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Riassunto "Diritto privato dei mercati digitali", Appunti di Diritto di internet e dei social media

Diritto dell'Internet. Riassunto del manuale "Diritto privato dei mercati digitali" di Alessandra Quarta e Guido Smorto. Comprende i capitoli dall'1 al 6.

Tipologia: Appunti

2022/2023
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Caricato il 04/09/2023

Dragomannus
Dragomannus 🇮🇹

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Scarica Riassunto "Diritto privato dei mercati digitali" e più Appunti in PDF di Diritto di internet e dei social media solo su Docsity! CAPITOLO 1 – Il Contesto Le tecnologie digitali sono innovazioni il cui potenziale si manifesta in più ambiti dell’economia e della società. Si parla infatti di general purpose technologies = tecnologie che producono effetti su diversi campi della società, economia e vita umana. RIVOLUZIONI TECNOLOGICHE NELLA STORIA 1760 – 1840 1870 – 1900 1960 – 1990 *1990 – oggi* Prima rivoluzione industriale Seconda rivoluzione industriale Rivoluzione digitale *Quarta rivoluzione* Industria 4.0 Macchina a vapore Elettricità, acqua corrente, motore a combustione interna Computer, semiconduttori e internet Intelligenza artificiale, machine learning, diffusione capillare di internet e sua mobilità RIVOLUZIONE DIGITALE: epocale passaggio dalle tecnologie analogiche (meccanica, stampa a caratteri mobili) alle tecnologie digitali. ANALOGICO V DIGITALE ANALOGICO DIGITALE Riproduzione per analogia di un segnale. Il disco in vinile riproduce i solchi del suono che vogliono essere uditi. C’è analogia diretta Digit = numero. Il messaggio è tradotto in sequenza numeriche attraverso il sistema binario (sequenze di due numeri, 0 e 1) Non c’è analogia diretta tra il segnale (video) e la sua traduzione binaria (sequenza di numeri). Grandezza che varia con continuità e che può assumere un numero infinito di valori Mentre il segnale analogico può assumere un numero infinito di valori (pennellata di colore su tela), il digitale può assumere solo un numero finito (immagine suddivisa in pixel). Grandezza che varia “a salti” può assumere solo un numero finito di valori Mentre il segnale analogico può assumere un numero infinito di valori (pennellata di colore su tela), il digitale può assumere solo un numero finito (immagine suddivisa in pixel). Tecnica di produzione SOTTRATTIVA e Produzione STANDARDIZZATA (MASS PRODUCTION). Segue il modello di Ford, per cui personalizzare un oggetto equivale a perdere capacità produttiva sugli altri. Tecnica di produzione ADDITIVA e PERSONALIZZATA (MASS CUSTOMIZATION) Codice binario fondamentale perché: è il linguaggio che capiscono i calcolatori (computer), che decodificano queste sequenze numeriche in modo da trasformare questi numeri in forme comprensibili all’utente finale. BIT = unità minima di informazione Un Bit può esprimere un’informazione che può assumere due valori: zero (0) e uno (1). È sufficiente per comunicare info elementari come acceso-spento. Per info più complesse servono più bit. 8 Bit = 1 Byte 1 Byte gestisce ben 256 informazioni (2^8) Aumentando il numero di Bit aumenta la complessità dell’informazione codificata. Si possono codificare info complesse. ASCII – (American Standard Code for Information Interchange) = Codice standardizzato americano per la codifica di informazioni. Attribuisce un numero binario a ogni lettera, carattere, cifra ecc. Es. CANE = 01100011 01100001 01101110 01100101 Per le immagini si usano i Pixel. A ogni pixel corrispondono un numero di bit. Se foto bianco e nero basta un bit (0=bianco; 1=nero). Se immagine ha più colori servono più bit. Es. immagine di 256 colori serve un byte (8 bit). I computer cominciano a fare altre cose oltre che calcoli complessi e usare numeri. Arriviamo alla DIGITALIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI = processo di registrazione, rappresentazione e conversione delle informazioni analogiche in digitale. Trasformazione avviene tramite codifica in bit (0,1), così di consentire ai computer di processarle nel proprio linguaggio. Qualsiasi cosa viene trasformata in sequenze binarie di numeri. La conversione al digitale genera dei FILE in un formato specifico. Economia dei bit (DIGITALE) rispetto a quella degli atomi (ANALOGICA) è un’economia FREE > il costo del trasferimento di un’immagine digitale è irrisorio PERFECT > il la copia trasferita è perfettamente uguale all’originale INSTANT > trasferimento è istantaneo o comunque molto veloce Es libro cartaceo vs ebook. I beni fisici non rispondo a nessuna delle caratteristiche menzionate sopra. Questo processo di produzione è facilitato dalla creazione di specifiche tecniche di compressione attraverso la diminuzione del numero dei Bit per renderlo più leggero all’invio o al salvataggio. Nel 2012 Kodak Fallisce perché non ha tenuto il passo con il progresso digitale e le macchinette digitali. Grazie alla digitalizzazione abbiamo oggi un immenso patrimonio di informazioni in formato digitale. Accanto alla digitalizzazione però dobbiamo ricordare la DATIZZAZIONE = Trasformazione di un’informazione in dato, ossia qualcosa che può essere registrato, analizzato e riorganizzato in base alle varie esigenze. La datizzazione permette di fare CALCOLI su questi dati. Il calcolo è stato reso possibile anche da sistemi contabili per registrare perditi e profitti, come la PARTITA DOPPIA. Le informazioni sono raccolte per poi essere rintracciate e interrogate in modo rapido ed efficace. Un esempio di ciò è il calcolo della latitudine, che ha poi generato il GPS, dati usati in molteplici fronti. X capire datizzazione e digitalizzazione: Google, 2004, digitalizzazione di tutti i libri presenti. Digitalizzazione utile MA poco pratica perché di difficile consultazione. Parliamo di Intelligenza Artificiale INTELLIGENZA ARTIFICIALE (english AI)= insieme di tecnologie caratterizzate dall’abilità di eseguire compiti che normalmente richiederebbero l’impiego dell’intelligenza umana. Idea nasce con Alan Turing, 1950. PRIMA FASE AI: EXPERT SYSTEM Macchine debitamente istruite sono capaci di deduzioni logiche e operazioni molto complesse. Nascono gli expert system = sistemi dotati di istruzioni complesse, nati con l’obiettivo di fornire alle macchine conoscenze specialistiche per eseguire regole e procedimenti tecnici. Automatizzano alcuni processi decisionali che erano riservati fino a quel momento alle persone (dosaggi di un farmaco). MA > Fase pioneristica dell’AI > seguono la logica “if x then y happens”.(APPROCCIO RULE BASED) Si basano su regole predeterminate e non hanno capacità di apprendere nuove funzionalità. COSTI MOLTO ALTI + TROPPE REGOLE DA FORNIRE ALLE MACCHINE SECONDA FASE AI: MACHINE LEARNING Anni 2000 > abbandono dell’approccio rule base (vedi prima fase) verso un approccio di machine learning. Nuovo approccio che non necessita che le macchine siano completamente programmate in tutto e per tutto. I computer, infatti, identificano modelli e prendono decisioni e apprendono dall’’esperienza. Il computer acquisisce info nuove e migliora continuamente e arrivando a risultati per cui non era programmato. Con il machine learning i programmi non si limitano a eseguire le istruzioni, inventano soluzioni e percorsi inediti. TIPO SPECIALE DI MACHINE LEARNING: RETI NEURALI = Tecnologia per l’apprendimento delle macchine basata su modelli ispirati all’architettura della mente umana. Rete neurale è composta da tante unità elementari dette “nodi” o “neuroni artificiali”. Sono connessi uno all’altro, uno strato sopra l’altro. Ogni nodo riceve info dai neuroni dello strato superiore creando così una sequenza verticale. In ciascun passaggio, i nodi attribuiscono ai dati ricevuti un certo peso e valore. Se i dati non raggiungono una certa soglia, vengono scartati e non vengono mandati allo strato successivo. Ulteriore evoluzione AI > deep learning. Grande sviluppo di AI grazie alla massiccia e continua quantità di dati processati dalle macchine. TERZA FASE AI: INTELLIGENZA ARTIFICIALE GENERALE Fino a ora AI si è sviluppata in ambienti precisi e con l’obiettivo di svolgere compiti prestabiliti in settori definiti. Parliamo infatti di intelligenza artificiale specifica “Narrow AI”. SFIDA: Generare un AI GENERALE, attraverso un ragionamento trasversale, per applicare conoscenze e ragionamenti in altri settori. Si vuole emulare la flessibilità e versatilità dell’intelligenza umana. Una seconda sfida è quella di creare un AI in grado anche di comunicare con gli esseri umani e di spiegare le ragioni delle proprie scelte e soluzioni. BIG DATA = Tecnologie e metodi di analisi che si basano sulla capacità di utilizzare grandi quantità di dati per analizzarli e metterli in relazione tra loro per scoprire legami tra essi e ricavarne info utili. CARATTERISTICHE ESSENZIALI DEI BIG DATA – 3V (differenza dalle classiche banche dati) VOLUME > quantità di dati generati ogni secondo. Le organizzazioni raccolgono dati da diverse fonti, tra cui transazioni commerciali, dispositivi intelligenti (IoT), apparecchiature industriali, video, social media e altro ancora. VELOCITA’ > con cui sono generati e trasmessi. con la crescita dell'Internet delle Cose, i flussi di dati verso le imprese devono essere gestiti in modo tempestivo e a una velocità senza precedenti. VARIETA’ > I dati sono disponibili in tutti i tipi di formati, dai dati strutturati e numerici nei database tradizionali, ai documenti di testo non strutturati, e-mail, video, audio, dati di stock e transazioni finanziarie. Servono quindi tecniche di gestione e analisi, acquisizione, memorizzazione molto più sofisticate dei comuni database. Nasce così INTERNET DELLE COSE (internet of things) = Rete di oggetti fisici nei quali sono integrati dispositivi elettronici dotati di sensori e gestite tramite appositi software, tali da consentire a questi oggetti di connettersi in rete, raccogliere e scambiarsi dati, estendendo così la portata di internet oltre gli apparecchi elettronici comunemente connessi alla rete a tutti gli oggetti fisici che compongono la nostra quotidianità. Nasce così il mercato degli smart objects. Tutti i dati, una volta aggregati, diventano fonte preziosa di informazioni utilizzabili per diversi scopi. DA QUANTITA’ DI DATI A QUALITA’ DEI DATI Vediamo i cambiamenti nelle forme della conoscenza generati dai big data rispetto al passato: 1. Oggi Per osservare un fenomeno abbiamo più dati (rispetto al passato più semplicità nella raccolta di dati e studio) 2. Tanti più dati si usano, meno i singoli dati devono essere precisi. Una maggior quantità di dati permette di analizzare tutte le varianti, anche quelle meno precise, perché si punta sulla quantità più che sulla qualità (vs utilizzo di pochi dati ma precisi) = risparmio di tempo ed energie. 3. Passaggio da struttura “causa-effetto” a correlazione statistica. I big data non spiegano la ragione per cui un certo evento si sia verificato, ma stabiliscono solo una correlazione statistica, senza indicare le ragioni sottostanti. 4. Potenziale di utilizzo dei big data: non essendo legati a un modello causa-effetto, i big data possono essere riutilizzati in maniera illimitata. Nell’economia digitale i dati sono il fattore della produzione più importante: Merce preziosissima , come il petrolio. Mutamento a cui non è corrisposto un’adeguata elaborazione di strumenti adatti a definire in modo affidabile e condiviso il valore economico di tali beni. MA si pone il problema di protezione degli individui: se per raccogliere dati devo analizzare tutto e tutti, si crea una dicotomia tra controllore e controllato che mina la privacy dei singoli individui. BLOCKCHAIN = Tecnologia basata sull’impiego di un sofisticato sistema di crittografia attraverso il quale è possibile creare un sistema di archiviazione sicuro, verificabile e permanente di tutte le transazioni avvenute tra gli utenti di quella rete. Utilizzo di un sistema di crittografia ASIMMETRICO su due chiavi: una per la codifica del messaggio e una per la sua decodifica. Grazie alla crittografia si garantisce la sicurezza delle transazioni attraverso una chiave segreta che cifra il messaggio e lo rende illeggibile a chi non possiede quella chiave. Il primo e più noto caso di impiego della blockchain è stato Bitcoin (Satoshi Nakamoto). Bitcoin moneta virtuale il cui valore non è garantito da un’entità statale che fa da garante, ma il suo valore è determinato in virtù della legge della domanda e dell’offerta. Funzionamento blockchain: Ci si è presto resi conto che blockchain è utile si per i bitcoin ma in tantissimi altri ambiti: passaggio di azioni e titoli, contratti, votazioni online. Il vantaggio di blockchain è che è un sistema autonomo, decentralizzato e senza un intermediario. Anche per smart contracts: Sono accordi registrati dalla rete che si eseguono da soli senza bisogno dell’interazione umana al verificarsi della condizione stabilita. Blockchain consente la creazione di un grande registro privo di un’autorità centrale, diventando un sistema sicuro, verificabile e permanente. Blockchain diviene così il candidato naturale a sostituire tutti quei sistemi di registrazione e archiviazione che per il loro funzionamento hanno bisogno di un’autorità centrale. Futuro della blockchain è molto incerto. MANIFATTURA DIGITALE Stampa 3D – esempio di additive manifacturing vs subtractive manifacturing, tipico dei processi industriali classici. Nasce la produzione digitale di oggetti: un oggetto viene disegnato al pc grazie a software come CAD e viene poi stampato. Nasce l’esigenza di governare il rischio (Beck parla di società del rischio) e capire l’impatto di una nuova tecnologia sulla società. COME? Molto difficile! Bisogna valutare il TIPO di rischi e benefici derivanti dall’innovazione: capire quanto un rischio è probabile che si manifesti e la sua grandezza. Rischio + grande ma sporadico, rischio – grande ma costante. Così si possono stabilire criteri per capire se una data tecnologia ha più benefici che rischi o viceversa. MA!! Tecnologia mostra i suoi effetti molto più in la. Gli effetti di una tech non sono mai chiari e completi fin dall’inizio. Se non abbiamo dati certi, come facciamo? Se in dubbio su costi e benefici, come raggiungere a una risposta? Utilizziamo il PRINCIPIO DI PRECAUZIONE (Dichiarazione di Rio, 1992) “in caso di rischio di danno grave o irreversibile, l'assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire un motivo per differire l'adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale”. QUINDI Di fronte al pericolo di effetti irreversibili, una certa innovazione NON deve essere consentita anche quando le possibilità di verificazione dell'evento dannoso siano ridotte. Un rischio anche basso di un danno molto grave non deve essere autorizzato finché non si raggiunga una ragionevole sicurezza sull'impiego dell'innovazione. Nasce inizialmente con riguardo alla tutela dell’ambiente, ma viene applicato a livello transnazionale e nazionale in altri ambiti. Principio ribadito anche dall’UE: - Art 191 par 2 TFUE > precauzione in materia ambientale - Art 114 par 3 TFUE > norma di portata generale MA CRITICHE A QUESTO PRINCIPIO!!!!! Condannare determinante tecnologie solo per il sospetto di conseguenze dannose finisce per non cogliere i benefici potenziali dell’innovazione, e rischia invece di essere una perdita di grandi opportunità in nome di un danno presunto. Si denuncia anche l’uso spregiudicato di questo principio in quelle situazioni di assenza di prove di pericolosità, che vietano una tecnologia solo per fare gli interessi di lobby governi ecc. Critica che va a quelli ordinamenti che impongono di ottenere il placet per la sperimentazione tecnologica. Il principio che si propone è quindi quello dell’INNOVAZIONE SENZA PERMESSO = Le politiche per l’innovazione devono essere ispirate verso la sperimentazione. Solo quando ci sono ragioni precise e adeguatamente circostanziate che evidenziano un probabile danno, allora la nuova tecnologia può essere bloccata. Si auspica così a una deregolamentazione dell’intervento pubblico (brevetti, licenze ecc) per liberare il mercato da strumenti di blocco dell’innovazione. Tali leggi finiscono per essere applicate, in nome della tutela dei consumatori, solo per proteggere chi opera già sul mercato da potenziali nuovi concorrenti. Bisogna affidarsi quindi a rimedi tipici del diritto privato. 2. MORALITA’ ED ETICITA’ Le nuove tech non sono solo questione di vantaggi o svantaggi. Ci sono anche questioni etiche e morali. 2 approcci: 1. VALUTAZIONE UTILITARISTA (USA) Accertato il vantaggio della nuova tech per la società, verificare l’impatto e stabilire il carattere benefico è già risolto nel vantaggio che la tech porta. Diamond v Chakrabarty, 1980 Corte Suprema USA La prevalenza di effetti positivi su quelli negativi è di per sé sufficiente a garantire una certa innovazione. 2. VALUTAZIONE ETICO-MORALE (EUROPA) Spazio per una riflessione su ciò che sia giusto fare e non in nome di considerazioni che esulano da un’ottica di costi-benefici, ma che toccano aspetti di etica e di moralità. Convenzione Europea sui Brevetti, art 53 Eccezioni alla brevettabilità per le invenzioni il cui sfruttamento commerciale sia Contrario all’ordine pubblico e al buon costume. Secondo questa direttiva non sono brevettabili: clonazione esseri umani, modificazione identità genetica, utilizzo di embrioni ai fini commerciali, modificazione identità genetica animali. MA Nuove tecnologie non sempre sotto accusa, tranne per problemi di RISERVATEZZA. Si parla di CAPITALISMO DI SORVEGLIANZA > per i meccanismi di controllo della sfera privata dell’individuo, presenta rischi di libertà per le persone e per la loro autodeterminazione. EFFETTI DELL’INNOVAZIONE L’innovazione ha effetti sul mercato per quanto riguarda: PRODOTTI > Innovazione di prodotto = riguarda un cambiamento significativo nella capacità e funzionalità di beni e servizi tali da differenziarli da quelli precedenti disponibili sul mercato. PROCESSO > Innovazione di processo = cambiamento nei metodi di produzione e consegna di beni e servizi nei processi produttivi, tale da determinare abbattimento dei costi di produzione, alzare l’efficienza o la qualità dei modelli organizzativi. ORGANIZZATIVA > Cambiamenti nell’organizzazione dell’impresa, nella gestione del lavoro e nei rapporti esterni MARKETING > Nuove forme, tecniche di mercato, design di prodotto, packaging, pubblicità e promozione. RAPPORTO TRA MERCATO E INNOVAZIONI: Tesi economiche Schumpeter Stabilisce il ruolo dell’innovazione nella creazione di nuovi prodotti e nuovi processi produttivi. INNOVAZIONE è condizione indispensabile per la crescita, sviluppo economico e produzione di ricchezza. La competizione di un’economia capitalista non passa solo dai prezzi, ma soprattutto sulla capacità di innovare. Innovazione è il vero tratto distintivo dell’economia di mercato. Perché un’impresa tende all’innovazione? 1. Accrescere il proprio vantaggio competitivo 2. Aumentare la propria quota di mercato 3. Difendersi dalla concorrenza agguerrita 4. Nuove opportunità di guadagno INNOVAZIONE può essere - INCREMENTALE Quando i cambiamenti che produce sono costanti e ininterrotti, determinando un miglioramento progressivo di un certo prodotto o processo. - RADICALE Quando l’innovazione determina cambiamenti su scala maggiore. In questa seconda ottica Schumpeter ci parla di distruzione creatrice > processo che ciclicamente porta a ondate di innovazione in cui nuove tecnologie si affacciano all’orizzonte rimpiazzando le precedenti. È una forza che segue l’economia di mercato, ossia un sistema di profitti e perdite. Lo sviluppo economico, infatti, produce necessariamente vincitori e perdenti, per questo utilizziamo quest’espressione distruzione creatrice. Quali sono le condizioni di mercato più favorevoli all’innovazione? Schumpeter > MONOPOLIO > solo l’impresa dominante, quella che ha il monopolio di un settore, può essere l’attrice dell’innovazione. Perché? > innovare è costoso, rischioso, aleatorio, lento e faticoso. Solo grandi imprese con posizione di forza possono sostenere i costi e i rischi dell’attività di ricerca e di sviluppo. La posizione di monopolista permette anche il ritorno economico degli investimenti. VS Arrow > CONCORRENZA > l’innovazione ha maggiore spazio in mercati caratterizzati da un buon grado di concorrenza. Non solo a grandi aziende con monopolio. QUINDI TESI INTERMEDIA a U rovesciata: è la PRESSIONE COMPETITIVA a spingere le imprese a innovare per avvantaggiarsi alla concorrenza. MA questa pressione deve essere MODERATA, altrimenti, l’inasprimento della competizione diventa così forte da risolversi in un disincentivo all’innovazione. La propensione a investire diminuisce quando la concorrenza è particolarmente aspra e quando una posizione monopolistica è troppo intensamente protetta. Ultimo orientamento: non è possibile offrire soluzioni definitive alla questione. Dipende da caso. ATTORI DELL’INNOVAZIONE L’ATTORE principale dell’innovazione sono le IMPRESE !! Si passa da un’ottica di innovazione individuale a un’ottica di innovazione collettiva. Pensiamo ai patti di non concorrenza = patti per cui a un lavoratore è vietato andare a lavorare per altri per un determinato periodo di tempo. Tale norma è ok se riteniamo l’innovazione in maniera individuale, perché si ha paura che conoscenze acquisite vengano sfruttate altrove, ma ha meno senso se pensiamo alla tecnologia come strumento per il beneficio della collettività. Un sistema giuridico che scoraggi le creazioni di patti di non concorrenza sarebbe più efficiente. QUINDI – la scelta di determinate norme giuridiche dipende dall’approccio che viene preso: atomistico (individuale) o collettivo. REGOLARE LA SFERA DIGITALE Internet inizialmente viene visto come un luogo libero da leggi, controlli e viene inteso come espressione di autonomia e libertà massima dell’individuo (cyberlibertarianism). Perché internet veniva visto come uno spazio sovrano al riparo da attacchi di governi e poteri? 1. Era molto difficile sapere chi faceva cosa e dove! V mondo reale. Di conseguenza, era molto difficile poter pensare di applicare le stesse regole del mondo materiale al mondo virtuale. MA! Credenza sfatata. Si pensava che l’impenetrabilità della rete fosse intrinseca, quando in realtà essa era una costruzione dell’uomo e quindi modificabile. Per poter regolare, bisogna quindi identificare: CHI, COSA, DOVE IDENTIFICAZIONE DELL’ UTENTE (CHI) - IP > sequenza di numeri assegnata a ciascun computer durante la navigazione. IP non rileva identità dell’utente, ma il computer. Però da lì è possibile arrivare all’account personale di chi sta usando internet. - COOKIES > file di piccole dimensioni che un web server immette nel computer e nei dispositivi durante la navigazione. Nasce con obiettivi commerciali per seguire l’utente nel procedimento di acquisto e nella navigazione web. - CLOUD - BACK-UP dispositivi - SOCIAL NETWORKS - Credenziali richieste da siti per accedere ai contenuti IDENTIFICAZIONE DEGLI USI (COSA) Protocollo TCP/IP non permette di vedere cosa succede in rete. MA > 2014, HTLM5 Integra nel browser la possibilità di esaminare il tipo di contenuti che vengono trasmessi attraverso la rete. Permette anche il blocco di alcuni contenuti (es. non usare google al lavoro ma solo la pagina dell’azienda) Questa tendenza di controllo contenuti si è amplificata nel settore della telefonia mobile. IDENTIFICAZIONE DEL LUOGO (DOVE) È resa possibile grazie agli indirizzi IP. La geolocalizzazione ha avuto due principali conseguenze in rete: GEOBLOCKING: bloccare l’accesso a determinati siti, rifiutare pagamenti proveniente da certe aree geografiche (es. vedi esempio Cina). GEOFILTERING: non consiste in un blocco totale del contenuto, ma in un blocco parziale, arrivando così a stabilire condizioni diverse per le persone sulla base del luogo in cui l’utente si trova (vedi Apple – non si possono comprare iphone sul sito Apple.usa). Questa pratica è considerata illegittima dall’UE ex art. 10 TFUE. Viene regolata con 2018/302 > limita la possibilità di bloccare gli acquisti transfrontalieri, perché discrimina. SICUREZZA IN RETE - 1994 Communications Assistance for Law Enforcement Act > impone che i sistemi siano progettati anche per essere sorvegliati - 2001 Patriot Act, USA > pensato per contrasto al terrorismo: > la rete DEVE garantire la possibilità di svolgere indagini senza che l’anonimato favorito dalla sua stessa architettura possa essere di ostacolo. Ciò significa obblighi di trasparenza e comunicazione per la tracciabilità dei comportamenti e delle comunicazioni nella rete. Dalla combinazione di esigenze commerciali e ragioni di sicurezza si realizza, una convergenza di interessi che ha profondamente modificato la struttura della rete. COME REGOLARE I MERCATI DIGITALI Cyberlaw – termine molto contestato. Diritto e tecnologia sono due creazioni sociali diverse, ognuna delle quali si sviluppa in modo autonomo e indipendente dall’altra. Approccio classico: verificare le ricadute dei comportamenti digitali nei diversi ambiti del diritto, seguendo le classiche partizioni giuridiche. MA CRITICA! Nel digitale, fondamentale è la struttura delle reti, ovvero l’architettura. Essa infatti si autoesegue, mentre una norma che vieta l’accesso può essere violata. Voler attraversare un muro invece, è di per sé cosa “impossibile”. A governare le reti sono quindi quelle forme di limitazione dei comportamenti che derivano dalla strutturazione dello spazio virtuale. Barriere virtuali che sono efficaci quanto quelle fisiche. Il codice informatico, infatti, stabilisce come e se accedere un file attraverso password. (i mercati digitali, dunque, hanno la capacità di autoregolarsi perché è l’architettura stessa che funziona anche come filtro vs mondo reale). Lo strumento più efficace di regolazione delle tecnologie digitali non è quindi il diritto in senso stretto, ma sarà il CODICE INFORMATICO. Esempio: Digital Rights Management (DRM). Programma informatico attraverso cui è possibile fissare cosa si possa e non si possa fare. Sarà quindi il codice installato nel file a decidere e stabilirne le condizioni d’uso. - 1998 Millenium Copyright Act USA Proibisce per legge la creazione, distribuzione di programmi volti ad aggirare le restrizioni imposte attraverso il DRM. - 2001/29 CE Gli Stati membri prevedono un'adeguata protezione giuridica contro l'elusione di efficaci misure tecnologiche da persone consapevoli o che si possono ragionevolmente presumere consapevoli di perseguire tale obiettivo. Questo caso dimostra come gli strumenti più efficaci per regolare la sfera digitale non sono le norme di legge emanate dal legislatore, MA l'adozione di tecnologie digitali che innalzando barriere virtuali rispetto a ciò che è possibile e ciò che non lo è, governano i comportamenti individuali in modo incisivo e diretto. FALLIMENTI E REGOLAZIONI (Intervento pubblico) Teoria dell’Interesse Pubblico Quando i mercati smettono di funzionare, bisogna intervenire. Altrimenti rischio di sovraproduzione e abbassamento degli standard. MA intervento pubblico solo per ragioni di EFFICIENZA > altrimenti rischio di alterare le leggi di domanda e offerta. Il diritto privato non può farsi carico delle disuguaglianze sociali. È auspicabile un intervento tramite sussidi/prelievo fiscale. Ogni volta che si verifica uno dei seguenti fallimenti (vedi sotto), è auspicabile l’intervento dello Stato. 1. RAZIONALITA’ INDIVIDUALE Il libero mercato produce i suoi effetti virtuosi solo quando l’uso delle risorse è il frutto di scelte libere e consapevoli di agenti economici individuali. Quando si verificano SCOSTAMENTI DI RAZIONALITA’ > il contratto non è espressione della libera volontà individuale e quindi bisogna intervenire sullo scambio, stabilendo l’inefficacia dell’accordo o prevedendo altri strumenti a presidio della volontà individuale. Questo accade nel caso di interdetti, minori, incapaci, manipolazione della volontà. ➢ NEI MERCATI DIGITALI: influenzare i comportamenti degli utenti con pubblicità mirate derivante da ll’attività di profilazione degli utenti 2. ASSIMETRIE INFORMATIVE Affinché un mercato funzioni > chi vi opera deve avere info sufficienti per valutare correttamente le condizioni di scambio (es. conosce le caratteristiche del bene). È necessario che consumatori e produttori siano informati e consapevoli. Ma non sempre avviene ciò perché: A. costoso, B. incentivo a fornire false info ecc. ASIMMETRIA, quindi, avviene quando le conoscenze necessarie allo scambio sono diseguali. È anche difficile distinguere tra beni di alta qualità e bassa qualità. EFFETTI ASIMMETRIA > o Selezione avversa: il mercato può trasformarsi in un mercato dei bidoni (p.68) o Azzardo morale: il soggetto, se non osservato, potrebbe approfittare o agire in modo scorretto nei confronti dell’altro (un fornitore potrebbe dare un servizio più basso) ➢ NEI MERCATI DIGITALI: sistemi di rating e feedback > pericolo di influenzare gli utenti e profilazione 3. ESTERNALITA’ Effetti che il comportamento economico di un agente ha sul benessere di altri soggetti, incidendo sui diritti di quest’ultimi. Es. fabbrica che riversa scarichi tossici della produzione. La fabbrica, non pagando i costi di smaltimento, non si rende conto dei danni che produce. ➢ NEI MERCATI DIGITALI: o Confini tra impresa e lavoro > pericolo di scarico improprio dei costi sugli utenti o Rischio di esternalità > nascita di un’economia di non professionisti (Airbnb, ridesharing) > tirannia delle piccole decisioni = un piccolo numero di decisioni cumulativamente generano un risultato negativo. Bisogna sicuramente velocizzare i tempi della legge, affinché la legge possa favorire l’innovazione con regole adeguate al cambiamento. PERO’ – REGOLAZIONE è SOLO UNA DELLE TANTE POSSIBILITA’: = MODALITA’ SPERIMENTALI Come ad esempio una normazione temporanea, con clausole di durata, soggette a revisione ciclica, in modo da poterne verificare il funzionamento e la persistenza alla luce delle evoluzioni. Oppure Normazione per principi flessibili e generali, per stabilire regole di durata temporanea e soggette a revisione periodiche, e procedere per approssimazioni successive nella definizione di un quadro normativo complesso. OPPURE AUTOREGOLAMENTAZIONE Tramite sistemi di regole creati dagli stessi destinatari delle norme. Comprende anche modalità molto diverse di esercizio della normazione da parte del soggetto privato: organismi spontanei, associazioni ecc. Le declinazioni di questa autoregolamentazione riguardano - Meccanismi di adesione - Poteri riconosciuti nel creare e attuare regole - Grado di autonomia - Vincolatività delle regole private Qui non è il pubblico che regola il privato, ma il privato regola un altro privato. Perché questa idea di autoregolamentazione? 1. Difficoltà per il soggetto pubblico di dare regole adeguate all’innovazione: il pubblico non ha il bagaglio esperienziale e necessario a definire regole appropriate 2. La responsabilità in capo ai privati è minore se ci sono leggi pubbliche che limitano la responsabilità. Se invece parliamo di autoregolamentazione, la totale responsabilità cade in capo a loro. MA > dubbi > rischio di favorire gli interessi particolari degli stessi soggetti della normazione! Nel mondo tech c’è un forte interesse verso questo tipo di autoregolazione: 1. Il successo di un prodotto deriva dal buon funzionamento dello stesso. C’è interesse nella riduzione dei rischi e di un mercato sicuro 2. I privati sono più a contatto con l’utente. Possono così stabilire regole più efficacemente ed economicamente rispetto al soggetto pubblico. ATTUAZIONE DEI DIRITTI Agli inizi di internet – diffidenza da parte dei consumatori, non ci si fidava. Perché? Mercato globale = non era possibile confidare in regole comuni e in un unico giudice per la risoluzione di eventuali dispute (vs ordinamento di uno stato con tutti gli strumenti di tutela). Come fare allora? REGOLAZIONE PRIVATA Sono nate infatti iniziative volte alla creazione di strumenti alternativi di risoluzione delle dispute: - ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) > devoluzione delle dispute al giudizio di un arbitro privato. - 2013/524 ODR (Online Dispute Resolution) > istituzione di una piattaforma online per la risoluzione di dispute tra un consumatore e un professionista all’interno dell’UE. Si divide in 3 steps: ➢ Presentazione dell’istanza attraverso un modulo online ➢ Accordo tra le parti per individuare un organismo di risoluzione ➢ Decisione da parte dell’organo Anche altre piattaforme di controllo. Es youtube e airbnb hanno interesse nella risoluzione della disputa per la creazione di un mercato sicuro. Le piattaforme digitali hanno assunto un ruolo fondamentale nel dirimere eventuali dispute. MA problema. C’è imparzialità nella risoluzione delle dispute? Il riconoscimento di una funzione di risoluzione delle controversie deve essere accompagnato da una chiara definizione dei limiti di questa azione e delle forme di responsabilità legate all’esercizio e al rispetto dei principi dell’attività giurisdizionale: - Contraddittorio - Diritto alla difesa - Imparzialità e terzietà del giudice - Chiarezza delle regole - Trasparenza e pubblicità del giudizio - Riservatezza e protezione dei dati personali Altro Problema: algoritmi Sistemi automatizzati che sfruttano l’AI. Stabiliscono quando e se si sia realizzata una violazione della norma. MA POCA TRASPARENZA!! Manca spesso la possibilità di revisionare la decisione. Gli algoritmi possono infatti anche cancellare l’account. Esistono standard? Gran casino Ma DIRETTIVA COPYRIGHT 2019/790/UE Per esserci violazione del diritto d’autore bisogna che ci sia: - accertamento del grado di originalità dell’opera e somiglianza - verificare se l’uso è permesso ecc. MA allo stato attuale – intelletto umano e capacità di giudizio è migliore delle macchine IL MONITORAGGIO DEI COMPORTAMENTI Elemento fondamentale per un mercato efficiente: FIDUCIA Come far si che il consumatore si fidi di uno sconosciuto sul web e acquisti un prodotto o servizio? Parliamo di SEGNALI > bisogna comunicare alla controparte la possibilità di fidarsi del proprio servizio = di essere persone/imprese affidabili. Gli unici segnali credibili sono quelli INIMITABILI e INALTERABILI. Altrimenti se io dico di essere affidabile senza dei fatti, non sono credibile. Vediamo esempi: - Estensione su base volontaria della garanzia > estendo la garanzia solo se so che il mio prodotto non si guasta, altrimenti diventerebbe costoso se avessi un prodotto di scarsa qualità ripagare tutti. - INTERVENTO PUBBLICO > le norme possono imporre il rispetto di determinati standard così che il consumatore si possa fidare (es. standard igienico sanitari) - INTERVENTO PRIVATO > certificazioni volontarie, agenzie di rating, marchi commerciali, qualificazioni professionali. Questi sistemi possono essere: ➢ Realizzati dagli attori dello scambio > associazioni di categoria, consorzi di qualità, organismi di autoregolazione ➢ Realizzati da terzi > sistemi di accreditamento e certificazione volontaria, agenzie di rating, associazioni di tutela dei consumatori Il tutto si basa sulla REPUTAZIONE – una buona reputazione è sinonimo di affidabilità SISTEMA REPUTAZIONALE = struttura informativa che aggrega e diffonde dati relativi alla reputazione individuale entro un certo contesto di riferimento, con la funzione di offrire indicazioni utili alla conclusione degli affari e di favorire la creazione di fiducia nel mercato. Es. Tripadvisor, sistemi di feedback. PRIMA DEL WEB Molto costoso e difficile stabilire questo tipo di sistemi MA con il WEB novità Coinvolgimento degli utenti nell’elaborazione di questi sistemi > PEER REVIEW (monitoraggio tra pari) È efficace perché: - Riduce i costi nella raccolta di informazioni - Maggior accessibilità e trasmissione delle informazioni - È una fonte familiare: ci si fida di più rispetto a info provenienti dall’impresa - Permette il veicolare di opinioni soggettive che i sistemi tradizionali non riescono a fare (dire se qualcosa è alla moda) MA ci sono dei limiti a questi sistemi: - Bisogna raccogliere informazioni accurate e attendibili - Info che devono essere distinguibili in affidabili e inaffidabili - Creare un sistema che funziona a costi ragionevoli I sistemi di rating e feeback incontrano delle difficolta come: Gaming: il problema del gaming, ossia del tentativo di alterare il contenuto di queste info per ottenere vantaggio economico. Protesta: la comunità di utenti può dare cattive valutazioni al verificarsi di un certo evento (rating negativo di un prodotto solo perché il prezzo è aumentato). Quando nasce la rete (web 1.0) le funzionalità erano limitate e il web era in qualche modo statico: utilizzo di posta elettronica, navigazione attraverso motori di ricerca. MA 2000’s > si passa a un web dinamico (2.0) Nasce una nuova architettura basata sulla partecipazione e il coinvolgimento delle persone. Gli utenti cominciano a costruire, scambiare e condividere contenuti e opinioni. Questa partecipazione degli utenti rappresenta il fulcro dell’architettura del web. CROLLA la distinzione tra creatori e fruitori tipica del web 1.0 Nasce Wikipedia v Britannica Nasce Napster (piattaforma P2P per lo scambio di musica) Nascono i social, l’e-commerce ecc. Grazie a Google nasce il sistema di ricerca PageRank che funziona attraverso link. Crea una struttura tale per cui i link che appaiono prima sono i link che sono piaciuti di più e che consistono quindi in un voto da parte della folla. LE PIATTAFORME DIGITALI Parliamo di economia dell’attenzione = la competizione delle imprese si gioca sulla capacità di canalizzare l’attenzione del consumatore tra le mille offerte a sua disposizione. La caduta del vincolo spaziale dell’economia degli atomi ha determinato una semplicità nel comunicare, coordinare e produrre che ha avuto effetti fondamentali sull’organizzazione dell’attività produttiva. La sfida è quindi creare sistemi che inducano gli utenti a partecipare e strutturare la loro interazione in modo tale da costruire valore attorno ad essa. Gode quindi di un vantaggio competitivo l’impresa che riesce ad assicurarsi l’attenzione degli utenti QUINDI Nascono le PIATTAFORME DIGITALI = speciale tipo di impresa che ha lo scopo di consentire agli utenti del web di interagire tra loro grazie a un’interfaccia tecnologica. Svolgono la funzione di INTERMEDIARI tra utenti come venditori e compratori. Es. Amazon mette a contatto fornitori e clienti agendo da intermediario. L’attività di queste piattaforme è descritta con il termine MERCATI BILATERALI = mercato dove la piattaforma digitale svolge la funzione di intermediario fra due o più gruppi di agenti economici, con lo scopo di mitigare i problemi di coordinamento tra domanda e offerta. Prima del digitale questo modello era presente con le carte di credito, agenzie immobiliari, pagine gialle ecc. MA con il digitale queste piattaforme diventano il modello di organizzazione di gran lunga prevalente. TIPI DI PIATTAFORME 1. PIATTAFORME DI PUBBLICITA’ ➢ Motori di ricerca ➢ social network Raccolta di info e dati sugli utenti che utilizzano la piattaforma. Profilazione degli utenti e successiva proposta di beni e servizi. Modello molto efficace. 2. PIATTAFORME DI SERVIZI ➢ Piattaforme di Streaming: offrono un servizio on-demand sotto pagamento di una sottoscrizione ➢ Software: non viene più venduto il software in un’unica soluzione e immodificabile (software prodotto) ma viene venduto un software servizio, ossia un software che viene aggiornato costantemente dietro pagamento di una sottoscrizione. ➢ Cloud: possibilità di noleggiare uno spazio virtuale di archiviazione dati (vs Hard disk e chiavette usb) ➢ IoT: (internet of things) anche se agli albori, permette di trasformare ogni bene fisico in servizio. Cambia anche il modello di remunerazione, che non deriva più dalla vendita del bene ma da sottoscrizioni e abbonamenti per il servizio o singola fruizione (on demand). 3. PIATTAFORMA DI E-COMMERCE Intermediazione per l’incontro di domanda e offerta di un bene. Vengono creati strumenti come sistemi di feedback e rating per la creazione di un clima di fiducia sul mercato, affiancato da altri servizi come sistema di pagamento, logistica e consegna e altro ecc. Esempi sono amazon, ebay. 4. PIATTAFORMA DI SHARING ECONOMY Condivisione di beni economici che non vengono sfruttati appieno dal proprietario: seconda auto, stanza degli ospiti, seconda casa, posti letto ecc. In alternativa all’acquisto e al consumo proprietario, si forma un modello di accesso temporaneo. ➢ Car sharing ➢ Toy library ➢ Vestiti ➢ Airbnb In questo modo, l’intermediario non possiede niente, ma mette in contatto privati che possono offrire un bene a consumatori che cercano quel tipo di bene. Tuttavia: dibattito, perché esternalizzazione è portata alle sue conseguenze più radicali. Lavoratori, capitale, costi di mantenimento e dei beni sono tutti in capo al proprietario effettivo e l’azienda fa solo da intermediario. La transizione dall’impresa tradizionale (in cui raccogliere i dati è molto difficile) a un modello di piattaforma (dove i dati sono il nuovo oro) costituisce una tendenza in atto sui mercati. PRODUZIONE COLLABORATIVA (1) e sua allocazione (2) (1) È una particolare trasformazione dell’organizzazione produttiva per cui una comunità di soggetti non legati tra loro, con motivazioni diverse e spesso non economiche, offre volontariamente il proprio contributo alla definizione e compimento di un progetto finalizzato alla creazione di beni comuni in un regime aperto di accesso alle risorse. Esempi: Linux, Wikipedia, Arduino. Cosa assurda: questi sono stati creati senza coordinamento e controllo centralizzati. MA? Sarà efficace? Si – è il singolo che decide su cosa lavorare = auto distribuzione del lavoro: identificazione della creatività individuale > Questo metodo è ok in un clima di certezza MA NON è OK in un clima di insicurezza rispetto a chi possiede determinate competenze. Chi è affidabile? (2) E sua Allocazione Possibilità di collaborare con centinaia di individui = ottima potenzialità che supera anche la capacità produttiva di un’azienda. Identificazione e allocazione dei contributi individuali va di pari passo con l’abbattimento dei costi del capitale fisico e l’accresciuta centralità del fattore umano di tipo creativo. Siamo passati da un sistema analogico ad alto capitale fino a uno sistema digitale a basso capitale. Quando il capitale fisico è basso la risorsa più importante è la creatività umana. Il modello collaborativo è molto competitivo se messo in relazione agli altri sistemi. Perché una persona collabora? - Motivazioni estrinseche: ricompensa in denaro, premi ecc. - Motivazioni intrinseche: puro piacere di compiere l’azione in questione Le persone sono disposte a contribuire volontariamente e in assenza di un ritorno purché il contributo richiesto sia sufficientemente piccolo da non imporre un sacrificio eccessivo = collaborazione è OK quando i costi non sono così elevati Un progetto ha tante più probabilità di successo quanto più limitati siano i contributi richiesti = meno lavoro al singolo e meno motivazione necessaria. MAA!! In alcuni casi offrire una remunerazione ha un effetto opposto: es. donatori di sangue. IMPRESA SU BLOCKCHAIN: SMART CONTRACT e DAO’S Grazie alla blockchain possiamo concludere transazioni tra nodi della rete = SMART CONTRACT = accordi tradotti in codice informatico e registrati sulla blockchain che si eseguono automaticamente al verificarsi delle condizioni stabilite dalle parti e riprodotte nel codice. !! il modello degli smart contract può riguardare solo accadimenti verificabili dal computer (es. download file). Grazie a questi smart contract è possibile dare vita a Distributed Autonomous Organization (DAO) = Organizzazioni di impresa gestite automaticamente attraverso una blockchain. Sono organizzazioni le cui attività vengono eseguite automaticamente da computer all’interno della catena di blocchi che compone la blockchain (pagare fornitori, raccogliere fondi, distribuire i profitti ecc). Per farle operare basta fissare regole di funzionamento di base e distribuire il potere deliberativo sui diversi soggetti chiamati a decidere si ciascuna questione, stabilendo che una data azione si realizzi solo quando sia stata approvata da un certo numero di essi. MA – in civil law contratto e impresa sono separati QUINDI questo modello è più comprensibile in COMMON LAW, che concepisce l’impresa come una rete di contratti (NEXUS OF CONTRACT) conclusi con diversi soggetti, attraverso i quali si governano la produzione e l’attività di impresa. MA – si apre la questione su personalità giuridica e identificazione del soggetto responsabile Generalmente si ritiene che la società di persone (general partnership) sia quella più in linea. MA Mondo digitale ha cambiato gli equilibri: la tecnologia, infatti, può migliorare l’efficienza dei mercati ma può anche portare minacce Es. Caso Internet Explorer: Microsoft installa Internet Explorer su tutti i computer. Altri produttori di browser si lamentano perché dicono che è un atteggiamento monopolista e che rischia di essere sleale. Giudice da torto a Microsoft e impone che la società venga divisa in due. Una per la commercializzazione dei sistemi operativi, l’altra per le applicazioni. Caso simile: Media Player e Microsoft 2004. Viene data la colpa ancora a Microsoft. QUINDI > emergenze una tendenza monopolista grazie alle nuove tecnologie: basti pensare ai motori di ricerca (Google) E-commerce (Amazon) Social Network (Facebook). Questa tendenza è dovuta da due fattori - A. Esternalità di rete - B. Economie di scala A. ESTERNALITA’ DI RETE = aumento di utilità che il consumatore deriva dalla fruizione di certi beni e servizi all’aumentare del consumo del medesimo bene o servizio da parte di altri consumatori. (con un maglione questo non accade – lo compro, lo uso e fine) MA Telefoni: se sono l’unico ad avere un telefono, non ho utilità nell’utilizzarlo. Più persone hanno il telefono più il mio dispositivo diventa utile. Stessa cosa con i social. Il valore è tanto maggiore quanto più sono quelli che utilizzano la piattaforma. ➢ ESTERNALITA’ INCROCIATE L’utilità individuale derivante dal consumo di un determinato bene o servizio non aumenta con il consumo di quello stesso bene, ma aumenta all’incrementare dei soggetti che operano sull’altro versante della piattaforma (più hosts ci sono su Airbnb, più quella piattaforma sarà utile per me). Tuttavia, non parliamo solo di utenti finali. Una piattaforma (Booking) per essere competitiva deve attirare sia utenti che albergatori. Se gli utenti vengono attirati dal numero di albergatori, gli albergatori vengono attirati dalla possibilità di vendere il loro servizio a un pubblico vasto. Esistono delle variabili: 1. Flessibilità della domanda: una domanda è flessibile se all’aumentare del prezzo si perde una percentuale di clienti; una domanda è rigida se all’aumentare del prezzo non ci sono scostamenti nella domanda. Grazie alla flessibilità della domanda è possibile individuare chi è più o meno disposto a rinunciare al servizio. 2. Costi di uscita Costo di abbandonare una piattaforma a favore di un’altra. Sembra semplice nel mercato digitale cambiare piattaforma (the competition is one click away) ma per ovviare a questo problema, le piattaforme hanno reso difficile e costoso abbandonare i servizi (sistemi chiusi – Apple). Si alzano inevitabilmente i costi di passaggio da una piattaforma a un’altra. B. ECONOMIE DI SCALA Indica una particolare relazione, tale per cui un aumento nella scala della produzione provoca una diminuzione del costo medio unitario di produzione. Questi rendimenti si verificano in molti mercati digitali per due ragioni fondamentali: - COSTI FISSI La presenza di alti costi fissi prevede che all’aumentare della produzione diminuisca il costo medio unitario del prodotto - DATI COME VANTAGGIO COMPETITIVO La qualità di molti servizi offerti dipende in primo luogo dalla quantità di dati a disposizione La struttura di questi mercati bilaterali comporta che la flessibilità della domanda di ciascun gruppo di utenti condiziona le strategie competitive delle piattaforme e la loro politica sui prezzi. le piattaforme godono di un altro vantaggio: la LEGGE DEL PREZZO UNICO In termini generali, la legge del prezzo unico afferma che in mercati competitivi, in assenza di costi di trasporto e di altre barriere commerciali (come i dazi doganali), beni identici venduti in paesi differenti devono avere lo stesso prezzo, espresso in un'unica valuta. tale vantaggio si realizza quando una piattaforma si apre ai contributi esterni arricchendo così il proprio ecosistema. Es. mercato delle app. per un consumatore: più app = più valore QUINDI Più app gratis = più il produttore di telefono guadagna perché c’è più richiesta di telefoni, richiesta data dal mercato delle app. La LEGGE DELL’UNICO PREZZO ha importanti conseguenze 1. Aprirsi a contributi esterni può creare un vantaggio competitivo considerevole 2. mantenere il controllo dei contributi per evitare che la qualità del prodotto finale non risulti compromessa da questa apertura 3. assicurarsi di mantenere alto lo standard complessivo del prodotto è necessario un equilibrio tra l’apertura a contributi esterni e controllo dell’intero ecosistema es. Apple – inizialmente il mercato dell’App store era solo di sua produzione, poi si è aperto. Però ha mantenuto saldo il controllo sull’ecosistema complessivo. altra scelta strategica: INTEROPERABILITA’ = adozione di standard comuni tra piattaforme tale da consentire all’utente di operare su più piattaforme. Carte di credito e app: non esiste interoperabilità (non posso installare app ios su android, non posso usare una visa in un negozio che accetta mastercard). MA esiste interoperabilità nel settore della telefonia (garantito per legge). Una persona che ha vodafone può chiamare una persona che ha Tim. BIG DATA E CONCORRENZA Questione della rilevanza dei dati nelle dinamiche concorrenziali: può il trattamento dei dati essere considerato una questione di concorrenza? Vediamo alcune decisioni della Commissione Europea: 1. Google/DoubleClick, 2008. Fusione delle due società. Fusione autorizzata sulla base di quanto deciso dalla Federal Trade Commission (USA). La privacy degli utenti non è pregiudicata perché tutelata da altre normative. La combinazione dei dati delle due aziende non avrebbe creato pregiudizio per la concorrenza. 2. Microsoft/LinkedIn, 2016. Fusione delle due società. Fusione autorizzata perché operano in mercati separati. Una concentrazione così alta di dati non crea danno per la concorrenza, anzi benefici perché migliorerebbe l’esperienza degli utenti e e favorirebbe l’innovazione del prodotto. Il rischio di effetti anticoncorrenziali sarebbe scongiurato dal GDPR (gen data prot act). Le questioni di privacy degli utenti non riguardano il diritto della concorrenza. 3. Google/Sanofi, 2016. La fusione potrebbe portare problemi di portabilità di dati (passare da un servizio all’altro). Commissione dice OK a fusione e che il diritto alla portabilità dei dati è garantito da un Regolamento Europeo. Privacy non è inclusa nel diritto della concorrenza. 4. Facebook/WhatsApp, 2017. Via libera alla fusione. Non ci sarebbero stati effetti anticompetitivi. Commissione ribadisce distinzione tra concorrenza e privacy. QUINDI – CONCLUSIONI - I dati possono essere presi in considerazione come parametro rilevante per la concorrenza; - Le limitazioni di legge all’impiego dei dati vanno cercate nella normativa sulla privacy e non su quella della concorrenza; - Il trattamento dei dati non riveste un peso decisivo ai fini dell'impatto anticoncorrenziale di un'operazione di mercato (questo perché le imprese sono obbligate a rispettare le regole europee sulla protezione dei dati). MA CRITICHE Sottostima dei rischi da parte della Commissione. L'impiego dei dati può determinare l'insorgere di barriere all'ingresso del mercato dando vita a una sorta di intermediario unico in grado di avere l'accesso a una quantità di informazioni senza precedenti. MA > Altri paesi hanno altri approcci: GERMANIA – legge sulla concorrenza: tiene conto di fattori citati sopra tipici dei mercati multilaterali: effetti di rete, costi di uscita, economie di scala ecc. 2019 Autorità della concorrenza tedesca afferma gli EFFETTI ANTICONCORRENZIALI DEI DATI Caso Facebook (raccolta di dati al di fuori di Facebook e combinazione con la stessa, anche quando l’utente aveva disabilitato l’opzione) >> pratica in contrasto con GDPR perché non assistita da un vero e proprio consapevole consenso degli utenti Facebook non potrà più effettuare la raccolta di dati da parti terze combinandoli con quelli in proprio possesso senza il consenso informato dell'utente. Principale punto di interesse: ricadute sulla concorrenza delle violazioni della legge sulla privacy. IN SINTESI: riduzione del rischio di errore umano, rendendo il coordinamento delle azioni tra imprese ancora più efficace e diminuendo il rischio di violazioni degli equilibri competitivi PRIMO ESEMPIO DI APPLICAZIONE DI ALGORITMI PER ACCORDI COLLUSIVI USA 2015, United States V David Tompkins - vendita online di poster tramite uso di algoritmi per determinare il prezzo CGUE (corte di giustizia ue) – 2016. Impiego da parte di un certo numero di agenzie di viaggi lituane di un unico sistema automatizzato di prenotazione che, imponeva vincoli alla possibilità di proporre sconti, limitando la concorrenza sul prezzo. La Corte dice: la semplice esistenza di una restrizione tecnica non è sufficiente a stabilire l'esistenza di un accordo. Non è sufficiente che un algoritmo determini nei fatti una restrizione della concorrenza attraverso l'adozione di pratiche comuni ma, è necessario che i soggetti coinvolti abbiano effettiva consapevolezza dell'effetto di queste pratiche. 2018 – Lufthansa CONCORRENZA E LAVORO MONOPOLIO = il consumatore non ha la possibilità di acquistare un certo prodotto da un concorrente diverso dal monopolista MONOPSONIO = mercato nel quale ci siano molti venditori di un certo bene e un solo potenziale acquirente >> una condizione di potere sul versante della domanda di fattori di produzione anziché sull’offerta, come accade nel monopolio. (??) L’INFORMAZIONE DATI = NUOVO PETROLIO SOFTWARE e INFORMATICA al centro della rivoluzione tecnologica DIESELGATE, 2015 > falsificazione software auto per risultare meno inquinanti. Nessuno si era accorto di niente QUINDI > lacuna nei sistemi di controllo tradizionali rispetto a beni e servizi dell’era digitale. Ulteriore questione: assimetrie informative >> distribuzione e disponibilità delle informazioni Consumatori non più come semplici fruitori, ma come soggetti attivi e produttori di informazioni. Questione sui prezzi dinamici e discriminatori CAPITALISMO DI SORVEGLIANZA Soshana Zuboff – capitalismo di sorveglianza Monitoraggio costante dei comportamenti individuali, sfruttamento dei dati come fonte di profitto del capitalismo contemporaneo. Non solo questione di privacy. Questo modello non si limita a sfruttare i dati per trarne profitto, ma adirittura predirre i comportamenti individuali e influenzarli. QUINDI – LIBERTA’ DI ARBITRIO messa in pericolo, dove le scelte devono essere espressione autentica della volontà individuale. CAPITOLO 4 – IL DIRITTO DEI CONTRATTI Due categorie principali di contratti: A. Contratti che hanno a oggetto la prestazione di uno o più servizi della società d’informazione B. Contratti che hanno a oggetto la prestazione del c.d. “servizio sottostante” B.1 - Contratti che hanno a oggetto un servizio sottostante prestato da un destinatario del servizio di intermediazione; B.2 – Contratti che hanno a oggetto un servizio sottostante prestato dalla piattaforma di intermediazione A. Contratti che hanno a oggetto la prestazione di uno o più servizi della società d’informazione Legge 21 giugno 1986, definizione: Sono quei servizi prestati dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica, e mediante apparecchiature elettroniche di elaborazione e memorizzazione di dati, e a richiesta individuale di un destinatario. Esempi: motore di ricerca, canali di comunicazioni come la posta elettronica, stoccaggio e archiviazione di dati, vendita online di merci, streaming di video e musica, attività di intermediazione. Contratti regolati da D.Lgs. 70/2003 Disposizioni che si applicano a tutti i contratti di questo genere, indipendentemente dal fatto che il destinatario sia consumatore o professionista. Riguarda: - le informazioni che devono essere obbligatoriamente fornite dall’operatore al destinatario - Comunicazioni commerciali - Conclusione del contratto - Responsabilità del provider - Risoluzione delle controversie SE il destinatario è un CONSUMATORE >> si aggiungono norme dell’art 49 (codice del consumo) in materia di “Obblighi di informazione nei contratti a distanza e nei contratti negoziati fuori dei locali commerciali” SE il destinatario è PROFESSIONISTA >> è interamente regolato dalle norme del libro IV del C.C. B. Contratti che hanno a oggetto la prestazione del c.d. “servizio sottostante” I contratti offrono prestazioni offline, come locazione di un appartamento, trasporto di un viaggiatore, preparazione di una cena ecc. Prestazioni solitamente rese possibili grazie a piattaforme digitali che offrono un servizio di INTERMEDIAZIONE Possono essere eseguiti dai destinatari di questo servizio (B1) o dallo stesso operatore (B2) • B.1 Contratti che hanno a oggetto un servizio sottostante prestato da un destinatario del servizio di intermediazione B. Obbligo di informare in merito al recesso del contratto, art 52 codice del consumo. o Può essere esercitato senza giusta causa entro 14 giorni dalla conclusione del contratto o Possibilità di restituzione del bene nei termini indicati ottenendo il rimborso e sostenendo le spese di spedizione C. Art. 51 comma 2: il consumatore deve essere nelle condizioni di riconoscere espressamente che l’ordine effettuato implichi l’obbligo di pagare (attraverso un bottone con scritto pagamento es.). Se non è chiaro, il consumatore non sarebbe vincolato dal contratto od ordine. ACCORDO Art 13 d.lgs. 70/2003 disciplina l’inoltro dell’ordine per via telematica. Si applicano le norme in materia di conclusione del contratto: Quando viene effettuato un ordine, il prestatore deve fornire - un riepilogo delle condizioni generali e particolari - le informazioni relative alle caratteristiche del bene o servizio - info sul prezzo - info sui mezzi di pagamento - info sul recesso - info sui costi di consegna ORDINE = momento in cui il destinatario accetta l’offerta al pubblico effettuata dall’operatore che presta servizi della società dell’informazione (art. 1326 cc) >> le parti si vincolano reciprocamente a eseguire le prestazioni. Inoltro dell’ordine come tecnica negoziale utilizzata principalmente nei contratti di vendita online. MODI DI ACCETTAZIONE DEI TERMINI D’USO DEL SERVIZIO 1. accettazione tramite click – i termini d’uso sono accettati spuntando una casella inserita in corrispondenza di una frase di accettazione del contratto. Esprime l’accettazione del contratto MA problema di identità: se è un minore? Chi c’è dietro al click? 2. accettazione tramite uso del servizio – sono accettati nel momento in cui l’utente inizia a utilizzare il servizio offerto e ciò si verifica con la semplice visualizzazione dei contenuti. Non c’è nessuna spunta. MA esistono numerosi dubbi circa questa pratica poiché i termini d’uso vengono accettati indipendentemente dalla volontà del contraente. REGOLAMENTO CONTRATTUALE E CLAUSOLE VESSATORIE Dal momento che i termini d'uso sono predisposti unilateralmente dall'operatore, c'è il rischio che esso possa approfittare della disattenzione del destinatario, per imporre condizioni del contratto particolarmente gravose. Condizioni generali di contratto (art. 1341 cc) Comma 1: Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle. Comma 2 (clausole vessatorie): Non hanno effetto, salvo approvazione per iscritto, le condizioni che stabiliscono a favore di colui che le ha predisposte: ➢ limitazioni di responsabilità ➢ facoltà di recedere o sospendere l’esecuzione ➢ sancire a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni, restrizioni, tacita proroga o rinnovazione, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria. Queste condizioni che comportano uno squilibrio di diritti e obblighi a danno di una parte e a favore di un’altra vengono definite clausole vessatorie. L’approvazione per iscritto si ha con il sistema della DOPPIA SOTTOSCRIZIONE, che però è rilevante solo nei rapporti *BUSINESS TO BUSINESS*. Ma come garantire questa doppia sottoscrizione? Se CARTACEO: le clausole vessatorie sono isolate dal resto del contratto, in modo che esse possano essere accettate specificamente. Se DIGITALE: due opzioni 1. Introduzione di una “casella da spuntare” MA non può essere equiparato alla firma del contratto, dato che non consente di identificare il destinatario (chiunque può cliccare). 2. Ricorso alla firma digitale Cosa dice la Giurisprudenza: 2 visioni opposte: Tribunale di Catanzaro, 2012 – soltanto la firma digitale può essere equiparata all’approvazione per iscritto, perché identifica chi la appone. Tribunale di Napoli, 2018 – il sistema point and click è sufficiente perché il soggetto ha tempo di leggere le condizioni e perché la firma digitale sarebbe troppo gravosa. Cosa succede nei rapporti *BUSINESS TO CONSUMATORI*? IN EU – Direttiva 93/13/CEE >> disciplina specifica di tutela, ulteriormente modificata da altra direttiva. Prevede che sia applicabile anche nelle transazioni che hanno a oggetto la fornitura di contenuti e servizi digitali. In ITALIA Art 33 comma 1 codice del consumo >> Si considerano vessatorie, quindi nulle, quelle clausole che, malgrado la buona fede della parte che le abbia previste, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Art 33 comma 2 codice del consumo >> lista di clausole che si presumono vessatorie, salvo giustificazione dalla particolare natura del contratto o dalle circostanze del caso concreto. Es. escludere o limitare la resp. contrattuale, modifiche unilaterali esclusive al professionista, decadenze a carico del consumatore, limitazioni, deroghe, inversioni o modificazioni dell’onere della prova ecc. Spesso i termini d’uso dei servizi delle piattaforme digitali riservano a questi soggetti la possibilità di modificare unilateralmente il contratto, senza preavviso o senza ragioni specifiche o in tempi molto ridotti. Questo si accompagna spesso a una presunzione di accettazione a carico dei destinatari derivante dall’uso continuativo del servizio. In molte piattaforme (Uber, Taskrabbit, Airbnb) si trovano clausole come: - Risoluzione del contratto a propria discrezione (della piattaforma) - Sospensione dell’account - Eliminazione di prodotti offerti - Scelta del Diritto applicabile e Foro competente - Clausole compromissorie - Strumenti alternativi di risoluzione delle controversie - Clausole bundling (esclusività d’uso dei servizi della piattaforma) Art 34 comma 4 codice del consumo >> La disciplina della protezione prevista NON OPERA se le clausole vessatorie sono state oggetto di una trattativa individuale con il consumatore. Art 36 comma 2 codice del consumo >> Sono CLAUSOLE SEMPRE NULLE quelle che - Escludono o limitano la resp del professionista in caso di morte o danno del/al consumatore risultante da un’omissione del professionista - Escludono o limitano le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista - Adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto - Prevedono l’applicabilità di una legislazione extra-UE. È previsto quindi la possibilità di recesso dal contratto al verificarsi di queste condizioni. IL DIRITTO DI RECESSO Disciplinato dagli articoli 52-59 del codice del consumo per quei contratti stipulati con il consumatore. Integrati dalla direttiva 2011/83/UE Il consumatore può recedere entro 14 giorni dal giorno della conclusione del contratto, quando il professionista abbia correttamente assolto gli obblighi informativi. Questa regola vale anche per i contratti che abbiano a oggetto contenuti digitali non forniti su supporto materiale e per i contratti di servizi. MA – se c’è CONTRATTO DI VENDITA >> recesso può essere esercitato dal giorno in cui sia avvenuta la consegna del bene (potrebbe essere di più di 14 giorni). Se il professionista NON HA correttamente assolto gli obblighi informativi, il recesso si estende a 12 mesi. Effetti del recesso: - le parti non sono più obbligate a eseguire il contratto; - se c’è vendita, il consumatore deve restituire il bene 14 giorno dalla decisione di recedere ; - il professionista deve restituire la somma a titolo di pagamento entro 14 giorni dalla notifica di recesso e dovrà sostenere anche i costi di consegna; Comunicazione del recesso: vale il principio di LIBERTA’ DELLA FORMA = qualsiasi metodo !! la disciplina del recesso è particolarmente rilevante per la vendita online di merci. Il recesso del consumatore che abbia a oggetto la prestazione del servizio di intermediazione è generalmente esercitato in modo informale, abbandonando l’uso del servizio. RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER INADEMPIMENTO 1453 cc. e seguenti 3) Il finanziatore riceve il prodotto che ha contribuito a creare 4) Prestito di piccole somme (es. contratto di mutuo) che poi il progettista dovrà restituire al finanziatore 5) Il finanziatore sostiene l’iniziativa e a fronte del suo investimento, acquisisce una partecipazione al capitale di rischio della società. Le ultime due sono le più simili ai modelli di finanziamento tradizionali Lo sviluppo delle piattaforme digitali ha reso molto difficile capire se chi presta il servizio stia svolgendo un'attività imprenditoriale o no per due fattori: - Non serve essere imprenditori per offrire un servizio tramite una piattaforma: tutti possono partecipare alla catena di distribuzione e produzione. - ma deriva un problema relativo a usi professionali e personali dei beni che, possono confondersi. Ibridazione degli usi e degli scopi. Nasce un problema di individuazione di chi è professionista v chi non lo è, e conseguenti risvolti giuridici. PRESTAZIONE DEL SERVIZIO, USI PERSONALI E USI PROFESSIONALI È necessario distinguere in maniera netta gli usi professionali dagli usi personali dell’acquisto, ma non è semplice. Sono sempre più comuni le commistioni, nonché gli usi promiscui di beni e servizi; è palese la difficoltà di separare nettamente la sfera dell’uso personale da quella professionale. Si apre il problema dell’uso promiscuo: un avvocato che conclude un contratto via telefono, nel rapporto con il fornitore del servizio, è un professionista o un consumatore se usa la linea telefonica anche per chiamate che non riguardano la sua attività professionale? 1353 cc > vige l’irrilevanza dei motivi. L’estraneità dello scopo deve essere definita in relazione alla destinazione oggettiva che il bene o servizio acquistato riceve. QUINDI > scopo può essere scritto a partire dal contenuto del contratto, ma anche dopo l’atto di acquisto del bene o servizio, alla luce del comportamento della parte. Si può sempre distinguere in maniera netta gli usi professionali e quelli personali MA le commistioni sono molto comuni. QUINDI - facciamo prevalere le tutele consumeristiche? - O applichiamo una nozione restrittiva? SOLUZIONE: le tutele consumeristiche dovrebbero trovare applicazione quando lo scopo dell’azione del soggetto non rientri prevalentemente nell’attività professionale o imprenditoriale. 2005 - Corte di Giustizia dell’UE → criterio di marginalità dello scopo →è qualificato consumatore solo colui che stipula contratti per soddisfare esigenze quotidiane estranee all’esercizio dell’attività professionale. Ma questa soluzione non è utile per capire se nei mercati digitali il prestatore del servizio sottostante è un professionista o meno. Infatti, la distinzione di usi personali vs professionali non interviene sul versante dell’acquisto dei beni, ma sul versante della loro fornitura. Vediamo quindi i criteri per capire se chi presta (non chi acquista) un servizio sottostante sia un professionista. GLI INDICATORI DI PROFESSIONALITA’ Commissione Europea, 2016/356 > 3 indicatori per capire se il prestatore è professionista - FREQUENZA con cui presta il servizio (se non è occasionale, è professionista); - Il FATTURATO (maggiore è, maggiore è la probabilità che il soggetto sia professionista); - FINALITÀ DI LUCRO →il professionista è considerato tale se riceve una retribuzione oltre al rimborso dei costi. Chi presta servizio gratuitamente o chiedendo solo il rimborso dei costi sostenuti per prestarlo, non è professionista. B2. CONTRATTI CHE HANNO A OGGETTO UN SERVIZIO SOTTOSTANTE PRESTATO DALLA PIATTAFORMA Abbiamo visto che ci sono dei casi in cui il servizio sottostante è fornito dalla stessa piattaforma che si avvale di una persona fisica per dirigere e che agisce nel suo interesse. La Commissione Europea nella Comunicazione ha indicato alcuni elementi per verificare se chi presta materialmente il servizio sottostante agisca sotto il controllo e l’influenza della piattaforma. 1) Occorre guardare se il PREZZO FINALE del servizio è fissato dalla piattaforma e imposto a chi lo esegue; 2) Se nei termini d’uso sono presenti ISTRUZIONI che vincolano la fornitura del servizio sottostante, quindi che incidono sullo svolgersi del rapporto tra chi presta il servizio e chi lo riceve. 3) PROPRIETÀ DEI BENI che sono usati per prestare il servizio sottostante, verificando se questi appartengono alla piattaforma di intermediazione o al singolo. MAA!! Affinché la piattaforma di intermediazione venga considerata il soggetto responsabile: le condizioni devono verificarsi TUTTE CONTESTUALMENTE! Quindi problemi!! IL CASO UBER SPAIN Uber mette in relazione conducenti non professionisti (driver che non sono titolari di una licenza), tramite un’app. requisito affinché uno possa essere un driver: non avere licenza per effettuare il servizio di trasporto. Il caso è stato rimesso alla CGUE nel 2015. Sono sorte molte questioni circa l’illegalità del servizio, che genera una concorrenza sleale a danno delle associazioni di tassisti regolari che invece devono avere licenze e autorizzazioni amministrative. Intanto è necessario stabilire se i servizi prestati da Uber siano da considerarsi servizi di trasporto o servizi della società dell’informazione (intermediazione) o una combinazione di entrambi. La Corte di giustizia dell’UE ha deciso che l’elemento principale è il servizio di trasporto, poiché senza la piattaforma, il servizio non potrebbe avvenire. In più, l’ingerenza di Uber ne l fornire il servizio è molto alta: fissa il prezzo delle corse, la tratta, controlla la qualità del veicolo e può sospendere autisti in casi di mala condotta. Uber è quindi un servizio di trasporto e non solo un servizio della società dell’informazione. Uber fa quindi concorrenza sleale perché ha il vantaggio di non sostenere gli oneri amministrativi richiesti dalla legge. Dopo questo caso è finito sotto osservazione anche il caso di Airbnb, anche qui si è parlato di concorrenza sleale. Eppure in questo caso, la prestazione della locazione breve non è controllata dalla piattaforma, qui si parla di un servizio della società dell’informazione e non può essere considerato parte dei servizi di alloggio. La CGUE ha ritenuto illecito UberPop in tutti gli stati membri, in Italia l’ha deciso il Tribunale di Milano nel 2015 → senza licenza la concorrenza è sleale. Sezione 2 ONEROSITA’ E GRATUITA’ NEI CONTRATTI DELL’ECONOMIA DI PIATTAFORMA Onerosità e gratuità delle prestazioni dei servizi della società dell’informazione I servizi della società dell’informazione possono essere prestati in cambio del pagamento di un prezzo. Il contratto si presenta a titolo oneroso e la controprestazione richiesta dal destinatario del servizio consiste in un’obbligazione pecuniaria. Tuttavia a volte non si chiede denaro, ma si chiede il conferimento e trattamento di dati personali. In alcuni casi, onerosità e gratuità vengono mescolati: formula freemium di Spotify, puoi ascoltare musica con pubblicità, ma prendono i tuoi dati; invece, premium senza pubblicità. Servizi della società dell’informazione che prevedono il pagamento di un prezzo I SISTEMI DI PAGAMENTO Il pagamento può avvenire online tramite carta di credito o bonifico bancario, la moneta elettronica converte la somma di denaro che deve essere versata (acquisto su Amazon, metto la carta, invio della richiesta alla banca, pagamento effettuato). E la VALUTE VIRTUALI? Sono rappresentazioni digitali di valore che non sono emesse da una banca centrale, non sono una rappresentazione della moneta e il loro valore dipende dalle dinamiche del mercato e dal meccanismo domanda/offerta. La Banca Centrale Europea le classifica in 3 tipi: • Quelle che si usano nei contesti virtuali, nei videogiochi online (moneta per acquistare vite in un videogioco). Il giocatore può anche acquistare con denaro vero, ma non avendo nessun valore al di fuori del contesto specifico si escludono rimborsi. • Quelle che si possono convertire in valute reali, quindi in monete con corso legale. • Le criptomonete che possono essere usate per transazioni che coinvolgono anche monete avente corso legale. È una categoria problematica perché è in contatto con l’economia reale. Le più diffuse sono ether e bitcoin. Il bitcoin è un protocollo telematico che funziona sfruttando la tecnologia blockchain. Sono creati con una complicata operazione matematica che consente di aggiungere blocchi alla catena. La creazione dei bitcoin avviene in modo decentralizzato, senza che sia necessario l’intervento di un’autorità centrale. Il bitcoin non ha un valore in sé, ma dipende dalla legge del mercato e dal rapporto tra domanda e offerta. Non può contare su meccanismi di validità garantiti dal riconoscimento dello stato o di altra autorità pubblica. Lo scambio di bitcoin consiste nel passaggio tra utenti di sequenza alfanumeriche; l’algoritmo alla base di questa operazione è verificato da tutti i nodi della blockchain. Gli scambi sono parzialmente anonimi, è impossibile individuare l’autore della transazione, di cui si conosce solo la sequenza alfanumerica. >> molta preoccupazione, per quanto riguarda scambi illeciti o acquisto di merci illegali. >art.1227 cc i debiti possano essere pagati solo con monete aventi corso legale nello stato. Quindi possiamo pagare i debiti con i bitcoin? NO!! Perché la moneta possa essere considerata tale deve rispondere a 3 requisiti: • essere mezzo di scambio • essere misura di un valore • essere riserva di liquidità MA! Ottica funzionalista che pone l’accento sul mezzo di scambio >> interpretazione ampia del 1278 cc = i bitcoin potrebbero essere ammessi come valuta CLAUSOLE COMPROMISSORIE: poi ci sono dei casi in cui nei termini d’uso si inseriscono delle clausole compromissorie che propongono una risoluzione delle controversie amichevole, es. BlaBlaCar. SMART CONTRACT Tra gli effetti della digitalizzazione ci sono anche gli smart contract →accordi tradotti in codice informativo e registrati dalla rete che si eseguono automaticamente al verificarsi delle condizioni stabilite dalle parti senza bisogno dell’interazione umana. Sono redatti in un linguaggio di programmazione e quindi possono essere letti da un computer ed eseguiti senza l’aiuto degli umani. La diffusione degli smart contract è connessa allo sviluppo della blockchain che è una tecnologia basata sull’impiego di un sofisticato sistema di crittografia, che consente di creare una banca dati condivisa attraverso un sistema di archiviazione sicura. Gli smart contract eseguono automaticamente le prestazioni che le parti registrano su blockchain (ogni mese Alessandra compra una pianta su amazon, lo smart contract registra e alla data fa partire il contratto di compravendita). Ci sono due tesi a riguardo: NON CONTRATTUALISTA: coloro che negano che siano equiparabili ai contratti tradizionali, perché e impossibile ravvisare le volontà delle parti e la cooperazione. CONTRATTUALISTA: chi li considera contratti a tutti gli effetti; il momento dell’accordo tra le parti = raggiunto nel momento in cui si decide di programmare lo smart contract. Il contratto sarebbe quindi automatico non nella fase di formazione della volontà negoziale, ma soltanto in quella dell’esecuzione delle prestazioni. Il legislatore italiano ha definito lo smart contract come un elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente 2 o + parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. CAPITOLO 5 - I BENI E LA PROPRIETA’ All’interno dei mercati circolano beni materiali (tangibili, dotati di fisicità) e immateriali. Entrambi possono essere oggetto di operazioni economiche online, grazie ai servizi di intermediazione forniti dalle piattaforme digitali. La disciplina giuridica dei beni materiali è contenuta all’interno del Libro III del Codice civile, mentre il Capo I si occupa dei beni in generale e il II dei beni mobili e immobili. Il mercato digitale segue le norme di quello offline. Quando l’oggetto è un bene mobile, le parti non sono costrette ad incontrarsi nel mondo reale (circolano in modo semplice e rapido). Invece l’acquisto di un bene immobile richiede che ci sia un incontro per la conclusione del contratto da farsi per iscritto nella forma di atto pubblico o scrittura privata (1350 cc). MERCATI DIGITALI E BENI IMMATERIALI I beni immateriali sono risorse intangibili e incorporali. Non sono del tutto assenti nel c.c., infatti nel Libro V si parla delle opere dell’ingegno e delle invenzioni industriali , segni distintivi dell’impresa. Ma con lo sviluppo della tecnologia si parla di nuovi beni immateriali, come software, immagini dei beni, l’etere, diritti audiovisivi sulle manifestazioni. Secondo la scienza economica i beni possono essere classificati guardando alle caratteristiche dell’uso di cui possono essere oggetto. I beni possono essere oggetto di USO RIVALE o USO NON RIVALE, ESCLUDIBILE o NON ESCLUDIBILE. USO RIVALE → incide sulla facoltà di godimento dello stesso bene da parte di terzi, caratterizza i beni materiali (es. la mela o la mangio io o la mangi te). L’USO ESCLUDIBILE implica la possibilità di escludere qualcuno dal consumo di un bene, con i beni materiali si può fare, con quelli immateriali no o comunque è molto difficile. USO NON RIVALE → invece i beni immateriali possono essere usati senza che l’uso di uno renda il bene indisponibile per un altro soggetto interessato (es. una canzone può essere ascoltata da più persone). Beni immateriali sono quindi principalmente NON RIVALI – NON ESCLUDIBILI. OPERE DI INGEGNO E APPROPRIAZIONE ESCLUSIVA Le opere dell’ingegno, nonostante siano beni immateriali e possono essere usati in modo non rivale, a volte sono oggetto di appartenenza di forme esclusive. La PROPRIETÀ INTELLETTUALE è costruita su un sistema di diritti esclusivi (privative) concessi al creatore dell’opera dell’ingegno per tutelare il suo sforzo creativo attraverso il riconoscimento di un incentivo di carattere economico. All’autore è anche riconosciuto un diritto morale alla paternità dell’opera! Privative: marchi, brevetti, diritto d’autore. 2575 cc (definisce l’oggetto del diritto d’autore) Le privative concesse all’autore però, hanno una durata: in Italia 70 anni dopo la prima pubblicazione e poi le opere tornano di dominio pubblico. Poi ci sono i casi del non uso della privativa: se il titolare di un marchio non ne fa uso per 5 anni, decade la privativa. La privativa relativa alla proprietà intellettuale prevede gli stessi diritti di cui è titolare il proprietario di un bene materiale: diritto di escludere terzi, godere in modo diretto o indiretto, diritto di disporre. I diritti di utilizzazione economica dell’opera possono però essere ceduti a terzi tramite contratto di licenza d’uso. Le fonti normative che disciplinano la proprietà intellettuale sono numerose, infatti oltre le leggi nazionali nel c.c., intervengono anche le direttive dell’UE che ha inserito il diritto di proprietà intellettuale anche nella sua carta dei diritti fondamentali (art.17). La definizione dei nuovi diritti di esclusiva sui beni immateriali spetta al legislatore, essi costituiscono un numero chiuso. Il principio del n chiuso serve a garantire equilibrio. Infatti, esiste una contrapposizione tra l’interesse del titolare del bene a godere in modo esclusivo dei frutti della propria attività creativa e l’interesse della comunità alla libera circolazione di quel bene. I diritti di esclusiva sono il risultato del bilanciamento effettuato dal legislatore ma non sempre succede (Vedi caso Topolino e Copyright Term extension Act) Molti rivendicano più accessibilità, considerata fondamentale per consentire lo sviluppo di altre forme di creatività e innovazione; infatti, molti bene sono creati sulla base di quanto già esiste. Perciò sono stati creati nuovi modelli di gestione dei diritti di utilizzazione esclusiva dei beni immateriali della conoscenza, →Open Software e Licenze Creative Commons. OPEN SOFTWARE Passo indietro. Parliamo di software. Il software è un programma protetto tra le opere dell’ingegno della legislazione italiana ed europea. In Italia è disciplinato nell’art. 2575 cc (definisce l’oggetto del diritto d’autore) e art. 2583 leggi speciali. Il software è sviluppato tramite un linguaggio di programmazione, descritto in un file di testo comprensibile all’uomo, ma non alla macchina (codice-sorgente). Occorre creare e compilare il codice oggetto che contiene le istruzioni per la macchina con un linguaggio binario. Quest’ultimo è comprensibile alla macchina ma non è comprensibile all’uomo. Lo sviluppatore di un software è titolare dei diritti esclusivi sia sul codice oggetto sia su quello sorgente; quindi, la disciplina del copyright gli attribuisce una forma di proprietà esclusiva del software. Il codice sorgente non è accessibile a tutti e non può essere modificato dall’utilizzatore. Il miglioramento di quel software è impossibile in assenza di un trasferimento del diritto di utilizzazione da parte dell’autore, dietro il pagamento di un corrispettivo. MA > Se lo sviluppatore mette in commercio il software, chi lo acquista può disporne liberamente e può anche venderlo senza necessità di licenza o autorizzazione (ESAURIMENTO della privativa del diritto di distribuzione). CRITICHE: questo sistema frena lo sviluppo di nuovi programmi; quindi, si è pensato a modelli giuridici alternativi!! OPEN SOFTWARE > L’Open Software permette il libero accesso al codice sorgente ed evita che qualcuno possa appropriarsene in modo esclusivo. La licenza obbliga l’autore a garantire l’accesso a terzi secondo la modalità dell’open source. Questa speciale licenza d’uso prende il nome di General Public License (GPL), creata negli anni 80 dal ricercatore Stallman che l’ha usata per rilanciare il software del sistema operativo Linux. Secondo Stallman il software deve essere libero, accessibile a tutti; quindi, non sono ammessi usi della licenza che consentano contaminazioni con i software chiusi (quelli di cui non è accessibile il Nel TFUE gli art. 24 e 56 stabiliscono le rispettive modalità della circolazione dei beni e della prestazione dei servizi nel mercato. Il caso Sacchi → sentenza nel 1973. Sacchi era titolare di un’impresa impegnata nella trasmissione via cavo di programmi televisivi, in più però aveva apparecchi riceventi per i quali non aveva pagato in canone di abbonamento, che non riteneva di dover pagare perché li usava solo per ricevere non per trasmettere. La corte di Giustizia aveva qualificato “riproduzione sonore, film e strumenti per la diffusione di messaggi televisivi” come beni e la loro trasmissione come servizio. Non c’è una giustificazione vera e propria se non che: i mezzi che veicolano i messaggi sono definiti oggetti materiali, mentre il messaggio televisivo per natura è il prodotto di un servizio. La Corte di Giustizia si è anche espressa su altri casi molto simili a quello citato sopra, adottando però ogni volta posizioni diverse. Football Association Premier League (2008) > dispositivi decoder sono servizi non beni (v sacchi) UsedSoft (2012) > il file può essere equiparato a un supporto materiale BENI E SERVIZI NEL DIRITTO TRIBUTARIO La Corte di Giustizia si è anche espressa sull’applicazione di aliquote ridotte sull’IVA agli e-book. Nel 2015 aveva escluso la possibilità di applicare un regime fiscale agevolato, perché è riservato alla cessione di beni, invece gli e-book erano stati considerati servizi forniti per via elettronica. Ma nelle più recenti sentenze, la Corte ha progressivamente abbandonato la dicotomia bene/servizio per concentrarsi sulla modalità di circolazione e sul rapporto tra innovazione tecnologica e rationes di norme per rispondere a problemi diversi. CONTENUTI DIGITALI La difficoltà di applicare la dicotomia beni/servizi viene risolta nella Direttiva 2019/700/UE, che distingue contenuti digitali e servizi digitali: CONTENUTI DIGITALI→ dati prodotti e forniti in modo digitale. SERVIZI DIGITALI→ si dividono in due categorie: - Quelli che consentono di creare, trasformare, archiviare dati (Google Drive), - Quelli che consentono la condivisione di dati in formato digitale (social network, piattaforme streaming ecc.). La direttiva intende regolare i contratti di fornitura di programmi informatici, file video, applicazioni, giochi digitali e anche i servizi digitali che consentono la trasformazione, accesso o archiviazione di dati in formato digitale. La Direttiva trova applicazione indipendentemente dal supporto utilizzato per la trasmissione del contenuto digitale, anche perché esistono numerosi modi di fornirlo: download, trasmissione in streaming, accesso all’uso sui social. In questa Direttiva i contenuti digitali costruiscono un terzo genere: sono diversi dai servizi digitali, ma non sono definiti come beni. Ha inoltre introdotto la categoria dei beni con elementi digitali, intesi come qualsiasi bene mobile materiale che incorpora un contenuto o servizio digitale. DEFINIZIONE DI FILE LICENZA E DIRITTO DI CREDITO: Quando la licenza d’uso conforma i diritti del titolare del file, limitando il suo diritto di godere e disporne in modo esclusivo, il soggetto è un detentore e il file è il prodotto di un servizio. LICENZA E DIRITTO DI PROPRIETA’: Se invece, il soggetto che ha acquistato un file ha poteri di esclusione, di uso e disposizione pieni ed esclusivi che gli consentono di evitare ogni ingerenza nel godimento da parte di soggetti terzi, allora è il proprietario del file. Perciò la qualificazione dipende dalle particolarità del caso e alle scelte di allocazione dei poteri di esclusione, godimento e disposizione descritte nel contratto di licenza d’uso. LA CONDIVISIONE DEI BENI MATERIALI Ma non tutti sono contratti di compravendita, alcune sono transazioni basate sulla condivisione di beni materiali mobili e immobili (sharing economy). Perché la condivisione di un bene materiale sia possibile, deve avere alcune caratteristiche. I beni devono essere: 1) DIFFUSI→ quelli facilmente acquistabili, reperibili e poco costosi. 2) INDIVISIBILI→ l’acquirente è tenuto a comprare l’intero bene e non beni frammentati 3) DOTATI DI CAPACITA’ DI ECCESSO→ poter utilizzati da più persone, sincronicamente o diacronicamente. Un appartamento con una stanza vuota può essere abitato da più persone nello stesso momento (sincr.), mentre un trapano si usare per montare più di un armadio (diacr). In genere si parla dell’utilità dei beni, ma anche riflettere sulla capacità è utile perché ci aiuta ad immaginare modi diversi di possedere, non necessariamente esclusivi. NUOVI BENI DIGITALI: I DATI Oggi le informazioni, sottoforma di dati sono la ricchezza alla base dell’economia digitale. I dati, al momento della loro raccolta sono grezzi e non strutturati; per sfruttarli è necessario un processo di lavorazione, di organizzazione in banche dati e un software di analisi che consenta di estrarne il valore, tutto ciò richiede investimenti. Esistono 2 tipi di dati: PERSONALI e NON PERSONALI. I DATI PERSONALI e il regolamento generale sulla protezione dei dati personali Il Regolamento generale sulla protezione dei dati personali dell’Unione Europea (RGPD) è stato adottato nel 2016 ed è entrato in vigore nel 2018. L’obiettivo era quello di costruire una normativa capace di eliminare l’incertezza giuridica sui rischi che le operazioni online possono comportare per la tutela della persona e di assicurare la protezione dei dati personali in un contesto modificato dalle trasformazioni di Internet. Con il RGPD la protezione dei dati diventa un obiettivo da perseguire sin dal momento della progettazione del trattamento (privacy by design), anche attraverso la definizione di impostazioni predefinite (privacy by default) → si pensi alle impostazioni di Facebook che restano tali finché non l’utente non le modifica (visualizzazione dei post solo da amici, o da nessuno ecc.). Obiettivi del RGPD: protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali + intervento normativo atto a constatare che la portata e la diffusione dei dati è aumentata in modo significativo → quindi è necessario definire un quadro normativo più solido e coerente. Ciò viene fatto assicurando alle persone il controllo dei loro dati, generando un clima di fiducia, per favorire lo sviluppo dell’economia digitale nel mercato europeo. DATO PERSONALE = qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile, definita come il soggetto interessato. Non soltanto nome o indirizzo, ma tutto ciò che è utile all’identificazione. Anche i cookies costituiscono dati personali perché in combinazione con altre info, consentono di creare il profilo di una persona fisica e quindi di identificarla. Il RGPD si occupa solo di persone fisiche, non giuridiche e neanche decedute. Il RGPD individua i soggetti coinvolti nelle attività di trattamento dei dati personali: 1) Il titolare del trattamento: la sua condotta deve ispirarsi al principio di responsabilizzazione; quindi, deve assicurare attivamente la tutela dei dati. L’applicazione del RGPD non richiede che il titolare abbia la sede in UE, ma basta una filiale. Google, infatti, non è dell’UE ma in UE ci sono tante filiali. Art.5 del RGPD: principi fondamentali che devono caratterizzare il trattamento dei dati personali. Tra le attività, il legislatore ha dato importanza alla profilazione (Amazon ci suggerisce libri) che deve essere ispirata dai principi di liceità, correttezza e trasparenza. I dati devono essere raccolti per finalità esplicite sin dall’inizio. Art.6 RGDP: ulteriore specificazione del PRINCIPIO DI LICEITA’ e delle condizioni di liceità del trattamento. Condizioni di liceità: - consenso dell’interessato (condizione più diffusa) - minimizzazione (adeguati e solo i necessari, non è ammessa un’accumulazione di dati senza uno scopo); - esattezza (i dati devono esatti, e se necessario, aggiornati in relazione; - integrità e riservatezza (i dati devono essere sicuri e protetti in modo da evitare la perdita e trattamenti illeciti). Il PRINCIPIO DI RESPONSABILIZZAZIONE ha introdotto l’obbligo di avere un registro in cui il titolare del trattamento dei dati (sensibili) deve conservare le informazioni in modo ordinato e renderlo disponibile alle autorità per i controlli → obiettivo: dimostrare un sistema di corretta gestione dei dati personali. CONSENSO: il trattamento dei dati personali è ammesso soltanto con il consenso dell’interessato (libero, informato, inequivoco e specifico circa le finalità delle operazioni autorizzate). Quindi la richiesta del consenso dev’essere presentata in forma comprensibile e con un linguaggio semplice e chiaro. Il consenso può essere revocato dall’interessato in ogni momento. Art 17 > Un’altra novità del RGPD è il diritto di cancellazione dei suoi dati personali che si rifà al diritto all’oblio. Il diritto all’oblio si fonda sulla tutela della vita privata e deve essere tutelato anche in contesti che non riguardano la rete. Il diritto all’oblio è quindi il diritto a essere dimenticati e riguarda la rimozione di contenuti dalla rete che riguardano la persona. Però è difficile da tutelare nel mondo online, perché è difficile eliminare le informazioni conservate nella memoria della rete. Paragrafo 3 art 17: il diritto alla cancellazione non può essere applicato quando il trattamento dei dati è necessario all’esercizio dell’attività di informazione, archiviazione nel pubblico interesse, ricerca scientifica, storica o condotta a fini statistici. Va distinto dal diritto alla deindicizzazione: è il diritto a non comparire tra i risultati che un motore di ricerca elenca → se ne parlò la prima volta col caso Google Spain nel 2012, dove il sr González chiedeva di eliminare un link dannoso per la sua reputazione. La CGUE ha stabilito che la richiesta di deindicizzazione può essere eseguita dal motore di ricerca soltanto nelle versioni del motore che possono essere usate negli Stati membri, e non al di fuori dell’UE. La Corte di Cassazione nel 2014 ha riconosciuto l’usucapibilità dell’azienda intesa come un insieme di beni materiali e immateriali, così è stato attribuito un significato alla nozione di beni, in cui sono ricompresi anche i beni immateriali. Il possesso dei beni immateriali è quindi ammissibile, ma va valutato in relazione alle caratteristiche del bene e nella misura in cui abbia caratteristiche ed effetti diversi da quelli previsti dall’articolo 1140 cc (possesso). Bisogna verificare il contenuto del contratto di licenza d'uso per capire quindi se è stato trasferito il diritto di proprietà o meno. La verifica parte quindi da quali siano i poteri del titolare. questa verifica è resa necessaria dall'assenza del controllo fisico che, per i beni materiali, è l'indicatore più utile a significare una situazione possessoria. Il possessore di beni immateriali piò ricorrere ai rimedi previsti nel cc a tutela del possesso? L’azione di reintegrazione del possesso ha come obiettivo quello di recuperare il controllo fisico sul bene materiale perduto quindi nel caso dei beni immateriali questo è concesso solo quando il titolare dei beni immateriali non possa più accedere al bene perché è stato rimosso da terzi. Quando si ha a che fare con i beni immateriali, l’interprete deve verificare quali siano i poteri del titolare per capire se egli ha un grado di autonomia tale da essere considerato PROPRIETARIO o DETENTORE. L’articolazione dei poteri, si verifica a partire dal contenuto del contratto di licenza d’uso, per questo quando il diritto di proprietà del file non è trasferito, l’utente è un DETENTORE→ ha poca autonomia nelle scelte. Questo non vuol dire che non possa agire, ma secondo l’art.1168 c.c. (azione di reintegro) può agire se l’obiettivo è quello di recuperare l’accesso al file. Sempre lo stesso articolo propone la REINTEGRAZIONE DELL’ACCOUNT E-MAIL. A tal proposito ci fu un caso in cui era stata disposta la revoca dell’account mail del dipendente di una società e nel dicembre 2015 il Tribunale di Verona non accolse la domanda di reintegrazione, perché era possibile solo per chi aveva subito lo spoglio di una cosa che deteneva nel proprio interesse e non nell’interesse altrui. In questo caso l’account non poteva essere recuperato, perché era usato dal proponente in forza del suo rapporto con la società. Tuttavia, secondo il giudice almeno i messaggi di posta potevano essere recuperati perché sono protetti dall’articolo 15 della Costituzione → che fa riferimento alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e ogni altra forma di comunicazione. La titolarità di un bene non si risolve sempre in una situazione di appartenenza. La proprietà virtuale ha delle caratteristiche dei beni privati e del correlato diritto di proprietà: 1. ESCLUSIVITA’: per entrare in uno spazio privato dove sono archiviati i file servono spesso delle credenziali. Garantisce l’uso esclusivo al titolare di godere e disporre. 2. PERSISTENZA/DUREVOLEZZA: un bene materiale esiste finché non è distrutto, anche i file una volta che occupano uno spazio in rete ci rimangono, a meno che non siano cancellati. 3. INTERCONNESSIONE: un bene è idoneo ad abilitare una relazione tra soggetti (la penna si può prestare; alcuni software permettono di lavorare con la condivisione di file). MA conviene analizzare la titolarità dei file verificando l’articolazione e la distribuzione dei poteri. I POTERI DEL LICENZIATARIO Ma per capire la titolarità è meglio considerare la distribuzione dei poteri tra il soggetto che concede di usarlo tramite un contratto di licenza (licenziante) e il licenziatario. Io stipulo un contratto di licenza d’uso con amazon, divento licenziatario. 1. Il DIRITTO DI ESCLUDERE → escludere i soggetti non proprietari e quindi non ammetterli al godimento del bene. Se l’oggetto è un bene immobile si mettono le recinzioni. Se invece abbiamo a che fare con un file l’esercizio dell’esclusione può essere legato al controllo del dispositivo che ne consente la fruizione (computer, iphone, e-reader) oppure può essere criptato e quindi accede al file solo chi ha la chiave. Si possono escludere tutti i terzi, ma non il soggetto che ci concede uno spazio privato di archiviazione o concede in uso; Amazon, ebook 1984 di Orwell. Cancellazione:No! MA secondo alcuni però, quando non è possibile escludere il licenziatario, automaticamente il diritto di proprietà non può esistere. 2. Il DIRITTO DI USARE → Nel mondo materiale es. un proprietario di un appartamento gode di esso e può abitarvi. Nell’ambito dei file ci sono delle limitazioni temporali o di tipo qualitativo (riguardano le tipologie d’uso). Amazon attribuisce al titolare del Kindle un uso illimitato dell’e-book acquistato, salvo poi introdurre limitazioni legate alla risoluzione del contratto. Amazon infatti non fa mai riferimento a un effetto traslativo né parla di acquisto di file. QUINDI escludere che la procedura effettuata sulla piattaforma sia una compravendita. 3. Il DIRITTO DI DISPORRE → gli atti di disporre si dividono in: - INTER VIVOS (coinvolgono persone viventi): la vendita di un libro tra privati è un atto giuridico lecito, invece la vendita di un e-book è contestata, perché consentirebbe la circolazione di copie a prezzi più bassi e quindi nessuno comprerebbe gli originali. La rivendita ha quindi un trattamento diverso a seconda che si tratti di un supporto immateriale (e quindi un file) o di un supporto materiale. Questi problemi sono stati affrontati dalla Corte di Giustizia dell’UE nel caso UsedSoft, che stabilì che il diritto esclusivo di distribuzione del prodotto si esaurisca con la prima vendita o con il download dalla rete del file→download e consegna del bene hanno gli stessi effetti in termini di circolazione del contenuto e quindi è indifferente la natura materiale o immateriale del supporto. A partire da questo principio di diritto stabilito, nel 2015 la Corte di appello di Amsterdam ha ritenuto lecita l’attività la piattaforma Tom Kabinet che consisteva nella vendita di e-book usati, ma poi ha ordinato il suo oscuramento perché avrebbe potuto consentire anche le circolazioni di copie illegali. È intervenuta anche la CGUE, e ha qualificato l’attività della piattaforma Tom Kabinet una comunicazione al pubblico che deve essere autorizzata dal titolare delle privative. In materia di libri elettronici, quindi, non trova applicazione il principio di esaurimento del diritto di distribuzione, dal momento che esso è stato elaborato per le opere di ingegno incorporate in un supporto materiale. - MORTIS CAUSA (trasmettere il patrimonio a causa di morte): il Libro II del codice civile stabilisce le regole per identificare i successori. Il problema è riconoscere cosa fa parte della proprietà privata e soprattutto se i file possono essere lasciati in eredità. Si! Perché spesso c’è direttamente la trasmissione degli account personali. 4. Il POTERE DI DISTRUGGERE → Il potere di distruggere→ Compro torta e la mangio (è distrutta) oppure vestiti da buttare. Sono beni che costituiscono una proprietà negativa per il loro titolare perché non sono in grado di produrre alcuna utilità. Invece se si tratta di un bene culturale, il proprietario non può distruggerlo perché sarebbe un danno per le attuali e le future generazioni. E con i beni immateriali? Se un inventore ottiene il brevetto per una creazione e poi decide di non realizzarla, in questo modo però si priva la collettività di un’idea e allo stesso tempo impedisce agli altri di realizzarla a causa di questa esclusività. Tuttavia a volte entra in gioco il discorso dell’emulazione (833 cc), ossia quando la decisione di ottenere l’attribuzione esclusiva non è finalizzata a sfruttare i vantaggi derivanti dall’esclusiva titolarità, ma ha l’obiettivo di impedire che altri possano brevettare la medesima invenzione. Recare un danno a terzi impedendo di realizzare cose simili ma senza ricavarne un proprio vero vantaggio. La distruzione del file da parte del titolare è possibile se si elimina dal dispositivo, ma è più complessa se si elimina dall’archivio nello spazio virtuale. Inoltre ci sono casi in cui il potere di distruggere il bene è condizionato dai termini d’uso predisposti dall’operatore che fornisce un certo servizio della società dell’informazione → l’eliminazione dell’account comporta la cancellazione entro 30 gg di tutti i dati e i file archiviati, ma Dropbox li conserva anche dopo la cancellazione dell’account. L’EREDITA’ DIGITALE Cosa succede all’account di una persona deceduta? Il tema dell’eredità digitale si interseca con la tutela del diritto alla riservatezza della persona deceduta. A tal proposito su Facebook esistono delle clausole che disciplinano le sorti dell’account alla morte del titolare → l’utente non può trasmettere l’account e le credenziali, ma può nominare un contatto erede che può decidere se eliminare l’account o lasciarlo in forma di account commemorativo. Se tale nomina non avviene tramite piattaforma, può essere fatta anche con un testamento. In ogni caso il contatto erede non accede all’account con le credenziali del defunto (ma altre nuove) e non può neanche visionare i messaggi o a modificare post vecchi (è permessa solo una versione parziale del profilo privato). Anche Google ha stabilito un modo per il passaggio dei dati personali; l’utente sceglie il periodo di inattività che deve trascorrere perché Google invii alle persone segnalate i dati di Maps, della Posta, del Calendario e vari file. Diritti successori e termini d’uso E se l’utente non segnala nessun erede? Un caso importante fu quando morì un marine americano nel 2004 e la famiglia chiese l’accesso alla sua posta elettronica su Yahoo!. La piattaforma rispose negativamente perché il soggetto in vita aveva accettato i termini d’uso con la non trasferibilità delle credenziali. Alla fine, si raggiunse un accordo e Yahoo fornì solo le mail ricevute, ma non quelle inviate. Nel 2013 in Brasile una famiglia chiede la cancellazione dell’account commemorativo della figlia morta perché la comparsa dei ricordi rinnovava quotidianamente il dolore della perdita e anche se i genitori non erano stati indicati come eredi, il Tribunale ordinò la cancellazione. In Europa invece ci fu il caso nel 2018 in cui i genitori di una ragazza deceduta cadendo nei binari della metro, chiesero di accedere alla sua posta per raccogliere elementi utili a capire se stesse vivendo un periodo difficile. La decisione fu molto dibattuta, ma alla fine si optò per approvare la richiesta considerando Facebook come un diario personale e non considerando i problemi della segretezza della corrispondenza. - La responsabilità è solidale (2055 cc), quindi di entrambi SE il provider non riesce a provare le condizioni di esonero richieste dalla direttiva 2000/31 CE. Responsabilità civile del provider per i fatti illeciti compiuti dai destinatari dei servizi della società dell’informazione Direttiva 2000/31/CE > regime speciale di responsabilità del provider per fatto altrui ATTENZIONE!! Questa normativa descrive un regime speciale che scherma i provider non solo dalla responsabilità extracontrattuale, ma anche da quella CONTRATTUALE, PENALE e AMMINISTRATIVA. Vediamo gli articoli 13, 14, 15 della direttiva. Art. 13: Attività di MERE CONDUIT Il provider che svolge attività di semplice trasporto (mere conduit) delle informazioni o di fornitura dell’accesso alla rete, non è responsabile delle informazioni che trasmette a patto che si verifichino queste 3 condizioni: (DEVONO VERIFICARSI TUTTE CONTESTUALMENTE): 1. Non deve aver dato origine alla trasmissione di info illecite (la trasmissione deve essere richiesta dall’utente) 2. Non deve aver selezionato chi chiede il trasporto delle informazioni o chi ha chiesto l’accesso alla rete 3. Non deve aver selezionato né modificato le informazioni trasmesse Art. 14: Attività di CACHING Il provider che presta il servizio di memorizzazione automatica, intermedia e temporanea (caching) non è responsabile delle informazioni illecite memorizzate a patto che esso: (DEVONO VERIFICARSI TUTTE CONTESTUALMENTE): 1. Non abbia modificato le informazioni memorizzate su richiesta del destinatario 2. Si conformi alle condizioni di accesso e di aggiornamento alle informazioni 3. Non interferisca con l’uso lecito di tecnologie usate nel settore per ottenere dati sull’impiego delle informazioni 4. Agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato non appena viene a conoscenza del fatto che le info sono state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete. Art. 15: Attività di HOSTING i provider che svolgono l’attività di hosting (host provider→memorizza in maniera duratura info, es. Google Drive) non è responsabile delle informazioni memorizzate qualora: (BASTA UNA DELLE DUE CONDIZIONI PER ESONERO RESP): 1. Non sia a conoscenza del fatto che l’info o l’attività è illecita 2. Agisca immediatamente per rimuoverla Art 15: Norma di chiusura → Assenza di un dovere di controllo generalizzato →stabilisce che il provider non è tenuto a controllare tutte le info che trasmette o memorizza, né è obbligato a cercare le circostanze che indicano la presenza di attività illecite. Ma bisogna informare le autorità e se richiesto a comunicargli le informazioni per identificare chi ha commesso le attività illecite. Novità dell’art.17 del d.lgs 70/2003, non presente nella Direttiva 2000/31/CE. Nel comma 3 stabilisce che il provider è responsabile se: - Ha ricevuto richiesta di impedire l’accesso a un contenuto illecito da parte dell’autorità e non ha agito - Non ha informato le autorità competenti della presenza di un contenuto illecito. Si nota una spiccata tutela nei confronti dei provider. LO SVILUPPO DELLE PIATTAFORME DI INTERMEDIAZIONE E LA RESPONSABILITA’ DEL PROVIDER Le regole descritte vanno a favore del provider, del resto il legislatore nei primi anni 2000 cercò di escludere regimi troppo rigidi di responsabilità, che avrebbero potuto funzionare come disincentivi per le imprese intenzionate a investire nel settore. Lo sviluppo delle piattaforme di intermediazione ha comportato una significativa trasformazione dell’attività di hosting: queste piattaforme, oltre a memorizzare i contenuti effettuano attività in modo attivo, organizzano e selezionano i contenuti immessi online su richiesta dei destinatari del servizio. Ricordiamo che affinché si applichi il regime speciale il provider deve adottare un comportamento passivo. I contenuti possono essere immessi in rete come testi scritti (post), file (foto), o in maniera indiretta con collegamenti ipertestuali (link). HYPERLINKING→ occorre verificare se la pubblicazione di un link a un contenuto protetto da diritto d’autore sia stata autorizzata dal titolare dei diritti. Se non lo è, la pubblicazione del link è una condotta illecita. Bisogna anche verificare se la piattaforma è responsabile del link. Nel caso Svensson del 2014 (testate svedesi → gli autori si lamentarono della violazione del diritto d’autore perché il sito forniva dei link che consentivano di acceder ai loro articoli senza passare dalla homepage del giornale), la CGUE si è espressa affermando che il collegamento ipertestuale costituisce una comunicazione al pubblico che però non integra sempre una violazione al copyright. Infatti, per verificare se c’è stata una violazione al diritto esclusivo degli autori, bisogna verificare che essa raggiunga un nuovo pubblico. Questo avviene quando la prima utilizzazione dell’opera non si rivolge a una platea indeterminata di destinatari, ma a un pubblico selezionato ad esempio chiedendo di pagare un corrispettivo per l’accesso. In questo caso il giornale permetteva a tutti i lettori di accedere senza restrizioni. Per questo la pubblicazione del link non aveva bisogno di un altro consenso alla comunicazione al pubblico da parte degli autori. Nel 2016 c’è stato il caso GS Media (gestore di un sito web su cui era stato pubblicato un link che consentiva di visualizzare un servizio fotografico di Playboy che ancora doveva essere pubblicato). La CGUE ha aggiunto due parametri che si possono usare se quello della comunicazione al nuovo pubblico non basta: - si deve verificare se il soggetto che ha fornito il link sapeva di rendere accessibile un contenuto senza il consenso del titolare dei diritti - bisogna guardare se chi ha fornito il link abbia agito a fini di lucro. Analisi dell’applicazione del regime speciale della responsabilità del provider alle piattaforme di intermediazione Quindi, 3 elementi da considerare per quanto riguarda la responsabilità dei provider. 1. L’attività di hosting è spesso attiva, perché l’intermediazione richiede servizi aggiuntivi per essere efficace (posizionamento, indicizzazione) 2. La segnalazione dei contenuti illeciti è effettuata dagli utenti direttamente alla piattaforma 3. Le piattaforme spesso utilizzano sistemi automatizzati per filtrare contenuti illeciti 1. Attività di hosting attiva La CGUE è stata chiamata a pronunciarsi in un caso Luis Vuitton vs Google (2011) perché la famosa casa di moda si era lamentata del fatto che il motore di ricerca consentiva di visualizzare tra i risultati, alcuni link che rimandavano a prodotti contraffatti. In questo caso però Google non poteva essere considerato responsabile, le sue attività di hosting erano passive. Le attività di indicizzazione, selezione e organizzazione dei contenuti possono essere indicative di uno svolgimento attivo o passivo dell’attività di hosting. Invece nel caso L’Oreal vs Ebay (sempre 2011), l’azienda aveva agito contro la piattaforma di e- commerce per ottenere il risarcimento del danno causato dalla vendita di prodotti contraffatti. In questo caso la CGUE ha ritenuto che Ebay avesse svolto attività di hosting in modo attivo, perché organizzava le offerte e la promozione dei prodotti. Nella giurisprudenza italiana ci fu il caso di un video di un ragazzo down umiliato, pubblicato nella sezione Video di Google. È stato posizionato tra i video più divertenti e più scaricati, ma secondo il Tribunale di Milano, non essendoci l’obbligo di controllare i contenuti immessi in rete, Google non era responsabile, quindi si trattava di hosting passivo. I responsabili erano solo coloro che avevano caricato online il video del maltrattamento. In questo caso, come in quello Google Spain è stata valutata però la possibilità di attribuire a Google la qualifica di titolare del trattamento dei dati personali. 2. Segnalazione di contenuti illeciti La segnalazione dei contenuti illeciti deve essere valutata, ma la rimozione non è conseguenza automatica della segnalazione; bisogna considerare la comunicazione del provider, ma anche qualsiasi altre situazione che consenta a quest’ultimo di prendere conoscenza dell’illecito. Caso Reti Televisione Italiane (RTI) contro YouTube e Google perché proponevano alcuni video di sequenze estratte dal programma Grande Fratello. Il Tribunale di Roma l’ha considerato illecito perché l’emittente televisiva aveva il diritto di esclusiva utilizzazione economica. La giurisprudenza italiana ha optato per un’interpretazione estensiva della nozione di conoscenza dell’illecito, aggiungendo alla conoscenza richiesta dal legislatore basata solo su comunicazioni by autorità, anche le segnalazioni inviate dai danneggiati. 3. Filtri e dovere di controllo la Direttiva 2000/31/CE ha stabilito che i provider non abbiano il dovere di controllare i contenuti immessi in rete. Pro: piena libertà circa le info da far circolare, Contro: impossibilità di evitare che circolino contenuti illeciti. Eppure, se ci fosse un filtro che analizza tutte le informazioni trasmesse dagli utilizzatori, si controllerebbero anche contenuti non lesivi di diritti di terzi. Non esiste un dovere di controllo dei contenuti, né esso può essere imposto al provider dal giudice, ma è possibile ordinare al provider di effettuare controlli specifici su determinati contenuti (es. imporre al provider di impedire l’accesso soltanto alle pagine che contengono materiali che violano il copyright). La Corte dice: interventi specifici si, ma provvedimenti inibitori di carattere generale no. L’applicazione delle regole in materia di responsabilità del provider comporta sempre un bilanciamento tra diritti diversi: diritto all’informazione, libera iniziativa economica, diritto d’autore. Nonostante la direttiva 2000/31/CE non abbia imposto un controllo ai provider generalizzato dei contenuti, alcune piattaforme hanno sviluppato strumenti che effettuano i controlli quando i contenuti vengono immersi nella rete. Alcuni sono automatici e funzionano con algoritmi. Art 17 prevede 3 condizioni in cui il provider è esonerato dal rispondere del fatto illecito, ma devono verificarsi cumulativamente: - Aver cercato di ottenere un’autorizzazione coi massimi sforzi, senza riuscirci; - Aver compiuto i massimi sforzi per assicurare che non siano stati memorizzati contenuti illeciti che violano i diritti di utilizzazione esclusiva dell’autore; - Aver agito tempestivamente dopo la segnalazione per rimuovere opere/materiali. Critiche: la nuova versione della Direttiva sul copyright esprime un favor esplicito per la protezione del diritto d’autore, pur introducendo accorgimenti per non frustrare l’iniziativa economica delle piattaforme. Ma c’è chi dice che impone delle barriere al mercato e chi critica l’art.17 perché consegna al provider un vero e proprio potere di censura permettendogli di controllare le attività che le persone svolgono in rete. LA RESPONSABILITA’ DELLA PIATTAFORMA DI INTERMEDIAZIONE QUANDO PRESTA IL SERVIZIO SOTTOSTANTE Il regime della responsabilità che abbiamo analizzato riguarda fatti illeciti che si verificano online, quando i contenuti violano diritti della proprietà intellettuale o della personalità, quindi i fatti illeciti che riguardano i provider che prestano servizi della società dell’informazione. Ora vediamo la responsabilità della piattaforma di intermediazione quando si ritiene che essa presti il servizio sottostante e quindi per i fatti illeciti che si verificano offline, causati dalla condotta di chi materialmente presta il servizio sottostante. Uber può essere ritenuto responsabile dai danni derivati da un incidente causato dal conducente che presta materialmente il servizio? Bisogna verificare il rapporto tra la piattaforma di intermediazione e chi presta materialmente il servizio sottostante. Uber Spain > la piattaforma PUÒ essere ritenuta responsabile del servizio sottostante nel momento in cui crea un’offerta di servizi, che rende accessibile attraverso strumenti informatici ed esercita un’influenza determinante sulle condizioni della prestazione del servizio sottostante. Nel nostro ordinamento c’è l’art.2049 c.c. che si applica se c’è un rapporto di preposizione tra le parti che deve essere descritto verificando la subordinazione dell’una all’altra (padrone-domestico). il padrone è responsabile delle azioni del domestico preposto! Se invece le piattaforme svolgono soltanto l’attività di intermediazione tra domanda e offerta di servizio, non sono responsabili per gli illeciti offline, ma spesso forniscono un servizio di copertura (Airbnb lo fa per i danni causati all’immobile da un ospite). LA RESPONSABILITA’ DA PRODOTTO DIFETTOSO NELL’ECONOMIA DI PIATTAFORMA Direttiva europea 1985/374/CE > equipara al produttore, l’importatore e il produttore. Le piattaforme possono essere equiparate a dei distributori di beni e quindi essere considerate responsabili per i difetti dei prodotti messi in circolazione? Nel 2011 in Pennsylvania ci fu un caso in cui un soggetto agì contro Ebay perché aveva contributo a mettere in commercio cose valvole difettose. La Corte però non considerò Ebay come distributore perché il bene non era nella sua disponibilità materiale (non era nei suoi magazzini). Invece nel 2019 nel caso Oberdorf vs Amazon, il ricorrente condannò la piattaforma ecommerce a risarcire il danno causato da un prodotto difettoso. Il venditore non era contattabile perché l’account risultava ormai inesistente e aveva messo un nome di fantasia. Qui Amazon era responsabile perché: la piattaforma era l’unico soggetto nei confronti del quale si poteva agire e doveva esserci una supervisione più attenta da parte di Amazon →La piattaforma non poteva beneficiare dell’esonero di responsabilità. OBSOLESCENZA PROGRAMMATA→ esistono tecniche produttive che hanno l’obiettivo di programmare l’obsolescenza, in modo da rallentare il funzionamento del prodotto spingendo il consumatore ad acquistarne uno nuovo. È stata fatta causa ad Apple e a Samsung, ma a volte è più vantaggioso pagare la sanzione che rinunciare all’obsolescenza programmata. E poi è molto difficile dimostrare che il produttore intendesse ridurre il ciclo di vita dell’oggetto, perché è altrettanto difficile provare la durata media del ciclo di vita di un prodotto e perché il produttore potrebbe negare che il suo obiettivo era questo. La Commissione europea vuole combattere questa obsolescenza programmata con la Direttiva 2019/771/UE → in cui si parla del fatto di assicurare una maggiore durabilità dei beni di consumo per raggiungere modelli di consumo più sostenibili. I beni dovrebbero mantenere le loro funzioni. La Direttiva non contiene norme specifiche per affrontare l’O.P., ma inquadra il tema nell’ambito delle garanzie della vendita. LA RESPONSABILITA’ DEI ROBOT Nell’era della quarta rivoluzione molti robot sono in grado di svolgere un lavoro autonomamente. Ma se causano un danno chi deve risarcire? Per affrontare questo problema basta considerare il livello di autonomia della macchina: va dal livello 0 = macchine per nulla autonome Liv 1 = macchine che possono svolgere autonomamente alcune funzioni Liv 2 = macchine con un livello parziale di autonomia Liv 3 = macchine che funzionano con algoritmi, software, non serve la mano dell’uomo → da qui cominciano ad esserci dubbi sulla responsabilità Liv 4 = alta automazione Liv 5 = totale automazione 6.1Livelli di autonomia e problemi della responsabilità civile Il danno determinato dalla condotta della macchina può essere valutato a partire dal livello di autonomia che essa possiede. - Se il danno è causato da una manovra del robot eseguita dall’operatore, la colpa è di quest’ultimo (medico con braccio robotico). La responsabilità civile è imputabile all’operatore per dolo o colpa ex art 2043 cc.. spetta al danneggiato provare il danno sofferto, la condotta del danneggiante, il nesso causale tra la seconda e il primo ecc. - Se invece il danno è causato dal malfunzionamento della macchina, si applica il regime della responsabilità civile del prodotto difettoso. Se però i robot presentano un liv di autonomia più alto la definizione delle regole in caso di illecito si complica (una macchina a guida autonoma). È difficile applicare il criterio di colpa, bisogna: verificare se il danno è stato fatto dal robot o da un altro soggetto, nel secondo caso che soggetto? (produttore, programmatore, utilizzatore, proprietario?) → stabilire in forza di quale criterio della responsabilità civile possiamo traslare il danno dalla vittima all’altro soggetto. Il dibattito sulla responsabilità del robot è aperto! La responsabilità del proprietario e quella del produttore Il danneggiato che abbia subito il danno causato da un robot generalmente agisce per ottenere il risarcimento nei confronti del proprietario della macchina. Guardando alle norme del nostro codice civile, si tratterebbe di una responsabilità da cose in custodia (art.2051 c.c.) da cui il proprietario potrebbe liberarsi solo dimostrando il caso fortuito. Ma quando la cosa in custodia è un robot autonomo, il processo di autoapprendimento del robot complica l’individuazione dello scenario di ordinarietà in cui collocare e valutare il caso fortuito. Le regole della responsabilità del prodotto difettoso sembrano più adatte ad affrontare il problema: qualora il danno sia stato causato da un robot autonomo difettoso, allora il suo produttore potrebbe essere tenuto a risarcirlo. Si tratta di un’ipotesi di responsabilità oggettiva, indipendente dalla colpa del produttore. Quindi i robot sono considerati prodotti, beni mobili. (Ma se sono capaci di autodeterminarsi è più difficile la situa). 1985/374/CE > direttiva europea in materia di responsabilità da prodotto difettoso Limiti della Direttiva 1985/374/CE →il fatto che è difficile distinguere beni da servizi + trasformazione tecnologica dei prodotti + invenzione dei robot. La Direttiva disciplina la responsabilità del produttore per danni causati da beni mobili difettosi, ma per i beni immateriali e servizi? Non li copre, copre solo mobili difettosi tra cui rientrano anche i software. Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si aspettava. La nozione di difetto è legata al concetto di prevedibilità e quindi è inadatta per i robot perché non sono prevedibili se seguono processi di autoapprendimento. Il produttore può liberarsi della responsabilità se prova a) di non aver messo il prodotto in circolazione, b) che il difetto non esisteva quando ha messo il prodotto in circolazione, c) che non ha fabbricato il prodotto per la vendita, d) che le conoscenze scientifiche quando ha messo in circolazione il prodotto non permetteva ancora di considerarlo difettoso. Il danneggiato deve provare il danno, il difetto e il rapporto causale tra i due. Anche questa norma si applica con fatica ai fatti causati dai robot. Infatti per danni si considerano solo quelli alle cose e alle persone, non quelli esempio sulla privacy che invece possono verificarsi quando si considerano i robot. Un’altra difficoltà→analisi dell’onere della prova richiesto ai danneggiati. Con un prodotto tecnologico si può estrarre la scatola nera per ricostruire il nesso causale. LA RESPONSABILITÀ PERSONALE DEI ROBOT I robot autonomi più sofisticati possono essere considerati come persone elettroniche, ma per farlo bisogna superare la definizione di soggetto di diritto elaborata a partire dall’uomo per allargarla a soggetti non umani.
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