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Riassunto diritto processuale civile, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Riassunto del libro diritto processuale civile Luiso

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 06/02/2019

Martyeu9
Martyeu9 🇮🇹

4

(1)

6 documenti

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Scarica Riassunto diritto processuale civile e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! 1) TUTELA DI MERO ACCERTAMENTO!! La tutela dichiarativa realizza la tutela della situazione sostanziale protetta mediante la determinazione dei comportamenti possibili e doverosi che, con riferimento a quella situazione sostanziale, le parti possono o devono tenere: talvolta le regole di condotta sono ricavate dalla realtà sostanziale preesistente (sentenza di mero accertamento); altre volte sono ricavate dalla realtà sostanziale così come modificata dal provvedimento (sentenza costitutiva). Infatti la tutela dichiarativa si articola in tre diversi tipi di tutela: tutela di mero accertamento, tutela di condanna e tutela costitutiva.
! La tutela di mero accertamento si ha quando si chiede al giudice di accertare l’esistenza di una situazione sostanziale e di stabilire i comportamenti leciti e doversi delle parti: se è sufficiente stabilire quali siano i comportamenti leciti e doverosi che le parti dovranno tenere in futuro, oggetto del processo, il contenuto del provvedimento è di mero accertamento. Con il provvedimento di mero accertamento pertanto si stabilisce ciò che le parti e secondo diritto, possono e debbono fare.! Sono consentite quindi due importanti considerazioni:! - Il diritto non è accertato in sé, ma con riferimento alla lesione da esso subita, quindi per quanto si rende necessario per rimuovere le conseguenze pregiudizievoli dell’illecito; ! - Non si deve poi confondere l’accertamento in senso descrittivo, che il giudice deve effettuare in relazione all’attuale esistenza del diritto fatto valere (rispetto al quale è rilevante ciò che è accaduto prima del processo: un accertamento che guarda al passato), con l’accertamento in senso prescrittivo, normativo, che è contenuto nella sentenza, il quale guarda al futuro, in quanto stabilisce i comportamenti leciti e doverosi che ciascuna parte deve tenere dopo il processo. !! Il provvedimento giurisdizionale dichiarativo ha i piedi nel passato e lo sguardo nel futuro: l’accertamento dell’essere è meramente strumentale all’accertamento del dover essere.
 Se una parte contesta un diritto o lo rivendica come proprio, essa può ricorrere alla tutela di mero accertamento affinchè il giudice accerti l’esistenza, il contenuto e il modo di essere del diritto, ponendo fine alle pretese altrui su di esso.
 La parte a cui viene contestata la titolarità di un diritto (o la sua esistenza) può ricorrere alla tutela di mero accertamento per porre fine alle pretese altrui sul proprio diritto, in caso ne venga confermata la titolarità.
 Il diritto deve necessariamente essere accertato in relazione a una lesione subita dall’attore, derivante da un illecito altrui.
 L’ambito di maggior applicazione della tutela di mero accertamento è l’ambito dei diritti assoluti (sia reali che della persona).
 Inoltre, si può avere anche una tutela di mero accertamento in negativo, che si ha quando si chiede al giudice di accertare che una determinata situazione sostanziale non esiste.
!! 2) TUTELA DI CONDANNA!! La tutela dichiarativa realizza la tutela della situazione sostanziale protetta mediante la determinazione dei comportamenti possibili e doverosi che, con riferimento a quella situazione sostanziale, le parti possono o devono tenere: talvolta le regole di condotta sono ricavate dalla realtà sostanziale preesistente (sentenza di mero accertamento); altre volte sono ricavate dalla realtà sostanziale così come modificata dal provvedimento (sentenza costitutiva). La tutela dichiarativa si articola in tre diversi tipi di tutela: tutela di mero accertamento, tutela di condanna e tutela costitutiva. ! Quando il diritto si trova in stato di insoddisfazione, perché l’obbligato non ha tenuto il comportamento che doveva tenere, si ha un provvedimento di condanna, che ha gli stessi effetti prescrittivi del provvedimento di mero accertamento, ed in più consente anche l’esperibilità della tutela esecutiva: si tratta dunque di una particolare sottospecie del provvedimento di mero 1 accertamento con un particolare contenuto e un particolare effetto, in quanto in esso è prescritto un comportamento (in senso atecnico, è prescritto un adempimento). Quindi il giudice prescrive anche il comportamento che la parte soccombente deve tenere in seguito all’esistenza di tale diritto. Il provvedimento di mero accertamento è quindi un presupposto del provvedimento di condanna. Quest’ultimo costituisce lo strumento grazie al quale si applica la tutela esecutiva, che ha lo scopo di mettere in pratica il comportamento imposto dal provvedimento di condanna, al fine di riportare la situazione sostanziale nello stato in cui si troverebbe se non vi fosse stata alcuna lesione.
 Il provvedimento di condanna può avere il contenuto più vario, purché la situazione sia ripristinata grazie agli strumenti offerti dall’ordinamento. Di regola la condanna presuppone la certezza dell’inadempimento. Tuttavia, in determinai casi, in via del tutto eccezionale, la legge consente che la condanna venga anticipata, nel senso che possa venire pronunciata rima che sia accertato l’eventuale inadempimento. Queste figure speciali di condanna sono:
! - Condanna in futuro: ovvero la possibilità riconosciuta dal legislatore in alcune ipotesi tipiche di avere dal giudice la pronuncia di un provvedimento di condanna in anticipo rispetto al verificarsi della violazione, che diventerà efficace solo se e quando tale evento si verificherà. Gli effetti del provvedimento non si producono subito, ma solo successivamente al dies ante quam non.
! - Condanna condizionale: Gli effetti della condanna si produrranno solo in seguito al verificarsi di una determinata condizione. Sia nel senso proprio per cui il giudice fa dipendere l'eseguibilità della condanna dal verificarsi di una certa condizione (in questo caso la condizione investe soltanto la condanna non anche l’azione) e sia nel senso che la condizione appartenga al diritto sostanziale accertato; nel secondo caso, meglio definibile come condanna a prestazione condizionata, la sentenza potrà essere di condanna solo dopo l’avveramento della condizione, mentre prima, non potendosi configurare una violazione già in atto, non potrà che essere di mero accertamento. 
! - Condanna a prestazioni continuative o periodiche: Gli effetti della condanna si producono subito e continueranno a prodursi con il passare del tempo!! - Condanna generica e provvisionale: ovvero la possibilità che su istanza dell’attore il giudice pronunci sentenza non definitiva di condanna generica alla prestazione (eventualmente accompagnata da una provvisionale), quando «sia già accertata la sussistenza di un diritto», ma sia «ancora controversa la quantità della prestazione dovuta» (art. 278 c.p.c.) La condanna generica infatti stabilisce l’ an debeatur, ma non il quantum, quindi c’è una prestazione dovuta ma essa non è quantificata. Per quantificarla è necessaria la condanna provvisionale, che prevede un risarcimento e costituisce titolo esecutivo (non si potrebbe avere tutela esecutiva con la sola condanna generica).!!! 3) TUTELA COSTITUTIVA!! La tutela dichiarativa realizza la tutela della situazione sostanziale protetta mediante la determinazione dei comportamenti possibili e doverosi che, con riferimento a quella situazione sostanziale, le parti possono o devono tenere: talvolta le regole di condotta sono ricavate dalla realtà sostanziale preesistente (sentenza di mero accertamento); altre volte sono ricavate dalla realtà sostanziale così come modificata dal provvedimento (sentenza costitutiva). La tutela dichiarativa si articola in tre diversi tipi di tutela: tutela di mero accertamento, tutela di condanna e tutela costitutiva.
! La tutela costitutiva è finalizzata ad ottenere dal giudice la costituzione, modificazione o estinzione di un rapporto giuridico o di uno status (art. 2908 c.c.), previo accertamento dei presupposti individuati dal legislatore per ottenere la produzione di un simile effetto. L'azione costitutiva ha natura tipica, potendo essere esercitata nei soli casi individuati dallo stesso legislatore (ex art. 2 pone: o una parte ha rilevato la questione, e allora la controparte ne viene a conoscenza e può replicare; o la parte non ha rilevato la questione, e allora il giudice non può porla a fondamento della sua decisione.
 
 - Per le questioni rilevabili d’ufficio, invece, si pone la necessità che esse siano prima sottoposte al contraddittorio delle parti, per essere decise solo dopo aver raccolto le loro argomentazioni.
! Il principio del contraddittorio si realizza nel processo civile in forme diverse: esso infatti ha strutture e funzioni diverse a seconda che si debba impartire una tutela dichiarativa, esecutiva o cautelare.! - Processo di cognizione c’è bilateralità perfetta nel contraddittorio tra le parti e in quello tra le parti e il giudice - Processo esecutivo il contraddittorio è meramente eventuale e rimesso alla volontà dell’ esecutato.!! Ci sono poi alcuni procedimenti speciali, in cui si ha una particolare attuazione del principio del contraddittorio. ! Una prima distinzione va fatta tra processi a cognizione piena e processi sommari: - Nel processo a cognizione piena, le parti possono portare il loro contributo in ordine a tutte le questioni rilevanti ai fini delle decisioni, utilizzando tutti i mezzi che a tal fine il sistema prevede. (es. il processo previsto per le controversie di lavoro e di previdenza; in materia di locazione, affitto e comodato; per l’opposizione alle sanzioni amministrative).
 - La categoria dei processi sommari si individua in negativo: sono sommari tutti quei processi che non sono a cognizione piena, in quanto non prevedono una trattazione piena ed esauriente della controversia. 
 La limitazione può derivare:
 • Dal fatto che talune questioni, pur rilevanti, vengono escluse dalla trattazione (es. art 35 c.p.c. );
 • Dal fatto che non possono essere utilizzati tutti i mezzi di prova previsti dal sistema (es. art 93 della legge fallimentare.);
 • Dal fatto che l’istruttoria è effettuata in modo atipico, cioè senza seguire le regole ordinarie (es. secondo gli artt 669-sexies e 702-ter c.p.c., in materia, rispettivamente, di tutela cautelare e di impugnazione dei licenziamenti). !! Nelle prime due ipotesi (processi sommari in ragione dei limiti posti alle questioni da trattare o ai mezzi di prova da utilizzare), vale la regola costante per cui ciascuna delle parti deve ottenere, semplicemente manifestando la sua volontà in tal senso (nei tempi e modi previsti), l’instaurazione di un processo a cognizione piena (sia esso di rito ordinario o speciale) il cui atto conclusivo sostituisca gli effetti prodotti dal provvedimento emesso nel procedimento sommario: se la parte si acquieta al provvedimento sommario, esso acquista gli effetti di un provvedimento a cognizione piena (il diritto di difesa è infatti un diritto e non un obbligo). 
 
 Rispetto alla terza ipotesi, invece, quella dei processi sommari in ragione di una trattazione e di un’istruttoria complete ma atipiche (predeterminate dal legislatore), opinione costante in giurisprudenza (avversata dalla dottrina maggioritaria), è nel senso della compatibilità con il diritto di difesa.! 
 Il 3° comma dell’art 24 Cost. si occupa di un altro profilo importante ai fini dell’effettività del diritto di azione e di difesa, la difesa giudiziaria dei non abbienti: l’uguaglianza delle parti di fronte al giudice non si realizza, infatti, se alcune di queste non hanno la capacità economica di procurarsi un difensore. La norma stabilisce che: “Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”. Fino al 2001 vi erano una pluralità di strumenti: è poi entrata in vigore la L. 134/2001, successivamente inglobata nel T.U. in materia di 5 spese di giustizia del 2002, che ha dato una disciplina generale dell’assistenza ai non abbienti in tutti i processi (penale, civile, amministrativo e tributario). !! 6) PETITUM!! Tra gli elementi oggettivi di identificazione della domanda giudiziale (che quindi diventano elementi di identificazione dell’oggetto del processo e, di conseguenza, elementi della sentenza) si può individuare il petitum. Art. 163, n.3 cpc “la determinazione della cosa oggetto della domanda”.
 Il petitum consiste nell’oggetto della domanda in senso stretto, nell’ utilità patrimoniale o non alla quale la parte attrice aspira quando propone la domanda giudiziale. 
 È possibile distinguere tra:
 - Petitum immediato (o processuale): per individuare il provvedimento che con la domanda si chiede al giudice (es.: la condanna, il sequestro etc.). La domanda ha per oggetto un provvedimento richiesto dal giudice 
 - Petitum mediato (o sostanziale): in riferimento all'oggetto al cui soddisfacimento è diretta la domanda ossia al bene della vita che si chiede nei confronti della controparte (una cosa, una prestazione etc.). La domanda ha per oggetto un bene della vita (che cambia in base alla situazione sostanziale).
 Anche questo elemento deve coincidere perché si abbia identità di azioni la quale postula sotto questo profilo l’identità tra petitum immediato e mediato. Il bene della vita presuppone il riferimento più o meno esplicito ad un diritto sostanziale che qualifica come petitum il bene della vita richiesto e viene in rilievo, se considerato per se stesso come il titolo o causa petendi. [Mandrioli]!! Inoltre, dal momento che la domanda viene individuata innanzitutto attraverso il petitum mediato, il quale non può essere domandato separatamente dal petitum immediato, ciò comporta, ai sensi dell'art. 164 c.p.c., la nullità della citazione dalla quale non sia desumibile, neanche dal contesto dell'atto, il petitum mediato ed immediato e la causa petendi.! L'indicazione del petitum, oltre che degli altri elementi dell'azione, segna i confini del potere decisorio del giudice, poiché questi non può pronunciare oltre i limiti della domanda (c.d. principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato)] (art. 112 c.p.c.).
 Il petitum spesso è utilizzato per la distinzione dei criteri di competenza e giurisdizione. ! 
 Dal petitum si distingue la causa petendi, che costituisce la ragione della domanda giudiziale, cioè il motivo per cui essa viene posta. Petitum mediato e causa petendi sono dunque le due angolazioni del diritto sostanziale affermato, che è l’oggetto del processo. Il diritto affermato nel quale convergono, viene in rilievo come entità concreta se si ricorda che ciò che individua il diritto come volontà concreta di legge non è la norma di legge ma i fatti costitutivi del diritto ed appare evidente come la causa petendi si risolva nel riferimento concreto a quel fatto o a quei fatti che sono affermati e allegati come costitutivi.[Mandrioli]
 Fondamentali per individuare l’oggetto della domanda sono le allegazioni di fatti principali e secondari.!!! 7) CAUSA PETENDI 
! Tra gli elementi oggettivi di identificazione della domanda giudiziale si può individuare la causa petendi. 
 La causa petendi è la fattispecie costitutiva del diritto dedotto in giudizio. Essa attiene al rapporto giuridico sostanziale e costituisce la ragione della richiesta processuale, il titolo su cui si fonda l’azione e da cui sorgono gli effetti giuridici dedotti in giudizio attraverso il petitum.
! Fondamentali per individuare l’oggetto della domanda sono le allegazioni di fatti principali e secondari.
 
 6 Quando è necessaria l’ allegazione della causa petendi, essa si distingue in:
 - Causa petendi attiva relativa a fatti costitutivi in senso stretto! - Causa petendi passiva relativa a fatti lesivi (= fatti costitutivi che implichino la lesione di un diritto).
! L’incidenza della causa petendi sulla disciplina del processo è notevole. Rappresentando, infatti, assieme al petitum, uno degli elementi oggettivi che contribuiscono all’identificazione dell’azione esercitata, la causa petendi ha rilevanza in tutti quegli istituti la cui disciplina dipende dall’esatta determinazione dell’oggetto del giudizio. Ciò accade, per es., in relazione al contenuto della citazione, per quel che concerne la funzione di edictio actionis che a questa appartiene, alla disciplina della litispendenza e della continenza, nonché in relazione alla problematica dei limiti oggettivi del giudicato.! In quanto elemento identificativo della domanda, la causa petendi interviene anche quando occorra determinare la sussistenza di vincoli di connessione oggettiva tra cause diverse. Può accadere, infatti, che tra due distinte cause si verifichi un’identità (anche parziale) della fattispecie costitutiva, o addirittura che una causa, rientrando nella fattispecie costitutiva di un altro diritto, si ponga come questione pregiudiziale rispetto alla decisione sul rapporto sostanziale dedotto in giudizio in via principale.!!! 8) DOMANDE AUTOINDIVIDUATE!! [L’ oggetto del processo (che costituisce elemento della domanda giudiziale) si individua grazie all’identificazione del diritto, della lesione e della tutela. Per quanto riguarda l’identificazione del diritto, in base ai diversi criteri usati per individuare il diritto si possono avere diritti autoindividuati, eteroindividuati o potestativi.]
 I diritti oggetto della domanda giudiziale (necessariamente contenuta nell’atto introduttivo del processo) possono essere: autoindividuati, eteroindividuati o potestativi.
! I diritti autoindividuati (diritti assoluti in genere, compresi i diritti reali ed i diritti che hanno ad oggetto un bene determinato) si identificano sulla base di tre elementi:
 - Titolare del diritto 
 - Bene che costituisce oggetto del diritto - Tipo di utilità garantito dall’ordinamento, cioè il tipo di diritto che ha ad oggetto quel bene I diritti appartenenti a questa categoria si denominano autoindividuati, in quanto non ne è elemento identificatore la loro fattispecie costitutiva: per individuare il diritto non c’è bisogno di stabilire in virtù di quale fattispecie esso è sorto.
 Il mutare della fattispecie acquisitiva non muta l’identità del diritto, e al moltiplicarsi del diritto di acquisto non consegue il moltiplicarsi dei diritti: il diritto rimane unico. Ciò che conta è l’attuale esistenza del diritto di proprietà sul bene, non i titoli acquisitivi della proprietà stessa.!!! 9) DOMANDE ETEROINDIVIDUATE ! 
 [L’ oggetto del processo (che costituisce elemento della domanda giudiziale) si individua grazie all’identificazione del diritto, della lesione e della tutela. Per quanto riguarda l’identificazione del diritto, in base ai diversi criteri usati per individuare il diritto si possono avere diritti autoindividuati, eteroindividuati o potestativi.] Il diritto oggetto della domanda giudiziale (contenuta necessariamente nell’ atto introduttivo del processo) può essere autoindividuato, eteroindividuato o potestativo.
 
 I diritti eteroindividuati (diritti di credito aventi ad oggetto una prestazione ripetibile) si identificano grazie a: 7 I vizi dei presupposti processuali possono essere distinti in sanabili e insanabili (art.183- lista dei vizi dei presupposti processuali). Si ha un vizio sanabile quando è possibile acquisire al processo il requisito mancante che determina il vizio in questione: va però precisato che l’acquisizione deve poter avvenire attraverso l’attività di colui che ha proposto la domanda (o eventualmente anche dell’ufficio), e non di un soggetto diverso. In presenza di un vizio insanabile di un presupposto processuale, invece, non ci sono alternative: poiché il processo non può giungere ad una decisione di merito, esso deve essere chiuso in rito.!!! 12) EFFETTI PROCESSUALI DELLA DOMANDA GIUDIZIALE 
! La domanda giudiziale individua l’oggetto del processo, il quid intorno al quale si muoverà tutta l’attività processuale, compreso l’atto finale: essa costituisce il punto di passaggio, il ponte fra il diritto sostanziale e il processo.
 Gli effetti della domanda giudiziale possono essere distinti in tre categorie: meramente procedimentali, processuali in senso stretto e sostanziali. Gli effetti processuali della domanda sono quegli effetti che la domanda giudiziale produce sul rapporto processuale. Essi derivano dal principio dell'unità del rapporto processuale, dal fatto cioè che il processo, benché diviso in vari procedimenti, è unico.
 Il principale effetto processuale è la litispendenza in senso ampio (= situazione che si verifica tra la proposizione della domanda giudiziale e il passaggio in giudicato formale della sentenza). Ad essa si possono ricondurre:
! - Litispendenza in senso proprio: presenza di processi con oggetto uguale ma davanti a uffici giudiziari diversi (art.39 cpc)
! - Irretrattabilità della domanda: la domanda non può essere ritirata senza il consenso della controparte costituita (art.306 cpc)
! - Perpetuatio iurisdictionis (art.5 cpc) [l'irrilevanza, rispetto alla determinazione della giurisdizione della competenza, dei mutamenti della "legge vigente" successivi al momento della proposizione della domanda]!! - Possibilità di successione processuale!! Gli effetti processuali in senso stretto si ricollegano al fatto che il processo è pendente e riguardano non il merito (il contenuto della pronuncia), bensì il rito (incidono sull’andamento del processo).! 
! 13) EFFETTI SOSTANZIALI DELLA DOMANDA GIUDIZIALE!! La domanda giudiziale individua l’oggetto del processo, il quid intorno al quale si muoverà tutta l’attività processuale, compreso l’atto finale: essa costituisce il punto di passaggio, il ponte fra il diritto sostanziale e il processo.
 Gli effetti della domanda giudiziale possono essere distinti in tre categorie: meramente procedimentali, processuali in senso stretto e sostanziali. ! Gli effetti sostanziali della domanda giudiziale sono quelli che si producono in ragione dell’affermazione del diritto dedotto in citazione e generalmente rispondono all’esigenza, evidenziata da tempo in dottrina, che i tempi del processo non vadano a danno della parte che ha ragione. ! Gli effetti sostanziali incidono sul contenuto di merito della pronuncia. 
 Essi vanno distinti in due categorie (se si presta attenzione alla struttura della fattispecie -proposto 10 da Cerino Canova):
! a) Effetti sostanziali prodotti dalla proposizione della domanda 
 
 In questo caso gli effetti si producono per il solo fatto che la domanda sia stata proposta. È irrilevante che poi il processo giunga o meno a una decisione di merito.
 Se anche il processo si estingue e si chiude in rito, l’effetto si produce ugualmente, perché la domanda qui non vale specificatamente come atto processuale ricollegato alla sentenza, ma in quanto atto di esercizio del diritto (es. La domanda interrompe la prescrizione in quanto atto di esercizio del diritto: talvolta lo stesso effetto può essere prodotto anche da atti stragiudiziali, di natura sostanziale).
 L’effetto sostanziale è ricollegato unicamente e automaticamente alla proposizione della domanda. Tali effetti possono talvolta essere egualmente prodotti da altri atti di diritto sostanziale. Vi sono, invece, ipotesi in cui la domanda giudiziale è l’unico mezzo con cui produrre un certo effetto sostanziale: ma ancora una volta, la domanda ha rilevanza non come atto iniziale di un processo che conduce ad una pronuncia con un certo contenuto, ma come semplice manifestazione di volontà. Ciò vuol dire che non è necessario che tale atto abbia il suo epilogo in una sentenza. In realtà, non è necessario neppure che il processo sia avviato: è sufficiente notificare la citazione alla controparte, senza neppure iscrivere la causa a ruolo.
 La domanda vale come atto di esercizio del diritto (o come manifestazione di volontà in altri casi) e gli effetti si producono per il solo fatto che essa sia stata proposta. [esempio: costituzione in mora, interruzione della prescrizione]
! b) Effetti sostanziali prodotti dall’accoglimento della domanda 
 
 In questo caso gli effetti presuppongono l’accoglimento della domanda: si producono solo se la domanda sarà accolta, cioè se sarà riconosciuto esistente il diritto fatto valere in processo.
 Fra il momento il cui la tutela è richiesta e quella in cui è impartita passa necessariamente un certo tempo, ma la necessità di servirsi del processo non deve andare a danno della parte che ha ragione: devono essere “sterilizzati” i danni conseguenti alla durata del processo. Tali danni talvolta si verificano perché la realtà materiale, esterna al processo, continua ad evolversi durante il processo. Può però accadere che il pregiudizio derivi dalla stessa applicazione del diritto sostanziale. Gli effetti sostanziali della domanda servono proprio ad evitare pregiudizi di questo tipo: le norme sostanziali “di diritto comune” sono disapplicate, e sono invece applicate norme sostanziali speciali, quando l’applicazione delle norme comuni a fatti che accadono nel corso del processo, arreca un pregiudizio alla parte che avrà ragione. Gli effetti sostanziali di questa categoria hanno come fondamento comune lo scopo di evitare pregiudizi (alla parte a cui verrà riconosciuta la ragione) derivanti dall’applicazione stessa del diritto sostanziale. Al tempo che scorre durante il processo si applica una norma diversa da quella che si applica al tempo che scorre fuori dal processo. L’effetto sostanziale è però ricollegato all’accoglimento della domanda (perché il rigetto della stessa implica che l’attore non è titolare del diritto fatto valere).!! [effetti determinati dalla fattispecie complessa costituita dalla domanda e dalla sentenza favorevole all’attore; effetti che sono prodotti non dalla domanda giudiziale in sé, ma dalla norma sostanziale applicata alla vicenda processuale - Canova] ! Un’altra ipotesi di effetti sostanziali! c) Effetti sostanziali in materia di successione del diritto controverso !! Altra ipotesi di effetti sostanziali della domanda è prevista dall’art 111 c.p.c. in materia di successione nel diritto controverso: qui gli effetti sostanziali della domanda sono utilizzati per risolvere il conflitto fra la parte che ha ragione ed un terzo avente causa della parte soccombente.!! 11 14) MOMENTO DETERMINANTE DELLA GIURISDIZIONE E DELLA COMPETENZA!! L’art. 5 cpc “La giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo.” indica il momento temporale nel quale si fissa la giurisdizione. La perpetuati iurisdicitionis, espresso dall’art.5, è il principio in forza del quale la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, cosicché eventuali modificazioni dello stato medesimo non determinano spostamenti della giurisdizione o competenza in capo ad altro giudice.
! Se infatti nel corso del processo si dovessero presentare dei mutamenti di giurisdizione o di competenza, si comprometterebbe la possibilità di giungere alla sentenza di merito. Per evitare questo problema l’art. 5 cpc stabilisce infatti che quando la giurisdizione e la competenza si determinano sulla base di una situazione che si evolve nel tempo, vengono bloccati la norma e il fatto rilevanti per la sussistenza della giurisdizione e della competenza al momento della proposizione della domanda.! Il principio dello perpetuatio iurisdictinios è principio di origine romanistica, in base al quale una volta istituito regolarmente il rapporto processuale, nessun cambiamento sopravvenuto né della legge né dello stato di fatto può influire sul rapporto stesso e far venire meno la competenza.
 
 Per quanto riguarda i fatti rilevanti questo principio non soffre eccezioni.
 Per quanto riguarda lo ius superveniens, invece, il legislatore può sempre stabilire, nella legge che introduce la nuova regola di giurisdizione o competenza, che essa trovi applicazione anche nei processi in corso, occorre fare eccezione per le sentenze della Corte costituzionale che dichiarano illegittima la norma attributiva della giurisdizione o della competenza: in questo caso, se nel processo in corso la questione di giurisdizione o di competenza non è ancora preclusa, essa è rilevabile da chi è legittimato a farlo. La giurisprudenza e la dottrina assolutamente maggioritarie erano ferme nel ritenere che la vecchia formulazione dell'art. 5 cpc non consentisse l'applicazione del principio della perpetuatio iurisdictionis alle ipotesi dei mutamenti legislativi sopravvenuti della normativa avente direttamente ad oggetto la giurisdizione o la competenza. Normalmente il legislatore, nel dettare una nuova normativa della giurisdizione o della competenza, aveva accortezza di prevedere una specifica disciplina transitoria, ma ove ciò avesse mancato di fare, l'applicazione della regola generale dell'art. 5 cpc risultava non praticabile, con il sorgere di gravi inconvenienti ed in contrasto con quella esigenza di evitare che la durata del processo vada a danno del litigante in quanto tale che pure costituiva la ratio dell'art. 5 cpc. La legge 353/90 con la nuova formulazione dell'art. 5 cpc, risolve i problemi di tale specie, dettando un'innovazione che, pur essendo destinata a trovare applicazione solo in ipotesi di assenza di specifiche discipline transitorie, non può di certo essere qualificata come inutile.!!! 15) RILIEVO DEL DIFETTO DI GIURISDIZIONE 
! Nel nostro sistema processuale è previsto un meccanismo che permetta di accertare in concreto la corretta applicazione delle norme processuali: la rilevazione della questione.
 
 La tecnica della rilevazione è utilizzabile solo nei processi di cognizione ed è sempre possibile per le parti (talvolta può essere effettuata anche d’ufficio dal giudice).! L’ art. 37 cpc stabilisce che il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali è rilevabile, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo.
 
 Il difetto di giurisdizione è rilevabile, quindi, dal giudice e dal convenuto. 12 precedentemente instaurato. Per riassunzione si intende la continuazione del precedente giudizio e, proprio perché si tratta di continuazione, una serie di effetti sostanziali e processuali rimangono in vita.  In materia di competenza il legislatore è chiaro nell'affermare che ogni volta in cui vi sia declaratoria di competenza, la causa può essere riassunta di fronte al giudice competente. In materia di giurisdizione, invece, la questione non è così chiara: si parla indifferentemente di riproposizione della domanda e di riassunzione. La tesi oggi prevalente in dottrina è quella secondo cui anche quando il legislatore parla di riproposizione della domanda intende riferirsi alla riassunzione. La translatio, è ammessa solo tra le varie giurisdizioni italiane (mancano accordi dell’Italia con gli altri Stati al fine di consentire la trasmigrazione della causa da un ordinamento all’altro). Quindi, il giudice italiano (civile, amministrativo, contabile, tributario, ecc.), che si dichiara sfornito di giurisdizione, deve indicare il giudice che reputa fornito di giurisdizione solo quando trattasi di un altro giudice italiano. Qualora la domanda rientri nella giurisdizione del giudice ecclesiastico, la translatio va senz’altro esclusa, in quanto i giudici ecclesiastici, anche se hanno sede in Italia, non appartengono all’ordinamento della Repubblica italiana. A riassumere il giudizio riproponendo la domanda, può essere solo l’attore, più precisamente solo chi ha proposto la medesima domanda davanti al giudice che ha declinato la giurisdizione. Per il primo periodo del 3° comma dell’art. 59, se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate, nel processo, le sezioni unite della Corte di cassazione, il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d’ufficio, con ordinanza, la questione di giurisdizione davanti alle medesime sezioni unite della Corte di cassazione, fino alla prima udienza fissata per la trattazione del merito. Se il giudice ritiene di non avere la giurisdizione, lo dichiara con sentenza di rito.
 Le conseguenze del difetto di giurisdizione cambiano a seconda che esso sia:
 - Assoluto: nell’ordinamento italiano non esiste nessun giudice in grado di fornire la tutela richiesta.
 In questo caso la conseguenza è che il giudice dichiara il proprio difetto di giurisdizione e il processo si chiude, poiché appunto non c’è nessun altro giudice a cui rivolgersi.
 
 - Relativo: il fatto che il giudice ordinario non abbia la giurisdizione necessaria non esclude che esista un giudice speciale in grado di fornire la tutela richiesta.
 In questo caso il giudice deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizione e deve anche indicare il giudice che, secondo lui, ha la giurisdizione richiesta.
 Questa indicazione innesca il meccanismo di sanatoria del difetto di giurisdizione, che prevede il trasferimento del procedimento da un ufficio giudiziario all’ altro (translatio iudicii).
 La domanda deve essere riproposta entro 3 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che dichiara il difetto di giurisdizione.
 •       Se la domanda viene riproposta entro questo termine vengono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice munito di giurisdizione fosse stato adito sin dall’inizio.
 o       Le parti sono vincolate all’indicazione del giudice munito di giurisdizione.
 o        Il giudice entro la prima udienza può rilevare di non essere munito della giurisdizione e rimettere la questione alle sezioni unite della Corte di Cassazione (tuttavia, se la sentenza che dichiara la sua giurisdizione è emanata dalla Corte di Cassazione il giudice è vincolato ad essa).
! •        Se la domanda NON viene riproposta entro questo termine (quindi è tardiva) gli effetti processuali e sostanziali della prima domanda si perdono.
 Il giudice adito dichiara estinto il processo. La domanda tardiva non è idonea a continuare il primo processo, ma è perfettamente idonea ad instaurare un nuovo e diverso processo.!!! 17) REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE!! Il regolamento di giurisdizione è uno strumento per decidere le questioni di giurisdizione. E’ disciplinato dall’art. 41 cpc: “Finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle sezioni unite della Corte di cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione di cui all'articolo 37. L'istanza si propone con ricorso a norma degli articoli 364 e seguenti, e produce gli effetti di cui all'articolo 367. 15 La pubblica amministrazione che non è parte in causa può chiedere in ogni stato e grado del processo che sia dichiarato dalle sezioni unite della Corte di cassazione il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge alla amministrazione stessa, finché la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato.” Esso è quel particolare mezzo con cui il potere di decidere è sottratto al giudice adito e rimesso alla Corte di Cassazione. Il regolamento di giurisdizione non è un mezzo di impugnazione, esso è un mezzo facoltativo e preventivo (perché previene la decisione del giudice sul punto), con cui si chiede alla Corte di Cassazione di risolvere la questione di giurisdizione (finché la causa non sia chiusa o decisa in primo grado). La norma stabilisce che ciascuna parte può chiedere alle s.u. di risolvere la questione di giurisdizione (cioè di fare quello che farebbe il giudice adito se il potere non gli fosse sottratto con la proposizione del regolamento).
 
 L’art 41 dice espressamente “finché la causa non sia decisa nel merito in 1° grado”: la Cassazione interpreta la norma in modo molto ampio, come comprensiva di ogni sentenza pronunciata in primo grado, sia di merito che di rito.
! Quando il regolamento non è più proponibile, la questione di giurisdizione può essere coltivata attraverso i normali mezzi di impugnazione: il regolamento è infatti un mezzo facoltativo, alternativo ai normali mezzi di impugnazione.
 La parte interessata può egualmente investire la Corte della questione, proponendo appello avverso la sentenza di 1° grado, e successivamente ricorso per Cassazione avverso la sentenza di appello. La finalità perseguita dal legislatore è quella di dare alle parti la possibilità di avere subito una pronuncia definitiva sulla giurisdizione (che è un’ordinanza ex art 375 c.p.c.): la Corte di cassazione è infatti l’organo di vertice per la giurisdizione, e le sue decisioni statuiscono in modo definitivo sulla questione, vincolando tutti i giudici la cui giurisdizione sia dichiarata.
! La ratio dell’istituto spiega dunque perchè la giurisprudenza ritenga legittimato a proporre il regolamento anche l’attore, ossia colui che ha scelto il giudice adito: l’obiezione per cui è stato lui a dar causa all’eventuale vizio del processo non è fondata, e la sua legittimazione è giustificabile proprio per l’esistenza di controversie a confine fra l’una e l’altra attribuzione giurisdizionale, per cui è obiettivamente incerto l’organo fornito di giurisdizione. La proposizione del regolamento di giurisdizione determina una sospensione discrezionale: il processo di merito è sospeso, salvo che il giudice adito valuti il regolamento manifestamente inammissibile o manifestamente infondato. Il giudice adito sospende il processo innanzi a sé.
 La possibilità di procedere verso la decisione di merito nonostante l’avvenuta proposizione del ricorso fa sorgere il problema, non disciplinato dal legislatore, di stabilire: cosa accade se la sentenza di merito viene emessa e magari passa in giudicato prima che la Cassazione abbia deciso del regolamento? - La Cassazione afferma la giurisdizione del giudice che ha emesso la sentenza di merito; se invece la giurisdizione è negata, occorre coordinare le due sentenze. Ora, posto che la pronuncia di merito è emessa senza che il giudice abbia potuto esaminare la questione di giurisdizione è evidente che tale pronuncia presuppone sussistente la giurisdizione del giudice che l’ha pronunciata: essa è una “sentenza condizionata” al riconoscimento della sussistenza della giurisdizione. !! - La Cassazione nega la giurisdizione, viene meno un presupposto necessario per la sentenza di merito, che è caducata in virtù dello stesso principio di cui fa applicazione l’art 336 c.p.c. (che fa riferimento ai mezzi di impugnazione), il quale sarà quindi applicato analogicamente in virtù dell’eadem ratio (effetto espansivo). 
 Il regolamento di giurisdizione può essere proposto da entrambe le parti (quindi anche dall’attore, nonostante il principio di autoresponsabilità) e il giudice può proporre il regolamento d’ufficio. !! 16 Anche la pubblica amministrazione (che non è parte in causa) può proporre il regolamento di giurisdizione, fino a quanto la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato. Nel caso della pubblica amministrazione si tratta di rivendicazione dell’esercizio di poteri di amministrazione attiva, attribuiti alla P.A. dalla legge stessa. Quando si chiede al giudice di esercitare un potere che spetta invece alla P.A., si ha un difetto assoluto di giurisdizione, e la P.A. ha il potere di sollevare il regolamento di giurisdizione fino a quando questa non sia affermata con sentenza passata in giudicato. 
 Le questioni di giurisdizione sono infatti rilevabili in ogni stato e grado del giudizio, finché non sia fornito il giudicato, il quale è intangibile all’interno del processo: il regolamento di giurisdizione quindi, che è uno strumento interno al processo, non può più essere proposto. La P.A. può però sollevare il conflitto di attribuzione, che è strumento esterno al processo.!! Il regolamento di giurisdizione può essere presentato anche dal prefetto. !!! 18) FORI FACOLTATIVI NELLE OBBLIGAZIONI 
 
 Nella competenza territoriale si distinguono tre fori: ! a) Foro generale 
 b) Foro facoltativo 
 c) Foro esclusivo 
! Il foro facoltativo ha la caratteristica di aggiungersi al foro generale. Quando per la stessa controversia sono competenti più uffici giudiziari si ha una pluralità di fori concorrenti, quindi starà all’attore scegliere se applicare i criteri del foro generale o di quello facoltativo per determinare il foro competente (scelta tra l’applicazione dei criteri degli artt. 18 e 19, e l’applicazione dei criteri dell’art 20). 
 L’art 20 cpc “Per le cause relative a diritti di obbligazione è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio” prevede la competenza del foro:
 - sia del luogo in cui è sorta l’obbligazione [forum contractus],
 - sia del luogo dove deve essere eseguita (sempreché non coincidano) [forum solutionis]. 
 Esempio. Il convenuto ha la residenza ad A ed il domicilio a B; l’obbligazione è sorta a C e deve essere eseguita a D: l’attore può scegliere quello dei 4 fori territoriali che più gli aggrada. !! Le obbligazioni contrattuali SORGONO nel luogo dove si perfeziona il contratto, le obbligazioni extracontrattuali nel luogo dove si verifica l’ultimo elemento di fatto che produce la nascita dell’obbligazione.
 
 Le obbligazioni devono essere ADEMPIUTE al domicilio del debitore: se però hanno per oggetto il pagamento di una somma di denaro, al domicilio del creditore (per la giurisprudenza, se si tratta di una somma non liquida di denaro, al domicilio del debitore). !!! 19) RILEVAZIONE DELLE QUESTIONI DI COMPETENZA ! La rilevazione di competenza può essere fatta sia dal giudice che dal convenuto. Principio di auto- responsabilità: principio in forza del quale l'attore non può eccepire la carenza di competenza del giudice cui ha scelto di proporre la causa.! • Dal GIUDICE:
 L’ art. 38 cpc stabilisce due diverse regole in base al tipo di competenza.
 Se si tratta di competenza per:! • Materia, territorio inderogabile e valore, rilevabile dal giudice non oltre l’udienza.
 La norma va coordinata con l’art. 14 cpc, in cui si stabilisce che solo il convenuto può contestare il valore attribuito dall’attore ai beni mobili, nella sua prima udienza.
 17 La questione di competenza può essere ridiscussa con un mezzo ordinario (appello, ricorso in cassazione) a condizione che, insieme alla competenza, sia impugnato anche il merito (art 43): non è possibile impugnare con il mezzo ordinario la sola questione di competenza. Inoltre la Cassazione intende per “merito” qualunque questione, anche di rito, diversa dalla competenza (purché idonea ad essere 
 
 decisa con sentenza).
 Nel coordinamento di regolamento e normali mezzi di impugnazione si profilano due possibili situazioni:! A. Regolamento di competenza proposto prima dell’impugnazione ordinaria 
 Se il regolamento di competenza è proposto prima della impugnazione ordinaria, i termini per opporre l’impugnazione ordinaria si sospendono in attesa che sia deciso il regolamento - SE la sentenza che decide il regolamento conferma la competenza del 1° giudice, i termini riprendono a decorrere e può essere proposta l’impugnazione ordinaria: naturalmente solo per la parte relativa al merito, perché la competenza è stata ormai decisa. - SE, invece, dichiara che il 1° giudice non è competente, i termini non decorrono più, perché la sentenza emessa in sede di regolamento, dichiarando incompetente il giudice adito, ha travolto la pronuncia di merito (effetto espansivo interno: art 336). Il processo può essere riassunto davanti al giudice indicato come competente dalla sentenza di regolamento. B. Impugnazione ordinaria proposta prima del regolamento di competenza 
 Se viene prima proposta l’impugnazione ordinaria, le altre parti possono comunque proporre il regolamento di competenza. Starà al convenuto compiere una scelta di strategia processuale e preferire o il regolamento di competenza o l’ impugnazione ordinaria.!! Nel momento in cui la controparte impugna la parte relativa al merito, nasce per il convenuto un PROBLEMA DI STRATEGIA PROCESSUALE: • Se è forte nel merito (nel senso che ritiene di poter ottenere la conferma della sentenza di 
 merito in sede di impugnazione), gli conviene non sollevare la questione di rito: lascia passare in 
 giudicato la questione di rito e si difende solo nel merito, in sede di impugnazione. ! • Se è debole nel merito, gli conviene coltivare la questione di rito, perché, se non impugna la questione di competenza e si difende solo nel merito, sulla questione di competenza si forma il giudicato e quindi, qualora in sede di impugnazione rimanga soccombente, il convenuto non può 
 più sollevare la questione di competenza. !! Poiché la proposizione dell’impugnazione ordinaria non toglie alle altre parti la facoltà di proporre l’istanza di regolamento, il convenuto, qualora decida di coltivare la questione di competenza, può scegliere tra 2 strumenti distinti:
 • Riproporre la questione di competenza di fronte al giudice adito dall’attore con l’IMPUGNAZIONE ORDINARIA; 
 • Utilizzare il REGOLAMENTO DI COMPETENZA: se sceglie la via del regolamento, il processo relativo all’impugnazione ordinaria è sospeso in attesa della decisione del regolamento, la quale può appunto confermare o meno la competenza del 1° giudice: ! - Se si conferma la competenza del giudice di 1° grado, si riavvia il processo relativo all’impugnazione ordinaria (che era stato sospeso a causa dell’avvenuta proposizione del regolamento di competenza); - Se viene dichiarata l’incompetenza del giudice di 1° grado, la sentenza di regolamento travolge anche quella parte della sentenza di 1° grado che aveva deciso nel merito (effetto espansivo interno: art 226), e quindi il processo relativo all’impugnazione ordinaria non verrà più ripreso. 
! La differenza tra il regolamento di competenza e l’appello è evidente: sono diversi l’atto con cui si propone l’impugnazione, il giudice e il processo.
 Le differenze tra i due mezzi stanno nei termini e nel patrocinio legale. ! 20 Termini:
 Regolamento 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento da impugnare ! Ricorso ordinario 60 giorni dalla notificazione della sentenza ! Patrocinio legale:
 Regolamento stesso legale che ha rappresentato la parte nel regolamento 
 Ricorso ordinario mandato speciale a un legale iscritto all’albo speciale per l’impugnazione! Dati gli elementi comuni tra regolamento di competenza e ricorso ordinario, se l’ atto errato ha tutti i requisiti dell’atto giusto, è possibile che si verifichi una conversione tra i due atti:
 • L’istanza di regolamento, erroneamente proposta (es. perché la questione decisa con la sentenza che si impugna non è di competenza, ma di altro genere), può convertirsi in ricorso ordinario;! • Il ricorso ordinario, erroneamente proposto (es. perché si impugna solo la questione di competenza), può convertirsi in istanza di regolamento.
! Il fenomeno della conversione (che può verificarsi anche in relazione ad altri: ad es., citazione e ricorso), è possibile quando l’atto errato ha tutti i requisiti dell’atto giusto. Pertanto, tenuto conto delle due differenze:
 • La conversione da istanza di regolamento a ricorso ordinario, è possibile quando l’istanza è proposta da un avvocato munito di mandato speciale e iscritto all’albo delle giurisdizioni superiori; • La conversione da ricorso ordinario a istanza di regolamento, è possibile quando il ricorso è notificato nei termini entro i quali deve essere proposto il regolamento.!!! 22) TRANSLATIO IUDICII A SEGUITO DI DECLINATORIA DI COMPETENZA - vedi ultima pagina 
!! 23) LIMITI OGGETTIVI DEL GIUDICATO - vedi ultima pagina!!! 24) GIUDICATO FORMALE E SOSTANZIALE - vedi ultima pagina!!! 25) GIUDICATO INTERNO ED ESTERNO ! Il giudicato si distingue in:
! - Giudicato interno, quello che si è formato nello stesso processo; ! - Giudicato esterno, quello che si è formato in un processo diverso.!! Questa distinzione può essere rilevante in due direzioni: • Innanzitutto, in ordine al potere di rilevazione del giudicato stesso. 
 
 Se per lungo tempo la giurisprudenza ha affermato che solo il giudicato interno poteva essere rilevato anche ex officio, mentre il giudicato esterno era rilevabile solo dalla parte, la Cassazione ha mutato parere, ritenendo rilevabile anche d’ufficio pure il giudicato esterno. !! • In secondo luogo, in ordine all’efficacia della sentenza al di fuori del processo in cui è stata emessa. L’opinione dominante (ma non del tutto convincente) è nel senso che la sentenza di ritto (ad eccezione della sentenza sulla competenza e sula giurisdizione pronunciata dalla Corte di cassazione) non abbia effetti al di fuori del processo in cui si è formata: così essa, una volta passata in giudicato formale, non produce un giudicato sostanziale in ragione del suo contenuto, e non ha neppure effetti nel successivo processo, instaurato fra le stesse parti in ordine allo stesso oggetto, qualora all’interno di questo secondo processo dovesse sorgere la stessa questione di rito già affrontata e decisa dalla precedente sentenza. ! 21 ! 26) PREGIUDIZIALITÀ IN SENSO TECNICO E IN SENSO LOGICO - vedi ultima pagina !! 27) LIMITI SOGGETTIVI DEL GIUDICATO ! Il problema dei limiti soggettivi del giudicato si pone solo quando si sia giunti alla conclusione che la sentenza precedente è rilevante per la decisione della seconda controversa. Se la prima sentenza non è rilevante si tratta di cd. terzo indifferente. 
 Se le parti nei confronti delle quali ha efficacia la seconda sentenza sono diverse da quelle della prima sentenza sorge un problema, poiché chi non era coinvolto nel primo processo non ha potuto instaurare il contraddittorio e quindi potrebbe essere pregiudicato dalla prima sentenza. Tuttavia, oltre al diritto al contraddittorio è garantito anche il diritto d’azione (art. 24 Cost), quindi è necessario trovare un criterio per stabilire quando sia necessario estendere l’ efficacia della prima sentenza al terzo e quando invece negarla.
 Il criterio più ragionevole è quello della anteriorità della proposizione della domanda rispetto al sorgere dei diritti/doveri del terzo, e viceversa (prior in tempore, potior in iure).
! • La prima ipotesi è quella del TERZO CON TITOLO POSTERIORE ALLA LITISPENDENZA! Il diritto di difesa del terzo viene compresso, ma solo nei limiti necessari a garantire il diritto d’azione della parte vittoriosa. La prima sentenza è efficace nel secondo processo. L’art 111 c4 c.p.c. si occupa delle ipotesi in cui la situazione del terzo nasce durante il processo: “la sentenza pronunciata contro le parti originarie spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare” e l’art 2909 c.c. si occupa delle ipotesi in cui la situazione del terzo nasce dopo il passaggio in giudicato della sentenza: "la sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi e aventi causa". L’art 2909cc indica oltre alle parti anche terzi soggetti: gli eredi ed i loro aventi causa. Si tratta dei successori delle parti: i successori a titolo universale (eredi) e quelli a titolo particolare (aventi causa). I successori di cui stiamo parlando sono quelli che subentrano nel rapporto della parte dopo la formazione del giudicato sul rapporto stesso. Gli eredi e gli aventi causa dell’art 2909 cc sono i successori in situazioni rispetto a cui l’accertamento ha già fatto stato. Nel momento del loro subentro, costoro trovano infatti la situazione in cui succedono già legittimamente conformata dall’intervenuto accertamento. Il terzo ha a disposizione gli stessi poteri processuali delle parti e sta a lui decidere se esercitarli o meno (non sta alle parti avvisarlo).
! • La seconda ipotesi è quella del TERZO CON TITOLO ANTERIORE ALLA LITISPENDENZA; ! si tutela il diritto del terzo, poiché le parti hanno trascurato la situazione sostanziale del terzo, che già esisteva al momento della proposizione della domanda. La 1° sentenza è inefficace nel 2° processo. Le regole civilistiche consentono all’avente causa della parte vittoriosa di utilizzare, nei confronti della parte soccombente, la sentenza favorevole al proprio dante causa anche se il processo, che ha portato all’emanazione della stessa, è iniziato dopo la nascita del diritto o dell’obbligo del terzo. Tuttavia, può accadere che la seconda sentenza abbia efficacia nei confronti del terzo anche se il suo titolo è sorto prima della litispendenza, per motivi di diritto sostanziale, nei particolari casi di:! ➢ Pregiudizialità istantanea: la situazione pregiudiziale deve esistere nel momento in cui sorge la situazione dipendente es. ipoteca.! ➢ Pregiudizialità permanente: la situazione pregiudiziale deve esistere non solo nel momento in cui sorge la situazione dipendente ma anche persistere successivamente es. subconduttore. Ove intervenga una sentenza che neghi l’esistenza della situazione pregiudiziale, ciò si ripercuote necessariamente sulla sfera del titolare della situazione dipendente. Quando la situazione dipendente si deve adeguare alla situazione pregiudiziale, essa risente delle modificazioni di diritto sostanziale prodotte sia da atti di disposizione, sia da sentenze. Salvo che non ricorrano determinati presupposti (dolo, simulazione, titolo dell’atto dispositivo, ecc) in presenza dei quali l’ordinamento tutela il terzo.! 22 due processi coincidono, altrimenti non c’è litispendenza. 
! 3.IL PETITUM è il provvedimento che si domanda, il tipo di tutela che si chiede al giudice in relazione alla lesione subita: se ciò che è chiesto al giudice è diverso, non si ha litispendenza.
 Se vengono chieste due tutele diverse non si ha litispendenza, poiché non c’è coincidenza tra gli oggetti dei due processi. In caso ci sia lo stesso petitum invece si ha litispendenza. 
 Se nei due processi manca la coincidenza anche di uno solo di questi elementi, non si ha litispendenza.
 In caso vi sia litispendenza, dato che la tutela richiesta è la stessa è indifferente che provenga dall’uno o dall’altro processo. In questo caso è necessario e sufficiente chiudere uno dei due processi con un’ ordinanza di rito che dichiara la litispendenza. 
 
 Per stabilire quale chiudere si ricorre al criterio della prevenzione: prosegue il processo che è stato instaurato per primo e si chiude l’altro.! La litispendenza, secondo la regola generale valida in materia di presupposti processuali, sono è rilevabile in ogni stato e grado del processo, anche d’ufficio.
 Per essa, essendo l’oggetto dei due processi lo stesso, uno dei due è superfluo, e la tutela richiesta può provenire indifferentemente dalla sentenza di ciascuno dei due. È necessario e sufficiente chiudere uno dei due processi con provvedimento di rito (ordinanza) dichiarando la litispendenza. E poiché è indifferente chiudere l’uno o l’altro processo, si ricorre al criterio della prevenzione, la quale è determinata dalla notificazione della citazione (art 39 comma 3): va avanti il processo instaurato con un atto introduttivo notificato per primo, e si chiude l’altro. Per i processi che traggono origine da un ricorso, la prevenzione è data dalla priorità del deposito del ricorso nella cancelleria del giudice adito (e non dalla successiva notificazione del ricorso alla controparte). Le pronunce in tema di litispendenza sono equiparate alle ordinanze di competenza quanto ai mezzi di impugnazione: sono quindi soggette al regolamento di competenza necessario, facoltativo, ecc (art 42).
 Va specificato che, quando l’art 39 parla di “giudici diversi”, si intende “uffici giudiziari diversi” perché, se gli stessi fenomeni che originano la litispendenza e la continenza si verificano fra cause pendenti di fronte allo stesso ufficio giudiziario, si applicano i meccanismi di cui all’art 273.!!! 30) CONTINENZA!! La continenza è un istituto disciplinato dall’art 39 comma 2 cpc che si applica a due diversi fenomeni.! 
 1.Il primo, forse meno frequente, che realizza una sorte di litispendenza parziale: esso si ha quando l’oggetto di uno dei due processi rappresenta, sotto qualche aspetto, un quid minus rispetto all’oggetto dell’altro processo (in uno dei due processi è chiesto qualcosa di meno rispetto a quello che è chiesto nell’altro). Tale quid minus può verificarsi: - In relazione al tipo di tutela richiesta, cioè al provvedimento che si chiede al giudice; - In relazione ai diritti dedotti in giudizio: l’oggetto di un processo è maggiore rispetto all’oggetto dell’altro processo.
! 2.Il secondo, forse più frequente, si ha quando sono pendenti in processi separati due effetti diversi scaturenti da un unico rapporto. La continenza, secondo la regola generale valida in materia di presupposti processuali, è rilevabile in ogni stato e grado del processo, anche d’ufficio.
 Per la continenza, stante la non coincidenza fra gli oggetti dei 2 processi, non sempre è possibile chiudere il processo instaurato successivamente: sulla base dell’art 39 comma 2, bisogna stabilire se il giudice della causa proposta per prima è competente anche per la causa proposta successivamente. 25 Nella continenza prosegue il giudice adito per 1° a condizione che sia competente anche per la causa pendente di fronte all’altro giudice; altrimenti prosegue il giudice adito per 2°.
 
 Inoltre, non sempre è sufficiente chiudere uno dei due processi, perché qui gli oggetti dei due processi sono diversi, anche se possono essere parzialmente coincidenti. Con la sentenza che dichiara la continenza il giudice assegna un termine per trasferire la causa, così chiusa, di fronte all’altro giudice che prosegue. Ovviamente, la causa proposta nel processo che si chiude non va riassunta dinanzi al giudice che prosegue quando essa è già per intero contenuta in quella oggetto del processo che prosegue. Le pronunce in tema di continenza sono equiparate alle ordinanze di competenza quanto ai mezzi di impugnazione: sono quindi soggette al regolamento di competenza necessario, facoltativo, ecc (art 42).
 
 Va specificato che, quando l’art 39 parla di “giudici diversi”, si intende “uffici giudiziari diversi” perché, se gli stessi fenomeni che originano la litispendenza e la continenza si verificano fra cause pendenti di fronte allo stesso ufficio giudiziario, si applicano i meccanismi di cui all’art 273. !! 31) CONNESSIONE ! La connessione è disciplinata dall’art 40 cpc, che prevede le ipotesi in cui vi siano più cause connesse pendenti innanzi ad uffici giudiziari diversi.! Si tratta delle stesse ipotesi disciplinate negli artt. 31-36, i quali presuppongono però che le diverse cause connesse siano proposte nello stesso processo.
 L’art 40 consente la riunione delle cause di fronte ad un ufficio giudiziario: la norma istituisce un meccanismo con cui si può realizzare ex post quel simultaneus processus che poteva realizzarsi fin dall’inizio, ma che di fatto non si è realizzato.! Anche per la connessione, come per la litispendenza e la continenza, vale l’esclusione dall’art 40 dell’ipotesi in cui le più cause pendono dinanzi allo stesso ufficio giudiziario: in tal caso si applicano i meccanismi di cui all’art 274. Questo perché la realizzazione del simultaneus processus fra cause pendenti innanzi allo stesso ufficio giudiziario non pone problemi di competenza, come li pone invece lo spostamento di una causa da un ufficio giudiziario ad un altro. ! Dal punto di vista dinamico, le condizioni perché possa operare la riunione e la realizzazione del simultaneus processus sono indicate nell’art 40 comma 2:
 • Anzitutto, la connessione deve essere eccepita dalle parti, o rilevata d’ufficio, non oltre la prima udienza della causa proposta successivamente;
 • In secondo luogo, la riunione non può essere effettuata se la causa proposta antecedentemente si trova già in uno stato di istruttoria avanzato, che non consenta la trattazione esauriente della causa che le viene riunita. ! Quando sussistono queste due condizioni, la connessione opera attraverso la fissazione, con ordinanza, di un termine per la riassunzione (che è l’atto di prosecuzione del processo) della 2^ causa proposta di fronte al giudice della causa proposta per 1^.
 Se si tratta di causa principale e causa accessoria, la riunione avviene di fronte al giudice della causa principale, sempre che egli sia competente anche per la causa accessoria; altrimenti avviene di fronte al giudice della causa accessoria.! Il giudice della causa attraente viene così a decidere di entrambe le controversie connesse. La riunione avviene, eventualmente, anche in deroga alle regole di competenza ordinaria, al fine di consentire la realizzazione del simultaneus processus.!! [L’art 40 affronta e risolve anche il problema che pone il cumulo fra più cause assoggettate a riti processuali diversi. ! La norma non riguarda tutti i casi di cumulo: essa infatti richiama gli artt. 31, 32, 34, 35 e 36, cioè quelle ipotesi di connessione forte o per subordinazione, e non richiama l’art 33, cioè le ipotesi di connessione debole o per coordinazione (c.d. cumulo soggettivo).]! 26 
 Nel cumulo soggettivo - connessione debole, infatti, il simultaneus processus non ha la funzione di evitare un contrasto teorico dei giudicati, ma solo un contrasto tra accertamenti dei fatti comuni alle diverse fattispecie: pertanto, l’esigenza di realizzare il processo cumulato anche in deroga alle regole processuali ordinarie è indubbiamente meno pressante, ed il legislatore ha preferito che ciascuna causa segua il suo rito naturale piuttosto che realizzare il processo cumulato.
 Se il rito è diverso, le cause connesse ex art 33 non possono essere trattate insieme. ! L’art 40 si occupa anche dei casi in cui vi sia connessione tra una causa di competenza del giudice di pace e una causa di competenza del tribunale.
 Anche qui, la norma prevede solo le ipotesi di connessione per subordinazione (artt. 31, 32, 34, 36), e non anche quelle per coordinazione (art 33). [Questo perché l’art 33 disciplina solo una deroga alla competenza territoriale, e quindi non avrebbe senso richiamarla laddove, come nell’art 40, ci si occupa esclusivamente di competenza verticale. D’altro canto, la possibilità di deroga alla competenza verticale, in ipotesi di cumulo soggettivo, è presupposta dall’art 103 comma 2, laddove si ipotizza che la causa di competenza del giudice inferiore, connessa per oggetto o titolo ad una causa di competenza del giudice superiore, sia unitariamente trattata con quest’ultima.]! Quando una causa di competenza del giudice di pace è connessa ad una causa di competenza del tribunale, la causa di competenza del tribunale attrae quella di competenza del giudice di pace.
 Esse possono essere tutte direttamente proposte al tribunale (ex art 103 comma 2); oppure, se proposte separatamente, il giudice di pace, anche d’ufficio, pronuncia la connessione a favore del tribunale (ex art 40) ! 32) LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE (legitimatio ad processum)!! La legittimazione processuale indica la condizione di colui che è titolare della domanda giudiziale proposta e poi diviene titolare di altri poteri nell’ambito del processo.
 Tale concetto non è presente nel cpc, quindi occorre fare riferimento alla capacità processuale.
 Essa si distingue in:! • Capacità di essere parte, cioè la capacità di assumere il ruolo di soggetto del processo e di essere destinatario degli effetti degli atti processuali (art. 1 cc). Dall'art. 75 c.p.c. si ricava che la nozione di capacità di essere parte è più ampia di quella di capacità giuridica di diritto privato, e comprende anche le associazioni non riconosciute, i comitati e le società di persone, nonché, probabilmente, il condominio.! • Capacità processuale, ha capacità processuale colui che può compiere atti nel processo (indipendentemente dal fatto che gli effetti vengano imputati a lui o ad altro soggetto) (art. 2 cc). !! Anche riguardo alla capacità processuale è da notare che non vi è sempre perfetta corrispondenza con la capacità d'agire sostanziale. Innanzitutto vi sono soggetti che sul piano processuale sono privi di capacità, mentre non lo sono sul piano sostanziale (fallito e scomparso). In secondo luogo, le norme che disciplinano la necessità di autorizzazioni per i rappresentanti legali dei minori o degli incapaci dettano disposizioni specifiche riguardo al potere di promuovere giudizi.!! Nell’ art. 75 cpc i concetti di legittimazione processuale e capacità processuale sono riuniti.
 Ha capacità processuale chiunque sia capace d’agire sul piano sostanziale.
 Gli incapaci devono stare in giudizio rappresentati, assistiti o autorizzati e sono destinatari degli effetti giuridici degli atti del processo, mentre gli atti processuali sono compiuti dal rappresentante legale. 
 In caso di conflitti di interesse tra rappresentante e rappresentato viene nominato un curatore speciale, che rappresenta l’incapace solo in quel processo. Attenzione particolare va riservata alla capacità processuale passiva dello Stato in giudizio.! Ai sensi della l. 260/58, le amministrazioni dello Stato stanno in giudizio nella persona del Ministro competente e le citazioni, i ricorsi, ecc… devono essere notificati presso l'Avvocatura dello Stato.! 27 ancora al caso dell'azione surrogatoria (art. 2900 c.c.), in cui il creditore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, può esercitare i diritti e le azioni che spettano, verso i terzi, al proprio debitore e che costui trascura di esercitare.!!! 36) INTERESSE AD AGIRE
! L’interesse ad agire ha la funzione di evitare che si scenda nell’ interesse del merito quando la domanda o la difesa (seppur fondate) non producano alcun effetto utile nella sfera giuridica di chi le ha proposte. È un filtro processuale per evitare attività processuali correlate a domande o difese fondate, ma inutili. In questi casi il giudice non esamina nel merito, ma dichiara la carenza di interesse ad agire con sentenza di rito.
 L’interesse ad agire può essere carente rispetto al:! -! Mezzo processuale, L’ effetto chiesto al giudice è utile, ma la parte può ottenerlo anche attraverso strumenti di diritto sostanziale.! -! Risultato del processo, Gli effetti richiesti possono essere ottenuti solo in via giurisdizionale, ma sono inutili per la parte, perché la lasciano nella stessa situazione di prima.! Il difetto di interesse ad agire è rilevabile in ogni stato e grado del processo anche d’ufficio (salvo nel giudicato). Può esserci fungibilità tra accoglimento nel merito e rigetto in rito per carenza di interesse ad agire: se ad es. la causa è matura per la decisione di merito, mentre dovrebbe essere istruita sull’interesse ad agire, il giudice può accogliere nel merito la domanda, senza che ciò comporti inconvenienti di rilievo. ! La norma sull'interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) è sempre stata norma oscura, di interpretazione particolarmente difficile e contrastata. Innanzitutto l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c., se giuridicamente rilevante, non può essere confuso con il diritto (o il contenuto del diritto) sostanziale fatto valere in giudizio. Nelle azioni di condanna fondate su rapporti obbligatori, non vi è spazio per l'interesse ad agire; infatti l'inadempimento, come l'adempimento, hanno rilevanza unicamente al fine di stabilire se esiste o meno il diritto sostanziale fatto valere in giudizio, non a al fine di stabilire se si sia verificato o meno il fatto costitutivo dell'interesse ad agire. Con riferimento alle azioni di mero accertamento, la dottrina è concorde nel ritenere che requisito di ammissibilità di tali azioni sia "lo stato di giuridica incertezza, determinato dall'affermazione dell'esistenza o inesistenza di un rapporto giuridico, contrastata dall'opposta affermazione di un altro subietto".! È questo il settore in cui il requisito dell'interesse ad agire destinato a giocare, e gioca, un rilevante ruolo pratico. In un ordinamento, quale quello italiano, che non contiene una norma che disciplini in via generale l'ammissibilità ed i limiti di ammissibilità dell'azione di mero accertamento, ove questa sia da ammettere al di là delle ipotesi espressamente previste dalla legge, è l'art. 100 c.p.c., col richiedere il requisito dell'interesse ad agire, ad indicare l'esigenza di un limite.! Tale interesse è il bisogno di tutela giurisdizionale: interesse (o bisogno) non dunque per il bene materiale che sta alla base del diritto vantato, bensì per quell'ulteriore diverso bene (ossia la tutela giurisdizionale) che può conseguirsi attraverso l'attività giurisdizionale. Ai fini della sua sussistenza occorre, pertanto, che il diritto vantato dall'attore sia oggetto di contestazioni da parte di un diverso soggetto. L'interesse è annoverato fra le condizioni dell'azione, requisiti necessari affinché l'azione possa raggiungere la finalità cui è diretta, di modo che il giudice, a conclusione del processo, emani un provvedimento riguardante il merito della causa. Tale interesse sussiste allorché il ricorso al giudice si presenti come indispensabile per evitare un danno ingiusto.! Per la sussistenza dell'interesse non si richiede alcuna indagine sulla fondatezza della pretesa, la quale attiene invece al merito della domanda; la sua esistenza si determina in base al vantaggio che si spera di conseguire con l'azione proposta (altrimenti vi è il rigetto).! L'interesse si specifica, cioè, in quel rapporto di utilità esistente tra la lesione di un diritto così come affermata e il provvedimento di tutela giurisdizionale richiesto; esso deve essere concreto, cioè effettivo e attuale, ossia esistente quanto meno al momento della decisione.!!!! 30 37) ONERE DI SPECIFICA CONTESTAZIONE (mere difese)
! La mera difesa è l’ attività di difesa più elementare che il convenuto possa tenere, in relazione ai tre elementi che compongono la domanda giudiziale (diritto fatto valere, illecito denunciato, e tutela richiesta al giudice), elementi che il giudice deve esaminare d’ufficio anche se il convenuto non sia costituito in giudizio. Con le mere difese il convenuto attua il principio del contraddittorio, ma non arricchisce il processo di questioni nuove:
 Esso consiste nella contestazione della domanda:! - In fatto: convenuto nega i fatti allegati dall’ attore per evitare che diventino "pacifici" e cerca di dimostrare il contrario! - In diritto: convenuto contesta la quaestio iuris proposta dall’ attore e ne propone una diversa! L’onere di specifica contestazione prevede che, se i fatti costitutivi del diritto sono individuati dalla legge, il convenuto ha l’onere di contestarli specificatamente (e non genericamente). Solo in presenza di questa specifica contestazione l’attore ha l’onere di provarli. A fronte dell'atto di citazione o del ricorso che costituiscono i primi atti del processo posti in essere dall'attore, si pone la comparsa di risposta o, secondo una variante meramente terminologica, memoria difensiva, quale primo atto difensivo del convenuto. Contenuto della comparsa di risposta sono le attività difensive del convenuto. Limitando l'analisi alle sole difese di merito, si può dire sin d'ora che la strategia difensiva del convenuto può atteggiarsi in vari modi. Nell’atteggiamento di cosiddetta "mera difesa", il convenuto si limita a contestare l'esistenza dei fatti costitutivi posti dall'attore a fondamento della sua domanda senza allegare alcun fatto ulteriore a quelli già indicati dall'attore. Un atteggiamento di questa specie, oltre a lasciare inalterato il diritto fatto valere in giudizio, non allarga neanche il settore dei fatti rilevanti allegati al giudizio; serve solo a rendere controversi, e quindi bisognosi di prova, i fatti costitutivi posti dall'attore a fondamento della propria domanda.!!! 38) ECCEZIONI DI MERITO IN SENSO STRETTO
! L’art 2697 c2 c.c. stabilisce che chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti! che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti (impeditivi, modificativi o estintivi) su cui l’eccezione si fonda. Mentre dal lato del convenuto tutte le eccezioni sono uguali, cioè sono sempre fatti modificativi, impeditivi e estintivi, dalla parte del giudice non tutte le eccezioni sono uguali. Le eccezioni costituiscono un mezzo di difesa del convenuto e si distinguono in:! - Eccezioni in senso stretto: Rilevabili anche d’ufficio (exceptiones facti) es. l'eccezione di adempimento, di novazione, di nullità! - Eccezioni in senso lato: Rilevabili solo dalla parte (exceptiones iuris) es. eccezioni di prescrizione, di annullamento, di compensazione, di rescissione, di inadempimento!! Il legislatore prevede le eccezioni in senso stretto quando vuole rimettere alla valutazione dell’interessato l’opportunità di scegliere se far valere un certo fatto impeditivo, modificativo o estintivo. Occorre la manifestazione di volontà da parte dell’interessato (vicino al diritto potestativo). Un atteggiamento di questo tipo, se lascia inalterato il diritto fatto valere in giudizio dall'attore, allarga il settore dei fatti giuridicamente rilevanti allegati al giudizio che dovranno essere conosciuti dal giudice per pronunciarsi sulla esistenza o no del diritto fatto valere in giudizio. L'eccezione ha funzione meramente difensiva; essa mira solo a provocare il rigetto della domanda dell'attore; pertanto il giudice dovrà necessariamente pronunciarsi sull'eccezione solo quando intenda accogliere la domanda, non quando ritenga di respingerla ad esempio per difetto di fatto costitutivo.! Le eccezioni inoltre possono essere di natura sostanziale, cioè riguardare i fatti di cui si discute in causa (es.: di compensazione, di prescrizione etc.) e di natura processuale (es.: di incompetenza), attinenti ai presupposti processuali e alle condizioni dell'azione.! Infine, in base all'art. 112 c.p.c., il giudice non può pronunciare su eccezioni che possono essere proposte solo dalle parti: da ciò si desume che vi sono eccezioni rilevabili d'ufficio (es.: 31 incompetenza per materia, adempimento, novazione, nullità) ed altre deducibili solo dalle parti (es.: di prescrizione, di compensazione, di annullamento, di rescissione, di inadempimento).! Nel processo ordinario di cognizione prima delle modifiche apportate dal legislatore nel 2005 il giudice, all'udienza fissata per la prima comparizione fissava un termine perentorio, non inferiore a 20 giorni prima della prima udienza di trattazione della causa, per proporre le eccezioni processuali e sostanziali che non siano rilevabili di ufficio dal D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 (cd. decreto competitività). Al fine di conferire maggiore celerità al processo civile, l'udienza di prima comparizione e di trattazione della causa sono state accorpate (v. art. 183 c.p.c.) ed è stato previsto, all'art. 167 c.p.c., che il convenuto, nella comparsa di risposta tempestivamente depositata (almeno 20 giorni prima dell'udienza di comparizione-trattazione ex art. 183 c.p.c.), deve proporre, a pena di decadenza, anche le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio, nella comparsa di risposta.!!! 39) ACCERTAMENTO GIUDIZIALE ! “Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest'ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui”. (art. 34 cpc).! La questione pregiudiziale rilevante ai sensi dell’art 34 deve consistere in una autonoma situazione sostanziale, l’esistenza della quale è pregiudiziale per la causa che è stata proposta.! Vanno quindi ESCLUSE dalla nozione di questione pregiudiziale dell’art 34:! • Tutte le questioni di rito;! • Tutte le questioni di merito che riguardano i singoli elementi della fattispecie! • Le ipotesi di pregiudizialità c.d. logica! L’ accertamento giudiziale trova il suo ambito di applicazione nella pregiudizialità tecnica. 
 La cognizione del diritto pregiudiziale ha efficacia meramente incidentale, cioè è limitata alla controversia nell’ ambito in cui è sorta.! Problemi di competenza si pongono quando il diritto pregiudiziale diventa oggetto del processo. I presupposti che trasformano la semplice cognizione del giudice in un’attività giurisdizionale piena con efficacia decisoria, sono la domanda di parte e l’accertamento ex lege. !! L’art. 34 introduce una regola speciale di competenza, stabilendo che le cause devono rimanere unite (cioè devono essere trattate da un unico giudice), anche se ciò comporta la deroga alle norme ordinarie di competenza (lo spostamento avviene solo verso l’alto, nel senso che la competenza superiore assorbe la competenza inferiore).! Nella pregiudizialità tecnica il nesso di pregiudizialità/dipendenza intercorre tra rapporti giuridici diversi ed è tale per cui l'esistenza di uno dipende dall'esistenza o inesistenza dell'altro. Ciò significa che l'esistenza dell'effetto o rapporto giuridico dipende dall'esistenza del diritto o rapporto giuridico ovvero dall’inesistenza del diritto o rapporto impeditivo, modificativo, estintivo. Nella fattispecie della connessione per pregiudizialità tra domande sussiste un nesso di natura sostanziale tale per cui il diritto che forma oggetto della domanda pregiudiziale assume rilevanza di fatto costitutivo, impeditivo, modificativo, estintivo del diritto che forma oggetto della domanda dipendente. In altri termini, il petitum della domanda pregiudiziale è parte della causa petendi o fatto impeditivo, modificativo, estintivo della domanda dipendente. L'art. 34 c.p.c. prevede l'ipotesi in cui, nel corso di un processo originariamente relativo alla sola causa dipendente, sorga una questione pregiudiziale di merito che, per esplicita domanda di una delle parti o per volontà di legge, debba essere accertata con autorità di cosa giudicata. !!! 40) COMPENSAZIONE ! La compensazione è disciplinata dall’ art. 35 cpc e stabilisce che se tra due soggetti sussistono rapporti reciproci di debito-credito per una quantità di cose fungibili, i due rapporti si estinguono a 32 necessariamente nei confronti di tutte le parti.
 Il litisconsorzio è necessario ex lege in due ipotesi:! a)! Scioglimento di comunione art. 784 cpc! b)! Disconoscimento di filiazione legittima art. 247 cpc! L’integrazione del contraddittorio è prevista dall’art 102 comma 2 nell’interesse dell’attore.! Tutte le volte in cui c’è legittimazione straordinaria, c’è litisconsorzio. Fa però ECCEZIONE la species “sostituzione processuale”: in questo caso infatti la legittimazione straordinaria non produce il litisconsorzio. Vi è una fondamentale DIFFERENZA tra il litisconsorzio che ha fondamento sostanziale e quello che ha fondamento processuale:! • Quando ha fondamento sostanziale, il litisconsorzio c’è sempre, chiunque prenda l’iniziativa processuale! • Quando ha fondamento processuale, il litisconsorzio si ha solo se l’iniziativa è presa! dal legittimato straordinario! Nel caso di LITISCONSORZIO NECESSARIO ATTIVO, quando più attori sono liticonsorti! necessari, è sufficiente che uno solo dei litisconsorti necessari proponga la domanda! nei confronti del convenuto, e che contemporaneamente chiami i suoi litisconsorti, attori, a! partecipare al processo (NON è un’ipotesi di collegittimazione necessaria ma di legittimazione disgiuntiva). ! L’atteggiamento degli altri litisconsorti inciderà non sul rito ma nel merito della causa. Per individuare i casi in cui si ha litisconsorzio necessario bisogna fare riferimento alla situazione sostanziale: occorre che vi sia plurisoggettività e inscindibilità del rapporto soggettivo.! L’inscindibilità si ha quando non sia possibile modificare/estinguere/costituire quel rapporto se non nei confronti di più parti. Essa può essere così riassunta: ove la domanda non sia proposta nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, il legislatore prevede un particolare meccanismo di sanatoria, a carattere retroattivo, del vizio derivante dal difetto di questo requisito extraformale: il giudice, rilevato il vizio (provvede con ordinanza, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo), ordina alle parti l’integrazione del contraddittorio entro un termine perentorio; ove nessuna delle parti provveda ad ottemperare all’ordine del giudice, il processo si estingue.! Altra fattispecie sanante è prevista a seguito dell’intervento volontario del litisconsorte necessario pretermesso (può intervenire spontaneamente per tutto il corso del processo e la sua posizione processuale non è limitata). Il vizio di mancata integrità del contraddittorio è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento; se è rilevato in appello o in cassazione comporta sempre l’annullamento della sentenza viziata e la rimessione della causa al giudice di primo grado, davanti al quale il processo va riassunto entro il termine perentorio di 6 mesi. La sentenza passata in giudicato pronunciata in assenza di un litisconsorte necessario è inutiliter data. Con questa espressione si vuole intendere l’incapacità del giudicato sostanziale di produrre i suoi effetti sia nei confronti del litisconsorte necessario pretermesso sia nei confronti delle parti fra cui si è svolto il processo. In sostanza, ci si trova alla presenza di un vizio rispetto al quale non ha possibilità di operare il principio della conversione dei motivi di nullità in motivi di impugnazione. ! Nel caso passi formalmente in giudicato una SENTENZA A CONTRADDITTORIO NON INTEGRO! (cioè emessa in assenza di uno o più litisconsorti necessari), questa è inefficace. Posto che non può avere effetti solo tra le parti, e non nei confronti del litisconsorte pretermesso, le alternative sono due:! • Può avere effetti nei confronti di tutti, e, in tal caso, il litisconsorte pretermesso (in quanto terzo, a differenza delle parti) ha a disposizione lo strumento dell’opposizione di terzo previsto dall’art 404, col quale può ottenere l’annullamento della sentenza pronunciata in sua assenza;! • Può essere considerata inefficace nei confronti di tutti, una sentenza c.d. inesistente, inutiliter data, e, in tal caso, chiunque può riproporre la domanda e, di fronte all’eccezione di precedente giudicato, può replicare rilevando l’inefficacia della precedente sentenza.!!!!!!! 35 43) LITISCONSORZIO FACOLTATIVO! 
 Nel litisconsorzio facoltativo si ha una pluralità di cause la cui trattazione unitaria è possibile, ma non necessaria per ragioni di convenienza pratica.
 Il litisconsorzio facoltativo può essere:! − Proprio: cause cumulate connesse per oggetto o per titolo.
 In caso di competenza per territorio o valore sono possibili delle deroghe alla competenza. − Improprio: cause cumulate connesse perché per la loro decisione è necessaria la risoluzione di identiche questioni, presso lo stesso ufficio giudiziario.! La funzione del litisconsorzio è duplice: economia processuale e armonizzazione delle decisioni. Per quanto attiene alla competenza, l’art 33 consente di effettuare il cumulo delle cause derogando alle regola di competenza territoriale e, secondo l’art 103 sul litisconsorzio facoltativo “più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto e per il titolo, oppure quando la decisione dipende totalmente o parzialmente dalla risoluzione di identiche questioni".! Il processo resta unico, ma al suo interno possiamo distinguere più oggetti separati di cognizione e decisione. La connessione rileva specialmente nella determinazione delle regole di competenza. !! Ferma quindi restando l’esigenza della connessione a) più attori potranno agire contro uno o più convenuti, oppure b) un solo attore potrà proporre più domande contro più convenuti. !! Dal punto di vista processuale significa che ognuno dei coobbligati solidali può essere convenuto separatamente per esser condannato al pagamento dell’intero. Un’ipotesi è quella della pluralità di attori contro un solo convenuto. Prendiamo l’esempio della contitolarità attiva: più creditori solidali che agiscono contro un solo debitore. C’è un cumulo di domande perché ognuno degli attori propone autonomamente domanda per l’intero. L’eventuale atto di citazione è un atto documentale unico contenente più domande. Il primo comma dell’art 103 tratta di un fenomeno in cui tra le domande non v’è una connessione in senso proprio, ma si può avere interesse ad una decisione unitaria perché la soluzione di una unica finisce per condizionare la decisione di più cause. Il codice non disciplina lo svolgimento del processo nel litisconsorzio facoltativo. ! Possiamo però far riferimento a due principi: 1. unità formale del procedimento 2. indipendenza sostanziale delle cause cumulate !! Dalla mera facoltatività del cumulo di cause si ricava anche che le cause riunite ad un certo momento possono separarsi tra di loro. Così come si poteva giungere alla separazione di tali domande, lo stesso può accadere quando ci sono più parti. Poiché il litisconsorzio è facoltativo, il giudice può disporre nel corso dell’istruzione “la separazione delle cause quando vi è istanza di tutte le parti”, ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo, e può rimettere al giudice inferiore le cause di sua competenza. È anche possibile che la pluralità di parti si realizzi in un momento successivo. Ciò avviene per i fenomeni cd. di intervento (di terzi). Il terzo, interessato a che la sentenza lo coinvolga o ad impedire che in qualche modo essa lo danneggi, può partecipare al processo volontariamente (art 105), chiamato in causa per iniziativa di una delle parti (106) o su ordine del giudice (107).!!! 44) LITISCONSORZIO UNITARIO!! Il litisconsorzio unitario è una figura intermedia:! − Facoltativo quanto all’instaurazione, perché i più soggetti, come nel litisconsorzio facoltativo ed al contrario di quello necessario, non sono parti necessarie del processo (non è necessario che tutti i legittimati attivi o passivi debbano agire o essere convenuti nel processo ai fini della sua valida instaurazione, ben potendo ciascun soggetto legittimato agire disgiuntamente per far valere l’intero rapporto plurisoggettivo);! 36 − Necessario quanto alla prosecuzione, perché se la pluralità di parti si realizza, la decisione deve essere necessariamente unica per tutti i litisconsorti, senza possibilità di separazione ex art 103 comma 2 (una volta instaurato il processo, le parti debbono essere assoggettate ad un trattamento uniforme e la decisione deve essere formalmente e sostanzialmente unica).! Es. artt. 2377 e 2378, relativi all’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea di una s.p.a. (ciascuno dei soci assenti o dissenzienti, infatti, può impugnare per conto suo la deliberazione, ma le impugnazioni proposte contro la medesima deliberazione devono essere istruite congiuntamente e decise con unica sentenza). ! Dato che è necessario che la decisione sia unica per tutti, nel litisconsorzio unitario anche gli atti che costituiscono esercizio di un potere riservato alla parte devono essere comunicati alle altre parti. Ciascuno degli interessati è legittimato a dedurre in giudizio da solo l’intera situazione sostanziale controversa. La pronuncia è unica e produce effetti per tutte le parti, anche quelle che non hanno partecipato al processo. Per definizione non sono possibili più sentenze di merito: pertanto, la decisione è necessariamente unica per tutti. L’obbligo del processo simultaneo esclude automaticamente la possibilità di separare, in corso di istruzione o in fase decisoria, le cause cumulate. Questo istituto, costituisce lo strumento di tutela di quei rapporti giuridici plurisoggettivi rispetto ai quali la legittimazione ad agire e contraddire compete disgiuntamente a tutti i contitolari della situazione giuridica sostanziale e per i quali l’unicità e identità del petitum e della causa petendi, pur non dando luogo al litisconsorzio necessario, determina la necessità che, ove il giudizio sia instaurato da più contitolari disgiuntamente legittimati, la trattazione, l’istruzione e la decisione siano formalmente e sostanzialmente uniche. In sintesi, all’interno della categoria delle situazioni sostanziali con pluralità di soggetti si possono distinguere due diversi gruppi di ipotesi. Ad un primo gruppo si applica la disciplina prevista per il litisconsorzio necessario caratterizzata dalla coincidenza tra necessità di partecipazione e necessità di trattazione, istruzione e decisione uniforme delle cause. Per gli altri casi, identificati nelle obbligazioni solidali a causa comune, nelle obbligazioni indivisibili, nell’obbligo derivato dalla violazione di un diritto reale, nella impugnazione di delibere assembleari, ecc…, la disciplina processuale è diversa, nel senso che la instaurazione del processo litisconsortile è meramente facoltativa. Tuttavia, attesa l’unicità e l’identità di petitum e di causa petendi, se più domande, avente ad oggetto il medesimo rapporto giuridico plurisoggettivo, vengono proposte congiuntamente o separatamente, ma contestualmente, il processo deve svolgersi in modo necessariamente uniforme per tutte le parti e si deve concludere con una decisione formalmente e sostanzialmente unica. !!! 45) INTERVENTO VOLONTARIO!! La legittimazione all'intervento si fonda su una connessione oggettiva tra l'azione in corso e quella che il terzo vuole esercitare ovvero che si vuole esercitare contro di lui. L'intervento può essere di tre specie: volontario, coatto ad istanza di parte, coatto per ordine del giudice. L’ art. 105 cpc prevede 3 tipi di intervento volontario, cioè in cui la pluralità delle parti si realizza per iniziativa di un terzo che interviene nel processo per sua volontà:! - Intervento principale: il terzo fa valere il proprio diritto nei confronti di tutte le parti.! - Intervento litisconsortile (o adesivo autonomo): il terzo propone domanda per far valere il proprio diritto solo contro alcuni e non contro altri.! - Intervento adesivo dipendente: il terzo partecipa in via adesiva al processo, senza proporre una propria domanda.!! Co.1: "Ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti o alcune di esse, un diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo”. Co.2: "Può altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse. ! L’art 628 c.p.c. stabilisce che l’intervento può avere luogo fino all’udienza di precisazione delle conclusioni, e che l’interventore, tranne il litisconsorte necessario pretermesso, non può compiere atti che al momento dell’intervento non sono più consentiti alle altre parti. Nell’intervento innovativo 37 del subconduttore. Sono legittimati a compiere tale intervento: gli aventi causa delle parti, il rappresentante nei confronti del rappresentato, i creditori rispetto alle liti dei loro debitori. ! La flessione dell’intervento adesivo dipendente muta radicalmente a seconda che si consideri il terzo soggetto o no all’efficacia riflessa della sentenza pronunciata sul rapporto pregiudiziale oggetto del processo originario: ! - nelle ipotesi in cui il terzo titolare del rapporto dipendente sia considerato sempre soggetto all’efficacia riflessa della sentenza relativa al rapporto pregiudiziale, l’intervento adesivo dipendente assolve la funzione di assicurare al terzo una tutela preventiva consentendogli di partecipare al procedimento di formazione del provvedimento giurisdizionale alla cui efficacia riflessa sarebbe comunque soggetto ! - nelle ipotesi, invece, in cui il terzo titolare del rapporto dipendente non sia considerato soggetto all’efficacia riflessa della sentenza relativa al rapporto pregiudiziale, l’intervento adesivo dipendente assolve la funzione di consentire che rapporto pregiudiziale sia accertato fra i legittimi contraddittori con efficacia vincolante anche nei confronti del terzo. !! Poiché l’esperimento dell’intervento non può privare il terzo di quei poteri di impugnazione di cui godere nell’autonomo processo relativo al rapporto dipendente, ove non fosse intervenuto nel processo relativo al rapporto pregiudiziale, è da riconoscergli la legittimazione ad impugnare la sentenza resa su questo rapporto; ove, però, le parti di tale rapporto non impugnino a loro volta, la relativa sentenza è destinata a passare in giudicato tra di esse, e l’eventuale accoglimento dell’impugnazione proposta dal terzo varrà solo ai fini della ricaduta che il rapporto pregiudiziale può avere sull’esistenza o modo d’essere del rapporto dipendente di cui è parte il terzo.!!! 49) INTERVENTO COATTO SU ISTANZA DI PARTE! 
 L’art 106 prevede la possibilità di partecipazione al processo su iniziativa non spontanea del! terzo, ma di una delle parti: la norma stabilisce che “ciascuna parte può chiamare nel! processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita”. Il soggetto che opera la chiamata in causa ex art 106 può essere qualunque parte (attore, convenuto o anche il terzo chiamato; 269), e non solo il convenuto (anche se è colui che statisticamente ne fa un uso maggiore). Si ha intervento coatto su istanza di parte in presenza di due presupposti, disciplinati dall’ art. 106 cpc: ! • Comunanza di causa: questa nozione richiama tutte le ipotesi di connessione esistenti (per attuare il simultaneus processus). Sotto questo profilo, la chiamata in causa costituisce istituto complementare alla domanda riconvenzionale (che può essere usata solo nei confronti di chi è già parte di quel processo): essa serve per proporre domande nei confronti di chi non è parte di quel processo. Ad esempio, si può avere una comunanza di causa per alternatività. Nel caso in cui il convenuto operi una contestazione della legittimazione passiva o attiva, contestando quindi la sua effettiva titolarità dell’obbligo o del diritto, emerge un inconveniente nell’ipotesi in cui il terzo, individuato dalla decisione come effettivo titolare dell’obbligo o del diritto, rimanga estraneo al processo, in quanto, a causa della regola sui limiti soggettivi di efficacia della sentenza (che esigono il rispetto del principio del contradittorio), egli non è vincolato dagli effetti di quella sentenza. A tale inconveniente si ovvia operando l’estensione degli effetti della sentenza a colui che viene indicato come vero obbligato/titolare, e cioè è possibile solo chiamandolo in giudizio con la chiamata in causa ex art 106, e quindi instaurando il contraddittorio nei suoi confronti.! -! Se la chiamata del terzo NON è innovativa (solo cumulo soggettivo), il terzo ha gli stessi poteri dell’interventore adesivo dipendente. A sua tutela c’è l’opposizione del terzo revocatoria.! -! Se la chiamata del terzo è innovativa (cumulo oggettivo oltre che soggettivo) (vera e propria domanda da o nei confronti dei terzi), il terzo ha gli stessi poteri dell’interventore autonomo. In questo caso il terzo è immune agli atti dispositivi e può svincolarsi da un’eventuale sentenza dimostrando che è fondata su un atto dispositivo appunto. ! • Rapporto di garanzia: il garantito soccombente riversa le conseguenze negative della soccombenza nella sfera giuridica del garante.! -! Garanzia PROPRIA: discende direttamente dalla previsione di legge e ammette la realizzazione del processo simultaneo, anche in deroga alle regole di competenza. La 40 giurisprudenza ritiene che solo alla garanzia propria si applica l’art 32, il quale consente la realizzazione del processo simultaneo fra causa principale e causa di garanzia anche in deroga alle regole di competenza dell’una o dell’altra.! La garanzia propria può avere la forma di:! -! Garanzia formale (negli acquisti a titolo derivativo, il dante causa deve garantire l’avente cause del proprio “titolo”, cioè che, al momento del trasferimento, egli era titolare di una situazione sostanziale tale da consentire la nascita del diritto in capo all’avente causa.) Ha lo scopo di mantenere il garantito indenne dalle conseguenze pregiudizievoli della sentenza e di far assumere al garante la difesa processuale del garantito (che viene estromesso). Il garante che non sia stato chiamato in causa, può proporre l’exceptio litis malae gestae nei confronti del garantito.! -! Garanzia semplice (riguarda essenzialmente le ipotesi di regresso). Manca l’obbligo di difesa processuale e non c’è estromissione del garantito il quale non può abbandonare o la causa affidando la difesa delle sue sorti al garante. L’ordinamento consente che si agisca in regresso anche in via subordinata: colui che è convenuto per il pagamento, ma ha diritto di regresso in tutto o in parte nei confronti di terzi, può proporre domanda di regresso, all’interno dello stesso processo, verso l’obbligato in via di regresso.! -! Garanzia IMPROPRIA: non discende da una previsione di legge, ma da una connessione estrinseca (collegamenti negoziali es. vendita a catena). Nella garanzia impropria è possibile realizzare il processo simultaneo solo se le più domande di per sé appartengono alla competenza dello stesso ufficio giudiziario. ! Il garante ha pieni poteri sulla propria causa e ha solo poteri di allegazione e istruttori, ma non dispositivi. Il terzo non subisce alcuna preclusione a causa del pregresso svolgimento del processo.! Il terzo attraverso la chiamata assume la qualifica di parte nel processo, poi potrà scegliere liberamente se prendere parte al processo o no. Tuttavia, bisognerà verificare nel merito se effettivamente è fondata la domanda nei suoi confronti. !!! 50) INTERVENTO COATTO PER ORDINE DEL GIUDICE 
! Il giudice può ordinare in modo coatto l’intervento in causa di un terzo quando egli ritiene opportuno che il processo si svolga nei confronti di un soggetto al quale la causa è comune. (art. 107 cpc). La chiamata iussu iudicis può essere realizzata in relazione ad ogni tipo di connessione che consenta il cumulo di cause (tranne la connessione ex art. 103 cpc per oggetto o per titolo). Il potere da parte del giudice di chiamare il terzo deve essere esercitata in modo restrittivo perché, chiamando il terzo, si verifica un allargamento dell'oggetto del processo. Quindi, si esclude la possibilità di chiamare in causa il terzo quando si ha una mera connessione dovuta ad un'identità di questioni e anche quando c'è una situazione di compatibilità tra i giudici. Due sono gli elementi di differenza rispetto al litisconsorzio necessario di cui all’art 102: la partecipazione del terzo e la cancellazione della causa dal ruolo in caso di mancata citazione del terzo. La chiamata in causa di un soggetto nei cui confronti non è stata posta la domanda rischia di costituire una violazione del principio della domanda. Per evitare questa violazione, si stabilisce che il terzo partecipi al processo in via adesiva. In questo modo non si realizza un cumulo oggettivo di cause. Poiché l’oggetto del processo non viene modificato, e nessun diritto diviene oggetto di decisione in virtù del provvedimento del giudice, il principio della domanda non è violato. La partecipazione del terzo al processo gli rende opponibili gli effetti della sentenza, a meno che non sia terzo indifferente. La chiamata in causa per ordine del giudice non è innovativa in quanto la situazione del terzo non è dedotta in giudizio. Gli effetti degli atti dispositivi delle parti nei confronti del terzo variano in base al tipo di connessione che lega la situazione sostanziale del terzo a quella delle parti originarie. Il terzo non subisce le preclusioni che subiscono le parti originarie: l’udienza alla quale è chiamato per lui costituisce la prima udienza del processo. Quanto, infine, agli effetti, nei confronti del chiamato, degli atti di disposizione delle parti originarie, essi variano a seconda del tipo di connessione che intercorre tra le due situazioni: -! SE il terzo è titolare di una situazione permanentemente dipendente (e quindi sarebbe ugualmente soggetto agli effetti dell’emananda sentenza), gli atti di disposizione processuale gli sono opponibili come lo sono quelli di diritto sostanziale;! 41 -! SE il terzo è titolare di un situazione dipendente in modo istantaneo, tale da NON essere vincolato agli atti di disposizione di diritto sostanziale compiuti dalle parti, neppure gli atti di disposizione processuale lo possono vincolare.! Come il chiamato su istanza di parte, anche il terzo chiamato iussu iudicis non subisce le preclusioni che colpiscono le parti originarie nel momento in cui egli è chiamato. Inoltre, ai sensi dell'art.270 c.p.c. la chiamata del terzo ad opera del giudice non incontra limiti temporali. Dalla lettura dell'articolo si evince che è il giudice che dispone la chiamata del terzo, ma poi sono le parti che lo devono citare. Qualora le parti non provvedano, si avrà la cancellazione della causa dal ruolo.!!! 51) ESTROMISSIONE !! L’estromissione è quel fenomeno in virtù del quale si ha una diminuzione del numero delle parti di un processo: uno dei soggetti partecipanti al processo perde la qualità di parte processuale, destinataria degli effetti degli atti processuali, mentre mantiene la qualità di parte sostanziale. ! Ci sono tre figure di estromissione:! -! Estromissione del garantito (108)
 Nella garanzia formale esiste un obbligo di difesa processuale. Se il garante accetta di adempiere a quest’obbligo, il garantito può chiedere di essere estromesso dal processo. L’estromissione del garantito configura legittimazione straordinaria, nella particolare forma della sostituzione processuale. L’estromesso, nonostante non sia più parte processuale, rimane parte sostanziale ed è destinatario degli effetti di merito della sentenza. Il garante sostituto può compiere tutti gli atti che avrebbe potuto compiere l’estromesso, anche quelli dispositivi. L’estromissione ha luogo se le parti non si oppongono (giudice decide con ordinanza). Se le parti si oppongono il giudice deve valutare la fondatezza delle opposizioni (e decide con sentenza). Nell’estromissione non c’è litisconsorzio necessario perché è lo stesso interessato che affida le sue sorti processuali al garante. Con l’estromissione, l’oggetto del processo rimane la situazione dedotta in giudizio con la domanda originaria. Gli effetti della sentenza di merito riguardano i titolari della situazione sostanziale originaria: l’estromesso, infatti, perde la qualità di parte processuale ma mantiene la qualità di parte sostanziale in quanto titolare della situazione sostanziale oggetto del processo, e come tale destinatario degli effetti di merito della sentenza. Gli effetti di rito della sentenza e la condanna alle spese non riguarderanno più l’estromesso che non è più parte in senso processuale, ma saranno pagate al o dal sostituto processuale. ! -! Estromissione dell’obbligato (109)
 In questo caso la lite riguarda la titolarità di un diritto, non la sua esistenza. Il convenuto che si ritenga obbligato alla prestazione può non essere interessato a partecipare alla lite, ma solo a capire a chi spetta l’adempimento. Il convenuto obbligato allora, su disposizione del giudice, deposita il bene mobile o la somma di denaro a favore di chi ne avrà diritto e chiede l’estromissione dal processo. Se non si arriverà a una pronuncia sul merito, all’obbligato estromesso verrà restituito quanto depositato. L’estromesso continua comunque ad essere destinatario degli effetti di merito della sentenza. Se NON c’è opposizione delle parti il giudice decide con ordinanza, se c’è opposizione con sentenza.! -! Estromissione del dante causa (111)
 Si ha nelle ipotesi si successione nel diritto controverso ex art. 111 cpc.!!! 52) SUCCESSIONE UNIVERSALE NEL PROCESSO! 
 L’ art. 110 cpc stabilisce che la successione universale nel processo si verifica quando una delle parti processuali viene meno, per morte o altra causa (estinzione della persona giuridica di più difficile interpretazione). Quando la parte viene meno il processo non può proseguire, quindi è necessario che essa venga sostituita.
 Il legislatore ha stabilito la prosecuzione del processo nei confronti o da parte del successore universale per il semplice fatto che il successore universale c’è sempre, in ogni ipotesi di morte o venir meno della parte. La successione nel processo opera ipso iure con l’acquisizione della 42
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