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Riassunto di "Requiem" di Antonio Tabucchi, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Riassunto di "Requiem" di A. Tabucchi per l'esame di letteratura italiana moderna e contemporanea - Università degli Studi di Bari Aldo Moro, facoltà di lingue e letterature straniere.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 21/01/2019

johannascar
johannascar 🇮🇹

4.7

(19)

11 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto di "Requiem" di Antonio Tabucchi e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! “Requiem”, Tabucchi Con la parola Requiem, ci si riferisce, generalmente, ad una preghiera rivolta ai morti, anche per la derivazione latina (riposo eterno), in questo caso, però, Tabucchi ha deciso di utilizzare questo termine, come titolo per il suo romanzo, sfruttandone una diversa connotazione. Requiem, non è, infatti, una preghiera, ma il congedo di un uomo da una serie di luoghi e persone, ormai morte, ma che in passato gli erano state molto care. La vicenda si snoda in una torrida domenica di luglio a Lisbona (in ciò dichiarando ulteriormente il viscerale amore di Tabucchi per il Portogallo), dove il protagonista-voce narrante incontra una serie di personaggi, di cui quattro morti da tempo. La realtà entro la quale la vicenda si svolge è confusionale per il protagonista tanto quanto per il lettore: l’atmosfera è reale tanto quanto sognante. L’ambiguità è inoltre dettata dal fatto che quello che avviene -a detta della stessa voce narrante- potrebbe essere un’allucinazione, un sogno -dunque prodotto della sua mente- ma potrebbe anche non esserlo. Il protagonista sembra immergersi nei meandri dell’inconscio, dell’anima o del ricordo, ma al tempo stesso vive l’attualità della giornata; vi sono, dunque, due dimensioni diverse, ma coesistenti. I due piani si sovrappongono (difatti il protagonista si muove per Lisbona, conversa con tassisti, barman, portieri), e non è possibile per il lettore decidere se quello che il protagonista dice appartenga al reale o all’immaginario. Per di più, il protagonista utilizza continuamente espressioni quali “mi pare che”, “sembrava”, “non so”, “ma forse” che contribuiscono a bilanciare l’impressione di irrealtà. I due mondi sono animati: l’uno -quello normale- da Lisbona e chi vi vive, l’altro -quello fuori norma- dagli appuntamenti coi morti. Il protagonista ‘viola’ il possibile quando dialoga con i morti, ma ciò avviene sempre in un mondo mimetico e credibile (egli pranza, cena, discute e via discorrendo). Il romanzo è diviso in nove capitoli nei quali seguiamo le peregrinazioni dell’io narrante da una parte all’altra di Lisbona dove incontra i vari personaggi; vengono a crearsi dei gap spaziali nei quali egli è risucchiato. Ad esempio, a fine capitolo secondo l’io si trova nel cimitero, mentre il terzo si apre con Tadeus che lo esorta ad entrare in casa sua. Lo stesso anche in altri capitoli (nel settimo, ad esempio) ma cosa succeda all’io nei gap spaziali rimane un mistero. Ci troviamo dunque di fronte ad una narrazione che apparentemente esibisce una struttura tradizionale fornendoci il “dove” con nomi di luoghi e strade, ma che sottende dei gap spaziali che diventano semantici. Non sono solo le categorie spaziali a venir sovvertite, ma anche quelle temporali: la storia comincia esattamente alle dodici dell’ultima domenica di luglio e termina esattamente dodici ore dopo, a mezzanotte, e dato che il protagonista è così preciso per quanto riguarda il tempo, quindi il lettore è spinto a pensare di avere tutte le informazioni necessarie per definire il “quando”, senonchè presto si accorge che qualcosa gli sfugge. La storia inizia utilizzando un verbo al passato, quindi è già avvenuta, ma l’ “allora” seguente colloca il tutto in un passato indeterminato. Il protagonista, per giunta, si riferisce molto spesso al giardino di Azeitao, dove stava prima di finire sul molo di Lisbona (pag. 1), quindi esistono due fasi del passato, uno remoto e uno più prossimo, che però sprofondano in un passato remotissimo quando ripercorre strade che aveva conosciuto al tempo della sua gioventù, parla con suo padre giovane che gli si presenta vestito da marinaio e dicendo “siamo nel 1932”, visita la casa del faro dove ha vissuto prima del 1971 o si ricorda di aver scattato la foto che è sulla tomba di Tadeus nel 1965. Ci sono molte date nella storia, ma ciò non consente al lettore di avere un’esatta dimensione temporale degli eventi; per di più, l’io narrante infrange la barriera temporale quando incontra i morti. I morti, inoltre, sembrano riemergere da un punto “x” della loro vita trasmigrando così nel presente narratoriale. Poiché costoro pranzano, cenano, conversano, camminano, rimane difficile liquidarli come allucinazioni o fantasmi. Lo spazio entro cui si muove il protagonista, date queste coordinate, è al limite fra reale e irreale. A guidare il protagonista nel suo andirivieni è il caso. A guidare il protagonista all’incontro con Tadeus è la zingara incontrata fuori dal cimitero di Prazeres, dove esiste un piccolo mercato degli zingari, luogo presso il quale egli si è recato allo scopo di acquistare due magliette, necessità data dal fatto che stesse sudando terribilmente, non si sa bene se per il caldo torrido o per un attacco d’ansia. Il paradigma si ripete: è Tadeus ad indirizzare il protagonista verso l’incontro con Isabel, sua amata morta suicida anni prima. Il protagonista devia il suo percorso originario dirigendosi verso Rua das Pedras Negras a causa di un sudore irrefrenabile; ci rendiamo conto, però, che smette di sudare quando entra nel cimitero per incontrare Tadeus e che non suda più per il resto della storia tranne in due momenti cruciali: quando nel Museo di Arte Antica viene menzionato l’herpes zoster dal copista de “Le tentazioni di san Antonio” e quando sta per fare la carambola al biliardo con il maitre della casa do Alentejo. Visto che l’io afferma spesso di essersi preso “il virus dell’Inconscio”, il lettore deve chiedersi se sia il caso o l’inconscio a guidare le sue azioni. Giungiamo, dunque, a una conclusione: il caso e l’inconscio sono responsabili in egual modo di ciò che accade. Tenendo presente che l’inconscio vive di libere associazioni, di estrema libertà, è abitato dal desiderio, dobbiamo domandarci quale sia la natura di tale desiderio. Il protagonista ha dei quesiti che lo tormentano e poiché le persone che possono soddisfarli sono morte non gli resta che andare alla ricerca dei defunti per parlargli. L’io vuole sapere da Tadeus il significato della frase da lui scritta in punto di morte e se sia stato lui a convincere Isabel ad abortire; da Isabel perché si sia uccisa; dal grande poeta cosa sia successo nella sua infanzia. L’incontro con il padre giovane sembrerebbe un’eccezione, giacché pare sia il morto a voler sapere dal vivo come andrà a finire la sua vita; in realtà il vivo ha necessità di raccontare al padre quello che è avvenuto dopo la sua morte perché ha bisogno della sua consolazione non essendo soddisfatto di se stesso. Nessuno dei quesiti viene risolti: né Tadeus, né Isabel, né il grande poeta danno al protagonista delle risposte. Tadeus non ricorda il significato della frase scritta in punto di morte, anzi, forse questa è stata l’ultima presa in giro al mondo. Isabel resta avvolta dal mistero, restando in uno dei gap. Il grande poeta mente spudoratamente riguardo la sua infanzia, e nonostante sia accusato di slealtà dal protagonista si rifiuta di dare una spiegazione; il padre giovane, infine, ha lui stesso bisogno di spiegazioni e quindi non può farne. L’io narrante, quindi, resta nel dubbio. Varcare le soglie dell’aldilà costituisce il massimo della trasgressione, ma se nonostante ciò non è possibile ottenere risposte, allora dobbiamo dedurre che la risposta non esiste. I quesiti dell’io riguardano eventi per lui inspiegabili e quindi riguardano la sua possibilità di comprendere la realtà, oppure non è possibile comprenderla perché non esiste una versione definitiva della realtà: non esiste una sola ed unica realtà, ma più realtà, tante quante sono le nostre interpretazioni. In Requiem non è solo il protagonista ad interrogarsi sulla realtà, ma il testo stesso. Il testo esibisce un’alternanza di livelli metanarrativi che mantengono il lettore consapevole di trovarsi in una posizione al limite tra reale e irreale. Oltre a visitare i morti, il protagonista fa visita anche ad un quadro: si tratta de “Le tentazioni di Sant’Antonio” di Bosch. Lì incontra un copista che, mentre dipinge un particolare, inconsapevolmente offre una chiave di lettura agli enigmi del protagonista. Il quadro, dice, è strano come la vita, ed è quindi capace di produrre strane cose. Alla scoperta che, in passato, il quadro era esposto presso l’ospedale degli Antoniani di Lisbona perché si credeva avesse un potere taumaturgico e potesse curare coloro i quali erano affetti da herpes zoster il protagonista comincia a sudare. La verità che i morti non hanno saputo dargli viene offerta dal copista che dice: “E’ un virus molto strano, disse il Copista, pare che tutti ce lo portiamo dentro allo stato larvale, ma si manifesta quando le difese dell’organismo sono infiacchite, allora attacca con virulenza, poi si addormenta e torna ad attaccare ciclicamente, guardi, le dico una cosa, penso l’herpes sia un po’ come il rimorso, se ne sta addormentato dentro di noi e un bel giorno si sveglia e ci attacca, poi torna a dormire perché noi siamo riusciti ad ammansirlo, ma è sempre dentro di noi, non c’è niente da fare contro il rimorso.” Il protagonista non reagisce, e quindi non sappiamo se sia capace di ricordare la frase scritta da Tadeus in punto di morte e risolvere il rebus oppure no. Basterebbe sostituire alla parola “herpes” la parola “rimorso” ed ecco che tutto apparirebbe più chiaro: “è stata tutta colpa del rimorso” perché Tadeus ha amato Isabel di nascosto, “è stata tutta colpa del rimorso” perché Isabel, tormentata dal rimorso dell’aborto si è uccisa. L’autore mira a destabilizzare il lettore e a convincerlo che la realtà è ambigua, sfuggente, e labirintica. Il grande poeta sostiene che la verità suprema è fingere e il compito della letteratura è inquietare e non tranquillizzare le coscienze. Il romanzo acquista dunque valore taumaturgico inquietando la coscienza del lettore, minando le sue certezze e spogliandolo delle sue sicurezze per mostrargli che la verità non è monolitica. Alla fine della storia il protagonista non ha avuto le sue risposte, tuttavia nonostante ciò, dopo aver incontrato il grande poeta asserisce di sentirsi più tranquillo e leggero. La tranquillità dell’io può nascere dall’essere giunto dopo le sue peregrinazioni alla conclusione che fra egli e la verità vi sia un gap ontologico invalicabile. Grazie a questa sua peregrinazione l’io ha eseguito il suo ‘requiem’: di solito, il requiem (che corrisponde ad una messa) è fatto per i morti, in questo caso è stato fatto per un vivo cosicché potesse riposare in pace.
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