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Riassunto di "Vivaldi" - Talbot, Sintesi del corso di Storia Della Musica Moderna E Contemporanea

Riassunto del libro di Michael Talbot dedicato alla vita e alle opere di Vivaldi, utilizzato dal professor Fertonani per il corso di Metodologia della critica musicale ("Vivaldi nell’interpretazione musicale dal Novecento a oggi") per il corso di laurea in Scienze della Musica e dello Spettacolo.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 09/01/2022

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Scarica Riassunto di "Vivaldi" - Talbot e più Sintesi del corso in PDF di Storia Della Musica Moderna E Contemporanea solo su Docsity! Michael Talbot VIVALDI Riassunto Itinerario di una riscoperta Fino agli anni Trenta il mondo della musica era totalmente all'oscuro dell’esistenza della grande maggioranza delle composizioni di Vivaldi. Dopo la sua morte, nel 1741, il suo nome continuò ad essere citato da bibliografi, lessicografi e memorialisti, ma la sua musica cadde quasi immediatamente nell'oblio. Il vuoto assoluto cui era ridotta la nostra conoscenza della musica di Vivaldi rischiava di rimanere tale fino al XX secolo, non fosse stato per la quasi fortuita riesumazione di una piccola parte di essa nel corso del revival di J.S. Bach. Le prime notizie di quanto Bach dovesse a Vivaldi furono portate a conoscenza del pubblico da J.N. Forkel, capostipite dei biografi di Bach, che sostiene che Bach avesse arrangiato per strumenti a tastiera “tutti” i concerti per violino di Vivaldi. Ne ha trascritti un buon numero (certamente non tutti): 17 per clavicembalo, 5 per organo, uno per quattro clavicembali e orchestra d’archi (il decimo concerto dell’op.3 di Vivaldi, identificato nel 1850). Altri vengono identificati nel corso degli anni successivi, e alcuni non sono in effetti di Vivaldi. Gli studiosi tedeschi che si dedicano a questa riscoperta considerano Vivaldi un artigiano e Bach un artista. Nel 1922 esce un catalogo tematico curato da Wilhelm Altmann contenente la musica uscita a stampa durante la vita del compositore. Nel 1926 una raccolta di musica, appartenente ai Salesiani del Collegio S.Carlo di S.Martino Rosignano Monferrato, viene messa in vendita. Alberto Gentili scopre che fra i 97 volumi che la componevano, 14 contenevano musica manoscritta di Vivaldi, appartenente allo stesso compositore. La Biblioteca Nazionale di Torino acquista la raccolta nel 1927 con l’appoggio del banchiere Roberto Foà. Gentili capisce che la raccolta non è completa e scopre che l’altra parte è di proprietà della famiglia Durazzo; fa acquistare nel 1930 anche questo fondo con l'appoggio dell’industriale Filippo Giordano. La scoperta dei manoscritti di Torino ha l’effetto di stimolare l'interesse per la bibliografia di Vivaldi. Nel 1939 l'Accademia Chigiana organizza a Siena una “Settimana” vivaldiana nel corso della quale si potè ascoltare una scelta rappresentativa di musiche, comprendente composizioni sacre e profane. Si ebbero anche due rappresentazioni dell’Olimpiade. Nel 1947 l’editore Ricordi comincia a pubblicare, per incarico dell’Istituto Italiano Antonio Vivaldi da poco costituito, l'edizione completa delle musiche strumentali. Negli anni 40 sono apparsi due studi sulla vita e sulla musica di Vivaldi, a cura di Mario Rinaldi (1943) e di Marc Pincherle (1948). Nel 1974 lo studioso danese Peter Ryom ha iniziato la catalogazione delle opere di Vivaldi [NdR: ha lasciato, nel 2007, l'eredità del suo lavoro a Federico Maria Sardelli, attuale curatore del catalogo]. Le composizioni strumentali sono raggruppate secondo le dimensioni dell’organico richiesto, poi secondo la strumentazione. Venezia Verso l’inizio del secolo XVIII la potenza economica di Venezia era declinata, e la cultura costituiva il connotato più caratteristico della sua attività. | visitatori spesso se ne ripartivano con un souvenir, che era magari un quadro o una partitura musicale. Per questo i compositori si dedicarono sempre più a generi musicali facilmente esportabili (ad esempio l’opera e il concerto). A Venezia c'erano quattro “ospedali” che erano istituzioni di beneficenza per ragazze orfane, trovatelle, illegittime o povere. L'Ospedale della Pietà, fondato nel 1346, era mantenuto con fondi dello stato e diretto da un consiglio di governatori nominato dal Senato. Le ragazze erano divise in due categorie: le “figlie di commun”, che ricevevano un’educazione generica, e le “figlie di coro”, la cui educazione era specificamente musicale. L'insegnamento del canto, del solfeggio e della tecnica strumentale era organizzato secondo un sistema piramidale, in cui le ragazze dei corsi superiori insegnavano a quelle dei corsi inferiori e queste alle principianti. Una dozzina di fanciulle avevano il privilegio di poter avere un’allieva pagante dall’esterno della Pietà. Non poche di queste ragazze erano superiori quanto a versatilità al comune virtuoso. La Pietà era specializzata in strumenti poco usuali, tra cui la zampogna, la “viola all’inglese”, il salterio; negli anni vennero inseriti clarinetto, flauto traverso, corno, timpani; gli ottoni hanno scarsa accoglienza. Il piccolo gruppo di uomini che fungevano da insegnanti e da addetti alla cura degli strumenti era considerato un male necessario, e si faceva ricorso a loro solo al bisogno. Come insegnante di violino Vivaldi era in una posizione poco favorevole, dato che la tradizione della musica per archi era ben consolidata; ma come “Maestro de’ Concerti” (primo violino e direttore) o come compositore interno era meno facile farne a meno. Venezia aveva avuto una funzione pionieristica nell’aprire al gran pubblico l’opera (1637), che fino ad allora era stata privilegio delle corti. Negli anni nascono parecchi teatri dedicati. Le più grandi spese per i teatri erano quelle per i cantanti, e gli introiti dei biglietti erano spesso insufficienti perché la concorrenza tra teatri manteneva basso il prezzo. La principale stagione d’opera era il carnevale, che durava dal giorno di Santo Stefano al martedì grasso. La stagione d'autunno si apriva nella prima settimana di ottobre e continuava fino a metà dicembre, ed era principalmente dedicata alla commedia, ma da novembre molti teatri mettevano in scena un’opera come anticipazione del carnevale. Invece i lavori messi in scena dai privati nei palazzi proseguivano per tutto l’anno. lavoro era concepito come allegoria della lotta contro gli Ottomani, in un periodo in cui Venezia era in guerra con i turchi. Tra il 1716e il 1718 compone sei opere per il S.Angelo e il S.Moisè. Durante il secondo decennio del Settecento vari giovani compositori tedeschi fecero la conoscenza di Vivaldi (Heinichen, Stélzel, Treu). Il più importante è Johann Georg Pisendel, che arriva a Venezia nel 1716 e poi nel 1717, divenendo amico e allievo di Vivaldi. Approfitta del suo soggiorno a Venezia per accumulare manoscritti musicali con i più recenti lavori dei principali compositori della città, soprattutto di Vivaldi. Alcuni li ebbe in omaggio dai compositori stessi, ma la maggior parte li copiò. Abbiamo, di sua mano, le partiture di ventidue concerti e di sette sonate per violino di Vivaldi, nonché le parti complete di altri quindici concerti. Pisendel aveva l’abitudine di sottoporre i manoscritti a una consistente revisione. Tornò a Dresda nel 1717 come direttore dell’orchestra di corte. Il suo influsso portò i concerti e le sinfonie di Vivaldi a un posto d’onore nel repertorio dell’orchestra. Gli anni di viaggio L’andirivieni di musicisti fra Venezia e Mantova era da lungo tempo un traffico nelle due direzioni. Vivaldi trascorre tre anni consecutivi a Mantova a servizio del principe Filippo, dal 1718 al 1720, con la posizione di “Maestro di Cappella da Camera” (formula che sembra indicare che godeva della posizione di maestro di cappella, ma si occupava solo di musica profana, producendo lavori d'occasione per festeggiamenti locali). L’opera era la principale occupazione di Vivaldi. La partenza da Mantova non interrompe i rapporti con il Teatro arciducale, dove vengono rappresentate ancora sue opere nel 1725 e 1732. Molte delle cantate solistiche di Vivaldi, e forse la maggior parte, devono essere state scritte per Mantova. Forse lì fece conoscenza con il contralto Anna Girò (Giraud), che divenne sua allieva. L'inseparabilità del compositore e della cantante fece sì che questa venisse qualificata, piuttosto maliziosamente, come “l’Annina del Prete Rosso”; nasce il sospetto che l’intimità fra loro si estendesse a un campo diverso da quello musicale, ma il compositore lo smentisce aspramente (con una tesi poco convincente). Le prime stagioni d’opera della Girò furono un successo trionfale e le procurarono molti ammiratori; Vivaldi sembra dipendere da lei, tant'è che le assenze di lei dalle scene veneziane corrispondono alle prime rappresentazioni di opere di Vivaldi fuori Venezia. Il ritorno di Vivaldi da Mantova corrisponde con la rappresentazione de La verità in cimento al S.Angelo nel 1720. Giunto al colmo della fama, vede apparire un anonimo volumetto (l’autore si scopre poi essere Benedetto Marcello) intitolato // teatro alla moda in cui si fa satira sul suo modo di fare opera. Il libello offusca per un po’ la figura di Vivaldi, perché le sue opere non compaiono più sulle scene veneziane dal 1722 al 1726. Intanto però i principali teatri italiani (Firenze, Milano, Roma) gli stavano aprendo le porte uno dopo l’altro. Trascorre tre stagioni di carnevale a Roma per ragioni attinenti all'opera, e in due occasioni suona il violino per il Papa nei suoi appartamenti privati. Gode della protezione del cardinale Pietro Ottoboni. | contatti con la Pietà vengono ristabiliti nel 1723. Nel 1725 esce la sua 0op.8, dodici concerti intitolati complessivamente // cimento dell'armonia e dell’inventione. Alcuni di questi concerti erano circolati manoscritti per molti anni, e Vivaldi lo riconosce per le quattro composizioni iniziali, Le quattro stagioni. La novità è la comparsa, prima di ciascun pezzo, di un “sonetto dimostrativo” che ne contiene il “programma” completo. A causa senza dubbio del carattere programmatico di metà delle composizioni che ne facevano parte, l’op.8 fu accolta con particolare entusiasmo in Francia. In onore della casa reale francese Vivaldi scrive tre serenate nel corso del secondo decennio del secolo: un lavoro di cui è perduto il titolo (comunemente conosciuto come Gloria e Imeneo), L'unione della pace e di Marte, di cui resta solo il libretto, e La Sena festeggiante. Durante le stagioni di carnevale (e gli autunni che le precedevano) del 1726, 1727 e 1728, Vivaldi torna alla direzione del S.Angelo, poi il rapporto si conclude bruscamente. La posizione di Vivaldi come compositore di opere aveva raggiunto il punto più alto della parabola e ben presto sarebbe iniziata la discesa. Una certa dose di cosmopolitismo si era diffusa e una più giovane generazione di compositori, per lo più napoletani (Leo, Vinci, Porpora) o sotto l’influsso napoletano (Hasse), si stava affermando grazie all'impulso del nuovo lirismo del verso metastasiano. Fra i giovani veneziani solo Galuppi si poteva ancora annoverare tra i più in voga. Venezia non abbandonava i suoi figli prediletti, Albinoni e Vivaldi, e un gruppetto di opere di entrambi continuò per parecchi anni ad arrivare sulle scene dei teatri minori, ma tutti e due trovavano difficoltà nell’aggiornare lo stile per renderlo conforme alla moda corrente. Per lo più i loro maggiori successi, dopo il 1728, li avrebbero colti nell'Europa settentrionale o nelle città di provincia italiane, quindi Vivaldi si dedica con crescente attenzione alla diffusione delle sue opere fuori Venezia (Reggio Emilia, Firenze, Treviso, Livorno). Nel 1727 pubblica la sua op.9, dodici concerti sotto il titolo de La cetra, dedicata all’imperatore austriaco Carlo VI, e poi nel 1728 una seconda raccolta di concerti per violino, manoscritta, con lo stesso titolo e lo stesso dedicatario (ma con una sola composizione comune ad entrambe). Sempre nel 1728 circa pubblica una raccolta di sei concerti per flauto e archi, l’op.10 (la prima per tale organico), e nel 1729 pubblica le opp. 11 e 12, dodici concerti per violino (in realtà un’opera sola in due volumi); queste tre sono senza dedica. Vivaldi probabilmente giunge a Praga in tempo per la ripresa del suo Farnace (primavera 1730) e rimane lì per altre opere, forse fino alla primavera 1732. Nel 1733-34 torna al S.Angelo, poi l’anno successivo è a Verona, e poi torna di nuovo a Venezia per un’opera con Goldoni (un rifacimento della Griselda di Apostolo Zeno). Nel 1735 viene di nuovo assunto alla Pietà come “maestro de’ concerti”. Gli anni 1737-1739 sono contrassegnati dai tentativi di Vivaldi, tutti falliti, di allestire una stagione d’opera a Ferrara, da un passaggio ad Amsterdam e dalla ripresa della direzione del S.Angelo. Nel 1740 il sessantaduenne Vivaldi si avventura nel suo ultimo viaggio a Vienna, forse invitato da Carlo VI (che però muore quell’anno). Muore venerdì 28 luglio 1741 nella casa della vedova di un sellaio, e viene sepolto senza cerimonie nel cimitero dell'Ospedale con spese contenute al minimo. Lo stile musicale di Vivaldi È più facile confondere una composizione di Vivaldi con un’altra sempre sua, che non sbagliare nell’identificazione del compositore. Dire questo non significa avallare la sprezzante osservazione di Stravinskij, ereditata da Dallapiccola, secondo la quale Vivaldi avrebbe scritto “quattrocento volte lo stesso concerto”, né trarre ovvie deduzioni dal fatto che il musicista pescava largamente dai propri lavori ma assai poco da quelli di altri. Il suo stile rimase particolarmente costante. Aveva quasi raggiunto la pienezza della sua formazione nell’op.1 (1705) e mostrava al completo i suoi caratteri essenziali nell’op.2 (1709). Nella melodia di Vivaldi notiamo anzitutto l'ampiezza del disegno e una notevole propensione per gli intervalli insolitamente estesi. Laddove fa uso di ampi intervalli, frequentemente la scrittura a due parti è simulata con una linea sola o, dove ci si aspetterebbe un intervallo semplice, questo è stato spostato in alto o in basso di una o due ottave. Non mostra di preferire il diatonismo o il cromatismo, tendendo all’uno o all’altro a seconda delle occasioni, ma spesso il cromatismo melodico viene introdotto senza che derivi dalle progressioni armoniche. A volte un inconsueto abbassamento cromatico fa pensare all’influsso della musica popolare, italiana o slava. Quanto al ritmo, Vivaldi predilige, in particolare in apertura di frase, schemi anapestici come /1/ oppure 71) e anche schemi sincopati >»! >. Queste due caratteristiche ritmiche sono rilevanti nella musica popolare slava. Vivaldi porta all'estremo limite il caratteristico gusto italiano, assente dalla musica francese della stessa epoca, per i ritmi fortemente differenziati. La struttura della frase è eccezionalmente fresca e originale, a volte con relazioni asimmetriche tra aggregati di lunghezza uguale, altre con frasi “irregolari” comprendenti una mezza battuta in eccedenza. Quando ricapitola il proprio materiale, gli piace sfrondarlo drasticamente, e ciò che prima era simmetrico diventa asimmetrico o viceversa. Fa eccessivo affidamento alla progressione come mezzo per prolungare il discorso musicale: Bach la usa poco meno di lui, ma la arricchisce o la maschera mediante la parafrasi melodica o armonica, e ha un maggior senso del limite. Vivaldi ama articolare le frasi interpolando pause (talvolta prolungate da una corona) in tutte le parti, non solo dopo cadenze imperfette, ma anche dopo le cadenze perfette. Spesso si mostra Non è escluso che le dodici Suonate da camera a tre op.1 (1705) siano le più antiche tra le composizioni di Vivaldi. Come molte composizioni giovanili, oscillano fra l'eccessiva conformità a un modello e i tentativi scoperti e spesso maldestri di liberarsene. Rivelano l'influsso di Corelli, in particolare sulla successione e stilizzazione dei movimenti, nella forma di molti motivi, nella presenza di luoghi comuni contrappuntistici tipicamente corelliani. Le nove sonate per violoncello sono, come gruppo, le migliori composizioni strumentali da camera prodotte da Vivaldi. Si è tentati di dire che più profonda è la voce dello strumento (l'osservazione si può applicare ugualmente al fagotto), più profondo è il sentimento con cui Vivaldi scrive per esso. La migliore delle sei sonate solistiche per strumenti a fiato è quella per oboe (RV 53). Ironia del caso, sei delle più popolari sonate solistiche note sotto il nome di Vivaldi (quelle de /l pastor fido, la cosiddetta 0p.13) sono degli abili pastiches, opera di uno straniero, probabilmente parigino. I concerti 1. 329 concerti con uno strumento solista, orchestra d’archi e continuo (di cui 220 per violino, 37 per fagotto, 27 per violoncello, 19 per oboe, 13 per flauto traverso) 2. 45 concerti doppi, con due strumenti solisti, orchestra d’archi e continui (di cui 25 per due violini) 8. 44 concerti per orchestra d’archi e continuo 4. 34 concerti di gruppo (più di due strumenti solisti, orchestra d’archi e continuo) 5. 22 concerti da camera (da 3 a 6 strumenti solisti e continuo) 6. 4 concerti per due orchestre d’archi e solista (o solisti) | concerti nel senso di «pezzi per archi composti in modo tale che ciascuna parte volta a volta predomini e rivaleggi, per così dire, con le altre parti» vengono alla luce negli ultimi anni del XVII secolo; solo dalla seconda metà del XVII secolo i compositori avevano cominciato a scrivere avendo specificamente di mira il timbro orchestrale. Il fattore unificante era l'esposizione e la riesposizione nei punti strategici di motti vigorosi. | concerti di Torelli danno inizio alla tendenza a racchiudere il “tutti” e il “solo” in periodi separati e alternati, lasciando a Vivaldi il compito di consolidare la nuova forma. La forma-ritornello è scelta quasi automatica per il primo movimento veloce in un concerto di Vivaldi. È la scelta più comune per i finali e appare anche in pochi movimenti lenti. In alternativa impiega la fuga, la forma unitaria (durchkomponiert), quella binaria e quella della variazione. Nella maggior parte dei casi le fughe ricorrono come movimenti veloci nei concerti senza solista. | movimenti unitari lenti sono principalmente di due tipi: una serie di accordi modulanti o un arioso per il solista. | movimenti binari variano dal 10 breve e simmetrico fino ad arrivare all’ampio e marcatamente asimmetrico. Un movimento come il finale dell’RV 158 è sulla soglia, ormai, della forma-sonata. La grande maggioranza dei concerti mantiene la struttura in tre movimenti resa popolare da Torelli e Albinoni, ma un gruppo di quasi trenta concerti, che non sono affatto tutte opere giovanili, presenta un movimento addizionale, lento, d'apertura, o un’introduzione lenta al primo movimento veloce. Approssimativamente, uno su cinque dei concerti a noi noti di Vivaldi fu pubblicato durante la sua esistenza. 84 sono apparsi a intervalli fra il 1711 e il 1729 in serie che recano un numero d’opera. Di questi, sessanta erano per un solo violino solista. Solo l’op.8 (che contiene Le quattro stagioni) raccolse nuovamente il successo dell’Estro armonico 0p.3. L’estro armonico op.3 è un esempio di raccolta composita in cui composizioni destinate ad organici differenti sono raggruppate simmetricamente, e l’ultima raccolta di concerti pubblicata che richiede due viole. La stravaganza op.4 è nominalmente una raccolta di concerti per violino solista, sebbene cinque composizioni riecheggino l’op.3 con solisti addizionali (violino o violoncello). Ciò che distingue queste due opere dalle seguenti è il loro spirito di sperimentazione (come suggeriscono i titoli stessi) da un lato, e, dall’altro, il fatto che non nascondano le reminiscenze di Corelli, Torelli e Albinoni. È importante il ruolo delle corde vuote nelle parti per violino. Ai tempi di Vivaldi il vibrato era un effetto speciale, non una parte essenziale della tecnica, cosicché la differenza di suono fra le corde vuote e le corde premute era più una questione di potenza e di risonanza che di timbro. Le tonalità preferite per le scritture virtuosistiche per il violino sono quelle in cui le corde vuote possono contribuire a porre in particolare rilievo gli accordi di tonica e di dominante. Cinque concerti riesumano la superata tecnica della “scordatura”, una accordatura anomala del violino solista la cui funzione principale è di rendere possibili nuove combinazioni di note negli accordi. La scrittura per archi “scordati” è simile a quella per gli strumenti traspositori: lo strumentista segue la stessa diteggiatura che si avrebbe se il violino fosse accordato normalmente. | primi concerti per strumenti a fiato scritti da Vivaldi sono probabilmente quelli per oboe. Assume il proprio stile di scrittura per il violino come base per le parti virtuosistiche dei legni, indulgendo in qualche misura alla necessità dello strumentista di tirare il fiato e di evitare note irrealizzabili o deboli. La maggior parte dei concerti con titoli descrittivi appartiene alla categoria dei concerti solistici. | titoli spesso non indicano altro che il carattere espressivo o lo stile del pezzo in genere, come ad esempio // riposo o Il piacere. In altri concerti come La caccia o II gardellino la descrizione riceve concretezza dagli spunti onomatopeici della musica. Solo sette concerti giustificano l’etichetta di “programmatici” per il fatto di presentare un elemento narrativo, che è tenue nelle tre versioni del concerto La tempesta di mare con 11 flauto traverso e nei due differenti concerti, uno per flauto traverso e l’altro per fagotto, intitolati entrambi La notte. È invece ben sviluppato ne Le quattro stagioni, corredate dai loro testi descrittivi. La musica a programma era meno diffusa in Italia che non in Francia, dove però la natura era antropocentrica: il fatto che nelle Quattro stagioni l’attività umana appaia subordinata al gioco incontrollabile degli elementi naturali non è l’ultimo dei loro elementi di modernità. Il modo disinibito e talvolta notevolmente originale in cui Vivaldi descrive le situazioni ci consente di far uso del termine di “romantico”, sia come definizione di una concezione musicale di carattere generale, sia come richiamo al fatto che questi quattro concerti inaugurarono una tradizione che ebbe seguito proprio durante il secolo XIX. I concerti doppi di Vivaldi, sia per due strumenti solisti uguali sia per due strumenti diversi, sono in stretta relazione per forma e per stile con i suoi concerti solistici. Il modo in cui si sviluppa l’interazione fra i solisti è vario: dai casi in cui si comportano più come interlocutori di un dialogo e uno strumento ripete ciò che viene enunciato dal primo, ai casi in cui procedono con catene senza fine di terze, come se non riuscissero a svincolarsi l’uno dall’altro. L'espressione generica di “concerti di gruppo” è un modo appropriato per indicare i numerosi concerti di Vivaldi per orchestra singola con più di due strumenti. Sebbene lo chalumeau fosse già noto in Italia, le cinque composizioni di Vivaldi in cui compare (tre concerti, una sonata e Juditha triumphans) sono le sole ad utilizzarlo che finora si siano scoperte in Italia. Cugino più anziano (o forse genitore) del clarinetto, è chiamato da Vivaldi salmoè o salmò. Il compositore impiega clarinetti in do in tre concerti. C'è una somiglianza di stile con la scrittura per tromba che ha indotto alcuni studiosi a ritenere che quegli strumenti che Vivaldi denominava anche “clareni” e “clarini” fossero in realtà delle trombe nel registro di clarino. Però solo i tedeschi usavano il termine “clarino” per riferirsi sia a uno strumento (la tromba) che a uno specifico registro. La comparsa dei clarinetti nella Juditha (1716) è il primo esempio finora noto di uso orchestrale dello strumento. | “tromboni da caccia” dell’RV 574 potrebbero essere corni da caccia in fa. Ci sono pervenuti cinque concerti (uno incompleto) che richiedono doppia orchestra. | concerti da camera, scritti per più strumenti (da tre a sei) e continuo, sono 22. Diversi prevedono solo strumenti a fiato. Sembrano tutti lavori della maturità, ma lo scopo per cui furono composti rimane oscuro. In un concerto da camera tutte le parti (eccetto il continuo, che raddoppia lo strumento più basso) sono obbligate e suonano all’unisono solo per produrre un effetto speciale. Le qualità che possiamo ammirare in questi concerti sono le raffinatezze timbriche e l'intuizione del linguaggio naturale di ciascuno strumento. 1 44 concerti per quattro parti di archi e continuo senza solista ce lo mostrano nella sua luce migliore come compositore puro, libero dalla necessità d’impegnarsi nell’esibizione fine a se stessa. La differenza tra questi “concerti a quattro” e le sinfonie 12 dominare ogni aspetto della composizione dalla parte vocale. Nelle prime opere le arie hanno dimensioni limitate e carattere più uniforme, le più tarde sono meno numerose e più lunghe. AI loro interno sono diventate più varie e meno fluide. | cori sono tanto superficiali quanto infrequenti. La forma binaria più concisa, con o senza ritornelli, è quella preferita, e l’intreccio è decisamente omofonico. Il modo in cui nelle opere Vivaldi fa uso di strumenti diversi dal quartetto orchestrale di archi e continuo rivela, come era logico attendersi, il sicuro possesso di tutte le loro potenzialità tecniche ed espressive. L'uso dei corni in contesto venatorio è convenzionale, ma le note di pedale dei suoi corni sono straordinarie. Molte opere introducono le trombe in do o in re, talvolta accompagnate dai timpani (chiamati “tamburri”, “timballi” o “timpani”), in movimenti marziali e festosi. Oboi e flauti dritti, sempre a coppie, vengono usati insieme agli archi in un ruolo obbligato o semiobbligato per conferire un blando carattere bucolico. Malgrado contengano molti passi pregevoli, le opere di Vivaldi non possono vantare l’importanza storica dei concerti. La musica vocale sacra Si distingue tra realizzazione musicale di testi liturgici e non liturgici. = Testi liturgici: = Una messa completa = Un Kyrie = Due Gloria = Due Credo = Musica per i Vespri (comprendente il responsorio Domina ad adiuvandum, 11 salmi, nove fra inni e antifone inclusi tre Salve Regina, e il Magnificat in quattro versioni. = Testi non liturgici: = L'oratorio Juditha triumphans = 12 mottetti solistici = Otto introduzioni e tre movimenti a sé stanti Le composizioni su testi non liturgici presentano la più stretta analogia con le cantate e le opere. Il mottetto all’epoca era una cantata sacra solistica con testo latino. Le “introduzioni” sono molto simili ai mottetti, e sono movimenti introduttivi al Gloria, al Dixit Dominus o al Miserere. Tanto i mottetti quanto le introduzioni sono composti per soprano o contralto con archi e continuo. Alla Pietà, la prima esecuzione di un oratorio di cui si abbia notizia ebbe luogo nel 1684. Da allora fino al 1820 vengono eseguiti oltre cinquanta oratori i cui libretti sono stati conservati, molti dei quali celebravano eroine. Nella Juditha Vivaldi mette in mostra praticamente tutto l’arsenale di strumenti della Pietà. La partitura richiede due flauti diritti, due oboi, uno chalumeau soprano, due clarinetti, 15 due trombe con timpani, mandolino, quattro tiorbe, organo obbligato, cinque viole all’inglese e viola d'amore, oltre ad archi e continuo. In molti casi lo stesso esecutore si divideva fra più strumenti, poiché, ad esempio, è impiegato un solo tipo di fiato alla volta. Nella Juditha mancano completamente i duetti e gli altri pezzi d’assieme. La strumentazione delle arie, che cambia costantemente, serve in modo rudimentale ai fini della caratterizzazione drammatica. La Juditha soffre di una prolissità drammatica che supera persino quella delle opere; nell’insieme l'andamento è troppo lento. Le composizioni su testi liturgici presentano una tipologia di movimenti ancor più varia. La forma “da capo” è esclusa. | movimenti più brevi possono essere durchkomponiert, mentre la scelta dello stile dipende dai mezzi impiegati. | movimenti più lunghi possono essere fugati in stile tradizionale, ma la soluzione più comune in composizioni con parti strumentali obbligate è costituita da un qualche genere di forma-ritornello. Gli inni seguono la struttura del testo, adottando un semplice schema strofico. Fa eccezione lo Stabat Mater RV 621. In questa serrata composizione, la cui cupa atmosfera è sollevata solo da una radiosa tierce de Picardie nell’accordo finale, Vivaldi consegue un notevole grado di unità che risulta quasi opprimente. Dalle disposizioni date dai governatori nel 1715 risulta che la Pietà chiese a Vivaldi di comporre una messa intera e un vespro analogo. Le parti contenute nei manoscritti di Torino sono probabilmente frammenti di più di due cicli di vespri, insieme ad altri lavori composti singolarmente. Nel Settecento lo stile concertato, base stessa della composizione policorale, era andato in disuso. Lo stile di Vivaldi è tra due estremi: da una parte una composizione monocorale, il Magnificat RV 610, trasformata per due cori, dall’altra il finale del Dixit Dominus RV 594, ornato e contrappuntisticamente complesso, in cui i due cori e le due orchestre s’intrecciano in non meno di sette parti reali. Vivaldi aveva minor familiarità con lo “stile osservato” che non, ad esempio, Lotti o Marcello. | due prestiti da altri autori finora identificati nella sua musica e da lui non riconosciuti si presentano in questo contesto. Fa un uso limitato di strumenti esotici nelle composizioni di questo gruppo. | metodi cui ricorre per fondere l'orchestra d’archi con il coro sono molto originali e anticipatori. Se gli strumenti occupano il primo piano con materiale espressivo sotto il profilo melodico, le voci formeranno un semplice sfondo il cui apporto, quasi come quello di un continuo di clavicembalo, è percepito più in termini di tessuto sonoro e di ritmo che non di melodia. Attribuire a Vivaldi gran parte del merito dell’introduzione di uno stile “sinfonico” nella musica sacra può sembrare temerario, ma le prove che abbiamo lo giustificano. Da queste partiture emergono fervore, esaltazione, misticismo. L'elemento drammatico ne risulta attenuato, quasi che Vivaldi avesse cercato nella musica sacra una dignità e una serenità per le quali la sua esistenza di virtuoso e di impresario, di invalido e di giramondo, gli aveva lasciato troppo poco tempo. 16
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