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Diplomazia multilaterale e Onu: ruolo nella crisi del sistema internazionale, Sintesi del corso di Corporate Governance

Del ruolo dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) nella diplomazia multilaterale durante la crisi del sistema internazionale dopo la seconda guerra mondiale. la crisi del sistema eurocentrico e la crescita dell'importanza politica e economica dell'Asia, le conseguenze della seconda guerra mondiale, la decolonizzazione e la fine della guerra fredda. Vengono analizzate le novità diplomatiche del periodo 1945-1955 e la configurazione contemporanea del sistema internazionale. La questione della membership Onu è anche discusssa in relazione alla Carta dell'Onu e alla sua evoluzione.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 01/02/2022

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Scarica Diplomazia multilaterale e Onu: ruolo nella crisi del sistema internazionale e più Sintesi del corso in PDF di Corporate Governance solo su Docsity! Diplomazia multilaterale e membership Onu Capitolo 1 Trattato di Versailles del 1919 pone ufficialmente fine alla Prima guerra mondiale ed è importante in quanto stabilisce un nuovo ordine mondiale che mette in luce la crisi del sistema eurocentrico, in primo luogo, per il ruolo cruciale degli Stati Uniti, dell’impero britannico dei Dominion e dall’impero del Sol Levante, assieme alla crescita del Giappone. Nasce la Società delle Nazioni come forma nuova di diplomazia multilaterale istituzionalizzata che avrebbe dovuto aumentare la cooperazione intergovernativa di tipo tecnico. Essa assunse il doppio ruolo di salvaguardia della sicurezza e pace collettiva e di garanzia diplomatica degli equilibri di Versailles. C’era inoltre un’altra questione dibattuta, se la Sdn rappresentasse l’Europa di Versailles oppure fosse espressione della New diplomacy wilsoniana con i suoi 14 punti emanati a gennaio 1918, nell’ultimo dei 14 punti era proprio prevista la creazione di una Lega delle Nazioni. Il periodo tra le due guerre segna una fase di transizione dal sistema eurocentrico a quello globale che sarebbe emerso nel 1945. Nel 1917 la decisione di entrare in guerra degli USA portò a delle rotture importanti nel sistema continentale interamericano. Nel 1917 entra anche la Repubblica di Cina nella guerra contro la Germania. Il Giappone si era schierato a fianco dell’Intesa nel 1914 dichiarando guerra alla Germania. La nuova realtà internazionale vedeva l’interdipendenza di Europa, Asia e America. Con la formazione della Società delle Nazioni a seguito del trattato di Versailles gli Stati Uniti non incontrano il volere del Parlamento per la partecipazione alla Sdn, dapprima si prova ad inserirli approvando l’articolo 21 che riconosceva la dottrina Monroe per la prima volta a livello europeo, tuttavia questo non bastò a convincere gli anti-wilsoniani, non si ottenne la maggioranza nel senato di Washington. Sembrava che gli USA ritornassero alla loro politica isolazionista dettata dalla dottrina Monroe, cioè una proclamazione unilaterale di sicurezza continentale. Con la crisi del sistema europeo e il sottrarsi degli USA agli impegni dell’accordo di Versailles, il sistema internazionale globale si stava articolando in sistemi diplomatici regionali. Il sistema diplomatico americano era preesistente alla Sdn in seguito all’indipendenza degli USA e degli stati latinoamericani si era realizzato un ampliamento della comunità internazionale degli stati e una dilatazione della diplomazia multilaterale. Alla conferenza di Washington del 1890 parteciparono 17 dei 18 stati latinoamericani che portò alla creazione di un Ufficio commerciale delle repubbliche americane. Nella conferenza a Buenos Aires venne formata l’Unione panamericana che aveva fatto nascere un regionalismo internazionale nuovo. Per la Prima guerra mondiale la conferenza dell’Unione panamericana viene rimandata fino al 1923 in cui il discorso principale verteva su quali dovessero essere i rapporti tra essa e la Sdn. Nasce una proposta uruguayana da parte di Brum di formare una Lega delle Nazioni degli stati americani, come una alleanza, che adattasse i progetti wilsoniani alle nuove condizioni politiche intervenute. La nuova amministrazione Harding era però sfavorevole al concetto wilsoniano di Lega delle nazioni e guardava con sospetto alla Sdn. Harding sosteneva he la dottrina Monroe dovesse rimanere unilaterale e non dovesse pan americanizzarsi. A d esso si sommarono le rivalità tra alcuni stati sudamericani. Patto Gondra 1924 trattato continentale per prevenire conflitti nelle Americhe. Molti paesi americani sembravano non attribuire un ruolo di rilievo politico all’organizzazione ginevrina. Questa presa di distanza del sistema interamericano da Ginevra venne accentuata nel 1926 dalla crisi tra Sdn e Brasile aveva svolto un ruolo di rappresentanza degli Stati americani a Ginevra, anche per assenza USA dalla Lega. La sua posizione cambiò quando in seguito agli accordi di Locarno 1925 per la Sdn si pose il problema della definizione di ruoli e competenze. Con i trattati di Locarno si prevedeva l’entrata della Repubblica di Weimar nel sistema ginevrino, questo provocò reazioni avverse da parte di Stati che avevano le stese aspirazioni come Brasile e Spagna. Nel 1921 il Brasile reagisce mettendo il veto alla candidatura della Spagna. Non aveva obiezione nell’ingresso della Germania nella Sdn, ma chiedeva di essere anch’essa inclusa nei membri permanenti. La Francia e Gran Bretagna erano però sensibili anche alle richieste della Spagna. Incontrarono l’opposizione di Polonia, Cina e Persia che erano contrari ad altre promozioni. Nel 1926 convocata una assemblea straordinaria che si dimostrò un fallimento, così Brasile uscì dalla Sdn. La Germania entra a far parte del Consiglio e sottostà agli accordi di Locarno a cui si aggiunge la presa di posizione della necessaria stabilità politico-finanziaria dell’Europa. Le vicende del 1926 riproposto il dibattito tra la Sdn come organizzazione universale e il regionalismo internazionalesi poneva problema tra la sicurezza collettiva globale della Sdn e i sistemi di sicurezza regionali delle Americhe, dell’Asia e dell’Europa. Si notò una tendenza della Sdn a concentrarsi sempre di più sui problemi regionali europei sia per l’uscita del Brasile che per l’entrata della Germania, tendenza che non era comune per gli USA che sempre mantengono vivo l’interesse per le vicende europee come dimostra il patto Briand-Kellogg del 1928 patto di rinuncia alla guerra a cui parteciparono USA e Dominion britannico. Clark, sottosegretario di stato proponeva di separare il Corollario Roosevelt dalla Dottrina Monroe, il principio di intervento del Corollario poteva rimanere valido a scala globale, ma sul piano continentale gli stati uniti avrebbero dovuto accettare il principio di non intervento nei confronti degli stati latinoamericani. La risi finanziaria del 24 ottobre 1929 avrebbe contribuito a rimettere in discussione molte delle certezze affermatesi nei decenni precedenti. Mutarono alcuni caratteri di fondo delle relazioni internazionali e la crisi sconvolse le società latinoamericane. Era un periodo di crisi di idee e prospettive che travagliò l’Europa e le Americhe, ritornarono alla luce le rivalità regionali con segni di sfiducia per le relazioni panamericane. Recupero della dottrina Monroe tendente a garantire a sicurezza degli USA. Più rilevanti furono i mancati accordi internazionali sulle questioni economiche e sul disarmo. L’occupazione giapponese della Manciuria nel 31 rappresentò la prima sconfitta dell’ordine internazionale postbellico e della Sdn, ma metteva anche in discussione gli equilibri scaturiti dalla conferenza di Washington del 1921-22, nonché gli impegni sottoscritti dal Giappone nel Trattato Briand-Kellogg. Davanti alla fragilità dell’organizzazione gli USA tornarono ad adottare una propria politica indipendente con la dottrina Stimson del non riconoscimento dei risultati dell’aggressione. Con il coinvolgimento nella crisi della Gran Bretagna nel 1931 si decise di abbandonare il gold standard e si iniziò a svalutare la sterlina. Si assiste all’ingresso nel Sdn del Messico e dell’Argentina nel 33 e venne riaggiornato l’articolo 21 dove venne data nuova interpretazione alla dottrina Monroe tesa a venire incontro alla sensibilità degli ispano-americani. In Europa si assiste a un cambiamento dei protagonisti politici con l’assunzione dell’incarico a Hitler in Germania nel 33, e in USA presidente Roosevelt. Nel 33 il Giappone annunciò il ritiro dalla Sdn. Con Roosevelt il primo periodo del New Deal fu interpretato dagli europei come un ripiegamento verso l’interno degli USA, con un rafforzamento delle correnti isolazioniste sia repubblicane che democratiche. Con le elezioni di Hitler la Germania è pronta ad annunciare la sua uscita dalla Sdn e l’abbandono della conferenza per il disarmo, il riarmo tedesco e l’inizio della campagna antisemita. In questo periodo si registra un nuovo interesse da parte di diversi stati latinoamericani per la Sdn che ha portato nel 1931 all’ingresso del Messico, dell’Argentina, dell’Afghanistan, dell’Unione Sovietica, dell’Ecuador, della Turchia e Irak. L’introduzione alla Sdn del Messico faceva parte di un più generale inserimento internazionale del Messico sancito dalla conferenza panamericana del 28, dell’accordo del 29 con la Chiesa messicana che aveva posto fine al conflitto tra la Santa Sede e il Messico postrivoluzionario. L’entrata nuovamente dell’Argentina rappresenta la sua volontà sia di attenuare gli effetti della crisi economica che aspirare a un maggiore riconoscimento internazionale rinsaldando i rapporti con i paesi europei. Questo portò a una stretta amicizia tra Buenos Aires e Londra che era dovuta anche a ragioni politiche, per contenere il ruolo crescente degli USA in Sudamerica e inoltre per sostenere Londra nella sua rivalità con il Brasile che sosteneva che aveva avuto una posizione ambigua nella rivolta di San Paolo 1932. Inoltre Londra era interessata ad avere un nuovo alleato a Ginevra che potesse parare a nome dell’America Latina mentre Argentina apprezzava il rilievo britannico in Europa. La motivazione che spinse i paesi latinoamericani a contatti con l’Europa furono: in primo luogo il tentativo di contenere gli effetti della depressione, le preoccupazioni per gli esiti dei conflitti regionali di Leticia e del Chaco, o motivazioni individuali come per l’Argentina che mirava ad ottenere potenza regionale. Nonostante una continua rivalità tra USA e Argentina, venne ampliata l’adesione al Patto antibellico Lamas come soluzione alle controversie. I conflitti In Indocina nel 53 si aggrava la situazione e Parigi chiede aiuto a Washington per contenere un intervento di truppe cinesi nel Nord dell’Indocina. Il problema della piena concessione di indipendenza ai tre stati Laos, Cambogia, Vietnam non era stato risolto. Cresceva diffidenza USA per condotta della guerra da parte del governo di Parigi. Anche in Europa vi erano problemi irrisolti come la questione tedesca, la sicurezza e la situazione austriaca. Conferenza a 4 potenze occupanti sul futuro della Germania e Austria, USA e Unione Sovietica erano anche potenze della regione Asia Pacifico. Alla conferenza di Berlino le 4 potenze USA, Unione Sovietica, Gran Bretagna e Francia. Si discuteva anche della futura conferenza a Ginevra sulla questione dei conflitti asiatici chiedendosi la posizione che avrebbe avuto la Cina se invitante o invitata, la partecipazione di potenze asiatiche indipendenti come l’India. Futura conferenza sui conflitti asiatici avrebbe parlato di come ristabilire la pace in Indocina e dell’assetto della Corea. Bisognava convincere a partecipare i governi sudvietnamita e sudcoreano. Le forze del Viet-Minh intensificavano l’offensiva contro le truppe francesi, gli americani non volevano giungere alla conferenza con i francesi sconfitti militarmente furono quindi incrementati gli aiuti finanziari e i rifornimenti. I francesi chiedono rinforzi agli americani che si rifiutano senza la coalizione degli inglesi. Il trattato di sicurezza tra Seul e Washington fu cruciale per persuadere il governo sudcoreano. Prima della conferenza schermaglia tra americani e sovietici sulla natura della conferenza stessa. La conferenza si apriva senza aver ricomposto le divergenze anglo-americane e con la mancata unità d’azione tra i governi occidentali. Mentre il Commonwealth era interessato alla risoluzione ginevrina. Prima della conferenza i tre alleati occidentali cercarono di accordarsi sulle posizioni. Francia, Gran Bretagna, USA, Unione Sovietica, Repubblica popolare cinese, due Coree, e i sedici intervenuti militarmente sotto la bandiera dell’Onu nel conflitto coreano. Non erano ammessi i paesi neutrali, tuttavia si evidenzia il pensiero di Nehru che poneva l’Asia davanti a tutto, pensava che Ho Chi Minh fosse un patriota che lottava per l’indipendenza del paese. Nel 1954 conferenza di Colombo di 5 stati asiatici: Pakistan, India, Ceylon, Birmania e Indonesia. I paesi avevano posizioni politiche diverse, filoccidentali (Pakistan e Ceylon), neutralisti (India e Birmania), filocomunista (Indonesia). L’intento della conferenza era di favorire uno scambio di opinioni su problemi di comune interesse come i modi per accelerare la pace in Indocina, la questione della Cina comunista, la condanna del colonialismo e una critica verso l’ipotesi di patti di sicurezza in Asia promossi da potenze non asiatiche. Conferenza di Ginevra la prima parte era dedicata alla questione coreana, le delegazioni occidentali puntavano a far accettare alla conferenza la proposta di elezioni politiche per la riunificazione della Corea, sotto la supervisione dell’ONU. La Corea del Nord rilanciava a sua volta criticando il patto di sicurezza entrato in vigore tra Seul e Washington e richiedeva il ritiro di tutte le truppe militari dalla Corea, chiedendo di supervisionare le elezioni da paesi neutrali. La posizione militare sempre più critica della Francia in Indocina stava diventando il tema su cui si concentrava l’attenzione delle diplomazie. Le divergenze tra Washington e Pechino per il ruolo dell’Onu nella soluzione della guerra in Corea fu il motivo principale he a Ginevra fece arenare le trattative nella prima sezione della conferenza, perché la Rpc non considerava imparziale il ruolo delle Onu. I rappresentanti dei paesi combattenti in Corea sotto bandiera Onu emanarono dichiarazione di interrompere la conferenza di Ginevra sulla Corea. La Corea del Sud dichiarò o valido l’armistizio militare di Panmunjon. Il problema della sistemazione della situazione vene poi ripreso d Pechino e Mosca situazione stallo. La Francia invece era spinta dall’esigenza di trovare una soluzione alla questione indocinese la cui evoluzione era diventata cruciale. La situazione militare francese in Indocina aveva segnato un continuo aggravamento nei primi mesi del 54. L’offensiva del Viet-Minh era generalizzata a tutta l’Indocina ma poi si concentrò nella roccaforte strategica francese di Dien Bien Phu. L’assedio di essa divenne la battaglia cruciale dell’Indocina. Dalla parte occidentale si cercava un accordo in quanto si temeva un effetto domino in territorio asiatico. Intanto i britannici si stavano scontrando con movimenti in Malesia. Per risolvere la questione francese vi era chi riteneva che convenisse regolare il problema vietnamita con intermediari come l’Urss e la Cina cercando di strappare alla Rpc l’impegno a cessare aiuti a Ho Chi Minh. I radicali e socialisti volevano aprire negoziati diretti col Vieth-Minh e risolvere la questione tramite accordi bilaterali. Con conferenza di Ginevra la discussione si era concentrata su questioni procedurali, il ministro degli esteri sovietico era favorevole alla partecipazione dell’India e dell’Indonesia per i neutrali. Il 29 aprile Bao Dai accettò di partecipare a una conferenza alla quale avrebbero presieduto anche i rappresentanti di Ho Chi Minh. Cade Dien Bien Phu e ci furono conseguenze politiche, opinione pubblica francese sosteneva la necessità di trattative risolutive con il governo di Hanoi, tuttavia a Parigi furono prese altre contromisure per superare crisi. Eisenhower era contrario a un aiuto militare americano per non essere accostati al becero colonialismo francese. Era necessario procedere alla indipendenza dei 3 stati per separare le posizioni comuniste dalle rivendicazioni nazionali dei popoli indocinesi. Puntare a un sistema di difesa collettiva degli alleati degli Stati Uniti nell’area. 2 piani di risoluzione: uno francese con l’appoggio inglese ed americano che dava priorità agli aspetti militari e chiedeva l’evacuazione delle forze del Viet-Minh da Laos e Cambogia e uno col sostegno della Rpc e dell’Urss che ava priorità agli aspetti politici ed equiparava situazione Laos e Cambogia a Vietnam. Dopo la caduta gli USA pessimisti verso la conferenza ginevrina e si rifiutano di avere contatti con rappresentanti cinesi. Arrivò a questo punto Menon, a capo della delegazione indiana all’Onu che ebbe contatti con varie delegazioni e proponeva una mediazione indiana sulla Corea e iniziò a esercitare pressioni sulla delegazione cinese affinché assumesse una posizione conciliante su Laos e Cambogia. Venne approvata dall’unanimità la proposta di Eden per la costituzione di una commissione militare per il raggiungimento del cessate il fuoco in tutta l’Indocina. Il governo di Pechino e il Viet-Minh non accettavano il controllo dell’Onu essendo loro stessi non riconosciuti dalle Nazioni Unite. L’irrigidimento di Mosca e Pechino era dovuto dall’iniziativa della Thailandia in sede Onu di inviare in Indocina una missione internazionale approvata dall’Onu indipendentemente dalle trattative ginevrine. La caduta del governo francese insieme alla crisi ministeriale a Saigon portò alla sospensione dei lavori della conferenza. Le delegazioni francese e inglese decisero di proseguire i lavori sull’Indocina. Tra il 18-19 giugno completati gli accordi sui negoziati militari tra Laos e Cambogia. In Francia si formò un governo affidato a Mendes-France che voleva giungere a un accordo con l’Indocina al più presto. Per questo si incontro con Zhu Enlai per discutere della situazione indocinese. Le nuove condizioni diplomatiche create dalla crisi ministeriale francese e la decisione occidentale di chiudere la sezione coreana della conferenza avevano contribuito a modificare l’intransigenza i Molotov e Zhu Enlai. Vengono quindi create tre distinte commissioni militari: per Vietnam, Laos e Cambogia. Vennero stabiliti i Seven Points sull’Indocina che fissavano le posizioni anglo-americane per il prosieguo della conferenza. Dalle conversazioni tra il presidente indiano e cinese nacquero i cinque punti dell’accordo sul Tibet di cui veniva riconosciuta la sovranità cinese che avrebbe dovuto regolare i rapporti tra gli stati asiatici. Tra il 14 e 17 luglio si moltiplicarono gli incontri e le trattative. Mosca Pechino e Hanoi convergevano nell’accettare il compromesso che si stava delineando, il governo di Mosca era attento all’evoluzione della questione della Ced e alla condizione della Germania. Tra il 18 e 19 luglio fu infine concordato che in Vietnam la linea di armistizio sarebbe corsa al 17 esimo parallelo mentre le elezioni politiche generali vennero rinviate di due anni. Nella sessione finale non fu possibile procedere alla firma degli accordi politici per la mancata adesione dei governi di Washington e Saigon, fu quindi emanata una dichiarazione finale sull’armistizio in Indocina sotto comunicato. Alla dichiarazione finale erano annesse due dichiarazioni della Francia regolanti i rapporti con i tre stati indocinesi che sancivano l’indipendenza di Cambogia, Laos e Vietnam. La sorveglianza sul rispetto dei tre accordi veniva affidata a tre commissioni internazionali di controllo, tutte e tre composte da India, Canada e Polonia. Dopo la lettura di queste dichiarazioni la posizione degli USA fu esposta dal sottosegretario Smith attraverso una dichiarazione unilaterale in cui veniva preso atto degli accordi militari conclusi. Il ministro degli Esteri del governo di Saigon espresse la protesta solenne della sua delegazione nei confronti degli accordi e il rifiuto della linea di demarcazione tra le due zone del Vietnam. L’importanza e l’ambiguità degli accordi di Ginevra, si sarebbero misurati anche mediante i loro successivi sviluppi. Eden fu considerato eroe della conferenza di Ginevra per la sua capacità di perseguire un compromesso diplomatico considerato importante dal Foreign Office. Per il governo britannico di Churchill era stato importante che la conferenza di Ginevra mettesse fine a una guerra come quella in Indocina che rischiava di provocare un intervento militare diretto sia degli USA che della Repubblica popolare cinese e avrebbe potuto portare all’uso delle armi nucleari. Il ruolo di Eden di honest broker fra le sue parti recalcitranti aveva consentito di giungere a un cessate il fuoco che era tutt’altro che scontato e aveva difeso gli interessi nazionali britannici cercando di rinsaldare i rapporti di Londra e salvaguardando le relazioni con l’India. Al termine della conferenza volendo stilare una graduatoria tra vincitori e perdenti di quella partita diplomatica si poteva convenire che il paese che aveva portato maggiori vantaggi da Ginevra era la Rpc mentre il principale sconfitto appariva la Francia. Ora il governo francese cessava l’impegno in Indocina e poteva dedicarsi alle questioni europee e ai problemi nordafricani. Finiva così la prima guerra d’Indocina durata dal 1946 al 1954. Dall’amministrazione Eisenhower, con apprensioni per l’effetto domino della situazione indocinese l’armistizio era considerato come l naturale conclusione della politica francese in Indocina. Inoltre, il governo di Washington non valutava in modo positivo la distinzione tra la situazione militare e quella politica nei tre paesi indocinesi. Il governo di Saigon fu quello che condannò subito e con più forza gli accordi. Nel 1954 non aveva però la orza militare per opporsi all’armistizio e riprendere le ostilità. Dopo aver approvato gli accordi di Ginevra il Parlamento francese si apprestava intanto a discutere sulla Comunità europea di difesa. Sul piano interno e internazionale il tema preponderante fu questo fino alla bocciatura del trattato Ced da parte dell’Assemblea nazionale francese. Dal punto di vita della politica asiatica importante è la conferenza di Manila che portò alla nascita della South East Asia Treaty Organization (Seato). Il patto di sicurezza delle otto potenze proposto in precedenza in format e con membership diversi diventava ora la risposta politica di Washington alla sconfitta militare francese in Indocina e ai risultati diplomatici della conferenza di Ginevra. L’alleanza era costituita sul modello della Nato o dell’Anzus e completava il sistema di sicurezza degli USA nel Pacifico. La Seato denotava alcuni elementi di debolezza a partire dalla prevalenza di cinque paesi non asiatici rispetto ai tre asiatici. La Birmania e l’Indonesia avevano rifiutato di aderire a un sistema di sicurezza che presentava aspetti neocoloniali e portava il Sudest asiatico all’interno del sistema internazionale della guerra fredda. Il significato politico principale del patto di Manila era la garanzia unilaterale offerta a Laos, Cambogia e Vietnam, in questo modo il perimetro della Seato era esteso unilateralmente alla Indocina ex-francese. Nel frattempo, nell’agosto 1954 la tensione internazionale era alimentata da una crisi asiatica, quella dello stretto di Formosa tra Rpc e Rc, crisi provocata da iniziative militari da parte di Pechino nei confronti delle più piccole isole dello stretto e che porta alla firma del trattato di mutua difesa tra USA e Taiwan. Nel Sudest asiatico proseguiva l crisi malese che condizionava il futuro di quello che restava dell’impero britannico in Asia. Erano inoltre riprese le tensioni tra l’Indonesia e l’Olanda. A distanza di mesi dalla conferenza si evidenzia uno spostamento del centro della conflittualità asiatica dalla penisola coreana al Sudest asiatico, l’intreccio sempre più marcato in quest’area tra processi di decolonizzazione e dinamiche di guerra fredda e il lento declino dei sistemi coloniali europei. Era una situazione che produceva riflessi anche per la condizione postarmistiziale in Indocina. In Vietnam l’esodo dei civili e il radicalizzarsi della situazione politica sia nella zona controllata a Saigon sia in quella controllata da Hanoi avrebbero portato alla divisione permanente del paese in due realtà politiche. Il rapido fallimento degli accordi di Ginevra dimostra che stavano maturando alcune premesse della successiva crisi vietnamita. La conferenza di Ginevra fu uno snodo cruciale per il sistema internazionale del periodo. Sulla Corea a Ginevra ci si limitò a confermare gli esiti dell’armistizio militare di Panmunjon rinviando la riunificazione politica tra Nord e Sud in un futuro indefinito. Le novità più rilevanti vennero dagli sviluppi della questione indocinese. L’evento maggiore fu presentato dalla cessazione delle ostilità nei tre paesi indocinesi. L’esercito del Viet-Minh decise di ritirare le proprie forze dal Laos, Cambogia, a Ginevra venne sancita la fine della presenza coloniale della Francia in Asia. Dal punto di vista simbolico la perdita francese dell’Indocina era il segno della fine del primato dell’Europa sull’Asia. Quelle tematiche si erano però inserite stabilmente negli schemi dicotomici della guerra fredda. Il processo di decolonizzazione in Asia si incrociava sempre di più con le dinamiche bipolari. In questo panorama le iniziative diplomatiche di Nehru durante i sostegno della nuova amministrazione Truman fu interpretato come una affermazione delle impostazioni dell’assistente segretario di stato Rockfeller. Alla fine, furono accettati i rappresentanti di 50 stati a cui si aggiungono Polonia. Tra i 51 membri originari non erano inclusi Germania, Giappone e non furono ammessi Italia, né altri ex alleati della Germania e neppure i neutrali. La diplomazia italiana pensava di aver qualche possibilità di partecipare alla conferenza di San Francisco, questa ipotesi trovavano però resistenze da parte di Mosca e Londra perché altre nazioni liberate avrebbero potuto avanzare richieste analoghe. Prima della conferenza di San Francisco la conferenza interamericana sui problemi della guerra e della pace, in quella sede era già tata avanzata l’ipotesi di discutere della situazione spagnola. Però a seguire durante i lavori della conferenza di San Francisco la delegazione del Messico presentò una mozione sulla questione spagnola. La mozione messicana aveva il convinto sostegno delle diplomazie di Parigi e Mosca. Il riferimento alla Spagna franchista seppure allusivo era trasparente, iniziava così quella che è conosciuta come la questione spagnola. Quella di San Francisco era una presa di posizione che accostava alle potenze del Tripartito il regime franchista formatosi durante la guerra civile 1936-39. La mozione presentata dall’ambasciatore messicano era stata la prima occasione in cui si iniziò a discutere una ipotesi di membership by admission alle Nazioni Unite. La successiva conferenza interalleata di Postdam prese posizione sulla prosecuzione della guerra contro il Giappone e sulle modalità per la gestione delle zone di controllo alleate in Germania e Austria. Venne inoltre costituito il Consiglio dei ministri degli Esteri che avrebbe dovuto redigere uno schema dei trattati di pace. Venne anche dichiarata risolta la questione della formazione di un governo unitario polacco. Le ammissioni successive sarebbero infatti avvenute in base all’articolo 4 della Carta dell’Onu. La questione della membership Onu rimaneva centrale nel dibattito politico internazionale, ma stava cambiando di prospettiva sia per le condizioni diplomatiche degli stati sia per le modalità tramite le quali avrebbe potuto realizzarsi in base all’evoluzione del sistema internazionale. Sino al 1945 il dibattito diplomatico tra gli Alleati sulla membership delle Nazioni Unite era stato sulla questione dei membri originari. Nel comunicato finale della conferenza di Postdam ribadirono che gli e- alleati della Germania avrebbero dovuto rapidamente sottoscrivere i rispettivi trattati di pace. Tra i cinque ex-alleati europei della Germania, facendo menzione all’Italia che era il primo paese a staccarsi dall’Asse nel 43. A questo proposito va ricordato che l’Italia era diventata cobelligerante con la dichiarazione di guerra alla Germania e alla vigilia della conferenza di Postdam anche il Giappone. La conferenza di Postdam riconosceva all’Italia di avere fatto progressi per il ristabilimento dii istituzioni democratiche e i tre grandi si impegnavano a sostenere la richiesta italiana per l’ammissione all’Onu. Le tre grandi potenze si impegnavano anche ad appoggiare l’ingresso all’Onu dei paesi rimasti neutrali durante la guerra. Per le formulazioni da adottare riguardo la Spagna franchista non venne subito trovato un accordo, soprattutto da parte della UK nella prima parte della conferenza di Postdam. Alla fine venne confermata la posizione antifranchista adottata poche settimane prima a San Francisco. Sulla membership Onu della Spagna le tre grandi potenze espressero il parere contrario. In base all’articolo 110 la Carta dell’Onu entrò in vigore il 24 ottobre 1945, il 10 gennaio 1946 l’Onu iniziò i suoi lavori. Di lì a poco la Società delle Nazioni si estinse e le sue funzioni tecniche e le proprietà passarono alle Nazioni Unite. Intanto il governo di Parigi tra la fine del 45 e il 46 aveva tentato di convincere Londra e Washington ad adottare una posizione più dura nei confronti di Madrid. La questione spagnola alle Nazioni Unite si cristallizzò il 12 dicembre 1946 con la risoluzione 39 dell’Assemblea generale che raccomandava l’esclusione del governo franchista dalle organizzazioni del sistema Onu. Iniziava così il periodo di ostracismo diplomatico delle Nazioni Unite nei confronti del franchismo, conosciuto come il periodo 1946-50, nel quale il regime di Franco fu isolato internazionalmente. Non vi erano tuttavia sanzioni economiche né militari. I fondatori dell’Onu crearono un nuovo ordine mondiale: il sistema delle Nazioni Unite. Dal 1945 il vecchio ordine multipolare stava cedendo rapidamente il posto a un mondo bipolare. Il sistema internazionale stava cambiando, sia per la nascita di nuove organizzazioni globali sia per il nuovo ciclo di ascesa e caduta delle grandi potenze. A queste grandi trasformazioni che caratterizzeranno le relazioni internazionali dal 1945 in avanti va aggiunto che la Seconda guerra mondiale produsse due sistemazioni postbelliche: la prima fu il risultato del deterioramento delle relazioni politiche internazionali tra i paesi occidentali e l’Unione Sovietica e l’altra fu una sistemazione a carattere economico basata sulla gestione multilaterale di un ordine liberale sotto la supervisione degli USA. L’Italia aveva cercato di uscire dalla guerra con gli armistizi del settembre 1943, ma era stata trasformata in campo di battaglia tra tedeschi e Alleati. Dopo la fine del conflitto in Europa la conclusione della conferenza di San Francisco e la fine della guerra in Asia-Pacifico, la nuova Italia postbellica recuperò la propria autonomia nel sistema internazionale dopo la firma a Parigi del trattato di pace. Il governo italiano che nel 47 aveva concluso l’iter iniziato nel 46 per l’adesione agli accordi e alle istituzioni di Bretton Woods pensò ci fossero le condizioni per poter entrare nell’Onu isolatamente. Il governo De Gasperi-Sforza formatosi dopo l’allontanamento delle sinistre, decise nel 47 di presentare la domanda di ammissione all’Onu accelerando i tempi. Ma la situazione internazionale era cambiata rispetto al 1945 e l’Onu era diventata un’arena dello scontro politico tra americani e sovietici nella fase iniziale della guerra fredda. Le ammissioni all’Onu stavano diventando uno dei temi dello scontro diplomatico tra Washington e Mosca sul tipo di ordine postbellico da costruire. L’ammissione in base all’articolo 4 della Carta deve essere effettuata su deliberazione dell’Assemblea generale ma previa proposta del Consiglio di sicurezza. Per quanto riguarda l’Italia il governo di Mosca non accettava le pregiudiziali avanzate dagli americani verso i governi di Sofia, Bucarest e Budapest. Pertanto i sovietici si irrigidirono bloccando l’ingresso dell’Italia. Guardando indietro la posizione di Mosca appariva come la riproposizione della formula di Postdam del 1945, quelle proposte incontravano l’opposizione da parte di Washington; infatti, seppur sostenevano la dimensione globale dell’Onu, avevano scelto di basare la loro posizione sul principio di selettività. La vicenda era emblematica della nuova realtà che stava emergendo dopo la fine della coalizione internazionale del periodo bellico. Il Governo De Gasperi-Sforza ripresentò la domanda di ammissione e tentò anche di convincere i rappresentanti americani sull’opportunità di un compromesso con i sovietici. Intanto la Polonia presentò un progetto di risoluzione in cui veniva richiesta l’ammissione simultanea di tutti e cinque gli stati ex nemici. Washington e Mosca rimasero però sulle rispettive posizioni. Nella votazione del Consiglio di sicurezza avvenuta il 1° ottobre scattò il veto sovietico all’ammissione dell’Italia motivato dal blocco occidentale nei confronti delle ammissioni dei paesi dell’Europa orientale e dalla violazione da parte degli Stati Uniti degli impregni presi a Postdam. Il successivo fallimento della conferenza di Londra dei ministri degli Esteri delle quattro grandi potenze che avrebbe dovuto redigere i trattati di pace per la Germania e l’Austria evidenziò la problematicità e l rilevanza che stava assumendo la questione tedesca. La questione dell’ammissione italiana alle Nazioni Unite si presentò anche nei seguenti anni e alimentava le polemiche tra i partiti politici italiani, ma senza rivestire ormai i caratteri di rilevanza e urgenza avuti nel 1945-47. Il reinserimento internazionale dell’Italia progrediva su altri piani: dopo l’ingresso nelle istituzioni finanziarie del sistema Bretton Woods, ci fu l’adesione al Piano Marshall e alla Organizzazione per la cooperazione economica europea; seguirono poi la partecipazione alla formazione dell’Alleanza Atlantica. L’Italia aderì a diverse agenzie specializzate delle Nazioni Unite. Altri temi sensibili per la posizione internazionale dell’Italia e che coinvolgevano anche i rapporti con l’Onu vennero avviati progressivamente a soluzione dopo le rinunce italiane, la situazione venne definita in sede Onu nel 1949. Tramite l’Onu nel 50 venne costituita l’Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia. Con la dichiarazione anglo-franco-americana nel 51 vennero poste le basi per un obiettivo perseguito dalla diplomazia italiana che maturerà nel 55 nel quadro dell’Alleanza Atlantica. Rimaneva da definire il futuro del Territorio Libero di Trieste che si legava ai rapporti con gli Alleati angloamericani e con la Jugoslavia. La posizione diplomatica dell’Italia aveva i suoi cardini principali nell’atlantismo e nell’europeismo. La questione della membership all’Onu rimaneva sospesa. Tra i membri originari dell’Onu vi erano anche soggetti internazionali non indipendenti che divennero stati sovrani nei primi anni di vita delle Nazioni Unite. Le isole filippine erano state cedute agli USA nel 1898 dalla Spagna a seguito della guerra ispano-americana, dopo di allora vennero avviate a diventare un self- governing Commonwealth però sino alla fine della Seconda guerra mondiale il loro status internazionale rimase incerto. Il Commonwealth filippino divenne poi uno stato indipendente il 4 luglio 1946. La nascita della repubblica delle Filippine poneva dei problemi per la membership Onu che vennero risolti riconoscendo la continuità della membership Onu della repubblica delle Filippine rispetto al Commonwealth filippino. Tali problemi si posero anche per il subcontinente indiano. La British India aveva una posizione peculiare all’interno dell’impero britannico, l’India britannica aveva però gradualmente acquisito una personalità internazionale, rafforzata poi dall’essere dichiarata membro dell’Onu, una posizione analoga anche a Bielorussia e Ucraina. Nel 1946 il convincimento di avviare le Indie verso un percorso di decolonizzazione guidato da Gandhi e Nehru e dalla Lega musulmana portò a varare l’India Indipendence Act. Il 15 agosto 1947 con l’indipendenza e la partizione della British India nacquero due stati, il Dominion dell’India e quello del Pakistan. Si pose quindi il problema della membership Onu dei due nuovi stati. In sede Onu si aprì un dibattito perché alcuni stati sostenevano che il Pakistan doveva essere riconosciuto membro originario delle Nazioni Unite come l’India. Venne stabilito che uno stato membro dell’Onu non cessava di essere membro a causa dei meri cambiamenti delle sue frontiere e che l’estinzione di uno stato come soggetto internazionale doveva essere riconosciuta. Al tempo stesso nasceva uno stato nuovo il cui territorio e popolazione non era compresa in uno stato membro dell’Onu la nuova situazione per essere riconosciuta dalle Nazioni Unite doveva passare tramite il procedimento di ammissione. Nel 1948 ottennero l’indipendenza dalla UK anche la Birmania e Ceylon che aderì al Commonwealth e verrà poi ammesso all’Onu nel 55 nel contesto del package deal. Era iniziata intanto a cambiare la condizione diplomatica della Spagna. Un segnale di questo clima all’Onu si ebbe già nel 47 quando l’Assemblea generale fu chiamata a votare una risoluzione proposta dalla Polonia e con il sostegno del Messico che chiedeva l’applicazione di sanzioni nei confronti di Madrid. Tra i voti contrari anche gli USA. Nel 48 Marshall iniziò a sondare i governi di Londra e Parigi per adottare una posizione comune sulla questione spagnola in sede Onu. Le tensioni Est-Ovest si accentuarono successivamente Nel 1950 il segretario di stato Acheson scrisse al senatore Connally manifestando il favore degli USA per una revoca della risoluzione Onu del 46 nei confronti della Spagna ed esprimendo l’auspicio che il governo Madrid venisse ammesso agli istituti specializzati dell’Onu. Nel 50 l’Assemblea generale dove gli USA potevano contare su ampie maggioranze revocò la soluzione che nel 46 aveva condannato la Spagna franchista si apre la strada per l’integrazione della Spagna. Erano le premesse per il successivo reinserimento internazionale della Spagna che avanzò in più direzioni, tramite il progredire dell’accreditamento degli ambasciatori a Madrid sia mediante l’incorporazione della Spagna. Il reinserimento da un lato portò agli accordi con Usa in materia di sicurezza, dall’altro al Concordato con la Santa Sede che ridisegnava i rapporti tra lo stato spagnolo e la Chiesa. Nel frattempo si era aperta la questione marocchina. Nell’area Asia-Pacifico le vicende belliche e le relazioni diplomatiche avevano avuto tempi e ritmi in arte diversi rispetto all’Europa. La situazione militare nipponica subì un brusco cambiamento dopo la proclamazione dei termini per la resa giapponese. Erano le premesse della capitolazione nipponica, il 15 agosto Tokyo accettò la formula della resa incondizionata scaturita da Postdam. Dopo la resa formalizzata il 2 settembre 1945, un elevato numero di militari nipponici si trovò ad arrendersi in zone amministrate dagli Alleati. La situazione politica giapponese fu invece caratterizzata dall’attività del Supreme Commander of the Allied Powers che esercitava le funzioni di governo indiretto. L’occupazione del Giappone da parte americana e della British Commonwealth Force sarebbe durata poi fino al 1952. Dal 1945 al 1952 la politica estera di Tokyo fu filtrata tramite il comando supremo delle forze alleate. Tra 1945-1952 si realizzò l’inversione di rotta, nei rapporti tra USA e Giappone rispetto al periodo bellico. L’occupazione americana del Giappone da 1945 riproduceva sotto certi aspetti lo schema dell’occupazione militare adottata dagli anglo-americani nel 1943 al momento della resa del primo membro Tripartito. Erano elementi che contribuivano però a creare polemiche e sospetti reciproci tra gli Alleati. Oltre alle divisioni tra gli Alleati sul futuro del Giappone vi furono anche tensioni in sede Onu sui temi della membership. Un esempio fu quello della Mongolia, la cui richiesta di ammissione all’Onu fu respinta nel 47 perché la Cina di Ciang Khai-shek e i paesi occidentali si rifiutavano di ammettere un governo considerato satellite di Mosca. In più il governo di Ciang Khai-shek non voleva riconoscere la Mongolia come uno stato perché la riteneva parte della Cina e la accusò anche di aiutare i comunisti di Mao Zedong nella guerra civile cinese. Il tema della memmbership package deal, alla fine prevalse la proposta di ammettere tutti i 18 stati che avevano le caratteristiche indicate, escludendo quindi le due Coree e Vietnam, proposta che venne approvata. La Francia e i paesi arabi, nel frattempo, trovavano una soluzione sulla questione marocchina che spianava la strada al Marocco per l’indipendenza ma evitava una discussione sull’Algeria. I dibattiti si scatenarono quando il rappresentante della Cina nazionale ripropose le candidature della Corea e Vietnam e quando il delegato di Taiwan mise il veto all’ammissione della Mongolia rompendo il compromesso maturato sul package canadese. Lo scontro diplomatico sulla membership era anche un contrasto dentro l’Onu tra i poteri dell’Assemblea generale e quelli del Consiglio di sicurezza. Così il delegato canadese chiese se fosse possibile sostituire l’accordo per i 18 ingressi con i 17 esclusa la Mongolia, ma la reazione della delegazione sovietica fu quella di porre il veto verso tutte le altre candidature, perché i sovietici rimanevano ancorati sulla posizione dei 18 membri o nessuno. Il 14 novembre la delegazione sovietica chiese una riunione urgente del Consiglio di sicurezza sul problema delle ammissioni e avanzò una proposta che prevedeva l’ammissione di 16 paesi esclusa la Mongolia e il Giappone. La proposta provocò un nuovo braccio di ferro diplomatico ma fu soprattutto il contrasto tra la delegazione sovietica e americana. Furono così ammessi 16 stati all’Onu. Italia e Spagna furono anche ammessi all’Economic Commission for Europe dell’Ecosoc. Questo fu un momento di svolta per la questione membership Onu che ribadiva l’universalità dell’Onu, restando vigenti i requisiti previsti dall’articolo 4 della Carta. Con il package deal era stato ribadito che l’ammissione all’Onu non implica un giudizio di valore sul regime politico interno dei paesi membri, inoltre favoriva la restaurazione del prestigio dell’Onu. La soluzione scaturita era più favorevole agli interessi di Mosca che di Washington, questo creò delle polemiche in seguito. Veniva notato in quel frangente la capacità di manovra del rappresentante sovietico rispetto alla rigidità del delegato americano. Colpisce anche il dibattito nel Consiglio di Sicurezza dopo che le 4 grandi potenze e nell’Assemblea generale era stato elaborato un compromesso. Una soluzione concordata era stata fatta venire meno dal veto di Taiwan però. Per l’Italia il pieno reintegro internazionale del paese, ormai avviato, era dunque stato completo con l’ammissione all’Onu, da quel momento la dimensione onusiana della politica estera italiana divenne un delle componenti prioritarie della diplomazia multilaterale dell’Italia. La posizione internazionale della Spagna cambiò nel 1950 grazie all’appoggio USA. L’ammissione all’Onu fu un successo per Madrid che poteva ora completare il proprio inserimento nelle istituzioni multilaterali e gestire lo sganciamento dai problemi nordafricani. L’ingresso dell’Italia e degli altri stati del package deal aveva coinciso con un momento di cambiamenti nelle relazioni internazionali influenzate dalla breve distensione Est-Ovest e dall’ampliarsi degli orizzonti mondiali dopo la decolonizzazione. Vi erano cambiamenti del sistema internazionale che avvenivano al di fuori dell’Onu, ma che stavano producendo riflessi importanti all’interno delle Nazioni Unite. Dal punto di vista dell’Onu le ammissioni si sarebbero poi rivelate un momento di svolta almeno per tre motivi: 1) per il cambiamento degli equilibri politico-diplomatici nell’Assemblea generale dove era iniziata una lenta erosione della capacità di controllo della maggioranza qualificata da parte dei paesi occidentali, 2) per quanto riguarda i gruppi regionali all’Onu era possibile notare una diminuita influenza del gruppo latinoamericano, una affermazione del gruppo afro-asiatico e un parziale rafforzamento del gruppo euro-occidentale ed euro-orientale. Mentre la Società delle Nazioni rappresentava l’Europa e le sue periferie, nell’Onu gli stati europei sono sottorappresentati. Nel dicembre 1955 le ammissioni del Giappone e della Mongolia erano state rinviate, la situazione politica asiatica nel suo insieme dimostrava ancora notevoli difficoltà a stabilizzarsi. Lo scontro diplomatico sulla membership del Giappone e della Mongolia era risultato collegato in modo esplicito alla situazione politica delle due Coree e Vietnam. Il veto di Taiwan sulla Mongolia aveva portato allo scoperto la fragilità della posizione del Giappone in quella congiuntura diplomatica. L’unica speranza di Tokyo era di essere ammesso all’Onu attraverso la proposta canadese. Rimettere in discussione la proposta significava esporre Tokyo ai condizionamenti degli equilibri di potenza nel Consiglio di sicurezza. Per la posizione del Giappone i problemi venivano anche dagli orientamenti di Dulles al Dipartimento di stato americano che non vedeva con favore la proposta canadese di package deal. Per il Giappone dopo il progressivo reinserimento internazionale del paese, la mancata ammissione all’Onu nel 1955 provocò una delusione notevole sia per la diplomazia sia per l’opinione pubblica. Per rimuovere il veto di Mosca il governò arrivò alla deduzione che non sarebbe stato sufficiente il miglioramento dei rapporti di Tokyo con i paesi asiatici e africani, ma doveva sganciare la posizione del Giappone da quella della Mongolia. Il governo maturò il convincimento della necessità di rimanere ancorato all’alleanza con gli USA e di consolidare la linea che doveva portare il paese a rientrare in Asia. Il Giappone doveva trovare una soluzione diplomatica al suo contenzioso con l’Unione Sovietica. I colloqui bilaterali ripresero nel 56, a proposta sovietica contemplava una dichiarazione di cessazione delle ostilità tra i due paesi, lo scambio di ambasciatori, il rinvio a una fase successiva della soluzione dei problemi territoriali in sospeso tra Tokyo e Mosca. Il ministro degli Esteri giapponese avrebbe preferito un trattato di pace che risolvesse le dispute territoriali, Tra i punti in discussione fu anche inserita la questione dell’appoggio sovietico all’ingresso giapponese all’Onu, comprensivo su questa richiesta ma rigido sulle questioni territoriali. Nel 56 le crisi internazionali di Suez e dell’Ungheria fecero concentrare l’attenzione diplomatica delle maggiori potenze su altri scacchieri. Intanto altri tre paesi ottennero il parere favorevole del Consiglio di sicurezza per essere ammesso all’Onu. Il31 luglio 1956 erano nel frattempo ripresi a Mosca i negoziati bilaterali sovietico-giapponese che sin dal principio trovarono il loro ostacolo principale nei problemi territoriali. La questione provocò un acceso dibattito nel governo e nell’opinione pubblica del Giappone e una forte presa di posizione di Dulles che ammonì Tokyo a non fare concessioni a terze potenze. Il 19 ottobre venne firmata la dichiarazione sovietico-giapponese sulla cessazione dello stato di guerra tra i due paesi. Il 12 dicembre avvenne a Tokyo lo scambio di ratifiche che sanciva la normalizzazione dei rapporti nippo-sovietici. Il Giappone divenne così l’80 membro dell’Onu. Queste fasi sono segno di un nuovo periodo che aveva cercato di sviluppare una politica estera cauta e aderente ai suoi interessi nazionali. Si stava entrando in una nuova fase del sistema internazionale e delle dinamiche della guerra fredda e anche una nuova storia dell’Onu. Il sistema internazionale stava attraversando una cruciale fase di transizione e l’Onu iniziava a riflettere in modo più adeguato una realtà internazionale che era profondamente mutata. La sfida ora era di essere più attenti ai paesi del Terzo Mondo. La doppia crisi nel 56 e gli scontri diplomatici mettevano in evidenza sfide della nuova fase internazionale con l’inizio di una coesistenza competitiva e un processo di autonomizzazione politica dei paesi africani. Capitolo 4 Il reinserimento dell’Italia aveva seguito un percorso particolare con l’entrata nelle istituzioni multilaterali del sistema Bretton Woods, con la partecipazione al Piano Marshall e la successiva adesione alla Oece e con l’adesione all’Alleanza Atlantica quale membro originario. Il pieno reintegro del paese era stato poi completato con l’ammissione all’Onu. Il membership deal era coinciso con importanti cambiamenti a livello internazionale, di cui l’espressione maggiore fu il package dea in sede Onu. Il primo decennio dell’Onu era caratterizzato dall’egemonia degli USA e dalla situazione di stallo diplomatico nel Consiglio di sicurezza derivante dall’uso frequente del potere di veto da parte sovietica. I sintomi più evidenti del cambiamento: la conferenza di Bandung, la Conferenza di Ginevra sui conflitti asiatici, il maturare della breve distensione, il trattato di stato sull’Austria che avevano creato un clima diplomatico che aveva favorito membership deal. Premesse della svolta diplomatica nel 60 che fu ritenuto l’anno dell’Africa in seguito all’ammissione di 16 stati africani. A sancire questa nuova fase venne approvata dall’Assemblea generale la risoluzione sulla concessione dell’indipendenza ai paesi coloniali. Stava mergendo la nuova rilevanza delle dinamiche Nord Sud. Rimaneva ancora sospesa la questione della Mongolia alla quale si opponevano Taiwan e USA fino al 1961 quando venne accettata la sua ammissione. Si apre negli anni Sessanta una fase di transizione in seguito alle trasformazioni della Carta dell’Onu che si concluse nella prima parte degli anni 70. I rapporti dell’Italia con l’Onu nel 1960 si erano verificati due fatti: la fine della trusteeship dell’Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia e la nascita dello stato somalo indipendente, in secondo luogo l’iscrizione della questione altoatesina nell’agenda dell’Onu su richiesta dell’Austria che divenne il tema centrale. La fine dell’Amministrazione chiudeva un capitolo importante di storia della presenza dell’Italia in Africa. Le priorità dell’Onu cambiarono molto lungo il corso degli anni, ora divenne la rivolta contro il colonialismo, ma anche problemi strutturali e di funzionamento. Queste novità alimentano il dibattito sulle future prospettive dell’Onu. Iniziò ad emergere l’ipotesi di una revisione in base all’articolo 109 attorno al 44-45, quando si intensificò l’antagonismo Est-Ovest. L’articolo proponeva di eliminare il diritto di veto dei membri permanenti cosa che si sarebbe scontrato le posizioni e gli interessi di questi paesi. La seconda fase dell’Onu era caratterizzata da due elementi: gli adattamenti operativi del sistema Onu al mutare del quadro internazionale e le proposte di revisione in base all’articolo 108 della Carta. Il primo elemento era espressione della flessibilità nell’attuazione della Carta dell’Onu, il secondo elemento invece scaturiva dalla rigidità della Carta dell’Onu e dalle previste procedure di emendamento e revisione che rispetto alla impegnativa conferenza generale prevista dall’articolo 109 trovavano uno strumento più flessibile negli emendamenti parziali alla Carta in base all’articolo 108. Il dibattito verteva attorno alle funzioni, il ruolo, la composizione e le modalità di funzionamento degli organi principali dell’Onu. Alcune proposte riguardavano il sistema di voto da parte degli stati membri per la crescita dei membri. Era stata avanzata la proposta di rivedere il potere di voto concesso a ciascuno stato e adottare invece un sistema di votazione ponderato he avrebbe consentito di utilizzare nell’Assemblea generale dell’Onu criteri analoghi al modello di gestione delle istituzioni finanziarie di Bretton Woods. Altre proposte tese a ridefinire i poteri del Segretario generale. Tra le proposte su questo tema spiccava quella di parte sovietica tendente a ridimensionare le iniziative autonome del Segretario che avrebbe dovuto essere affiancato o sostituito da una direzione tripartita espressione dei tre blocchi di paesi maggiormente rappresentati dall’Onu: quelli occidentali, afroasiatici e del blocco sovietico. Inoltre, si stava diffondendo un esteso scetticismo per l’Onu. Dopo le proposte di riforma dell’Onu che all’inizio degli anni 50 aveva risentito delle tensioni della prima guerra fredda, all’inizio degli anni 60 la questione era influenzata in modo crescente dalla sfida che poneva la politica da adottare verso i nuovi paesi indipendenti, una sfida che riguardava il sistema internazionale in generale e i paesi occidentali in particolare che avrebbe dovuto scegliere tra due alternative: o considerare l’Onu come statica arena di dibattiti o come strumento dinamico. Una sfida che interessava anche la politica estera dell’Italia che doveva contribuire a far prevalere la spinta attiva che avrebbe rinforzato le posizioni occidentali dell’Onu. L’Italia verso le proposte avanzate negli anni 50 dai paesi latinoamericani insieme alle iniziative dei delegati afroasiatici, l’Italia aveva una posizione di cauta attesa verso le ipotesi di revisione generale della Carta in base all’articolo 109. Dopo i nuovi ingressi del 1960-61 all’Onu, il blocco afroasiatico raggiunse la maggioranza semplice nell’Assemblea generale. Ciò contribuì da un lato a far acquisire ai paesi afroasiatici un peso maggiore nel sistema Onu, dall’altro ad accentuare la competizione tra USA e Unione Sovietica per avere maggiore influenza sui paesi del Terzo Mondo. Per quanto riguarda le posizioni diplomatiche dei paesi occidentali accantonati gli orientamenti di critica radicale verso l’Onu, emergevano alcune priorità riconducibili a 4 obiettivi. I primi due, di carattere statico, avevano obiettivi come respingere la proposta sovietica di troika per la riorganizzazione del Segretariato ed evitare l’ammissione del governo di Pechino, gli altri due di carattere propositivo e riguardavano la riforma spontanea che avrebbe trasformato il funzionamento e le competenze dell’Onu in alcuni importanti settori sia le nuove proposte di emendamenti formali della Carta e in quel periodo soprattutto le ipotesi di allargamento dei due Consigli. Questi due obiettivi propositivi erano proiettati verso il futuro, mentre i primi due erano diretti a salvaguardare il periodo precedente. Gli anni 60 sono conosciuti come il primo decennio dello sviluppo. Queste iniziative portarono alla nascita dell’Unctad e dell’Undp, fu all’interno dell’Unctad che si formò il Gruppo dei 77 come principale espressione dei paesi in via di sviluppo. Sotto lo stimolo del processo di decolonizzazione stava crescendo una nuova sensibilità verso e questioni economiche e sociali e le tematiche dello sviluppo, questioni che si affiancavano al compito prioritario delle Nazioni Unite, cioè difendere la pace e la sicurezza internazionale. Anche queste questioni alimentarono il dibattito sulla riforma dell’Onu. Alle considerazioni fatte sopra si devono aggiungere alcune novità avvenite in questo periodo e in particolare il nuovo clima di ottimismo maturato nel 1963 negli ambienti della diplomazia multilaterale che dopo la crisi dei missili a Cuba faceva intravedere un sistema di regole tra paesi occidentali e blocco sovietico in materia di esperimenti nucleari che avrebbero potuto creare un clima più disteso. A Assemblea generale. L’ampliamento dell’Ecosoc venne discusso nella XXVI assemblea dove il Kenya presentò una proposta che annunciava l’allargamento del Consiglio economico e sociale, sponsorizzato da stati africani come Egitto e Nigeria, stati asiatici, il Giappone e Indonesia e Malaysia e membri del gruppo occidentale. La proposta dei 39 fu poi recepita dall’Assemblea generale utilizzando ancora lo strumento della revisione parziale, adottò un nuovo emendamento all’articolo 61 della Carta in base al quale i numeri dei membri del consiglio sarebbe raddoppiato. Quello votato dall’Assemblea nel 1971 era dunque il secondo ampliamento dell’Ecosoc, ma il nuovo emendamento alla Carta presentava alcune novità rispetto alla precedente risoluzione, come la distribuzione geografica del totale dei posti da eleggere da parte dell’Assemblea ossia 14 membri africani, 11 tra stati asiatici, 10 tra latinoamericani 13 tra gli stati dell’Europa occidentale e 6 tra quelli dell’Europa orientale. In base alla rotazione ogni anno l’Assemblea general avrebbe eletto 18 membri dell’Ecosoc. Inoltre rispetto al 1963 era cambiata la priorità assegnata a quei temi in sede Onu e queste novità avevano favorito una diversa articolazione del voto nella sessione plenaria dell’Assemblea. Questa volta, inoltre, non vi era alcun termine per la ratifica, ma tale riforma non entrò in vigore. L’Italia in tutto ciò aveva svolto diverse volte il ruolo di conciliatore e si rendeva conto della necessità che l’Onu stesse al passo con le trasformazioni internazionali e che il Consiglio di sicurezza e l’Ecosoc trovassero gli adattamenti necessari a potenziarne l’intervento. In Europa le relazioni internazionali di quel periodo erano intanto caratterizzate dal nuovo clima di distensione, in questo contesto uno dei risultati più rilevanti fu la convocazione della conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa. All’Onu queste nuove dinamiche produssero il venir meno dei veti reciproci e la contemporanea ammissione delle due Germanie. Le ratifiche della risoluzione stavano proseguendo e il nuovo emendamento alla Carta ampliava l’Ecosoc portandolo a 54 membri entrò in vigore nel 1973. Questa era la conclusione di un processo di transizione molto ampio dell’Onu. Dopo le nuove crisi del 73 negli anni 70 quei dibattiti si sarebbero concentrati più sulle questioni che irrigidirono i rapporti Nord-Sud. La discussione sulla riforma del Consiglio di sicurezza e i suoi allargamenti sarebbe entrata nella cosiddetta terza fase di fronte alle nuove sfide emerse dopo la fine del sistema internazionale della guerra fredda. CAPITOLO 5 La questione degli original members dele Nazioni Unite era stata definita alla conferenza di San Francisco e le ammissioni successive avvennero dopo l’entrata in vigore della Carta. Dal 1946 in avanti però il tema della membership by admission si era trasformato in una questione complessa soggetti ai veti incrociati dei Permanent Five del Consiglio di Sicurezza e nella quale si intrecciavano i principali problemi politici internazionali del periodo. I primi dieci anni di storia dell’Onu furono dominati dalla guerra fredda e dal confronto politico tra Washington e Mosca nel Consiglio di Sicurezza e in Assemblea generale. I cambiamenti poi intervenuti nel 1955 e nel 1960 furono il riflesso diplomatico in sede Onu delle trasformazioni intervenute nel sistema politico internazionale andarono a modificare la composizione dell’Assemblea generale. Erano cambiamenti che ponevano problemi strutturali e di funzionamento nuovi e che spinsero a due revisioni della Carta. Dagli anni 60 in avanti il dibattito politico in Assemblea generale e nelle agenzie specializzate si trasferì dai problemi Est-Ovest alle tematiche Nord-Sud. La questione della membership stava entrando in una fase nuova come dimostrò nel 1971 l’entrata all’Onu della Rpc. Questo fu l’inizio delle dinamiche nuove che avrebbero consentito all’Onu di rappresentare con maggiore efficacia lo specchio del mondo. Il processo di globalizzazione della membership Onu è poi proseguito anche dopo la fine nel 1990-91 del sistema internazionale della guerra fredda. Il tema della universalità delle Nazioni Unite e la globalizzazione della membership del forum Onu avevano trovato soluzioni per tappe, ma a lungo le questioni rimasero irrisolte. Di rilievo erano i problemi che riguardavano le 4 nazioni divise, si trattava di tipologie diverse di nazioni divise. In primis c’era il problema della rappresentanza cinese e del suo seggio nel Consiglio di sicurezza, ma significativa era l’assenza di una rappresentanza tedesca al Palazzo di Vetro. Alla questione cinese e tedesca si aggiungeva poi la mancata soluzione del problema vietnamita che aveva posto fine alla presenza coloniale francese in Indocina, nonché la situazione delle due Coree. Non essendosi realizzata la riunificazione vietnamita, nel 1956, l’Unione Sovietica aveva proposto l’ammissione simultanea del Vietnam del Nord e del Sud all’Onu, ma la proposta era stata rifiutata. Tra gli otto stati divisi nel 1970 soltanto uno era membro, Taiwan. Dal 1960 insieme alla centralità della decolonizzazione si era aperta una fase nuova nella vertenza diplomatica sul seggio cinese. La questione della rappresentanza cinese all’Onu si era posta dal 1949 dopo la proclamazione della Repubblica popolare cinese e il trasferimento a Taiwan del governo di Ciang Khai-Shek. Dopo che diversi governi avevano riconosciuto la Rpc ma avevano rifiutato l’accesso da allora il Consiglio di sicurezza non si occupò più della rappresentanza cinese come questione a se stante. Dopo le Conferenze di Ginevra 1954 la questione cinese aveva assunto caratteri nuovi, ma tra Pechino e Wshington rimaneva ostilità. Il tema del seggio cinese all’Onu era un problema irrisolto che alimentava il dibattito all’Assemblea delle Nazioni Unite. Gli USA mantenevano la posizione di non far inserire l’argomento della rappresentanza cinese all’ordine del giorno dell’Assemblea annuale. Nel corso della XVI assemblea negli anni 60 iniziò a delinearsi uno spostamento di voti che intaccava la consistenza del blocco favorevole a Taiwan.
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