionale. La Terrasanta diventa Homeland, Vaterland, il territorio d'origine della nazione è consacrato; in Europa talvolta bastarono i confini socioculturali a definire la Homeland, in altri casi si inventò confini naturali, in altri il nazionalismo ricostruiva la preesistente area di dominio etnico in un proprio territorio nazionale che acquisiva un significato simbolico. La nazione è patria di una cultura popolare ma anche depositaria di risorse. Tuttavia, nella maggior parte dei Paesi coloniali una demarcazione su base etnica e socioculturale non poteva riuscire, tant'è che spesso furono assunti come fondamento degli Stati nazionali culture misteriose o antichi imperi. Il messianesimo, ovviamente secolarizzato, alimentava un sentimento di missione o vocazione nazionale che assegnava alla propria nazione una posizione di prim'ordine nel mondo: l'Inghilterra era la nuova Roma, con compito civilizzatore; l'America era la repubblica modello, la Francia la grande Nation. Intrinseco al messianesimo è la figura del redentore, immaginato come fondatore o salvatore della nazione; rimane costante l'arroganza derivante dalla presunta superiorità della propria nazione. tradizioni di lunga data privi di qualsiasi rottura; le tradizioni non calzanti vennero trasformate o adombrate: le crisi e le guerre erano prove esistenziali delle associazioni santificate della tradizione, in nome delle quali si giustificava il sangue delle vittime. La volontà di affermazione mostrata dalle remote nazioni appariva così disinteressata e quindi in grado di esigere il sacrificio puro, vale a dire la produzione di martiri per la giusta causa, che procurano accrescimento della credibilità e sacralizzazione. Emergono allora due paradossi: 1- il nazionalismo e la nazione sono due fenomeni della modernità ma venivano percepiti come qualcosa di antichissimo; 2- il nazionalismo rivendicava per sé il valore di principio universale e insisteva tuttavia sull'unicità e particolarità della propria conformazione. Il nazionalismo compiva quindi un'opera di costruzione sensibile alla tradizione e promotrice di una nuova interpretazione del mondo. Ci sono quattro tesi sui nessi esistenti tra nazionalismo ed etnia: 1- dove il nazionalismo entrò in interazione con etnie organizzate in un proprio Stato su un territorio già omogeneizzato, esso procurò alla nazione e allo Stato nazionale una solida base. 2- dove si inserì in un contesto di molteplici organizzazioni solidali su base etnica e ricca di tradizioni, compensò la mancanza di una precedentemente omogeneità territoriale mobilitando la memoria di antichi Stati in un passato glorioso. 3- dove intervenne in zone di precedente dominio coloniale, con forte pluralismo etnico e mancanza di organizzazioni unite dalla tradizione, portò estrema precarietà. 4- la nazione si distingue dall'etnia per alcuni elementi centrali: 1- la nazione è integrata da una comune mitologia e una antefattizzazione della comune provenienza, consapevole della differenza rispetto agli altri e credente in una predestinazione e vocazione; 2- essa ha un sistema di potere accettato che tende a poggiare il più possibile sul nuovo tipo di legittimazione; 3- esige e pratica la nazionalizzazione di tutti i possibili settori della vita; 4- ha un sistema economico in cui vale la libera circolazione per tutti i suoi membri, che condividono inoltre una morale interna, mentre gli altri ne sono esclusi; i membri sono anche vincolati da diritti e doveri, gli altri invece estromessi; 5- la nazione rivendica per sé l'assoluta priorità come più elevata istanza di autogiustificazione e il primo posto nella gerarchia dei valori, mentre il nazionalismo è un fenomeno di massa con una spiccata tendenza alla secolarizzazione. 5. Gli esponenti sociali del nazionalismo A lungo si è fatta coincidere l'ascesa della borghesia con lo sviluppo del nazionalismo: in conflitto con la monarchia e la nobiltà, essa avrebbe trovato nel nazionalismo l'ideologia congegnale a ridefinire i rapporti sociali e di potere. Questa interpretazione è fuorviante, giacché non esiste strato sociale, classe o élite predestinata o immune al nazionalismo. Esso, infatti, ha la capacità di superare tutti i rigidi confini di tipo sociale, confessionale o regionale; non può essere attribuito a una specifica formazione sociale, ma nemmeno si può disconoscere il ruolo dominante esercitato dagli intellettuali di estradizione borghese. Lo sviluppo del nazionalismo e dei processi di nation building si suddividono in tre fasi: 1- interessi letterari, artistici e storici degli intellettuali contribuiscono a rivolgere interesse alle questioni della lingua, dell'arte e del passato nazionali. 2- si sviluppa un nazionalismo intellettuale, caratterizzato da predominanza di simpatizzanti di estradizione borghese ma con una rilevante componente nobiliare (come i giovani nobili e aristocratici negli Stati tedeschi); si formano piccoli circoli in cui c'è il richiamo a presunte tradizioni di ordine religioso e al diritto naturale, che diventano centri di attività politica. 3- le idee del nazionalismo acquistano un crescente campo di influenza, mobilitano movimenti di massa e gli intellettuali borghesi diventano opinion leaders; i primi aderire sono le componenti alfabetizzate della borghesia cittadina, molto più avanti lo farà la popolazione contadina. I movimenti nazionali spesso sono caratterizzati da legami informali ed eterogenei tra individui e associazioni, il cui nucleo risiedeva nella variegata articolazione dell'associazionismo borghese; nel movimento nazionale tedesco vi erano borghesi, giovani nobili e membri della piccola borghesia, oltre che una presenza del movimento operaio che condivideva l'idea del futuro stato nazionale costituzionale fondato sulla libertà e uguaglianza dei suoi cittadini. Dove lo Stato era stato creato a seguito di guerra di fondazione, i gruppi nazionalisti si concentrarono entro le formazioni sociali borghesi di orientamento conservatore o di destra liberale: il nazionalismo perse i caratteri universalistici a favore di un egoismo nazionale, una prassi di esclusione che elimina la classe operaia dal nucleo centrale della nazione. La nobiltà invece, per le sue tradizioni transnazionali e per l’avversione alle ambizioni di potere del nazionalismo, si tenne in disparte. Col tempo si creò una sorta di vortice di nazionalizzazione in grado di risucchiare al suo interno tutte le classi sociali, evento che si verificò soprattutto nelle situazioni di crisi internazionale. Dove invece l’oppressione nazionale durò più a lungo (Polonia, Irlanda), il nazionalismo si diffuse più ampiamente in tempi più brevi; in particolar modo fu importante il fatto che la resistenza contro le forze di occupazione di religione diversa trasformo la propria religione in un cattolicesimo nazionale. Negli Stati Uniti la diffusione del nazionalismo in tutti gli ambienti sociali fu favorita dalla miscela di fondamenti religiosi con l'immagine del popolo eletto, dalla missione come modello esemplare di democrazia e dagli interessi economici nazionali; i principali esponenti del nazionalismo non furono quindi concentrati unicamente ed esclusivamente nelle classi medie borghesi. L'equiparazione di nazionalismo a dottrina della borghesia è ancor più inadeguata nei Paesi che accolsero il nazionalismo in seguito a un processo di adozione; il ruolo svolto dall'élites di questi paesi ha equivalenza funzionale a quello svolto dalle élite della modernizzazione borghese in Europa e Nord America. In questi luoghi, infatti, formazioni sociali analoghe alla borghesia si sarebbero sviluppate solo gradualmente e in tempi diversi. 6. Come e perché riuscì la diffusione del nazionalismo Sono sei i fattori che permisero la trasformazione in realtà dell'idea di nazionalismo: 1- l'intensificarsi della comunicazione come componente integrante del processo di modernizzazione e dunque anche di nazionalizzazione (si ricordino la rivoluzione dei trasporti, la creazione di rete di comunicazione, i quotidiani, il traffico postale, le agenzie di stampa che permisero di raggiungere anche le più isolate fattorie con le loro riviste a buon mercato). L'aumento dei lettori è connesso anche allo sviluppo del moderno sistema educativo, con l'introduzione dell'obbligo scolastico; si forma così un articolato sistema educativo in grado di formare lettori aperti e politicamente interessati. Le idee portanti del nazionalismo poterono così raggiungere un vasto pubblico. 2- si diffonde una lingua popolare, la lingua vernacolare, che si intensificò di pari passo con le comunicazioni. Fondamentale in questa direzione fu l'invenzione della stampa; senza di essa le lingue vernacolari non avrebbero potuto sopravvivere, in quanto non esistevano da nessuna parte come lingua originaria preesistente. La loro fortuna fu determinata dallo stile linguistico della cultura alta, che iniziò a prediligere un dialetto piuttosto che un altro. La tesi che vede l'utilizzo e la valorizzazione della stampa unicamente nell'interesse del capitalismo moderno risulta limitante: esso fu certo una spinta importante, ma lo fu ancora di più la pressione esercitata dai riformatori affinché ogni credente potesse avere il diritto di leggere la sacra scrittura nella propria lingua (lo si vede nel fatto che le opere di Lutero divennero i primi e veri best sellers); contemporaneamente i filosofi si preoccupavano di elevare le lingue vernacolari a lingue sacre dei rispettivi popoli. Col tempo le lingue vernacolari vennero definitivamente accettate diventando la lingua dei manuali scolastici del sistema educativo statale. Le lingue diventano anche strumenti di potere di tipo nuovo e rafforzano gli elementi di solidarietà, avvicinando la comunità, prima immaginata, alla nazione etnie di antiche tradizioni che si servivano del Weltbild nazionalista come appoggio per far fronte alla crisi di legittimazione dovuta alla modernizzazione. 2- nel corso della crisi rivoluzionaria di modernizzazione, una utopia come il nazionalismo poteva avvalersi di importanti elaborazioni della teoria politica (sovranità popolare, diritto all'autodeterminazione). 3- era presente un retroterra di concezioni importanti derivanti dalla tradizione giudaica e dalla dottrina cristiana della redenzione, concetti sacri con un grado di attrattività. 4- la società era in movimento in seguito all'evolversi di una struttura sociale sempre più dipendente dal mercato, caratterizzata da mobilità crescente. 5- l'opposizione politica sorta come movimento nazionale poté proclamare l'obiettivo della conquista del potere politico e della riorganizzazione dello Stato sfruttando gli spazi di tolleranza e liberalità consentiti. Solo qui quindi esistevano le peculiari e uniche condizioni che resero possibile la genesi e poi la vittoria del nazionalismo. 8. La storia dello sviluppo del nazionalismo Si forniscono di seguito alcuni esempi storici. 1. Il nazionalismo americano Con la fondazione degli Stati Uniti nasce una repubblica che sin dall'inizio si concepiva come nazione. Vi era la necessità di sviluppare idee proprie su cui basare una nuova legittimazione, e le argomentazioni formulate furono molto nette. Con i primi coloni, infatti, era sbarcata anche la credenza puritana della predestinazione, successivamente secolarizzata, che elevava la nazione a nuovo Israele americano. Si doveva creare per il popolo eletto una dimora in cui potesse compiersi una presa di distanza da tutti i vizi del vecchio continente, una rigenerazione complessiva. Le regioni a ovest venivano considerati come un giardino dell'eden. Vi era anche la aspettativa di poter influire su tutto il mondo come comunità esemplare in ragione della propria unicità, gli Stati Uniti erano “The renovator of the world”, Dio ha destinato l'America alla realizzazione del suo più grande progetto. Lo Stato doveva indicare la via giusta, un topos riproposto in innumerevoli occasioni; vi fu sempre la dicotomia tra trovare riparo dal mondo corrotto e l'attitudine a realizzare la missione con grande intraprendenza anche fuori dalla nuova dimora. Grande influenza esercitarono il diritto naturale e l'idea del progresso di matrice illuministica, che portò all'emancipazione mentale e istituzionale delle tredici colonie. Si stabiliva un laico patto terreno tra repubblicani esemplari, un'unione tra il principio calvinista della predestinazione e il messianesimo secolarizzato, un messaggio che fu poi anche americanizzato (la common law si prestava al ricorso al diritto naturale come arma di legittimazione). Gli ideali di virtù e libertà, crescita naturale e perfezionamento del genere umano furono inseriti nel decalogo dell'unione americana; anche l’espansione continentale era spiegata come una tendenza quasi naturale, complici le idee che volevano rivendicare agli anglosassoni un globale compito di colonizzazione. L'ambizione americana non era solo quella di occupare nuovi territori coloniali, ma anche espandere il territorio della libertà anglosassone; la promessa per la “anglo-saxon race” era di sottomettere il mondo grazie alla predestinazione del suo progresso inarrestabile, che si basava anche su toni razzisti. Dal mondo antico delle idee derivava anche un altro elemento, collegato alla invenzione della tradizione: gli americani si basarono sulla dottrina greco-romana del carattere provvidenziale del centro del potere, secondo cui la sede degli imperi mondiali seguirebbe una traiettoria di spostamento da est verso ovest; gli americani pensavano che l'America fosse la stazione finale di questo movimento. L'America era considerata la regina degli imperi mondiali, concezione fortificata in seguito dalla supremazia industriale. A partire dal XVIII secolo si iniziò a pensare che lo Stato nazionale della “first new nation” esigesse un impero, l'intero continente nordamericano, come si vede già nel nome stesso del Continental Congress, un impero di dimensioni continentale. La seconda generazione di responsabili politici americani ha poi difeso questa ambizione: Adams sosteneva che il continente americano fosse un territorio di dominio spettante all'America; esemplificativi sono il patto transcontinentale dello stesso Adams e la dottrina Monroe, portata avanti dai suoi successori. “The principle of our institutions is expansion” racchiude l'idea centrale del nazionalismo americano mosso dalla coscienza e dalla foga missionaria. Gli imperativi del nazionalismo, quali il benessere economico, la tranquillità sociale e il miglior funzionamento delle istituzioni repubblicane iniziarono a mirare a una costante espansione continentale commerciale. Come per il consenso delle prime élite del potere, anche la sottomissione dei partiti e rivali dei grandi gruppi di interesse dipendeva da questa valvola di sfogo; fu abbandonata la tesi secondo cui solo piccole collettività sarebbero adatte alla forma statuale della repubblica, in favore dell'idea di un vasto “expanding empire”. A tutte le élites del paese era, infatti, ben presente la presunta necessità di una politica espansionistica ai fini della conservazione del sistema e della possibilità di legittimare la politica ricorrendo a un nazionalismo pensato in termini continentali se non globali. La dottrina Monroe del 1823 illustra l'ambizione egemonica di natura imperiale: il determinismo geopolitico e l'isolazionismo antieuropeo si univano all'immagine di un American system che attribuiva agli Stati Uniti la preminenza e un crescente territorio nazionale. Col tempo la dottrina si sviluppò in una cornice protettiva di valenza giuridico-internazionale; gli elementi del nazionalismo confluirono nell'idea del “manifest destiny”, secondo cui il compito assegnato dalla volontà divina era di assicurarsi il dominio sul proprio continente e nel mondo, essendo ben consapevole la nazione di essere un grande impero e l'incarnazione del pensiero progressista. Questo concetto riuscì a catturare e a stringere a sé l'orgoglio americano e la volontà di affermazione intrinseci al suo nazionalismo, come si può vedere nell’imperialismo degli anni ‘80 del XIX secolo. La fase iniziale dell'imperialismo avrebbe procurato profitti materiali, ma in una prospettiva di lunga durata il sommo obiettivo era la redenzione del mondo tramite la sua americanizzazione. I motivi portanti del nazionalismo rimasero accentuati e profondamente radicati fino all'inizio del XX, ma anche durante e dopo le Guerre il nuovo ordine mondiale era sempre sotto l'egemonia americana: si ricordano le visioni finalistiche dei vari presidenti, sempre espressione degli stessi elementi di fondo; la cura del mondo sarebbe riposta nella “American way of life”. Il nazionalismo economico americano era fortemente cosciente dei propri interessi, come si vede negli elevati dazi doganali, nella propaganda del “buy American”, e della politica della porta aperta e del libero commercio verso l'esterno. Un altro elemento distintivo del nazionalismo americano è l'esternalizzazione del male, oltre alla caratterizzazione del nemico come nemico mortale: gli indiani come figli di Satana, gli Unni, i Nazis, i Gooks, le orde; da una stigmatizzazione così radicale del nemico segue inevitabilmente una difficoltà nel ristabilire la pace. L'esternalizzazione del male protegge però il proprio orgoglio, la rappresentazione e la coscienza di sé, preserva i sentimenti da ogni forma di autocritica sulle proprie debolezze; l'esternalizzazione del male si vede per esempio nella cosiddetta “americanizzazione dell’Olocausto”. Il ricordo del crimine di Hitler è una conferma della virtù morale della società americana, e rafforza la convinzione degli Americani nel loro ruolo di redentori in un mondo che necessita e continua a necessitare di un popolo eletto. 2. Il nazionalismo tedesco All'origine del nazionalismo tedesco non vi è alcuna rivoluzione; alla fine del XVIII secolo la Mitteleuropa di lingua tedesca entrò in una crisi di modernizzazione dovuta alla esportazione bellica della Rivoluzione francese. Nei territori stava avvenendo la delegittimazione del dominio tradizionale, ormai in fase avanzata, con la gerarchia sociale cetuale in crisi e l'interpretazione cristiana del mondo posta in questione dall'illuminismo e dal razionalismo teologico. L'attacco degli eserciti rivoluzionari sotto la guida di Napoleone contribuì alla distruzione del tradizionale sistema pluralistico degli Stati tedeschi e delle organizzazioni di dominio fino allo rappresentare un nazionalismo di élite ma contemporaneamente ben consci del grande potere di attrazione esercitato dal Weltbild: l'idea di una comune patria tedesca aveva messo radici inestirpabili. Le guerre di liberazione contro Napoleone, 1813-15, non ebbero effetti nazionalizzanti, in quanto combattute da soldati di professione e da unità di militari, diversi dei quali costretti combattere. Malgrado questi elementi di debolezza agli occhi degli architetti del Deutscher Bund il nazionalismo tedesco rappresentava una vera e propria sfida, una triplice minaccia per l'ordine costituito: 1- poneva in questione l'ordine internazionale e il sistema degli Stati nel centro dell’Europa. 2- per gli stessi singoli Stati tedeschi era un pericolo mortale di un’avversata fusione. 3- i suoi principi liberali e nazionali democratici erano in contrasto con l'organizzazione della gerarchia sociale dei privilegi, che favoriva le dinastie principesche e l'aristocrazia. Pertanto, il nazionalismo fu represso e il Deutscher Bund funse da sistema di blocco con cui impedire la formazione dello Stato nazionale federale e contrastare lo Stato nazionale unitario. Tuttavia, in tre decenni in movimento nazionale riuscì a coinvolgere centinaia di migliaia di persone: piccoli punti di appoggio e cellule organizzative riuscirono comunque a resistere, alimentando quel set concettuale propugnato dal nazionalismo. Professori nelle università sostenevano le idee nazionali, le associazioni studentesche coltivavano i propri convincimenti nazionali, nei convegni delle grandi associazioni si continuava a invocare l'unità nazionale. L'ordine pensato della nazione esercitava un fascino particolare soprattutto sui giovani intellettuali: vedevano loro promesso un ruolo importante, l’opportunità di intervenire nella riorganizzazione dello Stato e della società, la possibilità di ascesa sociale. Il nazionalismo fu quindi avversato ma anche alimentato e sostenuto da un numero crescente di fonti. Una accelerazione fu scatenata poi dagli eventi internazionali e dalle crisi interne, fino alla Crisi del Reno nel 1840, quando anche negli Stati tedeschi si scatenò un'ampia agitazione nazionalista. Una vera e propria mobilitazione si verificò in occasione della disputa sui ducati di Schleswig e Holstein, che sarebbero dovuti divenire parte del Regno di Danimarca, ma che erano viste come regioni tedesche che si rischiava di perdere; ci fu quindi una mobilitazione nazionale. L'aspro conflitto tra i fautori del libero scambio internazionale e i sostenitori dei dazi doganali organizzati nella difesa del lavoro nazionale portò a una forte polarizzazione degli interessi e delle opinioni a favore del movimento nazionale. Pertanto, nel 1848 il nazionalismo aveva già una considerevole riserva di attivisti e di simpatizzanti che premevano per la fondazione di uno Stato nazionale tedesco, liberale e costituzionale. Scoppiò la diatriba sull'alternativa tra la soluzione grande-tedesca e piccolo-tedesca, che però non determinò il fallimento della rivoluzione: essa fu data dal sovrapporsi di una serie di compiti di modernizzazione, dalla fondazione dello Stato alla riforma della struttura sociale, che creò un inaffrontabile cumulo di incombenze, rese insormontabili dalla mancata alleanza tra le componenti cittadine e le componenti contadine del movimento rivoluzionario, nonché dalla rapida offensiva delle forze controrivoluzionarie. Nel 1849 si assisteva quindi al ritorno a una dura politica repressiva, durata circa un decennio, dopo il quale in alcuni importanti Stati tedeschi la politica di liberalizzazione aprì una valvola di sfogo; il movimento nazionale si ripresentò all'opinione pubblica, con un susseguirsi di festeggiamenti, che furono motivo di consolidamento del proprio nazionalismo. La Guerra di unificazione nazionale italiana accese la fantasia politica di un piccolo reticolo di élites che iniziò a catalizzare le energie ispirandosi all'esempio italiano; il nazionalismo assunse sempre più i caratteri di un importante centro della vita pubblica, il cui potere di diffusione era in via di espansione. Tuttavia, lo Stato tedesco non fu tanto il prodotto di un imponente e popolare movimento nazionale, quanto piuttosto della politica espansionistica prussiana guidata da Bismarck, che si servì di ben tre Guerre di egemonia e dell'alleanza informale con il movimento nazional-liberale. Con le decisioni del 1866 e del 1871 si pose infine termine alle relazioni centenarie esistenti tra tedeschi della Mitteleuropa e delle loro varie organizzazioni di dominio. La nazione imperiale del ‘71 rappresenta indubbiamente un elemento di novità, e il processo di nation-building iniziò di fatto solo dopo la formazione del potere, “l'unità tedesca è ancora assolutamente estranea agli impatti emotivi della nazione”. Gli imperativi del nation-building si articolano in tre diversi ambiti: 1- costituire un quadro istituzionale entro cui inscrivere la costruzione e l'espansione dello Stato nazionale, tramite il Reichstag, l'esercito e l'università. 2- fortificare l'accettazione psicosociale di un habitus nazionale tramite i processi di socializzazione politica: in ambito familiare, nelle scuole, nell'istruzione delle reclute, nelle associazioni nazionali. 3- rappresentare simbolicamente la nuova realtà nazionale per rendere percepibile la nazione a livelli mentale ed emozionale, tramite feste, canti, parate, fino al kitsch quotidiano. Il nazionalismo tedesco fu composto sin dall'inizio da una miscela di partecipazione e aggressione, da un’unità di istanze egualitarie e voglia di conquista di terre straniere e malevoli stereotipi del nemico, con il desiderio di un'imponente egemonia mondiale. Prima del 1871 predominò però il carattere di un movimento liberale di riforma, con l'obiettivo di uno Stato nazionale capace di avviare un processo di riforme: la costituzione di uno Stato nazionale avrebbe posto fine alla anacronistica associazione di sudditi in favore di un'associazione di cittadini. La fondazione dell'Impero produsse un mutamento di costellazione che si spinse ben oltre un semplice cambio di funzione del nazionalismo: esso si trasformò in un'ideologia politica difensiva, socialconservatrice, illiberale, con obiettivi espansionistici miranti a mettere in discussione lo status quo e un considerevole potenziale di aggressione. Nel 1871 l'obiettivo di uno Stato nazionale tedesco era stato raggiunto, e con ciò esaurito il nazionalismo di unificazione. Fino a quel punto il concetto di sovranità popolare quale forma di legittimità non era ancorato al nuovo Reich, che non rispecchiava le concezioni del primo nazionalismo liberale: ora invece il solido potere principesco era rappresentato dal Kaiser, e rafforzato dai clamorosi successi dell'esercito oltre che dal potere carismatico di Bismarck come condottiero. Il movimento nazionale non era infatti stato in grado di creare lo Stato nazionale né attraverso un atto di autocostituzione rivoluzionaria, né con la nazionalizzazione di un territorio preesistente e già etnicamente omogeneizzato dagli Stati principeschi. La volontà di nazione si esprimeva nel solo Reichstag. Il processo di crescita economica e il mutamento sociale diedero vita a una economia e a una società tedesche, con scenari di nuovo tipo per il nazionalismo: il concetto di nazione su un processo di restrizione, vi furono guerre interne di Bismarck contro la popolazione cattolica e la socialdemocrazia, escluse per lungo tempo come nemiche del Reich. Solamente il cittadino borghese colto e proprietario, dogmaticamente protestante, ultramontano e mangiasocialisti poteva corrispondere al tipo ammissibile di tedesco orientato in senso nazionale: l'unità nazionale subì così ferite e la prassi discriminatoria basata su leggi speciali segnò il tramonto del liberalismo, con il passaggio del governo alla coalizione conservatrice. Ci fu poi il tentativo di escludere dalla nazione anche gli ebrei tedeschi attraverso il ricorso a una loro stigmatizzazione biologica, che fallì, ma iniziò a insinuarsi nei partiti e nelle associazioni conservatrici. A partire dalla metà degli anni ‘80 una corrente sempre più influente iniziò a guidare soprattutto la generazione più giovane cresciuta nell'Impero al di fuori dei limiti fissati da Bismarck: l'idea era quella di una grande Germania che completasse la fondazione del Reich con l'inclusione degli Austriaci. Il nazionalismo si era fatto desideroso di espandersi e iscriveva sul suo vessillo la politica mondiale (Weltpolitik) come missione tedesca. Il nazionalismo tedesco aveva vissuto un processo di radicalizzazione simile a quello era riscontrabile nello stesso periodo anche in altri Stati nazionali occidentali. Essa avrebbe potuto sopravvivere se la sua fase espansiva fosse durata tanto quanto la fase espansiva della Bundesrepublik anziché solo quattro anni: il potere normativo avrebbe potuto stabilizzare il sistema. La depressione subentrata nel ‘29 invece distrusse ogni speranza di questo tipo. Si assisté a una pauperizzazione senza precedenti dei lavoratori, a una dilagante disoccupazione, dove trovò terreno fertile un nazionalismo che insisteva sulla iniquità dell'umiliazione inferta ai Tedeschi, gettando le basi per un movimento di protesta di massa interprete di un nazionalismo radicale. La mobilitazione degli elettori dei membri e dei simpatizzanti avvenne perché la NSDAP era un movimento di massa radicale nazionalista indottrinato sulla necessità di dover riconquistare l'onore, la stima, il potere della nazione e ri- occupare una posizione di preminenza. A questo scopo era necessario estromettere gli ebrei, i marxisti, gli stranieri per ottenere l'unità razziale della nazione che avrebbe consentito il superamento di ogni contraddizione sociale. Il nazionalismo aveva già dimostrato grande capacità di penetrazione sociale che attraversava tutte le linee di demarcazione esistenti tra classi, confessioni o regioni; l'esperienza della Guerra mondiale e la sindrome da crisi portarono a un nuovo nazionalismo, il cui padre è la guerra. Esso è fondato sull'idea della predestinazione e vede sul piano interno il superamento della lotta di classe e su quello esterno un orientamento imperialista. Esso si occupò anche dei problemi esistenti fuori dai confini nazionali: le numerose minoranze tedesche erano sottomesse al potere politico di quelle che una volta erano state minoranze sottomesse; la controversia sulle minoranze aggravò la sindrome del nazionalismo radicalizzato. Queste minoranze furono magnificate, come l'incarnazione della pura coscienza tedesca. Da tutti questi elementi Hitler riuscì a trarre buona parte della sua forza di integrazione e mobilitazione. Dopo il 1933 emerse che erano soprattutto i successi nazionali a incrementare il sentimento di lealtà e la base di legittimazione del regime (ri-militarizzazione, occupazione della Renania, Anschluss, smembramento della Cecoslovacchia come trionfi nazionali). L’esultanza era così pervasiva che anche se ci fossero state libere elezioni ci sarebbe stato un massiccio sostengo a Hitler. La celebrazione della marcia trionfale sarebbe durata fino a Stalingrado, la pulizia della nazione da “quelli di sinistra” e da “ogni corpo estraneo” fu ben in vista anche durante la guerra; solo lo sterminio di massa degli ebrei fu tenuto segreto sino alla fine. Essi incarnavano ogni pericolo mortale, ma è assolutamente falso che tutti i Tedeschi sarebbero stati ossessionati da antisemitismo eliminazionista. Per i soldati al fronte furono più importanti lo spirito di sopravvivenza, la difesa della patria e l'obbedienza che le esortazioni propagandistiche, malgrado l'idea di difesa della nazione ebbe un'influenza considerevole. Sul fronte interno la boria nazionalista rimase fermamente salda, complici anche i dieci milioni di lavoratori stranieri, in grado di far sentire i lavoratori tedeschi a un livello superiore rispetto a questo nuovo sottoproletariato, e quindi di pensare di appartenere a una nazione eccelsa. La storia del nazionalismo tedesco trova nella sconfitta nella Seconda guerra mondiale una cesura fondamentale: il vulcano del nazionalismo radicale si spense, subentrò profonda disillusione, non vi era più spazio per un rifiuto della pace carico di risentimenti. Per quarant'anni il nazionalismo non poté più fungere da base di legittimazione per i due nuovi Stati formatisi. Nella Repubblica federale la forza di mobilitazione di integrazione del nazionalismo fu pressoché nulla: si formò un nuovo nucleo di lealtà, legato all'idea di Europa e all'orgoglio per le grandi capacità di performance dimostrate. Nella DDR fallì lo sforzo di trasformare la popolazione in una nazione socialista. Nella Germania occidentale il nazionalismo perse ogni potere di attrazione sulle grandi masse, e la partizione del paese sembrava definitiva, la riunificazione era giudicata da tutti illusoria. Si rafforzavano invece i contorni di una società postnazionale, il cui fondamento di legittimazione verteva sulla capacità di funzionamento dello Stato sociale, giuridico e costituzionale in connessione con le grandi performances dell'apparato produttivo. Un'efficace politica occidentale permise di orientare il crollo della DDR verso la riunificazione dei due Stati tedeschi: si trattò della difficile fusione di due giovani Stati con antiche tradizioni comuni, che negli anni della divisione avevano maturato una storia propria. Chi aveva sperato che con il ritorno alla struttura di uno Stato nazionale sarebbe riemerso un nuovo nazionalismo tedesco è rimasto deluso, la rinascita del nazionalismo non è avvenuta. Ciò costituisce un elemento che va a favore sia della cultura politica dei Tedeschi occidentali sia della capacità della base di legittimazione di sopportare dure prove, ma anche un elemento a favore della capacità di apprendimento dei Tedeschi orientali, che hanno saputo volere accettare il mutato contesto politico. 3. Il Transfertnationalismus nel resto del mondo Nato in Occidente, il nazionalismo si è poi diffuso nel resto del mondo tramite grandi ondate successive. La prima si verificò in America Latina sul finire del XVIII secolo: l'esempio della repubblica nazionale dell'America del nord esercitò immediatamente un grande fascino sulla parte meridionale del continente. Questo processo trova la propria causa nel fatto che nelle colonie sudamericane della penisola iberica si era accumulato un profondo malcontento per l’aggressiva tutela giurisdizionale e amministrativa esercitata dai poteri coloniali; i più insoddisfatti erano i creoli, discriminati e impiegati solo temporaneamente nell'amministrazione nell'economia. Era pertanto allettante il pensiero di fondare una propria nazione sul modello vincente degli Stati Uniti, e per legittimare una forma di esistenza indipendente l'espressione fu trovata nel concetto di nazione. Non esistevano etnie sul modello di quelle europee ma società coloniali a forte stratificazione gerarchica, con una ristrettissima classe dominante bianca e una stragrande maggioranza di meticci e mulatti, nativi o schiavi. Tra i ceti alti vi era consapevolezza e autostima che si manifestò nelle guerre di indipendenza dagli imperi; essi riuscirono a catalizzare le energie per definire accettabili confini territoriali per la pianificazione di future repubbliche sovrane, Stati nazionali sorti da province coloniali. Malgrado la classe dominante creola ambisse a definirsi come nazione, essa non aveva una solida base etnica su un terreno ricco di antiche tradizioni: il sistema di potere politico affermatosi fu così destinato a soffrire di una condizione di cronaca e pericolosa labilità, data dal susseguirsi di colpi di Stato e regimi dittatoriali su modello del caudillo. Nella prima metà del XIX secolo i movimenti nazionali si svilupparono solo nel nord dell'Impero ottomano, nei Balcani in occasione della lotta di indipendenza greca. Intorno agli anni ‘70 del XIX secolo il nazionalismo fece presa anche sull'Asia orientale, in conseguenza della forzata violenta apertura dell'impero insulare del Giappone; qui si inaugura un'epoca di riforme basate sull’imitazione del vincente modello occidentale e soprattutto del nazionalismo con le sue promesse di modernizzazione. Il nazionalismo incontrò precondizioni ideali nell'Impero del Sol Levante, tant'è che il nazionalismo nipponico può essere comparato a quello inglese: le isole avevano goduto indisturbate di grande autonomia socioculturale e politica, si era sviluppata una solidale organizzazione di dominio su una base dai caratteri estremamente pronunciati, che ben si prestava a essere reinterpretata in termini di nazione. Vi era infatti la coscienza della missione di un popolo eletto, governato da un figlio della dea del sole, arricchita da una certa arroganza razzista; vi era la dimostrata capacità di rigenerazione sul suo territorio sacro, la mobilitazione e il consolidamento da parte di giovani intellettuali presso le università occidentali (spesso in Prussia); si giunse così a un modello di successo di uno Stato militare modernizzante. Il movimento cinese di riforma nazionaldemocratico-repubblicano giudicava la nazionalizzazione del Giappone un grande successo degno di imitazione; dal 1911 si aprì una lotta per l'affermazione del warlord in grado di improntare le tradizioni etniche dai Cinesi Han all'identità nazionale. Il Kuomitang fu poi incapace di contrastare il movimento rivoluzionario, radicalmente comunista quanto nelle vittime provocate dal processo di omogeneizzazione di Stati estremamente multietnici e policentrici. 9. I successi del nazionalismo e l’immeritata fama dello Stato nazionale Il nazionalismo ha portato a rilevanti conseguenze positive: le lingue nazionali hanno dato un impulso enorme allo sviluppo della letteratura nazionale e la dottrina propugnata dal nazionalismo occidentale ha esercitato un'influenza stimolante tanto sulla vita letteraria quanto sui mezzi di comunicazione a stampa. L’argomento principale di Gellner, che vede nella nazione creata dal nazionalismo, nella sua cultura nazionale standardizzata e nello Stato nazionale le condizioni necessarie per il funzionamento della società industriale, non è del tutto plausibile. Le lingue nazionali si sono rivelate comunque uno strumento insostituibile per il modus operandi delle società industriali, portando un facile livello di comprensione tra ogni classe sociale. L'unità giuridica dei moderni Stati nazionali ha poi posto le basi per grandi opere legislative, scritte nella lingua nazionale e che quindi diventavano vincolanti parametri legislativi del sistema giuridico statuale. Inoltre, con la formazione della nazione la sovranità popolare si sostanziò come fonte di tutte le leggi e delle decisioni parlamentari. Il funzionamento del sistema politico richiedeva l'esistenza di una omogeneità culturale, che sviluppandosi nel nome del suffragio universale, della democrazia parlamentare e del parlamentarismo, era di fatto un risultato del nazionalismo. Il nazionalismo mostrava però numerose ambiguità, come la pratica di esclusione rispetto alle minoranze nazionali. L'ideale dell'unità nazionale ha infatti osteggiato un tipo di convivenza in società multinazionali basato sul rispettoso riconoscimento degli altri, per non parlare dei conflitti esplosi in ragione dei presunti interessi nazionali. Lo Stato nazionale rappresentava la realizzazione concreta dell'obiettivo immaginario perseguito dai movimenti nazionali, e pertanto incarnava già in sé un valore supremo, ma numerosi successi contingenti contribuirono fortemente a elevare il nazionalismo a religione secolare: 1- esso si coniugò con il dispiegarsi della Rivoluzione industriale e poi con una moderna crescita economica accompagnata da un aumento di benessere senza precedenti, eventi che consentivano di trarre un bilancio positivo rispetto al periodo precedente; per tale motivo anche lo sviluppo del grande mercato interno e le nuove dimensioni economiche sono state interpretate come effetti conseguenti dello Stato nazionale. 2- lo Stato nazionale fu concepito come un moderno Stato costituzionale e di diritto: ai cittadini fu garantito un livello di partecipazione politica e di sicurezze giuridiche fino ad allora sconosciuto. La base giuridica fu poi ampliata con la legislazione e le altre conquiste furono ascritte dalla coscienza collettiva allo Stato nazionale. 3- il moderno Stato sociale e interventista si sviluppò in seguito a un faticoso processo di apprendimento come reazione alle crisi economiche, alle ripercussioni sociali del mondo industriale e, non da ultimo, anche del sistema politico. Lo Stato si è accollato un dovere di preservazione da una serie di rischi, dando vita a un moderno sistema di assistenza articolato in una fitta rete di sicurezza sociale. Questo successo, prosecuzione della formazione interna dello Stato, fu interpretato come risultato delle capacità riformatrici dello Stato nazionale. 4- istituzionalizzazione dei conflitti sociali fondamentali: al posto dell'aperto antagonismo di classe si instaurò un tipo di conflitto giuridicamente domato grazie alla politica tariffaria. Tuttavia, tutti questi successi non erano affatto legati all'esistenza di uno Stato nazionale secondo un rapporto di necessità interna. Un alto livello di crescita economica poté raggiungerlo il Giappone ancora prima di avere la formazione nazionale, così come la vecchia Repubblica federale tedesca era uno Stato costituzionale e di diritto senza essere uno Stato nazionale; gli Stati Uniti, d’altra parte, non hanno ancora sviluppato uno Stato sociale in senso comparabile a quello orientato alla soluzione di problemi che sia invece raggiunto in Europa. Si può quindi sostenere che gli eccezionali sviluppi positivi vissuti dal mondo occidentale quali la crescita economica, l'aumento del benessere, il costituzionalismo, la sicurezza giuridica, l'assistenza sociale e il controllo dei conflitti rientrano in maniera puramente casuale nell'epoca degli Stati nazionali. Ciò malgrado, sul piano della memoria collettiva si è fissata una interpretazione che ne fa dei prodotti genuini dello Stato nazionale. Questi successi non altro fecero che accrescere l’attrattiva del nazionalismo e dello Stato nazionale da esso creato, innalzando quest'ultimo a ineludibile passaggio verso il presente e ancor più verso il futuro; lo Stato nazionale si vanta e compiace dei risultati raggiunti, benché essi non abbiano sostanzialmente nulla a che fare con questa lodata forma di costituzione politica. 10. Fine del nazionalismo? Si è abbandonata recentemente l'idea convenzionale secondo la quale l'identità nazionale creata dal nazionalismo e dallo Stato nazionale godrebbe di una posizione di monopolio nell'orizzonte mentale degli individui. È stata infatti riconosciuta la coesistenza di più forme di identità, l’identità multipla, e del fatto che diverse entità agiscano parallelamente se non addirittura in competizione; questo perché a seconda delle esigenze poste dal contesto di vita la preminenza dell’identità può spostarsi. In un contesto come quello del 1914 accade che il primato passi all'identità nazionale, mentre le altre cadano provvisoriamente in secondo piano o si allineino con essa. Il concetto di identità multipla si allinea perfettamente alla teoria sociologica dei ruoli, ma va ben oltre la semplice personalità socioculturale; è inoltre perfettamente congruente con il concetto di habitus, concepito come pluralità di habitus. Il riconoscimento della identità multipla ha prodotto un effetto liberatorio, ponendo in questione l'assioma classico di ogni nazionalismo, ossia primato assoluto all'identità nazionale: non si vuole disconoscere il ruolo dell’habitus nazionale, ma relativizzarne il significato; la recente storiografia ha sollevato un dubbio di fondo sulla sua pretesa totalità. Anche il nazionalismo viene quindi indagato secondo il principio dello storicismo che nega il carattere di identità a qualsiasi fenomeno storico, destinando tutto a una comparsa e a un declino; viene quindi messo in discussione il valore vincolante e assoluto attribuito alla visione nazionalistica del mondo e dello Stato nazionale. L'epoca degli Stati nazionali dura da circa 220 anni, e nel frattempo i suoi principi organizzativi sono divenuti oggetto di un profondo scetticismo. Vi sono diverse origini di questo dubbio: 1- il nazionalismo prometteva di garantire la convivenza dei membri di una nazione in condizioni di armonia e di parità di trattamento grazie alla soppressione della gerarchia socio-strutturale basata sui privilegi e alla sostituzione del dominio divino della monarchia di sudditi. La sua adesione alla democrazia nazionale ne rafforzò la credibilità, ma ha però di fatto favorito la nascita di una consociazione internamente dura e spietata, caratterizzata dalla pratica dell’esclusione. Si potrebbe stilare una lunga e deprimente lista di nefandezze riguardanti tutti gli Stati nazionali, e quindi rispetto alla promessa originaria il nazionalismo ha decisamente fallito. 2- il nazionalismo prometteva che con l'eliminazione delle cause alla base dei conflitti fino ad allora esistiti, l'ambizione monarchica che si esprimeva con la guerra e l'aristocratico atteggiamento di rivalità competitiva, si sarebbero create le premesse per un mondo pacificato di cittadini membri della nazione, che avrebbe dato luogo a una naturale coesistenza pacifica tra tutti gli Stati nazionali, senza il bisogno di misurare i rapporti di forza tra gli Stati attraverso duelli bellici. In realtà il nazionalismo si è rivelato un attore tutt'altro che pacifico: la formazione della maggior parte degli Stati nazionali è avvenuta proprio in seguito a guerre di unificazione nazionale, guerre civili o guerre di secessione, mentre la nascita pacifica di Stati nazionali è stata decisamente un’eccezione. Inoltre, l'epoca degli Stati nazionali è stata un'epoca piena di guerre, fino alla guerra totale. Le sconfitte
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