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Riassunto di storia moderna, Carlo Capra, Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunto dettagliato del testo Storia moderna, di Carlo Capra

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 23/09/2019

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Scarica Riassunto di storia moderna, Carlo Capra e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! I risultati di queste ricerche non riguardano solo la demografia: rilevanti per la storia sociale e per quella della mentalità, per es, sono le notizie riguardo le nascite illegittime, i concepimenti prenuziali, l’onomastica e l’alfabetizzazione (data l’usanza di far firmare agli sposi l’atto di matrimonio). Storia moderna, Carlo Capra Parte I La popolazione e le strutture familiari Nell’ultimo mezzo secolo gli studi relativi alla popolazione e ai meccanismi che ne regolano l’andamento hanno avuto un notevole sviluppo grazie al rinnovato interesse nei confronti della società e della sua cellula base, la famiglia. L’inglese Thomas Robert Malthus, alla fine del Settecento, in Saggio sul principio di popolazione, manifesta la sua preoccupazione in merito allo squilibrio tra popolazione e risorse alimentari: la popolazione, se non controllata, cresce in progressione geometrica (da 1 a 2,4,8…), mentre le risorse alimentari crescono in progressione aritmetica (da 1 a 2,3,4…). A riportare temporaneamente l’equilibrio intervengono inesorabilmente dei freni repressivi (carestie, guerre ed epidemie) in attesa di un nuovo ciclo di incremento demografico. L’unica alternativa è l’adozione di freni preventivi, quali la limitazione cosciente dei matrimoni e quindi della fecondità. La statistica, cioè la raccolta sistematica dei dati relativi, ad esempio, alla popolazione, alla produzione e ai salari mosse i primi passi proprio durante l’età moderna. Un’importantissima miniera di dati è rappresentata dalle fonti ecclesiastiche, distinguibili in:  fonti relative allo stato: o status animarum, elenchi degli abitanti di una parrocchia redatti casa per casa dal rettore della stessa con lo scopo di controllare l’adempimento del precetto pasquale. Questi documenti sono importanti per ricostruire la composizione per sesso e per età e per conoscere le strutture familiari e le forme di convivenza di una comunità.  Le fonti relative al movimento della popolazione: libri dove venivano registrati gli eventi religiosi fondamentali della vita dei parrocchiani (battesimo, matrimonio, sepoltura). Se privi di grosse lacune per ci permettono di ricostruire l’andamento di natalità, nuzialità e mortalità. I registri parrocchiali sono divenuti fonte privilegiata a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo, quando i demografi francesi elaborarono un metodo di spoglio noto come ricostruzione nominativa delle famiglie: a) Si crea una “scheda di famiglia” per ogni matrimonio celebrato nella parrocchia studiata. b) Si trascrivono in queste schede tutti gli eventi demografici desunti dai libri dei battesimi e delle sepolture riguardanti la coppia presa in esame. Questo metodo presenta, però, alcuni inconvenienti quali il lungo lavoro richiesto anche per il villaggio più piccolo e il basso numero di schede di famiglia che è possibile ricostruire in modo completo: sfuggono, infatti, le coppie che emigrano, gli eventi che avvengono al di fuori della parrocchia e le famiglie “chiuse”, di cui si è riusciti ad ottenere una scheda completa, sono una minoranza. Per queste ragioni i demografi hanno elaborato tecniche diverse, possibili solo quando si dispone di uno stato delle anime o di un censimento (rilevazioni rare e spesso poco attendibili):  piramidi delle età: di forma a campana per l’Antico Regime, a cilindro per la contemporaneità.  tavole di mortalità: tra i nati lo stesso anno si eliminano i morti e si crea una tabella che permette, tra l’altro, di calcolare la speranza di vita a qualsiasi età. Di particolare interesse è la speranza di vita alla nascita, che in Antico Regime evidenzia l’alto livello di mortalità infantile. Per il periodo che va dal tardo 400 agli inizi dell’800 si dispone di stime abbastanza attendibili della popolazione mondiale divisa per continenti. Per il nostro continente si delineano tre grandi fasi: I. metà 400 – inizio 600: una crescita demografica generale e continua; II. 600: un forte rallentamento III. 700: una rinnovata tendenza espansiva che andrà avanti fino al XIX secolo. Si discute ancora se i periodi di congiunture avverse siano il frutto di uno squilibrio tra popolazione e risorse (tesi Malthus), o di fattori quali epidemie, carestie, guerre e clima sfavorevole (esagerando Geoffrey Parker parla di “catastrofe demografica che si prolungò per due generazioni). Bisogna ricordare, inoltre, che nell’età moderna erano pressoché sconosciute le pratiche contraccettive, che iniziarono a diffondersi solo nel tardo 700 a partire dalla Francia. In queste condizioni, che i demografi chiamano di fecondità naturale, ci sia aspetterebbe da ogni coppia una prole molto numerosa ma nella realtà tre ragioni smentiscono la tesi:  L’età avanzata delle spose: tra i 24 e i 26 anni e quindi gran parte della loro vita feconda restava inutilizzata ai fini della riproduzione  Lunghi intervalli tra i parti: dopo il primo che avveniva circa un anno dopo le nozze, tendevano ad allungarsi tra i 2 e i 3 anni a causa dell’allattamento prolungato  Morte di uno dei coniugi  Mortalità infantile e giovanile: si aggiunge questa quarta ragione a dimezzare la prole e rallentare l’incremento della popolazione I dati precedentemente illustrati rappresentano solo un aspetto della storia della famiglia, punto d’incontro di molte discipline (storia, atre, diritto, economia, sociologia). I freni preventivi riguardano la parte più povera della società: nel banchetto della vita, per i più poveri non c’è posto. Agli inizi del XIX risalgono i primi censimenti modernamente impostati. In precedenza si hanno numerazioni di fuochi (o nuclei familiari) compiuti a scopi fiscali e di approvvigionamento. Es: Domesday Book compilato in Inghilterra e Catasto fiorentino del 1427. Più della metà della popolazione viveva nel continente asiatico. Queste cifre inoltre mettono in evidenza la crisi demografica che colpì il continente americano con l’inizio della colonizzazione europea e l’arresto dello sviluppo dell’Africa legato allo stesso evento (esportazione di schiavi neri) Lasslet, ha distinto cinque tipi di aggregati: I. Nucleare: composta solo da due coniugi ed eventuali figli II. Estesa: si aggiunge almeno un altro convivente (un fratello o un genitore) III. Multipla: caratterizzata dalla compresenza di almeno due nuclei (suoceri + coppia) IV. Senza struttura: alla base non c’è un rapporto matrimoniale (vedova + figlia) V. Solitari: single Successivamente lo stesso Laslett, insieme a Hajnal, distinse due diversi modelli matrimoniali e familiari: A. Europa nord-occidentale: matrimoni tardivi (molti non si sposavano affatto) e residenza neolocale (casa per conto proprio) → danno origine ad una famiglia nucleare. Infine, prima delle nozze molti trascorrevano qualche anno fuori casa al servizio di un’altra famiglia. B. Europa orientale e meridionale: matrimonio precoce e residenza patrilocale (convivenza con i genitori del marito) escludendo il servizio prepuziale presso altre famiglie. Molte, però, sono le varianti, derivate prevalentemente da fattori economici: Le famiglie contadine (maggioranza della popolazione) assumevano strutture diverse a seconda dei meccanismi ereditari: la divisione del ₁patrimonio in parti uguali tra i figli maschi tendeva a favorire la formazione di famiglie nucleari, mentre la ₂successione verso un solo figlio tendeva a favorire la formazione di una famiglia ceppo (convivenza dell’erede e della moglie con i genitori di lui). Ad incidere anche la dimensione del fondo coltivato e, dunque, della quantità di forza lavoro richiesta. Presso le èlites le questioni patrimoniali tra coniugi, la successione e la dote assumevano una maggiore rilevanza e complessità e si adottano strumenti giuridici atti alla conservazione della ricchezza:  Fedecommesso: testamento, disposizione di ultima volontà.  Primogenitura: per evitare la dispersione del patrimonio si concentra nel primogenito il grosso dell’eredità.  Limitazione del matrimonio ad un solo maschio per ogni generazione: regola ferrea nel patriziato veneziano, i fratelli celibi vivono con il suddetto.  Dote: eredità anticipata. Per lo più solo una figlia era destinata alle nozze, le altre prendevano la via del chiostro o restavano nubili. Nel filone di studi, inaugurato da Anderson, si studia la famiglia secondo un approccio dei sentimenti: In Gran Bretagna Stone distingue tre tipi di aggregati:  Famiglia a lignaggio aperto: formalismo e freddezza fra coniugi e fra genitori e figli  Famiglia nucleare patriarcale ristretta: autorità del pater familias, legami affettivi, educazione cristiana, riflesso della Riforma protestante.  Famiglia nucleare domestica chiusa: “individualismo affettivo” → attenuarsi del divario Gerarchico e nuova tenerezza fra coniugi e con i figli. L’economia dell’Europa preindustriale 1. L’agricoltura Nei secoli successivi al Mille, l’agricoltura europea aveva compiuto notevoli progressi che avevano permesso di sottoporre a coltura i terreni umidi e argillosi delle aree centro- settentrionali → aratro pesante; ferratura degli zoccoli dei cavalli e bardatura con collari fatti in modo da evitare la pressione sulla gola; larga diffusione della rotazione triennale (= un anno a frumento o segale, un anno a orzo o avena e un anno a riposo). Nei Paesi mediterranei, però, la scarsità delle piogge e la natura friabile dei terreni, ostacolarono l’applicazione di queste nuove tecniche → rimasero in uso la rotazione biennale e l’aratro leggero privo di ruote. Ebbero grande diffusione le colture di olivi e alberi da frutto. Al contrario, se tra il 1450 e il 1750 non si registrarono grandi innovazioni, l’incremento demografico del lungo Cinquecento comportò un aumento della domanda di derrate alimentari, soprattutto cereali. La carne scomparve praticamente dalle mense dei contadini che fino al XX secolo si nutrirono prevalentemente di pane e farinate, accompagnati da legumi e verdure, lardo o pesce salato, uova e latticini in modeste quantità. Come riuscì l’agricoltura a sfamare una popolazione in forte crescita? A livello teorico sono possibili due tipi di risposte:  una risposta “estensiva” consistente nell’allargamento della superficie coltivata.  una risposta “intensiva”, consistente nell’adozione di tecniche volte ad accrescere la produttività. Fino al XVI secolo prevalse la soluzione intensiva: vennero rimessi a coltura terreni precedentemente abbandonati e furono bonificate molte aree occupate da foreste e paludi (ovviamente i terreni così dissodati non sempre erano di prima qualità). Conseguenza di ciò fu la contrazione della superficie adibita al pascolo, che a sua volta, comportò una scarsità di concime. Anche l’andamento del clima sembra aver influito negativamente; nella metà del ‘400 si aprì una fase di diminuzione delle temperature medie chiamata piccola glaciazione. A permettere, in alcuni territori, rendimenti anche del 100% superiori al resto d’Europa tre fattori: I. la disponibilità dell’acqua: la presenza di una rete irrigatoria dovuta all’opera umana fu all’origine della grande produttività della pianura lombarda (→ risaie, piante foraggere, cereali…). II. Il concime: Le piante foraggere, oltre a restituire alla terra l’azoto sottrattole dalle colture di cereali, rendono possibile il mantenimento di abbondante bestiame bovino (→ letame). III. La stretta associazione di agricoltura e allevamento e l’adozione di rotazioni che eliminano la necessità del riposo periodico dei terreni sono l’essenza della rivoluzione agricola nata nei Paesi Bassi e poi in Inghilterra. L. considera predominante il modello di famiglia nucleare, ma, all’avanzare delle ricerche, il quadro si fece sempre più complesso. Aries sostiene che l’amore coniugale e la considerazione dell’infanzia come una fase avente caratteri propri ed esigenze specifiche, non esistevano prima dell’età moderna e furono generate da una serie di circostanze nuove tra cui la cultura umanistica e la scolarizzazione. Questa tesi fu oggetto di critiche: i “libri di famiglia” toscani del 200 – 300 mettono in risalto l’amore paterno nei confronti dei figli. Nel Veneto fu istituita la magistratura dei Provveditori sopra i beni inculti, col compito di sovraintendere alla bonifica. A Londra, nell’area NE i fens (paludi) furono bonificati sotto la guida del governo centrale. Le repubbliche aristocratich e di Venezia, Genova e Lucca esercitavano direttament e il potere, come fossili in un’Europa dominata da monarchie O Stato rinascimenta le, di Antico Regime, Monarchia composita Il rafforzamento degli apparati statali tra la fine del XV e gli inizi del XVII secolo fu all’origine di una sorta di crisi dei ceti nobiliari, alle prese da un lato con la concorrenza sempre più agguerrita di nuovi gruppi di origine mercantile e borghese, e dall’altro con controlli e limitazioni sempre più severe al suo potere. Sarà tra il 600 e il 700 che le aristocrazie europee, non più minacciate nel loro primato, pronte ad integrarsi nelle strutture dello stato monarchico e ringiovanite dall’ingresso di nuovi membri, vivranno un’età dell’oro, offrendo alle altre classi lo spettacolo invidiato di un’eleganza e di uno stile destinati a durare come modelli. Come si diventava nobili? I patriziati dell’Italia centro-settentrionale avevano elaborato un sistema di cooptazione basato sull’antica residenza in città, sulla ricchezza e sull’astensione da attività manuali per più generazioni. In Francia, Inghilterra e Spagna si affermò il principio secondo cui era nobile chi era considerato tale dal sovrano a seguito di matrimonio, acquisto di feudi o benemerenze, vere o presunte, in campo militare e civile. Questi nuovi nobili erano guardati con disprezzo e sarcasmo dai rappresentanti della più antica nobiltà, ma bastavano poche generazioni perché le distanze si riducessero nel senso di una comune adesione all’ethos aristocratico.  Borghesia: il termine non è il più idoneo per designare i ceti intermedi tra nobiltà e plebe, perché postula una coscienza di classe e un’uniformità di condizioni, economiche e sociali, non corrispondente alla realtà. Denominatori comuni, in ogni caso, sono la connotazione urbana, il rifiuto del lavoro manuale, il possesso di risorse immobili e mobili, l’istruzione e le conoscenze altolocate.  Donne: “le donne esistono per l’unico scopo di servire e assistere gli uomini” diceva Lutero. L’inferiorità è giustificata attraverso passi biblici, in riferimento alla debolezza, alla volubilità e all’isterismo e sancita dal diritto vigente. Il modello è la Madonna e il tempo è prevalentemente occupato da lavori domestici o, al più, mestieri umili e mal pagati. Molte, di contro, saranno le donne politicamente influenti (Eisabetta I in Inghilterra, Maria Teresa D’Austria, Caterina De Medici) o intellettualmente di rilievo (Isabella D’Este, Giulia Gonzaga, Vittoria Colonna). La Controriforma, tra 500 e 600, contribuirà alla “grande segregazione”, con l’accentuazione delle tendenze assolutistiche e patriarcali. A partire dal XVIII secolo si assiste ad un progressivo miglioramento della condizione della donna, non giuridicamente, ma a livello intellettuale, culturale, e di “reputazione”.  Poveri: Gutton distingueva tra ₁poveri strutturali, che anche in tempi normali vivono del tutto o in parte di elemosine (malati, vecchi, vedove), e ₂poveri congiunturali, che ricavano appena il necessario per la sopravvivenza. Ma se nel Medioevo il povero era investito da un’aura sacrale, come controfigura di Cristo, nell’età moderna appare sempre più come una minaccia all’ordine costituito e alla salute pubblica, come riflesso dei valori rinascimentali e della riforma protestante. Nei confronti di questi indesiderabili gli Stati corrono ai ripari, con provvedimenti di sempre crescente severità (espulsione dei poveri forestieri, obbligo del lavoro per i poveri fisicamente abili...) e varie tendenze filantropiche. Le forme di organizzazione del potere La novità nell’Europa tra XIII e XIX sec consiste dalla progressiva affermazione di un potere statale che si proclama superiore a tutti gli altri. Tale potere si incarna in un primo tempo in un individuo, il monarca (o nelle repubbliche aristocratiche in una cerchia ristretta), ma si viene poi configurando come un’entità a se stante, in un processo di spersonalizzazione che conosce una decisiva accelerazione con la Rivoluzione Francese. Varie definizioni di sovranità e Stato moderno: Per definire le formazioni politiche configuratesi nel XIII e XIV sec è preferibile sostituire il termine “Stato Moderno” con Ständestaat, o stato per ceti: all’autorità del principe si contrappongono assemblee (dette variamente Diete, Stati Generali, Cortes, Parlamenti) composte solitamente da tre camere rappresentanti clero, nobiltà e città. Se in Castiglia e Francia queste assemblee tendono ad atrofizzarsi, nell’Europa centro-orientale continuano a funzionare sino al XVIII secolo e solo in Inghilterra e Svezia i parlamenti riuscirono a trasformarsi da istanze cetuali a vere rappresentazioni nazionali. Anche dove non esistevano parlamenti, come in gran parte dell’Italia centro-settentrionale, vi era un rapporto tra principe e sudditi mediato da corpi preesistenti, tra i quali un peso dominante hanno le città (come il Gran ducato di Toscana). Alcuni passi in direzione dello stato moderno sono compiuti dai sovrani illuminati del 18° secolo, ma fu soltanto la Rivoluzione Francese a fare piazza pulita delle istituzioni dell’antico regime. L’evoluzione dei criteri di legittimazione Rimase in auge fino al XVIII secolo l‘idea di un’origine provvidenziale dell’autorità politica, istituita da Dio per mantenere l’ordine, diffondere la vera fede e reprimere i malvagi. La chiesa di Roma diviene il modello di plenitudo potestatis e controllo a cui i monarchi mirano (struttura piramidale, corpus giuridico canonico, simbologia e cerimoniali) e, infatti, spesso si fregiano di titoli pii: “re cristianissimo” (Francia), “re cattolico” (Spagna), “defensor fidei” (Tudor). Focault parla di “utopia della reclusione”: in Francia un editto regio stabilì che in ogni città dovesse sorgere un ospizio generale allo scopo di “rinchiudervi gli accattoni ed educarli” (Hotel des Invalides a Parigi), mentre gli altri venivano rinchiusi in istituzioni penali e case di lavoro. Ma il problema, ovviamente, restò irrisolto. Loyseau plenitudo potestatis, potestà assoluta e totale senza limitazioni di tempo e applicazione giuristi tedeschi post hegeliani  Un territorio, come esclusivo ambito di dominio  Un popolo, come stabile unione di persone legate da un solido sentimento di appartenenza  Un potere sovrano, che all’interno detiene il monopolio della forza e all’esterno significa indipendenza giuridica dalle altre istanze Bodin  emancipazione da ogni autorità esterna  imposizione come suprema istanza nei confronti degli individui nella sua sfera di influenza attraverso la legge MA  Potestà assoluta ma non priva di restrizioni: legge divina, leggi naturali (mantenimento dei patti e rispetto della proprietà) e leggi fondamentali (ordine di successione…) che distinguono la monarchia da regimi dispotici Reinhard e storiografia moderna Lo “Stato moderno” è esistito solo tra la fine del XVIII e i primi del XIX sec. Proiettarne indietro i caratteri è fuorviante: il potere sovrano, almeno all’inizio dell’età moderna, non mira a sostituirsi alle preesistenti strutture autoritarie ma di sovrapporsi ad esse, di esercitarvi una tutela così da utilizzarle come terminali della sua azione sulla società riconoscendone in cambio diritti e privilegi Come Roma in occasione dei giubilei il primo dei quali fu indotto da Bonifacio VIII nel 1300. La simbiosi tra autorità religiosa e potere secolare si trasformò in una vera e propria subordinazione della chiesa allo stato nei principati tedeschi e nei regni scandinavi dove si affermò la dottrina luterana. Proprio per queste ragioni la laicizzazione machiavelliana del potere non poteva trovare accoglienza favorevole in un Europa trasformata in campo di battaglia tra fedi contrapposte. Solo nel 17° secolo i fondamenti religiosi dell’autorità cominciarono a vacillare:  la dottrina contrattualista, che postula l’esistenza di un diritto di natura universale (Ugo Grozio), afferma che il passaggio dallo stato di natura alla vita associata non può essere subito passivamente, ma deve avvenire sulla base di un patto comune, un contratto, a cui i sudditi si sottopongono e che pongono nelle mani del monarca.  Hobbes, autore del Leviatano (di forte stampo materialistico e utilitaristico), afferma che l’uomo, essere amorale ed egoista, per uscire dalla propria condizione di precarietà e pericolo rinuncia ai propri diritti in favore di un sovrano.  Per Spinoza, di contro, una simile sottomissione alla volontà del sovrano era inconcepibile e il patto si configura come un accordo, una concessione da parte dei sudditi a garanzia della libertà.  Ma chi impresse alla teoria del contratto una svolta in senso liberale fu John Locke, per cui i diritti alla vita, alla libertà e alla proprietà privata sono anteriori al costituirsi della società; la loro tutela deve essere quindi l’obbiettivo principale del contratto.  Ma la più originale reinterpretazione del contratto sociale in senso democratico si deve a Rousseau, alla teorizzazione della “monarchia temperata” sul modello inglese ad opera di Montesquieu e all’esaltazione del dispotismo illuminato di Voltaire. Il sovrano non è servitore di Dio ma dello stato e agisce per il pubblico bene. Funzioni e articolazioni del potere statale Ai governi erano riconosciuti il ₁diritto-dovere della difesa del territorio e quello del ₂mantenimento dell’ordine e della pace al suo interno attraverso la giustizia. ₁Uno dei maggiori problemi per i regnanti era il controllo del territorio e la gestione di autonomie e privilegi risalenti al tempo passato, spesso garantiti e controllati da commissari regi. Per quanto riguarda la difesa, l’avvento degli eserciti permanenti (ora professionali, non semplici saccheggiatori), l’aumento esponenziale degli effettivi e l’accresciuta importanza della fanteria e dell’artiglieria determinarono nella prima età moderna un volume di spese fuori ogni proporzione che sarà all’origine di una fiscalità permanente. ₂Anche la giustizia era di difficile applicazione. La legislazione regia mantiene fino al 18° sec un carattere frammentario e lascia così scoperte ampie aree: la pluralità e la disorganicità delle fonti del diritto (diritto regio/consuetudini/diritto canonico/diritto romano) lasciano ampio spazio alla discrezionalità dei giudici. Solo l’illuminismo giuridico maturo indicherà come esigenza primaria la redazione di un corpo di leggi organico e del tutto autonomo, mentre bisognerà attendere la codificazione napoleonica, modello per tutta l’Europa, per la diffusione di un corpus di questo tipo. Il luogo dove si manifesta la potenza del re è la corte, ritrovo della nobiltà più ricca e prestigiosa, centro di elaborazione di una raffinata cultura artistica e letteraria e di norme che regolano i rapporti sociali, destinate a diffondersi per un meccanismo di imitazione in tutta la società (Cortegiano, Baldassarre Castiglione). Dovunque il re è coadiuvato da un consiglio. Grande importanza hanno accanto ai consiglieri, i segretari del principe, da cui avranno origine i moderni ministri. A seguito della crescita dell’apparato fiscale-militare la burocrazia regia si distingue dal semplice personale di corte e si specializza in precisi ambiti: emblematica la figura del commissario, un funzionario nominato dal re e non legato da un rapporto patrimoniale con la carica che ricopre. Religione, mentalità e cultura Un elemento comune tra le popolazioni europee alla fine dell’età preindustriale è la centralità del sacro nelle loro esistenze. Sia lo ₁spazio che il ₂tempo sono profondamente impregnati di valori cristiani: 1. Lo spazio delle città e delle campagne è caratterizzato dall’onnipresenza degli edifici religiosi e delle immagini sacre. La parrocchia costituisce, in simbiosi con il villaggio, l’unità base della vita associata e in essa si svolgono tutti i riti di passaggio (battesimo, matrimonio, funerale). Tutta l’Europa è costellata di santuari, di cui i più celebri sono meta di pellegrinaggi. 2. Il tempo è scandito dal rintocco delle campane e dalle festività religiose. La preoccupazione per il destino ultraterreno delle anime è attestata dalla rapida diffusione della credenza nel purgatorio e dall’enorme fortuna delle indulgenze (remissione delle pene a fronte di donazioni). L’ossessione della morte è acuità altresì dalla fragilità dell’esistenza e dall’incapacità della ragione a spiegare la maggior parte degli eventi. La madonna e i santi erano visti come potenti intercessori in base ad una vera e propria specializzazione (San Rocco contro la peste, Sant’Antonio per la protezione degli animali…). Il confine tra religione e magia era assai labile: poteri magici erano attribuiti non solo ai santi, ma anche al parroco, alle reliquie e agli oggetti di culto. La contiguità tra religione e magia e il carattere superstizioso di molte credenze e pratiche devozionali divennero nel 16° secolo uno dei motivi centrali della polemica protestante contro la chiesa di Roma: tra i bersagli delle autorità protestanti e cattoliche rientrarono le festività profane, il carnevale le danze, gli antichi culti agrari e altri aspetti del patrimonio folkrorico che si fece ogni sforzo per estirpare o assimilare ad una visione del mondo cristiana. Nei confronti del popolo l’opera di “disciplinamento sociale”, svolta sia dalle Chiese riformate sia dalla Chiesa cattolica, proseguì nel 17° e nel 18° secolo e si accompagnò all’attività impositiva del potere politico. Ne risultarono una più completa cristianizzazione delle masse popolari, ma anche una rarefazione dei comportamenti violenti e amorali e una crescita dell’alfabetizzazione. Si parla di monopolio della violenza legale: si vieta ai singoli il ricorso alla violenza privata, come i duelli fra aristocratici, fortemente repressi da Richelieu. Molti individui vennero considerati streghe e stregoni: tra il 1580 e il 1660, in coincidenza con il prevalere in Europa di un clima di paura, sospetto e intolleranza (che si espresse anche nella persecuzione degli ebrei e nell’ossessione degli untori) la caccia alle streghe raggiunse l’apice, specialmente nelle zone in cui più intensi erano stati i contrasti religiosi (Francia, Svizzera, Germania, Polonia e Scozia). Solo gradatamente, a partire dalla seconda metà del 17° secolo, i ceti colti smisero di credere alla stregoneria e alla magia. Solo a partire dall’età dei Lumi, con la nascita dei primi sistemi di istruzione elementare, lo Stato cominciò a subentrare alla Chiesa, alla famiglia e alla bottega come principale fattore di alfabetizzazione. La cultura popolare rimase, però, per tutto l’antico regime una cultura prevalentemente orale e per questo difficile da studiare: se l’ottica dei più potenti giunge da un osservatorio privilegiato e deformante, le voci dei poveri giungono in modo trasversale, soprattutto attraverso i verbali dei processi (Carlo Ginzburg riuscì a ricostruire le vita di un mugnaio friulano), i manufatti e le tradizioni folcloriche (proverbi, fiabe, ballate, calendari). Le università, una delle più originali creazioni culturali del medioevo, continuarono ad espandersi nella prima età moderna. La crescita degli studenti sembra, però, essersi arrestata dopo i primi decenni del 17° secolo, in coincidenza con la crisi economica e demografica: le università si ridussero per lo più alla funzione di cittadelle di un sapere tradizionale, finalizzato alla formazione professionale di teologi, uomini di legge e medici. Un notevole risveglio si manifestò solo nel 18° secolo in alcuni atenei riformati come Halle, Edimburgo, Leida e Pavia. L’alta cultura in genere (e in particolare la ricerca scientifica) avevano nel 18° secolo le loro roccaforti, più che nelle università, nelle accademie, società desiderose di rendersi utili al progresso scientifico ed economico. Un’importante funzione fu assolta dalle grandi istituzioni fondate o protette dalle monarchie (Royal Society, accademie di Richelieu e Luigi XIV…). La fine dell’Antico Regime Le basi della civiltà dei Lumi erano già state gettate nel XVII, con la rivoluzione scientifica e filosofica attuata da pensatori quali bacone, Galileo, Cartesio, Hobbes, Spinoza, Locke. Ma si trattava di posizioni isolate, spesso combattute e di scarsa influenza sul pensiero della gente comune. Fu solo quando queste idee iniziarono a diffondersi, anche grazie a strumenti come l’Encyclopedie di Didierot e d’Alambert, che potè sorgere un vero e proprio movimento di opinione ispirato al culto della ragione, alla fede nel progresso e nella scienza e alla ricerca della felicità terrena come principio fondante. Dalla Francia questi orientamenti si diffusero negli altri paesi europei, combinandosi con le tradizioni e le circostanze locali e dando vita a correnti distinte (sensismo, materialismo, giusnaturalismo…). Nonostante ciò si può parlare di carattere unitario, poiché gli intenti, come sottolineato dal marchese di Condorcet, sono comuni: I. distruzione della disuguaglianza tra le nazioni e uguaglianza in seno ad uno stesso popolo II. reale perfezionamento dell’uomo Agli entusiasmi suscitati inizialmente dalla Rivoluzione francese subentrò ben presto, soprattutto nella cultura inglese e tedesca, un orientamento critico nei confronti della Rivoluzione e di misure considerate disumane e sterile applicazione delle idee dei philosophes: il Romanticismo (fantasia e sentimento ≠ fredda ragione, spirito ≠ materia, storia ≠ scienza, amor patrio ≠ cosmopolitismo) divenne nel primo 800 l’orientamento dominante, tra conservatorismo e idee liberali (Manzoni, Madame de Stahäel, Stendhal). In ambito filosofico osserviamo il passaggio dall’illuminismo alle idee kantiane (dalla realtà esterna allo studio della mente e dell’animo umano e del problema morale) che porranno le basi dell’idealismo hegeliano. L’industrializzazione Gli anni intorno al 1780 videro il decollo industriale in Gran Bretagna, precoce rispetto agli altri Paesi europei grazie ad una serie di vantaggi (giacimenti di ferro e carbone, agricoltura fiorente, stabilità politica, inventiva e capacità tecnica e un diffuso favore per la libertà di iniziativa protetta da brevetti) e divenuta ben presto “officina del mondo”. Da ciò, l’ascesa di una nuova classe dominante formata da imprenditori, banchieri e detentori di capitali, mentre le condizioni delle masse lavoratrici videro un peggioramento: questi mali stimolarono forme di autoorganizzazione, resistenza (luddismo e cartismo in Inghilterra) e sciopero e il sorgere di un pensiero socialista, prima utopistico poi più scientifico (Marx, Engels). Trasformazioni politiche e giuridiche Nella II metà del 700 la convocazione degli Stati generali, la transizione della sovranità dal monarca al popolo, l’approvazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, la soppressione dei diritti feudali, la confisca dei beni della Chiesa e la riforma della legislazione civile e penale costituirono l’atto di nascita di una nuova forma di Stato che potremmo definire moderno. Il lascito della dominazione napoleonica fu di modernizzazione delle istituzioni e degli ordinamenti, ma anche di sentimento nazionale e liberale come reazione all’oppressione subita. Il Congresso di Vienna del 14-15 per dare un nuovo assetto all’Europa sconvolta dall’avventura napoleonica adottò in linea generale il principio di legittimità che comportava la restaurazione dei governi prerivoluzionari (non per le antiche repubbliche Venezia, Genova e Lucca) riducendo il tasso di conflittualità internazionale ma non tenendo conto delle aspirazioni di libertà e indipendenza dei popoli europei che sfoceranno in agitazioni. LA STAMPA Per quanto riguarda la cultura scritta la novità di gran lunga più importante fu l’invenzione della stampa. Fin dal 14° secolo era nota in Europa la tecnica della xilografia (incisione su tavolette di legno) di origine cinese: nel 15° secolo Gutenberg ebbe l’idea di utilizzare lettere e caratteri singoli ottenuti mediante il versamento di piombo fuso in matrici di metallo con il disegno della lettera inciso. Dalla Renania l’opera si diffuse rapidamente in Europa grazie alla semplicità e all’esiguo costo delle attrezzature. Oltre alla cassa dei caratteri, che rappresentava il costo maggiore, lo strumento fondamentale era il torchio, un telaio muni to di carrello scorrevole su cui veniva posata la forma inchiostrata riempita dei caratteri. Il primo testo a stampa fu la Bibbia “delle 42 linee”. I primi volumi, detti incunaboli, si modellavano sul modello dei manoscritti, ma ben presto si arrivò alla forma attuale del libro. I caratteri acquisirono varietà ed eleganza: accanto al gotico e al romano fu introdotto il corsivo dal grande tipografo-editore veneziano Aldo Manuzio. Il foglio su cui era stampato il testo comprendeva all’inizio per lo più due o quattro pagine (in quarto), ma dal 1500 si diffusero formati più piccoli (in ottavo, in sedicesimo). Lo strumento venne sfruttato dalle autorità civili e religiose per diffondere leggi, proclami e informazioni di vario genere, o al servizio dell’insegnamento universitario. Fu, inoltre, un potente strumento di divulgazione per Lutero e i riformatori oltre che per i movimenti rivoluzionari inglesi e francesi tra il 600 e il 700. La potenzialità eversiva della stampa fu per tempo intuita sia dalla Chiesa (che fin dagli inizi del 500 introdusse le prime forme di censura preventiva con indici di opere proibite) sia dallo Stato. Durante l’età dei Lumi al grande aumento quantitativo corrispose una diversificazione del prodotto (storia, geografia, romanz i) e lo sviluppo della stampa periodica. La scolarizzazi one delle classi inferiori dovrà attendere le prime iniziative dei despoti illuminati in Prussia, Austria e P. Scandinavi, della II metà del 700. 4. Asburgo contro Valois: la ripresa della guerra in Italia L’elezione a nuovo pontefice di Adriano VI e l’alleanza dell’Impero con Inghilterra e Venezia minarono definitivamente gli equilibri europei. Nel nuovo assetto politico era prevedibile che la pace non potesse durare:  La Francia, sentitasi accerchiata, doveva cercare di restringere i domini asburgici.  L’impero mirava a conquistare il Milanese e la Borgogna, domini francesi situati entro i confini imperiali. Nel 1524 Francesco I, forte di 30mila uomini, rientra a Milano (da poco abbandonata) e assedia Pavia, ma verrà sconfitto e catturato: in cambio della libertà sarà costretto a firmare, nel 1926, il Trattato di Madrid, con cui rinunciava per sempre sia al Milanese che alla Borgogna. Ma le promesse non saranno mantenute. Nello stesso anno, infatti, Francesco I stipula a Cognac una Lega difensiva con il nuovo Papa, ₁Clemente VII (Medici), ₂Firenze e la ₃Repubblica di Venezia e incita i turchi, suoi alleati, ad avanzare verso l’Ungheria. I francesi, però, tardarono ad intervenire in Italia: nel 1527 12mila lanzichenecchi al servizio di Carlo V discesero la penisola senza incontrare resistenza. Giunti alle mura di Roma, rimasti senza capi e fedeli alla dottrina luterana, sottoposero la città ad un orribile saccheggio costringendo il Papa a rifugiarsi a Castel Sant’Angelo. I fiorentini ne approfittarono per sollevarsi contro i Medici e ristabilire un governo repubblicano. L’anno seguente un esercito francese mosse contro Napoli occupando, durante il passaggio, Genova: qui l’armatore Andrea Doria, importante alleato, li tradì passando dalla parte dell’Impero →I francesi, senza appoggio navale e decimati da una pestilenza, si ritiravano nel mezzogiorno. Nel 1529 Carlo V, in difficoltà finanziarie e minacciato dalla potenza ottomana, firmò con il Papa la pace di Barcellona e, poco dopo, a Cambrai si riconciliò con Francesco I che rinunciava ai domini italiani ma conservava la Borgogna. A Milano fu insediato Francesco II Sforza con il patto che alla sua morte il Ducato tornasse nei domini imperiali. Carlo sarà incoronato imperatore in San Petronio (ultima volta in Italia). In cambio il Papa ebbe l’appoggio per piegare i fiorentini e ristabilire il potere mediceo. Mentre l’imperatore sarà impegnato contro i Turchi nel Mediterraneo e contro i protestanti in Germania, Francesco I riaccenderà, senza successo, la guerra in Italia e nei Paesi Bassi. 5. L’espansione della potenza ottomana Se nella penisola balcanica e nel Mediterraneo l’espansione ottomana parve non incontrare ostacoli, a oriente venne contrastata sin dagli inizi del 16secolo dall’espansione dell’impero persiano a opera della dinastia Safawide, di fede sciita, guidata da Shah Ismail, di soli 14 anni. Preoccupato, il sultano ottomano Selim I fece massacrare i propri sudditi sciiti e mosse contro Ismail un grande esercito, riportando a Cialdiran una schiacciante vittoria. Assicuratosi le spalle a oriente, ora Selim I rivolgeva la sua attenzione al Mediterraneo: nel giro di due anni sottomise la Siria e l’Egitto, assicurandosi, dunque, il controllo di due porti strategici e poli religiosi (Medina e la Mecca). Il sultano diveniva, così, capo di tutto l’Islam sunnita. L’avanzata dei turchi nel Balcani riprese nel 1526 quando un potente esercito agi ordini di Solimano il Magnifico risalì il Danubio penetrando in terre ungheresi, uccidendo il re e rendendo l’Ungheria suo stato vassallo. Ma la successione era rivendicata dall’arciduca Ferdinando, cognato del defunto Luigi II: i Turchi, dunque, in difficoltà per la grande distanza dalle basi ottomane, stipularono la pace con Ferdinando riconoscendogli il possesso di un’ampia striscia di territorio ungherese a Nord Ovest. Non meno grave appariva la minaccia ottomana nel Mediterraneo, teatro delle audaci scorrerie dei pirati barbareschi e in particolare di Barbarossa, signore di Algeri. Quando anche Tunisi, nel 1534, cadde nelle mani di quest’ultimo, Carlo V guidò una spedizione che portò alla sua riconquista. Ma già negli anni successivi l’iniziativa fu ripresa e nel 1538 gli ottomani sconfissero a Preveda le flotte di Spagna e Venezia. Una caratteristica della civiltà islamica era la pacifica convivenza di razze e religioni diverse: l’impero contava, intorno al 1530, oltre 30milioni di abitanti, tra cristiani, ebrei e musulmani. Fondamentale fu anzi il contributo dei sudditi cristiani al rafforzamento del regime attraverso la leva forzata (devshirme) di bambini educati nella fede musulmana e addestrati per il servizio di corte o per formare il corpo militare dei giannizzeri. Nell’esercito, accanto ai giannizzeri e a una progredita artiglieria vi erano i sipahi, cavalieri che in cambio del servizio militare ricevevano terre: nell’impero ottomano, infatti, tutta la terra era di proprietà del sovrano che esercitava un’autorità assoluta e dispotica sugli uomini e sulle cose. Anche i membri del divan (consiglio), presieduto dal gran visir, erano spesso schiavi o liberti. Gli aspetti dispotici del sistema di governo ottomano non incidevano però sulla vita della massa dei sudditi, per certi aspetti migliore di quella europea:  Non esisteva la servitù della gleba  Il prelievo economico operato sui contadini non era eccessivamente gravoso  I giudici che applicavano la legge islamica amministravano una giustizia pronta ed imparziale  La protezione dello stato era assicurata ai mercanti e agli artigiani riuniti in corporazioni La vicenda ebbe una eco immensa e fu presentata dall’Impero come punizione di Dio alla Chiesa corrotta L’impero prese il nome dalla dinastia turca degli Ottomani fondata nel 14secolo da Osman I, emiro di uno staterello islamico in Anatolia. Il territorio si ampliò a dismisura sotto i suoi successori finché nel 1453 Costantinopoli cadde nelle mani di Maometto II che la ribattezzò Istanbul e la rese capitale. La fede sciita, variante della religione musulmana, riconosceva l’autorità politico- religiosa dei discendenti di Alì, cugino e genero Maometto. I sunniti, invece, sostenitori della tradizione (sunna), ammettevano solo il principio elettivo I nuovi orizzonti geografici 1. Africa e America Alla fine del Medioevo i rapporti degli europei con gli altri continenti erano limitati agli scambi economici e culturali tra le sponde del Mediterraneo. I viaggi verso il favoloso Oriente, frequenti tra il 13 e 14 secolo, si erano fatti radi dopo l’avvento della dinastia Ming in Cina e con l’espansione della potenza ottomana nel Mediterraneo e nei Balcani. Le nozioni geografiche erano, per quanto riguardava gli altri continenti, assai vaghe e imprecise: si era imposta, grazie all’autorità di Tolomeo, la concezione sferica della Terra, ma il continente africano era creduto molto più corto. Proprio questi errori incoraggiarono le esplorazioni dei portoghesi e di Colombo. Un effetto analogo ebbero le fantasie circa le ricchezze delle Indie o l’esistenza, in un luogo imprecisato, del regno cristiano del mitico prete Gianni con il quale si sarebbe potuto stabilire un’alleanza in funzione antimusulmana. Realtà: La popolazione dell’Africa nera, in lenta ma costante crescita; assai vario era anche lo sviluppo economico che alternava allevamento e agricoltura alla produzione di tessuti, ceramiche e utensili. La penetrazione araba aveva portato un’espansione dei traffici e una conseguente fioritura tra di formazioni statali complesse: il Mali (Timbuctù stupiva i visitatori per la ricchezza e la raffinatezza della sua vita culturale), l’Impero etiopico, il regno del Benin e, più a Sud, il Regno del Congo e dello Zimbabwe. In America le civiltà più evolute, sviluppatesi negli altopiani dell’America Centrale e lungo le Ande, praticavano un’₁agricoltura sedentaria basata su mais, tuberi, pomodori, fagioli, peperoni e cacao. Benché fosse sconosciuto l’uso del ferro e della ruota, varie erano le ₂attività artigianali (vasellami e utensili, stoffe…) e imponenti le ₃opere pubbliche, sia di pubblica utilità (canali irrigatori, strade) che di culto (piramidi). Quando gli spagnoli giunsero in America era ormai da tempo in declino la civiltà maya, ma la sua eredità spirituale era stata raccolta da popolazioni guerriere provenienti dal Nord, Aztechi e Inca. 2. I viaggi di esplorazione Il primo paese a intraprendere l’esplorazione dei nuovi mondi fu il Portogallo, grazie: I. alla posizione geografica e all’alleanza stabilita dalla dinastia Aviz con il ceto mercantile e marinaresco II. al particolare interesse per l’esplorazione del principe Enrico il Navigatore. III. all’utilizzo della caravella, leggera e manovrabile, resa nota grazie ai viaggi di Colombo e Vasco da Gama. IV. Ai progressi tecnologici (bussola ad ago magnetico) e all’esperienza di capitani e marinai: assai difficile era la navigazione nella sterminata estensione dell’oceano Atlantico. V. Dopo i primi viaggi le navi tornarono cariche di schiavi e, in seguito, oro, stimolando nuove spedizioni. L’espansione marittima portoghese ebbe inizio con la presa di Ceuta (a Sud dello stretto di Gibilterra) nel 1415 e proseguì con l’occupazione di Madera e Azzorre, la scoperta delle isole di Capo Verde e del Golfo di Nuova Guinea. Il re Giovanni II si pose con chiarezza l’obiettivo di circumnavigare l’Africa in direzione dell’Oriente e di ottenere informazioni circa i porti e la navigazione nell’Oceano indiano. Noti furono Bartolomeo Diaz, che, alla fine del 1487, doppiò l’estremità meridionale dell’Africa (da lui battezzata Capo di Buona Speranza) e il navigatore genovese Colombo: l’obiettivo era circumnavigare l’Africa per raggiungere l’Oriente, supportato anche dalla convinzione (dello scienziato Toscanelli) che Giappone ed Europa fossero separate di appena 60° di longitudine, circa 1/3 della distanza reale. Ma lo scetticismo portoghese convinse Colombo a rivolgersi alla Spagna: ottenne, con le “capitolazioni di Santa Fè”, una parte del denaro necessario, il titolo di ammiraglio del Mare Oceano, la carica di vicerè e governatore delle terre eventualmente scoperte e una partecipazione agli utili che ne sarebbero derivati. Il 3 agosto 1492 tre velieri con 120 uomini presero il largo dal porto di Palos e il 12 ottobre raggiunsero l’isola di Watling, nelle Bahamas, battezzata San Salvador. Ma l’ammiraglio era convinto, e lo rimase per sempre, di essere giunto nelle propaggini dell’Asia. Nel marzo del 1493 egli fece un trionfale ritorno a Palos, portando alcuni “indiani”, pappagalli e abbastanza oro ottenuto dagli indigeni per indurre Isabella a finanziare una seconda e più consistente spedizione. Ma il 2° viaggio non produsse la quantità di ricchezze sperata, e molte furono le accuse di mal governo contro l’ammiraglio → con enormi difficoltà otterrà i mezzi per altre 2 spedizioni (foce dell’Orinoco coste centroamericane). Contemporaneamente l’eco della scoperta di Colombo aveva stimolato nuove iniziative:  Giovanni Caboto (1497 e 1498) verso Terranova, nel Labrador, le coste nord occidentali degli Stati Uniti per conto degli Inglesi  La ricognizione di quasi tutta la costa Atlantica dell’America meridionale compiuta da Amerigo Vespucci, al servizio prima della Spagna e poi del Portogallo. Fu proprio Vespucci a comprendere che non dell’Asia si trattava ma di un nuovo continente (in suo nome America). Al tempo dell’invasione spagnola (1519), l’impero azteco contava 25milioni di abitanti ed era in grande espansione. La guerra era necessaria non solo per accrescere i tributi ma anche per catturare prigionieri da sacrificare agli dei: la religione azteca, infatti, necessitava di sangue umano per placare la collera degli Dei ed equilibrare il precario ordine cosmico. Essa giustificava, inoltre, rigide divisioni di ceto: solo il sovrano e la nobiltà, da cui erano tratti i sacerdoti, potevano possedere la terra coltivata da servi della gleba; per il resto erano le comunità, costituite da clan a base parentale, a procedere a redistribuzioni periodiche del suolo agricolo. Anche l’impero Inca che si estendeva lungo la cordigliera delle Ande e la costa del Pacifico si era costituito nel secolo precedente l’invasione spagnola a partire dalla base intorno a Cuzco, nel Perù meridionale. Al vertice della società era l’inca, il sovrano semidio, circondato da un’aristocrazia composta sia dall’originaria civiltà inca sia dai figli dei capi delle tribù sottomesse, tenuti a corte come ostaggi. La base della società era l’ayllu, la comunità contadina, incaricata di amministrare la giustizia e distribuire terre, riservando una parte del prodotto allo Stato e una al culto. Gradi magazzini pubblici erano eretti in ogni circoscrizione e da essi erano tratti gli alimenti per sfamare i lavoratori requisiti per la mita, una sorte di corvè statale che serviva a costruire opere pubbliche. Accanto alla divinità solare, Inti, gli inca adoravano Viracocha, il creatore del mondo, di cui si attendeva il ritorno e con cui verranno identificati gli spagnoli di Pizarro. In virtù di ciò, alla scoperta del Brasile (Cabral) il Portog. ne rivendicherà il possesso Grande sviluppo ebbe il fenomeno del meticciato, unione fra razze diverse Un’importante conseguenza del viaggio di Colombo fu la disputa tra Spagna e Portogallo circa l’appartenenza dei territori scoperti: con il Trattato di Tordesillas la linea divisoria tra l’area portoghese e quella spagnola sarà fissata 370 leghe a Ovest di Capo Verde. La rivalità con la Spagna affrettò, inoltre, la spedizione portoghese verso le Indie orientali, affidata al nobile Vasco Da Gama → superato il Capo di Buona Speranza risalì le coste dell’Africa fino a Malindi e raggiunse Calicut, in India, ma il lungo viaggio di ritorno comportò la perdita di buona parte del bottino. Subito una nuova e più agguerrita flotta venne allestita e affidata al nobile Cabral che nel 1500, conquistato il Brasile, navigò verso l’India, ripetendo il viaggio di Vasco da Gama e prendendo a cannonate la città di Calicut. Nei primi anni del nuovo secolo l’obiettivo principale fu trovare un passaggio che permettesse, oltrepassando l’America, di raggiungere l’Asia via mare: Ferdinando Magellano, un portoghese al servizio del re di Spagna, trovò in fondo alla Patagonia, nel 1520, lo stretto destinato a prendere il suo nome ma, raggiunte le Filippine, morirà in uno scontro con gli indigeni. D’ora in poi spagnoli e portoghesi avrebbero badato soprattutto a rafforzare le proprie posizioni nelle rispettive aree di influenza e a trarne i maggiori vantaggi possibili. 3. Portoghesi e spagnoli Per i portoghesi la Carreira Da India, il lungo e pericoloso tragitto di andata e ritorno, richiedeva circa un anno e mezzo di tempo e aveva caduta annuale. Per controllare i territori si decise, dunque, di applicare un metodo già felicemente utilizzato: ₁costruire fortezze ed empori commerciali (feitorias), ₂stipulare accordi con i sovrani locali, ₃lottare ferocemente contro i concorrenti. Ma non mancarono segni di opposizione: il sovrano mamelucco d’Egitto in alleanza con il sultano del Gujarat (India) tentò di bloccare l’espansione portoghese, ma venne sconfitto nella grande vittoria navale di Diu nel 1509. Il commercio era strettamente controllato dalla corona attraverso la Casa Da India di Lisbona che prelevava il 30% delle importazioni (il resto dei guadagni finiva nelle mani dei finanziatori delle spedizioni): i guadagni erano, dunque, molti, ma non dobbiamo dimenticare le difficoltà e gli oneri di mantenimento di tali imprese e presidi. Per gli spagnoli, dopo la scoperta di Colombo (1492), solo nel 1517 ebbe inizio l’esplorazione della terra ferma a opera dei conquistadores, soldati (spesso nobili impoveriti), ispirati dalla virtù cavalleresca e infiammati dal miraggio dell’oro. Nel febbraio 1519 l’hidalgo Hernan Cortes partì da Cuba con 500 uomini e procedette fino alla capitale Azteca, dove fu ben accolto da Montezuma II, che lo scambiò per la reincarnazione del Dio Cuetzalcoatl, il serpente piumato. Cortes, invece, lo fece prigioniero e lo obbligò a pagare un enorme riscatto ma, in seguito ad una rivolta in cui fu ucciso lo stesso Montezuma, gli spagnoli si ritirarono. Ricevuti i rinforzi dalle isole e dalle tribù ostili agli Aztechi, Cortes tornò nella capitale, che distrusse nell’agosto 1521, sterminando gli abitanti e costruendo sulle rovine l’attuale Città del Messico. Il resto dell’impero venne rapidamente sottomesso e il 15 ottobre 1522, un editto emanato da Carlo V nominava Cortes governatore e capitano supremo della Nuova Spagna. Francisco Pizarro e Diego Almago nel 1531 mossero da Panama con 180 uomini e 37 cavalli, attratti dalla notizia di un regno di favolosa ricchezza, detto Perù: nella battaglia di Caiamarca l’esercito inca fu sconfitto e il comandante (a cui si era promessa libertà in cambio di un ingente riscatto) fu strangolato durante un terribile assedio. Tra gli strumenti della colonizzazione grande importanza ebbero la fondazione di città e l’encomienda, l’assegnazione a un conquistador spagnolo di una circoscrizione territoriale da cui egli poteva esigere tributi e prestazioni di lavoro dagli indigeni. In cambio offriva protezione e conversione alla religione cristiana (in realtà puro sfruttamento). Nel complesso la corona di Spagna riuscì a svolgere, a partire dalle nuove leggi promulgate da Carlo V nel 1542, un’azione di controllo e moderazione della società coloniale. Contribuì a tale scopo lo sforzo degli ordini regolari (francescani, domenicani e gesuiti) attraverso l’evangelizzazione e combattendo lo sfruttamento degli indios. Perché gli indigeni furono così facilmente sconfitti?  Terrore di armi da fuoco e cavalcature degli spagnoli  Contrasti etnici interni e aiuto al nemico da parte delle popolazioni indie ribelli  Sensazione di essere abbandonati dagli dei e sfacelo di un universo religioso simboleggiato dall’uccisione del sovrano  Malattie come vaiolo, morbillo, tifo e influenza ma anche molti suicidi  Degradazione dell’ambiente provocata dalla mancata manutenzione delle opere irrigatorie e dalla preferenza degli spagnoli all’allevamento rispetto all’agricoltura Per quanto riguarda l’economia, nelle isole caraibiche dopo l’intensa fase di ricerca dell’oro, tra il 1511 e il 1515, si iniziò la coltivazione della canna da zucchero per la quale, data la rapida estinzione della popolazione indigena, fu necessario importare grandi masse di schiavi dall’Africa. Nel continente americano si nota una modificazione del tessuto economico: accanto al mais si cominciò a coltivare il frumento e nel Perù anche l’olio e la vite. Si moltiplicano pecore, buoi e cavalli, dando origine a una locale industria laniera e alla costituzione di grandi ranchos. Nel Messico vennero scoperte nel 1546 le miniere d’argento di Zacatecas (l’anno prima una montagna d’argento in Perù), la cui produzione, grazie all’utilizzo del mercurio, conobbe un rapidissimo incremento. Tra i successi portoghesi, la conquista dell’isola di Ceylon e delle Molucche, concessioni da parte del governo cinese e proficue spedizioni in Giappone. Al pepe, il cotone e lo zenzero indiani si aggiungevano cannella, chiodi garofano, noce moscata, sete pregiate e i legni profumati delle nuove conquiste CONSEGUENZE IN EUROPA ₁L’afflusso di metalli preziosi fu per molto tempo considerato la causa della “rivoluzione dei prezzi”, la tendenza inflazionistica che portò nel XVI secolo a quadruplicare i prezzi di cereali e altre derrate. Oggi si ritiene, piuttosto che sia stato determinante l’incremento demografico. Buona parte di tali metalli, inoltre, fu usato per pagare l’importazione delle spezie dall’oriente, arricchendo, dunque, i Paesi asiatici. ₂Si delineano i contorni di un’economia globale in cui i paesi più progrediti del vecchio continente sono il centro propulsore delle attività commerciali e finanziarie, mentre i territori colonizzati i fornitori di materie prime e forza lavoro. ₃Cambiano anche le abitudini alimentari: avranno importanza centrale mais, patata, pomodoro, zucchero, caffè, tabacco e cacao. ₄Immediato fu l’impatto delle scoperte geografiche e delle scoperte scientifiche conseguenti: sfericità della terra, percezione delle sue dimensioni, e formazione (attraverso il confronto on altre civiltà) di un’identità europea. ₅L’orgoglio suscitato da tali imprese e la rivelazione degli errori della vecchia cosmografia determinarono, inoltre, il tramonto del “mito degli antichi” che segna il passaggio dal Rinascimento alla Controriforma e l’avvio del moderno concetto di progresso. ₆Di contro nasce il mito del “buon selvaggio”, dotato di “religione naturale” perché non indottrinato, ponendo le basi per il superamento di una visione razzista ed etnocentrica e accendendo il dibattito riguardo schiavitù e imposizione culturale (Montaigne). La controriforma e l’Italia del 500 1. Controriforma o Riforma cattolica? Il concetto di Controriforma, coniato in Germania alla metà degli anni 70 del XVIII secolo dal giurista Putter, è uno dei più dibattuti dalla storiografia degli ultimi due secoli. Gli studiosi cattolici, inoltre, preferirono utilizzare il termine “Riforma Cattolica” per sottolinearne l’autonomia rispetto a quella Protestante e la volontà di rinnovamento. L’autorevole gesuita Jedin propose una distinzione tra Riforma Cattolica (esame di coscienza) e Controriforma (fase successiva di lotta contro il protestantesimo), intendendoli come movimenti interconnessi. Di contro, lo storico e gesuita O’Malley ha proposto di eliminare queste terminologie per utilizzare quella di “cattolicesimo moderno”, mentre altri continuano a sostenerne l’utilità. Ma quali furono gli stimoli al rinnovamento religioso?  Le idee e le opere di Erasmo da Rotterdam e l’anticlericalismo diffuso tra ceti colti e strati popolari  L’ondata di profezie e di attese apocalittiche suscitate dalla predicazione di spiriti infervorati come Savonarola  Le sofferenze portate dalle guerre in Italia  La suggestione esercitata da figure di grande spiritualità come il cardinale Contarini e il vescovo Giberti, lo spagnolo Valdes (attorno al quale a Napoli si raccolse un circolo intellettuale tendente al misticismo) e l’inglese Pole  L’avvento al pontificato di Paolo III Farnese, riformatore In questo clima di fervore si colloca, inoltre, sia la creazione di nuovi ordini, sia il rinnovamento di quelli preesistenti. Nasce intorno al 1528 l’ordine dei ₁cappuccini, nuovo ramo della famiglia francescana: ispirato all’ideale della povertà assoluta di San Francesco, umiltà e assistenza spirituale, divenne ben presto molto noto. Più legati alla vita attiva ₂teatini, barnabiti e somaschi: obiettivi sono la formazione del clero, l’evangelizzazione, l’assistenza ai malati e agli orfani. Ma l’ordine che più di tutti incarnò lo spirito della controriforma fu la ₃Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola, hidalgos spagnolo. Dopo essere stato ferito durante assedio di Pamplona si pose al servizio della Chiesa come difensore e liberatore della Terra Santa offrendo fedeltà assoluta: il lungo tirocinio previsto muniva i membri dell’ordine di disciplina, energia, tecnica, abnegazione, rendendoli strumento ideale per la difesa e la propagazione della fede cattolica. Se molti di essi vivevano in case professe (e non potevano possedere beni), ben presto si riunirono in collegi, sostenuti da benefattori, dediti alla formazione del clero e del ceto aristocratico o alto-borghese → dotati di una specifica pedagogia, ben presto si specializzarono nella formazione. 2. Il concilio di Trento Nel segno della repressione, nel 1542 venne creata a Roma la Congregazione del Sant’Uffizio o dell’Inquisizione di cui fece parte il cardinale Gian Pietro Carafa, futuro papa Paolo IV, intransigente difensore dell’ortodossia. Non vi era più posto per tentennamenti: in Italia l’unica alternativa al nicodemismo (fingere un conformismo ma avere fede diversa) era l’esilio volontario. Dopo le molte sollecitazioni dell’imperatore Carlo V, il Concilio ecumenico (di tutta la cristianità) fu indetto nel 1542 a Trento ma a causa delle ostilità riaperte tra Carlo V e il re Francia si riunirà effettivamente solo nel ’45 (presiieduto da Pole). I lavori saranno interrotti dalla peste e dalle riprese ostilità, e solo nel ‘62 (riconvocato da papa Medici) fu portato a termine. Tra gli argomenti di dibattito la definizione del peccato originale (considerato poi cancellato dal battesimo), e il principio di giustificazione per sola fede (considerato eretico), l’esistenza del Purgatorio, la validità delle indulgenze e il rilievo del sacramento dell’eucarestia. Veniva, inoltre, chiaramente stabilita la superiorità del Papa sul concilio e la sua discrezionalità nell’applicare le deliberazioni. Per quanto riguarda la formazione e i doveri del clero, si istituirono seminari e collegi, il divieto al cumulo dei benefici e l’obbligo di abitazione (e controllo) nella propria diocesi. Se, soprattutto fuori dall’Italia, l’applicazione dei decreti tridentini fu osteggiata dalla volontà di indipendenza dei vari sovrani cattolici, indubbiamente essi segnarono una ripresa in grande stile della Chiesa cattolica. Tale spirito militante fu evidente nel pontificato di Pio V Ghisleri, ispiratore del massacro di valdesi in Calabria e vincitore a Lepanto contro i Turchi. Per riaffermare la supremazia del Papa sui sovrani, oltre a scomunicare la regina d’Inghilterra Elisabetta I, ripubblicò la bolla medievale in Coena Domini. Ma il papato della controriforma raggiunse il suo apogeo con il combattivo ed energico Sisto V  Profonda riorganizzazione della curia romana: il numero dei cardinali fu fissato a 70 e i collegi, con compiti divisi e predeterminati, persero il carattere di contrappeso dell’autorità pontificia, divenendo mero strumento del suo potere.  Spietata lotta contro il brigantaggio, riduzione delle autonomie delle città e, all’estinzione della discendenza degli Este, annessione di Ferrara allo Stato della Chiesa  Abbellimento dell’Urbe: strade, chiese, acquedotti, obelischi, completata la cupola di san Pietro Con il l termine Controriforma si designa il complesso insieme di movimenti, istituzioni e iniziative messe in atto tra 500 e 600 nella Chiesa cattolica romana, sia in risposta al dilagare della Riforma protestante (arginarne la diffusione e riconquistare territori) sia per rispondere alle esigenze di rinnovamento interne, già emerse in molti concili Tra le donne, Angela Merici fondatrice della congregazi one delle orsoline Grande fu il contributo all’attività missionaria: memorabile fu l’impegno di Francisco Javier, compagno di Loyola (India, Indonesia e Giappone) Tra gli esuli più noti, Ochino, ex generale dei Cappuccini, e i fratelli Sozzini, negatori della trinità e fautori di un cristianesimo moderato CARLO BORROMEO Carlo Borromeo, ricco nobile milanese, fu nominato cardinale dallo zio, Papa Pio IV. Sarà poi arcivescovo di Milano. Il suo episcopato fu contrassegnato dalla sua austerità di vita, pietà, instancabile azione moralizzatrice e lotta contro le eresie. L’abnegazione e lo spirito di carità dimostrati in occasione della peste che imperversò ne 1576- 77 valsero ad accrescerne il prestigio e la fama di santità. Ma la sua insofferenza ai limiti e controlli lo pose in conflitto sia con il clero che con il Senato, il tribunale supremo dello Stato di Milano. Seguiranno scomuniche e riconciliazioni. L’INQUISIZIONE IN ITALIA Istituita il 21 luglio 1542 da Papa Paolo III con la bolla Licet ab initio, riflette la crescente preoccupazione per il diffondersi in Italia di idee eterodosse e protestanti anche ai livelli più alti della società e della gerarchia ecclesiastica (Vergerio, Ochino). Restano escluse Sicilia e Sardegna, sottoposte all’Inquisizione spagnola. Se in una prima fase obiettivo è estirpare il dissenso strettamente teologico, in una seconda fase la repressione si amplia a coloro che deviano dalla tradizione in senso ampio: Giordano Bruno, Campanella (contro la tradizione aristotelica), Galileo (contro le posizioni tolemaiche e geocentriche). Con la bolla Ut pestiferatum opinionum Pio V creò la Congregazione dell’indice impegnata nella repressione della stampa. A partire da Giulio III chi consegnava libri proibiti veniva assolto, così come chi denunciava altri eretici, creando un clima di paura e sospetto. La cultura popolare fu duramente colpita (Carnevale, superstizioni). Studi recenti, grazie all’apertura agli studi degli archivi del Sant’Uffizio, hanno ridimensionato il numero di roghi e pene capitali. L’Europa nell’età di Filippo II 1. Filippo II e i regni iberici Tra il 1555 e il 1556 Carlo V abdicò e rese effettiva la divisione dei suoi domini:  Il fratello Ferdinando diveniva imperatore ed ereditava gli Stati asburgici, Boemia e Ungheria  Il figlio Filippo II ereditava la Spagna con i suoi immensi possedimenti nel Nuovo Mondo e in Europa (Milano, Napoli, Sicilia e Sardegna, Franca Contea e Paesi Bassi. Filippo II ereditava un complesso di risorse del quale nessun altro governo europeo poteva neppur lontanamente vantare: la fanteria castigliana, le ricchezze europee, l’appoggio dei banchieri di Genova e Anversa, i metalli americani. Non riuscì ad assoggettare l’Inghilterra anche a causa della prematura morte della moglie Maria Tudor. Dal padre Carlo V aveva ereditato la dedizione al mestiere del re, l’ideale di giustizia imparziale e il senso di una missione da compiere in nome di Dio. Ma a differenza del padre si sentiva intimamente spagnolo e dalla nobiltà castigliana aveva ereditato austerità, gelosia verso il potere e una religiosità intensa e intollerante, tratto tipico castigliano (frutto della storica Reconquista)  Fu rafforzata in Spagna l’Inquisizione, furono proibiti i viaggi all’estero degli studenti e l‘introduzione dei libri stranieri  Furono duramente colpite le comunità protestanti di Valladolid e Siviglia e, dieci anni dopo, la repressione si abbatté con la stessa forza sui moriscos dell’Andalusia che, nonostante la conversione ufficiale al cattolicesimo, avevano mantenuto la loro lingua e le loro usanze: soffocata la ribellione, furono deportati a Nord e, in seguito, definitivamente espulsi  Rispetto all’Italia, però, dove la repressione aveva duramente colpito la vita intellettuale, in Spagna non si registrarono restrizioni alla libertà di pensiero. Abbiamo invece il “Secolo D’Oro” di Cervantes, De Vega e Velazquez Non si spinse mai verso una centralizzazione assolutistica del potere: rimase sempre fedele alla concezione imperiale di Carlo V, secondo cui ogni singolo paese doveva mantenere la propria individualità e i propri ordinamenti, unito agli altri solo nella persona del sovrano e controllato da rappresentanti diretti (vicerè o governatori). Venne esteso e perfezionato il sistema dei Consigli: oltre al ₁Consiglio di Stato (politica estera), al ₂Consiglio dell’Inquisizione e al ₃Consiglio di Azienda (finanze), vi erano ₄consigli preposti ai diversi complessi territoriali in cui sedevano rappresentanti dei paesi interessati. In ambito economico la corona gravava sui sudditi attraverso un sistema tributario penalizzante: il denaro veniva speso prevalentemente all’Estero, sia per campagne militari, sia per importazioni di manufatti e derrate agricole (la tradizione guerriera penalizzava l’agricoltura, mentre era sviluppato l’allevamento). Vi fu una decadenza delle attività industriali e del commercio, ora in mani straniere, e pestilenze e carestie aggravarono la situazione. 2. L’egemonia spagnola in Italia La pace di Cateau-Cambresis* sancì un’egemonia spagnola destinata a durare fino agli inizi del XVIII secolo.  Filippo controlla direttamente i regni di Napoli, Sicilia e Sardegna, il Ducato di Milano e il minuscolo, ma strategicamente importante, Stato dei Presidi (Talamone, Orbetello, Argentario)  I sovrani di Savoia e Toscana devono alla corona spagnola i propri titoli  Genova è legata a Madrid da interessi finanziari  I Ducati padani (Mantova, Parma, Piacenza, Ferrara, Reggio e Modena) sono troppo piccoli per contare sulla scena politica  Lo Stato pontificio è legato alla corona finanziariamente e come entità universale del cattolicesimo  Solo Venezia può considerarsi veramente indipendente In ogni caso, la stabilizzazione politica successiva alla vittoria spagnola sulla Francia favorì la ripresa economica e demografica, un ammodernamento delle strutture istituzionali e una ricomposizione delle classi dirigenti. Più accentuata fu l’evoluzione assolutistica in Toscana: ai Medici, riportati a Firenze dalle armi spagnole, venne riconosciuto nel 1530 il titolo ducale e alle magistrature repubblicane vennero sovrapposti due consigli formati dagli esponenti delle famiglie più importanti: il Consiglio dei duecento e il consiglio dei 48 (o Senato). Ma sarà soprattutto Cosimo I a muoversi verso l’assolutismo, svuotando questi organi di potere effettivo e governando attraverso la “Pratica Segreta”, un consiglio di segretari fidati. Lo Stato Sabaudo, occupato durante le guerre fra Spagna e Francia, fu ricostituito dal duca Emanuele Filiberto: trasferita la capitale a Torino, soppresse le autonomie locali, centralizzò il controllo finanziario e costituì un piccolo esercito permanente. Le iniziative espansionistiche del successore, Carlo Emanuele, saranno fallimentari (solo Saluzzo) A Genova nel 1575 i tradizionali contrasti tra vecchia e nuova nobiltà sfociarono in gravi disordini: quando i primi abbandonarono la città, a fronte delle rivendicazioni degli strati popolari, furono modificati i meccanismi di elezione. A Venezia gli stessi contrasti indurranno la nobiltà “giovane” a ribellarsi contro l’oligarchia del Consiglio dei Dieci: al Senato saranno restituiti i poteri usurpati e si spingerà per una politica estera più energica e indipendente sia dalla potenza spagnola sia dalla chiesa. Dovunque gli interlocutori principali del potere sovrano erano i nobili, che proprio in questo periodo andavano riqualificandosi: mentre nel mezzogiorno spadroneggiava un’aristocrazia di tipo feudale, nelle aree centro- settentrionali, primeggiavano i patrizi, ceto urbano di origine mercantile. Il nuovo re di Francia Enrico II volle tentare la sorte delle armi: sconfitto a San Quintino dovette firmare nel 1559 la pace di Cateau-Cambresis*, che assicurava alla Spagna una schiacciante supremazia in Italia e il possesso della Franca Contea e dei paesi Bassi. All’estinzione della corona Portoghese, infatti, il territorio mantenne la propria autonomia, così come il regno D’Aragona e Catalogna (di cui però, il separatismo e la vicinanza alla Francia saranno sempre una spina nel fianco) Ciò non vale per i possedimenti spagnoli diretti, controllati da vicerè o governatori (ma autonomi a livello legislativo) e vessati dalla tassazione. Contrastata la feudalità meridionale (e i suoi abusi), la corona minerà lo strapotere di Milano attraverso la creazione del catasto e della Congrega dello Stato, in cui sedevano i rappresentanti dei contadini accanto a quelli delle città Ma l’educazione protestante impartita in Scozia al figlio di Maria Stuart, futuro Giacomo I, aveva garantito una successione indolore al trono 3. La battaglia di Lepanto e i conflitti nel Mediterraneo I possedimenti di Filippo gli garantivano una posizione dominante nel Mediterraneo occidentale, ma al tempo stesso lo rendevano più esposto agli attacchi dei corsari barbareschi e della potenza ottomana. Dopo un tentativo fallito di prendere Malta, nel 1570 la flotta ottomana comandata dal successore di Solimano il Magnifico, Selim II, sferrò un improvviso attaccò contro l’isola di Cipro (veneziana). Allo stesso tempo Tunisi cadeva nelle mani del bey di Algeri, vassallo del sultano. Per iniziativa di Papa Pio V, dunque, si costituì una nuova “Lega Santa” in cui entrarono, oltre a Venezia e alla Spagna, anche Genova, Savoia e Malta. Il 7 Ottobre 1571 la flotta cristiana, comandata da don Giovanni d’Austria (un figlio di Carlo) sbaragliò quella ottomana nei pressi di Lepanto all’imboccatura del golfo di Corinto. Pur esaltata come punizione di Dio sui dissidenti, sul piano politico i risultati furono modesti: Venezia, preoccupata per i suoi possedimenti nel Mediterraneo orientale, preferì firmare una pace separata rinunciando a Cipro e tornando alla sua tradizione politica di buon vicinato con Instanbul. Negli anni successivi il sultano e il re di Spagna volsero la loro attenzione uno alla Persia, l’altro alle vicende nord-europee: era dunque necessaria una tregua, che durerà fino alla fine del sec. 3. La rivolta dei Paesi Bassi All’origine dell’insurrezione olandese contro la Spagna di Filippo II vi furono tre fattori: I. RELIGIOSO: I Paesi Bassi erano stati terreno fertile per la diffusione delle dottrine riformate, in particolare il calvinismo, accompagnato dalla risposta repressiva di Filippo II II. POLITICO: Filippo aveva affidato il governo alla sorella Margherita, ma al fianco aveva posto il cardinale di Granvelle che, intransigente e irrispettoso delle autonomie locali, aveva suscitato l’opposizione di nobili e patrizi: nel 1566 invasero in armi il palazzo della governatrice e pretesero l’abolizione dell’Inquisizione e la mitigazione delle leggi contro i protestanti. III. ECONOMICO: la crisi colpì i centri urbani e soprattutto Anversa a causa del trasferimento ad Amburgo del fondaco (luogo di raccolta dei panni da tingere) e della temporanea chiusura del Baltico (vi era una guerra in corso Svezia e Danimarca) Quando nel 1566 i rivoltosi calvinisti si diedero alla devastazione di chiese e immagini sacre, Filippo inviò un esercito comandato dal terribile Duca d’Alba: giunto a Bruxelles fece arrestare i capi dell’opposizione e istituì il Tribunale dei torbidi che in pochi mesi pronunciò oltre 1000 condanne a morte. I metodi spietati del Duca di ferro e l’aggravarsi della tassazione suscitarono grande malcontento → il principe Guglielmo di Orange, aristocratico sfuggito alle angherie del Duca, allestì una flotta per invadere le province settentrionali, facendosi proclamare nel 1572 statolder (governatore militare) delle province di Olanda e Zelanda e convertendosi al calvinismo. In quelle zone acquitrinose (naturalmente più difendibili) i rivoltosi, chiamati con sfregio pezzenti dagli spagnoli, riuscirono a resistere grazie al supporto degli ugonotti francesi e dei protestanti inglesi e tedeschi: resero le coste della Manica impraticabili e la Spagna fu costretta a rifornire l’esercito attraverso la costosa via terrestre. Filippo fece bancarotta: i soldati si ammutinarono e saccheggiarono orribilmente Anversa. Naufragata l’ipotesi di un’alleanza fra cattolici e protestanti olandesi (contro Filippo), nel 1579 si giunse alla definitiva scissione del paese: le province meridionali tornarono tutte all’obbedienza, mentre le province settentrionali (tra cui l’Olanda). Neppure l’assassinio di Guglielmo d’Orange poté arrestare l’indipendenza di questi territori. 4. L’Inghilterra elisabettiana Elisabetta salì al trono dopo la morte di Maria Tudor (moglie di Filippo) alla fine del 1558. Maestra nell’arte della dissimulazione e del calcolo politico, pur mantenendo buoni rapporti con il Parlamento, spinse ad una concentrazione dei poteri nelle mani del Consiglio privato della corona. In ambito religioso adottò un sistema di compromesso: il dissenso fu ampiamente tollerato suscitando l’insoddisfazione dei calvinisti più intransigenti (puritani) che, solo in seguito, costituiranno una vera forza di opposizione alla monarchia. Il rifiuto di Elisabetta di concedere la sua mano ai numerosi pretendenti faceva temere una ripresa delle guerre civili dopo la sua scomparsa. Veniva inoltre accusata di essere figlia illegittima e, dunque, si acclamava come regina di diritto Maria Stuart di Scozia, di fede cattolica (discendente diretta di Enrico VIII). Dichiarata deceduta nel 1568 dalla nobiltà scozzese calvinista, Maria riparò in Inghilterra dove non cessò di intrigare con gli oppositori del regime e con gli emissari delle potenze cattoliche: per questo nell’87 Elisabetta firmerà la sua condanna a morte e ciò aprirà alla guerra con la Spagna. Ad una stabilizzazione della moneta e una moderazione dei tributi seguì un moto di espansione dell’economia e della società: se la nobiltà titolata perse molto del suo potere politico ed economico (penalizzata dall’inflazione e costretta a trasferirsi a corte), di contro vi fu un rafforzamento dei ceti intermedi → piccoli e medi proprietari terrieri (gentry), gruppi mercantili, e uomini di legge, acquistarono terre sparse dalla corona, li accorparono, recintarono e si dedicarono al commercio dei propri prodotti. L’uso collettivo della terra scomparve. I contadini esclusi dalle terre, notevolmente impoveriti, spinsero Elisabetta a promulgare le prime leggi a favore dei poveri. Lepanto fu l’ultima grande battaglia della storia combattuta con la tecnica dell’abbordaggio: si accostavano le navi e si combatteva sul ponte scivoloso Il mediterraneo rimase per tutto il 500 crocevia di traffici e scambi di sete, drappi ma anche beni di prima necessità (grano e sale). Proprio questa prosperità rendeva più aggressiva l’attività piratesca. La “guerra di corsa” (≠ dalla pirateria perché legalizzata, promossa dal governo stesso) era ormai molto diffusa. A ciò si aggiungeva l’azione degli usocchi, pirati slavi che operavano con la protezione imperiale lungo la costa dalmata. Nell’ultimo ventennio del XVI sec. Nel Mediterraneo si registra la penetrazione sempre più invasiva degli olandesi e degli inglesi, dotati di navi veloci, leggere e ben armate È figlia dalla seconda moglie di Enrico VIII, Anna Bolena Di notevole importanza la filatura e della tessitura della lana, l’estrazione del carbone, la siderurgia e la distillazione d ella birra, ma fu soprattutto nel commercio e nella navigazione che l’età elisabettiana segnò una nuova era: la Compagnia di Moscovia, istituita nel 1553, fu la prima di una serie di compagnie privilegiate (Compagnia del Levante e quella delle Indie Orientali), vere e proprie società per azioni che ottenevano dalla corona il privilegio esclusivo di commerciare con una certa area del globo in cambio di prestiti e compartecipazioni agli utili 4. L’impero germanico e l’ascesa della Svezia Alla morte di Ferdinando I la dignità imperiale passerà al figlio Massimiliano II, prima, e, in seguito, a Rodolfo II. Quest’ultimo, rigido assertore del cattolicesimo, dovette far fronte alla larghissima diffusione del luteranesimo, e in Ungheria e Boemia, del calvinismo, ormai seguiti dalla maggior parte dei nobili, bramosi di maggiore autonomia. Quando Rodolfo II pose la sua residenza a Praga, circondandosi di artisti e scienziati, iniziò a mostrare evidenti segni di squilibrio: nel 1609 i nobili boemi lo costrinsero a firmare la Lettera di maestà, in cui concedeva piena libertà religiosa. Pochi anni dopo venne deposto e la corona venne cinta dal fratello Mattia. Intimoriti dai progressi della Controriforma, inoltre, i principi luterani e calvinisti strinsero un’alleanza difensiva (Unione Evangelica) cui si opporrà la Lega cattolica, animata dal potente duca di Baviera Massimiliano di Wittelsbach. Svezia Quando Sigismondo Vasa, già re di Polonia, ereditò la corona di Svezia si creò un’aggregazione territoriale vasta e popolata, ricca di giacimenti di rame e ferro e, dunque, grande esportatrice e maestra nell’arte della produzione di armamenti. In ambito agricolo il ceto contadino, peculiarmente rappresentato anche nella Dieta, costituiva un vivaio ideale di ottimi soldati e tra aristocrazia e corona vigevano rapporti di collaborazione e rispetto. Ma il re sarà presto rovesciato dallo zio, futuro Carlo IX: il nuovo sovrano manifestò subito mire espansionistiche, ma sarà solo il figlio Gustavo Adolfo, a compiere grandi imprese, imponendo la supremazia svedese su tutto il Baltico grazie ad un potente esercito (con coscrizione obbligatoria) e una flotta ben armata. Le prime azioni militari avvennero nella Russia dell’epoca dei torbidi: Con la pace di Stoblova del 1617 la Svezia si vide riconosciuto il possesso dell’Ingria e della Carelia (che le davano il dominio sul golfo di Finlandia). In seguito Gustavo, approfittando della guerra tra Polonia e Turchia, invaderà la Livonia impadronendosi del porto di Riga. 5. Le prime fasi della guerra dei Trent’anni Sul trono imperiale a Mattia, vecchio e privo di eredi, era candidato a succedere il nipote Ferdinando, educato dai gesuiti e intransigente campione della Controriforma cattolica. Nonostante l’iniziale appoggio dei protestanti boemi e ungheresi, ben presto le misure adottate dal sovrano generarono diffuso malcontento: il 23 maggio invasero il palazzo reale formando un governo provvisorio (imitati dalle altre province) e deposero il successore di Mattia (morto), Ferdinando II, offrendo la corona al calvinista Federico V (tra l’altro genero del re d’Inghilterra, ferreo protestante). Ma Federico sarà solo “re di un inverno”: Ferdinando chiederà aiuto a Spagna e Lega Santa, ottenendo una decisa vittoria sui ribelli nella battaglia della Montagna Bianca. Seguirà una dura repressione di calvinisti e protestanti e, in Boemia, l’imposizione di una nuova costituzione che sanciva l’ereditarietà della corona alla casa d’Asburgo. A movimentare la situazione diplomatica e militare (pur risolvendosi in due insuccessi) due eventi: ₁Lo spostamento della Francia (fino ad ora neutralmente benevola agli Asburgo) su posizioni di sostegno alla causa protestante: Richelieu intervenne in Valtellina, occupata dagli spagnoli, ma dovette ritirare le sue truppe per occuparsi degli ugonotti in Francia ₂l’intervento del re di Danimarca Cristiano IV, nello scontro fra Spagna e Province Unite: contrastato dall’esercito imperiale guidato dal duca Wallestein fu costretto a firmare la pace (di Lubecca) promettendo di non intervenire più negli affari dell’impero Con l’editto di Restituzione Ferdinando ordinava la restituzione di tutti i beni ecclesiastici secolarizzati: la causa cattolica sembrava avviata alla vittoria, non solo in Germania, ma anche nei Paesi Bassi dove la presa della fortezza di Breda aveva dato alle forze spagnole un considerevole vantaggio nella guerra in corso contro gli olandesi. Ma era solo l’inizio. 6. Dalla guerra di Mantova alla pace di Vestfalia Nel 1627 morì senza eredi diretti il duca di Mantova Vincenzo II Gonzaga. Il successore designato era (per parentela) il francese Carlo, duca di Nevers, ma gli Asburgo (Spagna-Impero Ger) ne rivendicarono il possesso: un esercito imperiale scese le Alpi e si impadronì di Mantova sottoponendola ad un orribile saccheggio, mentre la fortezza di Monferrato resistette all’assedio spagnolo. Ma le difficoltà interne dei due Paesi, unite alla gravissima epidemia di peste scoppiata nel Nord Italia, costrinsero le due fazioni a firmare la pace con il trattato di Cherasco: Nevers manteneva i propri territori ma si riconosceva suddito dell’Impero. Nello stesso anno Gustavo Adolfo, re di Svezia, era intenzionato a difendere la causa protestante ed affermare definitivamente l’egemonia svedese nel Baltico: appoggiato dai francesi si aprì la strada verso la Germania meridionale saccheggiando la Baviera, mentre i Sassoni, suoi alleati, si impadronivano di Praga. Inutile l’intervento del duca di Wallestein, sconfitto a Lutzen e, in più, condannato a morte con l’accusa di trattative segrete col nemico. Anche Gustavo Adolfo morirà in battaglia. Solo l’intervento congiunto di Spagna e Impero porterà alla sconfitta degli svedesi, a Nordlingen nel 1634. La Svezia si preparava a lasciare il campo ma l’intervento della Francia di Richelieu, intenzionata a minare il consolidamento della potenza imperiale, rianimò l’incendio: la flotta spagnola verrà distrutta da quella olandese nel nella battaglia delle Dune mentre l’esercito francese otteneva una grande vittoria su quello spagnolo a Rocroi. I negoziati di pace durarono dal 1641 al 1648 e sfociarono in una serie di trattati, noti collettivamente come Pace di Vestfalia*: ₁veniva riconosciuta l’indipendenza delle Province Unite; ₂alla Francia andavano i vescovati di Metz, Toul e Verdun, gran parte dell’Alsazia e di altre piazzeforti in Piemonte e sul Reno; ₃la Svezia perfezionava il suo dominio nel Baltico e restava padrona della Pomerania, offerta all’elettore di Brandeburgo Federico Guglielmo (ponendo le basi dell’ascesa del Brandeburgo-Prussia al rango di potenza. + Ungheria, Boemia e ducati austriaci Il calvinismo si distingue dal cattolicesimo, ma anche dal luteranesimo, per alcune particolari visioni dottrinali: la proibizione di venerare immagini sacre, la visione solo spirituale dell’Eucarestia (non sono il corpo e sangue di Cristo), l’impossibilità umana di interpretare le sacre scritture (che devono essere prese letteralmente) *In ambito religioso accanto al cattolicesimo e al luteranesimo verrà ammesso il calvinismo; in ambito politico i principi ottenevano il diritto di stringere alleanze e fare guerre per conto proprio, purchè non dirette contro l’imperatore. Le conseguenze economiche saranno durissime sia per i vincitori che per i vinti. Rivoluzioni e rivolte 1. L’Inghilterra sotto la dinastia Stuart Fin dai primi anni del regno di Giacomo I si ripresentarono le due questioni che già ai tempi di Elisabetta avevano reso difficili i rapporti tra corona e Parlamento: ₁la questione religiosa e ₂quella finanziaria.  ₁Scampata la congiura delle polveri da parte dei cattolici, Giacomo inasprì la legislazione contro di loro. Di contro, il puritanesimo (calvinisti intransigenti), sempre più diffuso, chiedeva una radicale riforma della Chiesa d’Inghilterra e covava grande malcontento nei confronti del re (che cercava per il figlio Carlo I un’alleanza matrimoniale con le grandi corone cattoliche) e della sua condotta sfarzosa e corrotta. Sfumata la possibilità di sposare la sorella di Filippo IV di Spagna, Carlo aveva sposato Enrichetta di Borbone, figlia di Luigi XIII.  ₂I costi della guerra contro la Spagna avevano creato danni incalcolabili. La costante crescita della popolazione non fu accompagnata dal necessario sviluppo delle attività produttive: calò l’asportazione dei pannilani, l’agricoltura visse una serie di cattive annate. Le 4 sedute del Parlamento convocate da Giacomo si rifiutarono di soddisfare le richieste finanziarie della corona. Il re ricorrerà ad espedienti straordinari: prestiti forzosi, concessione di privilegi, vendite di uffici e titoli nobiliari che raddoppieranno il numero dei lord Ad accrescere il malcontento, una politica remissiva nei confronti della Spagna. Nel tentativo di guadagnare il sostegno dei puritani Carlo dichiarerà guerra alla Spagna e invierà aiuto agli ugonotti di La Rochelle, perseguitati dalla Francia: il fallimento di queste due operazioni convincerà sempre di più il Parlamento dell’inadeguatezza di Carlo e del suo favorito a corte, il duca di Buckingham → Carlo sarà costretto a firmare la Petizione di diritto, che dichiarava illegali le tasse imposte senza consenso parlamentare, gli arresti arbitrari e ogni manifestazione violenta del potere. Il duca morirà pugnalato da un ufficiale di marina. Carlo, esacerbato dalle manifestazioni popolari di giubilo che ne erano seguite e dall’ostinazione del Parlamento nell’attaccare la sua politica lo sciolse definitivamente il 2 Marzo 1629: fino al 1640 governerà affidandosi al consiglio privato della corona (soprattutto Thomas Wentworth e William Laud, poi capo della chiesa di Inghilterra come vescovo di Canterbury) e all’azione dei tribunali regi. Non mancarono, agli inizi, utili riforme che eliminarono parte delle inefficienze e degli sprechi I. Grazie alla pace frettolosamente conclusa con Francia e Spagna, le spese furono contenute II. Fu estesa a tutto il paese la Ship Money, tassa per la costruzione di navi da guerra III. Laud riorganizzò la Chiesa d’Inghilterra in modo gerarchico e autoritario: pose ai vertici i seguaci della dottrina arminiana (contrari alla teoria calvinista della predestinazione), ripropose pratiche proprie della religione cattolica e avviò una persecuzione nei confronti dei predicatori puritani. La corona sembra avvicinarsi al cattolicesimo, forse su influenza di Enrichetta, e i puritani ne divengono acerrimi nemici L’Inghilterra, come già Francia e Spagna, sembra avviarsi verso un regime di tipo assolutistico, ma la fragilità finanziaria e burocratica, l’ostilità dei sudditi e l’assenza di esercito permanente mineranno alla base le mire del sovrano. Le novità religiose imposte da Laud suscitarono nel 1638 una rivolta nella Scozia presbiteriana: falliti i tentativi di riconciliazione, Carlo I si decise a convocare il Parlamento (detto “Breve” perché sciolto immediatamente dopo i primi) e, all’avanzare dell’esercito scozzese, a riconvocarlo nuovamente (detto “Lungo” perché rimarrà in carica ben 13 anni). Quest’ultimo privò il sovrano del diritto di sciogliere il Parlamento e procedette in pochi mesi a smantellare tutti i capisaldi del potere regio: furono soppressi i tribunali sottoposti al re, decretata l’inamovibilità dei giudici, l’illegalità della Ship Money e ripristinata la libertà di stampa (il malcontento divenne pubblico e veemente). Lo scoppio di un’insurrezione cattolica in Irlanda pose il delicato problema di chi dovesse condurre la repressione. Il Parlamento intendeva costringere il monarca a cedere il controllo delle forze armate ma Carlo invase la seduta con uomini armati. Il colpo andò a vuoto perché questi ultimi si erano messi in salvo e il re lasciò la capitale deciso ormai a risolvere con la forza la partita. La guerra civile La guerra civile iniziò nell’estate del 1642 e sembrò in un primo tempo volgere a favore del re che poteva contare su una cavalleria di nobili valorosi. Ma il protrarsi delle ostilità fece inevitabilmente pendere l’ago della bilancia a favore del Parlamento: quest’ultimo, infatti, poteva contare sull’appoggio finanziario della City (dove si era trasferito) e sull’alleanza con gli scozzesi (sancita da un patto solenne, Covenant). Il 2 luglio 1644 a Masrton Moor i reparti di cavalleria di Cromwell portarono il primo successo. Dopo le vittorie di Naseby e Langport Carlo sarà costretto ad arrendersi e verrà consegnato al Parlamento: pochi ritenevano che si potesse fare a meno della monarchia e speravano in un accordo con il re. In ambito religioso si opposero due fazioni:  Nel Parlamento dominava la corrente presbiteriana che intendeva riorganizzare la Chiesa con un sistema di consiglieri (presbiteri) altamente gerarchizzato e rigidamente calvinista  Nell’esercito dominavano gli indipendenti, sostenitori della tolleranza religiosa (meno per i cattolici) Tale clima aveva favorito la proliferazione di sette religiose: evidenti sono i legami tra queste tendenze eterodosse e il radicalismo politico che si espresse soprattutto nel movimento dei livellatori, artigiani e piccoli proprietari accusati di voler livellare le distinzioni sociali (sovranità popolare, istruzione e voto universali – solo uomini). Quando si sparse la voce che il Parlamento aveva intenzione di sciogliere l’esercito (o spedirlo in Irlanda a combattere contro i cattolici) senza averlo pagato, essi si uniranno ai livellatori, occuperanno Londra e sequestreranno il re. Aiutato dagli scozzesi Carlo riuscì a fuggire, ma i membri del Parlamento, allontanata la fazione moderata (rimase solo il Rump, mozzicone, radicale) sconfissero l’esercito realista (di seguaci del re) e lo condannarono a morte. Giacomo I Stuart era già re di Scozia quando succedette alla regina Elisabetta sul trono inglese ma, nonostante ciò, i due Paesi non verranno uniti sotto il profilo politico e amministrativo seguendo il tradizionale modello di monarchia composita. Diversi fattori dovevano rendere impopolare il nuovo sovrano: l’origine straniera, le inclinazioni omosessuali, la generosità verso favoriti avidi e inetti Molti decisero di emigrare nell’America settentrionale: tra questi i padri pellegrini, che nel 1620 a bordo della Mayflower fondarono la colonia del Massachusetts Cromwell, gentiluomo di campagna di fede calvinista, dotato di grande talento militare e organizzativo. Fautore del New Model Army, caratterizzato da disciplina ferrea e meritocrazia Il decennio repubblicano, Cromwell al potere L’esecuzione del re fu seguita dalla ₁creazione di un Consiglio di Stato (che prendeva il posto del Consiglio privato della corona), ₂dalla soppressione della Camera dei lord e, nel maggio 1649, ₃dalla proclamazione del Commonwealth (Repubblica unita di Inghilterra, Scozia e Irlanda). I contrasti erano, però, ancora aperti. Il primogenito di Carlo I, rifugiato nei Paesi Bassi, non aveva tardato ad assumere il titolo regio di Carlo II ed era stato riconosciuto sia dagli scozzesi che dagli irlandesi. Per sottomettere definitivamente questi due territori serviva la forza: Cromwell, dopo aver arrestato i capi livellatori, guidò la campagna contro gli insorti irlandesi, segnata da massacri indiscriminati di cattolici, deportazioni in massa e confische di terre a beneficio dei protestanti. Ugualmente rapida e vittoriosa fu la campagna in Scozia. Per la prima volta si apriva una strada per l’unificazione politica delle isole britanniche. Gli anni di interregno, inoltre, segneranno la ripresa in grande stile dell’espansione marittima e commerciale inglese.  Contro gli olandesi venne promulgato l’Atto di navigazione che monopolizzava il commercio con le colonie nordamericane e ammetteva nei porti inglesi solo navi britanniche. La risposta olandese sarà soffocata (durante III guerre navali)  Attaccò la Spagna (già provata dal conflitto francese) e gli strappò la Giamaica, fulcro della tratta internazionale di schiavi Più deludenti i risultati in ambito politico:  Sciolto quanto restava del Lungo Parlamento, al suo posto venne insediata un’assemblea di 144 membri, scelti tra i capi dell’esercito, con il nome di Parlamento Barebone (ridotto all’osso) che, però, durò solo 5 mesi.  Una carta costituzionale frettolosamente stesa proclamava Cromwell Lord protettore del Commonwealth. Limitò la libertà di stampa e il dissenso religioso e scelse personalmente i membri del Consiglio di stato, quasi tutti capi dell’esercito: il potere politico iniziava a coincidere con quello militare. La dittatura militare, però, non rispondeva ai desideri della gentry Alla morte di Cromwell, nel settembre 1658, venne designato a succedergli il figlio Richard, incapace, però, di porre freno alle spinte anarchiche del Paese. Dopo la sua abdicazione l’unica soluzione possibile sembrò essere Carlo II Stuart che, con la dichiarazione di Breda, si impegnò a governare in concerto con il parlamento assicurando libertà religiosa. 2. La Francia a metà 600, Mazzarino e la fronda Lo spietato aumento della pressione fiscale imposto da Richelieu aveva provocato una serie di rivolte popolari per lo più geograficamente circoscritte. Carattere diverso avevano, però, i disordini della “Fronda” (dal francese fronde, fionda). Alla morte di Luigi XIII, preceduta da quella di Richelieu, il piccolo Luigi XIV aveva solo 5 anni: la reggenza fu assunta dalla vedova, Anna d’Austria, e dal cardinale Mazzarino (protetto di Richelieu). Ciò risvegliò le velleità ₁dei principi di sangue e dei nobili e, contemporaneamente, ₂i detentori di uffici veniali (officers) iniziarono a protestare contro la continua creazione di nuove cariche (che portava al deprezzamento delle vecchie). Anche i ₃rentiers, possessori di cartelle di debito pubblico, lamentavano lentezza nella elargizione degli interessi. Alla conclusione della Guerra dei Trent’anni nuove restrizioni fiscali contrarieranno anche il Parlamento: insieme ad altre corti sovrane rivendicò a gran voce la diminuzione delle imposte, l’invalidità di ogni tassa che non avesse ottenuto l’assenso dei parlamenti e l’illegalità degli arresti arbitrati. La regina e Mazzarino fecero arrestare Briussell, uno dei più autorevoli e popolari magistrati di Parigi: la piazza reagì e, di fronte alla sommossa, la corte fu costretta a lasciare la capitale e piegarsi alle richieste del parlamento. La pace, firmata a Saint-Germain il 1 Aprile 1649 chiudeva la Fronda “parlamentare” con la sconfitta regia. Ma le ambizioni del Gran Condè, principe di sangue, scateneranno di lì a poco la Fronda “dei principi” (1650-53) che, priva di disegno politico organico, avrà terribili conseguenze sulla campagna, violentata e impoverita. La sconfitta di Condè e l’esaurimento generale di forze riporteranno la pace nel Paese con il ritorno della regina e Mazzarino: solo l’autorità regia sembra in grado di mantenere l’equilibrio. Rimaneva ancora aperta, dopo la pace di Vestfalia, la guerra contro la Spagna: grazie all’intervento dell’Inghilterra di Cromwell, Mazzarino costringerà la Spagna a sottoscrivere la Pace dei Pirenei e concedere a Luigi la mano della principessa spagnola Maria Teresa (figlia di Filippo IV). 3. Le rivolte nella penisola iberica Mentre la Spagna e impegnata nella guerra contro le Province Unite in patria dilagano rivolte:  La Catalogna si considerava una nazione distinta dalla Castiglia (anche per lingua e cultura): quando il conte- duca di Olivares volle approfittare della presenza dell’esercito castigliano in loco per convocare le Cortes e imporre mutamenti che gli stavano a cuore, la Catalogna insorse e chiese l’appoggio della Francia. Nel 1641 venne proclamata la sua unione alla monarchia dei Borbone. Solo dopo la pace di Vestfalia e grazie all’appoggio dell’aristocrazia catalana, intimorita dall’anarchia dilagante, la Catalogna sarà riconquistata.  Il Portogallo, dopo essere stato chiamato da Madrid alle armi, insorse e pose sul trono il duca Giovanni di Braganza. Filippo IV fu costretto a licenziare l’Olivares, suo consigliere, e a dichiarare la bancarotta. Non potendo riconquistarla il re la proclamerà indipendente.  Velleità separatiste affioravano anche nel regno di Napoli, Sicilia, Andalusia, Messico e in Aragona. Dopo l’era Sengoku, caratterizzata da guerre intestine che, tuttavia, riunificheranno il Paese, seguirà l’era Tokugawa (dal nome del nuovo shogun che mise fine alle lotte e trasmise il ruolo ai disendenti): nonostante la persistenza di strutture feudali, vi fu un accentramento del potere e la fedeltà dei daimyo era garantita dal lasciare “in ostaggio” a Edo (sede dello shogunato) alcuni familiari e trasferirvi periodicamente la propria residenza. In questa era, inoltre, furono chiuse le frontiere verso l’esterno: non solo venne proibito ai giapponesi di recarsi all’estero ma i missionari giunti dall’Europa nel XVI secolo furono cacciati o messi a morte. Tuttavia questo isolamento, data la grandezza dei mercati interni, non impedì lo sviluppo dell’economia giapponese e di una borghesia degli affari. Parallelamente si accentuava il divario tra i contadini più facoltosi, proprietari di vaste tenute, e le masse di poveri coltivatori, ridotti alla condizione di braccianti. Andavano maturando, caso unico al di fuori del mondo europeo, le condizioni per il passaggio al sistema di produzione capitalistico. L’India Il subcontinente indiano, come la Cina, era un crogiolo di razze lingue e religioni. Il panorama religioso si complicherà con l’affermazione del movimento sikh, assertore di un rigido monoteismo e con la comparsa del cristianesimo portato dagli europei. Al pluralismo religioso faceva riscontro la frammentazione politica: due le potenze maggiori →  un sultanato turco si era insediato a Delhi alla fine del XII secolo. Nonostante la grande estensione (dal Punjab al Gange sup.), doveva fare i conti con la presenza bellicosa dei raijput, aristocrazia guerriera organizzata in signorie semi-indipendenti.  Nella penisola del Deccan, invece, la potenza dominante era l’impero Vijayanagar Il precario equilibrio fu rotto dall’irruzione di un capo militare afghano, Babur, che gettò le fondamenta per l’impero dei Moghul. Il maggiore artefice fu però Akbar il Grande, che sottomise tutta l’India centro settentrionale e riuscì a dare a questo immenso territorio un inquadramento statale relativamente saldo, favorendo l’integrazione tra musulmani e indù. Notevole fu lo sviluppo manifatturiero, stimolato dallo sfarzo della classe dirigente e in misura crescente dalla domanda europee (soprattutto mussole e cotone). Con gli scambi crebbe una classe media di mercanti, usurai, armatori di navi che alcuni studiosi hanno paragonato alla nascente borghesia europea. L’apogeo dell’impero Moghul incise con il lungo regno di Aurangzeb (come dimostrato da monumenti come il Taj Mahal) ma con il successore l’imperò comincerà il suo declino, che si aggraverà con le invasioni persiane e afghane. Inizia anche la penetrazione francese, ma soprattutto inglese. La Persia e l’impero Ottomano La Persia e l’Impero Ottomano erano divisi da una lunga e mal definita frontiera, ma soprattutto dalla contrapposizione religiosa fra islamismo sciita e islamismo sunnita. In Persia lo scià Abbas il Grande ottenne importanti risultati militari contro i turchi riconquistando la Georgia e l’Azerdbaigian, trasferì la capitale a Isfahan e diede impulso all’economia persiana (anche se gran parte della popolazione rimase allo stadio nomade-pastorale). Nel 1722 la dinastia safawide venne rovesciata ad opera di un invasore afghano, Nadir Shah e ne seguirono lotte intestine. L’impero ottomano concluderà la propria espansione durante la guerra contro gli Asburgo in Ungheria (conclusa senza alcun vantaggio). Ma per un popolo guerrigliero e conquistatore questo fu deleterio: la disciplina dell’esercito (giazzinieri) cominciò a incrinarsi, l’autorità del sovrano fu indebolita e la corruzione dilagò negli uffici statali. Il sistema di successione prevedeva che i figli del sultano governassero le province e, alla sua morte, il più prestigioso uccidesse i propri fratelli e prendesse il potere su tutto il territorio. Questa usanza crudele fu abbandonata agli inizi del XVII secolo a favore del seniorato: al sultano non succedevano più i figli ma i fratelli in ordine di età, cresciuti nel palazzo imperiale senza alcuna esperienza di governo. Così la maggior parte dei sovrani del XVII e XVIII secolo furono uomini inetti e la direzione del governo fu per molto tempo nelle mani dei Gran Visir, spesso corrotti e irrispettosi della Sharia, la legge sacra islamica (propugnata dagli ulema, giuristi-teologi). Asia ed Europa Per tutta l’età moderna l’Asia diede all’Europa molto più di quanto ricevette. Dall’oriente venivano tessuti pregiati di seta e cotone, porcellane, perle, oggetti di avorio, essenze profumate, spezie e in misura crescente tè e caffè. L’impero cinese in particolare diverrà per molti scrittori occidentali il modello di uno stato autoritario ordinato e pacifico, una sorta di prototipo del dispotismo illuminato del 700. Mentre i possedimenti portoghesi e spagnoli erano sotto l’autorità delle rispettive corone, negli altri casi furono invece le Compagnie delle Indie olandesi, inglese e francese a ottenere concessioni territoriali dai vari governi asiatici a organizzare i traffici e a distribuire i guadagni tra i loro azionisti. Se portoghesi e spagnoli, inoltre, imponevano la loro fede e le loro leggi ma davano origine a comunità miste olandesi e inglesi erano al tempo stesso più tolleranti dal punto di vista religioso e più legati a una mentalità razzista. L’attività missionaria riguardò in età moderna quasi esclusivamente la chiesa cattolica e si esplicò principalmente attraverso l’opera degli ordini religiosi, i gesuiti in particolare. A partire dal VIII –IX secolo, con le conquiste turche, si diffuse l’islamismo: esso presentava agli occhi di molti il vantaggio di rifiutare la divisione della società in caste In Cina i gesuiti cercarono di adeguarsi alle tradizioni culturali ma questo suscitò i sospetti della curia romana oltre che l’ostilità degli ordini rivali. Le conversioni ottenute, inoltre, sono state molto poche L’apogeo dell’assolutismo: la Francia di Luigi XIV 1. Luigi XIV e il “mestiere del re” Il lungo regno di Luigi XIV (Luigi XIII-Anna D’Austria) iniziò nel 1643, quando egli aveva appena 5 anni. Dovette attendere 23 anni (1661), alla morte di Mazzarino, per esercitare da solo il “mestiere di re”: da quel momento sarà saldamente alla guida della Francia che toccherà, in questi 72 anni, l’apogeo dell’assolutismo e fu vicina ad esercitare una supremazia in Europa. L’educazione del re Sole non fu molto curata, ma grande efficacia ebbero le lezioni pratiche nell’arte di governo ricevute da Mazzarino e le letture politiche sul potere taumaturgico del sovrano. Si servì sempre di ministri di nascita modesta, che a lui solo dovessero la propria elevazione e, dunque, più docili: la direzione delle finanze, ad esempio, fu affidata a Colbert, figlio di un mercante. Egli preferì servirsi di ministri di nascita modesta che a lui solo dovessero la propria fortuna. Era, inoltre coadiuvato da consigli:  Il Consiglio Superiore: comprendente i ministri della Guerra, degli Affari esteri, delle Finanze e presieduto dal re  Il Consiglio dei dispacci: in determinati giorni della settimana esaminava la corrispondenza delle province. I maestri delle questioni, in particolare, ricevevano le lamentele e le richieste indirizzate specificatamente al re  Il Consiglio delle Parti: competente nelle questioni giuridiche  Il Consiglio delle Finanze Gli intendenti preposti alle generalités (dipartimenti in cui era diviso il territorio francese), nati con Enrico IV, durante il regno Di Luigi XIV divengono stabilmente attivi ed estendendono la loro autorità ai settori più svariati (giustizia, fiscalità, lavori pubblici), divenendo le cinghie di trasmissione della volontà regale. Ben più numerosi gli officiers, detentori degli uffici veniali (ereditati o acquistati): consiglieri, presidenti di tribunali e dei Parlamenti che avevano il compito di registrare gli editti regi e potevano sospenderli in caso di disaccordo con il re. Gli officiers dovevano la loro legittimazione alla monarchia ma, al tempo stesso, traevano prestigio e autonomia della loro carica: fu essenziale, dunque, assicurarsi la loro fedeltà mediante un delicato dosaggio di dimostrazioni di forza e legami clientelari. 2. La corte e il Paese A partire dai primi anni ’80 la corte si trasferì a Versailles, dove giunsero essere ospitate quasi diecimila persone tra cortigiani, ministri e funzionari, tecnici e personale di servizio. Una rigida etichetta regolava la vita di corte, che ruotava intorno alla figura del sovrano: la sua camera, simbolicamente, era collocata al centro del palazzo e i momenti della sua giornata assumevano il carattere di rappresentazioni teatrali. Questo “vivere cortigiano” (dissimulazione, manipolazione, osservazione dei caratteri e della psicologia) sarà rappresentato dalla grande letteratura del periodo, da Racine a Molière. Il soggiorno a Versailles si trasformava per la nobiltà in una prigione dorata: costringendola a vivere sotto gli occhi del re e allentando i suoi legami con i territori di origine, ne riduceva indipendenza e possibilità di azione politica. Lo ricorda nelle sue memorie: Conservare e coltivare con cura mi conquistava l'affetto del popolo e delle persone ragguardevoli → agli aristocratici viene concessa una familiarità mentre il popolo rimane spettatore passivo. La Corte che era anche il centro della letteratura, dell'arte e delle scienze. Si affermarono attraverso un mecenatismo sovrano modelli di gusto uniformi ispirati all'antichità classica: Luigi fonda nel 1666 L’Académie de les sciences royales e inserisce questi sapienti nel suo entourage. Agli scienziati il sovrano attribuiva meriti: un esempio sono i pensionnaires, uomini di scienza che avevano ottenuto delle pensioni e compensi per le loro ricerche. Al di fuori si estendeva il Paese: le antiche tecniche di coltivazione, la mancanza di concime, ma soprattutto le forme di conduzione (mezzadria, piccolo affitto) generavano un’agricoltura poco produttiva. Il feudatario del luogo esigeva un censo annuo, una parte del raccolto, prestazioni di lavoro gratuite, tasse di successione, percentuali sulla compravendita dei poderi. Esercitava, inoltre, il monopolio sulle attività di trasformazione dei prodotti del suolo e deteneva i diritti esclusivi di caccia e pesca. A ciò si aggiungevano le decime del clero e il gravoso prelievo statale: la maggioranza dei contadini viveva ai limiti della pura sussistenza, alla mercè delle cattive annate e delle carestie. Assai tenui furono per la popolazione i benefici dello sfarzo e della gloria di re Sole. . 3. La direzione dell’economia Assumendo il controllo delle finanze Colbert si pose due obiettivi: rimediare al grave dissesto dei conti pubblici e rilanciare la stagnante economia nazionale. ₁Il primo fu perseguito immediatamente, attraverso la creazione di una Camera di giustizia straordinaria per indagare sugli illeciti arricchimenti di finanzieri, appaltatori e ricevitori delle imposte. L’incremento delle entrate ottenuto in questa lotta contro sprechi e malversazioni permise di sanare il bilancio statale. ₂Secondo Colbert, tipicamente mercantilista, il risanamento finanziario doveva fornire i mezzi per un decisivo intervento dello Stato a sostegno dell’economia. Non diede, però, importanza al settore agricolo, utile solo alla produzione di viveri, ma alla produzione manifatturiera e all’esportazione. Strategia: In questi anni la Francia assunse un ruolo nazione guida in fatto di cultura, gusto, cucina e moda. La reggia di Versailles divenne modello per le altre dinastie regnanti La celebre affermazione del re “Lo Stato sono io” non è solo un’orgogliosa manifestazione di potenza: mostra, infa tti, come solo una guida carismatica potesse riunire sotto di sé una molteplicità di privilegi, ordinamenti particolari e territori. Vediamo l’esempio della giustizia: le norme applicate variavano in larga misura da luogo a luogo. Nel Nord prevaleva il diritto consuetudinario, nel Sud il diritto romano. Analogo il campo amministrativo: i Pays d’ètats (Borgogna, Bretagna e Linguadoca) conservavano ampi poteri e potevano contrattare col sovrano l’ammontare delle imposte Norbert Elias ne La società di corte, la definisce il luogo in cui si realizzò il processo di trasformazione da un potere nobiliare a uno monarchico. La nobiltà era ormai impoverita dalla crisi e dalla svalutazione del suo ruolo militare (ora vi sono eserciti mercenari)  controllo sulla qualità dei prodotti e disciplinamento della manodopera (reclusione dei mendicanti nelle case di lavoro)  concezione di sovvenzioni agli imprenditori disposti a introdurre nuovi rami di industria, creazioni di manifatture rege  protezionismo doganale  costituzione di compagnie privilegiate e impulso dato alla colonizzazione del Canada, Lusiana e Antille  sviluppo della marina mercantile e da guerra e potenziamento delle infrastrutture utili alla circolazione di uomini e merci Nell’immediato non si registrarono successi a causa delle interminabili guerre, della congiuntura economica avversa e della morte di Colbert. Ma molte delle sue iniziative avrebbero fruttato nel regno di Luigi XIV. 4. La direzione delle conoscenze Il regno di Luigi XIV è caratterizzato in ogni campo dallo sforzo, spesso vano, di imporre ordine e uniformità: a tale scopo dovevano servire le numerose accademie reali istituite in questo periodo, così come i precetti e i divieti riguardanti la stampa e l’insegnamento. In ambito religioso (fondamentale per la legittimazione del sovrano) si trovò ad affrontare 3 ordini di problemi:  La diffusione del giansenismo: la condanna del movimento da parte della Santa Sede fu pronunciata nel 1711 su sollecitazione della corte regia e dei gesuiti. Nonostante l’allontanamento da Port-Royal, esso era ormai capillarmente diffuso, soprattutto fra il basso clero e la nobiltà e borghesia togate, trasformandosi in movimento di opposizione al centralismo papale e rivendicazione di autonomia. Godette, nella fase centrale del regno, di una tregua a causa di un nemico comune: la Chiesa.  I contrasti con Roma: il conflitto riguardò le regalie, Il diritto regio sancito nel 1516 dal concordato di Bologna di percepire le rendite dei seggi vescovili vacanti e conferire i benefici ecclesiastici fino all’avvento del successore. Luigi estese questo diritto a tutte le diocesi di nuovo acquisto e, in un’assemblea straordinaria, affermò la superiorità del Concilio gallicano sul pontefice suscitando la reazione della Santa Sede. La controversia si risolverà solo 10 anni dopo con il riconoscimento delle regalie.  La questione ugonotta: i calvinisti (detti in Francia ugonotti) erano circa un milione e in alcune città costituivano la maggioranza della popolazione. L’editto di Nantes (libertà religiosa) fu annullato dall’editto di Fointainebleu, che obbligava all’osservanza del culto cattolico. Molti scelsero la via dell’esilio 5. La gloria militare: le guerre di Luigi XIV Il fine ultimo della politica era l’attuazione di un disegno egemonico: ingenti somme furono spese per assicurarsi l’alleanza dei principi tedeschi, degli Stati baltici e dello stesso re d’Inghilterra Carlo II, ma soprattutto per corrompere e ricattare ministri e diplomatici stranieri e suscitare rivolte. Massicce furono le spese militari: gli effettivi dell’esercito furono portati da 65mila e 400mila con l’aggiunta di un organo di polizia locale, la “milizia”, a leva obbligatoria a sorteggio. I soldati di Luigi XIV, vestiti di uniformi e meglio equipaggiati, non erano più gli straccioni della guerra dei Trent’anni, e potevano contare su efficienti servizi logistici. La prima occasione per mettere alla prova questa poderosa macchina bellica fu guerra di Devoluzione contro la Spagna. Altro fronte l’Olanda: inizialmente quest’ultima si era alleata con l’Inghilterra, preoccupata per l’espansione territoriale francese. Con la pace di Aquisgrana a Luigi saranno riconosciuti i vantaggi territoriali acquisiti nelle Fiandre. Poco dopo, però, l’Inghilterra cambierà bandiera: Francia, Inghilterra e Svezia dichiareranno guerra alle Province unite che risponderanno, sotto la guida di Guglielmo D’Orange, aprendo le dighe che riparavano Utrec e Gheldria e trasformando l’Olanda in un’isola. L’entrata in guerra di Spagna e Impero, la sconfitta della Svezia e la resa dell’Inghilterra, imposero a Luigi la pace di Nimega (1678). Re Sole riprese subito la sua politica di espansione in direzione dell’Impero occupando una serie di territori tra cui Strasburgo e Casale nel Monferrato. Nel 1683 riaprì, inoltre, le ostilità contro la Spagna bombardando pesantemente Genova, sua alleata. Fu inevitabile il costituirsi di una nuova coalizione: Spagna, Impero, Svezia e Olanda costituirono la Lega di Augusta. Dopo l’invasione del Palatinato ordinata da Luigi nel 1688 si aprirono le ostilità: le armi francesi avanzarono appoggiando in Irlanda lo sbarco dello spodestato re d’Inghilterra Giacomo II Stuart, presto sconfitto. La flotta francese venne distrutta da quella inglese a La Hougue e anche nei Paesi Bassi gli eserciti francesi incontrarono un’accanita resistenza. Nel 1696 re Sole stipulò una pace separata con il Duca di Savoia cui cedette la fortezza del Pinerolo. La pace generale firmata a Ryswick nel 1697 ristabilì la situazione antecedente al conflitto. 6. Il tramonto del Re Sole Il peso della guerra divenne per i sudditi sempre più intollerante. Non bastando gli espedienti per far denaro, si istituirono nuove imposte: la ₁capitazione (imposta sull’individuo) e il ₂decimo (prelievo percentuale su ogni tipo di reddito). Inoltre si assiste all’incupirsi della vita di corte dove il vecchio re, morta la prima moglie, cadde sotto l’influenza della bigotta madame D’Aubigne De Maintenonne di confessione gesuita (sposata morganaticamente). L’opposizione contro l’assolutismo di Luigi XIV si manifestò nelle sommosse popolari, nella contestazione degli operatori economici di una politica che sacrificava l’agricoltura al commercio e imprigionava ogni attività in una gabbia di regolamenti, oltre che nelle rivendicazioni di maggiori poteri dall’alta aristocrazia. Gli ultimi anni furono rattristati dai rovesci della guerra di successione spagnola e da lutti familiari. Il 1 settembre 1715 a Parigi si accesero fuochi di gioia alla notizia della morte del vecchio despota. Il successore era il bambino Luigi D’Angiò. I Giansenisti ponevano l’accento sull’interiorità della fede e svalutavano l’apparato delle devozioni esteriori tipico del cattolicesimo. Seguivano sant’Agostino e sostenevano l’importanza della grazia, dono concesso a pochi. Roccaforte a Parigi era il monastero di Port-Royal Così chiamata perché basata sulla rivendicazione di parte dell’eredità spagnola da parte di Luigi in nome della moglie Maria Teresa, figlia del re di Spagna Filippo IV L’anno dopo aderirono l’Inghilterra e il duca di Savoia Una nuova epoca di espansione In ambito demografico notiamo alcune tendenze:  Non sembra esistere un nesso sicuro tra sviluppo economico ed andamento demografico: l’Inghilterra, ad esempio, patria della rivoluzione agricola e industriale registra un incremento inferiore alla media europea  L’aumento della popolazione è inverso alla densità: la dominante sembra essere il “riempimento di spazi vuoti”  La crescita demografica, da sempre attribuita al calo della mortalità (scompare la peste, migliorano l’alimentazione e le condizioni igienico-sanitarie, migliore gestione delle carestie) è INVECE da attribuirsi all’aumento della natalità. (l’aspettativa di vita, infatti, resta sui 30 anni). Questo aumento dipende dal calo dell’età da matrimonio della donna e dalla diminuzione del celibato, entrambi legati alla diffusione del lavoro salariato: saltano i vincoli che ostacolavano le nozze.  Introduzione di utilissimi generi alimentari: la patata impegnava poca terra ed è molto nutriente. Ancor prima mais, granoturco e grano saraceno arricchirono la dieta.  Se molte zone si assestano su un’agricoltura arretrata, altre praticano un’agricoltura più intensiva e produttiva: in Italia, in particolare, l’abbondanza di acqua e concime favoriscono le rotazioni ma mancano creazione veri e propri imprenditori agricoli in grado di avviare il processo di modernizzazione. In Inghilterra il fenomeno delle recinzioni (enclosures) conobbe il momento di maggiore intensità, ma i benefici saranno raccolti soprattutto dai grandi proprietari: iniziano a scomparire le piccole proprietà e si avvia un processo di ricomposizione (compattazione) fondiaria. L’universale interesse per l’agricoltura si spiega con l’aumento dei profitti legati a questo settore, determinati non solo dall’aumento della popolazione, ma all’incremento dei traffici commerciali. Conseguenza sarà un vertiginoso aumento dei prezzi: il processo di inurbamento determinerà gravi costi di trasporto e l’aumento della massa di metalli preziosi in circolazione genererà un processo di inflazione. L’incremento della popolazione si risolverà in un generale impoverimento, una proletarizzazione di vasti strati sociali. I pagamenti si svolgevano per mezzo di cambiali e banconote e la circolazione di denaro sarà favorita dal miglioramento delle vie d trasporto (strade, canali, servizi di posta). Tutti questi fattori contribuirono a fare del secolo XVIII un’età aurea del commercio internazionale verso l’America Latina e l’Oceano Indiano. L’Olanda sarà distanziata da Inghilterra e Francia nel ruolo di emporio mercantile. In America gli immensi latifondi di Spagna e Portogallo (Brasile) sono dedicati all’agricoltura estensiva (canna da zucchero). Le origini della Rivoluzione industriale Il termine designa un complesso di trasformazioni nel modo di produrre i manufatti che determinò un profondo ed irreversibile mutamento nei consumi, nel modo di vita e nei rapporti sociali. Di tali trasformazioni fanno parte la ₁diffusione su larga scala di machine azionate da energia inanimata, ₂la concentrazione del lavoro nelle fabbriche, il ₃rapido incremento della produttività e quindi la ₄produzione in serie per un mercato molto vasto. La maggior parte degli studiosi concorda nel collocare in Gran Bretagna tra 1780 e 1830 la fase di decollo: raddoppiata la produzione agricola pro capite la popolazione si dedica all’attività manifatturiera, grazie all’utilizzo del carbon fossile trasformato in coke (sostituto della legna) → l’economia diviene a base minerale (Wirgley) e la trasformazione di energia termica in energia meccanica (macchina a vapore) rivoluzionerà i processi produttivi, agricoltura compresa. Ma nel passaggio dal sistema manifatturiero, prevalentemente a domicilio, a quello industriale sorsero alcuni problemi:  All’aumento della domanda l’imprenditore doveva aumentare l’area di lavoro a domicilio che, troppo vasta, diveniva di difficile controllo. Nelle campagne, infatti, si era affermato il Verlagssystem: un mercante imprenditore con disponibilità di capitali acquistava la materia prima per farla lavorare a tessitori dispersi sul territorio  Era molto difficile accelerare i processi produttivi e stimolare l’operatività dei dipendenti In nessun luogo come in Inghilterra vi sarà una tale concentrazione di fattori favorevoli al cambiamento verso la produzione industriale: domanda in continua espansione, mercati internazionali e interni molto vasti, scarsità di manodopera, capacità tecnica e inventiva, disponibilità di capitali e stabilità del quadro politico. Qui la manifattura più importante restava quella della lana, ma ben presto fu sostituita da quella del cotone: la materia prima era economica e abbondante e la sua importazione (soprattutto dal Sud America) ed esportazione erano assicurate dal dominio inglese sui mari. Il tessuto, inoltre, era più richiesto rispetto alla lana, perché facilmente lavabile, resistente e più adatto al clima mediterraneo. Le invenzioni di questo periodo rivoluzionarono i processi di produzione: la spoletta volante (Kay) meccanizzò il tradizionale telaio a pedale e il filatoio e telaio meccanici, azionati da energia idraulica (poi vapore), costrinsero tutti i settori della produzione, ad effetto domino, ad un rapido ammodernamento. Conseguenze anche in ambito chimico (cloro come candeggiante) e delle materie prime: il carbon fossile era largamente usato non solo per il riscaldamento domestico, ma anche per una serie di attività industriali, dalla distillazione della birra alla vetreria (ma non in ambito siderurgico, perché rendeva fragili i metalli a causa dei gas sprigionati). Da esso, inoltre, si otteneva il coke (Darby) e ne derivarono nuovi metodi di produzione del ferro. Decisiva fu l'invenzione di James Watt, che brevettò una macchina munita di un condensatore del vapore separato dal cilindro (la temperatura rimaneva così costante), la “macchina a vapore”. A metà Settecento tutta l'Europa è trascinata in un moto espansivo che si manifesta in ogni settore, dalla demografia all’agricoltura, dalle manifatture al commercio, in particolare in quello coloniale e transoceanico, che delinea ormai i tratti di un'economia mondiale. L'espansione settecentesca si caratterizza per il suo carattere irreversibile, essa non sarà seguita da una fase di arresto, come era accaduto per la crescita del Cinquecento, ma da un'ulteriore accelerazione dello sviluppo. La civiltà dei lumi 1. Fede e Ragione Tra le tante definizioni dell’Illuminismo la più persuasiva appare quella del grande filosofo tedesco Kant: è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità, incapacità di servirsi del proprio intelletto, non per difetto di intelligenza ma per mancanza di decisione e coraggio, Il philosophe (da non intendersi nel senso moderno) è un instancabile indagatore del vero, che vaglia attraverso l’osservazione diretta guidato dal “lume della ragione”. È dotato di spirito critico e scevro da ogni principio di autorità o dogma: per questa ragione anche l’ambito religioso sarà oggetto di osservazione critica. Crolleranno superstizioni, anche grazie all’intervento di ecclesiastici “illuminati” (tra cui i benedettini di St. Maur (maurini), e si svilupperà una letteratura critica: se Locke (Saggio sull’intelletto umano, La ragionevolezza del cristianesimo) tenterà di conciliare fede e ragione, altri si spingeranno fino ad abbracciare il deismo → pur non negando l'esistenza di un Dio creatore né l'immortalità dell'anima, sostenevano che a tali conclusioni si poteva arrivare con la sola ragione. Il venir meno delle antiche certezze, la critica del principio di autorità e l’affermazione di nuove teorie scientifiche e filosofiche genereranno una crisi della coscienza europea (Hazard). Per questa ragione la storiografia recente ha coniato il termine Illuminismo radicale, che avrebbe nel panteismo e materialismo di Spinoza e nello scetticismo di Bayle i suoi principali fondamenti filosofici: la cultura, unendo razionalismo seicentesco e cultura libertina, crea i grandi concetti di libertà di coscienza, tolleranza e democrazia (La Mettrie). Chi più autorevolmente seppe orchestrare la campagna contro "l'infame", cioè lo spirito di intolleranza della Chiesa di Roma, fu Voltaire:  Dio agisce secondo leggi non sempre comprensibili o favorevoli agli uomini  Il male esiste e, proprio per questa ragione, gli uomini non devono combattere fra loro, ma unirsi in fratellanza  L’intolleranza è orribile: lo dimostra il suo intervento nel “caso Calas”, protestante di Tolosa accusato di aver ucciso il proprio figlio (trovato impiccato, probabilmente un suicidio) perché contrario alla sua conversione al cattolicesimo →Voltaire intervenne e, con una martellante campagna di stampa, riuscì a scagionare l’uomo Se, però, Voltaire non nega l’esistenza di Dio, altri philosophes, come il barone di Hollabach, si spingeranno fino all’ateismo dichiarato. Didierot, invece, autore insieme a D’Alambert dell’Enciclopedia, partendo da posizioni deistiche approderà ad una suggestiva visione della natura come continuo processo di creazione e modificazione (anticipando la teoria evoluzionistica di Lamarck) 2. L'uomo e la natura Nel Discorso preliminare alla Enciclopedia (considerato il manifesto dell’Illuminismo), D'Alembert afferma: tutte le nostre conoscenze dirette si riconducono a quello che riceviamo attraverso i sensi: ne consegue che tutte le nostre idee provengono dalle sensazioni. Questa concezione si basa sulla teoria della conoscenza di Locke, secondo cui l'intelletto umano è come un foglio bianco che solo le impressioni sensoriali sono in grado di riempire. La riflessione interviene in un secondo tempo, per combinare e confrontare le sensazioni e ricavarne idee semplici e complesse (spazio, tempo, relazione causale). L’osservazione diviene, dunque, unico strumento di conoscenza. Elaborazioni successive dell’empirismo di Locke:  L’abate di Condillac elaborerà compiutamente le teorie di Locke per dar vita al sensismo: l’uomo è come una statua che solo le sensazioni stimolano a livello psichico.  La Mettrie lo porterà alle estreme conseguenze con il materialismo integrale: tutto ciò che esiste è pura materia.  Hume arriverà a negare il ₁concetto di sostanza (noi conosciamo solo le nostre sensazioni, non le cose reali) e ₂di relazione causale (possiamo solo osservare che un fenomeno segue un altro, non possiamo cogliere razionalmente la correlazione)  Utilitarismo: il bene non può essere qualcosa di oggettivo e astratto, ma deve coincidere con ciò che colpisce gradevolmente i sensi, con il piacere soggettivo, la cessazione del dolore, l'appagamento del bisogno. Il perseguimento egoistico del piacere distruggerebbe, però, i presupposti stessi del vivere sociale e risulterebbe quindi controproducente. Ci si sforza, dunque, di individuare una morale retta e universale. Hume propone l’esistenza di un innato senso morale nell’uomo, che induce all’empatia e all’aspirazione verso il comune benessere. Helvètius e Bentham, invece, ridurranno la morale a un calcolo matematico di dolori e piaceri: la massima felicità per il maggior numero. Questo insieme di idee e di atteggiamenti doveva necessariamente sfociare in un'esaltazione della scienza e della sua capacità di svelare le leggi che governano la natura: ciò darà grande impulso alle scienze matematiche, fisiche e meccaniche, ma anche a botanica, zoologia, biologia (Spallanzani, meccanismi di generazione) e chimica (Lavoisier, scopritore dell’ossigeno, Volta e Franklin per l’elettricità). Massimo esponente di quest’esaltazione della scienza sarà Isaac Newton, le cui opere imposero un metodo scientifico basato sul rifiuto delle ipotesi astratte e sulla sintesi tra indagine sperimentale e procedimento matematico. Ciò sarà più problematico per i Paesi di tradizione cattolica, legati a tradizioni e superstizioni inculcate dalla potente gerarchia ecclesiastica (troviamo, però, dotti, come Muratori e Galiani) 3. La pubblica felicità Così come in campo filosofico, anche in campo politico non si può parlare dell'Illuminismo come di un movimento unitario, anche se alcune promesse sono e generalmente condivise, come ₁il tramonto della ragion di Stato e della teoria del diritto divino dei re, ₂l'idea che il potere deve essere esercitato nell'interesse comune dei sudditi, al fine di realizzare la 'pubblica felicità', ₃il concetto di libertà privata Gli orientamenti fondamentali sono rappresentati da Montesquieu, Rousseau e Voltaire. Non sembra aver avuto successo il tentativo recente di scomporre l’Illuminismo in movimenti diversi a seconda dei singoli contesti nazionali. Le isole britanniche (soprattutto la Scozia, grazie ad un sistema educativo all’avanguardia – Hume, Robertson e Smith) rivestirono un ruolo centrale nella genesi del movimento, ispirando una fiorente narrativa (Defoe, Fielding). Molto più debole fu il ruolo esercitato dalle grandi capitali, Roma e Parigi, in cui gli scrittori erano meno indipendenti economicamente e dunque più legati al potere vigente. L’Italia, più che dell’ambito politico e filosofico, si interessò al rapporto con la Chiesa, al profitto agricolo e all’amministrazione della giustizia (Dei delitti e delle pene di Beccaria e riflessioni dei fratelli Verri) Nei Paesi di lingua tedesca prevalse il giusnaturalismo (approfondimento negli appunti) e in letteratura lo Sturm und Drang, in cui si mescolavano tratti illuministici e preromantici (Goethe e Schiller) 4. Una nuova scienza: l'economia Fino alla metà del 700 le idee economiche prevalenti si possono ricondurre al mercantilismo: spettava ai governi operare per lo sviluppo della popolazione. Solo nella seconda metà del secolo l’economia verrà considerata agli occhi della dottrina fisiocratica, sviluppata dall’omonima scuola del monaco di corte Quesnay. I. Solo l’agricoltura produce nuova ricchezza. Commercio e manifatture si limitano a trasformare quella esistente II. Il surplus derivato dall'attività agricola costituisce la rendita fondiaria che i fittavoli devono ai proprietari del suolo come compenso per il loro investimento iniziale. Su queste premesse si fonda il Tableau économique, lo schema di circolazione delle ricchezze tra le classi economiche ₁proprietaria, ₂produttiva (agricoltori) e ₃sterile (commercianti e artigiani). Data l’importanza del settore agricolo era fondamentale non danneggiarlo con imposte e manovre azzardate. Di contro favorire il libero commercio delle derrate permetteva di raggiungere il “giusto prezzo”, anche a scapito del popolo. Questa tendenza liberista, rielaborata da Smith, porrà l’accento sulla divisione del lavoro: l’operaio specializzato in una sola operazione impara a eseguirla meglio e più rapidamente (il prezzo si abbassa). Le tre classi di Smith si distinguono da quelle di Quesnay: troviamo ₁lavoratori, ₂imprenditori (che investono capitali) e ₃proprietari. In comune le teorie hanno il concetto di ordine naturale, secondo cui ognuno, lavorando per proprio tornaconto, inconsciamente promuove l’interesse generale della società. 5. La circolazione delle idee Due fenomeni dell'età dei Lumi furono la circolazione delle idee e delle conoscenze in strati sociali molto più ampi e la formazione di un'opinione pubblica permeata dalla fede nella ragione e nel progresso. Largamente dominate dalla tradizione rimasero le istituzioni scolastiche e in particolare le università, dove si mantenne la tripartizione in teologia, giurisprudenza e medicina ma, d’altro canto, nacquero facoltà moderne (scienze politiche, economia). L’alfabetizzazione fece grandi progressi (non quello dei lettori). Grande fortuna ebbero le opere di divulgazione come la celebre Enciclopedia (dizionario ragionato delle scienze, arti e mestieri) diretta da D'Alembert e Diderot. Un posto di rilievo nell'editoria settecentesca spetta alla stampa periodica, con le gazzette e i giornali letterari, che si diffusero anche in Italia, ne è esempio "il Caffè", giornale letterario milanese, fondato dai fratelli Verri e da Beccaria. L'espressione più caratterista della Civiltà dei Lumi furono però i nuovi centri di aggregazione: i salotti, le accademie e le logge massoniche. Montesquieu, giovane letterato (Lettere persiane, di impianto satirico) fu presidente del Parlamento di Bordeaux e grande viaggiatore. Nel suo capolavoro, Lo spirito delle leggi, definisce la legge il rapporto necessario che deriva dalla natura delle cose: non è qualcosa di universalmente valido, ma dipende dalla natura stessa della società umana da cui ha origine. Egli distingue 3 forme di governo, ciascuna adatta ad un determinato clima e ad una determinata estensione territoriale: I. Il dispotismo, cui principio è la paura. Adatta a territori vastissimi. Vi è livellamento delle condizioni sociali, tutti sono schiavi. II. La monarchia, che poggia sull'onore (per cui egli ha preferenza, ammirando il modello inglese di monarchia temperata in cui la divisione dei poteri garantisce maggiore libertà individuale). Adatta a territori intermedi. Vi sono corpi intermedi (nobiltà e magistratura) che fanno da argine al potere del sovrano. III. La democrazia, che si regge sulla virtù dei cittadini. Adatta a territori piccoli. Vi è livellamento delle condizioni sociali, tutti sono uguali. Voltaire è il maggior esponente della teoria dell’assolutismo o dispotismo “illuminato”, in voga nell’Europa centrale e mediterranea: solo il monarca saggio, illuminato, è al di sopra di tutti e può avere una chiara visione degli interessi generali, scevro da egoismi e ostacoli di varia natura. Rousseau, invece, è il maggiore esponente di un terzo orientamento, che si può definire democratico: il passaggio dell'uomo dallo “stato di natura” allo “stato sociale” aveva dato inizio a un processo di degenerazione morale, i cui sintomi erano le enormi disuguaglianze sociali, il lusso sfacciato dei ricchi, la corruzione imperante e la stessa raffinatezza delle arti e delle tecniche. Per uscire da questa situazione, l'unica via era quella di una rifondazione della società, di un parto che trasformasse i sudditi in cittadini, gli schiavi in uomini liberi, attraverso la cessione totale di tutti i propri diritti, da parte di ciascun membro del corpo sociale, alla comunità. La sovranità risiede nel popolo ed è inalienabile e indivisibile e non può nemmeno essere delegata in permanenza. Rousseau ammette che il governo possa essere di tipo monarchico o aristocratico, ma l'essenziale è che esso si limiti ad eseguire la volontà generale e che governanti e magistrati siano revocabili in qualsiasi momento. A fondo di questa visione c'è l'idea della necessaria coincidenza tra il bene comune e l'interesse individuale, legati dalla virtù scevra de egoismi (secondo i modelli dell'antichità, Atene e Sparta). La prima fu la grande loggia di Londra dei “muratori”. Da qui si diffonderanno ovunque (saranno condannate dalla Chiesa di Roma). Alcuni assunsero caratteri politicamente eversivi, altre fecero posto a tendenze occulte Assolutismo illuminato e riforme 1. La Prussia di Federico II Il più famoso di questi fu il re di Prussia Federico il Grande, scrittore prolifico, musicista di valore, che amava rifarsi al “contratto sociale” e dichiarava: il re è solo il primo servitore dello Stato, obbligato a operare con onestà, saggezza e totale abnegazione, come se ad ogni momento potesse essere chiamato a rendere conto della sua amministrazione ai concittadini. Il suo genio militare si rivelò nella guerra di Successione austriaca e, soprattutto, nella guerra dei 7 anni: nonostante alcune sconfitte, infatti, la Prussia resistette strenuamente, difendendo il possesso della Slesia (fondamentale centro minerario e industriale). Di grande importanza anche l’annessione di parte della Polonia dopo la spartizione del 1772. La popolazione in questi anni triplicò: un tale incremento demografico era frutto non solo delle annessioni, ma anche di un’intelligente politica di ripopolamento delle terre orientali (prima scarsamente abitate) e da una forte immigrazione, favorita dalla tolleranza religiosa instaurata da Federico II. In ambito amministrativo la Prussia diviene il Paese più avanzato d’Europa: Federico curò molto la preparazione dei quadri burocratici, per l’ingresso nei quali divenne obbligatorio un titolo di studio e il superamento di regolari esami. Di grande rilievo furono le riforme attuate nel settore giudiziario: venne abolita la tortura e limitata la pena di morte, vennero, inoltre, gettate le basi per la futura creazione del Codice Civile Prussiano. Altri meriti di Federico il Grande furono l’estensione considerevole della libertà di stampa e i progressi compiuti dall’istruzione elementare, resa obbligatoria a tutti. 2. La monarchia austriaca sotto Maria Teresa e Giuseppe II La durissima prova attraversata nei primi tre anni di regno convinse Maria Teresa che non sarebbe stato possibile mantenere l'Austria al rango di grande potenza europea senza un potenziamento dell'apparato militare e senza incisivi mutamenti nelle strutture amministrative e finanziarie.  Impose ai ceti di ciascun territorio (Land) che la votazione delle imposte avvenisse non più ogni anno, ma per un intero decennio, lasciando ai governatorati il compito di gestirne la riscossione  Le due cancellerie, boema e austriaca, cuore dell’apparato di governo, vennero sostituite da un unico Direttorio  La nobiltà, esautorata sul piano politico e costretta al pagamento delle imposte, fu compensata con cariche civili e militari. Per accedere era necessario frequentare Accademie e collegi appositamente istituiti  La pubblica felicità divenne di primaria importanza: il più autorevole rappresentante di tale concezione fu Kaunitz, ministro degli Esteri, che, grazie all’istituzione di un unico Consiglio di Stato, divenne preponderante in tutti gli ambiti della politica Nel 1765 morì improvvisamente Francesco I, marito di Maria Teresa e imperatore del Sacro Romano Impero. Gli succedette il figlio Giuseppe II, nominato dalla madre “coreggente” degli Stati ereditari asburgici. Da questo momento alla reggenza vedremo il trio composto da Maria Teresa, Giuseppe e Kaunitz. Solo a partire dal 1780 Giuseppe reggerà da solo le sorti della monarchia: a mutare non furono tanto gli indirizzi politici di fondo quanto lo stile di governo, ora più dispotico e intransigente. ₁La sua politica religiosa, nota come “giuseppinismo”, affermò l’autorità dello Stato sul clero nazionale, imponendo una tassazione e incamerandone i beni per finanziare scuole e attività assistenziali. Anche le pratiche religiose vennero disciplinate seguendo i canoni della “regolata devozione” di Muratori (limitazione di pellegrinaggi, processioni, confraternite ed esposizione di reliquie, allontanamento dei cimiteri dai centri abitati) Promulgò, inoltre, la “patente di tolleranza”, che rendeva legittimo il culto per le confessioni protestanti e greco-ortodossa ed eliminava quasi tutte le discriminazioni di cui soffrivano gli ebrei. ₂Nel 1774 viene promulgata una legge che introduce l'obbligo scolastico e prescrive l'apertura di una scuola elementare in ogni parrocchia. La riorganizzazione dell’istruzione superiore la elevò a eccellenza europea. ₃Del 1787 il celebre codice penale giuseppino, che, pur mantenendo in vigore pene di grande durezza, accoglieva i principi della legalità della pena (minando l’arbitrarietà dei giudici) e della parità dei sudditi di fronte alla legge. ₄In ambito economico favorì la manifattura locale, il commercio e l’agricoltura, abolendo la servitù personale. Molte di queste riforme suscitarono malcontento e resistenze, soprattutto in Ungheria e in Belgio, che insorse proclamando l’indipendenza. Alla morte di Giuseppe II gli succedette il fratello minore, Leopoldo II (Granduca di Toscana) che fu costretto a fare concessioni ai ceti privilegiati e mori prima di aver potuto riprendere il cammino delle riforme. Gli succedette Francesco II, col quale si chiuderà definitivamente in Austria l'era dell'assolutismo illuminato, lasciando il posto a quel clima di immobilismo e di sorveglianza poliziesca che ne farà la “prigione dei popoli”. 3. La Russia di Caterina II Il lungo regno di Caterina costituì una tappa fondamentale nella storia russa. La regina era amica e corrispondente dei philosophes e fece il possibile per aprire la Russia all'influenza della cultura europea e in particolare francese. Il primo bersaglio della volontà riformatrice della zarina fu la Chiesa ortodossa, bastione del tradizionalismo e grande proprietaria terriera. Caterina approvò la confisca di tutte le proprietà ecclesiastiche e la maggior parte dei conventi fu soppressa. La più clamorosa iniziativa della zarina fu la convocazione nel 1767 di una commissione legislativa formata da nobili, cittadini, contadini liberi e anche uomini di nazionalità esterna, con il compito di elaborare un nuovo codice di leggi. Questi generosi progetti, tuttavia, erano destinati a rimanere in gran parte sulla carta e alla fine del 1768 Caterina sciolse la commissione, col pretesto della guerra scoppiata contro l'Impero ottomano. guerre di successione polacca e austriaca "Despota illuminato" fa riferimento a quei sovrani europei che dichiaravano di volersi servire del potere per il bene dei loro sudditi e che si professavano amici e discepoli dei philosophes (che non erano contrari al potere monarchico, anzi lo riconoscevano come unica arma in grado di garantire unità, uguaglianza e promuovere le riforme). Solo verso la fine dell’800 gli storici tedeschi conieranno il termine “assolutismo illuminato” per definire la stagione di riformismo che li coinvolse Ciò non gli impedì di proseguire una politica militarista, mantenere la servitù della gleba e insediare nobili in cariche civili e militari Maria Teresa univa ad un robusto buon senso una grande determinazione, un'incisiva capacità di scegliere gli uomini giusti e una sollecitudine quasi materna per il bene dei suoi popoli L' eredità di Pietro il Grande era stata raccolta, dopo una serie di monarchi deboli, dalla figlia Elisabetta, che ne proseguì gli indirizzi di modernizzazione culturale del Paese e rafforzamento militare. Il successore Pietro III, instabile e malvisto dalla nobiltà di corte, fu deposto nel 1762 in seguito ad un colpo di Stato organizzato dalla moglie Caterina, che si fece proclamare “autocrate di tutte le Russie” Al contempo, gli inasprimenti fiscali provocati dalla guerra e carestie acuirono il malcontento nelle campagne: nel settembre 1773 Pugačëv, appartenente ad una tribù di cosacchi, comincio a raccogliere seguaci spaccandosi per il redivivo zar Pietro III e denunciando l'oppressione dei nobili. L’insurrezione, ormai molto estesa, fu fermata solo con la condanna a morte d Pugačëv. Il timore dell'anarchia indusse la zarina ad abbandonare qualsiasi velleità di intervento a favore delle masse rurali (le condizioni dei contadini servi furono anzi rese più dure) e si dedicò alla riorganizzazione amministrativa (governatorati) e scolastica (elementari gratuite). Considerevoli furono i successi ottenuti da Caterina II in politica estera. La guerra iniziata nel 1768 contro l'Impero ottomano fu contrassegnata dalla spettacolare azione di una squadra navale russa che, circumnavigando l’Europa, penetrò nel Mediterraneo e sconfisse i turchi a Chio. La Russia ottenne così l'accesso al mar Nero e il libero passaggio per il canale del Bosforo. Giovò anche della spartizione della Polonia e annettè la Crimea. 4. Le spartizioni della Polonia e le riforme in Scandinavia Il periodo di guerre in Polonia aveva determinato un ulteriore regresso economico e demografico. Alla morte di Augusto III di Sassonia, la Russia appoggiò l'elezione di Stanislao Poniatowski, che lanciò un programma di riforme che prevedeva l’abolizione del liberum veto*: questo provocò la reazione di Caterina II → Al termine di un confuso periodo di lotte, le grandi potenze confinanti con la Polonia (Russia, Austria, Prussia) si accordarono nel 1772 per smembrarne il territorio a proprio vantaggio. La brutale cancellazione di un grande Stato dalla carta politica dell'Europa ad opera delle tre monarchie che si erano richiamate al primato della ragione e alla filosofia dei Lumi è il più chiaro indice dei limiti entro i quali va inquadrata l'esperienza dell'assolutismo illuminato, dalla contraddizione tra ideali umanitari e una politica estera ispirata a calcoli di pura potenza. La vicina Svezia, dopo la morte senza eredi di Carlo XII, vive un periodo noto come “era della libertà”. Il principe tedesco cui venne offerta la successione, Federico I d'Assia-Kassel, dovette impegnarsi a rispettare una Costituzione che attribuiva alla Dieta, composta dai quattro ceti (nobili, clero, borghesi e contadini) molti dei poteri in precedenza esercitati dal sovrano. Le difficoltà finanziarie generate dalle guerre contro Russia e Prussia porteranno al colpo di Stato del 1772: il giovane re Gustavo III abrogò la Costituzione del 1720, restaurò l'assolutismo monarchico e attuò riforme di stampo illuministico. In Danimarca Cristiano VII abolisce il servaggio e permise ai coloni di riscattare i poderi da loro coltivati. L’economia ricevette grande impulso. 5. La crisi del papato e dei Regni iberici In tutti i Paesi cattolici il rafforzamento dei poteri statali e l'attuazione di una politica riformatrice comportavano uno scontro con la Chiesa di Roma, soprattutto a causa del giurisdizionalismo, la volontà di affermare l'autorità dello Stato sul clero nazionale: il cattolicesimo, infatti, aveva struttura sovranazionale, sottoposta, cioè, all'autorità assoluta del pontefice romano e della sua curia, e i suoi beni erano esenti da tassazione e soggetti al controllo papale. Tuttavia anche la Chiesa e le sue gerarchie furono percorse da correnti rinnovatrici (come il giansenismo) che contestavano l’autorità assoluta del pontefice e della curia romana e rivendicavano la propria autonomia. I pontefici Clemente XII e Benedetto XIV parvero disponibili a un compromesso con le nuove correnti politiche e culturali, mostrando un atteggiamento più aperto in campo teologico e intellettuale. Ma con il rigido pontificato di Clemente XIII i rapporti tra Roma e le potenze cattoliche peggioreranno nuovamente. Negli stessi anni si sviluppava la violenta campagna antireligiosa dei philosophes. Il Portogallo era caratterizzato dall’arretratezza dell’economia e dell’immobilismo in campo culturale. La situazione mutò radicalmente nel regno di Giuseppe I, per opera del ministro de Calvalho, protagonista della ricostruzione di Lisbona, che operò sanguinose epurazioni nella grande aristocrazia, riformò gli studi, rafforzò l’esercito, promosse lo sfruttamento delle colonie e cercò di dare impulso alle manifatture e al commercio con la creazione di compagnie privilegiate. In Spagna l’avvento della dinastia dei Borbone (con Filippo V) aveva segnato una netta svolta in senso assolutistico. I tentativi di riforma già si fecero più organici sotto Carlo III il quale, oltre all’espulsione dei gesuiti, si adoperò per le limitazioni imposte alle immunità ecclesiastiche e all’Inquisizione, la parziale riforma degli studi universitari, le misure per la liberalizzazione del commercio e dell’artigianato. In Catalogna, la zona più ricca del Paese, sorse una fiorente industria cotoniera. *opposizione da parte dei nobili, appoggiati da governi stranieri, che rendeva inconcludenti tutte le riunioni parlamentari La giustizia trovava un grave limite nell'immunità personale del clero (soggetto a tribunali ecclesiastici) e nel diritto di asilo (che impediva incarcerazioni degli edifici di culto) I gesuiti verranno espulsi da molti paesi europei. Clemente XIV scioglierà la compagni a sotto la pressione borbonica La spartizione della Polonia e l’episodio della Corsica mostreranno la distanza fra idee illuministiche e pratica concreta: nel 1755 scoppia una rivolta guidata da Pasquale Paoli che mette in campo un'esperienza democratica delle più avanzate. La Corsica è il primo stato europeo che si dà una costituzione in cui c'è un suffragio universale anche femminile e una costituzione scritta in italiano, ispirata alle idee di Rousseau. Genova tenta di riconquistare la Corsica, ma fallisce e si indebita con il re di Francia per condurre una campagna militare: si giungerà ad un accordo che prevede la cessione dell'isola in cambio di denaro. L’Italia del 700 1. La I metà del secolo. Le riforme in Piemonte Il quadro politico italiano fu profondamente trasformato dalle guerre di Successione, che ebbero nella nostra penisola uno dei teatri principali. Ricapitoliamo la situazione italiana: Guerra di Successione spagnola:  I domini spagnoli in Italia (Milano, Regno di Napoli, Sicilia e Sardegna) erano passati grazie ai successi imperiali agli Asburgo di Vienna (ma alla pace di Rastatt dovettero cedere la Sicilia ai Savoia e ricevere in cambio la Sardegna, assai più povera) Guerra di successione polacca:  Temporanea occupazione di Milano da parte del Re di Sardegna Carlo Emanuele III, che alla fine dovette accontentarsi dell'acquisto delle due province di Novara e Tortona.  L’Austria perse il Regno di Napoli e la Sicilia, conquistati da Carlo di Borbone, figlio del sovrano spagnolo Filippo V  Carlo VI d'Asburgo ebbe Parma e Piacenza  Francesco Stefano di Lorena ottenne il Granducato di Toscana alla morte dell'ultimo rappresentante della famiglia Medici Insieme al declino della potenza spagnola, si registrò in Italia l'indebolimento dell’influenza della Chiesa: l'anticurialismo divenne il terreno privilegiato d'incontro tra la monarchia austriaca e il ceto intellettuale del Mezzogiorno, di gran lunga il più moderno ed avanzato della penisola. L'espansione territoriale del Piemonte coincise con una serie di riforme promosse da Vittorio Amedeo II, re di Sardegna: una migliore distribuzione dell’imposta (grazie alla redazione di un catasto), la riduzione dei privilegi ecclesiastici e la modernizzazione dell’Università di Torino. All’accentramento del potere nelle mani del monarca, che si espresse con la riduzione delle autonomie locali e l’estensione a tutte e province degli ‘intendenti’, fecero riscontro il riordinamento degli organi centrali di governo e l’unificazione legislativa attuata dalle “Costituzioni” del 1723 e del 1729. Con il successore Carlo Emanuele III proseguì il rafforzamento delle tendenze assolutistiche: nel 1771 si giunse all'abolizione della feudalità e in Sardegna fu limitato il potere baronale. 2. I Regni di Napoli e di Sicilia sotto i Borbone Nel Regno di Napoli l’insediamento di Carlo di Borbone favorì una spinta rinnovatrice che portò alla limitazione del potere baronale, alla ripresa della politica giurisdizionalistica, alla riforma degli studi nell’Università di Napoli e all’avvio di una catastazione delle terre e dei beni. Molto vivace rimase la vita intellettuale, soprattutto grazie alla prestigiosa istituzione universitaria. Quando Carlo di Borbone divenne re di Spagna col titolo di Carlo III il titolo di re di Napoli passò al figlio, Ferdinando IV, ancora troppo giovane: il ministro degli esteri Tanucci divenne la figura più autorevole del Consiglio → intransigente nei confronti della Chiesa non seppe, però, attuare misure incisive sul piano economico e sociale (imperversa ancora il baronaggio). Il matrimonio di Ferdinando con Maria Carolina, figlia di Maria Teresa D’Austria, avviò una serie di riforme in campo economico. 3. La Lombardia austriaca e la Toscana A Milano la riforma dell’amministrazione ₁abolì la vendita delle cariche (ora assegnate per solo merito), ₂istituì un Banco “Monte di Santa Teresa” per la gestione del debito pubblico e ₃un’unica imposta, la “Ferma generale”. Il risultato più importante sarà la ₅creazione di un catasto che permetterà una equa distribuzione delle imposte (in proporzione al valore della proprietà). La ristrutturazione delle magistrature culminò con la ₆separazione degli affari giudiziari, riservati al Senato, da quelli amministrativi e finanziari affidati ad un Magistero Camerale, che aveva come compiti la direzione del sistema censuario e la gestione delle imposte indirette. Sotto Giuseppe II si giunse nel 1786 alla ₇soppressone del Senato (supremo tribunale milanese), ₈all’istituzione di un moderno sistema giudiziario e ₉all’insediamento di funzionari regi nelle province (esautorando così quasi del tutto i vecchi consigli cittadini). Il nuovo granduca di Toscana Francesco Stefano (dal 1745 anche imperatore del SRI), risiedeva a Vienna e si faceva rappresentare a Firenze da un Consiglio di Reggenza composto da funzionari lorenesi. Interessato alle entrate derivanti dai suoi domini, avviò una riforma del settore finanziario, istituendo una “Ferma generale” e sanando il debito pubblico. Mantenne grande fermezza nei rapporti con la Chiesa: una nuova legge sulla stampa rivendicò allo Stato il controllo sulla censura, seguita da una legge sulle manimorte, che subordinava all'autorizzazione del governo l'acquisto di nuove terre da parte degli enti ecclesiastici. Gli ultimi anni di governo furono contristati in tutta l’Italia Centro-Meridionale da gravi carestie: Pompeo Neri, chiamato nuovamente a far parte del Consiglio di Reggenza, tentò di salvare l’economia attraverso una politica liberista, favorendo, dunque, la circolazione delle derrate per incoraggiare la produzione e il commercio. Questa politica proseguirà sotto il successore, Leopoldo: dichiarò libera la compravendita e l’esportazione dei cereali, soppresse le corporazioni e tutte le dogane interne, avviò la bonifica della Valdichiana e della Maremma e “allivellò” le terre manimorte, assegnandole (in piccoli lotti) ai coltivatori, che potevano trasmetterle agli eredi. Il documento più celebre è tuttavia il codice penale del 1786 che eliminava del tutto la tortura e cancellava, per la prima volta in Europa, la pena di morte. I progetti di creazione di una Costituzione e di riordinamento della Chiesa toscana vennero messi da parte a causa del suo trasferimento in Austria, in sostituzione del defunto Giuseppe II. Gli unici Stati che non subirono contraccolpi di rilievo furono le Repubbliche oligarchiche (Venezia, Genova e Lucca) e lo Stato pontificio Nella controversia papato/Impero accesa dall’occupazione austriaca di Comacchio molti si schiereranno a favore dell’Impero: tra essi Muratori, autore del Rerum Italicarum Scriptores, raccolta di cronache di età medievale. Egli, sinceramente religioso, sarà ostile agli eccessi devozionali e all’intolleranza Con i beni confiscati alla Chiesa verrà creata una “Cassa sacra” per aiutare la Calabria, colta da un disastroso terremoto La Toscana fu il primo Paese europeo ad adottare integralme nte questa parte del programma fisiocratico Pietro Leopoldo fece proprio il programma di riordinamento della Chiesa toscana elaborato dal vescovo giansenista, Scipione de’ Ricci, che proclamava la superiorità del concilio sul pontefice, l’indipendenza dei vescovi da Roma, la sostituzione della lingua volgare al latino nelle funzioni rel igiose e la semplificazione del culto. Se attuato, questo programma avrebbe portato ad uno scisma della Chiesa toscana da Roma, ma un’assemblea di vescovi si dichiarò contraria alle r iforme proposte dal Ricci Dopo la pace di Aquisgrana del 1748, la monarchia austriaca possedeva: Lo Stato di Milano e il Ducato di Mantova, uniti sotto uno stesso governo a formare la Lombardia austriaca; Il Granducato di Toscana, nelle mani di Francesco Stefano di Lorena (marito di Maria Teresa D’Austria); I Ducati di Modena e Reggio (accordi matrimoniali con il duca Francesco D’Este) Pensioni e grazie concesse dal re suscitarono l’indignazione pubblica La rivoluzione francese 1. Economia e società in Francia al tramonto della monarchia L'avvento di Luigi XVI sul trono francese (1774) coincise con l'inizio di un periodo di difficoltà e malessere per l'economia del Paese: la rapida crescita, infatti, ₁non era stata accompagnata da un aumento della produzione di carbone, ₂né da una migliore tecnologia, e ₃la produzione agricola restava complessivamente poco produttiva. ₄La terra, parcellizzata dall’incremento demografico e dalle divisioni ereditarie e soggetta a una grave tassazione, era sufficiente per la sola sopravvivenza. Il conseguente ₅aumento dei prezzi agricoli danneggiò soprattutto le masse lavoratrici, private di potere d’acquisto (guadagnò chi, invece, aveva eccedenze da vendere). ₆L’abolizione degli usi collettivi (pascolo, raccolta di legna…), la crescente privatizzazione e l’accorpamento dei terreni in grandi aziende, dettami della dottrina fisiocratica, peggiorarono la situazione. Non esisteva nella Francia del Settecento una netta contrapposizione di classe tra nobiltà e borghesia, perché quest’ultima era una categoria troppo eterogenea: i vertici del Terzo Stato, in continuo aumento, si mescolavano spesso con la nobiltà più ricca e colta nei centri di aggregazione. Di contro, molta nobiltà era ormai decaduta e impoverita. La società francese appare attraversata da molteplici linee di tensione. 2. La crisi finanziaria e politica della monarchia Tra il 1754 e il 1789 si succedettero in Francia ben 19 direttori delle finanze: questa instabilità è sintomo della gravità dei problemi in atto →  Insufficienza cronica delle entrate rispetto alle spese pubbliche e l’inefficienza del sistema tributario  Impossibilità di accrescere il carico fiscale senza proporzionarlo alle ricchezze: i contadini erano già troppo gravati e non sabotarono i tentativi di creazione di catasto di Bertin Di fronte a ciò, i responsabili delle finanze posero in opera alcune strategie: I. La prima, già tentata senza successo da Turgot, consisteva nello spostamento del peso maggiore delle imposte sulla proprietà terriera e nel puntare su un incremento delle entrate per stimolare l’economia. II. La seconda via, che mirava a una riduzione delle spese e degli sprechi, fu imboccata da Necker. Egli abolì molti uffici superflui, ridusse le spese della corte, rese più redditizia l'amministrazione del demanio regio, richiamò alla gestione diretta dello Stato le imposte sui consumi fino ad allora date in appalto ai fermiers généraux. Per non gravare sulla popolazione ricorse al credito, generando un immenso debito pubblico. Il suo licenziamento fu conseguenza dell’ardita iniziativa di rendere pubblico il bilancio, pur falsato, della monarchia, da sempre segreto di Stato. III. Il nuovo controllore generale, De Calonne, decise di porre il sovrano di fronte alla realtà: il deficit superava i 100 milioni, l'unica soluzione era l’istituzione di una nuova imposta fondiaria, la “sovvenzione territoriale”, proporzionale alla ricchezza e universale (anche ecclesiastici) e l’adozione di una politica liberista. Per aggirare la prevedibile opposizione dei nobili il ministro consigliò al re di convocare un’assemblea dei notabili (principi del sangue reale e membri della più antica nobiltà), istituzione da tempo in disuso: ma, nonostante le aspettative, i 144 convocati a Versailles manifestarono subito la loro opposizione ai progetti di riforma. Calonne fu sostituito da un notabile, l’arcivescovo di Tolosa De Brienne, che mantenne la proposta del precedente ministro, trasformandola, però, in un tributo dall’ammontare annuo prefissato. Sciolta l'assemblea dei notabili, fu il Parlamento di Parigi a prendere la guida dell'opposizione, rifiutandosi di registrare le leggi proposte dell'arcivescovo. Nell'opinione pubblica era ormai costante il riferimento agli Stati generali come unica istanza in cui la riforma non solo dell’economia, ma di tutta la costituzione dello Stato doveva essere discussa. Così nell’agosto 1788 il responsabile delle finanze dichiarò a nome del monarca che gli Stati generali si sarebbero riuniti il 1° maggio dell’anno seguente, dopo 170 anni dall’ultima convocazione, con le stesse modalità del passato: i tre ordini avrebbero dovuto sedere e deliberare separatamente, il che avrebbe dato maggior peso alle rivendicazioni dei primi due ordini, clero e nobiltà. Un’efficace campagna di stampa denunciò l’egoismo dei ceti privilegiati e richiese con forza la riunione dei tre ordini in un’unica assemblea dove le votazioni sarebbero avvenute a maggioranza 3. La rivoluzione in marcia: il 1789 In vista della riunione della rappresentanza nazionale, tutti i francesi dovevano far pervenire al trono le loro richieste e lamentele, redigendone degli elenchi (cahiers de doléances) da affidare ai deputati dei rispettivi ordini. Questa consultazione popolare ebbe un grande effetto di mobilitazione psicologica, anche perché venne a coincidere con un grave carestia: in questo clima di tensione, si riunirono a Versailles gli Stati Generali, il 5 maggio 1789.  Terzo Stato: la maggioranza (ma si votava per ceto, non per testa), proveniente da uffici pubblici, ambienti intellettuali, professioni legali, mondo degli affari. Del tutto assenti i lavoratori manuali (artigiani, contadini, salariati). Tra i rappresentanti anche un ecclesiastico (l’abate Sieyès) e un nobile (il conte Mirabeau)  Clero: molto numerosi i parroci, in buona parte solidali con le rivendicazioni del Terzo Stato  Nobiltà: un gruppo consistente di nobili “liberali”, tra i quali il marchese La Fayette I deputati del Terzo Stato proposero agli altri due ordini di riunirsi in un'unica assemblea: questi dapprima rifiutarono, ma la fermezza del TS e l’emergere di una corrente moderata nel clero darà esito positivo. I nobili, in disaccordo, saranno appoggiati dal re, che ordinerà la chiusura della sala di consultazione. I deputati del Terzo Stato, assunto il nome di Assemblea nazionale, si riunirono in un altro locale (destinato al gioco della pallacorda) e giurarono solennemente di non separarsi più e di riunirsi dovunque lo richiedessero le circostanze finché la Costituzione non fosse stata stabilita e posta su salde fondamenta. Il re nel frattempo si preparava all’attacco: mentre un gruppo di mercenari stranieri marciava verso Parigi, Necker veniva sostituito da Breteuil, aristocratico reazionario. Anche il TS si stava dotando di una milizia borghese, ma il popolo minuto, esasperato, si mosse per conto proprio ↓ Lo spirito del secolo dei Lumi è percepibile, seppure come eco confusa, solo nella diffusione di idee quali l’eguaglianza dei diritti o la sovranità popolare e nella crescente alfabetizzazione queste rivendicazioni vennero espresse da Sieyès nel pamphlet “Che cos’è il Terzo Stato? Tutto. Cosa è stato fin’ora? Nulla. Cosa chiede? Di divenirvi qualche cosa Alla fine di giugno il clero e la fazione più illuminata della nobiltà si unirono al Terzo Stato: l’assemblea nazionale divenne “costituente” Lefebvre (La grande paura dell'89): di parrocchia in parrocchia si diffondeva la paura di congiure aristocratiche, con motivi anche contraddittori La mattina del 14 luglio una folla, composta in gran parte da artigiani e bottegai, si presentò davanti alla fortezza della Bastiglia, usata da tempo come prigione per i rei di Stato. L’iniziale carneficina si tramutò in vittoria all’arrivo di rinforzi e cannoni: il governatore della prigione, Launay, fu massacrato e in tutto il Paese nacquero nuovi organismi municipali e milizie (che presero il nome di Guardia Nazionale). A questa “Rivoluzione Municipale” si accompagnò un’ondata di panico nelle campagne (“Grande Paura”) che portò disordini e brigantaggio in direzione antifeudale. L’Assemblea nazionale si vide così costretta ad affrontare il problema dei diritti signorili, di cui erano largamente beneficiari anche elementi borghesi. Nella notte del 4 agosto i deputati decisero la distruzione di quanto rimaneva del regime feudale e l’abolizione di ogni privilegio che si opponeva all’eguaglianza. L'Assemblea Nazionale passò ad elaborare una “Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino”, la più solenne affermazione delle libertà fondamentali (pensiero, parola e stampa), dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e dei principi costitutivi dei moderni ordinamenti liberali e democratici (divisione dei poteri e sovranità popolare). I decreti, però, per acquisire valore di legge avevano bisogno della sanzione del re, che non era affatto disposto a concederla: una folla affamata si mise in marcia verso Versaillles, accompagnata dalla Guardia nazionale capeggiata da La Fayette. Luigi XVI approvò i decreti ma si oppose alla richiesta di trasferimento della corte a Parigi. Il 6 gli appartamenti reali furono invasi e Luigi fu trascinato a Parigi per essere trasferito nel palazzo delle Tuileries. 4. La ricostruzione dell'unità nazionale dopo la rivoluzione Il primo responsabile del fallimento del nuovo ordine monarchico-costituzionale fu Luigi XVI stesso, che, debole ma attaccato alle gerarchie sociali, teneva di fronte alle richieste dell’Assemblea un comportamento ambiguo e sempre più confidava nell’intervento armato delle potenze straniere. Non sembrava possibile un compromesso bicamerale “all’inglese” in cui i nobili potessero mantenere un ruolo di primo piano: nell’Assemblea, infatti, prevaleva l’influenza ₁dei nobili liberali e ₂del “triumvirato” (Lameth, Duport e Barnave). Alla sinistra di questo schieramento si collocavano alcuni elementi più radicali e più sensibili alle rivendicazioni popolari, tra i quali stava acquistando prestigio Robespierre. Le discussioni si estesero ai numerosi circoli, o club, sorti con la Rivoluzione:  tra i più noti la Società degli amici della Costituzione che prese poi il nome di club dei giacobini (dal luogo dove si riuniva, un convento di domenicani, jacobins)  Più radicale nelle opinioni era il club dei cordiglieri, (dal soprannome dell’ordine francescano che ospitava le riunioni) del quali facevano parte Desmoulins e Danton Questo clima di effervescenza politica portò a una rapida politicizzazione delle masse parigine, da cui emerse la figura del sanculotto (sans culotte, il tipico pantalone attillato al ginocchio dell’aristocrazia), popolano di Parigi, appartenente al mondo dell’artigianato e del piccolo commercio, ferocemente attaccato all’eguaglianza dei diritti e alla solidarietà tra i lavoratori, ostile ai nobili, ai ricchi, pronto all’insurrezione e alla violenza rivoluzionaria. Alcune riforme:  Ambito amministrativo: la capitale fu divisa in 48 sezioni e l’intero territorio nazionale in 83 dipartimenti (con all’interno distretti ripartiti in cantoni), ognuno dotato di consigli elettivi.  Ambito giudiziario: le nuove regole prevedevano l’elezione in ogni cantone di un giudice di pace e la creazione in ogni distretto di un tribunale (con possibilità di appello a un tribunale esterno). Nei processi penali il giudizio era affidato ad una giuria popolare. Una Corte di Cassazione interveniva in casi di vizio formale. L’elettività della carica di giudice lo separava del tutto dal potere esecutivo e legislativo.  Abito finanziario: la confisca dei beni della Chiesa fruttò ben 3 miliardi di franchi. Si decise di emettere “assegnati”, buoni fruttiferi per il loro acquisto, ma ben presto persero il loro valore generando una gravissima inflazione. Alle vecchie imposte fu sostituita una contribuzione fondiaria proporzionale al valore, un'imposta sulla ricchezza mobile e una patente per l'esercizio di professioni. Furono soppresse le corporazioni di Arti e mestieri in linea con la politica liberista dominante.  Ambito religioso: le diocesi furono ridisegnate per corrispondere agli 83 dipartimenti, con vescovi e parroci eletti e stipendiati dallo stato. Al clero fu imposto un giuramento di fedeltà alla Rivoluzione: quasi tutti i vescovi si rifiutarono e vennero sostituiti e l’opposizione si inasprì con la condanna papale del movimento. 5. La caduta della monarchia Da tempo la famiglia reale aveva preso contatti segreti con le corti straniere in vista di un espatrio. La notte tra il 20-21 giugno 1791, Luigi XVI con i suoi familiari e un piccolo seguito di servitori e cortigiani, lasciò le Tuilieres attraverso una porta segreta e si diresse verso la frontiera orientale. Bloccata a Varennes, la comitiva fu obbligata a tornare indietro sotto scorta, in mezzo ad una folla indignata e silenziosa. La fuga introdusse un'ulteriore divisione tra le forze rivoluzionarie: mentre Robespierre, Marat e altri chiedevano la deposizione del sovrano, la maggioranza finse di credere alla versione secondo cui il re era stato vittima di un rapimento. Una manifestazione popolare dei cordiglieri fu soppressa nel sangue dalla stessa Guardia nazionale e, lo stesso giorno, dal club dei giacobini si staccò l’ala moderata (maggioritaria) dei foglianti, con alla testa il triumvirato e La Fayette. Nel frattempo erano terminati i lavori da parte dell'Assemblea Nazionale per la redazione della Carta costituzionale, preceduta dalla Dichiarazione dei diritti: essa fu votata, dopo lunghe discussioni, il 4 settembre 1791.  Distingueva fra cittadini attivi (che pagavano un minimo di imposte) e passivi: solo i primi avevano diritto di voto e sceglievano tra essi degli elettori (con requisito di censo più restrittivo) a cui spettava l’elezione dei deputati dell’Assemblea legislativa (doppio grado).  Lasciava alla monarchia il potere esecutivo, che però consisteva quasi unicamente nella facoltà di nominare ministri, diplomatici e generali; i poteri del re erano limitati dall’obbligo di sottoporre i trattati e la dichiarazione di pace o guerra al voto dell'Assemblea Restarono però in vigore i diritti reali, cioè i prelievi di natura pecuniaria. L’agitazione nelle campagne durerà fino alla loro totale soppressione La Guardia portava simbolicamente delle pagnotte infilzate nelle baionette ed era seguita da carri carichi di farina e grano Destra e sinistra entrarono nell’uso proprio in base alla disposizione in Assemblea L’Assemblea legislativa (a cui non potevano partecipare i membri dell’Assemblea costituente) accanto a un centro moderato, contava più di 250 foglianti (destra moderata) e 136 giacobini (sinistra), sempre più influenti per 3 ragioni: I. Grazie alla migliore organizzazione e alle figure carismatiche che li animavano (Brissot e Robespierre) II. Il carovita generò rivolte popolari nelle campagne e a Parigi (gli “arrabbiati”) III. I brissottini (poi girondini: molti provenivano dal dipartimento della Gironda a Bordeaux) facevano presa sul sentimento di orgoglio nazionale e fierezza contro le potenze straniere che minacciavano un intervento negli affari interni francesi Il re, che sperava di riottenere pieni poteri con una disfatta della Francia, sostituì i ministri foglianti con dei brissottini e propose all’Assemblea di dichiarare guerra al nuovo re di Boemia e di Ungheria, l’imperatore Francesco II: i primi fallimenti suscitarono la reazione popolare che, il 20 giugno, invase la Tuileres obbligando il re ad indossare il berretto frigio, simbolo della rivoluzione. L’11 luglio fu proclamata la “Patria in pericolo”: nuovi volontari giunsero da ogni parte della Francia e tra essi i marsigliesi, che diffusero la canzone destinata a diventare inno nazionale. Il 10 agosto fu creata una nuova municipalità, la “Comune insurrezionale” e assalito il palazzo del re. L’Assemblea legislativa votò la deposizione del monarca, il riconoscimento della Comune insurrezionale e la creazione di un Consiglio esecutivo provvisorio (in attesa di nuove elezioni per l’Assemblea legislativa). Per la prima volta la rappresentanza nazionale era stata soverchiata da una sollevazione popolare e la Costituzione, promulgata appena un anno prima, era stata abrogata. Dalla repubblica giacobina al Direttorio 1. La lotta politica all'interno della Convenzione La pressione popolare, l’ossessione del complotto aristocratico e il panico suscitato dall’avanzata prussiana a Nord-Est della Francia sono all’origine di una serie di misure di rigore adottate dall’Assemblea legislativa: arresto degli elementi sospetti, espulsione dei preti refrattari, sequestro dei beni degli emigrati. In questo clima di paura e sovreccitazione maturò uno dei fatti più raccapriccianti della Rivoluzione: tra il 2 e il 6 settembre, folle di sanculotti invasero le carceri parigine trucidando un migliaio di detenuti, sospettati di tramare contro la Rivoluzione, ma in gran parte colpevoli di reati comuni. Il Consiglio esecutivo, capeggiato da Danton, non intervenne. Le elezioni dei deputati che dovevano redigere la nuova Costituzione mostrarono una partecipazione al voto molto limitata e un deciso spostamento a sinistra della nuova rappresentanza: scomparsi i foglianti, essi confluirono nella maggioranza, girondina. Molti ex giacobini e cordiglieri, di contro, confluirono nella “Montagna” (per la sua collocazione in assemblea) vicina ai sanculotti e intenzionata a condannare il re, scoperto a complottare con le potenze straniere, attraverso la legge ordinaria. Il resto apparteneva alla “Pianura” (detta spregiativamente “Palude”) che oscillava fra posizioni contrapposte. Riguardo il re prevalse la proposta di processarlo di fronte alla stessa Convenzione: i girondini, moderati, cercarono di ritardare il processo ma all’alba del 2 gennaio la testa di Luigi XVI cadde sotto la lama della ghigliottina. L’esecuzione del re e l’annessione della riva sinistra del Reno, di Nizza, della Savoia e del Belgio portarono ad un allargamento della coalizione antifrancese. Il 1 febbraio la Convenzione dichiarò guerra a Inghilterra, Olanda e Spagna: alla coalizione aderirono quasi tutti gli Stati tedeschi e italiani. Le prime sconfitte si accompagnarono alle agitazioni per il carovita degli “arrabbiati” e alle rivolte nel dipartimento della Vandea (molto forte la volontà di difesa della religione tradizionale). In risposta vennero istituiti un Tribunale rivoluzionario e Comitati di sorveglianza in tutti i comuni. Lo scontro più aspro riguardò i provvedimenti economici: l’assemblea era ostile a ogni restrizione della libertà di commercio e di iniziativa, ma i montagnardi, a differenza dei girondini, erano disposti a venire incontro alle richieste dei sanculotti per averne l’appoggio. In questo clima di tensione i sanculotti fecero nuovamente sentire il loro peso, facendo votare sotto la minaccia delle armi una mozione per l’arresto di alcuni deputati girondini. Nelle province, ostili al radicalismo politico si avviò una rivolta federalista: la Montagna aveva vinto a prezzo di una gravissima mortificazione dell’autorità e di un’aspra contrapposizione fra capitale e province. Riguardo la Rivoluzione si contrapposero, a seconda dell’ideologia dominante, diverse interpretazioni: Burke (Osservazioni sulla Rivoluzione francese) la condannerà radicalmente. Michelet (Storia della Rivoluzione francese) ebbe una visione romantica e populista di rigenerazione della società Tocqueville cercherà linee di continuità fra monarchia e rivolta, sia nell’opera di accentramento del potere e livellamento della società . Marx (Manifesto e 18 brumaio) traccia le linee della teoria materialistica della rivoluzione borghese, provocata dall’incompatibilità fra capitalismo e cornice assolutistico-feudale. Taine, spirito conservatore, condannerà con toni sinistri i philosophes e le folle inferocite. A partire dal 1889, centenario della Rivoluzione, avrà sviluppo una storiografia scientifica basata sull’esplorazione sistematica degli archivi e delle fonti, di cui fu esponente principale Aulard (primo titolare della cattedra di Storia della rivoluzione francese alla Sorbona). Mathiez, Lafebvre e Soboul furono autori di fortunate opere di sintesi che imposero l’immagine di una vittoriosa lotta di classe (la borghesia, padrona del mondo) contro la nobiltà e la feudalità. A partire dagli anni 50 questa visione è stata oggetto di attacchi: sono state ridimensionate le differenze fra nobiltà e vertici del Terzo Stato (spesso avevano stesso reddito e stile di vita) e si è negato che il capitalismo potesse aver raggiunto un’importanza tale da modificare così radicalmente la società . La maggioranza degli storici, anche di estrazione marxista, abbraccerà la teoria revisionista di Furet: la Rivoluzione è stata una lotta per il potere che ha mutato il quadro istituzionale dominante. Vovelle si è concentrato sull’evoluzione della sensibilità e della mentalità che hanno preparato e accompagnato la Rivoluzione. Gli studi recenti si sono concentrati su un’interpretazione antropologica di alcuni aspetti particolari: il ruolo delle donne, le feste rivoluzionarie, il teatro, la stampa, il linguaggio politico… La carica ideologica del revisionismo, inoltre, sembra aver perso intensità. Intanto l’avanzata prussiana fu fermata a Valmy dall'artiglier ia francese 6. La seconda coalizione antifrancese e il colpo di Stato a Brumaio La pace di Campoformio lasciava in lizza contro la Francia rivoluzionaria solo l'Inghilterra di Pitt il Giovane. Napoleone, conscio dell’impossibilità di un attacco diretto, propose al Direttorio una spedizione in Egitto per colpire gli interessi britannici in India. Dopo essersi impadronita di Malta, la flotta francese raggiunse Alessandria, sconfisse i Mamelucchi nella battaglia delle Piramidi, ma videro distrutta la loro flotta ad opera di Horatio Nelson. Nel frattempo lo zar russo Paolo I accoglieva favorevolmente le proposte inglesi di un'alleanza contro la Francia rivoluzionaria, a cui aderirono poi anche l’Austria e la Germania e la Turchia (seconda coalizione). L'andamento della guerra fu disastroso per i francesi che nel 1799 riuscirono a salvare solo Genova. Nel frattempo il regime dittatoriale era sempre più screditato, le elezioni del 1798 per il rinnovo parziale delle camere avevano dato un esito favorevole ai “neogiacobini”, ma anche questa volta il governo intervenne per annullarne i risultati. In questa situazione giunse improvvisa la notizia che Napoleone era sfuggito agli inglesi e sbarcato a Fréjus: Sieyés si accordò col generale e Il 18 brumaio dell’anno VIII (9 novembre 1799), col pretesto di una congiura giacobina, i Consigli vennero indotti a trasferirsi a Saint-Cloud sotto scorta militare, mentre tre dei direttori (Sieyès, Ducos e Barras) si dimettevano. Bonaparte fu accolto con grida ostili dalle due camere, ma il grosso dei deputati venne disperso dai soldati e i pochi rimasti votarono la consegna dei poteri a tre consoli, Bonaparte, Sieyès e Ducos. 7. Napoleone primo console. Le basi del regime La Costituzione dell'anno VIII entrò in vigore il 25 dicembre 1799: essa vanificava di fatto la sovranità popolare (i cittadini eleggevano solo i componenti di “liste di confidenza”, soggette poi alla scelta del governo) e limitava i poteri degli organi legislativi (che potevano solo discutere le proposte del governo) a vantaggio dell'esecutivo. A capo del governo come primo console era stato posto Bonaparte, da cui dipendeva la nomina dei ministri, degli ambasciatori e dei giudici, egli era coadiuvato da due consoli e da un Consiglio di Stato (di sua nomina). Questo potere, sostanzialmente monarchico, incontrava un desiderio d’ordine e autorità diffuso dopo la prolungata instabilità, ma di fatto consolidava le conquiste della Rivoluzione (libertà, soppressione della feudalità, uguaglianza…). Venne riordinato il sistema statale:  In ambito giudiziario: gli organi dei vari dipartimenti furono esautorati da Corti d’appello e da una Corte di cassazione, che potevano annullarne le decisioni. La nomina dei giudici dipendeva dal governo. Nel marzo 1804 fu promulgato il Codice civile che per la prima volta disciplinava tutti i settori del diritto, facendo propri i valori fondamentali della Rivoluzione  Alla testa dei dipartimenti furono posti prefetti dotati di estesi poteri  In ambito economico: la riscossione di tributi fu affidata ad agenti dello Stato e divenne così più efficiente e inesorabile. Fu, inoltre, fondata la Banca di Francia e istituite nuove imposte. All’uscita della Russia dalla coalizione, il progetto napoleonico era battere gli austriaci per poi affrontare l’Inghilterra ormai isolata e costringerla alla pace. Nel maggio 1800 valicò il Gran San Bernardo prendendo alle spalle l’esercito austriaco in Piemonte e, dopo aver occupato Milano, ottenne una vittoria decisiva a Marengo. L’Austria fu costretta a chiedere la pace di Luneville. Dopo lunghe trattative, il 25 marzo 1802 ad Amiens venne raggiunto un accordo anche con l’Inghilterra, che sanciva la restituzione alla Francia delle sue colonie in cambio di Malta: la Francia non aveva più nemici. Seguì la pacificazione religiosa: nel concordato con Pio VII il cattolicesimo era riconosciuto come religione della grande maggioranza dei francesi (pur mantenendo liberà di culto). 8. Dal consolato all'impero napoleonico I successi servirono a legittimare gli aspetti autoritari e monarchici del suo governo:  Con il plebiscito del 2 agosto 1802 Napoleone fu dichiarato console a vita  Il 4 aprile il Senato lo nominò “imperatore dei francesi”, attribuendo alla carica carattere ereditario  Il 2 dicembre, nel corso di una sfarzosa cerimonia a Notre Dame, la corona imperiale fu offerta dal pontefice a Napoleone, che se ne cinse il capo con le proprie mani prima di prestare giuramento (uguaglianza dei diritti, libertà politica e civile…) Nel frattempo la Gran Bretagna, preoccupata per il rafforzamento dell’influenza francese in Italia, Svizzera e Germania, riprese le ostilità contro la Francia, dando vita a una terza coalizione formata da Inghilterra, Austria, Russia, Svezia e Regno di Napoli. A fianco dei francesi si schierò invece la Spagna. Il 21 ottobre la flotta franco-spagnola venne affrontata e distrutta da quella britannica di Nelson a Trafalgar, presso Cadice. Sul fronte terrestre, invece, Napoleone riportò una decisiva vittoria sull’esercito austro-russo ad Austerlitz. Vienna dovette chiedere la pace, sancita dal trattato di Presburgo, che prevedeva la cessione al Regno d’Italia (erede della Repubblica cisalpina) del Veneto, dell’Istria e della Dalmazia, l’aggregazione del Tirolo alla Baviera e il pagamento di un’ingente indennità di guerra. Nel 1806 un esercito francese s'impadronì del Regno di Napoli e sul trono fu posto Giuseppe Bonaparte, fratello dell'imperatore. In Germania, il trionfo napoleonico spinse alla creazione della Confederazione del Reno, alleata alla Francia: intimorito il re prussiano Federico Guglielmo III, che si fece promotore della quarta coalizione antifrancese, che comprendeva Inghilterra, Prussia e Russia. Sul fronte terrestre, però, l’armata napoleonica appariva imbattibile e le continue vittorie portarono allo smembramento dello Stato di Federico Guglielmo e all’accordo di Tislit con la Russia. La Prussia perse i suoi possedimenti in Germania e nelle province polacche (a formare i granducati di Vestfalia e Varsavia) e lo zar, Alessandro I, fu costretto a promettere appoggio contro l’Inghilterra. Essa non conteneva una Dichiarazione dei diritti e menzionava solo in modo vago le libertà fondamentali Ciò assicurò al regime un larghissimo consenso 9. Il blocco continentale, la guerra di Spagna e la quinta coalizione L'unica potenza ancora in guerra con l’Impero francese era la Gran Bretagna: incapace di sconfiggerla in mare, Napoleone decise di piegarne la resistenza con l’arma economica, dichiarando l’Inghilterra in uno stato di blocco → era proibito ai sudditi dell’Impero (e agli alleati Russia, Prussia e Spagna) ogni commercio con le isole britanniche. Pur essendo colpita da una grave crisi, l’economia britannica resistette e poté respirare quando la penisola iberica insorse contro la Francia e quando i porti russi si riaprirono alle sue esportazioni. Fallito il tentativo di occupare il Portogallo, tradizionale alleato inglese, Napoleone s'impadronì della Spagna, spodestando Carlo IV e proclamando re il fratello Giuseppe. Ma il popolo di Madrid si sollevò contro la presenza francese e dalla capitale l’insurrezione dilagò nelle province: iniziava contro Bonaparte L’Anticristo una spietata guerriglia, organizzata dalla nobiltà e dal clero, che faceva leva sul nazionalismo e sul sentimento religioso degli spagnoli. Nonostante l’intervento diretto di Napoleone in Spagna, la guerriglia, sostenuta militarmente e finanziariamente dagli inglesi, non disarmò. L'Austria, ansiosa di vendicare l’umiliazione subita col trattato di Presburgo, stretta una quinta coalizione con l'Inghilterra, invase la Baviera, alleata della Francia. Napoleone passò immediatamente alla controffensiva ed entrò per la seconda volta a Vienna. Con la sconfitta a Walgram e la successiva pace, l’Austria perdeva la Galizia settentrionale e quei territori che, entrati a far parte dell’Impero francese, presero in nome di Province Illiriche. Il cancelliere austriaco Lothar, nel tentativo di ingraziarsi Napoleone, gli offrì in sposa la figlia di Francesco I, Maria Luigia: dal matrimonio nacque l’agognato erede, Napoleone Francesco Carlo Giuseppe, che ebbe il titolo di re di Roma. La potenza napoleonica sembrava inarrestabile. L’impero francese, con al vertice la corte imperiale, aveva ormai raggiunto dimensioni considerevoli, comprendendo 130 dipartimenti e 44 milioni di abitanti. All’istituzione della Legion D’Onore, per premiare i servizi resi allo Stato, seguì la creazione di una nobiltà imperiale (legata al censo, al possesso di una funzione pubblica e di una proprietà fondiaria) composta da antichi nobili, borghesi (in maggioranza) e una significativa proporzione di individui di estrazione popolare (nobilitati attraverso l’esercito). Forte del supporto di questi notabili, Bonaparte continuò ad esercitare personalmente il potere con grande cura e ogni traccia di opposizione scomparve: vennero soppressi il Tribunato e il Corpo legislativo, il Senato si immobilizzò nelle mani dell'imperatore e i ministri vennero sostituiti con uomini più docili. Anche la stampa era sotto il suo controllo, così come l’istruzione, con l’istituzione di licei, dell’Università imperiale e della Scuola normale, preposta alla formazione degli insegnanti. 10. La riorganizzazione politico-territoriale della penisola italiana In seguito alle conquiste napoleoniche i territori assoggettati vennero inseriti in un sistema continentale elaborato da Bonaparte con tre situazioni diverse:  Territori direttamente annessi alla Francia (Belgio, Olanda e parte dell'Italia centro-settentrionale)  Stati separati dalla Francia, ma sottoposti alla sovranità di Napoleone (Regno d'Italia)  Stati vassalli, affidati a membri familiari o a sovrani amici (Spagna, Regno di Napoli, Vestfalia, Baviera e Sassonia) A parte il Regno di Napoli, Sicilia e Sardegna, tutte le province italiane (Piemonte, Parma, Piacenza, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio) man mano erano state aggregate al Regno D’Italia francese. La Repubblica Cisalpina, ricostruita e ampliata dopo Marengo (contro l’Austria), fu trasformata in Repubblica Italiana, la presidenza fu assunta dallo stesso Napoleone, che nominò vicepresidente Francesco Melzi d’Eril e fu dotata di ordinamenti analoghi a quelli francesi. Nel 1805 essa sarà trasformata in Regno d'Italia, Napoleone ne cinse la corona e si fece rappresentare a Milano col titolo di viceré dal figliastro Eugenio di Beauharnais. Istituì un Consiglio di Stato, con il compito di elaborare le leggi e un Senato, costituito da membri scelti dal re (a sostituzione del Corpo legislativo) Il Regno si distinse dalla Repubblica per una più decisa opera di ammodernamento e razionalizzazione nei vari settori, l’impulso dato alla scuola elementare e la ristrutturazione del codice giudiziario e delle infrastrutture. La tradizionale divisione in 12 province fu mantenuta (con un intendente ciascuna) e diede impulso allo sviluppo di centri provinciali (Bari, Salerno…) L'agricoltura rimaneva l’occupazione principale della popolazione e, pur gravata dalla tassazione, ricevette grande impulso grazie alle richieste alimentari dei soldati, al commercio della seta e all’acquisto di beni confiscati alla Chiesa. A Napoli, nonostante l’arretratezza economica, l’influenza di Giuseppe Bonaparte fu positiva. Chiamato a cingere la corona di Spagna sarà sostituito da Murat (cognato), apprezzato dai napoletani. 11. L'Europa centro-settentrionale Le regioni dell'area tedesca che più profondamente subirono l'influenza francese furono quelle alla sinistra del Reno. Ma sotto Napoleone tale influenza si andò rapidamente estendendo i territori della Germania centro-occidentale. Venne attuata una radicale riorganizzazione dell’assetto politico-territoriale dell’Impero germanico: i principati ecclesiastici, la maggior parte delle città libere, i piccoli feudi e molti staterelli vennero sottoposti alla sovranità degli Stati territoriali più grandi. Dopo un millennio di vita, il Sacro Romano Impero venne ufficialmente disciolto nell'agosto 1806 e sostituito dalla Confederazione del Reno, una confederazione di 16 Stati sotto la protezione dell’imperatore francese. Restavano indipendenti solo l’Impero austriaco e la Prussia (in cui si avvierà un rapido processo di modernizzazione e democratizzazione, anche grazie all’opera di filosofi quali Fichte e Humboldt). Lo Stato pontificio era stato annesso all’impero e Pio VII, scomunicato Napoleone, era stato imprigionato a Savona Le atrocità verificatesi sono rappresenta te da Goya La religione, che doveva costituire un pilastro del suo regno, divenne problematic a per le controversie con Pio VII Alle tensioni sociali nel mondo del Mezzogiorno era legato il fenomeno del brigantaggio, che imperversò i in varie regioni del Mezzogiorno e soprattutto in Calabria, dove era incoraggiato e alimentato dagli inglesi invase dagli eserciti rivoluzionari sin dal 1792 Tra gli Stati vassalli troviamo la Confederazione Elvetica, in stato di semi-libertà, e la Repubblica Batava, trasformata in Regno d'Olanda (la cui corona fu assunta da un altro fratello di Napoleone, Luigi) e in seguito definitivamente annessa all’Impero francese. Anche la Danimarca e la Svezia gravitavano intorno all'orbita politica della Francia. Questo sistema continentale, che sembrava erigere contro il nemico inglese un formidabile bastione, dimostrerà tutta la sua fragilità, indebolito dall’intervento spagnolo e dalla caduta del suo atrepice in Russia. Se in Francia il dominio napoleonico significò ritorno alla stabilità e all’ordine dopo la bufera rivoluzionaria, profondamente diversi furono i suoi effetti sugli altri Paesi europei: i pesanti tributi e lo scarso riguardo mostrato per istituzioni, tradizioni e fede dei popoli sottomessi, susciterà in diversi strati sociali sentimenti di ostilità e rivalsa. 12. Dalla campagna di Russia al crollo del Grande Impero Il giovane zar Alessandro I, educato da precettori francesi, aveva subito dimostrato tendenze riformatrici, ma per lo più esse rimasero inattuate. A partire dal 1809, strappata la Finlandia alla Svezia, si ebbe una ripresa della politica di espansione, con l’annessione della Bessarabia, della Georgia e dell’Azerbaigian: ciò, oltre a determinare la ripresa dei contatti commerciali con l’Inghilterra (sottoposta a blocco continentale), fu all'origine del raffreddamento dei rapporti con Napoleone che, nel marzo 1812, decise di firmare un'alleanza con la Svezia. Con il più grande esercito mai visto il 24 giugno Napoleone varcò il fiume Niemen. I generali russi si ritirarono ordinatamente senza dare battaglia, ma distruggendo o portando via i raccolti nelle loro retrovie, in modo da privare il nemico dei rifornimenti: l’immensità e rigidità del territorio misero in crisi la strategia di Napoleone, convito si sarebbe trattato di una guerra lampo. Solo il 7 settembre i russi affronteranno la Grande Armata: pur sconfitti resero sempre più precaria la sopravvivenza dell’esercito. Il 19 ottobre fu dato l’ordine della ritirata: Napoleone voleva piegare verso Sud, ma i russi gli chiusero il passo, obbligandolo a ripercorrere il cammino dell’andata in mezzo ad una campagna devastata. Un inverno rigido e precoce, la mancanza di viveri e i continui attacchi dei cosacchi trasformarono la ritirata in un calvario. Napoleone, tornato in Francia, si trovò di fronte ad un Europa in subbuglio. Il 28 febbraio 1813 Federico Guglielmo III, re di Prussia, strinse alleanza con lo zar e proclamò la “guerra di liberazione”, alla quale aderì segretamente anche Metternich, ministro degli esteri austriaco → sesta coalizione (+Svezia e Inghilterra) Nella penisola iberica, intanto, gli inglesi avevano ripresero l’offensiva occupando l'Andalusia e facendo approvare una Costituzione di tipo liberale. Sempre su iniziativa britannica, in Sicilia era stata deposta la famiglia Borbone e approvata una carta costituzionale che dichiarava il regno indipendente da Napoli. La battaglia decisiva (battaglia delle nazioni), si svolse a Lipsia tra il 16 e il 19 ottobre 1813. Napoleone non ricevette in tempo i rinforzi sperati e fu abbandonato all’ultimo momento dai soldati della Sassonia e del Wurttemberg, che passarono al nemico. Sconfitto, dovette ripiegare sul Reno, mentre anche Germania, Svizzera e Olanda si sollevavano contro il suo dominio. Nel frattempo la guerriglia aveva costretto i francesi ad evacuare la Spagna (Ferdinando VII fu ristabilito sul trono) e persino Murat (Napoli) iniziò a trattare con l’Austria nella speranza di conservare il suo regno. Alla fine del 1813 i tre eserciti alleati varcarono il Reno mentre gli inglesi penetravano in Francia da sud: Napoleone, dopo una strenua difesa, subì una decisiva sconfitta ad Arcis-Sur-Aube. Il 3 aprile 1814 il Senato proclamò la decadenza dell’imperatore e il 6 aprile Napoleone abdicò senza condizioni (gli rimase solo la sovranità dell’Elba). Lo stesso giorno il Senato invitò Luigi XVIII a occupare il trono sulla base di una nuova Costituzione su modello inglese. Il re, però, vi contrappose una diversa Costituzione. Nel Regno d’Italia, intanto, il viceré Eugenio aveva firmato con l’Austria un armistizio, che lo lasciava padrone della Lombardia e del Veneto. Ma le sue speranze di ereditare la corona italica furono vanificate da una sommossa popolare: il maresciallo Annibale Sommariva prese possesso di Milano in nome dell’imperatore d’Austria. Nel frattempo anche il papa Pio VII, il re di Sardegna Vittorio Emanuele I e il granduca di Toscana Ferdinando III ripresero possesso dei loro Stati. In Francia il sollievo per il ritorno della pace aveva rapidamente lasciato il posto ad un diffuso malcontento. Napoleone, di fronte a ciò, decise di tentare di nuovo l’avventura: abbandonata l’isola d’Elba con pochi seguaci sbarcò nei pressi di Cannes, dove la popolazione lo accolse con entusiasmo (anche l’esercito inviato per arrestarlo passò dalla sua parte). Entrato a Parigi, Napoleone era ben consapevole di dover affrontare le forze unite della settima coalizione antifrancese: prima che arrivassero i rinforzi austriaci e russi sferrò il suo attacco, ma a Waterloo, il 18 giugno 1815, non riuscì ad impedire la congiunzione tra inglesi e prussiani e subì una rovinosa disfatta. Ritornato a Parigi abdicò una seconda volta. Luigi XVIII tornò sul trono francese e Napoleone, consegnatosi agli inglesi, sarà esiliato in un’isola sperduta dell’Atlantico, Sant’Elena, dove morirà in solitudine il 5 maggio 1821. L’arma ideologica della libertà, da sempre impiegata dalla Francia, ora si ritorceva contro di essa Simile la vicenda di Murat: nel timore di essere spodestato dichiarò guerra all’Austria esortando l’Italia ad unirsi sotto di lui. Ma l’appello cadde nel vuoto: sconfitto a Tolentino, venne fucilato dai borbonici Il Congresso di Vienna e la riorganizzazione dell'Europa Le potenze che avevano sconfitto Napoleone e abbattuto il suo impero si trovarono di fronte al gravoso compito di ridisegnare un ordine europeo. I governi di Austria, Russia, Prussia e Inghilterra ebbero la saggezza di associare a questa impresa anche la Francia, considerata vittima dell’impresa napoleonica: grazie all’abilità diplomatica di Talleyrand (ex ministro di Napoleone) essa venne riconsegnata alla monarchia borbonica e riportata alle frontiere del 1792, e gli Stati posti ai suoi confini orientali furono rafforzati in modo da costituire una barriera contro eventuali tendenze espansionistiche. Il Belgio (staccatosi dall’Austria) venne unito all’Olanda nel Regno dei Paesi Bassi, retto dalla dinastia degli Orange. Al Regno di Sardegna venne annesso il territorio della Repubblica di Genova. Il Regno di Vestfalia passò alla Prussia. Non venne resuscitato il SRI: le sue 39 formazioni politiche furono associate in una Confederazione germanica la cui presidenza venne assunta dall’imperatore d’Austria. La Norvegia venne staccata dalla Danimarca e unita alla Svezia. Il Regno di Polonia fu ricostruito dopo le spartizioni settecentesche e venne posto sotto la sovranità dello zar, che si annetteva direttamente anche la Lituania, la Bielorussia e l’Ucraina. L'Austria otteneva la conferma del possesso della Lombardia e del Veneto con l’Istria, la Dalmazia e le Province Illiriche. Una relativa indipendenza fu riconosciuta in Italia soltanto allo Stato sabaudo e al Regno di Napoli, dove Ferdinando IV prese il nuovo titolo di Ferdinando I re delle Due Sicilie. La Gran Bretagna ottenne i maggiori vantaggi in campo marittimo e coloniale. Per garantire l'ordine restaurato a Vienna lo zar russo si fece promotore di una Santa Alleanza di cui il 26 settembre 1815 e ntrarono a far parte Prussia, Austria e in seguito anche Francia ma non la Gran Bretagna. Quest'Ultima stipulò una Quadruplice alleanza con Russia, Prussia e Impero Austriaco, il cui scop o era quello di vigilare contro ogni attentato al nuovo ordine ristabilito.
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