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Riassunto di Una storia della giustizia (P.Prodi), Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunto completo di Una storia della giustizia di Paolo Prodi

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 16/08/2019

alegrelli96
alegrelli96 🇮🇹

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Scarica Riassunto di Una storia della giustizia (P.Prodi) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! RIASSUNTO DI UNA STORIA DELLA GIUSTIZIA DI PAOLO PRODI PREMESSA Tentativo dell’autore è quello di una riflessione storica sul modo i cui la giustizia è stata vissuta r pensata in nostro mondo occidentale, a partire da crisi attuale del diritto con la ossificazione della società per esagerazione per espiro soffocante del diritto positivo che, nella foga di normale tutto, ha sviluppato pervasività ed autoreferenzialità, caratteristiche anomale rispetto a tradizione giuridica occidentale che si fonda invece sulla cemprensenza di un duplice piano di norme: la norma scatta-positiva e l’ethos (o mos, consuetudine, etica, morale…). Da qui prospettiva di lungo periodo dell’autore volta cogliere l’esperienza storica concreta, l’incarnazione dualistica del cristianesimo occidentale (Item Deus est giustizia, et qui facit iustitiam faccio Deum, consigliere rep. fiorentina 1431: cosa ha voluto dire per uomo occidentale fare Dio facendo la giustizia?). L’arco ella ricerca si estende da medioevo ad oggi, concentrandosi in XV e XVI secolo quando la formazione del sistema ordinamentale permette di passare a fase codificazione e costituzionalizzazione, di passare da pluralismo dei fori al moderno dualismo coscienza-diritto. Al centro dell’attenzione dell’autore vi è il foro: luogo fisico o ideale in cui le controversie tra gli uomini le cause, vengono concretamente definite in rapporto alla legge e al potere. Il foto è il luogo dove la legge e il potere si incontrano con la realtà di tutti i giorni degli uomini (sviluppo antropologia giuridica: attenzione al mondo vivo della giustizia come giudizio scale sui comportamenti). Nel percorso della civiltà cristiana occidentale si esiste allo sdoppiamento della giurisdizione tra un foro esterno i cui interprete è i giudice e un foro interno amministrato normalmente dal confessore. Il foro, a differenza di quanto ha fatto la storiografia tradizionale, è un fronte mobile che si deve seguire evitando di rinchiudersi in una singola storia. Allora si scopre che ci si trova di fronte al rapporto tra norma come imperativo, positivo o negativo e la sanzione, come coscrizione o come pena, i quanto atto coattivo teso al ristabilimento della giustizia. Per comprendere la nascita dello Stato di diritto e dell’ideale liberale bisogna cogliere la distinzione progressiva tra il concetto di peccato (= disobbedienza alla legge morale) e il concetto di reato (=disobbedienza alla legge positiva), movimento che muove dalla “rivoluzione papale” (H.J. Berman) di Gregorio VII, dallo sviluppo della Chiesa come istituzione autocefala. Il problema non è limitato al solo diritto penale: l’attenzione è verso la totalità del triangolo uomo-legge-potere. I. GIUSTIZIA DEGLI UOMINI, GIUSTIZIA DI DIO (da origini a XI sec.) La storia dell’Occidente muove nel confronto tra la religione della Bibbia e la filosofia dei greci, nella tensione tra due diversi ordinamenti: il nocciolo sta nella convinzione che il rapporto con la norma non è totalizzante (mondo greco), ma espressione di una tensione ineliminabile tra il singolo concerto uomo e la legge, emanazione del potere (Ebraismo-> cristianesimo): • filosofia greca: concezione etica dominante, almeno fino allo stoicismo (problema rapporto legge-coscienza), tende a far coincidere ordine politico-ordine naturale, a identificare la syneidesis (la “coscienza”) con l’ordine oggettivo delle cose. Quando ciò non avviene, non vi è possibilità di ricomposizione, l’unico risultato è la morte (vd. Antigone). La legge mantiene valore universale: con Aristotele si introduce il concetto di equo come snodo tra legge e caso concreto, avviando la prospettiva della giustizia come virtù. Nel pensiero greco non vi è dualismo né alternativa tra norme dell’etica e nome del diritto. Nella polis la comunità si pone di fronte all’individuo come un intero di cui sa di essere solo una parte destinata a scomparire • mondo ebraico: per la prima volta la giustizia è sottratto al potere e riposta nella sfera del sacro; con l’idea del Patto, dell’Alleanza, che lo coinvolge in prima persona, Iahvè diventa direttamente il garante della giustizia della sfera sociale e politica. Il faraone incorpora la giustizia nella sfera socio-politica sottoposta alla sua sovranità, mentre in Israele viene sottratta alla sfera politica per essere trasposta in quella teologica in diretta dipendenza da Dio. La sovranità e il sacro si separano rendendo possibili la resistenza di fronte agli abusi e la ricerca di un luogo terreno della giustizia diverso dalle stanze del potere. L’affermazione della trascendenza di Dio rende possibile la desacralizzazione delle istituzioni e la riduzione del diritto al suo valore relativo e pragmatico. Si apre la possibilità di un foro, di una sede di amministrazione della giustizia che non si identifica con lo Stato. Ciò perette la prima separazione del concetto di peccato (colpa verso Dio) dal concetto di reato (violazione della legge positiva), a differenza del carattere indistinto dell’amartia (errore) greca. Il mondo si separa in due sfere separate, sacro e profano, lungo una linea di confine tracciata dalla legge. Si delinea il concetto di peccato come colpa (infedeltà a Dio e a Patto), la cui espiazione si pone nello spazio profetico. Il cammino ella salvezza iniziato da Israele apre la strada alla nascita dell’individuo occidentale che si fonda sul dualismo forum Dei-forum hominis. Con il cristianesimo il luogo della giustizia si istituzionalizza: dallo spazio indeterminato della profezia all’ekklesia, all’assemblea (Quae sunt Caesaris Caesari, quae sunt Dei Deo). Cristo (e gli apostoli) hanno il potere di rimettere i peccati e l’assemblea ha poter dirimere le controversie interne tra i membri. Sono 2 piani diversi, ma intrecciati tra loro. Nel richiamo al peccato, al perdono, alla misericordia negli scritti neo-testamentari è data all’assemblea dei discepoli i potere di interpretare e concretare il perdono divino con la costruzione di u foro che diviene alternativo alla giustizia umana. Non si tratta di un doppio sistema di norme, ma della costruzione di una struttura alternativa rispetto alla giustIzia politica. Inoltre, dato il carattere di comunità aperta della Chiesa, basata a differenza delle sette solo sul vincolo battesimale, la costituzione di un foro è necessario per stabilire chi è dentro e fuori la comunità e per amministrare la giustizia. La costruzione di tale foro, simbolizzata dal processo e condanna di Cristo, processo politico che implica il problema dell’ineliminabile corruttibili del potere, è l’innovazione dlc cristianesimo trapiantata sulla radice messianica dell’ebraismo. Cristianesimo e istituzioni romane non erano comportamenti stagni in contrapposizione tra di loro, ma si influenzano reciprocamente: il processo organizzativo delle istituzioni ecclestatiche avviene sulle basi delle strutture amministrative romane, ma tale processo coinvolge anche il linguaggio e le idee della Chiesa. Centrale è il confronto con i pensiero storico sull’etica, la virtus e la fides (esito sarò il primo sviluppo di una filosofia del diritto che confluirà nella distinzione di Ulpiano in diritto naturale, diritti delle genti e dritto civil presente nel Corpus iuris civilis). In Padri della Chiesa, già dal II secolo, elaborano dottrine di Cristo come sommo legislatore e dell’esistenza di una effe divina coincidente con la legge naturale. Emerge una nuova visione del mondo: ordine cosmico e naturale non coincide più automaticamente con l’ordine politico e si apre il problema di una tensione che coinvolge direttamente l’amministrazione della gisutizia. Si apre un processo di giuridiciazzaione delle norme di comportamento della comunità cristiana e di fondazione etica del diritto che vede nel pensiero dei padri della Chiesa l’utilizzo del linguaggio giuridico al servizio della teologia (es. Tertulliano impiego del linguaggio militare, come sacramentum; Cipriano; vescovo è giudice di Dio come giudice civile è i delegato dell’imperatore) e l’emersione dello ius cieli che si contrappone allo ius fori (in Agostino ius fori e ius poli non sono contrapposizione tra sfera etica-religiosa e sfera giuridica esterna, ma due diritti contrapposti). Si riprende il vocabolario del diritto penale romano (vd. processo graduale di sovrapposizione di crimen e delictum con peccatum; emersione peccato mortale simile ai delicta capitalia, capitalia crimina; in Agostino finzione tra il peccato in cui tutti uomini non possono non cadere per la fragilità umana e i peccati gravi o crimini come omicidio o furto). L a procedura della penitenza pubblica risente dei modi del processo pensale romano. Inoltre si contrappongo le leggi civili che possono ossee ingiuste con lo ius humanitatis/ius fraternitatis in cui si concretezza la legge divina a intento della comunità cristiana. La Bibbia entra come fonte prima nell’universo giuridico, aprendo possibilità e realtà di un conflitto tra iura fori che devono cedere agli iura caeli. In II sec. vi è processo giuridicizzazione della Chiesa e sviluppo del primo diritto disciplinare della Chiesa come l’elaborazione di poteri ricevuti da Cristo ed esercitati per ufficio i nomo gerarchizzato da vescovi. Il problema centrale in questi secoli è quello dell’appartenenza alla comunità ecclesiale che legata al rivolgevo giuridico del processo penitenziale che riguarda in primis i lapsi (quelli che rinnegato appartenenza a comunità cristiana, spesso sotto minaccia persecuzioni) e in secondo tempo gli eretici (eresia diverrò peccato pubblico per eccellenza da cui discende l’esclusione, la scomunica). Vi sono due livelli distinti della penitenza, quello in celebrazione ecauristica come atto di purificazione individuale e quello pubblico. Dal III secolo, pende forma il processo penitenziale collo scopo di ristabilire giustizia e convertire il peccatore pubblico: nascita della audientia episcopalis, primo foro dipendente dal vescovo. Il nocciolo essenziale è quello della composizione delle liti tra cristiani o tra singoli membri e comunità senza ricorrere a un foro esterno alla comunità (vd. S. Paolo), di qui l’inizio della prassi penitenziale come procedure per riconciliazione e reinserimento nella comunità del colpevole. Lo sforzo è quello di distinguere le colpe di rilievo pubblico che mettono in gioco l’partenza del metro alla comunità per misurare la gravitò in funzione della procedura di reinserimento e riabilitazione. Il principale dibattito dell’epoca è sulla replicabilità del processo penitenziale (è possibile ripetere per un penitente ricaduto in colpa pubblica la procedura penitenziale?). Solo dal V-VI sec. si apre la strada alla penitenza privata (prima per malati gravi in pericolo di vita, poi diffusa nella prassi quotidiana con penitenza medicinale). Determinante è il IV secolo che vede divergere scenari tra Oriente ed Occidente: spade, teoria dei due soli, teoria sole e luna…) che contiene la sconfitta di ogni ipotesi teocratica e cesaropapista, realizzando sul piano istituzionale il dettato vangelo della separazione dei poteri. In questo conflitto, chiarificante è il decretale Novit (1204) di Innocenzo III (1198-1216) in cui si 1 afferma che il pontefice, pur non volendo o potendo usare direttamente il potere temporale al di fuori dei suoi Stati. può intervenire nelle cose secolari ratione peccati: ciò comporta la costruzione di un sistema di giustizia alternativa e parallelo a quello secolare, congiungendo forum dei, foro interno della coscienza, con i tribunale della Chiesa, il forum Ecclesiae. Bernardo di Chiaravalle (1090-1153, De consideratione) affermava che il potere della Chiesa non ta in dominio politico diretto, ma in criminibus, in possibilità di giudicare l’operato degli uomini. Gregorio VII. Se in Gregorio Magno la giustizia di Dio rientra in un sfera morale, per Gregorio VII la giustizia di Dio è norma assoluta di riferimento di ogni coportmaneto umano che si incarna storicamente in Chiesa Romana. Con GVII si apre epoca grandi raccolte delle collezioni canoniche (1070-1140, culminando con Decretum di Graziano) che vede graduale costruzione edificio che porta il papa ad essere garante del diritto, supremo e onnipresente giudica della cristianità che adatta il diritto divino alle situazioni contingenti con potere emanare nuove eleggi, monopolio interpretazione e uso della dispensa. Si viene a deliberare la respublica sub Deo: struttura giuridica derivante da Dio in cui tutte autorità sono ricondotto a comune derivazione; leggi sono inquadrate in gerarchia con al vertice legge naturale-divina; il foro esterno deve tendere a coincidere con foro interno con giuridicizzazione della sfera etica. Le condanne penali dei tribunali secolari assumono valenza religiosa e condanna dei crimini cn morte/pene corporali è dovere morale della autorità secolari e strumento per redenzione da peccato dei condannati. In collezione di canoni di Anselmo da Luca (1080s), si afferma il potere di coazione materiale della Chiesa sino a condanna a morte e a guerra per motivi spirituali, contro eretici, scismatici e peccati gravi. Chiesa ha due tipi di potere coattivo, spirituale e materiale; il problema è quando uso forza delegato a potere secolare o esercitato direttamente. Decretum di Graziano (1140, Bologna) . Tra XI e XII sec. nasce il diritto canonico come 2 ordinamento, come sistema giuridico organico e autoreferente (prima vi era attività normativa Chiesa ma acquisisce organicità e autoreferenzialità solo da rivoluzione papale, con Gregorio VII si passa da Iura canonum a Ius canonicum). Diritto romano diviene strumento principale per fondazione del nuovo potere pontificio e per fare della Chiesa l’erede autentica dell’Impero romano. Con Graziano (legato a partito riforma, i cui capo Aimerico era legato a scuola bolognese) si ha costruzione di una sistema organico nella contrapposizione di norme divergenti. Egli fu primo scienziato del diritto canonico che è riuscito da materiale variegato a trarre un corpo di leggi parallelo a quello da poco riscoperto del Corpus Iuris civilis. Graziano ingloba il diritto romano nel suo insieme in quanto conforme alla legge di Dio e a norme di Chiesa, gettando basi Una decretale (dal latino epistola decretalis, plurale epistolae decretales) è una lettera firmata da 1 un papa contenente disposizioni giuridiche, riguardanti un caso singolo, alle quali andava riconosciuto un valore generale. Taluni hanno voluto distinguere le Decretali dai Decreti; in quanto le prime sono promulgate in forma diretta, in rapporto alla domanda di qualcuno, mentre i secondi sono promulgati spontaneamente dal papa. Una simile distinzione è accennata anche nella glossa (ad dictum Gratiani, Dig., III, v. omnes), la quale chiama decretum quello che il papa emana col consiglio dei cardinali e non a richiesta di alcuno; epistola decretalisquella emanata dal papa, o solo o insieme con i cardinali, ma in seguito alla consultazione di qualcuno. Con questa distinzione, il decretum viene a identificarsi con la constitutio, emanata motu proprio, e la decretale col rescritto, che risolve casi particolari in seguito a richiesta Raccolta pubblicata intorno al 1140 di leggi ecclesiastiche [vedi decretali] emanate fino a 2 quell’epoca. Essa fu opera del monaco camaldolese Graziano , professore di diritto a Bologna [vedi Glossatori], che riordinò sistematicamente e conciliò tra loro i canoni contraddittorii (da ciò derivò anche il titolo dato a tale opera: Concordia discordantium canonum). Si ispirò ai seguenti criteri, già precedentemente seguiti da Abelardo: tra una norma generale e una speciale, prevale la seconda (ratione dispensationis); tra una norma antica e una recente, soccombe l’antica ( ratione temporis); tra una norma generale e una particolare, si preferisce la prima (ratione loci); tra una norma chiara e una oscura, prevale la prima (ratione significationis). I testi sono accompagnati dal commento dottrinale di Graziano, attuato attraverso dicta (esposizione e risoluzione delle questioni), autoritates (argomenti di prova a conferma delle sue soluzioni), palee (aggiunte da parte dei discepoli) del diritto comune romano-canonico, sua opera è in direzione di una assimilazione, e non di una condanna, del diritto romano al diritto della Chiesa. Diritto canonico nasce con diritto romano come scheletro. I primi glossatori, i decretisti e i decratalisti , sentono il bisogno di fondare 3 4 raccolta di Graziano più esplicitamente e direttamente su diritto romano (Decretum-digesto, decretali dei papi-leggi novellae, vd. struttura Corpus iuris civilis). A partire da esso s viene a stabilire dottrina gerarchia delle leggi: 1) diritto naturale-divino il cui interprete sulla terra è il pontefice 2) diritto positivo emanato dai pontefici come diritto comune a tutta cristianità 3) costituzioni antichi imperatori 4) nuove leggi o statuti particolari o consuetudini dei corpi ecclesiastici e civili Diritto positivo e consuetudine da applicare quando diritti superiori, per loro generalità, non in grado di governare realtà vita quotidiana, ma non devono essere in contrasto con diritto naturale e divino. In caso di conflitto legge positiva secolare deve cedere di fronte a quella canonica. In Occidente nascono due ordinamenti universali paralleli radicati in antico diritto romano e in concorrenza fra di loro: quello canonico (gestito da papato) e quello civile (principi secolari). Quando si passa a realtà concreta del foro, la questione è quella del potere da cui deriva amministrazione della giustizia. Se in Graziano potere d’ordine e potere giurisdizione sono riuniti in un’unica potestas (=sacerdozio), da XII sec. (con comparsa legati pontefici che spenno sono sacerdoti), il potere si distacca dal sacerdozio, con sistema della delegazione dell’amministrazione della giustizia (iurisdictio delegata che forma base organizzazione moderna della giustizia con definizione procedura processuale, centralizzazione e definizione degli appelli). Si ha ripresa della denuciatio evangelica che diviene denunciato judicialis (secondo procedura romana) o denunciatio canonica on obbligo di ogni fedele di denunciare a Chiesa, dopo ammonizione preliminare, autore di un crimine pubblico. Foro ecclesiastico non sol offro cause in materia spirituale o ecclesiastica, ma è anche foro cause in cui implicata riparazione di un danno o adempimento di una promessa. Inoltre, con minaccia eresia, si permette ad autorità ecclesiastica di reprimere ex officio dei fatti ritenuti lesivi a verità fede (l> processo inquisitoriale) Penitenza come sacramento. In XII sec. si sviluppa dottrina dei sacramenti, con loro prima definizione e loro limitazione numerica a 7. Trattazioni sui sacramenti, più opera dei cannisti che di teologi, legati a nuova definizione di Chiesa in situazione dia futuro turbamento per crisi tradizionali ordini e staiti in nuova società e per diffondersi presi e scismi (non solo movimenti rivoluzionari, ma anche mutamenti in reazione per trasformazioni chiesa). Dopo concilio di Sens (11140) si sviluppa la separazione della penitenza come virtù interiore da penitenza-sacramento come strumento di appartenenza alla chiesa. Analisi si sviluppa su tradizionali componenti della pentienza (contrizione, confessione, soddisfazione) spostando gradualmente il significato del perdono: in primo tempo centrali sono momento iniziale (pentimento, con confessione fatta a Dio a interno dell’anima) e finale (esercizio concreto della penitenza come condizione per assoluzione) del cammino penitenziale, in secondo momento il sacramento in senso stretto è confessione dei peccati al sacerdote e l’associazione da parte del sacerdote (vd. De vera et falsa poenitentia, XI sec, attribuito a Agostino). Il sacerdote è il giudice che deve avere scienza e capacità inquisire chi si confessa, facendo emergere anche i peccati che penitente cerca di nascondere. Assoluzione non è più condizionata da percorrenza di lungo cammino penitenziale, ma è una sentenza definitiva (anche in linguaggio: “ego te absolvo”). Si ha estensione a tutta sfera del peccato di quella che prima era la procedura della penitenza solenne riservata ai peccati criminali pubblici (importante su piano teologico la scuola di Anselmo di Laon e di Ugo da San Vittore). Penitenza come sacramento ha sua materia e forma che contribuiscono o dare centralità al foro i cui giudizio interiore di Dio e giustizia della Chiesa coincidono, cioè momento della connessione e dell’assoluzione la quale è una sentenza che produce effetto causale della remissione dei peccati. Il confessore riceve da Dio incarico di rappresentarlo e può salvare o meno da dannazione eterna: è intercessore e giudice. Autorità Chiesa entra in vita quotidiana dei fedeli: ogni colpa grave va denunciata al sacerdote. Viene meno situazione peccato semplice-peccato criminale a favore di quella tra peccato veniale (non ho obbligo confessare, ma è bene farlo) e peccato mortale che si distingue da crimine (colpe gravi verso società), in contesto di nuove professioni il cui esercizio implica peccato (vd. mercatura e milizia). Confessione, insieme a satisfactio, fa parte della Giuristi canonisti medievali che posero a principale oggetto della loro attività di studio il 3 Decretum Gratiani. Giuristi dell’età medievale, glossatori e commentatori che posero ad oggetto della loro attività 4 scientifica lo studio e l’esegesi delle fonti del diritto canonico successive al Decretum Gratiani. punizione ed è già in sé penitenza. Si afferma in XII sec. anche dottrina Purgatorio e idea esistenza di un giudizio individuale subito dopo morte ogni uomo con relative pene da scontati subito dopo: penitenza previene da dannazione eterna, e ha potere commutare o anticipare pene purgatorio ( si ha contabilizzazione della pena purgatoria in gironi, mesi ed anni), sistema confermato da diffusione indulgenza (NB PAG. 76). Si apre il problema del potere concerto del sacerdote di assolveremo cogliere e legare. Tema centrale da Graziano (sforzo di comporre pene previste da legge civile con dottrina del peccato e penitenza, inglobandole in unico diritto penale canonico) a decretali di Gregorio IX (Liber Extra-vagantium- del 1234) è il tema della colpa e della responsabilità esterna del peccato. L’antica definizione di Agostino (crimen est autem peccatum grave) del diritto penitenziale altomedievale è troppo vaga, così come inutile è giustapposizione crimine e peccato mortale in Graziano. Si cerca: - distinguere sfera diretto da quella del accatto in base a presenza dia tti esteriori delittuosi, non limitati a volontà perversa - distinguere crimine da peccato legandolo a concetto di infamia (maggior definizione ripercussioni sociali del peccato criminale) - sostituire concetto di infamia con quello di violazione delle norme di ordinamento romano cattolico Sforzo dei canonisti è quello di sperare forum Dei e forum ecclesiae, anche se a fine XII secolo ancora il foro penale della Chiesa è legato a sfera sacramentale e in esso coazioni spirituali (es. scomunica, interdetto) sono intrecciate a coazioni fisiche. Quello che si registra è che sacramento della penitenza diviene un atto giudiziario. Concilio Lateranense IV (1215) e Summae confessorum. Con costituzione 21, Omnis utriusque sexus, di Innocenzo III, durante concilio Lateranense IV , si pone obbligo connessione annual “proprio sacerdoti” (proprio parroco o superiore legittimamente investito della responsabilità della cura della time di un determinato territorio). È una svolta che segna la nascita di un diritto del quotidiano e la conclusione del cammino volto a unificare foro di Dio e foro della Chiesa. Tuttavia tale costituzione applicata parzialmente (obbligo confessione annuale), mentre parte del proprio sacerdoti, il tentativo cioè di costruire un rapporto preciso di sottomissione giurisdizionale del foro interiore al propri superiore ecclesiastico in base all’appartenenza territoriale, fallì. Questo tentativo è legato a lungo cammino, precisato in Graziano e ai suoi decretisti tra fine XII sec. e inizio XIII, di configurazione giuridica dei diritti tradizionali del sacerdote. In Graziano vi è possibilità per cristiano scegliere il sacerdote-confessore in caso conflitto, ma tale possibilità si chiude gradualmente. In un primo momento le due chiavi, di cui parla del Vangelo, alla base del potere sacerdotale individuati in potere ricevuto da sacramento dell’ordine e in discreto (scienza- prudenza del sacerdote); in un secondo momento le du chiavi sono potere d’ordine e potere di giurisdizione come poteri paralleli e distinti. Per poter confessare e assolvere occorre, ma non basta essere sacerdoti; bisogna aver ricevuto apposito potere giurisdizionale dal vescovo o papa. Tentativo di Innocenzo III fallisce in situazione di frammentazione istituzionale dell’Europa dell’epoca: affermazione del aprono come giudice del siriano su sottoposto avrebbe significato sborniare questa giurisdizione ad autorità locali in cui potere religioso e temporale erano fortemente intrecciati. Lo sforzo dei successori di Innocenzo III è opposto: costruire con leva dei nuovi ordini mendicanti una gestione centralizzata e unitaria del tribunale della penitenza. In questi secoli si registra consolidamento della parrocchia come cellula di base della vita ecclesiale, ma non diviene sede di un primo libello di giurisdizione come voleva Innocenzo III. Solo in curia si ha primo livello giurisdizione. In seconda metà XII sec. nati i tribunali episcopali con formazione apposito corpo di officiales: i vescovi spesso delegano amministrazione giustizia a giudici formativi in facoltà diritto canonico. I problemi di foro interno ed esterno esatto intrecciati una attività tribunali ecclesiastici, come 2 emanazioni di una stessa giustizia ecclesiastica. Il loro sviluppo è frenato da centralismo della curia romana con sviluppo dei tribunali inquisitoriali e con sistema della riserva papale. Preoccupazioni principali in XIII sec. è che parroci devono limitarsi solo ad assoluzione dei peccati meno gravi, mentre a foro episcopale quelli già gravi. In questo contesto, in un primo momento è pappato a dare deroghe a connessione proprio sacerdoti, prima ai potenti e poi, con limitazioni, al cristiano comune. Il papato cerca superare contraddizioni con sistema delega del potere di confessare ai membri dei nuovi ordini mendicanti, concepiti da pontefice come parroci, predicatori e confessori universali delegati a giurisdizione del foro interno in tutta cristianità (-> conflitto clero secolare e ordini): in 1221 lettera Onorio III in cui affida pratica confessione in tutto mondo a nuovo ordine domenicano (a cui poi sia aggiungeranno i francescani). Nasce così una doppia struttura in amministrazione del sacramento della penitenza: da una parte il clero secolare diocesano (i cui poteri sempre più limitati da sistema della riserva) e diritto civile in senso stretto né con diritto positivo). Chiesa e diritto canonico forte influsso in sviluppo diritto occidentale come diritto positivo e mobile (specie su diritto privato, matrimoniale, famigliare, contrattuale) - diritto naturale-diritto romano: non solo con rinascita aristotelica del ‘200, ma già da 1000s con nascita scuola diritto di Bologna emerge il concetto della ragione come base del diritto. Sia per legisti-civilisti che per decretisti-canonisti il nodo centrale è rapporto ragione divina/ naturale-testo positivo (legge o canone): diritto divino immutabile e naturale (legge naturale, Scrittura, grazia, canoni Chiesa); diritto umano-positivo, morale (da mores) variabile (consuetudini, costituzioni, leggi politiche ed ecclesiastiche; caratteristica mutare in tempo e trarre propria legittimità da autorità), vd. Summa Coloniensis (1169). Lo sforzo della Chiesa è quello di assorbire il testo del diritto (aka Corpus iuris civilis) nella Scrittura, assorbire il diritto umano al proprio interni come strumento per il proprio consolidamento istituzionale, ma rifiuta dir riconoscere ad esso una vita autonoma. Invece, i legisti, glossatori, sostenitori potere secolare considerano diritto romano come unica impossibilità di fondazione di nu testo che impedisca i lttoale monopolio del potere ecclesiastico. Quesi si rifanno a Giovanni Scoto Eriugena per il quale il diritto è riflesso della creazione e la giurisprudenza è compartecipazione di questa creazione, ricerca immagina divina che è nel mondo. Il giurista-artista estrae da materia prima (giustizia) il diritto in sua forma concreta. In questo modo Chiesa è estromessa da principio di fondazione del diritto. Si comprendono le condanne dei concili del ‘200 contro chierici che studiando diritto romano, condanne da collegasi a quella agli inizi del ‘200 del pensiero di Giovanni Scoto Eriugena. Se fosse prevalsa la linea dell’autonomia del diritto romano, a base del diritto canonico non Decretum Gratiani ma Panormia di Ivo di Chartres. Questi fa alcuni decenni prima di Graziano una raccolta di tutte norme giuridiche, civili, canoniche che non diretta a costruzione di un diritto canonico come diritto separato, ma ad elaborazione di un sistema unico e universale di tutte norme che tuttavia non vuole negare autorità giudiziaria della Chiesa, ma solo costruire un discorso unico su giustizia (communio tra giudici). So fosse prevalsa linea di Ivo, sarebbe stato possibile un vero diritto comune 5 canonico-romano. Ma non fu così: affermazione del diritto canonico come ordinamento fa sì che pensiero romantico si sviluppa con ritardo e su una linea difensiva in simbiosi con ideologia imperiale, a sostengo di separazione ed autonomia del potere secolare imperiale da quello spirituale del pontefice (vd. glosse di Accursio “Sacerdotes” e “Cuique” del Digestum). In pensiero dei glossatori e commentatori la concorrenza, in ambito comune richiamo a diritto naturale e divino, è tra due situazioni concrete (papato e impero), dotate di uguale potere nei riguardi del foro e diverse solo nelle competenze: diritto canonico legge a tuti effetti e spirituali e temporali, i terre Chiesa, mente in terre impero vigono leggi secolari ma diritto canonico ad avere sopravvento quando si tratta de peccato. Diritto canonico natura composita (Enrico de Susa: diritto canonico partecipa di teologia e diritto civile) e ciò emerge in diffusa denuncia e condanna preminenza in Chiesa del pensiero e della prassi civilistica, del fatto che i canonisti trattano diritto canonico civiliter (quindi reciproca influenza diritto canonico-diritto civile) e tale intreccio contribuisce ad espellere da ambito giuridico discorso relativo a foro penitenziale Chiesa e a farlo entrare in ambito pensiero teologico. - diritti universali-particolari: Calasso distingue interpretazioni diritto tripartito (diritto canonico, civile, municipale) in XII-XIII sec (prevalenza del diritto comune assoluto civile e canonico), XIV- fine XV (diritto comune come fonte sussidiata quando diritto particolare non sufficiente) e post- XVI sec. (affermazione diritto statuale come unica fonte). Si può vedere ‘500 come spartiacque tra fase in cui pluralismo ordinamenti è realtà vitale e fase successiva in cui diritto statale si afferma come unico protagonista. Tuttavia bisogna distinguere diritto particolare da diritto locale-territoriale: diritto particolare medievale è diritto dei corpi sociali, spesso indipendentemente dalla localizzazione territoriale. Prima prefigurazione di ordinamento giuridico territoriale in senso moderno e statale sono gli statuti comunali. Poi bisogna tener diritto comune: bisogna superare mito storiografia giuridica tradizionale di und ritto comune 5 come di un sistema , di una entità che si è sviluppata come creazione dello spirito romano i una sintesi tra diritto romano e canonico. Bisogna intendere diritto comune come insieme degli ordinamenti universali (es. diritto comune canonico, diritto comune civile) in relazione e in dialettica con diritti particolari locali, statutari o consuetudinari (ius proprium). Bisogna tenere in conto, pur dell’intreccio quotidiano dei due ordinamenti, che diritto canonico e civile sono distinti e autonomi cosi come sono le istituzioni a cui si rifanno, Impero e Chiesa (vd. Thomas Becket, ex cancelliere della corona e poi arcivescovo di Canterbury, ucciso in 1170 per ordine di Enrico II per aver difeso autonomia foro ecclesiastico contro tribunali regi) conto del ruolo centrale consuetudine come diritto non scritto del quotidiano. Infine si deve tenere presente della profonda trasformazione del diritto canonico. In Medioevo ha ancora doppia connotazione, universale e particolare, mentre in età moderna è più centralizzato e universalistico, in analogia di quanto avviene in monarchie assolute nei confronti diritti particolari feudali comunali. Utrumque ius e nascita del diritto penale pubblico. A aprire da ‘200 ci sono molteplicità di fori che non coincidono con ordinamenti giuridici se non in parte. In ogni foro rientrano spezzoni di ordinamenti diversi che si intrecciano tra di loro in realtà concreta del caso sul quale il giudice è chiamato a decidere. Il ‘200 è il secolo dell’utrumque ius non nel senso di una sintesi, ma di una compenetrazione concreta del diritto romano con diritto canonico, anche se a livello teorico non mancano grandiosi tentativi di sintesi (es. Summa aurea di Enrico da Susa) che vedono in aequitas il punto di congiunzione tra i due diritti. La laurea in utroque iure assume importanza accademica e pratica perché conoscenza di entrambi i diritti è concretamente necessaria in maggioranza delle cause: i fori non sono due, ma innumerevoli e in tutti non vi è linea di confine fissa e visibile degli ordinamenti, ma un continuo intreccio tra piano del peccato, piano del diritto canonico, contenzione e penale, e piano del diritto secolare, civile e penale (cosa no trottata da storiografia tradizionale): es. sono casi di usura e cause matrimoniali. In questo contesto non si ha solo mera estensione dell’uso della procedura romano-canonica ai tribunali secolari, mi quanto la costruzione del processo prescinde da divisione di materie tra civile, penale e canonico. Si tratta di una cooperazione in definizione del crimine come peccato direttamente nocivi a società in suo insieme. In tale contesto nasce diritto penale pubblico che sarà a ordine costruzione Stato e pena in senso moderno. In ‘200 amministrazione giustizia penale ancora concepita su base procedura accusatoria giustinianea e gran parte dei dati lasciata ad ambito del diritto penale privato, a is situati ancora informati a diritto barbarico (es. ordalia, duelli, faide…). È in comuni italiani del XIII secolo che si pongo per prima volta basi teoriche e pratiche di un sistema repressivo penale complessivo e organico che mira a punire tutti i delitti che in quanto tali sono lesivi dell’ordine sociale perché è interesse pubblico che i crimini non rimangano impuniti. Si affermano testimonianze e prove come elemento cardine del processo e si sostituisce ad antico principio della pena come riparazione a danno i principio della pena come punizione pubblica indipendente da parti concretamente coinvolte, avviando cammino che porta ad accentuazione di fisionomia pubblica del processo penale con graduale esclusione di tutte forme riparazione o vendetta privata. Ciò avviene int stretto rapporto con precedente esperienza del nuovo diritto penale pubblico canonico: in intreccio peccato-delitto azione penale è concepita (ad imitazione azione giudiziaria della Chiesa contro eresia e contro degenerazione costumi) come principale strumento per disciplinare i sudditi e vengon affrontati i problemi della colpa e responsabilità soggettiva. È esperienza foro ecclesiastico che permette superare impostazione processo penale derivata da diritto romano. Solo da ‘300 con crescita conflitti tra tribunali ecclesiastici e laici si sviluppa distinzione delle competenze dei fori in base a materia, no alle persone, cercando di separare delitti ecclesiastici, civili e misti. Però le giurisdizioni rimarranno a lungo intrecciate in passi quotidiana, nonostante le separazioni teoriche, non solo a livello processuale, manche a considerazione comminazione delle pene Diritto canonico-diritto civile: folta letteratura tardo-medievale di differentiae (molti in raccolta Tractatus universi iuris, Roma, 1584). Tra più importanti vi è De ultimo fine iuris canonici et civilis di Fortunio Garcia de Ersilia Arteaga. Egli fa derivare sia diretto canonico che civile da legge divina e naturale che coincidono in quanto partecipano entrambe della ragione. I due diritti hanno stesso scopo (far vivere uomo rettamente e felicemente) ed entrambe sono invalidi se contrari a legge naturale-divina. La differenza sta solo in una diversa sensibilità: a diritto civile sta più a cuore la conservazione della società, a quello canonico la finalizzazione a Dio e al Vangelo. Dopo questa cornice teorica, l’autore analizza i casi di possibili concrete frizioni che si possono avere in diritto familiare, successorio, penale in particolare nei temi malafede e colpa soggettiva che diventano bandiera di battaglia dei canonisti per rivendicare un diritto non limitato in modo formalistico a registrazione degli atti esteriori. Tale letteratura ancora non fa trasparire incertezze rispetta un dualismo di fatto facente capo a due diverse sensibilità ma in unico quadro cosmico e antropologico. Diritto canonico-teologia: scolastica. in ‘200 si tratta di 2 discipline completamente separate, con facoltà distinte anche se la già grande difesa dell’utrumque ius è venuto da pensiero teologico, specialmente sui punti del problema della natura della Chiesa, della legge, della grazia e del peccato: a) Chiesa: conflitto a metà ‘200 tra docenti ordini mendicanti e maestri secolari università Parigi (-> prima inermi gallicanesimo). In dottrina ordini mendicanti (S. Bonaventura e S. Tommaso) nuova visione Chiesa come corpo unitario con potere di giurisdizione sperato autonomo rispetto a potere sacramentale ordine ed esercitato per delegazione del papa (influsso pensiero aristotelico). In cosmo fisico e morale vi può essere una sola legge da cui altri poteri derivano in linea gerarchica in senso discendente (ideologia poi di Bonifacio VIII). Contro tale tesi, i maestri secolari in alleanza con i sostenitori autonomia dei principi affermano che potere giurisdizione è ancora connesso, per vescovi e curati, a conferimento da parte di Cristo del sacramento dell’ordine. Le Chiese locali sono bassate su episcopato, su sacramento ordine e in esse esercizio giurisdizione lasciato aie voraci com avvocati-tutori Chiese, o a tribunali vescovili. Si apre concezione della Chiesa incorporata da società terrorizzata da Marsilio da Padova e fatta propria da conciliarismo. b) legge: in Tommaso (questioni 94-114 di I e II della Summa) è separato discorso du dritto e legge da quella della giustizia come virtù (a differenza trattatista ‘500 e ‘660). In realismo tomista (ordine sociale parallelo a quello cosmico; diritto divino-naturale come legge suprema in gerarchia in cui leggi positive sottomesse a diritto naturale), non emergere reale distinzione tra Chiesa e cristianità e questo mette in discussione le strumentalizzazioni di Tommaso da neo-tomisti e da chi vuole fondare in Tommaso impostazione laica moderna dell’autonomia delle leggi. Se una legge umana va contro ritiro naturale-divino perde ogni potere vincolante e cessa di essere legge. Vi è saldatura tra etica (ciò che è peccato e non) e diritto: i giudici sono espressione ordine divino. Il diritto umano statale e quel canonico si distinguono tra loro solo i quanto i aprimmo è emanato da prìncipi secolari e il secondo da prelati ecclesiastici, ma questo è in contraddizione con visione di Tommaso della Chiesa e con potere della Chiesa di giudicare i foro giudiziario penitenziale della grazia e del peccato. Con Tommaso si ferma il dialogo tra diritto e teologia (vd. invettiva contro canonisti) e contraddizione irrisolta. Guglielmo di Occam cerca di dare soluzione separando realtà umana da ordine divino. Nominalismo Occam rigetta soluzione tomista che accettava un diritto della Chiesa come diritto di Dio e si ritorna a seriazione tra diritto di Dio, insondabile, e diritto uomo, artificiale, misterioso e coincidente con potere politico. Lo ius poli, il diritto di Dio, trascende ogni realtà creata e si divide in: secondo potestas ordinata di Dio, esso fissa certe regole per governo cosmo (coincidenza diritto divino e naturale) e potestas absoluta esso sfugge ad ogni sistemazione razionale; si spezza identità diritto divino naturale, da cui importanza dello ius fori, diritto della città per sua natura pattizio che origine in volontà umana, in potere e che si concreta in diritto positivo (in Occam ci sono germi moderno positivismo giuridico). Così Occam squalifica autorità canonisti romani i favore teologici e diritto secolare, apprendo attività giurisdizionale Stato a tutte materie, come matrimoniale, che prima erano di monopolio Chiesa. Egli apre a sviluppo moderno diritto pubblico, anche se non vuole combattere ierocrazia papale. A lui preme la distinzione tra potere spirituale e temporale, legge divina e umana. c) peccato e grazia: in Tommaso giustizia non solo raffigurazione di un ordine corrispondente a diritto naturale, ma è anche la principale delle virtù cardinali. Peccato, allora, è rifiuto della grazia divina e anche violazione dell’ordine universale contro ragione, legge umane e divina. Per questo colpa e pena vanno distinte e remissione colpa interiore non significa cancellare il reato come debito per triplice offesa fatta dal quale deriva pena temporale. Legge umana giusta ha potere obbligare uomo in foro coscientiae. Se è ingiusta contro Dio non si dive obbedirle, se è ingiusta contro uomo non obbliga in coscienza, ma si deve obbedire per evitare turbamenti a repubblica. Tommaso così distingue ordine etico e giuridico: norme etiche derivano da sola ragione, le giuridiche da ragione e da potere. Tommaso giustifica giustizia della Chiesa come unica giustizia che può comprendere i due fori, ma lascia aperte la contraddizione latente tra coscienza e legge. Invece, Occam riconosce conflitto tra piano divino e umano; se ordine grazia e della pena sono separati, la pena (diversa da penitenza interiore) è cosa che appartiene totalmente a ordine mondano. Per Occam foro spirituale riguarda solo fera interna della coscienza, mentre foro della Chiesa rientra in sfera politica. Pe Prodi, non si può separare problema diritto naturale e legge come riflessione teorica da idee concrete su Chiesa e società come fanno filosofi diritto e storici dottrine. Il dibattito tomisti- nominalisti è importante perché prende coscienza della frattura insolubile tra legge Dio e giustizia terrena. Così si rifiuta una saldatura fondamentalista tra diritto divino, giustizia di Dio, giustizia della Chiesa e giustizia uomini e si apre via al moderno. Si mantiene dualismo insito in tradizione cristiana, ma, su spinta ierocrazia papale e statualità emergente, si sposta da pluralismo ordinamenti contrapposti a moderno dualismo coscienza-legge. Si apre strada costituzionalismo moderno su due direttrici assolutismo e contrattualismo. In medioevo no si ha ancora da una parte il diritto positivo come ius fori e dall’altra il diritto razionale-naturale.divino come ius poli, ma meno confine tra doro della connessione e foro disciplinare o penale esterno della Chiesa (nemmeno grande riforma di Pio V pone ordine). Solo foro contenzioso lasciato a Sacra Rota che è in ascesa, mentre tutto il resto a Penitenzieria. - declino Inquisizione (rinascerà a fine secolo, ma per iniziativa dei sovrano spagnoli. Giustizia del principe. Tra XIV e XVI sec. si ha passaggio da ius quia iustum (diritto perché giusto) a ius quia iussum (diritto perché imposto) e che muove da mutazione concezione rapporto peccato-potere da metà ‘200. In nuova concezione positiva potere (influenza aristotelica) il potere no è pi frutto del peccato, ma come strumento per dominare peccato come male sociale. Si ha passaggio da giustificazione potere come strumento per dominare peccato a sua giustificazione in funzione utilità pubblica (bonum commune). Inoltre, in osmosi Chiesa-Stato, si trasforma concezione stessa della politica: non più solo funzione esterna (tutela società da male), ma anche interna (formare e normare individuo), processo che rimane latente a lungo perché Stai agisce perso più tramite apparati ecclesiastici sino ad età della secolarizzazione (vd. ruolo centrale diritto canonico in liberazione individuo e suo passaggio sotto controllo Stato). In questo periodo non vi è vera cesura tra i fori: al di là controversie per immunità clero o su manieri di competenza dei fori, vi è ampia collaborazione e intreccio. Non si ha ancora una separazione tra peccato e reato, ma estensione sfera peccato a coprire mancanze commesse da sudditi. autorità secolare cerca di colpire sempre più il peccato tradizionale (es. bestemmia, gioco, ma anche lotta contro patti diabolici, sabba, stregoneria, baricentro in ‘400, vd. Giovanna d’Arco) con sanzioni di carattere pubblico, cercando sviluppare religione civica come elemento di coesione. Concezione statualista del diritto positivo si afferma in Italia dei principati in ‘400 e si diffonde poi in Europa: principe avocò a sé gradualmente ogni potere pubblico, i primis quello di legiferare. Diritto diventa manifestazione sua volontà. In vita economica si moltiplicano interventi autorità sovrana e si passa da mondo di consuetudini a mondo regolato da legge ufficiale scritta, mentre competenze delle strutture giudiziarie corporative si trasferiscono a tribunali Stato, con numerose resistenze cetuali, cittadine, feudali che superate definitivamente solo in ‘700. Tale monopolio legislazione si costruisce con sistema di rote o tribunali supremi per controllo dell’applicazione della legge in via concerto del foro con graduale riduzione potere interpretativo giudice (vd. obbligo redazione, deposito, pubblicità sentenze rotali). Prima preoccupazione Stato moderno è sviluppo diritto penale moderno che nasce in ambito comunale strettamente legato a processo inquisitorio. Sovrano ha dovere di ristabilire rodine divino offeso da crimine mediante legge positiva. Si ha ampliamento concetto tradizionale della criminalità e repressione sempre più dura (spettacolo della pena, teatro dell’orrore, vd. Foucault): baricentro di tale processo è Costitutio criminalis carolina di Carlo V (1532). Nuova concezione del crimine colpisce non solo ciò che è considerato danno a persone e interessi come prima, ma anche tutto ciò che è giudicato anomalo o deviante, da rivolte contadini a eresia, stregoneria, adulterio (ancora però delitto contro autorità e contro religione ufficiali sono fortemente intrecciati e nuovo processo inquisitoriale soppianta gradualmente vecchio processo accusatorio: permane pluralismo giuridico). Si ha grande continuità in graduale trasferimento di tutto il foro penale a sfera pubblico: ogni delitto è crimine di lesa maestà, attentato a monomio potere dello Stato che coinvolge tutta società. A ciò corrisponde un mutamento in cotto soggettivo di colpa che tende a essere vista come qualcosa di totalizzante per cui disobbedienza a norme equivale a ribellione contro Dio e società (vd. crudeltà raggiunte da varie utopie epoca in cui devianza è malattia società da estirpare, società in cui forte controllo sociale e repressivo visto che norma positiva coincide con ella morale) Diritto e teologia in XV e XVI sec, fino a Riforma. La politicizzazione del diritto canonico porta a rottura di una visione complessiva unitaria e lacerazione con problema dell’onnipotenza di Dio in relazione a libertà dell’uomo e a potere. a) tra’300 e ‘400: - Gregorio da Rimini: incommensurabilità tra peccato come atto esteriore in violazione della legge e peccato come volontà interiore conto retta ragione e Dio. A tale distanza corrisponde contraddizione nelle pene - eresie: negazione complessiva dell’autorità della Chiesa (vd. Wycliff: tutto governo della Chiesa spetta a re e teologia serve solo a preparazione per re e suoi consiglieri; Jan Huss e Girolamo da Praga: diritto canonico e giurisdizione ecclesiastica sono degenerazioni introdotte in cristianesimo da Costantino) che incontra timore classi dirigenti perché attacco a Chiesa sembrava attacco a basi stesse società. - Jean Gerson (1363-1429, cancelliere dell’Università di Parigi): legge umana in quanto tale non può obbligare sotto pena di peccato mortale se non in quanto connessa con la legge divina. Differenza tra leggi (leggi positive, civili e canoniche, finalizzare a vita civile che non di diritto divino, ma sempre più lontani da legge divina fino a quelle sui tributi, e leggi finalizzate a vita spirituale) cui corrisponde divisione di poteri e giurisdizione( divina ed ecclesiastica, naturale ed umana). Nessun reato, trasgressione della legge positiva, può implicare peccato mortale e dannazione eterna se non nella misura in cui contiene una violazione della legge divina. Dunque, nessun legislatore, né ecclesiastico né civile, ha diritto di punire in foro interiore della coscienza (condanna di Gerson delle scomuniche latae sententiae e censure ecclesiastiche). In Chiesa ordini n odistlzoone teologi-canonisti, poi resasi necessaria per crescente complessità società (nascita dei decretisti, professionisti). Bisogna distinguere ciò che è diritto divino i quando deducibile direttamente da Scrittura (es. confessione come sacramento) e ciò che è costruito da norme positive umane che cambiano nel tempo (es. norme su come, quando, da chi ci si debba cofnessare). Con restaurazione papale a metà ‘400, nuova ecclesiologia in cui Papa è supremo legislatore e giducie, idee di Gerson pericolose sia per potere ecclesiastico che per quello secolare (vd. alleanza appaio e sovrani e nuoca concezione della politica volta a formare uomo in coscienza). Si apre problema della coscienza e legge che si intravede già in Gabriel Briel -Gabriel Briel (muore in 1495): riprende Tommaso ( leggi positive obbligano in coscienza solo quando sono giuste, derivano cioè da autorità con poter legittime e son diritte a bene comuni, ma se sono ingiuste possono legare in coscienza e devono essere osservate sotto possibile pena di peccato mortale per evitare tumulti) ma va oltre, perché per lui tutte leggi giuste, ecclesiastiche o civili, partecipano a legge divina fondamentale che è obbedienza a legislatore - teologia morale: oltre al distacco tra norma giuridica e norma morale, viene gradualmente meno rapporto teologia-diritto canonico del ‘200 per cui teologia scienza dell’essere e il diritto canonico scienza del dover essere, ma tra ‘300 e ‘400 diritto canonico, positivizzandosi, riguardava sempre meno la vita spirituale del cristiano e diventava sempre più una disciplina ecclesiastica e dottrina dover-essere viene fatta propria da teologia morale che si sviluppa come riflessione insegnamento relativo al foro interno, che forte diffusione ta Summe dottrinali a manuali di confessione. Legata a ciò è ascesa del Decalogo in interrogatorio dei confessori: all’inizio aveva contribuito a costruzione di u quadro di riferimento giuridico utile a interszione del sistema penitenziale in diritto canonico, da tardo Medioevo esso assume funzione di sostegno per nascita della morale come quadro normativo autonomo. Quindi tra ‘300 e ‘400 consuetudine, diritto positivo non scritto, non in grado di governare la prima espansione capitalista e lascia spazio a diritto positivo civile che non è in grado, in sua forma locale, per sua frammentarietà, sia in sua forma comune, per la non adeguatezza degli schemi del diritto romano, a nuova realtà. Allora si sviluppa al di fuori di u piano strettamente giuridico una etica autonoma in campo economico finanziario. b) ‘400 (dibattito su obbligatorietà o non in coscienza delle leggi e degli statuti, sia ecclesiastici che civili): - Giovanni da Capestrano (Speculum conscientiae, 1441): la legge umana può obbligare in coscienza sotto pensa di peccato mortale? Si supera, in momento del tramonto del pluralismo giuridico, il concetto tradizionale di sinderesi come principio interpretativo della effe per 7 arrivare a moderno concetto di coscienza come tribunale interno all’uomo. Non solo buona, ma anche erronea coscienza obbliga l’anima. Allora quando si tratta di obbedire a un ordine umano, bisogna esaminare le 8 radici possibili coscienza erronea (ignoranza, negligenza, superbia, singolarità, passionalità, pusillanimità, perplessità, umiltà, vd. p. 195). Nel caso in cui vi siano diverse opinioni e interpretazioni della legge, bisogna seguire opinione più probabile, quella confortata da maggior numero e da migliori dottori. Universo del Capestrano è un universo ancora giuridico in cui giudice protagonista, in cui ci si rapporta non a morale, ma a legge. Emerge però che tradizionale armonia ordinamento canonico e civile non ci sia più: la giustizia di Dio è diversa da quello dell’uomo e volendolo imitare si rischia di distruggere giustizia stessa. Si profila divisione foro legge e foro giustizia divina: qui unico collegamento è a interno della coscienza del giudice. - Antonino da Firenze (Summa sacrae Theologiae, Iuris pontificii et cesarei): divide leggi in 7 tipi (deifica et aeternalis; intrinseca et naturalis, prima volta in cui diritto naturale viene soggettivato e interiorizzato facendolo concedere con i loro della coscienza; mosayca et divinalis; evangelica et spiritualis; consuetudinaria et generalis; canonica et ecclesiasticalis; politica et secularis). - Savonarola: testimone del dibattito centrale della seconda metà del ‘400, obbligatorietà in coscienza della legge positiva nel momento in cui da un lato vi è lo svilupparsi della religione Nella filosofia scolastica, Tommaso, la facoltà per cui l'uomo conosce immediatamente i principi 7 universali del bene e del male civica cresciuta in ambito comunale e dell’altro lo svilupparsi di una contraddizione sempre più insanabile tra legge natura divina e legislazione umana. Savoanrola cerca di limitare contraddizione leggi positive-leggi naturali e divine al solo caso della tirannia, ultimo tentativo di mantenere in piedi una impalcatura teoretica della legge ormai anacronistica. - Cardinale Gaetano (Tommaso de Vio): teorizzano monarchia papale come società perfetta egli posto basi della struttura mentale dello Stato monarchico moderno. Chiesa come Stato più organico e compatto che esiste sotto governo assoluto della monarchia papale, delegata da Dio e questo porta a legittimazione del potere legislativo e giudiziario della monarchia in quanto tale. Gaetano, sdoppiando natura spirituale e natura naturale dell’uomo, afferma piena autonomia della legge positiva e sua indipendente capacità di creare diritto; essa è parte del diritto naturale e forza legge positiva consiste nel potere di vincolare la coscienza stessa dell’imo in foro interno. Obbligo di obbedire a legge non dipende da contenuti legge, ma da caratteristica stessa delle legge positiva: è principe che, possedendo potere coattivo, può trasformare legge naturale in legge positiva, mantenendone capacità di vincolare la coscienza. Ormai legge naturale esce da mondo giuridico concerto proiettandosi in mondo teorico quale norma astratta e perfetta, mentre legge umana è consegnata tutta ad arte politica e una pratica il cui unico contatto con trascendenza passa, per il suddito, in obbligo obbedienza e , per il sovrano, in coscienza individuale. Ciò si realizza pienamente in Seconda scolastica spagnola, di inizio ‘500 c) Seconda scolastica (Spagna, tra ‘400 e 500, centralità dibattito Stato e ammissione che legge statale può obbligare in coscienza sudditi sotto pena di peccato mortale; discorso concreto monarchia): - Francisco da Vitoria (domenicano): prima fondazione moderna di un ordine etico, fondato sui principi del diritto naturale, ma che trova la sua realizzazione soltanto nella virtù, all’interno di ogni uomo e nelle relazioni personali nella società. Ciò permette di fondare diritti soggettivi dell’individuo e di costruire anche la morale economica, basata su principio della proprietà personale. Foro coscienza diviene protagonista dell’economia e della politica che vincola sudditi a obbedienza verso sovrano e sovrano a osservanza dei patti e della libertà dei sudditi. Ne consegue che lo Stato ha il potere di emanare leggi che vincolano coscienza dei sudditi. Legge divina (immutabile) è superiore a quella umana (mutabile), ma anche legge umana viene da Dio e quindi è obbligatoria in coscienza e quindi sia legge divina che umana possono obbligare sotto colpa di peccato veniale o mortale (es. non pagare tasse) a seconda della gravità della trasgressione - Giovanni Driedo ( Jean Driedo, prof. Università lavano, De libertate christiana libri tres, 1546): polemizza con Lutero dicendo che bisogna conciliare libertà cristiano con obbedienza a potere (dominum e subiectio inevitabili dopo peccato originale), ma questo rapporto deve essere garantito reciprocamente: per essere obbedite le leggi devono essere giuste ed accettate dal popolo. Leggi umane vincolano in quanto derivazione della legge divina, ma non obbligano se non sono accettate da popolo. Driedo non segue Gerson su via libertà di coscienza verso legge perché precetto di obbedire ad autorità è di diritto divino (vd. lettera di S. Paolo ai romani), ma la trasgressione della legge è peccato criminale solo se nasce da disprezzo deliebrato, altrimenti è peccato veniale. Tributi imposti ingiustamente da sovrano non vincolano in coscienza. - Azipilcueta (agostiniano detto il dottor Navarro, Enchiridion 1549): nessun trasgressione delle leggi penali comporta peccato se non i misura in cui implica una violazione delle leggi naturali e divine. Tuttavia, in commentari successivi, seguendo suo maestro Alfonso de Castro e corso della monarchia spagnola, afferma contro Gerson e Lutero che anche legge umana può obbligare sono pena del peccato mortale. - Alfonso de Castro (De potestate legis poenalis, 1550): specificità legge penale rispetto ad altre leggi per sua intrinseca forza coercitiva. Se beffi non possono impegnare coscienze dei sudditi, allora verde meno la patria (= incorporazione dei sudditi allo Stato per mezzo dell’obbligo di coscienza di osservare leggi sotto pena di peccato mortale). Avversario di De Castro è Gerson, accusato di essere vero maestro di Lutero. Oggetto della polemica di Castro è teoria dell’esistenza di leggi puramente penali non vincolanti la coscienza. Idea di leggi positive che comminano penalità, ma non peccato era tradizionale da secoli in ordini mendicanti e diffusasi in mondo laico delle confraternite in ‘400. Possibilità di scindere pena terrena (legislatore umano) da pena terna (Dio) è vista da Castro come pericoloso dualismo legge divina-legge umana, introdotto da Gerson e che ha aperto a Lutero. Castro non nega esistenza di leggi puramente penali, ma sostiene principio che legislatore deve imporre oltre pena temporale anche pene previste per il peccato. Castro riprende dissezione di Gaetano culto e della disciplina. Il magistrato deve custodire osservanza prima parte decalogo ( comandamenti su rapporti uomo con Dio, come proibizione bestemmia e pratiche idolatriche) e della seconda (rapporto con prossimo). Bisogna evitare confusione tra Vangelo (relativo a rapporto intimo, nella coscienza, uomo-Dio) e giustizia politica (vita sociale esterna). Libertà del cristiano non ha nulla a che fare con ordine esterno della società: dottrina dei due regni fa della legge positiva umana unico strumento per imporre un ordine mondano in regno del peccato. b) non riformati: le varie riforme concordano nel ritenere necessaria la fonazione di nuove strutture ecclesiastiche, pur mantenendo corpo della Chiesa come realtà visibile, ma principale differenza è legata a contesto socio-politico (nuovi Stati territoriali emergenti del potere tedesco con tendenze centralizzatrici-confessione luterana VS città fedeli ad antichi valori comunali- dottrina zwingliana-calvinista). A interno dell’impero prevale riforma dei principi e modello della Chiesa territoriale, mentre in paesi periferici o di confine, i sud Germania e Svizzera, dove forte tradizione comunale-cittadina, prevale tipo di riforma diverso in cui è città in suo insieme, come magistratura civile e religiosa ad un tempo, a fornire un nuovo esempio di nuova Gerusalemme: Zurigo di Zwingli (maggior intreccio e fusione tra magistratura civile e religiosa; costruzione di una Chiesa di Stato in cui totalità governo della Chiesa in mano a consiglio ed autorità cittadine, Strasburgo di Bucero (intreccio ma meno esterno che punta a costruzione uomo come nuovo cristiano e nuovo cittadini), Ginevra di Calvino ( nuova strada che avrà più successo della collaborazione organica, sul piano di parità, tra struttura ecclesiastica e civile; magistrato pubblico è incaricato di mantenere disciplina esterna ma non puoi intervenire in affari interni, di fede, della Chiesa mentre la Chiesa ricopre ruolo di consigliere morale dello Stato, esprime sentimenti della continuità e detta i principi della convivenza sociale ai quali magistrati devono attenersi). Si ha (anche con luterani) formazione di un nuovo foro gestito i simbiosi da magistrato politico e da quello religioso , ma ciò assume forme organizzative diverse aprendo anche prime grandi controversie su team rapporti Chiesa-Stato. Teorizzazione più nota è quella di Ugo Grozio (De impero summarum potestatum circa sacra): autorità politica sovrana è responsabile di tutti i rapporti tra gli uomini della sfera visibile, dunque estende suoi poteri anche a sfera religiosa. Stato ha bisogno di religione per raggiungere suo scopo politico, per essere ben governato, perché religione spinge ad osservanza norme morali perché dottrina e cura dei sudditi ha pero su pubblica felicità. A sovrano compete disciplinare culto e vita ecclesiastica mentre a Chiesa un potere inferiore delegato, una giurisdizione basata non su coercizione, ma su persuasione e insegnamento, Chiesa non è repubblica ma collegium (Coring). c) anglicani: anglicanesimo non è mezza riforma, ma, da punto di vista dell’identità collettiva del cristiano, è compimento della riforma, sua manifestazione a stato puro. Chiesa e Stato sono due aspetti della stessa società e non si può distinguere in stessa concreta persona il membro della Chiesa dal suddito del Commonwealth. Ciò apre strada a Hobbes per cui Stato ha diritto di imporre unico culto e uniche norme di comportamento. - terzo foro intermedio? Lutero in 1520 brucia bolla papale, testi Corpus iris canonici e Summa angelica di Angelo Carletti da Chivassi (più diffuso manuale per confessori) per rendere diretto suo distacco da legislazione della Chiesa e da controllo ecclesiastico delle coscienze (attacco di Lutero contro decretali papali e centralismo romano affonda radici in idee conciliariste tardo-medievali e manifesta continuità con tradizioni interne a diritto canonico). Tuttavia diritto canonico ha avuto grande importanza in momento stesso della fonazione delle nuove chiese territoriali ed è rimasto i vigore come norma sussidiaria fino ai giorni nostri. Diritto canonico si sviluppa con più forza in paesi protestanti (specie in ‘600) che non in ambiente cattolico post-tridentino in cui esso viene sopraffatto fa nuovo diritto pontificio. Diminuisce influenza del canonico sul civile per la concorrenza del romano e per accanata del diritto positivo dei principi, per suo inserimento in legislazione territoriale, ma sua influenza aumenta. Tensioni che si manifestano dinanzi a invadenza del potere secolare pinse i riformatori ad usare il diritto canonico come arma di difesa e a porlo in contrapposizione e in composizione con diritto romano in costruzione nuovi diritto Sacro romano impero di nazione tedesca. Decretum di Graziano è usato da Lutero come archivi di testi disciplinari primo millennio della Chiesa a cui attingere perdonare la nuova comunità di culto (facoltà di diritto di Wittenberg diventa centro di eleabroazioen dottrinale). Con pace di Augura (155), tutte Chiese e università tedesche hanno i diritto canonico uno dei punti cardine di formazione professionale dei pastori (in Olanda calvinista è introdotto a fine ‘500 in facoltà diritto il titolo di doctor iris utriusque, in entrambi diritti, civile e canonico, mentre in paesi cattolici entra in crisi). In Inghilterra vi è massimo grado di continuità tra legislazione e pratica giudiziaria canonica medievale e quella post-riforma. Chiesa inglese è prima in Occidente a sviluppare antico diritto canonico in direzione moderna codificazione organica (1552 Reformatio lefìfum ecclesiasticarum). Tra fine’600 e inizio ‘700 è completa la metamorfosi dell’antico diritto canonico in diritto ecclesiastico come ius commune costruito storicamente delle Chiese protestanti. Ordine interno e diritto ecclesiastico devono essere subordinati a fine spirituale e a salvezza della Chiesa, ma deveono anche essere correlati a sviluppo storico e a legislazione statale. Diritto ecclesiastico deve dar sì che CHiesa possa raggiungere suoi scopi interni, integrando diritto canonico cons strumento delle ordinanze ecclesiastiche che sia fiaccano a ordinanze territoriali e di polizia e poi inserite in costituzioni territoriali dei singoli Stati in corso età moderna. Sono norme che contengonoindicazioni per vita spirituale della comunità, che si basano sera protocolli delle visite condotte da autorità ecclesiastiche e che sono compilate per lo più da teologi o commissioni di tessi ed emanante da principe. A inizio della Riforma sembrano esprimere un carattere più disciplinare e organizzativo che giuridico, il loro linguaggio non è giuridico. Il primo caso si ha in 1527 quando principe elettore di Sassonia nomina prima commissione di visitatori (tra cui Melantone) i cui principi dati da Lutero. Le ordinanze frutto di tale visita si dividono in introduzione (motivazioni spirituali organizzative dell’intervento del principe come custode utriusque tabula) e testo norme (dottrina, culto e organizzazione della Chiesa). Le motivazioni sono fondate su Scrittura, su dove principi idi difendere legge di Dio, su necessitò di impedire peccato. Contenuti testi si precisa con anni e riguardano insegnamento Vangelo e dottrina, lotta contro deviazioni dottrinali, amministrazione sacramenti, diritti e doveri dei pastori, problemi di foro spirituale e disciplina, amministrazione rendite del clero e beni ecclesiastici, assistenza e carità pubblica. Il parco (predicatore e pastore) deve sostenere esame di ammissione e legato a fedeltà verso dottrina e principe; ha rendite patrimoniali, riceve compensi regoalti, gode di immunità fiscali. Poi vi è soprintendente come istanza intermedia che esercita funzione para- episcopale; è scelto tra noti teologi e possono essere generali o preposti a parte specifica territorio; hanno compito ispettivo (visita e sinodo, adunanza annuale di tutti pastori). Infine vi è concistoro come supremo organo collegiale e consiglio amministrativo e giudiziario del signore territoriale per gli affari spirituali ed ecclesiastici, con composizione mista di teologi, sovrintendenti, consiglieri politici e giuristi. Questa normativa attinge da diritto canonico pre- esistente e da istituzioni Chiesa medievale (parrocchia, visite, sinodi, tribunali episcopali). In ambito zwingliano e calvinista le ordinanze sono simili a quelle di ambito luterano per quanto riguarda contenuti e di diversificano dal pinto di vista formale, in emanazione ed organizzazione ecclesiastica (es. ordonnances ecclesiastiques della Chiesa di Ginevra del 1561, emanate da sindaci, piccolo e grande consiglio cittadino: pastori scelti da consiglio ristretto a cui giurano; i visitatori eletti da consigli cittadino e da quello dei ministri; anziani che vegliano sulla moralità dei ginevrini e che formano insieme ai ministri, ai dottori e ai diaconi il concistoro che non deroga da autorità del governo cittadino e giustizia ordinaria). Ordinanze ecclesiastiche hanno contribuito a rafforzamento unità statale e a processo di omogeneizzazione e sottomissione dei sudditi a sovrano - foro interno: a) confessione privata (declino in ‘600 per sua eccessiva formalizzazione e per uso di accompagnarla con offerte denaro): resta istituto caratteristico della Chiesa luterana tedesca fino a fine ‘700. Lutero era contro obbligo della denuncia dettagliata di tutti i singoli peccati e della fiducia miracolistica verso assoluzione del sacerdote, dal momento che questo tipo di confessione coglie solo il peccato come colpa legale e non come peccato spirituale. Tuttavia Lutero non nega potere Chiesa di rimettere o meno il peccato né carattere sacramentale della penitenza in preparazione dell’eucarestia ed è presente in prime grandi professioni di fedi e catechismi. Ordinanze ecclesiastiche evangeliche prescrivono confessione e assoluzione come condizione preliminare per accesso a Cena senza problematizzare sua valenza sacramenterai. La confessione può essere privata ius esco stretto, individuale, oppure collettiva. In Zwingli e Bucero non vi è base scritturale per giustificarla come sacramento ed essa può essere applicata solo come consolati fratrum o come richiesta di consiglio a apstori. Anche Calvino nega carattere sacramentale della confessione lasciandola come pratica spirituale che può essere esercitata o come richiesta privata di consiglio o come sto collettivo inserito in culto. Per i riformatori la penitenza, fa parte, del culto pubblico collettivo (rinascita del rito penitenziale come exomologesi in preparazione eucarestia) e resta privata in misura in cui viene distinta da sfera della disciplina eccelsaistica, da processo pubblico i cui potere interviene il potere di giurisdizione della chiesa, necessario per polizia dottrinale e morale della comunità dal momento che accedere a exomologesi significa far già parte a pieno titolo della comunità. Per i luterani, invece, rima una distinzione netta tra sfera connessione privata e la possibilità della pratica della confessione come prima tappa del diritto disciplinare ecclesiastico. Pratica comunitaria dei alpinisti declina in ‘700, mentre confessione privata luterana, pur in crisi, rimane in vita fino al ‘900. In anglicani si ha soppressione obbligatorietà della connessione annuale (1548): istituzionalizzazione della Chiesa anglicana favorisce passaggio a corti ecclesiastiche di questi quelli che prima erano casi riservati in tradizione canonistica tardomedievale ampliando e regolamentando così la fase giuridico-processuale estera rispetto ad una confessione ristretta sempre più a puro collegio spirituale. La mediazione in ambito riformato della connessione come tribunale parzialmente umano favorisce formazione della coscienza come sede primaria del giudizio e finisce per esasperare concezione del peccato come delitto. b) penitenza pubblica e scomunica: - per Lutero potere delle chiavi si deve manifestare anche pubblicamente quando peccato è pubblico e quando peccatore, ammonito in privato, rifiuta di convertirsi. Quindi centrale scomunica che può essere minore (sospensione temporanea da Cena e da ufficio di padrino pie il battesimo, impassibile anche da parroco privatamente) e maggiore (pubblica; sospensione da appartenenza a Chiesa con gravi conseguenze sociali; impartibile da ministro seguendo scala gerarchica da parroco a concistoro). In ordinanze vi sono i vari tipi di peccati- delitti a cui applicare pene (errore contro fede, eresia, superstizione, fornicazione, usura, percosse a genitori o ministri del culto, bestemmie, non adempimento obbligo frequenza servizio divino, magia, sperigiuro+ delitti secolari come omicidio ,furto..). Si ha costruzione diritto penale ecclesiastico diviso, anche se non con chiara linea di confine, tra autorità spirituale e autorità politica non a seconda del tipo di reato, ma a seconda del tipo di pena. Per chi nonostante la scomunica non si ravvede vi è combo di pene ecclesiastiche e statali gestita da principe. Penitenza pubblica è ultima tappa percorso che tende a riconciliare il peccatore e a denunciarne anche la pericolosità sociale prima che intervenga direttamente autorità secolare. In generale, fine ‘600 denuncia da parte pietisti delle degenerazioni e delle eccessive commistioni con sfera politica (differenziazione delle pene o esenzioni in base ai ceti) con conseguenza perdita prestigio della penitenza ecclesiastica fino alla sua abolizione in ‘700 a partire da Brandeburgo. - Discorso a parte per Church courts che, dopo declino tardo-medievale, rifioriscono con Tudor e primi Stuart, rappresentano continuità con mantenimento della procedura ex officio (inquisizione da alto) per delitti spirituali (es.mancata frequenza a servizio divino) oltre a delitti quali stregoneria, adulterio, sodomia. In ‘600 anche loro in declino, anche se rimangono importante in campo sfera sessuale e matrimoniale. In generale, fine ‘600 denuncia da parte pietisti delle degenerazioni e delle eccessive commistioni con sfera politica (differenziazione delle pene o esenzioni in base ai ceti) con conseguenza perdita prestigio della penitenza ecclesiastica fino alla sua abolizione in ‘700 a partire da Brandeburgo. - Nelle città riformate, per zwingliani no distinzione tra comunità cittadina e comunità politica quindi peccato contro la morale è peccato contro Chiesa e società ed è comunità a controllare unitariamente disciplina ecclesiastica e morale pubblica cittadina. A Strasburgo Bucero distacca nettamente piano penitenza personale da piano disciplina pubblica. Se rinnega la confessione privata, egli è estremamente duro su piano pubblico: chi non si ravvede dopo ammonizioni deve essere scomunicato con conseguenze sociali fino ad esclusione da comunità. A Ginevra Calvino insiste su disciplina ecclesiastica come espressione del potere delle chiavi polemizzando con Chiesa romana e con luterani che troppo facilmente hanno lasciato il compito disciplina a principi dal momento che giudizio spirituale e legge civile dicono essere distinti. Scomunica fa parte del potere delle chiami che non deve essere ceduto a magistrato civile. Sono anziani ad avere responsabilità giudiziaria e di polizia spirituale mentre il concistoro forma tribunale spirituale incaricato di comminare o sospendere scomunica. A Ginevra però Calvino è anche legislatore civile: problema della penitenza ecclesiastica si fonde con creazione nuova diritto positivo: 10 comandamenti diventano punto riferimento in cui si fondano diritto romano e diritto consuetudinario. Eresia diviene crimine di elsa maestà, è attento a sovranità civile (vd. rogo di Serveto). Si registra anche in territori calvinisti tedeschi declino penitenza pubblica che diventa sempre più una forma di pena secolarizzata. Se quindi in Inghilterra si ha permanenza delle corti ecclesiastiche a fianco dei tribunali secolari e anche nei territori cattolici continua attività dei tribunali episcopali, in terre protestanti la distinzione delle giurisdizioni e anche tra peccato e delirio è più difficile. Nuove confessioni religioni procedono a processo di criminalizzazione del peccato mantenendo una tensione tra disciplina ecclesiastica (scopo pastorale: conversione peccatore) e diritto penale statale (domina aspetto punitivo). Anche in stesse confessioni religiose vi sono differenze legate ad ecclesiologia (es. luterani VS calvinisti). Tale processo criminalizzazione porta a clero secolare, un pieno diritto di presenza a interno diocesi. Sono i grandi protagonisti della confessione post-tridentina come strumento per controllo disciplinare e per superamento sistema violenza e vendetta privata, per sviluppo di nuova coscienza sociale e nuova spiritualità. Intanto i vescovi riservano a sé un secondo livello di giurisdizione attraverso sistema dei casi riservati (affrontato in XXIV sessione, in grande decretum de reformatione) sviluppatosi in tardo medioevo, unico strumento possibile per porre diocesi a centro nuova giurisdizione spirituale. Qui emergono, già nei dibattiti conciliari, tensioni tra impostazione episcopale assemblea e tendenza accentratrice papato romano. Foro episcopale. Dietro complesso equilibrio tra difesa dei vescovi come successori degli apostoli e primato romano vi è tensione tra difesa universalismo papale e tendenza verso affermazione delle Chiese nazionali. Confessionalizzazione cattolica ha qui sua forza e debolezza:: da un lato episcopato che deve fare i conti con singoli Stati in cui è inserito (collaborazione e diffidenza) e dall’altro pappato che diffida degli episcopati locali e tende a costruire su base del proprio stato territoriale la chiesa universale come stato non territoriale ma sovrano. Quindi tema foro episcopale si pone in quando di una discorsi che si situa tra due poli esterni, quello del papato e quella della società civile e politica e che non possiede una giurisdizione chiaramente delegato né una reale autonomia. Dopo concilio di Trento, dialettica tra diritto universale particolare, facendo perno su visite pastorali, sui sinodi diocesani e sui concili provinciali si muove verso costruzione in foro penitenziale, al di fuori legislazione e giurisdizione positiva, civile o ecclesiastica, il controllo delle coscienze, trasformando lentamente strutture della diocesi. Accanto a tribunale episcopale la cui autorità sempre più limitata a cause ecclesiastiche (clero benefici ecclesiastici) e matrimoniali nascono iniziative più organiche per una amministrazione della giustizia in foro penitenziale, per una disciplina non giuridica della coscienza. Tra fine ‘500 e inizi ‘600 si esaurisce attività tradizionale dei tribunali ecclesiastici diocesani mentre aumenta importanza del foro diocesano allargato a sfera penitenziale, come foro extragiudiziario in cui si forma nuova disciplina ecclesiastica, parallela ma autonoma rispetto a diritto canonico tradizionale. Si ha declino, parallelo a Church Courts, con emergenza come elemento sostitutivo della connessione auricolare e non del controllo comunitario puritano/ presbiteriano. Linea di continuità tra controllo religioso su peccato e perseguimento del crimine da parte Stato è continua in paesi evangelici e cattolici, ma direttrice percorso diversa e divergente: in paesi cattolici passa attraverso affermazione foro penitenziale, confessione privata sotto controllo Chiesa come norma morale con possibilità di uno sdoppiamento del cristiano fedele- suddito (anche se permane, specie in paesi come Spagna in cui forte alleanza trono-altare, una tendenza a fusione tra giustizia statale ed ecclesiastica, ma in Italia permane per debolezza dello Stato e presenza massiccia della Chiesa romana ali di sopra delle Chiese locali un dualismo, una distanza tra foro penitenza e sfera pubblica). Concilio di Trento prevedeva: - sinodo diocesano (riunione del clero in assemblea sotto presidenza del vescovo ogni anno): tale prassi ha rifioritura in primi decenni seguenti fine concilio, almeno in diocesi in cui vescovi riformatori (es. Borromeo a Milano, Paleotti a Bologna: tentativi di fare del sinodo la base della vita sociale della Chiesa con cambiamento della curia episcopale con perdita importanza del tribunale tradizionale a favore di commissioni di riforma e nuove figure come teologo, sotto coordinamento del vescovo o del suo vicario), ma entra in declino da fine secolo. Mancanza della loro periodicità dimostra il non raggiungimento dello scopo primario del concilio, unione attività legislativa con attività di giurisdizione in vita diocesi. Limitati a legislazione sempre più ripetitiva, senza vera autonomia del governo diocesano, i sinodi esauriscono presto loro funzione. - concilio provinciale (riunione dei vescovi di una regione ecclesiastica, presieduta da arcivescovo o metropolita, ogni tra anni): preoccupazioni di ordine politico con sospetto di Roma verso provincia ecclesiastica vista come pericoloso sviluppo di un episcopato nazionale. In realtà rinascita provincia ecclesiastica è punto del concilio più inattuato. Si sviluppa in Chiesa romana un tipo di organizzazione che privilegia rapporto di tipo unidimensionale e verticistico tra Chiese locali e Santa Sede e si basa su nuovi strumenti non previsti da Tridentino come invi di visitatori apostolici, visite periodiche dei vescovi a Roma, obbligo di ricorrere continuamente a congregazioni romane, attività delle nunziature. Dopo riunione dei grandi concili provinciali in Spagna in 1565 a presenza dei delegati regi, a Roma si arriva a imporre richiesta di approvazione delle deliberazioni dei concili provinciali da parte del papa fino ad arrivare dover chiedere permesso Santa Sede per convocazione concili - ruolo dei casi riservati (peccati la cui assoluzione non può essere data da semplice confessore, ma viene riservata ad autorità superiore, vescovo o papa): in decreto su confessione (XIV sessione) si afferma che romani pontefici hanno snervato a sé giudizio su cause riguardanti crimini particolarmente gravi, questo è lecito anche a singoli vescovi in ambito propria diocesi, per edificazione non per distruzione, specie per peccati a cui annessa a pena della scomunica. Tale riserva non ha valore solo di polizia esterna ma anche presso Dio (dimostrazione coesistenza, a interno del foro penitenziale, del tribunale della coscienza con diritto ecclesiastico penale esterno). In decreto generale di riforma (XXIV s.) si afferma che vescovi possono dispensare da irregolarità e da sospensioni canoniche i loro sudditi e assolvere i peccati occulti anche nei casi riservati a Santa Sede in foro della coscienza, direttamente o tramite i vescovi. Possono anche assolvere da crimine di eresia, ma solo personalmente. Il testo è equivoco, lascia lo spazio aperto a iniziativa degli inquisitori ponendo i vescovi confessori in condizione di assoluta inferiorità. Tutto, specie problema disciplina in età post- tridentina, si gioca su possibilità prevista per vescovi di imporre i propri casi riservati. Inquisizione, dopo periodo acuto lotta eresia, cerca trovare altri terreni di potere in lotta contro magia, superstizione, bestemmia sino a sullicitatio ad turpia (confessori che sfruttano loro potere per avere rapporti sessuali illeciti con loro penitenti), ma in secoli post-tridentini giurisdizione episcopale viene rafforzata ed esce vincitrice da scontro salvando la frontiera della divisione dei fori di fronte ad attacchi Inquisizione. Come? Tramite: 1) costituzione in diocesi del penitenziere della cattedrale (o un collegio di penitenzieri) delegato ad assoluzione dei casi riservati secondo poteri conferiti a vescovi da concilio di Trento. A ciò si aggiunge creazione di delegati periferici quando si imbattono in peccato riservato. Ciò è ragione di scontro con confessori di ordini religiosi, ma conflitto speso risolto con coinvolgimento degli stessi religiosi come delegati episcopali e come maggiori esperti della nuova pratica della connessione (da essi provengono i nuovi testi su materia) 2) vescovi riformatori esplicitano più chiaramente numero e qualità dei casi riservati in cui i confessori non possono concedere assoluzione che evidenzia lo sforzo del vescovi per definizione dello spazio del peccato-crimine la cui assoluzione riservata a loro competenza in base a loro gravità e frequenza nel territorio (vd. inchiesta a inizio ‘600 della Congregazione dei vescovi e regolari per incarico di Clemente VIII) come omicidio, spergiuro, falsa testimonianza, pubblica bestemmia, sodomia, incesto aborto, infanticidio per soffocamento, azioni/omissioni contro proprietà e rendite ecclesiastiche, usura. A far particolare leva sui casi riservati per governo diocesi e provincia ecclesiastica è Carlo Borromeo che vuole costruire giustizia parallela della coscienza non coincidente con giustizia civile e neppure con giustizia ecclesiastica tradizionale del foro esterno con conseguente spossamento della giurisdizione penitenziale a livello diocesano e sua sottrazione definitiva a tribunale in senso stretto. Con sviluppo del sistema dei casi riservati si forma un foro misto, interno-esterno, molto diverso anche se parallelo rispetto a precedente tribunale episcopale. 3) introduzione del confessionale come suppellettile fondamentale della nuova architettura della chiesa tridentina accanto ad alterare e pulpito (invenzione attribuita a Carlo Borromeo). È una sintesi visiva della concezione tridentina del foro penitenziale: sede di tribunale esprime carattere giurisdizionale della confessione e insieme la privatezza e segretezza del colloquio senza sottrarlo a discreto controllo pubblico assolvendo a importante compito simbolico. 4) organizzazione delle riunioni periodiche dei parroci e dei sacerdoti per discussione dei casi di coscienza, riunioni presiedute in città da penitenziere della cattedrale o da altro teologo esperto di problemi morali. Inizia cammino autonomo delle teologia morale non come scienza speculativa, ma come esame dei casi concreti. Le discussioni dei confessori rappresentano nascita della casuistica: è grande sforzo per normare vita sociale partendo da osservazione dei casi concreti, là ove il diritto, canonico e civile, si dimostra impotente ed emergono con forza in temi della vita quotidiana. Il declino del sistema dei casi riservati e dei tribunali episcopali si avrà analogamente a mondo riformato, ma in ritardo per maggiore resistenza della giurisdizione ecclesiastica e per garanzie concordatarie, nel ‘700, in parallelo ad assorbimento di questi territori in ambito statale. Tribunali della curia romana. Tra conseguenze della riforma tridentina vi sono la clericalizzazione dell’apparato burocratico e parallelo processo di statizzazione ideologica della Chiesa come societas perfecta. La tensione potere politico-spirituale si trasferisce in controversie giurisdizionali, in difesa immunità clero e diritti ecclesiastici a interno dei singoli Stati, indebolendo sia impegno spirituale universale che la particolare realtà statale pontificia. Ciò investe anche organi supremi giustizia ecclesiastica: da una parte si cerca di usare gli strumenti esistenti di lotta e di accordo per conservare una giurisdizione in ambito del diritto positivo per difesa diritti ecclesiastici, dall’altra si cerca di costituire un canale universale e gerarchico, di costruire una giurisdizione capace di mantenere sotto potere di Roma realtà che sono sempre più divaricanti. Gli strumenti principali per unificare foro penitenza con foro esterno del cristiano, tema del perdono dei peccati con quello dell’appartenenza a Chiesa sono: - Congregazione del S. Officio dell’Inquisizione (1542): unità di giurisdizione (stretto intreccio foro penitenza-foro inquisitoriale, collaborazione inquisitori-confessori) non nasce con Inquisizione romana, ma risale a giustizia della Chiesa medievale. A cambiare è il contesto in cui tale potere viene esercitato con strumentalizzazione confessione per lotta contro eterica e per difendere frontiere esterne della cattolicità e sviluppare processo di confessionalizzazione. Inquisizione romana, poi, si applica solo in Italia (vd Inquisizione spagnola e suo cammino per costruzione di una Chiesa-Stato; vd. Francia in cui lotta contro eresia diviene affare di Stato) e non in tutta Italia per compromessi con Stati locali e perché Inquisizione divine strumento di lotta tra varie fazioni curia. Sua forza effettiva cala da seconda metà ‘500: essa cerca di rafforzare suo controllo sul clero appropriandosi della sollecitatio ad turpia, ma ciò segnare solo sua debolezza. - Tribunale della Penitenzieria apostolica: quello che era cresciuto come strumento per concessione di grazie e dispense, era divenuto, con l’acquisto del potere di giurisdizione ordinaria su foro sterno per costituzione di Sisto IV (1484), era divenuta scandalosa fonte di rendita per curia rinascimentale. Essa viene messa, in lotta contro luteranesimo, in secondo piano rispetto ad Inquisizione. Dopo vari tentativi falliti per interessi curiali, essa viene, con riforme di Pio IV e Pio V in 1562 e 1569, sottratta a commercio finanziario e diventa strumento quotidiano per costruzione di una nuova saldatura tra foro penitenziale e foro esterno della Chiesa. Penitenzieria, però, accresce sua importanza come punto di raccordo e di controllo su disciplina ecclesiastica. A Inquisizione è affidato compito difesa da eresia, a Penitenzieria (i cui membri per lo più da ordini religiosi) è affidato quello di tutelare uniformità e disciplina interna del popolo cristiano (penitenzieri diocesani stabiliscono collegamento penitenti e giurisprudenza episcopale; penitenziali grandi basiliche romane dichiarano assolti migliaia di pellegrini-penitenti, ma penitenzieri minatori no assoluzione in casi previsti da Bulla in coena Domini e non possono dare dipende da disciplina canonica, ma devono rimettere la cosa a cardinale penitenziere maggiore il quale riferisce a papa e risolve senza bisogno di alcun suo ordine scritto “vivae vocis oraculo”). Lo strumento su cui si basa giurisdizione della Penitenzieria non è più potere di derogare a norme diritto canonico, ma essere organo esecutore della Bulla in coena Domini. Penitenzieria rimane come sede di concessioni e dipinse ind eroga da norme canoniche (es. irregolarità in ordinazioni e costumi del clero regolare e secolare), ma otre a questo diviene per secoli di elaborazione e applicazione della disciplina ecclesiastica, punto di riferimento per teologia morale. Ideologie e dibatti. Domanda è: tramontato ordine universale della cristianità bisogna puntare su formazione di tanti regimina christiana coincidenti con Stati (coincidenza ordinamento statale ed ecclesiastico) o distanziarsi da ordinamenti statali cercando di ricostruire su un altro piano un potere indiretti del pappato? Questo conflitto si identifica con fazioni che ruolo in collocavi per elezione dei papi. Roma di fine ‘500 e inizi’600, con Clemente VIII (1592-1605) divenne epicentro dibattiti interni a mondo cattolico, animali da questione assoluzione eretico Enrico di Navarra a cui papa permette ascesa come Enrico IV di Francia. I due partiti qui in gioco colgono contrapposizione ideologica che dura fino a Westfalia: da una parte sostenitori della monarchia dei re cattolici, della Spagna come nuovo ordine universale e come modello per altre realtà nazionali cattoliche, dall’altra quelli che non ritengono non più possibile un ordine universale imperial-spagnolo o un ordine nazional-cattolico e puntano su costrizione di un tessuto religioso- morale meta-statale e meta-nazionale che possa condizionare indirettamente e controllare da interno e da esterno ordine politico dei paesi rimasti legati a Roma. A inizio ‘600 non vi è quindi più attacco diretto contro sovranità dello Stato moderno, ma prevale difesa dei privilegi e delle immunità ecclesiastiche. Punti di riferimento teorico sono: - Giovanni Botero (Della ragion di Stato, sostegno modello spagnolo): religione cristiana come fondamento nuovo Stato perché mette in mani del principe stessa coscienza dei sudditi - Tommaso Campanella: idea di monarchia universale, da qui prospetta di abolizione tute beffi civili e lasciare in vigore solo quelle canoniche, ridotto in unico codice su modello Deuteronomio. - Battista Fragoso (gesuita portoghese): idea di un foro unificato che va senza cesura da confessione privata a diritto civile e penale pubblico - gesuiti (vd. radio studiorum per formazione classi dirigenti), oratoriani (vd. Annales ecclesiastici di Cesare Baromio, storia della Chiesa) di Filippo Neri, neo-stoicismo: Chiesa cattolica romana può ritrovare sua autorità universale in base ad alleanza con principi, difendendo sue immunità, e soprattutto ritrovando suo prestigio in storia, in cultura, in proposta di comportamenti Nascita della teologia morale non deprecabile da riflessione su legge che divenne da metà ‘500 un trattato autonomo a interno della teologica, la prima filosofia del diritto. Punto di partenza è il De locis theologicis di domenicano Merchior Cano (1563) in cui tema della legge è a centro sintesi tra diritto e teologica intensa anche in senso pratico. Non può esistere un buon teologo pratico né un buon confessore che non sia anche un buon canonista dato che bisogna conoscere tutte cose relative ad azioni umane e costumi. La teologia deve enucleare i principi ispiratori della condotta umana, così come avviene per filosofia, di modo che su questa base può essere razionalmente costruito edificio del diritto. Con Domingo de Soto si ha seconda fase seconda scolastica coincidente con regno Filippo II. Tramontata speranza di un ordine giuridico universale incarnato da Carlo V, non vi sono più dubbi su valore vincolante di leggi civili statali quando queste siano giuste per coscienza cristiana: andare contro legge del principe costituisce un male morale, dunque un peccato. Le leggi civili statali sono, in loro autonomia, volto ad assicurare pace e giustizia commutativa e dunque devono essere mutevoli e adattabili a diversi circostanze storiche. Giudizio di Dio e giustizia uomini operano secondo parametri diversi in stessa valutazione della gravità dei delitti (eccetto per eresia ed apostasia = lesa maestà). Tutta sua dottrina generale su legga di impianto tomista ha come novità l’affermazione della distinzione fondamentale tra legge umana, politica e civile volta a pace e universo delle norme morali derivanti da legge naturale e divina. Giustizia ha due volti distinti: volto del giudizio divino e volto umano. Ciò che può essere colpa grave davanti a Dio può essere leggera davanti a uomini. Determinante è posizione del giudice che deve applicare legge in base a testimonianze anche contro proprie convinzioni. Si ha trasformazione del diritto naturale tradizione in universo normativo morale che può avere sua vita in contrapposizione dialettica con diritto statale positivo, definibile solo storicamente, un universo normativo che ha suo fondamento in teologia e in ragione, temporale: non è più un ordinamento concorrente, ma prende distanza, senza essere coinvolto, se non in apice terminale del potere o nel profondo della coscienza, nei problemi dell’amministrazione della giustizia terrena. I teorici spagnoli della seconda metà del ‘500 mentre esaltano il diritto naturale come espressione della razionalità divina e naturale lo allontanano da sfera giuridica per costituirlo come norma morale sovra-giuridica, anche se formalmente si riferiscono a ordine giuridico cosmico complesso tramesso da tradizione giustinianea. Luis Molina parte da tradizione divino dl diritto prediligendo però quella che divide tutto il diritto in naturale e positivo e il positivo in divino (decalogo) e umano. Tutto diritto umano è positivo, implicando nuova definizione della sfera contrassegnata da comando dell’autorità rispetto a un diritto naturale che è al di sopra ma lasciato riflessione teologica e filosofica, non giuridica anche se vi è discontinuità in concetto di diritto naturale tra medioevo e modernità, tra teoria del diritto naturale fondata su visione di ordinamenti giuridici concorrenti e giusnaturalismo come affermazione teologica e filosofia del diritto antruate come sistema derivato da ragione naturale che forma un secondo piano di norma che prima di essere definite giuridiche sono morali. Elaborazione della seconda scolastica e dei trattati de iustitia et de iure si conclude in 11612 con De legibus ac Deo legislatore del gesuita Francisco Suarez che ricapita tutta cammino percorso e che dominerà pensiero cattolico successivo. Egli riesce a inserire pensiero giuridico a interno del quadro teologico e quello teologico in una cornice ecclesiologia, a nuova concezione della Chiesa di Roberto Bellarmino. Suarez afferma che la cura religionis, un tempo congiunta con potere politico è affidata in modo autonomo a pastori Chiesa. Vi sono, per lui, 3 tipi di norme: diritto civile (regola vita della società politica), diritto canonico (vita della Chiesa in quanto società sovrana visibile) e norma morale che coincide con diritto naturale-divino e su cui giudizio appartiene per delega divina a Chiesa. Egli definisce giurisprudenza civile estensione della filosofia morale finalizzata a governare costumi repubblica. Legge naturale, che ha sede in ragione per riscorrer onesto da turpe, spetta a morale e teologia. La lex aeterna deve attuarsi con atto di volontà e comando da Dio mediante diritto positivo divino o da uomo con legge umano. Suarez dà contributo a processo secolarizzazione del diritto in direzione di Grozio e Hobbes arrivando a ipotizzare concetto di pura natura che permette fondazione di una antropologia indipendente. Autorità del diritto naturale come manifestazione della volontà divina è posta al di fuori della sfera del diritto positivo, permettendo, a differenza del diritto canonico tradizionale, una distinzione tra sfera del peccato (trasgressione norma morale) e quella del reato (trasgressione della norma civile o canonica). Peccato riguarda tutta umanità, mentre diritto canonico come diritto umano e positivo riguarda solo a uomini appartenenti a Chiesa visibile. Diritto civile obbliga in coscienza (VS Gerson), ma non in virtù di una concessione di Dio, ma per una stessa natura, per autorità che principi hanno di governare in modo autonomo dato che diritto naturale è posto al di fuori da legge umano. Suarez costituisce tappa centrale percorso formazione di un nuovo diritto della coscienza che vede moralisti cattolici sempre più come giuristi specializzati in foro interno che riconducono teologia-filosofia del diritto naturale una evito della coscienza. La seconda scolastica fornisce a Chiesa romana la base teorica per attuare questa nuova giurisdizione su anime. Si vuole deliberare specifica ecclesiologia in cui oltre a seconda scolastica e casuistica, confluiscono anche componenti derivanti da: - etica protestante (vd. Troetsch: da compenetrazione diritto, costume, morale del medioevo a loro svincolarsi, con morale che ricerca nuova fondazione autonoma e prende cammino verso farlo interni ma immanenti della coscienza sfociando in Kant): a) luteranesimo: conferimento a Stat di tutto sistema disciplinare esterno della Chiesa non dà possibilità di costruire fondazioni intermedie dell’etica su base di un’autorità ecclesiale. Sola fide implica, con suo radicale pessimismo antropologico, rapporto diretto coscienza con grazia tagliando fuori mondo diritto, ma non problema della legge (vd. rapporto legge Scrittura-legge umana). Su ciò si sviluppa discussione che porta a uscita della casuistica lucerna in ‘600: il cristiano deve essere aiutato da trattati teologia pratica a trovare compromesso tra giustizia di Dio contenuta in Scrittura e giustizia umana. Si produce stesso processo di costruzione di un diritto della coscienza, ma non si costituisce una autorità ecclesiastica di riferimento. Per questo crisi casuistica luterana sarà più profonda e immediata di quella cattolica per diffondersi pensiero scientifico e razionalismo filosofico, quando messe fuori gioco pene divine, minaccia castigo eterno in aldilà. Mancanza di coercizione esclude etica da sfera giuridica. b) calvinismo: più che contributo del calvinismo a capitalismo (Weber), contributo del capitalismo a calvinismo. Costante è richiesta di appoggio avanzata da Chiese calviniste a nuova società mercantile e borghese per donazione di una morale non coincidente né con Stato né con sola coscienza individuale. Etica calvinista ha un richiamo alla società come qualcosa di altro rispetto a Stato. Calvino assorbe come Lutero diritto naturale in diritto divino (dopo peccato originale, legge naturale= decalogo), ma influsso umanistico, cultura giuridica e recupero pensiero stoico spingono movimento calvinista in seconda metà del ‘500 a riconoscimento del diritto naturale come espressione di uno stato primitivo, di una età dell’oro prima della caduta, modello rimasto in cuore di ogni uomo dopo caduta, come richiamo a paradiso perduto. In giuristi calvinisti permane tensione irrisolta tra sfera diritto che è legata a particolare e sfera del modello naturale-divino. Punto di collegamento rimane equità e coscienza.Sistema diritto naturale così trova in calvinismo humus più adatto per sua espansione, tra teologia e giurisprudenza, in fondazione di una erica come scienza prassi del comportamento, una tendenza verso specifica casuistica della vita quotidiana e società politica. Si cerca di combinare proclamazione della effe divina, identificata in Decalogo, con fondazione di una teoria delle virtù di fondazione aristotelica e stoica in una gerarchia di ordine come gerarchia esteriore e interiore, modellata su bellezza dell’universo naturale e che trova in 4 comandamento (onora padre e madre) il suo punto di fusione per lotta contro perturbatori e per repressione dei comportamenti devianti. Tradizione calvinista come componente tra più importanti per formazione autonomia dell’etica e per creazione del nuovo diritto della coscienza secondo cammino diverso e parallelo, rispetto a mondo cattolico, di pessario del pensiero morale da piano giuridico a quello teologico-filosofico. - etica laica ( o etica libertina, cioè che rifiuta appartenenza a Chiese confessionali): in essa concorrono fiumi culturali che non sono solo al di fuori delle Chiese (es. rinascita pensiero etico aristotelico e nuovo machiavellismo), ma che passano anche a interno Chiese confessionali, andando a costituire prima riflessione moderna laica su coscienza, che sviluppa a fine ‘500. Grande capostipite è Michel Montaigne: gli altri vogliono modellare l’uomo, io mi limito a descriverlo. Lo scopo è quello di individuare coscienza e di definire foro interno come tribunale personale in dialettica o in opposizione a legge positiva (j’ai mes lois et ma court). Tale scoperta di tribunale interno che Montaigne concepisce come autonomo nasce nonna distinzione tra diritto universale e diritti particolari, ma da contrapposizione tra idea di giustizia, universale e naturale, e amministrazione concreta della giustizia, frazionata e deformata a servizio delle diverse “polices”. Cresce cultura, specie in Francia dopo guerre religione, che riconosce come fondamento della mutevole e relativa legge positiva unicamente il potere, di qui svalutazione della scienza politica e diffuso scetticismo. Si tratta non di un ripiegamento, ma della ricerca affannosa di un nuovo sistema di norme e di un nuovo foro di fronte a crisi ordinamenti medievali e risposta data a tale crisi da Stati e da Chiese confessionali. Il problema è nello sdoppiamento della concezione della norma con creazione a di fuori di un diritto positivo, che si viene sempre più frammentando in politica e religione, di norme etiche di valore più generale. Si riscopre Etica aristotelica, in particolare dottrina dei comportamenti come medietas e dominio passioni. Questo cammino avviene in direzione diversa ma su stesso terreno in cui si sviluppa dibattito su casistica. Anche ricerca dell’etica laica è tappa in passaggio da dritto naturale a giusnaturalismo. In questa concezione del diritto naturale come legge scritta da Dio nel cuore degli uomini non c’è solo inizio della laicizzazione e fondazione di una etica autonoma ma anche coscienza della fine diritto naturale come ordinamento. Giuspostivismo è esito di questo processo dir relativizzazione dello ius naturale e ius gentium. Grozio. In lui confluiscono tutte queste correnti (specie radice calviniste) favorendo una secolarizzazione del pensiero teologico. Il suo De iure belli ac pacis (1623-1624: suo obiettivo dichiarato p combattere ogni forma relativismo per rivendicare diritto universale di natura basato su razionalità uomo e cosmo) usa pensatori laici e quelli teologici della seconda scolastica sul diritto naturale per costruire una etica collettiva e non un sistema giuridico: da una parte trasforma principi morali in diritto, ponendo vasi per nascita diritti soggettivi, e dall’altra giuridicizza teologia morale esaltando figura di Dio legislatore come fondamento della norma. Per questo suoi interpreti e continuatori hanno potuto prendere direzioni diverse incorporando diritto naturale in morale o facendone anima del diritto positivo. Il capitolo 20 del II libro è dedicato a pene e vi assume centralità i tema del peccato come violazione ordine naturale. Qui richiamo a violazione diritto natura non si riferisce a leggi civili ma solo a relazioni internazionali e intestatari. Efficacia diritto naturale come ordinamento è limitata solo a guerra e non sfiora il problema del diritto penale statale lasciato in campo della legislazione positiva nel quadro del tradizionale richiamo a generali principi etici. Grozio fornisce massima sintesi diverse tradizioni culturali e religiose presentando come acquisiti spaccatura tra mondo etico, che ha in natura e int ragione propria fondamento, e mondo diritto positivo che ha in coercizione suo connotato primario: solo dove questa non è prevista interviene la norma derivata da natura e da ragione che si pronuncia su guerra e pace. Grozio porta avanti due secolarizzazioni in senso inverso: da una parte quella del pensiero teologico che viene escluso da sfera giuridica, dall’altra quella del pensiero giuridico che viene astratto per essere portato su piano della filosofia del diritto e teologizzato, Spetterà ai suoi interpreti sciogliere il nodo in una o altra direzione. Casuistica e suoi sviluppi. ’600 vede quindi contesa per potere su coscienze in momento in cui le leggi positive sono ancora fragili e in costruzione, in cui giudici no voglio rinunciare a potere tradizionale di creare diritto. Gesuita Paul Laymann, in 1626, è primo a mettere tratto su coscienza come base teologia morale e a distaccare in modo sistematico foro interno, attribuito solo a nuovo diritto della coscienza, da sfera giuridico-positiva: coscienza è atto della ragion pratica circa le azioni particolari, dedotto per ragionamento dai principi universali, che ci fa capire cosa è onesto e cosa no. In stessi anni si sviluppa letteratura che si sostituisce a tradizionali differentiae diritto civile-canonico per stabilire id diversi principi che reggono teoria morale, intesa come scienza distinta da guerra giuridica. Vi sono poi i vari crisi di casuistica che cercando identificare leggi di comportamento in concorrenza e in intreccio don crescita irrito positivo statale, costituendo laboratorio dei futuri codici in cui sopravvivono elementi del dualismo del cristianesimo occidentale. Tale conflitto si risolverà dopo Westfalia con vittoria diritto positivo statale e costruzione di un stilema a doppio binario della giustizia. I trattati di prima metà ‘600 cercano di costruire sistema di comportamenti che comprenda tutta vita dell’uomo. Le tipologie esterne sono comuni in tutte confessioni (trattazioni sistematiche, empiriche di casi in ordine alfabetico, miste). In Chiesa romana casuistica legata a connessione: maggioranza dei manuali di teologia morali sono rivolti a confessori e buona parte degli autori vengono da ordini religiosi. Inglobando norme canoniche esse ispessisce spessore del suo discorso giuridico e si collega con sistema tribunali ecclesiastici mediante casi riservati. Ma non è unica radice (vd. sviluppo prima casistica in Inghilterra Tudor per affrontare problema comportamento retto dei cattolici in paesi non cattolici, da cui discussioni su laicità simulazione, giuramento di fede a sovrano di fede diversa). In paesi protestanti ruolo casuistica è diversa per riferimento a Scritture e per finalizzazione diretta a elaborazione di leggi intrinseche a coscienza piuttosto che di sentenze dell’autorità ecclesiastica. Nonostante tutto, le conclusioni sono parallele: accanto a professione di fede è sottomissione a corpo di norme ecclesiastiche e morali che definisce i membri delle comunità religiosa in quanto tali. Anche sul piano dei contenuti i manuali non differiscono: iniziale riflessione generale e poi problematiche relative ai precetti ecclesiastici, a vita sociale, a peccati su schema Decalogo con attenzione a sfera sessuale (vd. Foucault: prima metà ‘600 come periodo di gestazione della repressione morale, definizione peccaminosa del sesso che avrebbe caratterizzato come strumento di Stato la società borghese). Le chiese non si impadroniscono della sfera sessuale, ma la inseriscono a interno di un discorso su scienza della coscienza e sul diritto della coscienza che oltrepassa sfera sessuale. Il sapere sul sesso, fatto proprio da scienza della coscienza, viene usato per rafforzamento di un soggetto diverso da quello del suddito. Lo sforzo (oltre a quello del controllo sociale e di un rafforzamento gerarchie sociali) è quello di erigere un foro parallelo, un punto di riferimento per vecchi e nuovi ceti emergenti, specie in tutte università europee ‘600. Stato diviene unico soggetto di diritto pubblico collettivo in quanto unico titolare forza. Vd. Grozio: titolarità monopolio violenza riservata unicamente a Stato; vd. coevo Althusius che tenta trasformare in Politica methodice digesta (1604) e Dicaeologicae libri tres (1617) il diritto naturale in teoria generale interpretativa del diritto. Ne derivano due possibili interpretazioni del diritto: la naturale e la civile, la prima con riferimento a ragione, la seconda con riferimento a realtà concreta singolo Stato. Tali riflessioni trovano sviluppo in: - Francia: vd Pascal (unione della forza con giustizia come necessità vitale della società), Cartesio (“sembra che Dio doni il diritto a coloro ai quali dona la forza”), magistrato giansenista Jean Domat (Lois civiles dans leur ordre naturel, 1689-1694: inserire diritto naturale a interno leggi francesi, teologizzando diritto positivo; sforzo di portare a luce principi immutabili e divini inglobati in legislazione positiva che li concretezza; leggi naturali sono spesso difficili a comprendersi allora necessario intervento dell’autorità sovrana che sola può farle emergere da confusione; potere sovrano ha compito di emanare leggi positive e far emergere quelle naturali mentre a giurista spetta compito di studiare queste ultime in funzione di scienza del diritto e di sua applicazione concreta=), processo di secolarizzazione e anche di inserzione a interno del diritto civile positivo di idee teologiche. - Inghilterra: Thomas Hobbes (Leviatano, 1651) che immette in cultura occidentale dell’immagine fisica del nuovo Dio-Stato, unica entità capace di liberare umanità da lotta fratricida dello stato di natura. Hobbes supera dottrina luterana due regni e trazione contrattualistica federale dei puritani inglesi perché in lui commonwealth e chiesa coincidono. Legge di natura (=morale) prima di ogni contenuto giuridico, vincola solo coscienza individuale a proprio interno. Se autorità comanda qualcosa contro leggi di natura suddito deve obbedire perché giudizio su ciò che è giusto appartiene solo a principe. Si ha da Hobbes in poi tendenza ad appropriazione da parte dello Stato dell’onnipotenza divina: Stato è manifestazione di Dio. Allora problema sarà quello di sviluppare da interno della società dei meccanismi per difesa dei diritti naturali individuali, senza possibilità di agganci esterni i quadro di presenza divina dello Stato, unico garante contratto politico. Si passa così da ragion di Stato a sapienza di Stato, passaggio preliminare ad illuminismo. Le leggi di Dio coincidono con leggi di antruate e unico interrate politico di questo processo è Stato facendo rientrare in sfera diritto pubblico positivo e politica territori prima esclusi come formazione morale e disciplinamento del suddito. Si ha assimilazione del religioso a interno del nuovo ordine sacrale-giuridico dell’universo. Affermazione legalità è intrecciata ad affermazione intelligibilità, di possibilità di definire regole di comportamento come riflesso ordine superiore. Si ha processo di inclusione di etica in diritto: 1. Leibniz (Nova methodus discendae docendaeque iurisprudentiae, 1667): giurisprudenza come scienza delle azioni giuste/ingiuste su base di ciò che è pubblicamente utile e dannoso. Discorso, pur mantenendo formalmente armonia antico ordine cosmico, sposa baricentro su concetti di pubblico e utile delineando ordinamento discendente che sacralizza scienti iuris, spingendo suddito a osservare leggi civili, ma anche comandi di autorità volti a normale azioni vita quotidiana 2. Pufendorf: definizione entia moralia come oggetto di studio giurista -> coincidenza ordine di natura con quello giudico che rende possibile disamorare leggi morali soci come quelle fisiche w teorizzazione del comando e del divieto come fondamento di ogni giudizio su azioni umane 9 3. Thomasius: soltanto a legge positiva spetta la definizione di legge in quanto legata a concetto di comando, mentre a diritto naturale (che comprende filosofia morale, etica, politica) affidato ruolo del consiglio. Si subordinano Chiese (fine Stato confessionale nato da Riforma) e scienza del diritto a potere del principe. Thomasius a caposcuola di un nuovo diritto penale che a centro riflessione problema della punizione: la forza della legge dipende da timore che riesce a incutere con pene (vd, scuola giuridica-filosofica di università di Halle, fondata in 1694). 4. Wolff (Jus naturae methodo scientifica pertractum, 8 volumi, 1740-1748) : discepolo di Thomasius e matematico di formazione, rappresenta ultima grande trattazione sistematica Daa qui parte tradizione di applicazione dei metodi sperimentali a problemi della morale: vd. 9 Barbeyrac (traduttore Pufendorf, tentativo organizzazione dei costumi in modo organico come in matematica), Spinoza (Ethica more geometrico demonstrata), empirismo inglese (es. Locke e Hume), Joseph Butler (vescovo Bristol: norma morale deve essere oggetto cure del governo perché è dimostrato storicamente e statisticamente che sua inosservanza porta uomini a commettere atti illegali). methodo scientifica del diritto naturale e prima opera di teoria generale del diritto, dedicato a Federico il Grande, in funzione delle codificazioni settecentesche. A tale processo si lega quello di sviluppo delle scienze dello Stato e della società come ricerca di leggi interne a quelle naturali per conoscenza statistica e manipolazione dei fenomeni demografici, che soppianta in giurisprudenza la teologia. Stesso destino per studio diritto romano che diviene da una parte teoria e storia del diritto, dall’altra una miniera di principi e casi per giuristi positivi in cammino di razionalizzazione azione legislativa. Diritto non resta mero strumento di comando, ma anche strumento di educazione. Stato assume funzione nuova di formare uomo moderno e diritto assume compito generale di indirizzare tutte azioni umane: norma come prevenzione e strumento di costruzione del consenso pubblico intorno a potere del sovrano. Questa miscela morale-politica-diritto andrà a formare la nuova teocrazia laicizzata elaborata da Rousseau. Sua teoria su bontà innata dell’uomo e definitivo ripudio di dottrina agostiniana del peccato orinale e del pessimismo hobbesiano, gli permettono di compiere ultimo passaggio: da scienza astratta dell’uomo a proposta - che sarà anima del giacobinismo- di modificare concreta situazione storica dell’umanità; l’uomo, buono per natura e corrotto da istituzioni, può essere redento mediante nuove istituzioni. Si prospetta passaggio da etica come scienza astratta a politica e a diritto come morale applicata a società, a Stato come strumento capace di modificare uomo. Peccato e delitto. Legge coscienza si distingue e distanzia da sfera giuridica come fatto privato mentre caratterista del crimine è sempre più quella di essere un fatto pubblico punito da legge scritta. Da Grozio (non punibilità dei peccati che non provocano danno concreto a società) due tendenze incrociate: una tende a trasformare il crimine/delitto ogni mancanza contro società e Stato, un’altra tende a laicizzare il concetto di crimine considerandolo come reato, come semplice violazione legge positiva, liberandolo della sua componente sacrale e preparando lo sviluppo di secolarizzazione e garantismo penale. Si registra trasformazione e allargamento del crimine di lesa maestà: crimine contro autorità sovrana è allargato a comprendere azioni che minacciano sicurezza e prosperità società e ne attaccano le ideologie fondamentali, come la proprietà. Testo ritenuto fondamentale per fondazione legalistica della pena è cap. 27 del Leviatano: “crimine è peccato che consiste in commettere con fatti o parole ciò che legge vieta o in omettere ciò che ha comandato. Cosicché ogni crimine è peccato, ma non ogni peccato è crimine. Ove cessa legge, cessa peccato. Quando cessa legge civile, cessano i crimini e quando cessa potere sovrano cessano crimini”. Tale testo interpretato come annuncio della separazione illuministica tra diritto e morale ma tale distinzione è più diffusa in seconda metà ‘600, in ambienti più diversi, anche in quelli cattolico-romani. Essa è frutto anche dell’opera dei moralisti e dei teologici. in Hobbes essa assume forme definitiva: in Hobbes il vero peccato è la disobbedienza a legge positiva in quanto implica disprezzo verso legislatore. Peccato, per Hobbes comprende tutti fatti, parole, pensieri contro retta ragione e solo a principe e suoi magistrati spetta potere giudicare ciò che è peccato. Questa criminalizzazione del peccato-sacralizzazione del crimine fa passo avanti con Spinoza: in stato di natura no esiste peccato perché ciascuno è giudice di sé, solo dopo cessione dei poteri a civitas esiste il peccato perché è la civitas a decidere ciò che bene e ciò che è male. Morale e diritto coincidono e solo una autorità teologico-politica può definire norme di comportamento e ha potere di giudicare bene e male e anche sulla ragione. Vi è un rovesciamento rispetto a ecclesiologia riformatori: controllo del potere politico su Chiesa deriva da necessità Stato di giudicare su bene e su male non da opportunità di sovrintendere ad una polizia ecclesiastica esterne. Pagine ultime Tractatus politicus incompiuto è testamento politico in favore di uno Stato divenuto patria e religione a un tempo. Si ha quindi metamorfosi in cui nuovo diritto penale attraverso processo di colpevolizzarono del reo e assimilazione delle tecniche di casuistica diviene auto-referente e si inserisce in sistema di scambi mitologici: pur formalmente appellandosi a una realtà secolarizzata oggettiva per giustificare repressione atti socialmente nocivi, esso in realtà impone una sua morale implicita in rapporto a potere sovrano. Diritti soggettivi. Avviato processo di espulsione di morale da ordinamento giuridico emerge necessità di trovare a interno dell’ordinamento statale garanzie nei riguardi individuo prima tutelate da presenza ordinamenti giuridici concorrenti. Atteggiamento razionalistico in relazione diritto naturale e atteggiamento volontaristico in relazione a diritto positivo, in genere ritenuti distinti in pensiero illuministico, in realtà si fondano in contesto concreto dello Stato, ma diffusione pensiero illuministico e condizione di poter concretare i valori assoluti ragione in diritti soggettivi, dà a illuminismo carattere universale. Nuova scienza legislazione (diritti uomo, primato legislazione) elabora definitiva trasformazione del diritto naturale in principi universali di morale permette la sua assimilazione a interno diritto positivo riducendo religione a ruolo ausiliario. Però molte battaglie dei garantisti illuministi condotto non solo contro contraddizioni pluralismo dei sistemi di origine medievale ma anche contro concentrazione o fusione potere con diritto che si stava verificando e molti dei loro sforzi diretti a far vivere un nuovo tipo di dualismo tra ordinamento positivo (In cui morale e diritti si saldano in monopolio norma) e coscienza individuo. A centro di tale processo vi è Spirito delle leggi (1748) di Montesquieu che si pone a bivio di due percorsi:da un alto cammino che tende a risolvere tutti problemi a interno dello Stato, dall’altro quello che vede cammino modernità e fondamento libertà i dialettica Stato-società, leggi positive- norme etiche. In nota su civiltà del Giappone egli afferma che in tutti i popoli esiste universo normativo più ampio delle leggi positive meno religione di un paese è repressiva e più leggi civili sono crudeli. In libri su diritto penale (VI e XII) egli differenzia struttura giustizia paesi moderati da quella paso dispotici pr sistema garanzie e per minor uso della forza perché essa si rivolge a conferire costumi e non a infliggere supplizi. Per Montesquieu cristianesimo è religione più opposta a dispotismo perché permette di ridurre a minimo repressione implicita in ogni legge positiva. Colui si pare bivio del costituzionalismo moderno: riformare Stato attraverso uomini o uomini attraverso Stato. Si delinea arco unico in cui accanto a illuministi sostenitori unità etico- giuridica dell’ordinamento (-> religione civica di Rousseau -> teologia giacobina) si affiancano quelli che cercano di difendere coesistenza dei valori individuali o diritti naturali individuo come diritti soggettivi a interno sistema positivo. Questo si esprime in spinta verso dichiarazioni di diritti e carte costituzionali. La Rivoluzione francese è il passaggio chiave di questo percorso in misura in cui assorbe i principi teologico-politici emersi in pensiero e prassi politica durante gestazione Stato moderno, in dichiarazione di diritti uomo come legge scritta dando vita nazione come persona collettiva e nuovo corpo mistico, ma non è una rivoluzione del diritto naturale: i principi dell’uomo erano rimasti principi teologici secolarizzati, una espressione dello spirito ma il corpo cornetto e fisico era quello della nazione e la macchina è quella dello Stato. Inoltre Riv. fr., per controllo giudice fino a concezione napoleonica del funzionario bouche de la loi, continua opera antico regime e fa trionfare certezza del diritto insieme ad assolutismo di Stato. Nuovo diritto penale. Processore costituzionalizzazione si concretizza in sviluppo di norme di garanzia e di tutela non solo nei riguardi arbitrarietà del giudice ma nel cercare di porre confini a potere legge stessa. Da questo processo no escluse Chiese che concorrono in impedire affermazione di un nuovo monomio normativo giuridico-morale. I primi sviluppi, da Grozio in poi, si hanno in giusnaturalismo contrattualistica che storicizza idea di contratto sociale iniziale: non contratto di cessione dei diritti naturali una volta per tutte, ma un contratto che continua in storia, in una dialettica continua. Con Pufendorf, che tramite principio socialista laicizza discorso teologico incorporando legge morale in diritto positivo, lo stato di natura vede coincidere diritto naturale e teologia morale, mentre in realtà storica legame tra delitto e peccato mediato da autorità sovrana in foro esterno. Si viene a costituire, mutuando da etica il concettosi imputazione, base diritto penale moderno non come vendetta ma come riparazione proporzionale a danno inferto a società e quindi come debito il cui saldo deve essere chiesto da autorità sovrana in proporzione a danno inferto a utilità pubblica. Da Pufendorf, in ‘700, partono due linee: da una parte linea che tende a distinguere nettamente obbligazione realmente giuridica, contrassegnata da coattività, da obbligazione puramente morale che riguarda solo il foro interno della coscienza (vd. Thomasius); dall’altra l’inserzione a interno del diritto positivo di un insieme dogmatico di valori etico-razionali che formano ossatura dei nuovi codici, che sono il più grande risultato dell’affermazione del positivismo giuridico radicale. Da queste linee si ha da un lato l sviluppo di riforme garantiste a difesa dei diritti individuali (vd. nuovi codici e assolutismo illuminato come tappa di un percorso che vede l’oggettivizzazione del vero crimine in base a definizioni scientifiche e razionale in rapporto alle quali devono essere dedotte da legislatore le relative punizioni funzionali, non crudeli, ma inflessibili; processo che portato a termine in primo ‘800 con contributo utilitarismo con passaggio a discorso fondato su rapporto diritti-doveri del cittadino a discorso diretto a massimizzazione del rapporto costi-benefici per la società) , dall’altro la colpevolizzazione del reato e uno sforzo di repressione notevole per fare coincider devianza da norma politica con male assoluto. Infatti, in diritto penale si esprime in suo massimo grado quel potere di coercizione che del diritto positivo è l’anima: il potere di vita e morte che individuo ha consegnato a strano con atto sociale fa sì che in caso di rottura del patto l’uomo, non più metro dello Stiamo non è più persona morale, ma un nemico pubblico da sopprimere. Il problema diviene quello di controllare la criminalità e prevenirla. Le garanzie e moderazione delle mense si sono estese i misura in cui Stato nazionale consolidava sua capacità amministrativa e sua maggiore capacità di dosare repressione con prevenzione e disciplinarmente (vd. Foucault, Sorvegliare e punire: XVIII sec. come secolo libertà e garanzie e anche di società disciplinata che ha inghiottito morale a interno Stato che ha suo apice in invenzione prigione moderna; applicazione della pena non è più concentrata su atto delittuoso quanto in esplorazione delle
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