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Storia medievale (Provero, Vallerani), Sintesi del corso di Storia Medievale

Il documento è un riassunto completo del manuale.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 30/10/2022

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Scarica Storia medievale (Provero, Vallerani) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! L. Provero, M. Vallerani Storia Medievale Parte prima: La trasformazione del mondo romano Capitolo I: L’Impero cristiano § i. Il sistema imperiale tardoromano: potere e prelievi Fine II secolo d.C., terminò l’espansione di Roma, in àmbito europeo il territorio è segnato dal limes Reno- Danubio → l’Impero tardoantico, al suo interno, non era per nulla omogeneo, perché riuniva diverse popola- zioni con diverse culture, che erano, però, coordinate eccellentemente, fino alla seconda metà del III secolo, quando l’apparato di controllo subì una crisi dovuta alle lotte per il trono → il potere imperiale fu ristabilito con forza da Diocleziano il quale, dal 285, divise il potere con Massimiano, in una diarchia che vedeva anche la subordinazione di quest’ultimo → né Diocleziano (il quale agiva in Oriente) né Massimiano (che regnava in Gallia) risiedettero a Roma, città che iniziò a perdere il suo statuto di capitale, pur avendo una forte connota- zione simbolica → più tardi la diarchia divenne una tetrarchia, quando Galerio e Costanzo Cloro affiancarono i due Augusti e divennero i loro successori naturali → il IV secolo vedeva non due imperi, bensì due impera- tori Nel 324, Costantino decretò la fondazione di una nuova città (nata sùbito come resi- denza imperiale), Costantinopoli, su quella antica di Bisanzio → nel 330, dunque, cele- brò la dedicatio → a Costantinopoli si riunì anche un Senato d’appendice a quello ro- mano (Costantinopoli divenne una vera e propria capitale a partire dal V secolo → possibile solo a partire dalla prima divisione stabile dei poteri imperiali orientale e occi- dentale, nel 395, con la successione a Teo- dosio I, che diede al figlio Onorio l’Occi- dente e ad Arcadio l’Oriente) L’Impero doveva far fronte a tre grandi capitoli di spesa: i. la burocrazia; ii. la capitale; iii. l’esercito → per so- stenere le perdite vi era un capillare prelievo fiscale, a partire dall’annona, per le popolazioni rurali → le tasse venivano riscosse dai curiales → le imposte non restavano, però, nella singola provincia, ma venivano inserite in una circolazione economica che poteva attraversare il Mediterraneo e l’Europa → le regioni erano interdi- pendenti Già dal II secolo, l’Impero tardoantico riscontrò dei problemi, dovuti all’arresto dell’espansione militare , che determinò i. fine di un’espansione economica; ii. fine di un’abbondanza di manodopera servile → la continua richiesta di danaro (specialmente dagli abitanti sui limiti renano-danubiano e persiano) portò alla produzione di moneta con ridotto intrinseco, quindi vennero colpiti i ceti più indigenti → un sistema di circolazione di beni che andava dalle periferie al centro o dalle periferie alle aree che avevano più bisogno (come il limes) → si formò un asse stabile di commercio con l’Africa proconsolare, in special modo l’asse Cartagine-Roma (e, a partire dal V secolo, Cartagine-Costantinopoli) § ii. L’esercito, il limes, i barbari L’esercito era costoso anzitutto perché era costituito da soldati di professione, quindi stipendiati, poi perché era una struttura ampia (guerre al limes e guerre civili) → nel corso del IV secolo, l’esercito si divise principal- mente in comitatenses e limitanei Il limes renano-danubiano (tagliava il continente da nord-ovest a sud-est) era una struttura chiave, luogo in cui si svilupparono i confronti tra i Romani e i Germani (popolazioni che, durante il V secolo, presero potere in diverse parti dell’Impero Occidentale, un’ampia fascia di incontro, scontro e scambio tra le popolazioni all’in- terno dell’Impero o quelle all’esterno → le civiltà all’esterno del limes non erano opposte a quella romana, ma, seppur non assoggettate, condizionate dalla presenza militare dell’Impero, dalle opportunità offerte e da alcuni modelli di civiltà Sia la definizione di ≪barbari≫ sia quella di ≪Germani≫ creano problematiche: la prima ha una sfumatura di giudizio, mentre la seconda dà per assodato un fattore identitario che, de facto, le popolazioni non avevano → Reinhard Wenskus e Walter Pohl, nel XX secolo, hanno parlato di etnogenesi dei popoli → erano popoli strutturati in maniera straordinariamente mobile, popoli che erano attratti da quelli più forti e stabili militar- mente, quindi, tra il III e il IV secolo, vi era un’aspirazione generale all’Impero romano → i barbari entrarono nell’esercito romano come mercenari, ma non si crearono situazioni di invasione, fino agli ultimi decenni del IV secolo: i Visigoti, sotto pressione unna, si espansero e, nel 375, ottennero uno stanziamento all’interno dei territori romani → iniziarono a saccheggiare i Balcani, inducendo l’imperatore Valente ad attaccare loro → i Romani persero nella battaglia di Adrianopoli, nel 378, durante la quale lo stesso imperatore persa la vita → lo scontro non solo colpì l’immaginario collettivo, ma segnò anche una netta divaricazione tra Oriente e Occi- dente La riappacificazione con i Visigoti fu attuata, tramite un foedus dal nuovo imperatore Teodosio I, però si guar- davano con sospetto i Germani, ai quali vennero vietate le cariche militari più alte Il V secolo fu fondamentale per la parte occidentale dell’Impero, perché, nei fatti, il limes renano-danubiano perse la sua efficacia nell’inverno tra il 406-407 (poiché importanti gruppi armati riuscirono ad entrare nei ter- ritori imperiali) → l’esito più vistoso fu il sacco di Roma del 410 (per mano del re visigoto Alarico), brusca ac- celerazione di un processo che, tra il IV e il V secolo, determinò una riduzione significativa dello spazio di ca- pacità d’azione imperiale → esclusione degli imperatori dai settori settentrionali della Gallia Tre importanti capi barbari alla guida dell’esercito romano: i. Il franco Arbogaste alla fine del IV secolo ricoprì il ruolo di comandante supremo dell’esercito ro- mano nell’Impero d’Occidente → nel 392 si ribellò a Valentiniano II, lo uccise e fece incoronare Flavio Eugenio, ma Teodosio vi si contrappose e uccise entrambi; ii. Il vandalo Stilicone assunse le stesse funzioni di Arbogaste sotto l’imperatore Onorio → difese l’Impero dall’invasione visigota a Pollenzo del 402, guidata da Alarico, e contro le armate di Rada- gaiso nel 406, a Fiesole → venne accusato di tradimento nel 408 e giustiziato a Ravenna; iii. Il re visigoto Alarico ricoprì il ruolo di comandante degli eserciti romani nell’Illirico, dopo la scon- fitta nel 402 venne rinquadrato negli eserciti romani, ma, nel 409, scese con le sue armate fino a Roma, l’assediarono e ottennero un ingente pagamento → nel 410, la saccheggiarono → in séguito scese fino alla Calabria, dove morì, ma diede la spinta per la formazione di un autonomo regno visigoto L’esercito romano era, quindi, costituito da soldati e generali di origine barbarica e spesso frammentato in corpi militari scoordinati, che seguivano le politiche o dei propri capi o dei diversi aspiranti al trono § iii. La cristianizzazione dell’Impero Idea di pluralità: i. di paganesimi; ii. di culti salvifici; iii. di cristianesimi; iv. organizzazione ecclesiastica Cristianizzazione dell’Impero vuol dire, oltre alla diffusione del cristianesimo, anche la trasformazione delle strutture di potere in senso cristiano → l’Impero divenne cristiano nel IV secolo, quando il Cristianesimo era ancóra una religione minoritaria, reduce da decenni di persecuzioni, a partire dalla seconda metà del III se- colo, per colpa dell’imperatore Decio (salito al trono nel 250), il quale segnò anche, tramite la nuova intolle- ranza religiosa, l’assolutismo del potere imperiale → dopo la oppressione di Diocleziano del 303-304, si ebbe l’editto di Galerio nel 311, riconfermato da Costantino nel 313 tramite l’editto di Milano, i quali sancirono la libertà di culto cristiano → gli imperatori cominciarono a vedere nel Cristianesimo una possibilità di collante per il frammentato mondo romano e, quindi, un nuovo fondamento di legittimità del potere imperiale; per fare ciò, però, serviva un’unità teologica, si arrivò quindi al Concilio di Nicea (attuale İznik) – convocato da Costantino – del 325, in cui si condannò come eretico l’arianesimo → dopo un periodo di convivenza delle re visigoto e burgundo e una nipote al re turingo → importante rapporto con i Visigoti 507, battaglia di Vouillé: re franco Clodoveo uccise il re visigoto Alarico II → Teodorico prese in tutela il ni- pote Amalarico e assunse un controllo indiretto della Provenza 518 iniziò la crisi del regno ostrogoto → imperatore d’Oriente Giustino cominciò una serie di oppressioni a danno degli ariani, quindi Teodorico perseguì i cattolici → espressione della mancata simbiosi → caratteri della crisi: i. allontanamento del sanato dal re; ii. riavvicinamento del sento all’Impero; iii. incapacità del pa- pato di agire come mediatore tra Ostrogoti e Impero Nel 526 Teodorico si spense → potere venne trasmesso alla figlia Amalasunta, in veste di tutrice di Atalarico → 534, Atalarico morì, quindi Amalasunta, per cercare stabilità, si sposò con il cugino Teodato → accordo politico-matrimoniale fallimentare, perché i due sposi avevano posizioni differenti: la prima cercava una sorta di riappacificazione – si pose sotto la protezione di Giustiniano –, mentre il secondo cerco il conflitto → Ama- lasunta venne deposta e uccisa nel 535 → Giustiniano colse l’occasione per iniziare una spedizione militare che, in vent’anni, riportò l’Italia in mano dell’Impero § iv. Anglosassoni, Vandali e Visigoti iv.a: Anglosassoni Romani non dominarono che il meridione britannico, ma la loro influenza si estese ovunque → attorno al 410, abbandonarono l’isola → rottura totale ed esemplare sul piano economico dell’isola → quando i Romani abbandonarono l’isola, essa venne invasa dai Sassoni (provenienti dalla Germa- nia) → iniziarono a saccheggiarla a partire dal III secolo, ma solo attorno alla metà del V si insedia- rono, dando all’isola un profilo frammentato da piccole dominazioni → in area orientale vi era una maggior concentrazione anglosassone, mentre in area occidentale vi erano più Celti → dal VI al VII secolo vi fu una tendenza alla ricomposizione di regni maggiori, come Mercia e Northumbria L’invasione sassone ridusse il peso della Chiesa, infatti la Britannia venne rievangelizzata a partire dal VI secolo Irlanda: non fece mai parte del dominio imperiale → caratterizzata da un’alta frammentazione politica, divisa in centinaia di tuatha → i re avevano potere militare, politico, ma non legislativo → forte fram- mentazione politica: no diocesi, quindi i monaci assunsero il compito dei vescovi → processo di unifi- cazione in più regni (guidati da overkings) terminò nell’VIII secolo iv.b: Vandali Vandali si stanziarono nella Penisola Iberica nel 417 → 429, il re Genserico guidò loro verso le terre africane → dal 439 al 534 tennero il controllo sulle province Proconsolare e della Byzacena → brusca rottura religiosa tra i Vandali ariani e gli Africani di tradizione romano-cattolica (Vandali: intolleranti) stabilità economica: i beni ricavati dalle terre non erano più indirizzati alla capitale → d’altra parte, il calo della domanda imperiale portò a un calo produttivo, con conseguenze a lungo termine Riconquista africana dell’Impero: fu veloce, dal 533 al 534 iv.c: Visigoti Tre fasi:  V secolo: si stanziarono nel Midi gallico e nella Penisola Iberica;  Prima metà VI secolo: i loro domini nei Pirenei, per avanzamento franco, si ridussero;  Seconda metà VI secolo: consolidamento nella Penisola Iberica Nel 418 i Visigoti si stanziarono attorno a Tolosa (primo insediamento stabile nei territori romani) e si posero ai servizi dell’Impero → dal 456 al 480: nuova politica espansionistica → negli spazi conquistati rielaborarono modelli politici romani (re Eurico redasse delle leggi scritte nella seconda metà del V secolo) Battaglia di Vouillé: i Visigoti persero il dominio a settentrione dei Pirenei e il potere passò nelle mani dell’ostrogoto Teodorico, fino alla sua morte → secolo di instabilità e semplificazione economica seconda metà del VI secolo fase di trasformazione complessiva → i. il re Leovigildo segnò un consoli- damento territoriale e politico (venne inglobato il territorio svevo e parte del dominio bizantino all’in- terno della Penisola Iberica → differenza religiosa, perché i Visigoti mantennero l’orientamento ariano come fattore di alterità → il re Leovigildo perseguì anche le chiese cattoliche); ii. re Reccaredo pro- mosse la conversione dei Visigoti da ariani a cattolici, valorizzando la scelta in senso politico, tramite i concili di Toledo (che divennero sede di deliberazione e politica e religiosa) Capitolo III: La simbiosi franca § i. Clodoveo Gallia: prima fu simbolo di integrazione fra Romani e Celti, poi divenne espressione di affermazione patrimo- niale e politica della Gallia senatoria → tra IV e V secolo ci fu una crescente attenzione delle famiglie senato- rie per le cariche ecclesiastiche, perché questo rendeva loro un forte ascendente sulla comunità cittadina → causa ed effetto del potere vescovile: i. causa perché la presenza stessa delle famiglie senatorie accrebbe il po- tere vescovile; ii. effetto perché le famiglie senatorie volevano aumentare il loro potere tramite le cattedre ve- scovili Nel V secolo si stanziarono una serie di tribù in Gallia, che non conoscevano né l’idea di latifondo né l’idea di città: i Franchi → i Franchi subirono un processo di cristianizzazione dal IV al V secolo e furono parte impo- nente nell’esercito romano; in un contesto di inesorabile marginalizzazione del potere imperiale, i Franchi si affermarono in Gallia come uno dei principali attori politici della regione → due figure evidenziano il pro- cesso Childerico I combatté contro i Visigoti sotto il comando di Egidio, connotando la guerra soprattutto in termini religiosi: Franchi vs Visigoti ariani → nuova legittimazione franca agli occhi dei Gallo-romani Clodoveo succedette al padre nel 481 → attuò un’efficace politica militare e affermò il suo controllo su una parte estesa della Gallia → 507, battaglia di Vuoillé → lignaggio merovingio Clodoveo convertì se medesimo e i Franchi al Cristianesimo nella sua declinazione cattolica: i. conversione rapida senza gruppi di opposizione religiosa per l’identità di popolo (e.g. Visigoti); ii. racconto di Gregorio di Tours: a. centralità dei vescovi; b. paragone Clodoveo/Costantino; c. paragone Remigio/papa Silvestro → legit- timazione di Clodoveo, ma soprattutto legittimazione tramite la Chiesa Integrazione Franchi e Gallo-romani: nuovo gruppo sociale unitario, un’aristocrazia mista con un’attenzione per il latifondo e per le azioni militari, secondo la sintesi della tradizione senatoria gallo-romana e quella franca § ii. Le chiese franche e la diffusione del monachesimo in Occidente Rapida conversione al Cattolicesimo dei Franchi e la convergenza dell’aristocrazia attorno alle sedi vescovili portarono a un modello di vescovo aristocratico → vescovo assolveva in primis la funzione di vertice della dio- cesi, ma erano anche portatori della cultura (accezione ampia) → inoltre non solo erano ricchi, ma erano ric- che le sedi e ciò rendeva loro abili nel coordinare le azioni di settori importanti della società cittadina VI secolo: importanza indubbia dei vescovi nei regni franchi (i re si appoggiavano a loro e le cattedre vescovili erano in mano a un’aristocrazia con una notevole forza politico-patrimoniale), ma nella società franca vi fu un posto di rilievo anche per i monasteri Martino di Tours: originario della Pannonia (Ungheria) fu attivo militarmente in Gallia, si convertì a monaco, divenne vescovo di Tours e morì nel 397 → fu punto di riferimento di religiosità dei re franchi e patrono del regno grazie alla sua decisione ascetica → vicenda di Martino di Tours sottolinea come vescovi e monaci non fossero separati: grandi monasteri furono, spesso, sede di formazione di molti vescovi (monastero gallico – V secolo – di Lérins fu visto come sede privilegiata di formazione vescovile) Africa, Sant’Agostino vescovo di Ippona, V secolo, promosse forme di vita religiosa nella comunità africana; san Gerolamo, fine IV secolo, promosse le più importanti esperienze monastiche italiane; Cassiodoro, mona- stero di Vivarium, luogo di conservazione e rielaborazione della cultura classica VI secolo, esperienza benedettina → Benedetto da Norcia nacque nel 480 e fondò nel 529 l’abazia di Monte- cassino, morì nel 547 → la sua Regola è la sintesi di un monaco (e abate) esperto e si fonda su semplici prìn- cipi e sulla conoscenza dei limiti della natura umana: i. comunità orizzontale tra i monaci; ii. ma obbedienza all’abate; iii. collegamento tra monaci cenobiti, come cartone preparatorio, e monaci eremiti, forma superiore di elevazione spirituale → inizio IX secolo divenne testo di riferimento per tutti i monasteri d’Europa Monachesimo irlandese → oltre dalla rilevanza degli abati, era caratterizzato dalla forte dimensione peniten- ziale e della sentita spinta missionaria → San Colombano, alla fine del VI secolo, fondò l’abazia di Bobbio → monaci irlandesi come lui importarono un’esperienza attenta sia alla dimensione penitenziale sia alla tutela della piena autonomia dei monasteri dal controllo vescovile Gallia VI-VIII secolo fu fertile terreno di crescita per esperienze monastiche → forte rapporto tra aristocrazia delle armi e quella della preghiera § iii. I regni e l’aristocrazia Efficacia del regno franco si dovette anche all’aristocrazia unitaria e dal suo coordinamento attorno al re → ripresa forme e strumenti del governo romano espressa dalla promozione di Clodoveo, nel 510, del Pactus legis Salicæ (lex Salica) → la scelta di redigere fu una decisione totalmente romana, perché le leggi germaniche non conoscevano la scrittura; inoltre, nel documento, il re Clodoveo non venne indicato come autore e pro- mulgatore della legge, ma fu scritto del popolo e degli aristocratici che si affidò a quattro uomini per cercare pace e giustizia → al centro del sistema politico si trova il mallus (assemblea degli uomini liberi) Potere regio era costruito nella concreta prassi politica → i Franchi dividevano il territorio in distretti, ognuno dei quali era affidato a un comes → il re affidava funzioni alla sua trustis → le famiglie aristocratiche cercavano di aumentare la propria potenza tramite i legami politici e clientelari con il re Capitolo IV: La rottura del Mediterraneo romano § i. Produzione e scambi in Occidente Sistema economico romano: drastica trasformazione a partire dal II secolo i.a. Città Crisi riguardò soprattutto le città, perché le curiæ erano fiscalmente responsabili di fronte all’Impero → tramonto dell’Impero portò le élite cittadine in campagna, a conservare le loro terre → drastica ri- duzione della popolazione cittadina (non crisi dell’urbanesimo, perché i centri cittadini conservarono molti delle loro funzioni, anche grazie al potere garantito dall’essere sedi vescovili) → la città che subì la trasformazione più radicale fu l’antica Urbes: senza risorse che venivano dall’Impero, a Roma rima- sero solo i prodotti autoctoni per mantenersi i.b. Reti Prima grande rottura d’una rete commerciale fu nel 439, quando i Vandali conquistarono la Tunisia → tre livelli: i. reti di scambio (scambi non più fiscali, ma commerciali); ii. città di Roma (che dovette mantenersi grazie a risorse ridotte); iii. strutture produttive nordafricane (subirono un rallentamento a causa sia della minor domanda di Roma sia dal minor numero dell’aristocrazia tunisina) i.c. Produzione Mediterraneo medievale: struttura produttiva agraria di base, soprattutto di grano, olio e vino → quat- tro fattori di differenza: i. specializzazione produttiva; ii. ricchezze diverse nelle aristocrazie regionali; iii. danni di guerra differenti da regione in regione; iv. in alcune aree il sistema fiscale di trafila romana venne conservato a lungo, quindi vi fu una maggiore produzione Africa romana caso di specializzazione produttiva che, nel 439, si trovò a fronteggiare un oneroso calo produttivo → 534, l’Impero d’Oriente riconquistò la regione per un secolo, senza riuscire a fermare la tendenza al declino (i. conquista vandala, ma soprattutto ii. impoverimento dell’aristocrazie, iii. i Bizan- tini non ricostruirono il sistema fiscale, ma solo un prelievo) Italia: area di ampia frammentazione economica, dal V secolo le aristocrazie sono meno abbienti, ma la rottura più profonda si ebbe lungo il VI secolo (guerra imperiale contro Ostrogoti e conquista lom- barda) Parte seconda: Il sistema di dominazione medievale Capitolo I: Nobili, chiese e re: ricchezze e poteri § i. Nobili e re I regni altomedievali erano caratterizzati da un equilibrio tra la capacità regia di coordinamento e l’azione poli- tica autonoma dell’aristocrazia → i re erano più poveri rispetto agli imperatori romani, ma la redistribuzione delle terre era efficace: famiglie aristocratiche volevano conservare un legame con la corte → esercito ebbe sempre una doppia connotazione: esercito di popolo e séguito del re i.a I Visigoti VII secolo, Visigoti si consolidarono → 625, conquistarono la Penisola iberica → erano, a quest’al- tezza cronologica, quasi totalmente cattolici 654, re Recesvinto redasse il Liber iudiciorum (simbolo della centralizzazione del potere → no pieno controllo dell’aristocrazia → numerosi colpi di Stato e deposizioni → duchi interessati alla centralizza- zione del potere, non a creare poteri locali): i. manifesti influssi romani; ii. laterali integrazioni germani- che; iii. espressione di un ideale regio alto su tradizione imperiale < Impero cristiano → connubio re- gnum-sacerdotium nel regno visigoto trovò espressione nei concilii di Toledo: funzione complessiva di guida del popolo visigoto, sia temporalmente sia spiritualmente Regno visigoto del VII secolo: probabilmente la struttura politica più forte e coesa dell’Europa occi- dentale, ma la decaduta nel VIII secolo per le invasioni islamiche fu rapida i.b Irlanda e Britannia VII secolo: isole britanniche molto frammentate VI secolo, Irlanda → conversione al Cristianesimo aveva messo al centro i monasteri i) per l’organizza- zione ecclesiastica; ii) per apertura verso orizzonti europei → esempio di San Colombano, che fondò monasteri nei regni franco e longobardo Britannia ebbe una più chiara tendenza alla gerarchizzazione → VII secolo: faceva parte dell’Europa cristiana, ma debole livello di urbanizzazione → Britannia VII secolo, molto frammentata politica- mente, ma il monaco Beda diede testimonianza di come l’Inghilterra era pensata come uno spazio uni- tario di civiltà: i) pluralità di regni con importanza diversa; ii) alcuni regni sono più stabili e finiti – Mer- cia, Northumbria, East Anglia, Wessex, Sussex, Essex e Kent; iii) Mercia, tra VII e VIII, ebbe una di- scontinua egemonia sui regni meridionali (re Offa) → IX secolo: esistenza di un regno inglese unitario i.c I Franchi VII secolo: parziale riduzione del dominio franco → i Merovingi non avevano una capitale stabile e si spostavano tra un palazzo regio e un altro → i Merovingi si fondavano sul loro solidissimo e reciproco legame con l’aristocrazia → aristocrazia franca: crebbe il lignaggio dei Pipinidi (poi Carolingi) VII secolo → lotte nella stirpe merovingia per il trono → Arnolfo di Metz e Pipino di Landen si allea- rono e appoggiarono l’ascesa di Clotario II → Arnolfo divenne in seguito vescovo di Metz, mentre Pi- pino di Landen divenne maiordomus (maestro di palazzo → cioè capo della corte regia, la carica più alta dopo quella del re) del regno di Austrasia → figlia di Pipino e figlio di Arnolfo diedero vita a un potentissimo sistema parentale, che si appoggiava alla carica di maestro di palazzo di Pipino I maestri di palazzo non poterono assumere direttamente le funzioni regie: 656, il pipinide Grimoaldo espulse il merovingio Dagoberto per incoronare il figlio Chidelberto → venne giustiziato: aristocrazia franca riteneva che solo i Merovingi potessero essere re Pipinidi si mossero all’interno dell’aristocrazia, legando a sé, per via clientelare, le maggiori famiglie austraiane → il coordinamento di queste aristocrazie diede potenza ai Pipinidi (laddove i Merovingi si appoggiavano su un piano simbolico di supremazia) → sebbene non si possa parlare di rapporti vassal- latici (databili attorno all’VIII secolo), il rapporto clientelare tra i Pipini e le aristocrazie era di tipo per- lopiù militare Carlo Martello, maior domus di Austrasia, Neustra e Burgundia, si affermò politicamente sui territori di dominio franco → 732, battaglia di Poitier: Carlo Martello (< ‘piccolo Marte’) sconfisse una spedi- zione islamica dalla Spagna → non fu un episodio di grande rilievo militare, ma venne esaltato come un momento determinante per salvare il regno da una conquista → Carlo Martello non fu mai re, ma lo fu il figlio, nel 751, Pipino III il Breve → i Pipinidi si muovevano in quella direzione già dagli inizi del VIII secolo → per legittimare il colpo di Stato, i Carolingi iniziarono a parlare del mito dei ‘re fan- nulloni merovingi’, anche se, un attenuamento del controllo da parte dei Merovingi è storicamente at- testato Carlo Martello e Pipino III: appoggiarono le missioni del monaco Wynfrith nelle regioni dell’attuale Germania → Wynfrith venne nominato vescovo con il nome di Bonifacio da papa Gregorio I → fu missionario tra i Turingi, Frisoni e Sassoni dal 722 al 754 → era un vescovo scevro di diocesi, perché in quelle aree doveva ancóra essere costruita La politica pipinide era: i) aperta verso i territori orientali; ii) tutrice delle chiese e della loro espansione (funzione tipicamente regia); iii) indirettamente collegata con il vescovo di Roma § ii. Terre e uomini Gerarchie sociali altomedievali: costruite sulla base della ricchezza fondiaria Popolazione europea altomedievale: decisamente inferiore a quella di oggigiorno (tra i 15-20 milioni) → il ter- ritorio era dominato da boschi, al cui interno si aprivano le radure che accoglievano i villaggi e i terreni colti- vati → era raro l’insediamento sparso → forma più diffusa di insediamento: villaggio, costituito dall’integra- zione fra case e terre → il villaggio era un nucleo di case contadine attorno alle quali si sviluppavano una serie di cerchi concentrici, al cui interno vi erano le maggiori risorse agrarie → nelle immediate vicinanze c’erano orti e colture specializzate → attorno al villaggio si estendevano campi coltivati a cereali e pascoli → divisione fra campi e pascoli non era netta, ma c’era un’alternanza d’uso delle terre (sistema di rotazione biennale) → la terra di una singola famiglia contadina non era concentrata in un singolo settore del territorio, ma era fram- mentata e dispersa All’esterno dei campi e dei pascoli, si trovavano gli incolti (ma non per questo improduttivi) → si distingueva tra nemus (‘bosco’, spazio incolto, ma curato e sfruttato) e silva (‘foresta’, boschi lontani e inaccessibili) → i villaggi altomedievali furono simbolo della tradizione romana (cereali, olio, vino) e quella germanica (pesce e carne) → in tutte le regioni europee vi era una convivenza fra grandi e piccole proprietà → dove la proprietà era più diffusa, re, aristocratici e chiese condizionavano maggiormente la società circostante, perché più conta- dini erano costretti a dipendere da loro → era un rapporto economico e di dipendenza sociale VII e VIII secolo (fino al XI): curtis, metodo di gestione delle grandi proprietà fondiarie → le curtes erano un insieme di campi, prati, case dispersi in molti villaggi diversi, inframmezzati alle terre di altre proprietà (sostan- zialmente erano un’unità gestionale, dimodoché lo stesso proprietario avesse ascendenza su più insediamenti) → curtes (forma gestionale di ricchezze) e villaggi (insediamenti cooperanti e organizzati) non erano la stessa cosa, ma entravano continuamente in interferenza Curtis si divideva fra dominicum e massaricium → il dominicum era la parte gestita direttamente dal proprie- tario, mentre il massaricium era la parte suddivisa in terra e affidata ai contadini (massari), i quali dovevano comunque svolgere delle giornate all’anno di lavoro nel dominicum, le cosiddette corvée → le corvée garanti- vano al dominus una manodopera abbondante nei momenti più floridi dell’anno → la curtis era un sistema rigido, anche con dei limiti, ma adeguato a un periodo storico in cui la circolazione monetaria era bassa → con il sistema curtense, la differenza tra uomo libero e servo si attenuò → a causa della vastità della curtis, ad alcuni servi vennero assegnati dei dominica, considerati mansi servili e, dunque, con oneri maggiori rispetto a quelli degli uomini liberi → distinzione uomini liberi e servi perdette utilità con lo stabilirsi di un’entità regia, perché si era accomunati dal fatto di essere sudditi § iii. Reti di scambio Fine VIII secolo, Carlo Magno emanò il Capitulare de villis vel curtis imperii → si prevedeva che in ogni cur- tis vi fosse ogni tipo di attrezzo e artigiano → la legge non era raffigurazione della realtà, bensì la costituzione di un’ideale per le curtes regali → volontà di autonomia economica: si voleva che le curtes non dipendessero da nessuno → fonti, però, attestano la presenza di mercati settimanali → fu nei fatti un sistema di scambi com- merciali locali Curtes: sistema per gestire la ricchezza di re, chiese e nobili franchi → la curtis era in insieme di scelte gestio- nali destinate a offrire ai proprietari la massima redditività possibile in un contesto economico a circolazione economica debole Commercio flebile, ma presenza di scambi e di moneta → rete commerciale trovava punti di riferimento nelle città e nelle curtes → anche le abbazie fecero parte del commercio (Cronaca di Novalesa → i mercanti aspet- tano l’arrivo del carro del monastero di Novalesa per stabilire, tramite un confronto, i loro prezzi) Coniazione monetaria romana andò semplificandosi durante l’VIII secolo → ci fu una netta prevalenza i mo- netazione di argento (su quelle in bronzo e in oro): 12 denarii > 20 solidi > 1 libra → era effettivamente usato solo il denarius (15-20 euro moderni) Surplus agrario permise un consolidamento demografico dei centri urbani della Neustria e dell’Austrasia → sponde del mare del Nord erano ottime zone economiche con produzioni integrabili → scambio commerciale nel mare del Nord diede luogo agli emporia, centri abitati con finalità commerciali, organizzati attorno ai porti e segnati da un rapido sviluppo demografico → in alcuni luoghi, gli emporia assunsero caratteristiche urbane Fiere: momento di vivacità commerciale che si tenevano, con cadenza regolare, in luoghi di rilievo politico- religioso Capitolo II: Nuovi quadri politici: il regno longobardo § i. I Longobardi in Italia Dominazione longobarda: regno romano-germanico ‘di seconda generazione’ → i Longobardi ebbero minimi e irregolari contatti con il mondo romano → furono probabilmente di origine scandinava, si spostarono in Germania nel I secolo d.C. e poi in Pannonia (Ungheria) nel IV → in Pannonia, i Longobardi stipularono un foedus con l’Impero, combattendo per esso come mercenari → 568: si mossero (guidati dal re Alboino) alla conquista dell’Italia, a seguito della tensione in Pannonia con gli Àvari → spostamento dei Longobardi fu sia conquista (erano un popolo-esercito) sia migrazione (l’intero popolo abbandonò la Pannonia) → durante la discesa in Italia, a Longobardi si unirono diversi gruppi armati, perché la Penisola era florida e prometteva buone prospettive → la conquista Longobarda divise l’Italia in due parti → i Longobardi dominavano la Pia- nura Padana, la Tuscia, i ducati di Spoleto e di Benevento, mentre l’Impero controllava le coste, il Lazio, Ravenna e zone circonvicine, il Veneto, le Marche, la Liguria, gran parte del Meridione e le isole → entrambe le dominazioni erano discontinue Potere di Alboino era limitato → i Longobardi si dividevano in corpi militari, le farae, che avevano due duces ognuna → potere regio coordinava farae e duces, che erano autonomi → autonomia dei duchi si rivela nella discontinuità della conquista italiana → i duces sapevano sulle persone cui esercitavano il loro ascendente, ma non erano particolar- mente motivati a definire gli spazi del loro controllo → an- che il re era una figura militare, infatti doveva per forza es- sere un valoroso guerriero → il re veniva eletto a partire dalla sua possenza fisica dai duces Nel 572, re Alboino fu ucciso da una congiura di palazzo e gli succedette Clefi, assassinato a sua volta ne 574 → tra il 574 e il 584, i Longobardi rimasero privi di un re → finita la fase di conquista, i duchi ritennero che il potere ere regio non fosse più necessario → nel 584, nuove esigenze militari (pressioni franche) portarono i duces a scegliere un nuovo re, Autari, figlio di Clefi → di qui in avanti, l’elezione regia si basò su principi elettivi e di- nastici → morto Autari, la vedova Teodolinda sposò Agilulfo, che divenne nuovo re → lungo il VII secolo, inoltre, l’identità politico-territoriale longobarda rimase intatta (tramite il mantenimento della capitale e la pro- clamazione di Carlo come rex Francorum et Langobardorum) Carlo Magno tentò di espandersi anche verso la Penisola Iberica → nel 778, l’esercito carolingio venne scon- fitto a Roncisvalle dai Bachi → 813, costruzione della marca Hispanica, una fascia territoriale immediatamente a sud dei Pirenei, inquadrata nel regno Franco → Carlo Magno tentò di incorporare al suo dominio la Sasso- nia (popolazione con cui i conflitti continuavano dall’inizio dell’VIII secolo) → i Sassoni erano pagani e, nel 772, Carlo Magno distrusse Irminsul, un idolo cruciale nella religione sassone → la guerra contro i Sassoni durò dal 772 all’803 Carlo Magno, inoltre, limitò le idee autonomistiche del duca Tassilone di Baviera, sottoponendo il suo ducato a un maggior controllo, e fece costruire la marca orientale, per tenere a bada le popolazioni slave pagane estra- nee al mondo carolingio → Carlo Magno sconfisse gli Àvari e impose agli Slavi una forma di egemonia paci- fica Sul piano commerciale, si articolarono i rapporti tra i Franchi e gli Anglosassoni → re Offa adottò nei regni anglosassoni meridionali un modello di politica plasmato su quello franco La discesa di Carlo Magno in Italia non lasciò campo libero all’azione politica papale → i vescovi di Roma, tra l’VIII e il IX secolo, si concentrò a consolidare il suo potere sui luoghi che già dominava (Italia centrale) e a definire un rapporto stabile di cooperazione con il regno franco Giorno di Natale dell’800: incoronazione di Carlo Magno da parte di Papa Leone III → Leone III era fuggito da Roma a causa dei suoi oppositori, ma venne reinsediato sulla cattedra da Carlo → le fonti non permettono di leggere con certezza in che misura l’incoronazione fu iniziativa di Carlo o di Leone III, ma ebbe comunque delle conseguenze: i) Carlo affermò simbolicamente il suo potere; ii) il titolo imperiale era funzionale alle esi- genze del potere papale → nell’incoronazione non si pose l’accento sui domini di Carlo, ma sulla persona, sulla dignità della persona e sul compito di protezione dell’Impero → ci fu sempre sottotraccia una tensione, esemplificata dalla produzione nell’VIII secolo della Donatio Constantini (falso documento del IV secolo che attestava la cessione al papato delle regioni occidentali dell’Impero) Incoronazione di Carlo come imperatore creò tensioni ideologiche con l’Impero bizantino → titolo imperiale era universale, quindi non appariva lecito avere due imperatori → incoronazione di Carlo fu un atto di ostilità nei confronti di Bisanzio § ii. Conti, vassalli e liberi Costruzione dell’impero carolingio pose dei problemi, a partire dal continuo spostamento del re → era neces- sario un sistema di deleghe che garantisse il controllo regio sui sudditi e sui delegati → impero carolingio si basava sul coordinamento dell’aristocrazia laica e delle Chiese Aristocrazia laica: funzione chiave dei conti, funzionari incaricati di governare (temporaneamente e controllati/ affiancati/ sostituiti dai missi dominici) a nome del re un territorio (comitato) al cui interno assolvevano le fun- zioni regie → alcune aree erano organizzate in circoscrizioni più larghe, le marche, e affidate ai marchesi → conti e marchesi erano sempre esponenti di gruppi parentali aristocratici → separavano la potenza personale da quella esercitata a nome dell’Imperatore → solo negli ultimi decenni del IX secolo la carica di conte e mar- chese iniziò ad avere carattere ereditario → apparato di governo era costituito da personaggi che avevano im- plicazioni di legami di fedeltà con il re Potenziamento dei Pipinidi tra il VII e l’VIII secolo possibile grazie alla loro abilità di coordinamento delle aristocrazie → era un rapporto clientelare con implicazioni militari, che assunse caratteri specifici nell’VIII secolo e divenne un rapporto vassallatico-beneficiario (una delle prime attestazioni è il legame tra Pipino III e il duca di Baviera Tassilone) → il rapporto vassallatico attraversava l’intera aristocrazia franca (concetto di Rei- chsadel: ‘aristocrazia del regno’) → vassallaggi erano l’àmbito maggiore di reclutamento dei conti e dei mar- chesi → norma sotto Ludovico il Pio, che stabilì che chi veniva nominato conte doveva giurare fedeltà vassalla- tica al re → sostanza del governo era il coordinamento dell’aristocrazia → forza carolingia aveva radici nella capacità di coordinare la potenza aristocratica, coinvolgendola in una rete di clientele e di funzioni → equili- brio si ruppe nella seconda metà del IX secolo: la capacità regia di redistribuire ricchezze e potere si indebolì → contrapposizione pauperes e potentes: è rilevante che le liti venivano aperte e portate davanti al re § iii. Le chiese carolingie Dall’800 in poi, si stabilì un intimo ed equilibrato rapporto di cooperazione tra papato e Impero → rapporto entrò in crisi con la Riforma ecclesiastica dell’XI secolo Chierici: non potevano né giurare né prendere le armi → il rapporto tra vescovi e re non ebbe mai un taglio vassallatico, casomai, più che conti, svolgevano il ruolo di missi dominici → i vescovi in quanto tali si conside- ravano e agivano come collaboratori del re → imperatore e vescovi avevano lo stesso fine: giustizia in terra e salvezza oltre la morte Impegno della conservazione dei monasteri è esemplificato nella riforma promossa da Ludovico il Pio e at- tuata da Benedetto di Aniane, che impose la Regola Benedicti come unico testo normativo di riferimento → fu una delle espressioni della volontà imperiale di intervenire direttamente all’interno delle forme della vita religiosa → non c’era una vera e propria distinzione tra il lavoro svolto dal governo e dalla Chiesa → era l’ec- clesia in sé a operare Chiese erano concepite come articolazioni del potere imperiale, perché esse stesse cooperavano al controllo del regio → le donazioni imperiali assumono, allora, l’aspetto di un trasferimento delle risorse dal fisco alle chiese → immunità delle chiese: vietava a ogni funzionario regio di entrare nelle terre e negli edifici del benefi- ciario per riscuotere tasse o amministrare la giustizia § iv. Dall’Impero ai regni Gran parte del IX secolo può essere letta come una fase di continuità nei funzionamenti politici → il potere regio fondava la propria forza sul coordinamento dell’aristocrazia e delle chiese Cultura franca: potere regio come un patrimonio del re, destinato a trasmettersi ereditariamente a tutti i figli maschi del sovrano → durante i decenni di potere di Carlo e Ludovico si sviluppò la tensione una concezione unitaria dell’impero e le aspirazioni dei diversi membri della famiglia Carlo doveva dividere il regno in tre parti per i suoi figli: Carlo, Ludovico e Pipino → la Divisio regni di Carlo Magno insisteva sul totum corpus regni e su un’idea di Impero come sovrastruttura istituzionale, che trovava la sua origine nel nesso con Roma I figli Carlo e Pipino morirono precocemente e, alla scomparsa di Carlo Magno, l’unico erede era Ludovico I il Pio → egli dovette gestire le ambizioni dei suoi figli e del nipote, figlio di Pipino, Bernardo → 817, Ordina- tio imperii: Ludovico affermò l’unità dell’Impero e ruppe la tradizione franca della spartizione del potere regio → nominò il primogenito Lotario imperatore e unico erede, mentre affidò a Pipino l’Aquitania e a Ludovico II il Germanico la Baviera Bernardo raccolse attorno a sé una molta dell’aristocrazia italica, ma la ribellione non ebbe successo → nel 823, Ludovico I il Pio ebbe un altro figlio da Judith, Carlo il Calvo → Judith cercò di persuadere il marito in una direzione opposta a quella dell’Ordinatio imperii per poter garantire al figlio un futuro → nell’833, Ludo- vico I venne sconfitto dai figli Lotario, Pipino e Ludovico a Colmar → venne convocato un concilio che di- chiarò Ludovico indegno di essere imperatore e il titolo rimase al primogenito Lotario → le discordie dei figli, permisero nell’834 a Ludovico I di risalire al potere → nell’838 morì il figlio Pipino e nell’840 scomparve Lu- dovico I → le tensioni per il trono sfociarono in un con- flitto aperto 841, battaglia di Fontenoy → fu un massacro → unità aristocratica attorno al potere imperiale era completa- mente sostituita da una rete clientelare → nell’842, a Strasburgo, Carlo e Ludovico si allearono contro Lota- rio → Carlo e i suoi soldati pronunciarono i giuramenti in lingua germanica, mentre Ludovico e i suoi in lingua d’oïl → fu la presa d’atto dell’esistenza di spazi di civiltà diversi → nell’843, a Verdun, i tre fratelli si spartirono l’Impero: Carlo tenne il regno dei Franchi occidentali (Francia), Ludovico il Germanico ebbe il regno dei Franchi orientali (Germania) e Lotario ottenne, oltre al titolo imperiale, lo spazio che andava dall’Alsazia all’Italia → il titolo di ‘imperatore’ di Lotario non aveva più un’accezione di coordinamento unitario Seconda metà IX secolo: segnata dall’articolarsi della famiglia carolingia → Carlo il Calvo assunse sempre più centralità e divenne imperatore nell’875, ma morì due anni dopo → i figli di Lotario assunsero in vari mo- menti poteri regi in Italia, Provenza e Lorena → i figli di Ludovico si affermarono in area tedesca → 888, morte di Carlo il Grosso: fine della dinastia carolingia nei vertici politici Capitolo IV: Il Mediterraneo bizantino e islamico § i. Le origini dell’Islam Penisola araba del tardoantico: strutturata attorno alla convivenza delle popolazioni urbane e delle tribù no- madi di pastori → centralità della Mecca, per le funzioni commerciali e il prestigio connesso al culto della Ka’ba → nella Penisola prevalevano forme di politeismo parzialmente corrette da alcune tendenze al monotei- smo Nel 570, a La Mecca, nacque Muhammad da una famiglia mercantile → iniziò la sua opera religiosa nel 612, quando alcune visioni lo convinsero di essere un inviato di Dio, il quale doveva declamare la parola divina (quara’a, ‘declamazione’ > alQur’an, ‘Corano’, non la parola ispirata da Dio, bensì la parola di Dio) → Mu- hammad era considerato una minaccia per il potere dei clan quraishiti della Mecca, che trovavano profitto nei pellegrinaggi per la visita della Ka’ba → nel 622 Muhammad scappò a Yathrib (al-Madinat an-nabi > Medina > ‘Città del Profeta’) → l’Ègira (fuga) di Muhammad è considerata un momento fondativo e inizia il calendario islamico → la fuga di Muhammad avviò l’organizzazione di una comunità politico-militare a base religiosa priva di limitazioni etniche → il Profeta divenne un fattore unificante delle tribù etniche → nel 630 rientrò a La Mecca e trasformò il pellegrinaggio alla Ka’ba in senso islamico → Muhammad morì nel 632, ma la reli- gione aveva assunto un ruolo guida nell’intera Penisola arabica → sotto la guida dei califfi (successori di Mao- metto), gli Arabi, negli anni ’30 del V secolo, cancellarono l’Impero persiano e conquistarono Siria e Palestina, progettando di assoggettare il Nordafrica → tra il 674 e il 678, gli Arabi attaccarono l’Impero Bizantino tra Co- stantinopoli e l’Egeo, senza successo → espansione araba: si fermò nel 718, dopo la conquista spagnola → problemi legàti alla successione di Muhammad: i) sunniti (< sunna, la tradizione) ritenevano che il califfo do- vesse essere eletto; ii) sciiti (seguaci di Alì, imparentato a Muhammad) credevano che il califfo dovesse essere eletto all’interno della famiglia del Profeta; iii) kharigiti, ritenevano che il califfo dovesse essere scelto per i suoi meriti Nel 661, venne ucciso Alì, quarto califfo → prevalse l’orientamento sunnita e la funzione califfale venne as- sunta dalla dinastia degli Omayyadi, clan della Mecca → in alcuni settori del mondo islamico, però, si ebbe un orientamento sciita → origine dell’opposizione tra sciiti e sunniti Omayyadi mantennero il potere fino al 750, con quattordici califfi successivi → califfato aveva una doppia na- tura: i) carattere etnico (dominio degli Arabi su tutte le altre popolazioni); ii) carattere religioso (affermazione dei musulmani sui non credenti) → all’interno del mondo islamico esistevano due contrapposizioni tra Arabi e gli islamici di origine non araba: i) la fede non si tradusse in forme di persecuzione (c’era ampia tolleranza e in particolare nelle fedi del Libro); ii) distinzione interna ai fedeli islamici Arabi e non Arabi non era chiara → i nuovi fedeli potevano però integrarsi soltanto legandosi come clienti a una tribù araba Omayyadi posero il proprio centro a Damasco (Siria), riducendo La Mecca e Medina ad attrazioni religiose → durante i califfati omayyadi il Corano venne largamente interpretato e commentato → tra VII e VIII secolo, l’arabo divenne lingua ufficiale sul piano religioso e amministrativo → secolo omayyade: segnato da un lento processo di affermazione del carattere universale dell’Islam → processo di sovrapposizione di identità religiosa e etnica ebbe compimento nell’VIII secolo, grazie agli Abbasidi, i quali spostarono il centro califfale a Bagh- dad § ii. Bisanzio: crisi e riorganizzazione di un Impero Tra VII e VIII secolo: Impero romano d’Oriente subì diversi effetti a causa delle nuove dominazioni, quella araba e quella carolingia → a partire da questa fase si può parlare di Impero bizantino → richiamo alla roma- nità fu un dato costante fino alla caduta nel 1453 → secoli VII-VIII: tolsero all’Impero una prospettiva l’azione saracena non era di conquista, ma solo di saccheggio → la loro consistenza non risulta chiara → non è sempre chiaro se un saccheggio sia avvenuto o meno, le fonti del X secolo mostrano una forte paura di fondo Gli Ungari (erano insediati nell’attuale Ungheria) non ebbero una cronologia di attacchi diversa dai Saraceni → tra IX e X secolo saccheggiarono trenta volte, circa, Germania e Italia settentrionale → diversamente dai pirati saraceni (che si muovevano per mare), gli Ungari combattevano a cavallo → efficacia militare rese loro nemici pericolosi, ma anche ottimi mercenari → nel X secolo, i diversi aspiranti al trono assoldarono la popo- lazione → 955, battaglia di Lechfeld: Ottone I di Sassonia guidò l’aristocrazia tedesca e sconfisse definitiva- mente gli Ungari → nei decenni successivi, gli Ungari si convertirono e divennero alleati stabili della Germania I Normanni (venivano della Scandinavia) si mossero in spazi diversi → sviluppo del commercio per mare spinse i Normanni verso azioni commerciali e picaresche → i due livelli si confondevano spesso → in diverse zone, popolazioni affini vennero identificate con nomi diversi: Vareghi in Russia, Vichinghi in Gran Bretagna e nelle coste settentrionali europee, Normanni tra le Fiandre e la Francia A est, prevalse la dimensione commerciale → Vareghi (o Rus > Russia) crearono emporia → gli emporia di Kiev e Novgorod assunsero progressivamente centralità politica → principato di Kiev fu in costante rapporto con l’Impero bizantino In Occidente, l’azione militare dei Normanni fu ampia → tre fasi: i) primi decenni del Nono secolo (incur- sioni rapide in Inghilterra, Frisia e Francia); ii) decenni centrali del Nono secolo (i Vichinghi si spinsero fino a Londra nell’851 e i Normanni fino a Parigi nell’885); iii) fine Nono secolo (incursioni si trasformarono in inse- diamenti stabili sia in Inghilterra – Mercia e East Anglia – sia in Francia) → 911, Carlo il Semplice rese il nor- manno Rollone duca di Normandia Sia la battaglia del 955 sia l’investitura del 911 portarono a un’assimilazione dei popoli saccheggiatori e avvici- narono l’Occidente al mondo germanico XI secolo: re Knut riuscì a riunire per un certo tempo le corone dei regni di Inghilterra, di Danimarca e di Norvegia grazie ai diversi livelli di parentele e alleanze Esigenza di difendersi dalle popolazioni portò, nel X secolo, alla nascita dei primi castelli → dopo la fine delle incursioni, chiese e signori continuarono a innalzare fortificazioni, destinate a un’azione militare contro altri signori § iii. Il potere dei re X-XI secolo: scomparve l’attività legislativa regia → i re intervenivano nella vita politica soprattutto tramite di- plomi e conservavano una grandissima capacità redistributiva → i re dovevano limitarsi a una constatazione attiva dei nuovi poteri signorili, perché non erano in grado di dare vita alle strutture locali di potere → i di- plomi regi non davano vita a poteri signorili, ma favorirono quelli che avevano legàmi di fedeltà → crisi postca- rolingia ridefinì la funzione politica regia: i) riduzione dei quadri territoriali; ii) potere fondato sui rapporti con l’aristocrazia; iii) ridotta capacità di condizionare dinastie e chiese; iv) modalità di azione basate sui singoli enti e le singole realtà locali → l’Impero carolingio era articolato in quattro regni: Borgna, Italia, Germania e Fran- cia iii.a La Borgogna fu la struttura politica di minor durata → si affermò nel IX secolo come territorio autonomo control- lato dai Rodolfingi → dominio concentrato fra Alpi e Rodano (Francia e Svizzera francese) → 933, il dominio si allargò alla Provenza → morte di Rodolfo II portò vantaggi alla Germania e, nel 1034, la Borgogna divenne totalmente dominio di Corrado II re di Germania iii.b L’Italia 888, morte di Carlo il Grosso portò l’Italia a vivere per alcuni decenni svincolata dalle altre terre caro- lingie → periodo dall’888 al 961 segnato da conflitti politici complessi e violenti → l’esclusione della dinastia carolingia dai vertici di potere lasciò campo aperto a una serie di contendenti → opposizione maggiore: marchesi del Friuli e marchesi di Spoleto → Berengario del Friuli venne incoronato re nel- l’888, ma venne sconfitto nell’889 da Guido di Spoleto, che venne incoronato imperatore nell’891 → alla morte di Guido di Spoleto nell’894, prese il potere e venne incoronato imperatore nel 915, regnan- do fino al 924 → all’uccisione di Berengario, l’opportunità di Rodolfo di Borgogna di avere la corona venne contrastata da Ugo di Provenza, che lo sconfisse e tenne la corona fino al 946, quando passò la corona al figlio Lotario, il quale si scontrò col duca d’Ivrea Berengario II → alle morte di Lotario nel 950, Berengario II si scontrò contro Ottone I re di Germania, che unì i regni di Germania (regno dei Franchi orientali) e Italia con un legame politico che rimase per tutto il Basso Medioevo iii.c Germania Ultimo re carolingio a governare il Regno dei Franchi Orientali fu Ludovico il Fanciullo, che morì nel 911 → si impose un principio elettivo per cui il nuovo re venne scelto dall’insieme dei duchi → le grandi aristocrazie tentarono sempre di appropriarsi la corona in maniera permanente → storia del re- gno nel X secolo: convivenza tra principi elettivi e tentativi dinastici 911 venne eletto come re il duca Corrado di Franconia, che non venne visto da molte famiglie come un re legittimo → principale avversario di Corrado fu Enrico di Sassonia, che ascese al trono nel 919, alla morte di Corrado → fino al 1024, la corona si trasmise nella famiglia del duca di Sassonia nel 925, re Enrico sottomise la Lotaringia (fascia intermedia tra Francia e Germania) → a partire dal 951, il figlio Ottone I conquistò il Regno di Italia → azione di Ottone I si inquadra in una complessa situazione italiana, divisa tra i sostenitori di Adelaide (vedova di Lotario) e di Berengario II, → inoltre, il figlio di Ottone I, Liutdolfo voleva affermarsi in Italia → azione di Ottone I fu la manifestazione del suo appoggio alla regina vedova (sposata nel 951 a Pavia) e della sua superiorità a Berengario II → dis- sapori tra Ottone I e Liutdolfo divennero un conflitto → Ottone I dovette scontrarsi col figlio in Ger- mania, mentre le redini italiane vennero condotte da Berengario II e il figlio Adalberto, che si erano sottoposti a Ottone I → 954: atto di sottomissione di Liutdolfo nel 961, Ottone I scese di nuovo in Italia e ottenne la corona imperiale a Roma nel 962 → nel 973 morì Ottone I e lasciò il trono a Ottone II, che lo diede a Ottone III nel 983 → passaggio della coro- na era sia elettivo sia ereditario → gli Ottoni mantennero il potere anche distribuendo i territori allo interno della propria famiglia metà X secolo, Ottone III: Renovatio Imperii Romanorum → linguaggio cerimoniale si arricchì di ele- menti della tradizione occidentale e bizantina 996, Ottone III si reca a Roma per l’incoronazione imperiale, ma apprende della morte di papa Gio- vanni XV e impose come papa Bruno di Worms, che divenne papa Gregorio V → fatto straordinario, perché il papa veniva da Oltralpe → i Romani si ribellarono a Gregorio e, nel 998, Ottone III inter- venne contro i ribelli → nel 999 nominò papa Gerbert d’Aurillac, che assunse il nome di Silvestro II 1022: morì Ottone III, a ventidue anni, senza figli → la corona passò al cugino Enrico II → alcuni ari- stocratici italiani scelsero come re Arduino, marchese d’Ivrea, che venne sconfitto da Enrico II nel 1004 → elezione di Arduino rese visibile una tensione sotterranea iii.d Francia Alla morte di Carlo il Grosso prese la corona il conte Oddone di Parigi → differentemente dagli altri regni, in Francia la dinastia carolingia sopravvisse sul piano politico → alcuni aristocratici, infatti, inco- ronarono Carlo il Semplice re a Reims nell’893 → nell’898 Oddone morì e Carlo il Semplice fu unico re → fu un re debole → nel 922 venne deposto dai ‘grandi del regno’ → cambiamento maggiore della evoluzione del regno francese fu la suddivisione in principati → negli anni successivi, l’aristocrazia fran- cese pose sul trono Roberto di Neustria, poi Rodolfo di Borgogna, entrambi facente parte della fami- glia di Oddone → non si diede la corona a Ugo il Grande (figlio di Oddone) per evitare un’idea dina- stica 936, Ugo il Grande non impose la sua elezione, ma fece tornare dall’esilio il figlio di Carlo il Semplice, Ludovico IV → la forza della dinastia regia nascente dei Robertini (eredi di Oddone) culminò nel’987 con l’incoronazione di Ugo Capeto, che diede inizio alla dinastia capetingia (la quale tenne la corona fi- no al 1328, quando passò ai Valois) → 987 è considerata una data chiave della storia francese, il mo- mento fondativo della monarchia nazionale → ascesa di Ugo Capeto fu l’esito coerente di un lungo processo di affermazione della dinastia ai vertici del regno iii.e Ai margini del mondo carolingio Tradizione inglese altomedievale: frammentazione politica accentuata → secolo IX può essere letto attraverso due processi: i) progressiva crescita delle incursioni normanne; ii) crescente egemonia del Wessex → culmine del potenziamento fu sotto il regno di Alfredo il Grande, che sottomise la Mercia e i regni inglesi non normanni → alla morte di Alfredo, salì al trono il figlio Edoardo, che dovette riaf- fermare il proprio dominio sulla Mercia nel 911 → alla morte di Edoardo, nel 924, la Mercia si staccò nuovamente X secolo: non si può parlare di un regno unito, ma di una pluralità di regni → XI secolo: si costituì un regno inglese unitario → nel 1016, il re norvegese Knut arrivò ad affermare il proprio controllo sul Wessex e sui principali regni inglesi → Knut dominava anche la Norvegia e la Danimarca, quindi vi fu una profonda integrazione tra i regni che si affacciavano sul mare del Nord → alla morte di Knut non vi fu una netta separazione dei destini delle diverse sponde → 1066, morte di Edoardo → la corona venne contesa dal duca di Wessex Harold Godwinson, il re norvegese Harald e il duca di Normandia Guglielmo il Bastardo → battaglia di Hastings pose sul trono Guglielmo I il Conquistatore Penisola Iberica → la conquista araba dell’VIII secolo aveva dissolto l’unità visigota → la convivenza tra gli emiri e i cristiani fu segnata da tensioni di fondo → si assistette a una continua interferenza fra le diverse dominazioni Fine IX secolo: erano presenti elementi che poi portarono alla Reconquista: i) opposizione militare ammantata di ideali religiosi; ii) visione dell’azione militare contro gli emiri come ‘una guerra giusta’ → nel IX secolo, i regni cristiani e l’emirato non erano mondi separati, ma articolazioni regionali poste su diversi livelli di potenza, protagoniste di un’intensa dinamica politica, non sempre fondata sulla con- trapposizione arma § iv. Modelli di ordine sociale Fine dell’Impero carolingio portò a: i) nuove forme di azione locale degli ufficiali regi; ii) intensa mobilità mili- tare che penetrò nelle aree centrali dell’Impero; iii) formazione di nuovi regni, con diversi equilibri re-aristo- crazie → la rottura del controllo carolingio aprì una fase nuova nella lotta politica, perché si lottava e per avere i benefici regi e per diventare re → inoltre, i re non godevano più della stessa centralità → queste modifica- zioni regie portarono gruppi di intellettuali a riflettere → il modello più noto è quello della ‘tripartizione fun- zionale’ → nel IX secolo, i vescovi Adalberone di Laon e Gerardo di Cambrai enunciarono una teoria simile: il corpo sociale doveva essere diviso tra oratores (chi pregava), bellatores (chi combatteva) e laboratores (chi lavorava) → questa teoria sottolineava la necessità reciproca di ogni strato sociale → concezione che ebbe un lungo futuro → la teoria nacque sotto il figlio di Ugo Capeto, Roberto il Pio, quando il potere regio era incerto (e la teoria stessa rifletteva in una società senza un re) Modello diverso da quello della tripartizione sociale era quello delle ‘paci di Dio’ → vescovi francesi degli ul- timi decenni del X secolo si riunirono in assemblee di chierici e laici per ristabilire la pace in una regione → erano momenti a forte impatto religioso → la novità era nel fatto che le norme non erano affermate dalla vo- lontà regia, ma dalla convergente volontà della popolazione, guidata dai vescovi § v. Nuove chiese, nuovi poteri 909/ 910, il duca Guglielmo di Aquitania fondò l’abbazia di Cluny nella diocesi di Macon (Borgogna) e l’affidò all’abate Bernone → Guglielmo di Aquitania rinunciò a esercitare ogni forma di controllo e fu affidata al ve- scovo di Roma → i cluniacensi interpretarono la Regula Benedicti e applicarono una liturgia più ricca e so- lenne, che occupava la maggior parte del tempo → secondo abate del monastero, Oddone, fu incaricato di riformare la vita monastica in abbazie antiche prestigiose, a Fleury, a San Palo (fuori dalle Mura di Roma) e a San Pietro in Ciel d’Oro (a Pavia) → diversi monasteri resistettero e difesero la loro autonomia, ma l’abbazia di Cluny fu in grado di creare una rete di monasteri coordinati da un unico abate (gli altri diventavano priori) Chiesa di Roma, impose come papa il vescovo Gerardo di Firenze, che prese il nome di Niccolò II → papa Niccolò II convocò un concilio nel 1059, in cui presentò la proposta di limitare i poteri elettorali ai cardinali (aiutanti del papa nelle celebrazioni liturgiche) e ai vescovi → la sottrazione dell’elezione papale dal ristretto ambito romano contribuì a dare un rilievo universale al papato → 1074, Ildebrando di Saona divenne papa Gregorio VII, per acclamazione § ii. Il momento del conflitto. Il pontificato di Gregorio VII Pontificato di Gregorio VII: massimo conflitto tra la Chiesa di Roma e i poteri laici ed ecclesiastici dell’Impero → obiettivo di Gregorio VII: inquadrare la società e i poteri laici ed ecclesiastici in una gerarchia unica, cui vertice era il pontefice romano → modello politico irrealizzabile, ma che influenzò molto la rappresentazione della nuova Chiesa → Gregorio non costituì una teocrazia, ma fornì strumenti ideologici e culturali per imma- ginarla Gregorio dovette prendere atto delle resistenze alla sua azione riformatrice → si era contro i decreti di purifi- cazione del clero che prevedevano una severa repressione della simonia e del nicolaismo → in Italia, l’acco- glienza dei canoni moralizzatori fu debole → il clero preferì rinunciare ai voti anziché alle proprie relazioni → in Germania, l’arcivescovo di Brema rifiutò di obbedire ai legàti gregoriani e impedì la convocazione di un concilio → 1074, concilio di Erfurt: accusò Gregorio VII d’eresia e di follia (→ richiesta perentoria di abban- donare concubinato e mogli) → in Normandia, il vescovo riformatore Giovanni venne preso a sassate e do- vette fuggire → opposizione dei vescovi francesi e tedeschi era anche una ribellione ai poteri rivendicati dal papa 1075, concilio di Roma → Gregorio VII colpì i vescovi disobbedienti contrastando l’investitura laica dei ve- scovi (il potere del re/ di un laico di concedere beni materiali, terreni, edifici e, a volte, la carica di vescovo, a un ecclesiastico) → nei concilî del 1078 e 1080 la forma di divieto fu precisata e venne menzionata esplicita- mente l’investitura imperiale → Gregorio VII rivendicò per la Chiesa di Roma un’onnipotenza senza riveli, una centralità che fosse riconosciuta → XI secolo, inserito nel registro di Gregorio VII, Dictatus papae: una lista di ventisette tesi che elencavano i poteri riservati solo al papa, come guida spirituale e politica della Chiesa → uno dei canoni sembra essere stato inserito proprio da Gregorio VII, quello di deporre l’imperatore 1067, Enrico IV nominò come vescovo di Milano Gotifredo da Castiglione → 1073, papa Gregorio VII lo depose come illegittimo e insediò, al suo posto, il vescovo Attone → Enrico IV, nominò invece come vescovo di Milano il suddiacono Tedaldo → iniziò un contenzioso lunghissimo fra l’episcopato dell’Impero e i poten- tati laici del regno italico → nei due anni successivi, Gregorio VII e Enrico IV si delegittimarono, scomunica- rono e deposero vicendevolmente, tramite concilî ed elezioni di un nuovo sovrano e di un nuovo pontefice → 26 gennaio 1076, il concilio di Worms depose papa Gregorio VII → febbraio 1076, sinodo romana scomu- nicò e depose Enrico IV → Enrico IV rispose che il re dipendeva solo dalla volontà divina (non papale) e aveva il cómpito di difendere la cristianità, quindi doveva agire per liberare la Chiesa dal tiranno → convocò altri concilî, che rinnovarono la deposizione di Gregorio VII ed elessero come nuovo papa l’arcivescovo di Ravenna, Guiberto → dopo una breve tregua raggiunta nel 1077 (mediata da Matilde di Canossa), nel 1080 Gregorio VII convocò un altro concilio a Roma, in cui scomunicò e depose nuovamente Enrico IV, svinco- lando i sudditi dall’obbligo di obbedienza → Enrico IV irruppe a Roma, insediò ancóra come papa Guiberto e si fece incoronare imperatore nel 1081 → Gregorio venne salvato dai Normanni, ma dovette abbandonare Roma e morire in esilio a Salerno → dagli scontri, il potere temporale e spirituale uscirono fortemente inde- boliti, ma emerse il ruolo assunto dalla popolazioni locali → a condizionare la vita concreta delle chiese fu- rono le scelte dei laici nelle città e nelle diocesi imperiali → di affermò una coscienza dei laici sull’importanza di intervenire sulla natura e la trasmissione del messaggio religioso → per quanto riguarda le investiture, i papi seguenti continuarono a sostenere la visione rigorista di Gregorio VII → papa Urbano II, nel 1095, impose il divieto per i chierici di prestare giuramento di fedeltà a un laico → nel 1099, scomunicò tutti i vescovi che avessero concesso ordini sacerdotali a un prete investito precedentemente da un laico 1099, papa Pasquale II raggiunse un accordo con i re di Francia e di Inghilterra, che rinunciarono a eleggere i vescovi con anello e pastorale, limitandosi alla conferma → 1111, papa Pasquale cercò un accordo con Enrico V in Germania, ma i vescovi italiani e tedeschi si ribellarono e lo stesso re fu costretto a sconfessare il patto col papa → papa Pasquale II sospese l’incoronazione dell’imperatore, ma venne arrestato e, dopo una prigionia bimensile, il 12 aprile 1111, riconobbe il potere del re di investire con anello e pastorale i vescovi → nel 1112, nel concilio lateranense, papa Pasquale II fu obbligato dai vescovi ad annullare la disposizione del 1111 e a confermare la condanna di Enrico V → 23 settembre 1122, Enrico V e papa Callisto II, a Worms, trovarono un accordo, secondo cui al papa spettava l’investitura vescovile con anello e pastorale, mentre al re l’investitura dei regalia con lo scettro § iii. Pretese universali e definizione istituzionale della Chiesa Nel corso della lotta per le investiture, erano più numerosi gli antipapi rispetto ai papi eletti e riconosciuti dal partito riformatore → papi ufficiali raramente risiedevano a Roma, perché viaggiavano o venivano cacciati → nonostante ciò, il papa di Roma del XI secolo si presentava come un’istituzione nuova, un centro spirituale- politico in grado di condizionare la politica dei regni europei → il papa rivendicava un ruolo di guida delle anime che prescindeva dai conflitti territoriali e si sovrapponeva alle fedeltà locali Sulla visione ideologica di una Christianitas (coincideva de facto con l’intera società), la Chiesa elaborò un edi- ficio istituzionale e religioso in grado di condizionare per secoli la vita religiosa, sociale e politica delle società europee Il maestro Graziano, a Bologna, attorno al 1040, mise insieme una raccolta di canoni, il Decreto → è un’opera che riunisce concilî, lettere papali, passi biblici attorno alle materie del diritto ecclesiastico affrontate con me- todo dialettico → Graziano voleva rendere coerenti passi diversi in aperta contraddizione → il Decreto rimase per lungo tempo la principale compilazione di diritto ecclesiastico studiata e commentata dai canonisti (giuristi della Chiesa) → sviluppo dei canonisti: cruciale per la storia ecclesiastica → l’organizzazione delle istituzioni ecclesiastiche venne sempre più sottoposta a regole giuridiche → i canonisti intervenivano su tutto, partendo dal ‘caso concreto’ → per i canonisti, non esistevano leggi assolute, ma casi da risolvere secondo la propria specificità → un sistema così duttile necessitava di linee guida per indicare la direzione dello sviluppo verso cui indirizzare la Chiesa → emerse la necessità di un rafforzamento della gerarchia ecclesiastica: i) i vescovi ven- nero sempre più incardinati alle proprie diocesi; ii) i papi, attraverso i legàti apostolici, iniziarono a controllare i vescovi locali → potere dei vescovi venne sottoposto a quello del pontefice → vennero anche distribuiti, ge- rarchicamente, le decisioni che riguardavano liti sul possesso, conflitti di competenze e accuse penali → ultimi anni del XII secolo: l’inquisitio ex officio (l’inchiesta d’ufficio) divenne uno strumento per imporre la supre- mazia politica papale → l’inchiesta partiva dalla ‘fama’ di un chierico → quando il reato (simonia, concubi- nato, richieste di pagamento per le funzioni…) del chierico era noto, l’ecclesiastico veniva punito → la novità stava nel fatto che l’inchiesta partiva dalle voci che giravano sul chierico → inquistio ex officio permetteva di controllare tutti i gradi della gerarchia → il papa riusciva a imporsi sui vescovi, perché aveva il potere di giudi- care le cause che riguardavano loro Fine secolo XII, cambiò la titolatura del papa, non più ‘vicario di San Pietro’, bensì ‘vicario di Cristo’ → la di- retta rappresentanza del divino qualificava sacramente la figura del pontefice → intorno al papa si formò un ‘sacro collegio’ formato da cardinali, mentre gli affari di governo venivano affidati dalla curia e la Camera apo- stolica gestiva le finanze della Chiesa di Roma → Roma e la curia papale divennero, nel corso del XII secolo, uno degli enti più ricchi e potenti sul piano finanziario di tutto l’Occidente medievale → parallelamente, si de- finirono sul piano giuridico-istituzionale le presenze ecclesiastiche locali → nelle città episcopali si cercò di ri- stabilire una disciplina della vita del clero, secondo la regola canonica stabilita in età carolingia, ma largamente disattesa → i canonici vennero chiamati a condurre una vita di penitenza, di rinunce e di castità → nelle varie diocesi europee, nell’XI secolo, si costruirono le canoniche, edifici collettivi per ospitare il clero cittadino → attorno alle cattedrali si costituirono i capitoli, formati dai canonici del vescovo → i capitoli costituirono un centro importante per la concentrazione del potere politico → erano articolati in uffici gerarchizzati, avevano un proprio tribunale e, alle volte, si ponevano contro il vescovo per la guida spirituale cittadina → l’organizza- zione in capitoli coinvolse sacerdoti e canonici vescovili → ogni capitolo entrava in un sistema governato dal vescovo, ma era dotato di una personalità giuridica autonoma → movimento di organizzazione della Chiesa aveva due facce: i) ordine gerarchico imposto dal papato; ii) diffusione di istituti diversi sparsi in tutta la società cristiana Fra XI e XII secolo videro la luce nuovi movimenti di ispirazione monastica → netta accentuazione della na- tura ascetica e pauperistica → due furono gli ordini monastici di grande successo: cistercensi e certosini i. cistercensi (da Cistercium, Citeaux, in Borgogna) → monastero di Citeaux venne fondato dall’abate di Molesme, Roberto nel 1098 → a Citeaux ripresero più rigorosamente la regola benedettina → i luo- ghi delle fondazioni dei monasteri cistercensi erano scelti a seconda se potessero confarsi alla vita soli- taria e isolata della vita monastica → nel 1100, il papa Pasquale II mise il monastero sotto la sua prote- zione → nel 1108 venne eletto abate Stefano Harding, fino al 1133 → in pochi anni, grazie a Ber- nardo di Fontenay (poi di Clairvaux, Chiaravalle) sorsero in Francia quattro nuove abbazie 1119, Stefano Harding scrisse la carta della carità, approvata prima da papa Callisto II e poi da papa Eugenio III → necessità di un ordo all’interno delle abbazie → si dovette imporre un legame stretto di coordinamento tra le abbazie figlie e le quattro madri → 1150, si stabilì la riunione annuale di un capitolo nell’abazia di Citeaux per discutere gli affari relativi ai monasteri e prendere decisioni valide per tutti Cistercensi divennero presto esperti colonizzatori e grandissimi proprietari terrieri → aziende agrarie cistercensi divennero modello di efficienza e produttività e arricchirono rapidamente l’ordine → al- cuni abati, inoltre, divennero modello per l’intera cristianità → Bernardo di Chiaravalle fu al centro delle più intense esperienze politico-religiose della prima metà del secolo XII: i) polemica contro Cluny e i vecchi monasteri; ii) espansione del suo ordine (Chiaravalle fondò 68 monasteri figli); iii) lotte vescovi-capitoli o vescovi-re di Francia; iv) promozione di ordini militari (templari); v) predica- zione delle crociate; vi) lotta contro le prime eresie → ordine cistercense produsse uomini di potere, come vescovi e papi (primo papa cistercense: 1145, Eugenio III), promosse crociate e si impegnò in lotte cruente contro le eresie nel sud della Francia; ii. 1084, Bruno di Colonia, maestro della scuola cattedrale di Reims, fondò i certosini → come i cister- censi, volevano l’isolamento → inseguirono l’ideale del deserto, luogo impervio e irraggiungibile, do- minato dalla solitudine → modello della Chartreuse, a più di millecento metri d’altezza → i certosini elaborarono un modello misto tra l’ermetismo dei padri del V secolo e la vita comune di tipo cenobi- tico → il monaco viveva per la maggior parte del tempo nella propria cella → erano escluse le attività manuali, come i contatti esterni e l’attività di apostolato presso i laici → nel 1127, Guigo I, priore di Chartreuse, mise insieme le Consuetudini, riprese da regole monastiche antiche e aggiornate secondo le esigenze dell’ordine → modello simile al capitolo dei cistercensi § iv. L’inquadramento religioso dei laici Laici: avevano un ruolo abbastanza passivo di fedele obbediente → per i padri della Chiesa (Gerolamo, Ago- stino, Gregorio Magno), una distanza incolmabile divideva clero e laici (laicus, nelle traduzioni della Bibbia, indicava la parte della popolazione non consacrata a Dio) → XII secolo, il Decreto di Graziano riprendeva una serie di immagini che sottolineavano l’inferiorità dei laici agli uomini che avevano preso i voti → rivaluta- zione della funzione del sacerdote portò con sé una nuova rivalutazione dei sacramenti, che finivano per in- quadrare in una cornice sacrale l’intera esistenza del fedele → la vita terrena si svolgeva interamente sotto il segno del sacro → battesimo dei bambini si affermò come necessario rito di entrata del fedele nella comunità di appartenenza, indipendentemente dalla volontà del singolo → eucarestia divenne il perno della liturgia della messa e vennero condannate le teorie simboliste (vino e ostia non erano simboli, bensì realmente sangue e corpo di Cristo) → nel XII secolo si delineò anche una dimensione più costrittiva e individuale della peni- tenza, tramite confessione e assoluzione → strumento della confessione fu uno dei principali metodi con cui gli ecclesiastici portarono i fedeli all’obbedienza → anche il matrimonio divenne uno strumento di controllo sociale dei fedeli → la morte, tramite l’estrema unzione e la sepoltura benedetta, venne interpretata come una soglia di entrata in una nuova vita ultraterrena → XII secolo: culto dei morti divenne uno strumento di con- trollo della società, tramite l’invenzione del Purgatorio, come ponte di comunicazione fra vivi e morti Pretesa di dominio dei laici si scontrò con altre forme di vita religiosa, tra l’XI e il XII secolo, che vennero poi classificate come eresie → nascita delle eresie segnò un punto importante della costruzione della Chiesa come istituzione → le eresie erano le idee, le dottrine e i comportamenti che negavano le basi della missione divina un’ecatombe: i) Imperatore Federico I morì attraversando un fiume; ii) un’epidemia decimò i crociati davanti ad Antiochia; iii) il re di Francia abbandonò la spedizione; iv) gli altri capi dovettero venire a patti col Saladino, che concesse il permesso di andare in pellegrinaggio a Gerusalemme e di commerciare con gli Stati della costa Durante le crociate presero vita ordini monastici di stampo militare → creazione originale del primo secolo XII → era la formazione di un’assistenza armata, che doveva garantire l’assistenza ai pellegrini e la cura dei malati nei luoghi sacri → l’origine di questi ordini è incerta → i primi furono gli Ospedalieri di San Giovanni, riconosciuti dal papa nel 1122 come ordine religioso → nel corso del XII secolo, investiti di funzioni diverse anche difensive, iniziarono ad accogliere anche dei cavalieri da impiegare in campagne militari 1119, i Templari vennero fondati in Terrasanta → rispetto agli Ospedalieri, ebbero già agli inizi una connota- zione più militare → otto cavalieri giurarono davanti al patriarca di Gerusalemme di difendere i cammini per la Terrasanta e di osservare il voto di castità, povertà e obbedienza, continuando ad esercitare l’arte della guerra → vennero approvati dal concilio di Troyes (e vennero elogiati da Bernardo di Chiaravalle in Elogio della nuova cavalleria) → l’ordine ebbe un successo straordinario → i Cavalieri del Tempio divennero consi- glieri di re e potenti prìncipi, anche grazie alle loro abilità nelle questioni finanziarie (si incaricarono di gestire le decime per la crociata) → trasformazione dei templari a ‘banchieri’ fu la motivazione e del loro successo e della loro scomparsa Nel 1158, in spagna, dal cistercense Raimondo di Fitero, venne fondato l’ordine monastico-militare di Cala- trava → nel 1202, l’abate cistercense Dietrich, fondò l’ordine monastico-militare della Milizia di Cristo di Li- vonia → attenzione ai valori della guerra santa come salvifica portò l’attenzione dei cistercensi alla fondazione di numerosi ordini militari § iv. Da guerrieri a cavalieri: la disciplina del ceto militare Europa dei secoli XI e XII tentò due vie per inquadrare il ceto militare in un ordine politico territoriale sta- bile: i) si cercava di inserire i membri della milizia in una rete di rapporti di fedeltà tendenzialmente gerar- chica; ii) si tendeva a imporre un modello di comportamento basato sull’autolimitazione della violenza in base a un’etica propria del cavaliere (si creò un’immagine letteraria di un cavaliere ideale e si elaborò una ritualità specifica del mondo cavalleresco) Tra XI e XII secolo, la fedeltà militare era messa in secondo piano rispetto ai disegni di affermazione perso- nale dei cavalieri → il servizio veniva messo in relazione al feudo ricevuto → accadeva, inoltre, soprattutto in Francia, che la fedeltà venisse data a più signori contemporaneamente → cambiò anche il modo di intendere il bene materiale concesso in cambiò alla fedeltà → nonostante i riti di investitura si fossero arricchiti di imma- gini di sottomissione, il beneficio era sentito dai vassalli come un bene proprio, trasmissibile in eredità, con o senza consenso del signore → 1037, l’Imperatore Corrado II emanò un editto in cui rafforzò il suo ruolo di giudice e vietava il sequestro di benefici dei vassalli senza giusta colpa e la possibilità di traferire il beneficio in eredità → nel tempo, si diffuse la tendenza ad alienare i benefici con una vendita o una sotto-infeudazione, che sottraeva il signore dalla scelta del nuovo concessionario → rottura del legame di fiducia → in alcune zone dell’Impero (come in Italia) il legame tra servizio e feudo era scisso totalmente → non si faceva più cenno a un vero servitium → i giuristi milanesi del secolo XII inserivano il feudo tra i diritti ‘reali’ (cosali) del vassallo Per contrastare la dispersione delle fedeltà, furono inventate delle regole come la commise, cioè il sequestro del feudo in caso di disobbedienza, ma era uno strumento difficile da applicare, a causa dell’impiego delle forze armate → più diffusa era la tecnica del ‘feudo ligio’, una fedeltà privilegiata che si doveva a un signore in particolare → le pratiche negoziali, fatte di minacce e di compensazioni, di violenze e di atti di conciliazione, dominarono il Medioevo centrale in tutta Europa → nei casi di processi, la sentenza raramente assegnava un bene interamente a uno dei due litiganti → si operava una compensazione tra le due parti → rete orizzontale, in cui i signori ordinavano i propri alleati secondo rapporti individuali contrattati caso per caso → non si arrivò mai a costruire uno schema piramidale di fedeltà § v. L’ideale cavalleresco e la socialità di corte Romanzi cavallereschi: propagandarono un’immagine idealizzata del cavaliere, che cercava nemici prepotenti e violatori delle chiese per un percorso alla ricerca della propria identità → lo status di cavaliere aveva riti d’entrata e modelli di comportamento sempre più codificati → il momento dell’addobbamento veniva esaltato come momento di passaggio e di trasformazione del cadetto in cavaliere → in realtà, la regolamentazione della violenza non rispondeva tanto agli ideali letterari, ma gli obblighi di un’élite militare inquadrata in reti di alleanze relativamente mobili Il rituale dell’addobbamento era anzitutto un rituale giuridico-sociale → metteva in moto una seria di meccani- smi a catena: ricevere le armi segnava la legittimità come erede, e questo status provocava una reazione nega- tiva dei parenti prossimi del signore → i modelli letterari formavano un’etica che non aveva riscontro nella realtà oggettiva → come rimedio parziale alle numerose morti, si crearono combattimenti ristretti, sottoposti a regole condivise, i tornei Capitolo III: Il dominio signorile § i. Un potere senza delega: terre, castelli, clientele Alto Medioevo fino al XII secolo: essere ricchi voleva dire possedere terre → la circolazione monetaria era debole e discontinua → la terra serviva a mantenere uno stile di vita aristocratico e a legare a sé una clientela di fedeli → la terra assunse un’ulteriore rilevanza sul piano sociale, quando il coordinamento regio venne meno → chiese e dinastie poterono tradurre con grande libertà la propria eminenza economica in potere si- gnorile → i contadini si trovarono a cercare protezione dal proprietario della terra che coltivavano → rapporto di completa sottomissione si ebbe quando il signore costruì castelli e raccolse clientele armate → passaggio da una dominazione del grande proprietario sui contadini a quella di un signore sui suoi vicini → dominazione più ampia, a carattere pienamente politico → emulava le prerogative e i compiti del potere regio Importanza dei castelli → nati per ragioni difensive , divennero presto dei centri economici rilevantissimi → investimenti sul lungo periodo al signore che li faceva costruire → il regno non poteva proteggere i suoi sudditi e questi cercarono protezione altrove → nelle città si andò dai vescovi, mentre in campagna si corse verso i grandi possessori fondiari → castelli: meccanismo politico e mentale di lungo periodo portarono a riconoscere come potere legittimo chi poteva difendere gli altri → i castelli, inoltre, consentivano di legare con più forza i vassalli al signore, i contadini alle terre e i vicini, che necessitavano Capacità armata dei signori locali: fondata sulle bande di cavalieri al loro servizio → due àmbiti in cui i fedeli del re dovevano esercitare la propria forza: i) combattere i potenti vicini, che minacciavano beni, poteri e sud- diti del signore; ii) minacciare i sudditi, ottenere la loro obbedienza e il pagamento di quanto dovuto → prote- zione e minaccia convergevano → la coordinazione delle bande armate dei signori si basava prima di tutto sui legami vassallatici (coesione gerarchizzata) → immagine di una rete (più che di una piramide), che mette in rilievo sia la marginalità del re sia la fondamentale funzione del vassallaggio come struttura di coesione sociale, sia verticale che orizzontale, e non come rigido apparato politico-militare → riunendo attorno a sé dei vassalli, i signori poterono costituire la propria forza armata → al contempo, diventando vassalli di figure più potenti (vescovi, prìncipi), i signori potevano integrare la propria base fondiaria § ii. La formazione dei poteri signorili Conti e marchesi non si posero come difensori dell’ordinamento regio, durante la sua crisi di frammentazione, in opposizione alle spinte signorili → furono pienamente parte del mutamento Età carolingia: equilibrio tra le esigenze regie e aristocratiche era precario → X e XI secolo: attenuarsi della capacità regia di controllo lasciò maggiore spazio all’iniziativa autonoma delle dinastie di conti e di marchesi → così come avvenne per l’insieme dell’aristocrazia → bisogna distinguere tra l’Italia e gli altri regni di tradi- zione carolingia → nella maggior parte del Regno italico, le dinastie di tradizione funzionariale svilupparono poteri analoghi alle altre famiglie signorili, seppur più ampi → in Francia, Borgogna e Germania poterono in- vece svilupparsi veri e propri principati territoriali, dominazioni che erano molto più ampie e strutturate delle signorie di castello → differenza dimensionale, non qualitativa, dal momento che all’interno di ogni nucleo signorile i conti si comportavano più o meno come qualunque altro signore → aristocrazia funzionariale e i grandi possessori si assimilarono → giunsero a risultati analoghi: i) dominazioni patrimonializzate; ii) fondate sul controllo concreto di terre e persone; iii) organizzate intorno alle fortificazioni → somiglianza dovuta a una forma di imitazione reciproca: i grandi possessori imitarono i poteri pubblici, in origine detenuti dai conti, e si impossessarono quindi del potere di giudicare, delle imposte pubbliche, del controllo militare del territorio → i conti imitarono invece la capacità signorile di agire direttamente sulla società locale, di fondare il potere su basi materiali come terre e castelli → l’esito fu una società rurale organizzata attorno a una moltitudine di do- minazioni signorili che condividevano la capacità di unire poteri di matrice diversa → ai censi e le corvée si erano aggiunte: i) concrete protezioni armate imposte dal signore (e quindi i pagamenti connessi a questa pro- tezione, i servizi prestati al castello), ii) giurisdizioni e imposte di tradizione pubblica (come il fodro, l’imposta per il mantenimento dell’esercito regio, o l’albergaria, dovuta per l’ospitalità degli ufficiali regi) I signori cercavano di trasformare i proprî contadini in sudditi → al contempo, si usava il castello per cercare di sottomettere l’intera popolazione dell’area circostante → conflitti tra diversi signori, tra chi controllava un castello e chi disponeva di un grande patrimonio fondiario nei pressi di quel castello Questi poteri signorili erano considerati come parte del patrimonio del signore → subivano gli esiti delle spar- tizioni ereditarie, delle vendite, delle concessioni in pegno, come qualunque altro bene § iii. Chiese potenti e chiese private Chiese e dinastie presentano alcune importanti differenze nella propria azione politica locale → le chiese rice- vevano un flusso quasi continuo di beni (specialmente di terre) dai laici → questi patrimoni non subivano gli stessi processi di frammentazione e dispersione dei patrimoni laici: i) non erano trasmissibili per via testamen- taria ; ii) il diritto canonico non permetteva alle chiese di vendere i proprî → patrimoni ecclesiastici erano quindi connotati da un lungo processo di accumulo → le acquisizioni non erano compensate da atti di ces- sione → le chiese potevano comunque cedere temporaneamente ai laici le terre, usandole per legare a sé con- tadini e cavalieri esattamente come le dinastie Elemento dell’immunità: non era una concessione di potere, ma una larga esenzione fiscale e una tutela dei beni delle chiese → ma l’immunità suggeriva che edifici e terre delle non fossero spazi come gli altri, ma con- notati politicamente Dominio aristocratico era fondato sulla violenza praticata e minacciata → signori e vassalli disponevano di una capacità di azione armata incomparabilmente superiore ai contadini → questa era una delle prime basi del loro potere → questa capacità era in larga misura condivisa da dinastie e chiese → le chiese erano anche stru- mento dello sviluppo signorile → erano diffuse le ‘chiese private’, enti religiosi fondati e controllati da una di- nastia o da un’altra chiesa → altri due tipi di chiesa: i) monasteri; ii) chiese ‘in cure d’anime’, cioè enti religiosi la cui finalità era di officiare i culti destinati ai laici, dalle cattedrali cittadine alle chiese di villaggio → sistema dominante nell’Alto Medioevo: le pievi, articolazioni della diocesi differenti dalle parrocchie moderne: si oc- cupavano di circoscrizioni molto ampie → oltre alle pievi, c’erano molte chiese e cappelle minori, in tutti i vil- laggi, che non erano dotate di fonti battesimali (come le pievi), ma che rappresentavano il luogo di normale frequentazione dei riti religiosi → i luoghi in cui la società si univa regolarmente → queste chiese nascevano spesso dall’azione dei signori → l’atto di costruire e proteggere la chiese era un modo per impadronirsi di uno dei centri simbolici della società locale → intento signorile di imporre una forma di potere articolato Per molti monasteri, l’atto di nascita era rappresentato dall’iniziativa di un aristocratico → la funzione dei mo- naci era pregare: i) per se stessi; ii) per i benefattori → per un laico, fondare un monastero era un modo per ottenere importanti beneficî spirituali → il monastero privato poteva avere delle funzioni di riserva patrimo- niale → a lungo termine, questa prospettiva ebbe successo in pochi casi XI secolo: monasteri si svincolarono dal controllo dei laici → importanza dei monasteri privati deve essere vista prima di tutto su un piano di natura simbolica e di elaborazione dell’identità familiare → in generale, l’esistenza di un monastero privato poteva cambiare in modo sostanziale i funzionamenti all’interno del gruppo parentale che l’aveva fondato e che lo proteggeva → un monastero andava spesso a costituire un punto di riferimento per la società → se si trattava di un monastero privato questa centralità si rifletteva sulla famiglia signorile → uno degli elementi che permetteva ai signori di porsi al centro di molti meccanismi della società locale: i) circuiti economici; ii) forme di giustizie; iii) protezione militare; iv) salvezza spirituale istituzionale dopo aver ottenuto un riconoscimento dell’autorità superiore Francia meridionale → ‘città consolari’, negli anni Trenta del secolo XII si elessero dei magistrati (con- soli), su ispirazione del modello romano → la città consolare era un modello di governo collegiale di cittadini, coadiuvato da un consiglio che poteva contare anche un centinaio di membri → nomina dei magistrati era interna a un’élite urbana Tanto i giuramenti del comune, che dovevano essere approvati dal potere locale, quanto le franchigie, che provenivano direttamente dal signore, riguardavano in primo luogo la concessione di poteri giudi- ziari civili alle corti cittadine e alcune esenzioni dalle tasse dai commerci e sui suoi urbani → l’autono- mia dei cittadini era contrattata in moltissime città europee (fatta eccezione in quelle italiane) Città europea: configurazione bicefala → presenza di due apparati istituzionali nello stesso spazio: i) ufficiali signorili; ii) i giudici della città e i consoli → i residenti delle città chiedevano soprattutto la difesa dei proprî interessi e la possibilità di espandere le attività produttive → le relazioni commerciali assicuravano un flusso di interscambio con il territorio → al contempo, si riconoscevano fedeli al principe, non contestavano le sue pre- rogative signorili, non minacciavano il suo dominio sul territorio → la città manteneva così da un lato le con- traddizioni di un sistema misto → tensioni di interessi diversi spingevano le istituzioni locali e territoriali a ri- formulare continuamente gli accordi presi → ma godeva dei vantaggi di un dominio signorile unitario, che in- tegrava le élite urbane in reti sociali ed economiche § ii. Le città tra XII e XIII secolo: unificazione e differenziazione sociale Metà secolo XII in poi: fenomeno urbano si assestò lungo linee di sviluppo costanti, che ne definirono i carat- teri interni ed esterni → le città, formate spesso da parti differenti (borghi, cité, castello, chiese, campi) furono riunite in un unico complesso territoriale urbano delimitata da mura → abitare e appartenere alla città, risie- dere all’interno della cinta muraria, indicava una condizione giuridica e sociale diversa dei cittadini rispetto ai rustici → la concessione di carte di franchigia ai centri urbani era una pratica generalizzata da parte di tutti i poteri territoriali Le città erano contraddistinte da un riconoscimento ufficiale della libertà per i propri abitanti → sviluppo eco- nomico acuiva le differenze sociali: la popolazione urbana nel corso del XII e XIII secolo è percorsa da un inarrestabile processo di stratificazione sociale e di differenziazione tra gruppi diversi → il comune urbano, in sostanza, non era meno gerarchizzato del territorio circostante → le rapidissime accumulazioni di denaro li- quido dovute al commercio sconvolsero in pochi anni le gerarchie consolidate: essere potenti equivaleva a possedere danari → nuova élite economica conquistò il potere nel corso del Duecento: si appropriò dei posti di comando e del controllo della vita economica della città, facendosi garante della prosperità del territorio Esisteva un frastagliato mondo artigianale, che abbracciava gran parte della popolazione urbana e aspirava a una presenza politica non solo passiva → un mondo attraversato da tensioni interne e all’interno del quale si distinguevano perfettamente i livelli alti dai mestieri umili, che ne sarebbero rimasti esclusi → il prestigio so- ciale raggiunto da alcune corporazioni di mestiere: riguardava in realtà solo i maestri in possesso dei mezzi tec- nici più costosi e avanzati, nel tessile come nel cuoio, per diminuire man mano che le fasi di lavorazione si fa- cevano più pesanti → la lavorazione meccanica, portava la persona a una riduzione della qualità umana e giuri- dica, verso la condizione di infame → ‘infame’, nel Medioevo, era un termine tecnico che indicava persone senza diritti e senza reputazione, escluse dai tribunali e prive di rappresentanza politica → il salariato urbano, nel corso del Duecento, fu spinto verso una condizione di marginalità, attraverso contratti di lavoro di tipo quasi servile → le città divennero elementi vitali del corpo politico dei regni, una volta che questi riuscirono a stabilizzare la loro presenza al centro del gioco politico europeo Capitolo V: I regni e i sistemi politici europei fra XI e XIII secolo § i. Limiti dei regni nei secoli XI e XIII Secolo XII: poteri di tipo monarchico, affermati dopo la dissoluzione del regno carolingio, mostravano una serie di debolezze strutturali, che si traducevano in vincoli e limiti all’azione dei singoli re → le dinastie re- gnanti si fondavano ancóra sul terreno incerto delle alleanze matrimoniali tra le grandi famiglie aristocratiche → spesso portava all’unione solo temporale di regioni anche molto lontane → si poteva diventare re di una regione anche molto lontana, sposando l’erede di quel principato → una trama debole, che si disfaceva al primo mutare delle alleanze → questa trama (praticata anche dalle aristocrazie signorili) era in grado di dise- gnare quadri territoriali molto diversi nel giro di pochi anni, anche a scapito delle dinastie regnanti È difficile tracciare una chiara geografia dei regni tra i secoli XI e XII, tranne per il regno inglese → non solo perché le regioni di volta in volta comprese in un dato regno cambiavano velocemente di mano, ma perché, sul piano politico, i regni non si distinguevano ancóra dai tanti principati vicini, spesso più forti e più estesi In Germania, l’Impero univa formalmente i ducati nazionali → aveva però poca influenza su di essi, al di fuori delle regioni meridionali e della Franconia, dove si concentravano i possessi della dinastia regnante e i beni demaniali dell’Impero Alla mobilità dei quadri territoriali, molto acuta in Francia e in Spagna, si aggiunse anche la difficoltà tecnica di coordinare sul piano feudale una miriade di signorie con obblighi e diritti diversi a seconda dei singoli signori di riferimento → nel XII secolo, i re erano signori ‘parziali’ di grandi vassalli che avevano a loro volta i propri vassalli → questi ultimi non erano per nulla legati al re, ma avevano obblighi solo il proprio signore Assenza di un vero apparato di funzionari pubblici → grandi uffici regi erano in genere in mano alla stessa no- biltà, che circondava il re, alternando favore e ostilità secondo i casi → una vera entità statale faticò molto a mostrarsi compiuta ancora nel Duecento maturo → quando sembrava ormai stabilizzata, poteva decomporsi con grande rapidità nel giro di pochi anni → XII e XIII secolo: si pose una questione cruciale sulle forme del potere laico § ii. L’Inghilterra dalla conquista al Duecento 1066: Guglielmo il Bastardo sbarcò in Inghilterra dalla Normandia e divenne re → vi fu un rovesciamento delle istituzioni anglosassoni precedenti e una sostituzione immediata delle élite aristocratiche da parte dei ba- roni normanni, che andarono a far parte della cerchia più stretta del re → il regno normanno mantenne al- cune delle caratteristiche precedenti, sia per necessità sia per opportunismo → prima grande differenza tra re inglesi e re francesi: i primi perseverarono a far leggi ed emanare capitolari Nel mondo anglosassone, la pace del regno era cómpito del re → le comunità avevano tuttavia un ruolo attivo nell’organizzazione della vita locale → Guglielmo I riprese questa tradizione → il tema della pace era per lui urgente dopo le guerre di conquista e la repressione dei baroni inglesi suoi avversari → esisteva un’enorme tensione interna nella struttura politica in formazione del regno: i) l’appoggio dei baroni normanni era necessa- rio al re, ma queste inevitabilmente rischiavano di indebolire la presenza regia nei territori; ii) il rafforzamento delle istituzioni centrali era altrettanto urgente, ma doveva per forza scontrarsi con le pretese degli stessi baroni → Guglielmo I, allora, nominò un ‘giustiziere, un vero e proprio viceré, che faceva le sue veci in Inghilterra, in quanto lui rimase duca di Normandia → eliminò i conti e nominò al loro posto i vicecomites (sceriffi), ufficiali pubblici incaricati di amministrare la giustizia e di controllare le finanze nei singoli shire (‘contea’) → cercò di mantenere il diritto dei liberi uomini a mantenere i possedimenti di fronte alle prepotenze dei baroni → legò militarmente i baroni che godevano di concessione terrena Non si poté costruire una vera e propria rete feudale → si pose piuttosto il problema di inquadrare in una cor- nice istituzionale le terre distribuite ai grandi baroni normanni e agli enti ecclesiastici, dopo anni di saccheggi e di confische violente → Domesday book, completato nel 1086, un censimento medievale di uomini, terre e del potenziale economico dei beni → organizzato per contee > feudi > centene > ville > manor, l’unità di base della proprietà contadina → il re voleva sapere quante erano le terre detenute dai grandi baroni, quali erano gli obblighi militari dei possessori che le avevano ricevute e a quanto ammontava il valore complessivo dei beni → l’interesse maggiore riguardava il piano fiscale, perché permetteva di tenere sotto controllo i) baroni; ii) sud- diti Enrico I → figlio e secondo successore di Guglielmo I → nel suo regno (1100-1135), cercò assiduamente un rapporto con il popolo inglese come freno all’arroganza dei baroni → 1100, Carta delle libertà: Enrico I pro- metteva un ritorno alle antiche consuetudini inglesi contro quelle nuove illegittime e ingiuste dei Normanni → Enrico I, in questo modo, si ergeva a difensore del ‘regno oppresso’: i) limitò il campo d’azione dei baroni, attraverso un controllo sulla trasmissione ereditaria delle terre baronali (la terra doveva prima essere riassegnata al re); ii) assicurò secondo legge le punizioni ai baroni; iii) rafforzò la giustizia regia nelle singole località Alla morte di Enrico I, venne incoronato re il nipote Stefano di Blois, cui si contrappose Matilde, la figlia di Enrico I → la guerra di successione permise ai baroni di rafforzare il loro potere → il successore di Stefano di Blois, Enrico II, intese porre rimedio alla guerra civile e all’erosione del potere regio → regno di Enrico II: periodo cruciale per l’Inghilterra del XII secolo: presero forma, sotto il suo governo, in maniera più definita le istituzioni monarchiche → fece dell’apparato di corte il motore politico del regno → l’elemento qualificante della sua azione fu la sua capacità di connettere la curia regia con i sudditi, attraverso lo sviluppo di due sistemi istituzionali: i. il primo sistema era fisso e incentrato sul giustiziere (ministro e delegato del re): due volte l’anno, il giu- stiziere, lo scacchiere (responsabile delle finanze pubbliche con controllo sugli ufficiali) e la curia regia dovevano portare un minuto rendiconto del loro operato finanziario e giudiziario (un modo per tenere sotto pressione i baroni); ii. il secondo sistema, invece, era mobile e prevedeva un collegio di justice in eyre (‘giudici itineranti’), che amministravano l’alta giustizia per conto del re nelle singole contee → Enrico II predispose la costitu- zione del sistema delle ‘giurie dei dodici uomini saggi’ nelle comunità, incaricati di giudicare i colpevoli e di tenerli in custodia fino all’arrivo dei giudici regi → il re puntava sulla regolazione della giustizia per mantenere la pace Enrico II si rese conto della necessità di rendere più stabile un esercito nazionale per la difesa del regno → recuperando una vecchia tradizione di chiamata alle armi, ordinò a tutti i sudditi possidenti e liberi di parteci- pare all’esercito con un armamento proporzionale al reddito: dall’armatura completa alla semplice lancia → la chiamata alle armi inquadrava i sudditi in una dipendenza diretta dal re → Enrico II accompagnò queste ri- forme con un uso frequente dell’inchiesta → nel 1166, fece redigere un elenco dei feudatari regi che non gli avevano prestato un giuramento ‘ligio’ → nel 1170 e nel 1176 ordinò due inchieste per stabilire chi doveva prestare omaggio al re → nel 1181, ordinò un’inchiesta per definire i livelli dell’armamento delle persone in base al reddito → le inchieste di Enrico II servivano per distinguere i baroni fedeli e infedeli, separare i ricchi dagli indigenti, controllare il comportamento dell’aristocrazia Enrico II scaricava in parte sulla popolazione inglese il pesantissimo fardello dei possedimenti continentali (Normandia e Aquitania) → riuscì a tenere in scacco i re francesi per lungo tempo, ma lo stato di guerra conti- nua richiedeva un pesante aggravio delle tasse sia nel regno insulare che nei domini francesi → servio armato dei baroni nelle terre esterne venne a mancare progressivamente e le imposte che Enrico II e i suoi successori esigettero furono ben poco popolari → crisi del regno sotto i figli di Enrico II fu accelerata dalle lotte dinasti- che tra i due fratelli Riccardo Cuor di Leone (re 1189-1199) e Giovanni Senzaterra (re 1199-1216) → dopo la sconfitta a Bouvines per opera di Filippo Augusto nel 1214, Giovanni fu apertamente contestato dai grandi del regno, quando già sotto di lui i rapporti con la Chiesa e i baroni si deteriorarono rapidamente → i baroni, uniti dalla comune esigenza di limitare i suoi poteri, lo costrinsero, il 12 giugno 1215, a firmare la Magna Charta Libertatum, un documento di ampie concessioni al popolo → la Charta configurava un nuovo equilibrio di potere tra il re e i baroni → il re non poteva imporre tasse senza il generale consenso dei baroni → le norme sulla gestione dei beni immobili erano numerose, a segnare l’importanza delle garanzie sul possesso per l’auto- nomia politica del ceto dei grandi → la libertà politica era prima di tutto libertà di possedere beni al riparo delle molestie degli ufficiali § iii. Il regno di Francia da Luigi VI a Filippo Augusto Francia: il re aveva solo qualche debole privilegio nominale sui principati vicini → dal secolo Undecimo, i re redigevano diplomi solo diretti a enti religiosi del dominio compreso nella regione dell’Île de France più pros- sima a Parigi → i prìncipi dei ducati più estesi e più antichi non riconoscevano il re nemmeno simbolicamente Luigi VI (1108-1137) si concentro su due punti: i) disciplinare i castellani ribelli; ii) frenare la pressione del re inglese (e duca di Normandia), Enrico I Sostenuto da alcuni vescovi e da Sugerio, abate di Saint Denis, Luigi VI si lanciò in una serie di battaglie (indi- viduali, non di schieramento) ‘punitive’ contro i potenti locali → Sugerio fornì un inquadramento ideologico tutta la regione andalusa → la rigidità dei costumi religiosi imposti dai loro capi, la differenza culturale e lingui- stica dall’élite precedente e il regime fiscale opprimente resero il governo almoravide lontano e ostile alla po- polazione andalusa → la reazione partì dal Marocco, dove gli Almohadi riuscirono a prendere il controllo e a espandersi fino all’Andalusia → tra il 1144 e il 1147, le maggior parte delle città spagnole passarono in mano alla setta fondata dal profeta Muhammad ibn Tumart, che elessero come capitale Siviglia → per la Reconqui- sta, il cambiamento dell’assetto politico significò un arresto → 1195, battaglia di Alarcos, in cui l’esercito mu- sulmano sconfisse, aiutato da alcuni cristiani, Alfonso VIII di Castiglia → la reazione iniziò nei primi anni del Duecento: 1212, Innocenzo III proclamò una crociata antimusulmana → 1212, vittoria cristiana a Las Navas di Tolosa → dopo questa data, la penetrazione nelle regioni sottoposte ai musulmani si fece più veloce → tra il 1212 e il 1240, i territori in mano ai prìncipi cristiani si raddoppiarono → la sottomissione politica dei terri- tori si accompagnava con una vasta opera di popolamento delle regioni acquisite da parte dei re cristiani → processo di graduale colonizzazione dei territori di frontiera andava avanti dal secolo XI, prima ancóra dell’oc- cupazione politica delle regioni → la creazione di villaggi e di città abitati da contadini e piccoli cavalieri in fun- zione di una colonizzazione agricola divenne un tratto distintivo della Reconquista → il popolamento (che te- neva conto delle disuguaglianze sociali e dei contasti culturali-militari) era un misto di colonizzazione agraria e militare: si basava sulla fondazione di città con un esteso territorio e sulla concessione di lotti e di terre agli abi- tanti, incaricati della difesa militare della zona → furono i re ad autorizzare e promuovere l’insediamento, la divisione delle terre ed anche le forme di autonomia che le comunità conservavano → i re si sarebbero trovati di fronte a gruppi sociali con una precisa fisionomia politica, provvisti di autonomia e con una spiccata pro- pensione a rivendicare una rappresentanza collettiva davanti agli organi regi → le monarchie spagnole conser- varono un carattere che spingeva i re, fin dal XII secolo, a convocare le Cortes (‘Curie generali’), grandi assem- blee che coinvolgevano i potenti del regno per deliberare riguardo i grandi temi della politica regia § v. La Germania e l’Impero Germania XI secolo: ducati di Franconia, Sassonia, Baviera e Svevia erano saldi nelle mani delle grandi fami- glie dell’aristocrazia, che coordinava una galassia di conti e di castellani → i dati demografici disegnano una crescita impressionante della popolazione: quattro milioni nel secolo XII, otto milioni nel secolo XIII e quat- tordici milioni nel secolo XIV → la crescita alimentò un ampio movimento migratorio verso est, dove i prìn- cipi tedeschi chiamavano coloni per stabilizzare i proprî dominati → la migrazione cambiò la struttura sociale, che costrinse gli Slavi a spostarsi sempre più verso est Istituzione imperiale, però, rimaneva incerta → per tradizione, l’imperatore era eletto dai grandi prìncipi, ma non superava le ricchezze dei suoi concorrenti-elettori → senza contare che come in Inghilterra, già nei primi decenni del secolo XI, il problema principale dei sovrani fu quello di resistere alle ribellioni dei vassalli, in Germania come in Italia → 1037, editto dei benefici: aveva come scopo il rafforzamento del ruolo imperiale Corrado II accentrò, per imporsi, nelle mani dell’imperatore il giudizio ultimo in caso di conflitto Crisi col papato e lo scontro violentissimo con Gregorio VII avevano duramente colpito il prestigio dell’Im- pero → alcuni prìncipi si erano rivoltati contro Enrico IV → era stato eletto un altro re da parte papale, Ro- dolfo di Rheinfelden → avvenne così anche per Lotario III e Corrado III che furono eletti per la loro debo- lezza → sul piano delle fedeltà militari gli imperatori tedeschi riscontravano maggiori difficoltà → conflitti dif- fusi tra re e principi sono confermati dal fatto che la dimensione personale del potere detenuto da queste fami- glie ducali era basata su una grande base terriera di proprietà → una base territoriale che rendeva i prìncipi poco dipendenti dalle concessioni feudali del re → ampie porzioni del territorio dei ducati potevano legittima- mente sentirsi slegate da una fedeltà assoluta all’imperatore: 1136, Lotario III lanciò un allarme perché i vas- salli avevano alienato i proprî beneficî e non prestavano più servizio militare → in questo contesto di debo- lezza generale iniziò, nel 1152, il regno di Federico I di Hoenstaufen di Svevia, Barbarossa Barbarossa riuscì dal 1152 al 1190 a rendere almeno temporaneamente unita la Germania dei grandi ducati → fece propria la funzione di pacificatore del regno → 1158, ordinò una pace generale → fece poi ricorso al diritto feudale per confiscare i ducati ai principi ribelli → lunga lotta con Enrico il Leone, potentissimo espo- nente della Casa di Welfen → nel 1180 dispose la confisca dei suoi beni → la lotta fra le fazioni dei Welfen e dei Weiblingen (da cui presero poi nome le parti italiane ‘guelfi’ e ‘ghibellini’) prolungava uno stato di guerra interna che favoriva il passaggio di un ducato da una fazione a un’altra → ogni volta che riusciva a entrare in possesso di un ducato, Federico lo divideva, diminuendo la forza dei singoli principati → alla fine del suo re- gno, i principi laici erano circa venti e altrettanti quelli ecclesiastici legati direttamente all’imperatore 1158, dieta (assemblea dei grandi) di Roncaglia → dopo aver elencato quali fossero i diritti regi, aveva stabilito che ogni potere di natura pubblica dovesse provenire dal re, attraverso un’investitura formale → i giuristi ita- liani, presenti in gran numero, gli fornirono probabilmente alcuni passi del diritto romano come base giuridica per fondare le sue pretese di superiorità → la legge consentiva a Federico di ordinare la restituzione al sovrano di tutti i poteri e i diritti di natura regia in mani private → l’imperatore avrebbe redistribuito queste risorse die- tro un esplicito riconoscimento della loro autorità pub- blica → la dieta di Roncaglia riguardava soprattutto il regno d’Italia, dove l’opposizione di alcune città lom- barde aveva provocato una dura reazione dell’impera- tore Le guerre italiane (durarono circa trent’anni) misero a dura prova i rapporti tra Federico e i grandi dell’Im- pero, ma la loro struttura resse, anche dopo la ‘non vit- toria’ contro i comuni italiani, sancita dalla Pace di Co- stanza del 1183 → impressione di una fedeltà ancora personale, legata al prestigio di Federico e non alla sua dinastia → dissidi sotto Enrico VI, il figlio, che cercò di imporre una successione dinastica → in cambio aveva promesso ai prìncipi una quasi totale libertà di lasciare in eredità i feudi, sia in linea maschile sia in linea fem- minile → il documento venne firmato a Wurzburg nel 1196, ma venne poi sconfessato dai prìncipi tedeschi → Enrico VI aveva guadagnato tuttavia una posizione di forza quando aveva preso in moglie nel 1186 l’ul- tima erede dei normanni, Costanza d’Altavilla, dalla quale ebbe Federico Ruggero (poi Federico II) → si tratto di uno di quei casi in cui la via matrimoniale in- cise realmente sull’assetto politico dei regni → nel 1194, Enrico VI venne eletto re di Sicilia, dopo essere pe- netrato a Palermo e dopo aver sconfitto l’anti-re Tancredi, conte di Lecce → alla morte di Enrico VI (1197), Federico Ruggero venne messo da parte rispetto alla successione imperiale, ma era più salda, in apparenza, la sua posizione nel regno di Sicilia § vi. Il regno di Sicilia Costanza d’Altavilla: ultima esponente della famiglia che più aveva contribuito a conferire una patina di unità alla multiforme presenza dei cavalieri normanni sbarcati in Italia meridionale tra il 1013 e il 1016 → cavalieri normanni si erano insediati nelle regioni meridionali d’Italia nei primi decenni del secolo XI, per mettersi al servizio dei principi longobardi come mercenari → le iniziative militari dei normanni cambiarono rapida- mente la natura dei poteri locali: un primo gruppo si stabilì ad Aversa nel 1030 e si impadronì del principato di Capua nel 1058, altri si espansero in Campania, Calabria e Puglia → fu un processo lungo e ci volle un se- colo prima di poter parlare di ‘regno’ Controllo esercitato dall’aristocrazia militare fu violento e inedito → la vecchia aristocrazia longobarda e bizan- tina in Campania e Puglia fu sostituita dai cavalieri normanni o si dovette riadattare ai modi di gestione del po- tere di questi 1070 la dinastia degli Altavilla si impose come punto di riferimento (quando prima era più caotica) di un coor- dinamento unitario tra i diversi territori conquistati → i varî discendenti della famiglia sfruttarono bene le de- bolezze dei potentati bizantini e le contrapposizioni tra il papa e l’imperatore → cercarono di legittimarsi presso entrambi i poteri → Drogone (fratello di Guglielmo Braccio fi Ferro, che fu al servizio dei Bizantini e del principe Guaimario V di Salerno) fu nominato conte di Puglia dal duca salernitano e duca dall’Imperatore Enrico III nel 1047 → alla morte di Drogone, il fratello Umfredo riprese il titolo di duca → il titolo venne poi ripreso dalla famiglia nel 1059, da Roberto il Guiscardo → nel 1059, gli Altavilla giurarono fedeltà al papa 16 aprile 1071: Roberto e Ruggero Altavilla conquistarono Bari, ultimo avamposto bizantino in Italia meridio- nale → in Sicilia, già negli anni Sessanta del secolo XI, avevano iniziato una campagna contro i musulmani → 1072, conquistarono Palermo → evento cruciale, perché la conquista, conseguita anche con l’appoggio papale, aprì ai diversi rami della famiglia le strade per una posizione politica preminente nel gioco politico europeo → 1098, Ruggero ottenne dal papa un ruolo simile a un suo legato → poteva eleggere i vescovi, controllare le fi- nanze della Chiesa e dirimere le controversie fra gli ecclesiastici → ottenne così un controllo diretto sulle isti- tuzioni ecclesiastiche dell’isola Ricostruzione di un dominato pubblico in Sicilia fu favorita dal modello di governo musulmano, accentrato e basato su un controllo capillare delle articolazioni locali → 1130, l’anti- papa Anacleto conferì a Ruggero II il titolo di re, in cambio di un riconosci- mento di dipendenza vassallatica verso la Chiesa di Roma → il titolo venne confermato da papa Innocenzo II nel 1138 → quando Ruggero provò a esportare le forme di controllo regio sul continente, si moltiplicarono le congiure e le sollevazioni dei baroni → una scosse addirittura le basi del re- gno nel 1160 sotto Guglielmo I (associato al trono da Ruggero II nel 1551) → aristocrazia normanna sul continente rimase a lungo un ostacolo serio alla tenuta della monarchia Il regno normanno non era feudale → non ci fu alcuna distribuzione siste- matica di concessioni in feudo dei territori né una vera gerarchia di fedeltà che regolasse i rapporti interni tra aristocrazia e re → si era diffusa una con- cezione mista del possesso di terra, a volte chiamata ‘feudo’ → le terre erano state acquisite dai cavalieri durante la conquista ed erano sentite come proprie dai discendenti → veniva tuttavia conservato un legame di fedeltà con il condottiero di riferi- mento e si riconosceva ai capi un diritto sulle terre, perché le avevano conquistate → 1142, Catalogo dei ba- roni: non contiene l’elenco dei feudatari del re, ma l’elenco dei soldati che i baroni normanni, in base ai loro patrimoni, potevano armare in caso di guerra → davanti all’instabilità del ceto militare, i re normanni ricorsero ad altri strumenti di governo per assicurare una solida base economica alla monarchia → sfruttarono il dema- nio fu la chiave di volta del nuovo sistema economico → nelle terre demaniali si sperimentarono con successo nuove forme signorili di sfruttamento del lavoro contadino → furono gli ufficiali regi a praticare con maggiore attenzione un controllo diretto del lavoro contadino, per prelevare il surplus I re normanni furono attivi anche sul piano legislativo → 1129, assise di Melfi: Ruggero II proclamò la pace del regno → vietò le guerre private in favore della giustizia del re → 1132, assemblea in cui riaffermò l’obbligo di fedeltà per i baroni → 1140, assise di Ariano: tentò di riaffermare la superiorità regia e il controllo pubblico sui baroni → i re della dinastia di Altavilla rivendicarono un potere con esclusività verso i sudditi latini, musul- mani e greci → stabilirono una dipendenza dei baroni dal re e raggiunsero una relativa egemonia politica in tutte le regioni del regno → cercarono di limitare le prerogative giurisdizionali dei baroni attraverso una rete di giustizieri regi → controllarono i matrimonî e stemperarono le richieste arbitrarie dei signori verso i loro di- pendenti Regno normanno alla fine del XII secolo viveva in una polarità di tensioni politiche → mondo contraddittorio e complesso, con il quale il giovane Federico II dovette fin da sùbito confrontarsi § vii. La successione imperiale e il regno di Federico II Federico, figlio di Enrico VI e Costanza d’Altavilla, ereditò sùbito il regno di Sicilia → sorsero complicazioni per il titolo imperiale → il primo conflitto contrapponeva Filippo di Svevia e Ottone di Sassonia, una ripropo- sizione della tradizionale faida tra Guelfi e Ghibellini → a regolare la competizione fu papa Innocenzo III, che prima appoggiò Filippo di Svevia, poi, nel 1208, Ottone di Sassonia → Innocenzo III era, inoltre, tutore re- gale del treenne Federico, che poteva essere pretendente all’Impero → nel 1211 Innocenzo III appoggiò Fe- derico, che fu eletto re di Germania nel 1214 → dopo la battaglia di Bouvines, Federico venne eletto re dei nei momenti di scelte difficili → lentamente prese piede nei comuni italiani una pratica di tipo ‘parlamentare’ → era questo il fondamento della libertà delle città italiane: l’autonomia della scelta dei propri governanti e le decisioni politiche legittimate dalla maggioranza di un’assemblea cittadina eletta dagli stessi cives → la scelta di appartenere a un comune, tuttavia, non era libera → le istituzioni comunali agirono sùbito come un organo politico pubblico, con decisioni valide per tutti Processo di maturazione anche sul piano lessicale → la parola ‘comune’ comparve solo verso la fine del se- colo XII → al comune, inteso come forma di governo della città, si può applicare il linguaggio della Res Pu- blica, perché si trattava effettivamente di un’istituzione distinta dagli uomini, un frutto dell’esigenza di autono- mia espressa dalle città italiane nella seconda metà del secolo XII § ii. Le funzioni di governo: giustizia, economia e controllo del territorio Tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, le città italiane affrontarono: i) l’aumento demografico; ii) l’am- pliamento delle zone abitate; iii) l’inserimento sociale dei nuovi arrivati; iv) la richiesta dei nuovi ceti urbani di ampliare gli spazi di partecipazione politica → il consolato si presentò sùbito come organo superiore in grado di risolvere questi problemi senza ricorrere alla violenza→ la giustizia divenne una funzione prioritaria della nuova magistratura → l’inizio del comune come istituzione deve essere individuato nell’atto di nascita dei tri- bunali cittadini → non sempre si arrivava a una sentenza → alle volte, il processo serviva come mezzo per continuare la lite con altri sistemi → la giustizia pubblica divenne comunque una funzione necessaria al mante- nimento della vita associata e del comune come ente collettivo Mantenimento dell’istituzione comunale era un problema economico-politico → il comune e la città avevano bisogno continuo di finanziamenti → essere cives era anche un dovere, liberamente assunto nel momento in cui si voleva abitare in città → traduzione materiale di questo dovere era la contribuzione volontaria, ma dove- rosa, alle necessità finanziarie del comune → strade, edificî pubblici e le mura assorbivano gran parte delle entrate, legando sempre di più la condizione giuridica di cittadino al pagamento delle imposte pubbliche Stretto legame della città con il contado: una delle principali conseguenze dell’affermazione del sistema comu- nale. Nel XII secolo, i comuni progettarono di estendere il loro potere sull’intero territorio diocesano come naturale conseguenza della superiorità politica del centro urbano rispetto al territorio → nessuno pensava di conquistare militarmente il contado → si cercò di ottenere un potere di coordinamento sul territorio circo- stante la città → era parimenti importante disporre liberamente dei centri strategici disseminati sul territorio e la possibilità di imporre tasse ai residenti del contado → al contado e ai signori queste funzioni apparivano come una forma ingiusta di sottomissione politica e di sfruttamento → i comuni percorsero diverse vie per ottenere un riconoscimento della propria superiorità politica: i) si raggiunsero compromessi con i signori di- sposti ad allearsi → molti si inurbarono e iniziarono una nuova vita politica come esponenti di spicco del co- mune; ii) furono concessi privilegi alle comunità di villaggio che si sottraevano al dominio di un signore → gli abitanti furono dichiarati liberi, sottomessi unicamente alle città e, in alcuni, trasferiti in altri luoghi → questi luoghi, detti ‘villefranche’ o ‘villenuove’ avevano una condizione giuridica ibrida → gli abitanti erano conside- rati cives, ma con forme di dipendenza quasi rurale; iii) il comune comprava, se possibile, i castelli situati nelle posizioni strategiche, sottraendone il controllo a famiglie signorili impoveritesi (metodo più duraturo ed effi- cace) Molte comunità venivano contese tra città diverse, ma quella tra le città era una trama a maglie larghe, dalla quale erano escluse ampie zone del territorio in mano alla nobiltà militare → l’Italia medievale non si presen- tava come un compatto mosaico di città → il mosaico era composto da tessere molto diverse: città e territorî comunali punteggiati da isole signorili autonome → all’inizio del secolo XIII alcune tendenze erano chiare: i) la rilevanza politica ed economica delle città sul mare, le cosiddette ‘Repubbliche marinare’, Genova, Pisa, Ve- nezia e, poi, Amalfi → erano diventate grandi empori commerciali, ma anche centri con forti istituzioni citta- dine; ii) nell’Italia continentale le linee di espansione erano simili ed evidenti → Milano appariva come una città di indiscussa supremazia politico-economica → divenne il terminale dei traffici tra l’Italia e le terre d’Im- pero e un centro politico fortissimo; iii) le città emiliane si erano giovate dalla ripresa dei commerci lungo il Po e la via Emilia; iv) in Toscana, ricche e potenti città erano in lotta perenne tra loro → questo panorama ricchis- simo di centri urbani rende ancora più sorprendente l’adozione di un sistema istituzionale unico in tutte le città → nel corso del secolo XII, le città dell’Italia centrosettentrionale divennero comuni, sperimentarono le stesse forme di governo e usarono un medesimo linguaggio per rappresentarsi e comunicare tra loro → queste somiglianze furono favorite dalla circolazione intensissima di uomini e idee tra i centri urbani regionali e co- muni minori, dalla spontanea diffusione di forme assembleari di autogoverno nelle comunità rurali e dalla fun- zionalità della forma consolare per governare città di diversa taglia e misura § iii. Le città italiane alla prova della guerra: lo scontro con Federico Barbarossa Importanza del periodo federiciano: ampio e spesso violento processo di definizione politica delle istituzioni comunali davanti e contro l’imperatore → all’inizio dello scontro ci fu un’incomprensione reciproca riguardo i modelli di comportamento che rendevano difficile il dialogo tra la cancelleria tedesca e i comuni lombardi → 1153, riunione di Costanza → primo contatto fra i ‘Lombardi’ (gli Italiani) e i tedeschi fu traumatico → due ambasciatori lodigiani, con una sceneggiata, riferirono drammaticamente che i Milanesi avevano distrutto la loro città → la distruzione della città era un solo diritto dell’Imperatore e Federico I non tollerava l’atto dei Milanesi → Federico impose ai Milanesi di riparare, dunque, l’offesa alla dignità imperiale → Milano non capiva il desiderio dell’Imperatore, abituata a un secolo di assenza → cercò di comprare il permesso dell’Im- peratore di mantenere il dominio su Lodi e Como, ma venne rifiutato e i Milanesi furono messi al bando → fu l’inizio di una trentennale guerra, che minacciava la sopravvivenza stessa del sistema comunale italiano 1155, Federico I conquistò Asti e distrusse Tortona → nel 1158 attaccò Brescia e, il sette settembre dello stesso anno, saccheggiò la provincia milanese → novembre 1158, dieta di Roncaglia, Federico I proclamò il principio che ogni potere discendeva dall’imperatore e richiese la resa di tutte le regalie (i diritti regi), ‘usur- pati dalle città’ → fu una lista lunghissima, che comprendeva il fodro (tasse regie), il potere di elezione dei con- soli, i palazzi pubblici, le imposte sulle strade e fiumi → avrebbe svuotato il potere consolare e le casse comu- nali → nel 1158, Federico I impose dei podestà imperiali → il governo di questi è ricordato dalle città come violento, dispotico e soprattutto esoso → i podestà chiedevano ingenti esborsi, che mandavano ad alimentare un sistema di dominio sovra-cittadino e centralizzato → il fisco pubblico, da sistema di integrazione, era tor- nato a un segno di sottomissione infamante 1162, Federico attaccò una seconda volta Milano, radendola al suolo → i comuni (anche quelli di Pavia, Cre- mona, Modena, Reggio Emilio e Verona, che erano alleati di Barbarossa) si misero in allerta, vedendo nel go- verno imperiale una minaccia seria alla propria autonomia → su esempio della lega delle città venete, nel 1168 le città lombarde giurarono la prima alleanza intercittadina, la Lega Lombarda → fu un’alleanza tattica di città, alcune anche in conflitto tra loro, che sospendevano le ostilità per difendersi da un pericolo maggiore → ne fecero parte Milano, Brescia, Piacenza, Bologna, ma anche città nemiche, come Cremona, Lodi, Como, Ber- gamo → la Lega era governata dai rettori, eletti da tutte le città, e aveva un tribunale proprio per risolvere le controversie tra comuni → venne diffuso tra tutti i comuni alleati un modello unico e coerente di città comu- nale, governata da consoli eletti, gravitante su un territorio di pertinenza del comune intoccabile da parte delle altre città Alleanza con il papa Alessandro III (in suo onore venne fondata nel 1167 la città di Alessandria), rafforzò la natura ideologica della Lega → la Lega diventò il baluardo della libertà delle città contro il tiranno Barbarossa → sul piano militare, le azioni di disturbo furono efficaci per fiaccare le armate imperiali → nonostante il ti- tolo, Federico I aveva risorse limitate e, a ogni spedizione, doveva convincere i prìncipi tedeschi a fornire uo- mini → di contro, le città alleate erano disponibili, ma chiedevano privilegi numerosi che negarono la monar- chia che Federico voleva costruire in Italia 1176, Legnano: comuni lombardi riuscirono, in questo periodo di stanchezza, a sconfiggere l’esercito impe- riale → vittoria modesta sul piano militare, ma formidabile su quello della propaganda politica (si parlò di san- zione divina contro il tiranno) → nel 1177, il papa strappò all’imperatore una tregua di cinque anni → 1183, Pace di Costanza → la Pace di Costanza ricevette diverse interpretazioni dai protagonisti del tempo: i) Fede- rico la intendeva come una grazia imperiale; ii) le città ne fecero la loro carta costituzionale, una sorta di rico- noscimento di fatto delle istituzioni consolari come forma di autogoverno delle città → da allora, le città non furono più una preoccupazione scottante per Federico I, che si impegnò nella liberazione di Gerusalemme (riconquistata d Saladino nel 1187), per trovare la morte un anno dopo (affogò a causa del peso della sua armatura) Nelle città italiane, la fine del pericolo imperiale fece emergere nuovi conflitti politici e sociali → si aprì una competizione violentissima per il potere, aggravata dalla palese inadeguatezza (i cittadini avevano combattuto per la propria città e volevano partecipare alla vita politica) del regime consolare, dominata da una ristretta e litigiosa oligarchia di famiglie § iv. L’affermazione del comune aperto: podestà, consigli e governi di Popolo Dopo le guerre federiciane, il collegamento tra potere politico e forza militare (le famiglie aristocratiche pre- tendevano di comandare quasi per diritto, in base a una prerogativa signorile che legava il potere politico alla detenzione del potere militare) fu apertamente contestato dalla cittadinanza non nobile → non si contestava il comune in sé come istituzione, ma la ristrettezza del ceto dirigente che prendeva decisioni per tutti → si orga- nizzarono nuovi raggruppamenti politici che univano cittadini non nobili, le societates → inizialmente sorsero ‘società rionali’ (o ‘società d’armi’), che radunavano tutti gli abitanti di una parrocchia o di una vicinia con cómpiti di autogoverno locale (ripartizione degli incarichi fiscali e opere di difesa) → si aggiunsero le ‘società di mestiere’ (‘corporazioni di Arti’) → erano complesse nella loro composizione mista artigianale e mercantile Le società avevano in principio uno scopo di protezione armata dei propri membri → col tempo si diedero una struttura comune, coordinata, che radunava tutte le Arti sotto un organismo unitario, detto ‘Popolo’, non indica la ‘popolazione’ → il ‘Popolo’ era una vera istituzione pubblica che si affiancava al comune come ente esterno e interno al tempo stesso → tra gli anni Venti e Trenta del Duecento, le società iniziarono ad avanzare richieste di natura politica: i) riservare ai membri delle società popolare una quota di posti in consiglio; ii) far pagare le tasse a tutti secondo le proprie ricchezze; iii) ridurre i privilegi dei nobili; iv) assicurare una pace in- terna delle città; v) creare alleanze commerciali → il sistema consolare si dimostrò incapace di superare le di- visioni interne e di soddisfare le richieste di apertura dall’esterno Si provò a sostituire ai consoli una magistratura di emergenza, che ten- tasse di riportare la pace in città → questo magistrato fu chiamato pode- stà, forse per il ricordo del rettore imposto da Federico I → il podestà comunale era un rettore unico, con durata annuale, investito dei mag- giori poteri di governo della città: i) politico, ii) giuridico; iii) economico; iv) militare → i primi incarichi furono affidati a podestà locali → si de- cise presto di chiamare come podestà delle persone esterne alla città, provenienti da altri comuni, sempre in carica un anno, e con uno stipen- dio adeguato a pagare i giudici e i notai al séguito → il podestà forestiero dava maggiori garanzie di imparzialità rispetto alle lotte interne, non creava poteri personali e toglieva alle forze politiche cittadine motivo di scontro → tra il 1190 e il 1220, tutte le città passarono dal regime conso- lare al podestariato, che divenne una vera professione, la prima di carat- tere squisitamente politico che il Medioevo ricordi → vennero prodotti manuali specifici, i libri de regimine → la legge era creata dagli stessi ci- ves, nei consigli, che sotto il regime podestarile assunsero un’importanza molto maggiore che nel periodo pre- cedente → per compensare il potere consegnato nelle mani del magistrato forestiero, si rafforzò il consiglio comunale, allargato a centinaia di cittadini, che divenne il cuore politico del comune → al suo interno si pren- devano le scelte principali per la vita politica ed economica delle città → i podestà proponevano gli argomenti da discutere, i membri del consiglio discutevano sulla sua proposta e all fine decidevano se approvarla o re- spingerla con una votazione a maggioranza → questa votazione (spesso segreta) suonava come rivoluzionaria alle orecchie del ceto nobiliare Il ceto artigianale emerse prepotentemente sul piano economico e su quello politico → le corporazioni, che raggruppavano lavoratori dello stesso ramo, contavano diverse migliaia di membri → iscriversi alle Arti era cruciale per due motivazioni: i) economica (le corporazioni controllavano il lavoro, stabilivano sia il prezzo delle merci sia quello dei salariati → per aprire un’attività bisognava essere iscritti all’arte); ii) di natura politica (il peso delle Arti nella vita pubblica era in continuo aumento) → i consoli delle Arti (ministrali) erano Parte quarta: Crisi e inquadramento delle società europee Capitolo I: Il papato, gli ordini mendicanti e la crisi della Chiesa (1215-1378) § i. La Chiesa del papa: apogeo e crisi del papato 1215, concilio lateranense IV → riassumeva un’intensa stagione di riforme e innovazioni istituzionali che, in primo luogo, riguardavano la gestione della Chiesa → sotto Innocenzo III fu approvata e regolamentata la pro- cedura inquisitoria contro i chierici → tutti i gradi della gerarchia ecclesiastica furono sottomessi al papa → venne inoltre stabilito l’obbligo di scrittura degli atti giudiziari, di modo tale che potesse ‘essere dimostrata la verità’ → si collegarono i sacramenti in un unico sistema di salvezza: i fedeli dovevano confessarsi almeno una volta l’anno e ricevere l’eucarestia a Pasqua → furono vietati gli sposalizî segreti → andare in chiesa era diven- tato un segno di adesione esplicita alla comunità di fedeli → chi si rifiutava di seguire le decisioni prese nel 1215, meritava l’esclusione → le posizioni eterodosse furono condannate con i) la scomunica; ii) l’espulsione del colpevole dalla comunità; iii) il sequestro dei beni; iv) il divieto per i figli di ereditare i beni di una persona scomunicata → una vera morte civile, in caso di recidiva aggravata con l’esecuzione → Innocenzo III, durante il concilio, limitò il potere dei presuli, che si erano occupati solamente di ratificare i documenti → riconosci- mento aperto del potere assunto dal pontefice di Roma nelle decisioni sull’assetto istituzionale della Chiesa Metà del secolo XIII: correnti di pensiero a favore della natura giuridica del pontefice → concezione assoluta di una potestà assoluta del papa → cambio di titolazione: sotto Innocenzo III, il papa divenne ‘vicario di Cri- sto’, non più ‘San Pietro’ → si arrivò a sostenere l’infallibilità del papa, corroborata da un passo del Vangelo, Luca, 22,32 Concrete pretese di governo del papa sulle istituzioni ecclesiastiche → furono rafforzate le competenze dei legàti pontifici → divennero dei rappresentanti plenipotenziari del papa, soprattutto per le questioni interne alla Chiesa → i legàti vennero definiti ‘altri papi’ (erano superiori ai vescovi locali) Nel corso del 1200, i pontefici cercarono controllare l’elezione dei vescovi → 1265, Clemente IV avanzò la pretesa che fosse il papa ad assegnare i beni delle chiese ‘vacanti’ → ma già prima i pontefici si riservarono il diritto di trasferire i vescovi da una sede all’altra → tensioni generate conflitti tra il papa e i vescovi durarono a lungo e diedero vita al conciliarismo, un orientamento politico che affermava la superiorità del concilio sul papa → giuristi dei secoli Decimoterzo e Decimoquarto si divisero: i) alcuni sostennero che il papa non po- teva decretare cose contrarie ai concili generali; ii) altri pensavano che le decisioni dei concilî valevano solo se approvate dall’autorità del pontefice → il diritto della Chiesa fu profondamente rinnovato nel Duecento → alla base del nuovo diritto furono poste le Decretali, le lettere papali scritte generalmente in risposta a que- stioni processuali specifiche poste da vescovi e abati → le decretali assunsero un valore generale e vennero rac- colte nelle Cinque compilazioni → redazione successiva in un codice unico voluto da Gregorio IX, composto nel 1234 a Peñafort da Raimondo, il Liber Extra → si ottennero una serie di regole che disciplinavano tutte le materie di diritto canonico in armonia con le decisioni prese dai diversi pontefici e dai consigli ecumenici Il Liber extra rimase il testo normativo di riferimento fino al Codice di diritto canonico del 1917 Accentramento dell’autorità papale → sforzo organizzativo nella curia romana, che cercò di articolare meglio le funzioni di governo del papato, che si muoveva ormai in uno spazio d’azione di àmbito europeo in due set- tori: i) finanziario (tramite l’afflusso delle decime da tutto il mondo cristiano); ii) giudiziario (un numero cre- scente di cause giungevano a Roma per essere risolte dal papa) → una folla di avvocati, procuratori e giuristi popolava così i palazzi del papa → Alessandro III formalizzò il diritto d’appello, che favorì la formazione di una giurisdizione piramidale → i cappellani vennero sostituiti dagli auditori delle cause → la curia romana di- venne la più importante sede giudiziaria dell’Occidente medievale, la sola di natura veramente internazionale che ricevesse richieste da tutte le diocesi europee → controllo gerarchia episcopale divenne più assiduo quando vennero perfezionati due strumenti di governo; i) i peccati riservati al papa; ii) potere del papa di con- cedere una dispensa dall’osservazione di alcune regole canoniche → venne istituito l’ufficio della Penitenziaria → Chiesa di Roma aveva raggiunto una centralità indiscussa nel mondo politico e religioso del Medioevo eu- ropeo § ii. Nuove forme di religiosità monastica: gli ordini mendicanti Nel contesto dei conflitti tra Chiesa ‘papalizzata’ e una massa di fedeli che chiedeva nuovi spazî di vita religiosa dentro presero forma due movimenti, chiamati ‘ordini mendicanti’: i) i predicatori di Domenico di Caleruega; ii) i minori di Francesco d’Assisi (1183-1226) → proponevano un modello di vita vicino alla povertà del Van- gelo, fondato su: i) la rinuncia ai beni; ii) il lavoro come sostentamento; iii) la carità; iv) la predicazione aperta a tutti nelle piazze → la rinuncia ai segni del potere tipici del monachesimo tradizionale (i mendicanti erano frati, non monaci) rese loro più credibili come pastori e come guide spirituali → svolsero un ruolo di media- zione non trascurabile → i mendicanti furono in grado di mantenere nell’ortodossia gran parte dei fedeli più critici verso le ricchezze della Chiesa istituzionale → divennero anche uno strumento di controllo sulle co- scienze e di repressione dell’eterodossia in tutte le sue forme → ai due ordini venne affidata l’Inquisizione contro l’eresia → l’Inquisizione era un tribunale speciale contro i crimini ideologico-politici che si sovrappose alla giustizia vescovile Origine dei frati predicatori (poi ‘domenicani’) legata alla lotta antiereticale, condotta intensamente nel Midi francese per volere di papa Innocenzo III → attraversando le terre ‘infestate’ dai Càtari, il canonico spagnolo Domenico di Caleruega, al séguito del vescovo di Osma, decise di prestare la sua opera missionaria per con- trastare l’eresia → Domenico si rese conto che la predicazione dei frati cistercensi era spesso inefficace → unì una predicazione esemplare (il predicatore doveva essere di esempio) a una preparazione dottrinale in grado di rispondere alle teorie degli eretici → i Càtari, infatti, conoscevano il Vangelo e imitavano lo stile di vita delle comunità apostoliche → Domenico decise di accettare il confronto con tutti, cercando di persuadere i fedeli che la povertà non era in contrasto con la Fede ed era possibile anche all’interno della Chiesa cattolica → il canonico organizzò un primo gruppo di seguaci e, nel 1237, si contavano già quattromila frati → 1216, Onorio III approvò l’ordine → 1221, furono re- datte le Costituzioni che definivano le forme di vita in comune → caratteristica principale fu la formazione culturale, necessaria per contrastare le teorie degli eretici → formazione scolastica e poi universitaria fu da sùbito un criterio necessa- rio per entrare nell’ordine → alcuni teologi inse- gnarono all’università, come Alberto Magno e Tommaso d’Aquino → lo studio era, in sostanza, parte inte- grante della vita conventuale L’origine dei minori è legata a Francesco d’Assisi (1182-1226), nato da un agiato mercante di Assisi, Pietro di Bernardone e lentamente convertito a una vita religiosa che presentava fin da subito grandi caratteri di origina- lità. Francesco → 1226, Testamento: pose come inizio della sua conversione l’incontro con i lebbrosi, voluto da Dio come prova per misurare la sua fede → bisognava iniziare dagli ultimi e scorgere in tutti una traccia della presenza di Cristo → tra il 1207 e il 1208, iniziò la predicazione itinerante con i primi fratelli → portò il suo messaggio nelle regioni dell’Italia centro-settentrionale → 1221, regola non bollata: i) i fratelli dovevano donare i beni ai poveri; ii) dovevano vestire semplicemente di una tunica di panno vecchio; iii) dovevano lavo- rare sempre per fuggire l’ozio; iv) non dovevano avere possessi né individuali né comuni; v) dovevano evitare in tutti modi il contatto con il denaro → Francesco obbligava i suoi frati a scoprire il valore spirituale e non monetizzabile delle persone e dei loro bisogni Non era una critica di sociale né un attacco alla Chiesa ricca di Roma → l’ordine dei minori era il tentativo di conciliare una visione spirituale della presenza nel mono dei cristiani con le necessità della vita quotidiana della sua comunità → la povertà per Francesco aveva due dimensioni: i) una esterna (la rinuncia totale alle cose materiali e al possesso); ii) una interna (la rinuncia alla propria interiorità per consentire a Dio di perva- dere l’animo umano → un patto che si rinnovava mediante l’eucarestia, sacramento fondamentale della spiritualità francescana) → Francesco predicava la penitenza e l’eucarestia come compimento naturale del per- corso di salvezza del fedele e obbligava i suoi frati al rispetto assoluto per i sacerdoti investiti della funzione di amministrare i sacramenti Conflitti interni ed esterni erano destinati a crescere con l’inclusione nell’ordine di sempre più persone → l’or- dine doveva essere inquadrato in un sistema di regole comuni → i confratelli faticavano a seguire una spiritua- lità alta → 1220, con un gesto che ancora gli storici faticano a capire, Francesco rinunciò a guidare la fraternità e chiese al papa un cardinale protettore che se ne prendesse cura → fu scelto Ugolino d’Ostia (futuro papa Gregorio IX), che divenne il cardinale di riferimento dei minori e scrisse, con Francesco, la seconda regola dell’ordine, approvata ufficialmente da papa Onorio III nel 1223 → Francesco fu beatificato nel 1228 da papa Gregorio IX → nel 1230, Gregorio IX emanò una bolla che limitava l’osservanza stretta dei precetti evangelici contenuti nelle lettere di Francesco 1254 venne assegnato ai minori e ai predicatori l’ufficio di inquisitori contro l’eresia → nel 1260 il maestro generale Bonaventura da Bagnoregio riformò le costituzioni dell’ordine dei minori e riscrisse una nuova storia di Francesco, La legenda maior (approvata ufficialmente nel 1263 dal capitolo generale) → nei decenni suc- cessivi, l’ordine tornò a dividersi su innumerevoli temi: i) la natura del messaggio francescano, che non andava interpretato, ma vissuto in prima persona; ii) l’adesione a un modello radicalmente evangelico di povertà; iii) sulle forme organizzative dell’ordine § iii. I mendicanti e l’inquadramento dei fedeli I minori e i predicatori ebbero un forte sviluppo religioso-culturale → entrarono anche nell’università → gli ordini ricevettero il privilegio di predicare e di confessare, celebrare messa e accogliere i morti → aperta con- correnza con il clero ordinario, che si vide presto minacciato nel monopolio della cura delle anime → alcuni elementi (la predicazione in volgare, l’esemplificazione dei problemi teologici, la capacità di tenere viva l’atten- zione) permisero ai frati di trasmettere modelli positivi, correggendo e integrando i valori correnti nelle città urbane → i predicatori attaccavano la ricerca di una fama terrena e ritenevano la superbia la radice di ogni male → si proponevano comportamenti umili e uso della penitenza → c’era la volontà di legare la pacifica- zione sociale all’obbedienza alla Chiesa → la serena accettazione del proprio ruolo nella gerarchia sociale si univa alla sottomissione consapevole delle proprie azioni al giudizio degli uomini della Chiesa → la predica- zione doveva spingere alla confessione e all’ammissione della propria debolezza → predicazione e confessione erano unite in un’opera di inquadramento pastorale dei fedeli → si predicava per spingere alla confessione e ci si confessava per ricevere l’eucarestia → la penitenza era un passaggio necessario per la salvezza → furono redatti soprattutto da esponenti degli ordini mendicanti dei manuali per la confessione → vennero classificati i peccati secondo i casi, in base alla professione, allo status sociale delle persone, alla loro età, alla disposizione a peccare → ogni categoria sociale aveva i sui peccati e ogni persona poteva peccare in maniera diversa se- condo le circostanze → la valutazione del proprio comportamento richiedeva un’analisi attenta delle azioni compiute → la confessione diventava un piccolo processo, dove il sacerdote-giudice giudicava la coscienza del fedele in un foro penitenziale → nel corso del secolo Decimoquarto, la confessione si diffuse come pratica di un buon fedele e cittadino I laici, però, premevano per un ampliamento delle forme di partecipazione alla vita religiosa → anche in rela- zione al tentativo della riforma gregoriana di limitarne la presenza nelle materie ecclesiastiche → papa Inno- cenzo III prospettò una possibilità di vita religiosa per i laici → una vita limitata a un impegno di condurre una vita simile a quella monastica → molte associazioni laicali, come gli Umiliati, i poveri Valdesi e i poveri Lom- bardi, vennero recuperate e approvate → ci furono, inoltre, numerose associazioni laiche di penitenti che im- ponevano ai loro membri uno stile di vita moderato → la Chiesa le approvò con convinzione, sforzandosi di fornire un inquadramento istituzionale efficace attraverso la formula della ‘confraternita’ → le confraternite dovevano essere approvate dalla Chiesa, avere uno statuto che ne regolasse la vita interna, le preghiere, i di- giuni, i rapporti tra confratelli e l’obbedienza verso il clero diocesano → lo sviluppo fu tuttavia vario e impe- tuoso → i movimenti laicali furono ricondotti sotto l’ala protettiva degli ordini mendicanti, in particolare dei minori → 1289, papa Nicolo IV istituì un nuovo ordine religioso laicale, il terz’ordine francescano → stabilì che i penitenti dovevano essere assimilati ai francescani, perché fondati da Francesco → tutti gli ordini ricomposti nel giro di pochi anni, pretese dinastiche e assetti territoriali legati alla casualità degli eventi → emerge comunque l’estrema flessibilità della forma monarchica, capace di assorbire le pressioni più violente senza spezzarsi del tutto → le monarchie europee usarono tutti gli strumenti a loro disposizione per far fronte alle tensioni politiche e istituzionali che le minacciavano → regni di Francia e Inghilterra mostrarono la loro capacità istituzionale di costruire un apparato pubblico egemonico nei loro territori § i. a La Francia bassomedievale La Francia bassomedievale partiva avvantaggiata nella costruzione di un regno ‘nazionale’ → poteva giovarsi dell’eredità di due grandi sovrani: Luigi IX (1226-1270), che rimase nella memoria collettiva come un buon re, e Filippo IV il Bello (1285-1315), che ebbe molte opposizioni anche a causa dei fal- limenti delle sue sperimentazioni economiche → sotto di loro, la monarchia riprese a legiferare uffi- cialmente, emanando numerose ordinanze, anche contro gli abusi degli ufficiali regi, a dimostrazione che il re si poneva al di sopra del suo stesso apparato amministrativo, come protettore dei sudditi I limiti delle pretese regie furono però evidenti sotto il successore di Filippo IV il Bello, Luigi X → 1315, i baroni lo costrinsero a concedere un’ampia autonomia ai paesi ribelli → le Carte di libertà pre- sentate dai vari principati regionali misero sotto accusa le funzioni pubbliche basilari della monarchia: i) il controllo della giustizia; ii) la fiscalità → la tenuta del regno era a rischio → 1328, si esaurì la dina- stia capetingia e la corona passò al lignaggio dei Valois (cambiamento di casata assai contrastato) → si riaccese il contenzioso con l’Inghilterra → l’Inghilterra avanzava pretese dinastiche sul trono francese in virtù della parentela di Edoardo III con i Capetingi → scoppiò la Guerra dei Cento anni, che mise in luce le debolezze del si- stema politico francese: i) un esercito lento e pesante; ii) una scarsa capacità di mobilitazione della popolazione; iii) un sistema fiscale largamente imperfetto; iv) una fortissima frammentazione territoriale → già dal XII le regioni atlantiche erano inglesi, parte della Borgogna si rivoltò, le regioni del Sud vennero riassorbite dalla Spagna → nei primi anni del Quattrocento, il regno francese si riscoprì piccolissimo e accerchiato → la prima fase di guerra mostrò la vulnerabilità dell’esercito francese → subì numerose sconfitte dagli inglesi: 1346 a Crécy; 1356 a Poitiers, dove il re fu preso prigioniero; 1415, ad Azincourt, dove l’esercito francese venne annientato La seconda fase della guerra vide prevalere gli aspetti politici → a minacciare il regno c’era anche una spaccatura interna, di dimensione nazionale, all’aristocrazia fran- cese → 1392 scoppiò una guerra civile, quando si era aperto un conflitto tra due membri della corte, che avevano tentato di influenzare Carlo VI il Folle, un re debole e impazzito: il duca di Borgogna Gio- vanni senza Paura e il fratello del re, Luigi duca d’Orleans → lo scontro scoppiò quando Luigi impose una nuova tassa, sùbito respinta dagli altri prìncipi → presero forma due partiti: gli Armagnacchi, fedeli a Luigi d’Orléans, e i Borgognoni, fedeli al duca di Borgogna → i Borgognoni riuscirono a prendere il controllo di Parigi e della Francia settentrionale → resistenza alla politica fiscale degli Orléans fu il fil rouge della guerra civile → 1418, quando i Borgognoni conquistarono per la seconda volta Parigi, abolirono le tasse nella città → gli orleanisti abbandonarono Parigi e le regioni centrali, così che per anni non si seppe chi fosse veramente il re di Francia → i sostenitori di Luigi d’Orléans approvavano un apparato pubblico centralizzato e potente, mentre il partito dei Borgognoni erano favorevoli a un assetto amministrativo-politico più decentrato, basato su una relativa autonomia dei territori 1420, Trattato di Troyes → il re d’Inghilterra Enrico V sposò Caterina, figlia di Carlo VI il Folle → Carlo il Folle aveva esautorato l’erede legittimo Carlo ed eletto come suo ‘figlio’ e successore il re in- glese, investito già ‘della facoltà di governare ed esercitare la cosa pubblica’ → minaccia di avere un re straniero fu sfruttata dagli orleanisti, che sostenevano il figlio di Carlo VI, Carlo VII → due partiti e due re: i Borgognoni, alleati di Enrico VI (inglese); gli Armagnacchi a sostegno di Carlo VII 1428-1431: parabola di Giovanna d’Arco → donna condottiera, ispirata dalle voci divine, che le indica- rono come vero re francese Carlo VII → vinse nella riscossa vittoriosa contro i Borgognoni e gli Inglesi → autorizzata dal re a portare le armi, Giovanna d’Arco fu protagonista di molti vittoriosi scontri ar- mati: 1429, difesa di Orléans → la sua figura fu messa al servizio della propaganda regia → nel 1431, i Borgognoni l’accusarono di stregoneria e venne condannata dal vescovo di Rouen → nel 1456, venne riabilitata dal legato pontificio → nell’ultimo ventennio, la guerra contro gli Inglesi si rivolse a favore della Francia → una serie di campagne vittoriose, tra il 1449 e il 1453, permisero a Carlo VII di ricon- quistare alcuni territori in mano inglese, anche se la guerra si spense soprattutto per delle divisioni che investirono l’Inghilterra, simili alle vicende francesi Le vicende di Luigi XI, poi, mostrarono le contraddizioni dello Stato monarchico francese alla fine del Quattrocento → Luigi (dopo essere stato esiliato nel Delfinato), divenuto re, cercò in vari modi di riaf- fermare la sovranità francese su tutti i principati → gli si contrappose un fronte composito, da suo fra- tello Carlo, dal duca di Borgogna, dai signori di Armagnac, Alençon e Bourbon → Luigi mise in atto una spietata repressione giudiziaria, dopo averli accusati di lesa maestà: trattandoli come sudditi infe- deli e non come vassalli, il re cercava di trasformare la natura dei rapporti con la nobiltà regionale → su questo strato mobilissimo di eventi politici, emergeva lentamente la costruzione istituzionale di un regno ormai radicato nelle sue funzioni di base: i) le ordinanze regie sulla fiscalità; ii) la moneta; iii) la Chiesa; iv) la giustizia; v) l’esercito; vi) gli ufficiali pubblici; vii) il crescente monopolio esercitato dal re sulle nobilitazioni portarono verso un rafforzamento dello Stato → nel 1461 il Delfinato si attaccò alla Francia, così come l’Angiò nel 1480, parte del ducato di Borgogna, nel 1486 la Provenza e, nel 1498, la Bretagna § i. b L’Inghilterra bassomedievale L’Inghilterra del Trecento presentava segni dell’instabilità: i) era un regno incapace di finanziarsi, im- poverito e in mano al volere dei grandi; ii) i baroni avevano un ruolo spropositato, ch per decenni at- taccarono i detentori della Corona in una competizione priva di regole e apertissima; il Parlamento (as- semblea di nobili, ecclesiastici e rappresentanti dei comuni) era molto forte nell’imporre un controllo stretto intorno al re XIV secolo, la Corona fu segnata da una rapida successione di re deposti, dimessi o uccisi → 1327, Edoardo II venne deposto, imprigionato e ucciso; Edoardo III fu impegnato in una lunga lotta contro la Francia; 1399, Riccardo II fu costretto ad abdicare → nonostante i successi del Trattato di Troyes, il vuoto di potere continuò anche nel Quattrocento → tra il 1420 e il 1440, il regno venne dato a un reg- gente in vece dell’infante Enrico VI → due forze aspiravano a trovare un ordine e si sovrapponevano: il Parlamento e i Grandi, la nobiltà militare dei pari Il Parlamento inglese assunse nel Trecento un vero ruolo di controllo e di indirizzo della politica regia → 1310, cercò di porre un rimedio alle deficienze finanziare del regno → 1318, propose di istituire un consiglio permanente di baroni; 1340, scese a compromessi con il re per la tassazione della lana; 1351, cercò di porre rimedio all’aumento dei salari dopo la pe- ste nera; 1353, si oppose alla giurisdizione dei tribunali eccle- siastici → fu un periodo glorioso della storia parlamentare in- glese, ma non risolse il problema della stabilità, perché i ba- roni, che pure usavano il parlamento per porre un freno al re, non esaurivano la loro azione in quella sede → l’assenza dei re, la guerra in Francia, la competizione per il trono favorirono un frazionamento del regno inglese in ducati semi-indipendenti → nel 1453, questa ostilità fazionaria si polarizzò intorno al conflitto tra la casa di Lancaster e quella di York → la Guerra delle Due Rose vide la morte violenta di due re e degli eredi di Edoardo IV, per mano di Riccardo III → 1485, terminò con l’ascesa dei Tudor Sul piano territoriale, le guerre con la Scozia avevano segato la prima metà del Trecento senza risolvere la questione → i re scozzesi riuscirono a tenere il loro regno separato → il dominio sul Galles era in- certo e indebolito da continue ribellioni interne → nel 1453, l’Inghilterra perdé i suoi territori in Fran- cia → in n Inghilterra, il prolungato stato di guerra aveva messo a dura prova il sistema istituzionale monarchico →l’idea di monarchia doveva staccarsi dal re in carne e ossa, per trasferire alla Corona la nozione astratta di un’istituzione monarchica § i. c Le monarchie spagnole bassomedievali Monarchie spagnole: peso delle lotte interne per la Corona determinò una serie di cambiamenti a ca- tena delle dinastie e di scontri fra pretendenti In Castiglia, la successione dinastica fu sempre un problema → venne contestata quella del re duecen- tesco Alfonso X, come quella di Alfonso XI → le vicende dei regni spagnoli rimasero molto legate l’una con l’altra, a partire proprio dal fitto tessuto di relazioni parentali tra i diversi re → 1412, un espo- nente del ramo cadetto dei Trastamára divenne re ad Aragona sotto il nome di Ferdinando I d’Ara- gona → il figlio, Alfonso V d’Aragona il Magnanimo acquisì Napoli nel 1442, dopo essersi assicurato la Sardegna → la galassia catalano-aragonese abbracciava tutta l’Italia meridionale e insulare e control- lava l’intero bacino del Mediterraneo occidentale La struttura interna dei singoli regni era diversificata, poco aperta a un’unificazione politica → in tutti i regni, i re dovettero confrontarsi con le Cortes, assemblee rappresentative, ma la composizione e il ruolo delle Cortes variava molto da caso a caso → in Castiglia, le Cortes erano formate quasi esclusiva- mente dai rappresentati delle città, i letrados → in Catalogna e in Aragona, i tre ordini del regno (Chiesa, nobili, città) ebbero amplissimi poteri sulle finanze e sulla legislazione → i re di Aragona e Na- varra dovevano chiedere consiglio e consenso alle Cortes per ogni cosa → quasi ovunque le Cortes crearono le Deputazioni, istituzioni permanenti: 1359 in Catalo- gna, 1412 in Aragona, 1419 a Valenza → le Deputazioni ammini- stravano direttamente alcune funzioni politiche, stipendiavano una milizia e riscuotevano in proprio una tassa del 10% sul valore delle produzioni tessili 1469, Isabella di Castiglia sposò l’erede al trono Ferdinando d’Ara- gona, che divenne, insieme alla moglie, re di Castiglia e Aragona → si trattava di un’unione solo personale delle due corone, ma de facto, l’unificazione di tutta la Spagna a guida castigliana si com- pletò nel corso del loro regno, dopo la caduta di Granada del 1492, ultima enclave musulmana, e l’assorbimento del regno di Navarra nel 1512 § ii. L’Impero e i regni dell’est: crisi e flessibilità della forma monarchica § ii. a L’Impero e la Germania XIII-XV secolo → l’Impero perse uno dei suoi pezzi fondamentali: l’unione dei regni d’Italia, di Bor- gogna e di Germania → la Borgogna era da tempo divisa fra il ducato e la contea, mentre l’Italia era formalmente sotto l’Impero, anche se Enrico VII di Lussemburgo fu l’ultimo imperatore a tentare una riconciliazione → gli imperatori successivi della dinastia di Lussemburgo e poi di Boemia si concentra- rono sulla Germania e sui regni dell’est → trovarono un assetto stabile solo alla fine del secolo Deci- moquinto sotto gli Asburgo, detentori del titolo imperiale fino al 1805 → è difficile capire quanto con- tasse la nozione di Impero nei territori tedeschi del Basso Medioevo → sul piano politico-territoriale, incise assai poco → i prìncipi tedeschi (ridotti a sette) avevano un potere elettivo, che permetteva loro di intervenire direttamente nelle vicende politiche di corte → 1356, Carlo IV concesse loro la Bolla d’oro, che diede loro la piena autonomia giurisdizionale nei propri territori e un potere di controllo sull’attività imperiale → il Collegio degli elettori era convinto di essere un’entità superiore al re-impera- tore → insignito del potere di eleggere, si impadronì anche del diritto di deporre il regnante in caso di necessità, come avvenne nel 1400, dieta di Francoforte, con Venceslao di Lussemburgo → anche i periodi intermittenti, alcuni comuni emiliani (Reggio, Modena, Bologna) → esperienza viscontea e quella estense rappresentarono un momento centrale del riassetto politico dell’Italia signorile → forte rottura con il modello di città comunale che aveva reso instabili e ingovernabili la maggior parte delle città padane → i Vi- sconti si presentavano come restauratori dell’ordine → 1331, statuto di Bergamo: il signore si presentava da un limbo quasi divino, come colui che ‘sospende le guerre, assicura la tranquillità della pace, mette da parte le parzialità e le ineguaglianze, seguendo solo la giustizia e l’equità’ → il fine della politica non era più il ‘bene comune’, bensì l’esaltazione e ‘buono stato’ dei signori, che avevano il totale arbitrio di governare, giudicare e legiferare I signori non erano ‘piccoli re’ → le loro pretese erano poco fondate, i loro atti di potere spesso fuori dai si- stemi riconosciuti di derivazione del potere → un aiuto in tal senso dalla cultura giuridica non arrivò mai in forma piena → il maggior giurista trecentesco, Bartolo da Sassoferrato, sosteneva che il conferimento della podestà legislativa dal ‘popolo’ al signore era valido solo quando la scelta dei consigli era libera e non costretta dalla forza → la maggior parte delle dedizioni di città al signore, invece, votate dalle assemblee dei cittadini, era condizionata dalla presenza di armati La costruzione dello Stato regionale, sul piano politico, proce- dette per piani, in maniera discontinua → tratto comune: acqui- sizione per blocchi di città e territorî, che patteggiavano col si- gnore modi e forme d’entrata nel dominio → il ducato sabaudo fu quello che più di tutti conservò la struttura originaria dei terri- torî; 1418, fu possibile unire formalmente il principato d’Acaia → la formazione dello Stato della Chiesa fu ancóra più incerta: le pretese del papato su vasti territorî umbri, marchigiani e ro- magnoli rimasero a lungo disconosciute dai signori e dalle città interessate; le ribellioni furono costanti; la secessione avigno- nese ebbe un peso notevole nel frenare l’unificazione e si for- marono numerose signorie autonome → la formazione del du- cato veneto fu più compatta, poiché lo Stato veneto rispettò la struttura comunale delle città e unì le oligarchie urbane in un si- stema di governo condiviso → lo Stato fiorentino fu improntato a una severa ridefinizione dei contadi, staccati dalla città madre e affidati a governatori provenienti da Firenze L’ampliamento del dominio con la messa in opera di un sistema di uffici locali richiese una ristrutturazione delle corti centrali → la costruzione di una burocrazia centrale faceva progressi → nascevano nuovi organismi di continuo → molti signori puntarono molto sulla promozione culturale necessaria ad avere una classe diri- gente competente, sostenendo o fondando università di prestigio (Visconti con Pavia, Savoia con Torino) → la presenza di un personale tecnico di estrazione ‘borghese’ fornì il sostegno a nuove pratiche di governo impo- state su criteri statuali → la chiave di volta negli Stati signorili o principeschi (Visconti-Sforza, Este, Stato della Chiesa) rimase la capacità del signore di assicurare un rapporto diretto tra il centro e le singole comunità rurali e urbane nel dominio → il grado di autonomia delle comunità rimase elevato quasi ovunque in Lombardia, Veneto, nel ducato sabaudo e nello Stato della Chiesa → il governo centrale si assicurava il controllo sulle de- cisioni politiche attraverso l’invio o la scelta di magistrati esterni da affiancare ai collegi cittadini o ai consigli comunali rimasti in vita Un conflitto di vaste proporzioni ci fu, ma riguardava la città e il suo territorio → lo scontro assunse diverse forme, dalle lamentele, alle richieste di esenzioni → molte comunità lombarde richiesero agli Sforza di essere riconosciute come comunità separate → il localismo dimostrava quanto provvisoria e imperfetta fosse la sotto- missione del contato attuata in età comunale e quanto radicati fossero i diritti particolari, sia delle comunità sia dei signori → le infeudazioni dei prìncipi avevano la duplice funzione di riconoscere i poteri signorili e di far riconoscere la supremazia principesca a loro → il sistema feudale e il nuovo senso del vassallaggio, inteso come soggezione politica e non come fedeltà militare, riuscirono a stabilizzare le signorie locali Gli Stati signorili si rivelarono un sistema efficiente, in grado di comprendere tutte le realtà dello Stato, con le quali impostavano relazioni diverse → a fare difetto, tuttavia, era proprio lo Stato centrale, il nucleo istituzionale di riferimento, che doveva coordinare questo insieme variegato di rapporti → non era solo una questione di legittimità, ma anche di continuità del potere e di governo → alla morte del principe si scatena- vano competizioni per impossessarsi del titolo, o di parti del principato, che spesso veniva smembrato La Sicilia e il Regno di Napoli non ebbero problematiche differenti → 1282, la Sicilia passò al re d’Aragona, dopo una rivolta dei Vespri siciliani contro gli angioini → il governo aragonese in Sicilia iniziò una politica va- lorizzazione delle realtà locali, baroni e città, investendoli di privilegi e di esenzioni → divennero i protagonisti della vita politica dell’isola, indebolendo la forza regia → una fase di instabilità dinastico-politica portò a un governo condiviso di quattro vicari che si spartirono l’isola → periodo vicariale (1377-1392), assai poco docu- mentato, favorì la nascita di centri di potere autonomo che non riconoscevano il re Una crisi simile fu attraversata dal regno di Napoli, quando la successione fu contesa da due rami della fami- glia: i) Angiò di Provenza; ii) Angiò-Durazzo, re d’Ungheria → nacquero decenni di guerra → la guerra si spo- stò con il re d’Aragona, Alfonso il Magnanimo, che, nel 1442, sconfisse gli Angioini e unì il regno di Napoli ai dominî della corona d’Aragona → 1443, Alfonso d’Aragona, concedette ai feudatari l’alta giustizia civile e pe- nale → i baroni del regno rafforzarono i loro diritti feudali e riuscirono a costruire veri Stati regionali → prin- cipato tarantino di Orsini, esempio della dimensione ambigua dei rapporti tra feudalità e regno → le ampie autonomie giurisdizionali riconosciute ai baroni convivevano con una presenza forte del regno in tutti gli affari politici ed economici della regione → i baroni e le città destinatarie di privilegi non erano considerati però forze esterne allo Stato, ma elementi di un’amministrazione condivisa della vita politica del regno → per il re, tutte le concessioni erano revocabili → la compartecipazione all’amministrazione dello Stato era il punto di forza della monarchia aragonese → amministrare la giustizia (per i baroni) e riscuotere le tasse (per le élite ur- bane) erano azioni politiche che riaffermavano la derivazione pubblica dei loro poteri Stati repubblicani furono attraversati da lunghe fasi di instabilità, dovute alle incertezze dei sistemi istituzionali → a Firenze, l’oligarchia finanziaria, che controllava le Arti maggiori, iniziò a modificare l’assetto istituzionale della repubblica: → secolo XV si affermò una cultura politica che privilegiava la stabilità dello Stato rispetto alla legalità repubblicana → l’élite rivendicava l’autonomia della politica dal diritto e fece di tutto per affermare una forma di governo oligarchica → istituì un sistema di acquisto del debito pubblico che permise enormi af- flussi di denaro, che andavano a finanziare lo Stato Il sistema del debito pubblico finanziato dai cittadini era in uso a Genova e Venezia, centri di uno sviluppo economico eccezionale su scala mediterranea → Genova e Venezia avevano costruito vasti dominî coloniali a carattere commerciale, dalle coste africane alle isole dell’Egeo → Venezia aveva anche sottomesso una fascia costiera della Dalmazia → l’oligarchia finanziaria di queste città aveva un rilievo enormemente superiore, e i giri di affari erano di scala ben diversa rispetto agli altri comuni → i sistemi istituzionali riconobbero la neces- sità di stabilizzare il governo con un capo supremo eletto a vita, il doge (< dux), contornato da una serie di con- sigli ristretti e larghi, che bilanciassero i poteri all’interno dell’aristocrazia urbana → il modello veneziano rag- giunse quasi la perfezione nell’attenzione agli equilibri di potere tra le diverse componenti dell’élite urbana → nessuna istituzione aveva il pieno controllo della vita pubblica della città → i contrappesi e i controlli incrociati fra un ufficio e l’altro permisero a tutta l’aristocrazia di partecipare alla vita politica senza arrivare a minacciare la stabilità dello Stato con guerre civili → si trattava comunque di una ‘società politica’ bloccata: 1927, in avanti, una serie di norme del Maggior Consiglio individuò le famiglie che potevano partecipare al governo I governi intercittadini fondati sull’unione personale e sulla dedizione di città a un signore non portarono a una maggiore stabilità degli assetti politici italiani → si accesero spesso violente competizioni → lo stato di quiete raggiunto con la pace di Lodi del 1454 tra Milano e Venezia non riusciva a nascondere che le vicende italiane fossero ormai un problema europeo e che solo in un contesto europeo potevano trovare soluzione → le ‘invasioni straniere’ di fine Quattrocento — i re francesi Carlo VIII nel 1494 e Luigi XII nel 1499 — e l’inglo- bamento del ducato sforzesco nel regno di Francia e poi in quello di Spagna segnarono una rottura nella tradi- zione degli Stati principeschi italiani → la regionale resistette fino alla fine dell’antico regime, ma dal punto di vista politico le signorie italiane contarono sempre meno § iv. Conclusioni La configurazione territoriale dei regni fu condizionata pesantemente dall’intreccio fittissimo di reti parentali e di scelte matrimoniali interne alle aristocrazie europee → un sistema di potere che la nascita degli Stati monarchici non riuscì a soppiantare → tutti i regni dovettero affrontare le re- sistenze delle istituzioni assembleari rappresentative, che si ponevano come potere esterno alla monarchia, anche se non sempre in conflitto con essa Rapporto con queste assemblee fu decisivo per i re → in al- cuni casi, i re dovettero far fronte alla supremazia di fatto di questi corpi intermedi, concedendo loro poteri anche am- plissimi → in altri casi, la contrattazione fu più serrata e diede modo al re di usare le assemblee per entrare in con- tatto con le forze sociali più rappresentativa delle regioni → i regni, verso la metà del XV secolo, trovarono una forma istituzionale più stabile, che si poteva riformare o mo- dificare, ma non contestare apertamente La monarchia resse all’urto di potenti forze contrarie intenzionate a deformarla, perché riuscì a radicarsi come istituzione territoriale, creando una base sociale ampia, che aveva interesse a mantenere un livello centrale di coordinamento superiore dei territori regionali Capitolo III: Società politiche del Basso Medioevo. Un processo di integrazione conflittuale § i. Immagini e ideologie del re XIV-XV secolo, l’ideologia monarchica si sviluppò pienamente sia sul piano rituale della rappresentazione, dall’incoronazione all’immagine simbolica del re-padre, sia su quello giuridico-istituzionale, con l’elaborazione di una solida base dottrinale a fondamento delle pretese politiche del re → ingresso dei giuristi e dei teologi negli organi consiliari, di cui si circondarono i re, segnò per la cultura di corte un netto stacco rispetto al pas- sato: manuali, trattati, scritti propagandistici e storie ufficiali crearono nuove immagini del sovrano, come vo- luto da Dio per guidare la società → si sovrapposero immagini diverse e contraddittorie Ingresso dei giuristi nelle corti europee risale almeno alla metà del Duecento → l’affermazione delle università consentì al diritto di trasformarsi in una vera e propria scienza → i giuristi di cui si avvalsero i sovrani bassome- dievali erano in genere dei ‘pratici’, persone laureate in università che avevano fatto carriera nell’amministra- zione regia → secondo la tradizione giuridica romana, il potere regio poteva avere due forme: i) ordinato e ordinario (per amministrare il regno); ii) assoluto (< absolutus) dal rispetto delle leggi → sul potere di deroga si basava la preminenza politica del re → stabilito che il re potesse fare a meno di rispettare le leggi, si cercò di porre dei limiti: il re doveva avere una causa necessaria per non rispettare la legge → alcuni sostennero che la causa potesse essere implicita, non dichiarate → Henry Bracton, Le leggi e le consuetudini dell’Inghilterra: secondo il giurista inglese, il re era sottoposto alla legge, perché ‘è la legge che fa il re, […] non c’è il re, dove domina la volontà della legge’ → John Fortescue definì l’Inghilterra un regno ‘regale e politico’, in cui il re si conformava alla legge Si complicò, comunque, la figura del regno → la debolezza delle successioni e la fragilità dei rei favorirono la nascita di un concetto più astratto di regno, che potesse rappresentare il regno senza il re → concetto di Co- rona, astrazione personificata → il re iniziò a essere considerato come un amministratore di un patrimonio non sui → la Guerra dei Cento anni e il pericolo di avere re stranieri misero in luce una nozione più com- plessa di regno, inteso come comunità di persone che appartenevano, per nascita, allo stesso Paese → la natio comune era un legame naturale → l’aggettivo ‘naturale’ si diffuse, perché giustifica una catena di metafore re- gie importantissime: naturale era il dominio che il signore esercitava sulla sua terra e che trasmetteva in eredità, come era naturale l’esercizio del dominio sulla terra dove era nato e dove risiedevano i sudditi nati in quel luogo → ‘naturale’ indicava un’obbligazione necessaria e spontanea verso il proprio Paese e verso il proprio signore Le correnti filomonarchiche insistevano sul carattere religioso della missione dei re → se il potere dei re era di origine divina, i re persone sacre, predilette dal Signore → in Francia il re fu chiamato ‘cristianissimo’, in onore della sua funzione di difesa della fede e della Chiesa → i sostenitori della monarchia vedevano il re non unico, un organismo unitario, un corpo vivente → armonia e unità del corpo richiedevano che tutte le compo- nenti facessero solo quello che spettava loro senza deviare dai propri compiti: una pluralità di forze, disposte in ordine gerarchico, che non potevano cambiare né posto né ruolo nel funzionamento della macchina sociale Capitolo IV: Gerarchie sociali alla fine del Medioevo § i. Crisi e ristrutturazione dei rapporti sociali nelle campagne Il Basso medioevo si aprì con una fase di crisi acuta dei processi produttivi ed economici delle società europee → una serie di carestie molto ravvicinate indebolì le popolazioni urbane e rurali tra il 1315 e il 1322 → si ag- giunsero le guerre violentissime e lunghe, la pressione fiscale e il calo del prezzo del grano → su queste società indebolite da una crisi pluridecennale si abbatté l’epidemia di peste del 1348, seguita da numerose riprese del contagio nei decessi successivi → la peste del 1348 colpì duramente le città e le campagne europee → arrivò probabilmente attraverso navi provenienti da porti orientali e si diffuse rapidamente in tutta Europa → i dato sulla mortalità sono incerti, perché le cronache del tempo ingigantivano spesso gli effetti del morbo riportando cifre altissime → l’alta mortalità venne considerata espressione della collera divina, che puniva l’umanità per i suoi peccati → le fonti demografiche e contabili mostrano ampi vuoti nelle popolazioni urbane, diminuite del 40-50% rispetto ai livelli degli anni precedenti alla peste → molti abitanti erano scappati dalla città, altri erano rimasti orfani (quindi non registrati negli estimi) e altri ancóra, nonostante fossero rientrati, non figuravano nelle fonti fiscali → il calo della popolazione era sensibile → nelle campagne, la situazione era complicata da un meccanismo di impoverimento della popolazione causato dai rigidi dispositivi della fiscalità pubblica, ur- bana o signorile → le tasse da imporre ai villaggi erano calcolate in base a un numero fisso di abitanti, che non calcolava i morti e gli abbandoni a causa della pestilenza → gli abitanti rimasti dovevano pagare per un nu- mero irreale di persone, facendosi carico di quote straordinarie e arrivando al definitivo abbandono di nume- rosi centri rurali La peste aggravò gli effetti della crisi nelle campagne colpendo una popolazione in crescita, ma sottoposta a tensioni fortissime, anche in ragione di una trasformazione profonda dei rapporti di lavoro e dei modi di in- quadramento della popolazione rurale → nei secoli centrali del Medioevo, i rapporti agrari in Europa erano dominati principalmente da due tipologie contrattuali: i) il livello; ii) l’enfiteusi, che duravano dai dieci ai venti- nove anni → i contadini dovevano pagare un canone in natura, o in denaro, e una serie di prestazioni se- condo l’uso in vigore nei singoli luoghi → il contadino che usava la terra direttamente acquisiva una certa di- sponibilità della terra, anche se non era il proprietario → poteva decidere le colture, subaffittare la terra o ven- derla → secondo un’ottica molto materialista, le cose erano di chi le usava → era una libertà d’azione che si tradusse per molti contadini in una forma di ascesa sociale → XIII secolo: un processo assai diffuso e di di- mensioni macroscopiche modificò radicalmente la struttura della rendita fondiaria in molte realtà bassomedie- vali: il passaggio dal canone in denaro al canone in natura → il quasi-monopolio dell’affito a lungo termine si frantumò e iniziarono a fiorire i contratti di affitto sperimentali, in forme ibride, con rapporti diversi da quelli consuetudinari → scontro tra abitudini inveterate dei contadini e nuove esigenze dei proprietari si rifletté nei formulari contrattuali → novità più eclatante era la brevità dei termini di concessione → la riduzione dei ter- mini metteva sotto più stretto controllo la disponibilità della terra, favorendo una maggiore mobilità delle per- sone, ma anche una maggiore precarietà dei rapporti di lavoro → l’aumento delle clausole di miglioria, che i contadini dovevano apportare al fondo concesso, rappresentò un secondo campo di novità: impianto di nuove colture specializzate, realizzazione di fossati e irrigazione dei terreni, arature ripetute più volte all’anno, conci- mazione dei suoli In Italia le novità più importanti si ebbero nelle zone a forte concentrazione di proprietà cittadina → si tro- vano le prime formulazioni del contratto di mezzadria, un affitto a breve termine con la condivisione a metà dei prodotti tra il proprietario e il contadino → la mezzadria finì per disegnare un nuovo sistema di rapporti sociali: condizionava la dimensione delle famiglie, l’insediamento, e rifletteva una cultura diversa dello sfrutta- mento dei poderi e della manodopera da parte dei proprietari → con l’affermarsi del sistema dei poderi, fondi di un unico proprietario affidati a un conduttore coadiuvato dalla sua famiglia, la mezzadria si avviò ad acqui- sire i caratteri stabili, che conservò poi per tutta l’Età moderna e buona parte di quella contemporanea → in molte regioni europee cambiò profondamente il modo di produzione e di sfruttamento delle aree agricole → nei Paesi dell’Europa occidentale si nota una progressiva scomparsa del servaggio → in realtà tra Tre e Quat- trocento ci fu un processo di generale abbandono della conduzione diretta della terra, troppo onerosa per i padroni, a favore dei contratti di affitto parziari, che prevedevano una spartizione dei prodotti → in Francia si diffusero i fermages/ métayages → in Inghilterra si diffusero le lease, unità di produzione date in affitto a breve durata coordinate da un firmarius → i processi di ristrutturazione delle scelte produttive e dei rapporti di la- voro crearono anche fenomeni intensi di mobilità contadina → le nuove colture specializzate attrassero una forza lavoro crescente, specie nelle zone a più alte produttività, come l’Italia padana, che vide lo sviluppo di una fiorente attività di artigianato domestico legato alla produzione di materie prime pregiate § ii. La trasformazione del mondo del lavoro in àmbito urbano: i salariati Venire in città comportava in molti casi un cambiamento importante di stato e di condizioni di vita → il pas- saggio da coltivatori ad artigiani era richiamato dagli aspiranti cittadini per affermare il loro nuovo statuto so- ciale ed evincere le diffidenze dei governi urbani verso gli immigrati legati ai lavori rurali → l’afflusso inaudito dalle campagne fu causa di leggi restrittive, dettate dalla paura e dalla volontà di preservare una condizione pri- vilegiata ormai acquisita, che furono emanate in numerose città europee → è stato calcolato che circa la metà della popolazione di una città del Basso Medioevo fosse occupata in lavori artigianali → il ceto artigianale era già allora profondamente diviso al suo interno in gerarchie di mestieri e di funzioni Nel corso del Trecento, questo processo di diversificazione si accentuò → la rigidità degli statuti corporativi e il tentativo di inquadrare le Arti in una gerarchia di mestieri furono fenomeni comuni a molte città europee → l’abbassamento delle condizioni lavorative coinvolse anche gli strati intermedi dei lavoratori artigianali, quelli che nel corso del Duecento avevano ottenuto i maggiori vantaggi dall’ascesa politica delle Arti I lavoranti trovavano sempre più difficilmente un’occupazione stabile presso una bottega → erano spinti a pre- stare la loro opera a tempo, per una giornata o una settimana, oppure a cottimo → come nelle campagne, si venne a creare un gruppo sociale ampio di ‘non proprietari’ che potevano solo vendere il proprio lavoro, senza avere reali possibilità di radicarsi → nel pensiero dottrinale del Due-Trecento, sembra riemergere l’an- tica diffidenza per le arti manuali ereditata dal mondo greco-romano → cattiva reputazione di chi, ricevendo un salario, diventava un ‘mercenario’ che vendeva il suo lavoro a giornata Gli uomini di Chiesa e i ceti dirigenti urbani rispondevano con la chiusura → l’entrata nelle istituzioni di per- sone un tempo giudicate di vile condizione non poteva non suscitare reazione di rifiuto, anche all’interno della stessa élite artigianale → reazione che raggiunse il suo apice negli anni successivi alla peste del 1348, quando la scarsità di operai consegnò nelle mani del salariato non specializzato un inedito potere di contrattazione nei confronti del ceto dominante → dopo la peste, i vuoti della popolazione urbana avevano creato una situazione paradossalmente favorevole ai lavoratori e agli artigiani rimasti → erano pochi, più richiesti e meglio pagati ri- spetto a prima → numerosi interventi legislativi delle autorità pubbliche erano tesi a limitare l’aumento dei sa- lari e a costringere i lavoratori ad accettare qualsiasi impiego venisse loro offerto, secondo le paghe degli anni precedenti la peste → alcune ordinanze punivano con la prigione anche i lavoratori che abbandonavano un’occupazione prima del termine del contratto e i padroni che accettavano di pagare salari più alti del con- sueto → tra il 1340 e il 1400, un numero assai alto di rivolte nelle campagne e nelle città, spesso in sequenza, turbò la vita ordinata delle città europee, in realtà già attraversate da crisi ricorrenti dovute alle guerre e alle epidemie → si trattò di sollevazioni violente che portarono, in alcuni casi, all’instaurazione di governi provvi- sori composti in maggioranza da piccoli artigiani alleati momentaneamente ed alcuni esponenti della borghesia artigianale → episodio di Ètienne Marcel, il prevosto dei mercanti che aveva rappresentato il malcontento dei borghesi di Parigi per l’eccessivo carico fiscale imposto dal re Giovanni il Buono Nelle campagne vicino a Parigi, l’insicurezza militare e la crisi dei prezzi colpì lo strato alto dei contadini che si rivoltarono contro i loro signori nel luglio 1358 → il movimento prese il nome di jacquerie → si accanì contro i nobili di campagna, attaccando i padroni, distruggendo le proprietà e bruciando i castelli → in città, Marcel pensò di poter abbracciare anche questa rivolta, ma la borghesia parigina si spaventò della violenza contadina, dello stato di incertezza politica del regno, delle ambiguità del governo di Marcel, e ne decretò la caduta In Italia, la rivolta dei Ciompi seguì un percorso più complesso → l’agitazione dei ciompi, lavoratori salariati del tessile, insieme ad alte categorie di lavoranti, pose la questione della rappresentanza interne alle arti: si chiesero la formazione di Arti minori e uno spazio nel governo per esse → ’ingresso nelle istituzioni serviva a realizzare un programma di riforme importanti, dalla determinazione dei salari alla riforma fiscale → i ciompi riuscirono a formare un governo nel 1378 → si mostrarono sùbito apertamente ostili ai monti, che consenti- vano ai cittadini benestanti di ricevere regolarmente gli interessi del debito, finanziati con l’aumento delle tasse indirette che gravavano sui ceti bassi → fu questo a spaventare il resto della città e a promuovere una repres- sione feroce verso gli artigiani più esposti Nonostante la diversità dei motivi e dei modi di realizzarsi, alcuni punti in comune tornano spesso in queste rivolte: i) i meccanismi ingiusti del sistema fiscale; ii) l’utilizzo improprio delle tasse prelevate dallo Stato; iii) il valore diminuito della moneta con cui si pagava il salario; iv) il basso potere d’acquisto dei salari → il dato che emerge dalle serie degli indici del potere d’acquisto calcolate per singole realtà medievali è proprio l’estrema variabilità degli anni → una condizione di instabilità continua → più che la povertà in sé, era il rischio della povertà a pesare sulle economie urbane § iii. Povertà e assistenza: nuovi modelli di solidarietà e la promozione di élite sociali Le società urbane tardomedievali elaborarono un complesso sistema di aiuti caritatevoli e di assistenza organiz- zata: ospedali, confraternite, chiese e monasteri si impegnarono in una capillare opere di ridistribuzione delle donazioni ai poveri della città → il grande successo degli ordini mendicanti, in particolare dei minori, aveva posto la povertà al centro di tutti i sistemi di definizione di una società giusta e ispirata alla carità di Cristo I poveri involontari, comunque, proprio per l’assenza di scelta, non era molto considerati dal mondo ecclesia- stico → fin dal tardo XII secolo, canonisti e teologi avevano distinto i poveri meritevoli, che erano grati della povertà ricevuta e si impegnavano a trovare un’occupazione per sopravvivere, dai poveri oziosi, che spende- vano le elemosine senza lavorare → il panorama delle città europee fu profondamente influenzato dallo svi- luppo di numerosi istituti assistenziali tra il XIV-XV secolo → lentamente, il carattere medicale delle molte strutture di accoglienza (confraternite, ospizi, ospedali) si fece più evidente Nel corso del Trecento, gli ospedali per malati si moltiplicarono → gli ospedali mantennero sempre un’attività di assistenza ai poveri, sia con la distribuzione diretta di elemosine, sia con l’assistenza domiciliare alle persone incapaci di muoversi A meritare l’assistenza pubblica erano, in primo luogo, erano donne, che si presentavano sotto varie forme di debolezza → l’aiuto alle donne aveva anche un esplicito significato morale: la salvezza di molte indigenti dalla prostituzione → bisognava far convergere le donazioni e le elemosine verso istituti specializzati in opere pie selezionate da religiosi e necessarie a garantire il decoro collettivo della città → si dovevano, però, assistere in- siemi di persone scelte in base alla loro capacità di mettere a frutto, sul piano lavorativo e morale, la benefi- cienza che la collettività aveva loro concesso → gli stessi orfanotrofi, come lo Spedale degli Innocenti a Fi- renze, nato sotto la protezione della potente arte della Seta, allevavano i ragazzi per avviarli al lavoro nelle bot- teghe → il povero, insomma, doveva essere spinto a non cadere nell’ozio, a rendersi utile lavorando → il mo- dello cristiano dell’assistenza prevedeva due categorie virtuose: ricchi generosi e poveri laboriosi → i minori e i predicatori furono all’avanguardia nella riflessione cristiana sull’economia pubblica della città Gli istituti pubblici fondati su capitali messi in comune con scopi morali ed esplicitamente ispirati a valori cri- stiani furono chiamati ‘monti’ → questi potevano essere di vari tipi, come i monti delle doti o i monti di pietà → l’intento dichiarato del monte di pietà era quello di sostituire il debito ebraico, giudicato usuraio e anticri- stiano, con un prestito cristiano a interesse modico e giusto → l’istituzione dei monti avvenne in un contesto di violenta predicazione antiebraica → in molte città, specialmente in quelle italiane, l’élite economica divenne anche un’élite politica e di governo, che monopolizzava le cariche e controllava di fatto l’economia della città, la redistribuzione dei beni e di ricchezze nella società urbana → i compratori delle quote del monte del debito divennero i controllori della politica non solo fiscale del comune → la chiusura dell’accesso agli uffici, riser- vato solo a persone fidate di una cittadinanza amplissima, perpetuò per secoli l’esistenza di queste oligarchie → l’eminenza sociale delle persone non si basasse solo su una generica ricchezza degli individui o delle fami- glie → per diventare parte di un’élite, bisognava entrare nel ristretto circo degli ufficiali, dei magistrati, teso- rieri, delle persone capaci di stare nelle istituzioni → nel resto dell’Europa, i processi furono in buona parte simili → la grande nobiltà fu riassorbita lentamente nei ranghi dello Stato attraverso nuovi incarichi militari, 553: conquista imperiale dell’Italia ostrogota, dopo vent’anni di campagna militare; 553: Concilio di Costantinopoli, convocato da Giustiniano; 554: Prammatica sanzione; 565: fine dell’Impero di Giustiniano; 568: i Longobardi si mossero alla conquista dell’Italia; 570: nascita di Muhammad; 572: uccisione del re longobardo Alboino; 574: uccisione del re longobardo Clefi; 584: elezione di Autari come re longobardo, dopo dieci anni di posto vacante; 610-641: impero di Eraclio; 614: fondazione dell’abbazia di Bobbio di San Colombano; 622: Egira di Maometto; 625: Visigoti conquistano la Penisola iberica; 630: Maometto rientra alla Mecca; 632: morte di Maometto; 636: elezione di Rotari come nuovo re longobardo; 643: Editto di Rotari; 654: re Recesvinto completa il Liber iudiciorum; 661: assassinio di Alì, quarto califfo; 681: Concilio di Costantinopoli, convocato da Eraclio; 732: Battaglia di Poitier; 717: assedio di Costantinopoli da parte degli Arabi; 730: editto dell’Imperatore Leone III; 741: Morte di Carlo Martello; 750: leggi di Astolfo; 751: Pipino III depone il re Childerico III; 751: presa di Ravenna da parte del re Astolfo; 754: Concilio di Hierea; 754: Pipino III e i figli Carlo e Carlomanno vengono unti dal papa Stefano II a Saint-Denis; 754: Pipino il Breve scende in Italia, sconfigge Astolfo e dà Ravenna al papato; 768: morte di Pipino III; 771: morte di Carlomanno; 772: distruzione dell’Irminsul e inizio della guerra contro i Sassoni; 775: Leone IV è Imperatore bizantino; 780: muore Leone IV; 787: Concilio di Nicea; Fine VIII: Carlo Magno, Capitulare de villis; 25/12/800: incoronazione di Carlo Magno Imperatore da parte di papa Stefano II; 803: fine della guerra contro i Sassoni; 806: Divisio regni; 813: Concilio di Tours; 813: costruzione della marca Hispanica; 814: morte di Carlo Magno; 815: Concilio di Costantinopoli; 823: nascita di Carlo il Calvo; 827: Arabi iniziano a stabilizzarsi in Sicilia; 833: Ludovico I viene dichiarato indegno del titolo imperiale; 834: Ludovico I torna sul trono; 838: muore il figlio di Ludovico I, Pipino; 840: muore Ludovico I il Pio; 841: battaglia di Fontenoy; 842: Giuramenti di Strasburgo; 843: pace di Verdun; 843: Concilio di Costantinopoli; 851: i Vichinghi saccheggiano Londra; 860 ca.: inizio delle incursioni saracene; 867: Basilio I è Imperatore bizantino; 875: Carlo il Calvo si fa incoronare imperatore; 877: Capitolare di Quierzy; 877: muore Carlo il Calvo; 885: i Normanni saccheggiano Parigi; 888: Carlo il Grosso, figlio di Ludovico, segnò con la sua morte l’esclusione carolingia dai vertici di potere; 888: Oddone di Parigi divenne re del Regno dei Franchi Occidentali; 888: Berengario I divenne re del Regno d’Italia; 889: Guido di Spoleto depose Berengario I; 893: Carlo il Semplice viene nominato re del Regno dei Franchi Occidentali a Reims; 894: Berengario I riprese il potere; 909-910: fondazione dell’abbazia di Cluny; 910: la famiglia dei Fatimidi rivendica per sé il ruolo califfale in Egitto; 911: investitura del duca di Normandia; 911: muore Ludovico il Fanciullo, ultimo re carolingio germanico; 911: Corrado di Franconia viene eletto re del Regno dei Franchi Orientali; 919: Enrico di Sassonia diviene re del Regno dei Franchi Orientali; 922: Carlo il Semplice re di Francia viene deposto; 924: Berengario I viene assassinato; 925: Enrico I annette la Lotaringia al regno di Germania; 926: Ugo di Provenza ottiene il trono italico; 929: la famiglia degli al-Andalus rivendica per sé il ruolo califfale nella Penisola Iberica; 933: la Borgogna si espande fino alla Provenza; 936: muore Rodolfo di Borgogna; 946: Ugo di Provenza lascia il trono italico al figlio Lotario; 950: Lotario di Provenza muore e il trono italico passa a Berengario II d’Ivrea; 951: Ottone I scende in Italia; 951: Ottone I sposa Adelaide; 954: atto di sottomissione di Liutdolfo al padre Ottone I; 955: ha luogo la battaglia di Lechfeld; marzo 960: Placito Capuano; 961: Ottone I torna in Italia; 962: Ottone I ottiene a Roma la corona imperiale; 972: il conte di Arles e il marchese di Torino distruggono la base saracena di Saint-Tropez; 987: diventa re del regno dei Franchi Occidentali Ugo Capeto; 996: muore papa Giovanni XV e Ottone III nomina Bruno di Worms (Gregorio V) nuovo papa; 998: Ottone III scende in Italia per calmare i ribelli all’elezione di Papa Gregorio V; 999: Ottone III nomina Gerbert d’Aurillac (Silvestro II) papa; 1002: Ottone III muore e la corona passa al cugino Enrico II; 1002: alcuni aristocratici italiani eleggono Arduino d’Ivrea re d’Italia; 1004: Arduino viene sconfitto provvisoriamente da Enrico II; 1012: Arduino viene sconfitto definitivamente a Enrico II; 1012: il re norvegese Knut unisce le corone di Danimarca, Norvegia, Inghilterra; 1023: Romualdo fonda il monastero di Camaldoli; 1024: morte di Enrico II; 1030: primo gruppo normanno si stabilisce ad Aversa: 1058: i Normanni di Aversa conquistano Capua; 1035: fondazione del monastero di Vallombrosa da Giovanni Gualberto; 1040: redazione del Decreto; 1043: la Borgogna passa nelle mani di Corrado II, re di Germania; 1046: Concilio di Pavia; 1049: Concilio di Reims; 1053: i milites inviati da Leone IX in Normandia perdono a Civitate; 1054: Scisma d’Oriente; 1059: concilio di Roma; 1060-1080: spedizioni dei francesi per difendere il ‘cammino di Santiago’ dai Mori; 1066: battaglia di Hastings; 1066: Guglielmo il Conquistatore diviene re d’Inghilterra; 1070: la dinastia degli Altavilla si impone come riferimento agli insediamenti normanni in Italia; 1070: repressione della cospirazione per la nascita del comune di Le Mans; 16/04/1071: Ruggero e Roberto Altavilla occupano Bari; 1072: gli Altavilla conquistano Palermo; 1074: Ildebrando di Saona diventa papa Gregorio VII; 1074: Concilio di Erfurt; 1075: Concilio di Roma indetto da Gregorio VII; 1076: repressione della cospirazione per la nascita del comune di Cambrai; 26/01/1076: Concilio di Worms; febbraio 1076: deposizione e scomunica di Enrico IV; 1080: Concilio di Roma; 1081: Enrico IV si fa incoronare per la seconda volta imperatore dal papa Guiberto; 1085: Alfonso VI di Castiglia conquista Toledo 1086: Domesday book; 1084: fondazione dell’ordine dei certosini; 1095: Urbano II proclamò la prima crociata; 1097: i cristiani conquistano Nicea; 1098: l’abate Roberto di Molesme lascia il monastero per fondare quello di Citeaux; 1098: Ruggero I assume un ruolo simile a un legato apostolico in Sicilia; 1098: i cristiani, sotto la guida di Boemondo di Taranto, conquistano Antiochia; 15/07/1099: i cristiani entrano a Gerusalemme; 25/12/1099: Baldovino di Boulogne si fa incoronare re di Gerusalemme; 1100: diviene re d’Inghilterra Enrico I; 1100: Enrico I emana la Carta delle libertà; 1108: Luigi VI diventa re di Francia; 1111: accordo tra papa Pasquale II e Enrico V, che venne sconfessato da quest’ultimo; 1111: approvazione del comune di Cambrai; 12/04/1111: papa Pasquale II riconosce l’autorità del re Enrico V di investire con anello e pastorale i vescovi; 1112: Concilio lateranense; 1115-1120: Almoravidi riprendo le Baleari; 1118: i Catalani occupano le Baleari; 1118: gli Aragonesi prendono Saragozza; 1119: fondazione dei Templari in Terrasanta; 1119: Stefano Harding scrisse la carta delle carità; 23/09/1122: accordo di Worms; 1127: Consuetudini di Guigo I; 1129: assise di Melfi; 1130: Ruggero II viene nominato re dall’anti-papa Anacleto II; 1133: ‘cavalcata’ guidata da Alfonso VII verso Cordova e Cadice; 1135: succede al trono di Inghilterra Stefano di Blois; 1137: assemblea convocata da Ruggero II; 1137: Luigi VII succede al padre Luigi VI al trono di Francia;
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