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RIASSUNTO DIRITTO PROCESSUALE CIVILE, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Riassunto fatto dal libro BIAVATI, Argomenti di diritto processuale civile, 4° edizione

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 10/03/2020

michele-nocera
michele-nocera 🇮🇹

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Scarica RIASSUNTO DIRITTO PROCESSUALE CIVILE e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! ARGOMENTI DI DIRITTO PROCESSUALE CIVILE CAPITOLO 1 LA STRUTTURA FONDAMENTALE DEL PROCESSO PARAGRAFO 1 Introduzione. Criteri di metodo. La nozione di processo. Le fonti e la storia recente del processo civile. II Una nozione essenziale di processo. Processo è una serie di atti e comportamenti, mediante i quali due o più parti sottopongono una controversia alla decisione di un terzo imparziale, il giudice. Obiettivo del processo è risolvere la controversia secondo verità e giustizia. Nel contempo, occorre dire che il processo non ricerca una verità assoluta, ma quell'approssimazione possibile secondo dati limiti di tempo e di mezzi probatori. III Le fonti del diritto processuale civile. Il diritto processuale civile è regolato principalmente nel codice di procedura civile. Il codice consta di quattro libri, dedicati rispettivamente alle disposizioni generali, al processo di cognizione, al processo di esecuzione e ai procedimenti speciali. IV Le riforme del processo civile fra norme e strutture. Da tempo si continua ad apportare modifiche al codice di procedura civile per cercare di fronteggiare la grave situazione della giustizia in italia, cratterizzata da tempi di decisione troppo lunghi e da inefficacia nellle fasi attuative. E' importante avere chiaro che le regole di procedura hanno un peso percentuale modesto nel novero delle cause dei disservizi della giustizia. Di grande rilievo è poi l'impatto della normativa europea, che sta fortemente incidendo sul processo civile. Occorre ricordare, infine, la presenza si importanti convenzioni internazionali. Infine, fenomeno recente è quello dell'inserimento di norme processuali speciali in singole leggi. Dalla centralità del codice, si passa ad una multilateralità di fonti. V La giurisprudenza e i protocolli. Non solo la legge scritta è, in concreto, fonte del diritto processuale, anche se l'art. 111 cost. prevede che la giurisdizione sia attuata mediante il giusto processo regolato dalla legge. Non diversamente da altri settori del diritto, la materia del processo suppone sempre di più una viva attenzione alla giurisprudenza. Vi è poi il fenomeno dei protocolli di comprtamento fissati in accordo fra gli organi giudiziari e le organizzazioni professionali fornsi, con lo scopo di meglio disciplinare aspetti pratici ed organizzativi e di stabilire interpretazioni comuni di determinate norme di legge o di importanti sentenze. Questi testi non hanno valore vincolante. PARAGRAFO 2 I principi costituzionali ed europei del processo civile. I L'art 24 cost. Il diritto di difesa. La prima ed essenziale fonte da considerare è la costituzione. In primo luogo, leggiamo l'art. 24. "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione". La norma regola il diritto di difesa e di azione e suppone l'accesso alla tutela giurisdizionale, la garanzia del contraddittorio e la parità delle armi nel processo. II L''art 111 cost. Il giusto processo. La ragionevole durata. Secondo il comma primo dell''art. 111 cost., la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Collegato al generale aspetto del diritto di difesa, il concetto di giusto processo sembra alludere ad una corretta modalità di svolgimento della procedura, tale per cui nessuna delle due parti abbia visto comprimere le proprie facoltà difensive. Il comma 2 dell'art 111 afferma che "ogni processo si svoolge nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata". Il profilo della ragionevole durata eleva al piano costituzionale il criterio di un'estensione temporale del processo che non ne pregiudichi l'effettività. Entra in gioco un importante criterio interpretativo: le norme devono essere lette, in caso di dubbio, secondo un senso che dia luogo ad un miglioramento complessivo del sistema giustizia e non ad un suo appesantimento. Il principio del contraddittorio, della parità fra le parti e della terzietà e imparzalità del giudice indica, in qualche modo, il nocciolo duro ed essenziale di ogni processo civile. L'art. 111 contiene altri due commi importanti per la nostra materia. Secondo il comma sesto, tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. Il comma settimo precisa che contro le sentenze è sempre possibile il ricorso in cassazione per violazione di legge. III Altre norme costituzionali. L'art. 113 fonda il principio della tutela ordinaria contro la p.a. La carta repubblicana vuole intendere, con questo, due concetti essenziali. Il primo è che il cittadino ha il diritto di difendersi, dinanzi allo stato-giurisdizione, contro lo stato-amministrazione. Il secondo è che lo stato-amministrazione non ha, a priori, un giudice speciale per le sue controversie, ma è sottoposto alle regole comuni. Di fatto, la ripartizione della giurisdizione e l'esistenza di speciali giurisdizioni amministrativa e contabile individuano un percorso del tutto particolare per lo stato che si deve difendere in giudizio. La costituzione è particolarmente attenta a garantire l'indipendenza dei giudici. Al riguardo si devono menzionare in particolare gli artt 101, 104 comma 1 e 108 comma 2 cost. Un ruolo fondamentale spetta in questo senso al Consiglio superiore della magistratura, organo di autogoverno del giudiziario italiano. IV Le fonti di diritto dell'unione europea. L'inserimento dell'italia nell'unione europea impone anche di considerare l'influenza dell'ordinamento dell'unione sul diritto processuale civile. L'art 81 Tfue promuove la progressiva compatibilità tra gli ordinamenti processuali dell'unione europea. Nel rapporto tra norme europee e diritti nazionali vige la regola dell'autonomia procedurale. Autonomia procedurale significa che, da un lato, sussiste piena libertà per i legislatori interni di modellare come meglio credono le regole di procedura civile e, a maggior ragione, i rispettivi ordinamenti giudiziari. Tuttavia, questa autonomia deve tenere conto della supremazia del diritto europeo e, quindi, deve essere strutturata in modo tale da assicurare, almeno per i diritti che discendono dal sistema europeo, una tutela effettiva ed adeguata. Inoltre, va tenuto in considerazione il rilevante impatto delle sentenze della corte di giustizia, che sono fonte del diritto processuale anche interno. giurisdizionale, o di giurisdizione ripartita, quando più complessi di organi esercitano il potere giurisdizionale, in relazione a dati criteri. In italia vige il sistema della giurisdizione ripartita. Iil potere giurisdiizionale è esercitato dai giudici ordinari e dai giudici speciali. La giurisdizione ordinaria riguarda la generalità delle controversie, senza ulteriori distinzioni, ed è esercitata dai giudici ordinari. Di solito gli ordini giudiziari ordinari hanno competenza sia civile sia penale. Le giurisdizioni speciali riguardano determinate categorie di controversie. La costituzione individuaa talune giurisdizioni speciali e ne vieta l'istituzione di nuove. L'art 103 cost indica tre giurisdizioni speciali: quella amministrativa, quella contabile e quella militare. II I criteri di riparto delle controversie fra giurisdizione ordinaria e giurisdizioni speciali. L'attribuzione del potere giurisdizionale in rapporto ad una data singola controversia fra giurisdizione ordinaria e giurisdizioni speciali è fatta dalla legge. Gli eventuali contrastidanno luogo ad una questione di giurisdizione. Il sistema dei controlli della giurisdizione appartiene al dirittoo processuale. Vi sono due regole essenziali. Prima di tutto, è il giudice chamato a decidere la causa a stabilire, anche d'ufficio, se ha o no giurisdizione. In secondo luogo, la risposta finale proviene dalla corte di cassazione, a cui la questione può pervenire in tre modi: attraverso le vie ordinarie di impugnazione della decisione sulla giurisdizione; mediante un ricorso preventivo prima che il giudice abbia statuito sul merito in primo grado; infine, quando sia sollevato un conflitto positivo o negativo di giurisdizione ex art 362 cpc. Riguardo le modalità del riparto fra giurisdizione ordinaria e giurisdizioni speciali, soprattutto quella amministrativa il quadro che ne esce vede l'incrocio fra due diverrsi criteri: da un lato quello della natura della situazione soggettiva tutelata (diritti soggettivi al giudice ordinario e interessi legittimi a quello amministrativo); dall'altro, quello di materie affidate in esclusiva o all'autorità giudiziaria ordinaria (cosi i rapporti di lavoro di pubblico impiego) o al giudice amministrativo (cosi i pubblici servizi e l'urbanistica). III Giurisdizione unica e giurisdizione ripartita. Prospettive e recenti modifiche normative. Vi è stata in passato la necessità di trovare una sorta di ponte fra le diverse giurisdizioni in modo da attenuare i disagi di chi incorra in un errore proponendo la domanda dinanzi alla giurisdizione che non la può conoscere, con conseguente rigetto della richiesta di tutela comportante la necessità di cominciare di nuovo il procedimento dinanzi alla giurisdizione competente. Il problema è stato risolto col principio della traslatio iudicii dal giudice ordinario al giudice speciale e viceversa, in caso di pronuncia declinatoria della giurisdizione. La norma prevede, in primo luogo, che il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributria o di giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione. La pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo. Viene poi stabilito che, se entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia negativa di giurisdizione la domanda è riproposta al giudice indicato nella sentenza, nel successivo processo le parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall'instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. In altre parole. Se A ricorre contro il comune B dinanzi al giudice amministrativo per fare valere un suo diritto soggetto alla prescrizione ordinaria decennale e, dopo più di dieci anni, la giurisdizione amministrativa si pronuncia declinando la giurisdizione e affermando quella del giudice civile, A può ora trasportare il processo nella sede competente, senza che gli si possa eccepire che, nel frattempo, il diritto di è prescritto. IV La specializzazione del giudice. Nelle controversie che suppongono una rilevante conoscenza di elementi fattuali che sfuggano alla comune esperienza, il metodo è quello della richiesta di un'indagine affidata ad un esperto, nelle forme della consulenza tecnica. In ogni caso, è ragionevole che vengano organizzate strutture giudiziarie che, per la formazione dei giudici o per l'affiancamento ad essi di esperti qualificati, posan garantire anche una maggiore capacità di percepire la fattualità tecnica della controversia. Questa è la logica del giudice specializzato. I giudici specializzati sono giudici ordinri, il cui impiego non solo non incontra alcun limite costituzionale, ma è anzi espressamente previsto dalla carta repubblicana, che, all'art 102, comma 2, sancisce che possono istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie. La specializzazione può essere attuata, in primmo luogo, rigorosamente all'intern degli organi giudiziari ordinari, destinando alcuni magistrati ad occuparsi più stabilmente di determinate controversie. E' quanto accade per i magistrati impiegati nelle sezioni lavoro. Importante è da notare che queste sezioni non applicano un rito speciale, ma impiegano il rito ordinario. In altri casi si cerca di puntare all'obiettivo della specializzazione mediante la tecnica di una composizione modificata dell'organo giudiziario, nel senso che, nel collegio decidente, ai giudici di carriera vengono affiancati membri non togati, dotati di specifiche competenze in un dato settore. Si possono menzionare al riguardo le sezioni specializzate in materia agraria dei tribunali e delle corti d'appello. Qui, ai magistrati vengono affiancati esperti, nominati dal csm o, per delega, dal presidente della corte d'appello, scelti per il tribunale fra gli iscritti negli albi professionali dei dottori in scienze agrarie, dei periti agrari, dei geometri e degli agrotecnici, e, per le sezioni d'appello, unicamente tra i dottori in scienze agrarie. V I limiti esterni alla giurisdizione dello stato. Rispetto ad ogni giurisdizione si pone il problema dei limiti alla giurisdizione. Oltre al limite interno, vi sono numerosi limiti esterni: a) quelli posti dal rapporto con le giurisdizioni straniere; b) quelli posti dal rapporto con ordinamenti particolari; c) quelli esistenti nei rapporti con l'autonomia privata, che si manifesta in forme decisorie estranee alla giurisdizione statuale, come l'arbitrato. Oltre a questi profili, esiste anche un limite del potere giurisdizionale nei confronti o di altri poteri dello stato (conflitto di attribuzioni) o della stessa giuridicità del conflitto. In questi casi, si parla di difetto assoluto di giurisdizione: nessun giudice ha potere di statuire. PARAGRAFO 6 L'azione in generale. I Tutela delle parti e istanze sociali di giustizia. La controversia diventa lite giudiziaria quando una delle parti la porta dinanzi al giudice. II La domanda giudiziale. La parte che si rivolge a giudice gli chiede di dirimere la controversia in senso a se favorevole e sfavorevole alla controparte. Essa chiede al giudice qualcosa contro qualcuno. Domanda giudiziale è appunto ciò che si chiede al giudice contro qualcuno. La parte che propone la domanda si chiama attore. La parte contro cui la domanda è proposta si chiama convenuto. Il potere di proporre la domanda giudiziale si chiama azione è il potere delle parti, corrispondente al potere di giurisdizione del giudice. Il fondamento positivo di questo potere sta nell'art. 24 cost e nell'art 2907 c.c., secondo cui alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l'autorità giudiziaria su domanda di parte e, solo quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico ministero o d'ufficio. III La natura dell'azione. L'abuso del processo. L'azione può essere vista: a) come diritto potestativo pubblico. Ognicittadino, in quanto tale, ha diritto di convenire in giudizio un altro cittadino ed ha il diritto che a sua causa sia ascoltata da un giudice. b) come proiezione processuale di un diritto soggettivo esistente. Viene sottolineato, in questa prospettiva, il legame che deve sussistere fra il diritto sostanziale e l'azione, intesa come mezzo di tutela processuale di quel diritto. c) come pretesa. Quando il processo comincia, l'attore non vanta un diritto, ma solo la pretesa che venga accertato quel diritto. d) come attività. Qui si vuole sottolineare che l'azione suppone il compimento di atti. Il limite al diritto d'azione può ravvisarsi nel c.d. abuso del processo, che identifica una serie di fattispecie in cui un soggetto utilizza il processo per una finalità diversa da quella di vedere riconosciuto, sulla base di una ragionevole prognosi, un proprio diritto. Si può avere abuso del processo, ad esempio, nel caso di una domanda giudiziale proposta in evidente mala fede o di un processo instaurato all'unico scopo di ritardare l'adempimento di un'obbligazione. VI Diritti individuali e diritti collettivi. L'azione è tradizionalmente concepit come modo di tutelaa di diritti individuali. La moderna sensibiità giuridica ha fatto nascere forme di tutela diversa: quella che ha di mira gli interessi diffusie gli interessi collettivi. Si parla di intressi diffusi quando non è possibile distinguere un soggetto che ne sia portatore esclusivo: si pensi alla tutela dell'ambiente. Si parla invece di interessi collettivi quando l'interesse è comune ad una pluralità, potenzialmente definibile di soggetti. In entrambi i casi, il problema è quello di individuare un ente che si faccia carico di rappresentare questi interessi e abbia quindi la legittimazione a difenderli in giudizio. PARAGRAFO 7 Presupposti processuali, condizioni dell'azione, decisione nel merito. I I presupposti processuali. Nell'esame della domanda, il giudice deve compiere una verifica progressiva di una serie di requisiti. Solo la sussistenza di tutti i requisiti consentirà al giudice di accogliere la domanda. Nell'oordine, il giudice deve verificare l'esistenza dei presupposti processuali, delle condizioni dell'azione e, infine, del diritto fatto valere. I presupposti processuali sono i requisiti che devono sussistere affinchè il giudice possa validamente decidere. I presuppoti processuali vanno verificati al momento dell'inizio del processo. Si possono ulteriormente distinguere in presupposti si esistenza e presupposti di validità del processo: i primi riguardano la regolare instauraazione del giudizio, mentre i secondi afferiscono al suo corretto svolgimento. azioni cautelari, azioni di cognizione). Le azioni di cognizione tendono tutte ad un accertamento. Di solito, però, l'accertamento non basta a garantire la tutela domandata: occorre che ad esso acceda una clausola di condanna, ovvero che da esso conseguano effetti costitutivi. Si ha cosi la tradizionale ripartizione fra azioni di mero accertamento, di condanna e costitutive. II Le azioni di mero accertamento. Le azioni di accertamento mero sono quelle in cui la pronuncia del giudice ha in sè l'efficacia di tutelare l'interesse leso. Qui l'attore si trova, generalmente, in una situazione di materiale godimento, minacciata dalla pretesa altrui. La pronuncia serve a confermare la legittimità della situazione, in sè già soddisfaente. Es. A gode materialmente della servitù di passaggio sul fondo di B, ma B la contesta. Ad A occorre un accertamento giudiziale, che sarà però, in questo caso, confermativo di ciò che già esiste. In tutti i casi, l'accertamento in sè è già sufficiente per dare alla parte il soddisfacimento che domanda al giudice. III Le azioni di condanna. Molto spesso all'accertamento si affianca una domanda di condanna nei confronti del convenuto. Il presupposto dell'azione di condanna è che l'attore non abbia la materiale disponibilità del bene o dell'opera, che gli deve essere prestata dal convenuto. Per conseguire lo scopo, non gli basta la pur necessaria affermazione dell'esistenza del suo diritto, ma gli occorre che l'ordinamento, attraverso il giudice, emani un comando concreto a carico della controparte. IV Le azioni costitutive. Infine, le azioni costitutive hanno luogo quando la lesione del diritto è sanata da una pronuncia del giudice, in cui all'accertamento consegue, senza che vi sia necessità di vincere una resistenza materiale, una modificazione della realtà giuridica. La pronuncia giudiziale è di per sè sufficiente a conseguire l'effetto della reintegrazione nel diritto leso. Questo potere è conferito ai giudici dall'art 2908 cc secondo il quale, nei casi previsti dalla legge, l'autorità giudiziaria può costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici, con effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa. Si può distinguere fra giurisdizione costitutivanecessaria e non necessaria. Nel primo caso, l'effetto modificativo si attua solo per il tramite dell'intervento del giudice (es. status delle persone); nel secondo caso, l'effetto si può produrre anche con l'accordo delle parti (Si tratta di vicende relative a diritti patrimoniali disponibili come l'annullamento di un contratto, la giurisdizione interviene solo a motivo di conflitto delle parti). Le pronunce costitutive non suppongono l'esecuzione forzata, perchè, come detto, non vi sono resistenze materiali da vincere, ma solo la doverosa cooperazione di soggetti, enti ed organi che per legge vi sono tenuti. V Riepilogo. Nozione di processo. Si parla di causa come sinonimo di lite o controversia portata in giudizio. Il termine processo riguarda invece il contenitore della controversia, che può ricomprendere anche più cause e quindi più azioni. Si può dire che il processo civile è un metodo per la risoluzione delle controversie civili che ne prevede la decisione da pare di un organo giurisdizionale, in posizione di terzietà e di imparzialità, con l'osservanza delle opportune garanzie e in un tempo ragionevole. PARAGRAFO 10 La difesa del convenuto. Le eccezioni. Le domande riconvenzionali. Il principio di non contestazione. I La posizione del convenuto. Fino a questo momento, si è guardato al processo nell'ottica dell'attore: di chi, cioè domanda giustizia. Necessario è invece vedere il fenomeno anche nell'ottica di chi subisce la domanda giudiziale. Di fronte alla domanda giudiziale, il convenuto si può difendere in vari modi, di crescente intensità. In primo luogo, può limitarsi alla mera negazione del fatto. In secondo luogo, può svolgere obiezioni in diritto. In tutti i casi, può contestare la sussistenza dei presupposti processuali e delle condizioni dell'azione. II L'eccezione. In moso più efficace, il convenutopuò introdurre nel processo fatti nuovi, che contrastano la domanda dell'attore sul piano della caussa petendi. Cosi come l'attore deve indicare i fatti costitutivi del diritto leso, il convenuto può opporre fatti modificativi, estintivi ed impeditivi, che rendono inapplicabile la norma. Si innesta qui il concetto di eccezione. Si distingue fra eccezioni di rito ed eccezioni di merito, a seconda che il convenuto contrasti qualcuno dei requisiti qualcuno dei requisiti che devono sussistere per la legittima decisione del giudice, oppure affronti la tesi dell'attore direttamente sul piano dell'esistenza del diritto. Occorre avre presente che, una volta radicata in giudizio la controversia, sorge automaticamente nel convenuto l'interesse ad ottenere a sua volta l'accertamento negativo della pretesa dell'attore. Importante è la definizione fra eccezioni che possono essere sollevate solo su istanza di parte ed eccezioni rilevabili d'ufficio. III La domanda riconvenzionale. Infine, il convenuto può, per così dire, passare al contrattacco, proponendo a sua volta una domanda contro l'attore, che prende il nome di domanda riconvenzionale. Si tenga presente che il convenuto potrebbe sempre proporre la propria domanda in un giudizio autonomo: non è obbligato a pressentarla in quello iniziato dall'attore. IV L'oggetto del processo e la materia del contendere. La nozione di oggetto del processo, che è quindi dato dalla domanda dell'attore, dalle eccezzioni e domande ricovenzionali che a sua volta l'attore propone contro la domanda riconvenzionale del convenuto. A tutto ciò va agggiunto l'apporto di di eventuali terzi. Si deve precisare che anche il giudice può dare un contributo alla definizione di ciò che deve essere deciso per mezzo delle eccezioni proponibiili d'ufficio. V La strategia difensiva del convenuto. Il principio di non contestazione. Le norme positive impongono al convenuto l'onere di prendere posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda. Il principio di non contestazione assume dunque una valenza formale nel nostro ordinamento. Esso significa che se una delle parti afferma la verità di un fatto e l'altra parte non ne sostiene apertamente la falsità, proponendo una sua diversa versione, o per lo meno non espone una narrativa della vicenda, incompatibile con la veridicità di quel fatto, il gidice non deve compiere alcuna indagine, ma ritiene per confermata quella circostanza. Il principio di non contesstazione opera a due condizioni: che la parte interessata a negare un fatto sia attivamente presente nel processo e che sia in grado di avere un'opinione sulla verità del fatto che decide di non contestare. Si deve segnalare il principio della parità delle armi nel processo e che suppone una situazione di equilibrio di possibilità fra le parti. PARAGRAFO 11 La disponibilità della tutela giurisdizionale. Il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato. I La disponibilità della tutela giurisdizionale. Studiamo, ora, nelle loro linee generali, i grandi principi e le regole generali del processo. Il primo punto è quello della disponibilità della tutela giurisdizionale. Data una controversia e una lesione di una posizione soggettiva, la parte può decidere di richiedere la tutela giurisdizionale oppure no. L'art 2097 cc sancisce il principio della domanda: il processo inizia su decisione di parte e il giudice non può iniziare il processo d'ufficio. Le residue, modeste situazioni di iniziativa pubblica si riducono ai pochi casi in cui i reativo compito viene affidato al pubblico ministero. La decisione se inizire o no il processo spetta solo all'attore. Ma una volta che il processo sia iniziato, entrambe le parti possono decidere di porvi fine. Secondo l'art. 306 cpc, le parti possono rinunciare agli atti, estinguendo il processo (questa rinuncia suppone il consenso di tutte le parti costituite). La semplice rinuncia agli atti non ppreclude alle parti la possibilità di proporre in un secondo momento la domanda. Se però, oggetto di controversia sono diritti disponibili, è frequente che la rinuncia agli atti sia la trasuzione sul piano del rito, di un accordo che definisce la lite sul piano sostanziaale. Normalmente si tratta di una transazione, che, a mente dell'art 1965 cc, è un contratto con cui le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già insorta. II La corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Vi è il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato. Sono le parti a delimitare l'oggetto del processo e quindi il potere- dovere di decidere del giudice. Secondo gli artt 112 cpc e 2907 cc il giudice deve pronunciarssi su tutta la domanda e non oltre i limiti della domanda. La regola si completa con il divieto per il giudice di pronunciare d'ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti. La tutela costituzionale del diritto di azione e difesa delle parti suppone che, una volta proposta la domanda, il giudice sia comunque tenuto a decidere. L'ordinamento non ammette un diniego di giustizia. Il giudice non può intrdurre nel processo elementi di fatto diversi da quelli che le parti gli propongono. Se il giudice ravvia un'eccezione rilevabile d'ufficio, può metterla a fondamento della sua decidione senza eccedere i propri limiti. PARAGRAFO 12 Il principio del contraddittorio. I La nozione di contraddittorio. Il principio del contraddittorio è un elemento cardine di ogni sistema processuale di cognizione. L'essenza del contraddittorio è duplice: esso comporta che il giudice non possa decidere se non avendo ascoltato tutte le parti e che ciascuna parte si posta in condizione di poterr contrastare le tesi delle altre. II Le basi normative del principio del contraddittorio. Le norme fondani sono gli artt 24 e 111 cost e 101 cpc. L'art 101 comma 1 cpc, avverte che il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale la domanda è proposta non è stata regolarmente citaata e non è comparsa. Si tratta di un prinncipio di civiltà giuridica. Secondo l'art 6 CEDU, rubrivato diritto ad un processo equo, ogni persona ha diritto ad soltanto corroborare una valutazione, che però deve essere maturata e fondarsi essenzialmente su altre e più forti basi. IV Le prove legali. Il principio del libero convincimento conosce alcune deroghe. La prima è quella delle c.d.. prove legali: vale a dire quelle la cui valutazione da parte del giudice è predeterminata. Queste prove sono: il giuramento, la confessione, l'atto pubblico e la scrittura privata autenticata. La seconda è quella delle presunzioni legali: da una premessa si trae per legge una certa conseguenza. Le presunzioni legali sono poche e solo taluni casi non ammettono prova contraria, mentre normalmente possono essere superate da una dimostrazione di segno opposto. PARAGRAFO 14 Impulso di parte e impulso d'ufficio. La direzione del processo. I L'impulso di parte. Riguardo la successione di fasi che costituiscono il processo occorre domandarsi chi le determini. Vi sono due possibile schemi: l'iniziativa di partire o l'impulso del giudice. Il processo civile italiano, ad eccezione di quello davanti alla Corte di Cassazione, è retto dal principio dell'impulso di parte:la parte ha un costante onere di mantenere in vita il processo. La legge ricollega alla mancata presenza delle parti in udienza o all'omissione di certi atti l'estinzione del processo. Così, secondo gli artt 309 e 181 cpc, se nessuna delle parti si presente all'udienza, il giudice fissa una seconda udienza; ove le parti non si presentino nemmeno alla secondaa udienza la causa viene cancellata dal ruolo e il processo si estingue immediatamente. L'estinzione per inattività non concerne solo il processo di cognizione, ma anche quello esecutivo e cautelare. Il processo davanti alla corte di cassazione è retto invece dall'impulso d'ufficio; proposto il ricorso, il processo prosegue fino alla sentenza. II Direzione del processo e case management. La direzione del processo spetta al giudice (art 127 cpc). E' solo il giudice, terzo imprziale e consapevole dl rapporto fra le risorse disponibili e il contenzioso da smaltire, a dettare i tempi e ad imprimere l'orintamento della trattazione. L'impulso del processo, che spetta alle parti, e la direzione del processo, che spetta al giudice, sono due nozioni diverse. Le parti devono manifestare la loro volontà di proseguire nella trattazione, ma è il giudice che stabilisce come e quando. III Il processo a struttura elastica. Rispetto al potere di direzione del processo, si configurano due modelli: il processo aa struttura rigida e il processo a sstruttura elastica. Il sistema italiano è prevalentemente rigido, anche se non mancano norme improntate a flessibilità. La struttura elastica del processo significa che in determinate fasi processuali il giudice può imboccare una fra più strade diverse (tutte predeterminate), a seconda delle esigenze del caso concreto. PARAGRAFO 15 Oralità, scrittura e tecnologia informatica nel processo. Pubblicità e trasparenza. I Oralità e scrittura nel processo. In tutti i sistemi la trattazione del processo è caratterizzata sia da oraalità sia da scrittura. II Il processo telematico. Si deve convenire che la disputa fra oralità e scrittura è ormai questione del secolo scorso. La nuova frontiera è il processo telematico. Le possibilità effettive, per ora, sono quelle di attuare per via telematica le comunicazzioni fra il giudice e le parti, ovvero delle parti fraa loro; la presentazione di atti giudiziari; l'emissione dei provvedimenti giurisdizionali; la consultazione dello stato dei procedimenti risultante dai registri di cancelleria e dei documenti contenuti nel fascicolo elettronico; il pagamento delle spese di giustizia. Le trasmissioni telematiche si basano, infine, sulla posta elettronica certificata (pec). III Pubblicità e trasparenza. Le modalità di esercizio della giurisdizione devono presentare un profilo di pubblicità. Sono pubbliche le udienze in cui si discute la causa (art 128 cpc). Solo in via eccezionale il giudice, che dirige l'udienza, può disporre che si svolga a porte chiuse, se ricorrono, secondo quanto dispone il codice, ragioni di sicurezza dello stato, di ordine pubblico o di buon costume; al contempo, il giudice può allontanare chi contravviene alle sue prescrizioni. Sono pubbliche le sentenze. Oltre il profilo della pubblicità occorre prendere in considerazione quello della trasparenza. Trasparenza significa che il cittadino non giurista deve essere posto in condizioni di comprendere che cosa sta accadendo nel processo. E' vero che la funzione di mediazine e di spiegazione può e deve essere svolta dagli avvocati, ma è anche vero che si infittisscono le norme fnalizzate a dare al cittaadino un'informazione diretta. PARAGRAFO 16 Il giudicato. Introduzione. I Il giudicato come obiettivo del processo di cognizione. L'obiettivo del processo di cognizione consiste nel formarsi di un accertamento sulla controversia. Il giudicato è l'accertamento stabile e definitivo che si ha al termine del processo di cognizione. Una regola fondamentale: l'esercizio dell'attività giurisdizionale si può dare una sola volta per una data controversia (può esistere una sola verità legale). II Giudicato in senso formale e in senso sostanziale. Vi sono due diversi significati di giudicato: giudicato in senso formale ed in senso sostanziale. Il giudicato formale riguarda l'incontrovertibilità di cioò che è stato deciso, con il conseguente divieto di ripetere l'accertamento e il giudizio sulla stessa causa. In base all'art 324 cpc, si intende passata in giudicato formale la sentenza che non è più attaccabile con i mezzi di impugnazione ordinari, o perchè già esperiti, o perchè non più esperibili, con l'effetto di impedire la propoizione di unn processo identico. Sono mezzi di impugnazione ordinari: il regolamento di competenza, l'appello, il ricorsso per cassazione e la revocazione ordinaria. Il giudicato sostanziale invece è governto dall'art 2909 cc: l'accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato fa stato fra le parti, i loro eredi e aventi causa. Il giudicato sostanziale è la concretizzazione della norma generale ed astratta, ossia il comando normativo dato dal giudice per quel caso concreto. Il giudicato sostanziale, in quano legge del caso concreto, prevale anche sulle variazioni legislative (eventi come la successiva abrogazione della legge non travolgono gli effetti di quel giudicato). Sfugge a questa regola solo il caso in cui una legge successiva espressamente disponga la perdita di efficacia dei giudicati formali secondo la disciplina precedente. Mentre tutte le sentenze sono idonee a passare formalmente in giudicato, non tutte le sentenze danno luogo a giudicato sostanziale, perchè non tutte contengono un accertamento di merito. Una decisione sulla competenza, ad esempio, superate tutte le possibili impugnazioni, dà luogo a giudicato formale sul punto, ma non a giudicato sostanziale, perchè si è solo stabilito davanti a quale giudice le parti devono litigare e non anche chi ha ragione o torto sulla questione sostanziale. Si è detto che costituisce ostacolo per il giudicato formale la proponibilità delle impugnzioni ordinarie. Invece, le impugnazioni straordinarie possono essere proposte anche contro le sentenze passate in giudicato formale e coontenenti un accertamento passato in giudicato sostanziae, in quanto vi sono casi in cui il mantenimento della certezza comporta un'ingiustizia cosi forte da risultare intollerabile. Sono mezzi di impugnazione di impgnazione straordinaria la revocazione straordinaria e l'opposizione di terzo. La revocazione straordinaria è collegata ad ipotessi gravissime di ingiustizia sostanziale, mentre l'opposizione di terzo si ha quando la sentenza a leso un firitto soggettivo del terzo che non ha partecipato al giudizio, in contrasto con il principio del contraddittorio. III Giudicato e giurisdizione esecutiva e cautelare. Il giudicato è il risultaato del processo di cognizione. Il processo di esecuzione e quello cautelare non danno luovo ad un accertamento definitivo. Il processo cautelare, in particolare, porta ad un provvedimento provvisorio. Il processo esecutivo non conduce ad un accertaamento e ha effetti giuridicamente fondati, ma materiali; invece il giudicato non ha mai conseguenze materiali dirette. PARAGRAFO 17 I limiti soggettivi del giudicato. I Efficacia soggettiva del giudicato. Il giudicato sostanziale ha limiti sia soggettivi (fra chi ha efficacia il giudicato sostanziale?) che oggettivi. L'art 2909 cc chiarisce che l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato tra le parti, i loro eredi e aventi causa. Nella maggior parte dei casi, il titolare del diritto, capace di agire, è parte processuale. Gli effetti del giudicato si producono sul titolare di tale diritto. L'art 110 cpc stabilisce che quando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo è proseguito dal successsore universale o in suo confronto. Ciò vale per la successione ereditaria, ma anche per tutte le molteplici ipotesi di successione fra enti (es. fusione tra società). II Rappresentanza e sostituzione processuale. Questo schema subisce, però, alcune varianti, nei casi di rappresentanza e sostituzione processuale. Nel caso della rappresentanza, un soggetto agisce in nome e per conto di un altr, sul quale però ricadono gli effetti dell'accertamento giurisdizionale. E' sempre necessario everificare che chi agisce in nome e per conto del rappresentato dsponga di un vero potere di rappresentanza: se cosi non fosse, la domanda giudiziale risulterebbe carente di una condizione dell'azione e non potrebbe essere accolta. Un'ipotesi ancora diversa è quella, regolata dall'art 81 cpc della sostituzione processuale: un soggetto è bilitato ad agirein giudizio in nome proprio per far valere un diritto altrui. La sostituzione è possibile solo nei casi previsti dalla legge: essenzialmente, quelli discciplinati dagli artt 108 e 111 cpc. Nel caso della sostituzione, invece, gli effetti si producono sia sul sostituto, che sul sostituito. III Gli effetti del giudicato nei confronti dei terzi. Secondo l'art 2909 cc, il giudicat, ha effetto solo LE CONDIZIONI DI SVOLGIMENTO DEL PROCESSO PARAGRAFO 19 La questione di giurisdizione. Il regolamento di giurisdizione. I La questione di giurisdizione. Si ha questione di giurisdizione quando, nel corso del processo, sorge un contrasto fra le parti, ovverto si manifesta un diverso punto di vista del giudice, circa la sussistenza o no della giurisdizione inn capo all'organo adito. La giurisdizione è, in senso logico, il primo presupposto processuale, nel senso che il giudice, per comminnciare a prendere in considerazione il caso, deve verificare di essere investito del potere di deciderlo. In base all'art 37 cpc, la questione di giurisdizione può sorgere in ogni stato e grado del processo e può essere sollevata dalle parti o d'ufficio da giudice; la portata di questa norma è stata circoscritta però da alcune recenti sentenze delle sezioni unite della Cassazione (1: Si afferma che ogni pronuncia di merito, sebbene non accompagnata da alcuna espressa statuizione sulla giurisdizione, implica di regola la preventiva verifica della potestas iudicandi da parte del giudice che l'ha emessa; 2: è permesso il rilievo officioso della giurisdizione soltanto fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato, anche implicito). Ogni giudice di merito ha il potere di decidere sulla propria giurisdizione. Tuttavia, potrebbero sorgere conflitti positivi o negativi di giurisdizione: quindi, in definitiva, la decisione deve spettare ad un solo organo, individuato nella cassazione a sezioni unite. La questione di giurisdizione può sorgere in diversi ambiti, in relaione a tutti i possibili limiti al potere di giurisdizione del giudice ordinario. Pertanto, si può trattare dell'ambito interno, e quindi dei rapporti fra giudice ordinario e giudici speciali, ovvero dei conflitti di attribuzione fra il giudiziario e la pubblica amministrazione; di quello internazionale, in relazione alle diverse sfere di potere dei sistemi giudiziari nazionali. La questione di giurisdizione può essere risolta o attraverso la trafila delle 1) impugnazioni ordinarie oppure 2) in via anticipata. 1) Il giudice chiamato a decidere la causa statuisce sulla sussistenza della propria giurisdizione. Se le parti sono d'accordo e non impugnano, dopo che la questione è stata apertamente sollevata, sul punto si forma giudicato e non se ne può più discutere. Contro la decisione esplicita, è possibile proporre dapprima l'appello e poi il ricorso per cassazione. II Il regolamento preventivo di giurisdizione. 2) Per facilitare la risoluzione in via anticipata della questione di giurisdizione, è stato predisposto un apposito strumento: il regolamento preventivo di giurisdizione. Questo può essere proposto solo prima che sia stata emessa una decisione, di merito o di rito, anche non definitiva, su una qualunque parte della materia del contendere. Può essere proposto non solo dal convenuto, ma anche dallo stesso attore. Il regolamento ha l'obiettivo di investire le sezioni unite della cassazione della decisione sul punto della giurisdizione in rapporto alla singola causa. Questo si propone con ricorso. Si consente che il giudice, davanti al quale pende la causa, sospenda il processo solo se non ritiene l'istanza manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata. PARAGRAFO 20 I limiti spaziali della giurisdizione italiana. I Giurisdizione e globalizzazione. Oggi non di rado le contrversie sono decise da giudici diversi da quelli dello stato sul cui territorio si spiegano gli effetti della pronuncia e con l'applicazione di norme sostanziali volute dalle parti: i tre piani della giurisdizione, del territorio e della legge sostanziale applicabile, non si sovrappongono più. In talune aree del mondo, si affermano sistemi regionali, in cui l'integrazione assume profili più intensi. E' questo il caso dell'unione europea, al cui interno vige il principio della tendenziale equivalenza delle giurisdizioni, con la considerazione dell'unione come un solo territorio. Tutto questo investe molti aspetti della materia del diritto processuale civile: il primo è quello dei criteri di giurisdizione: vale a dire, dei paramenttri alla stregua dei quali si determina quale ordinamento sia dotato di giurisdizione per una data controversia. II La giurisdizione nell'unione europea. Nel contesto europeo, la giurisdizione in materia civile è disciplinata da vari regolamenti. I regolamenti sono leggi europee che stabiliscono i criteri di giurisdizione, valide in tutti i paesi dell'unione europea. In linea di massima, si cerca di individuare la giurisdizione più prossima ai fatti di causa e quindi potenzialmente più idonea a dare un giudizio fondato. Per ciò che concerne la materia civile e commerciale, si possono ricordare i criteri del domicilio del convenuto, del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio deve essere eseguita, del luogo in cui si è verificato un evento dannoso da fatto illecito, dell'ubicazione dei beni immobili. Notevole importanza ha anche il foro pattizio, vale a dire quello stabilito con un accordo fra le parti, secondo modalità che facilitano questo tipo di opzione. L'interpretazione di queste norme è affidata alla corte di giustizia. E' anche opportuno ricordare che altra cosa è la giurisdizione, altra cosa è la legge sostanziale applicabile: le due situazioni possono non individuare il medesimo ordinamento. III La giurisdizione internazionale. Profili generali. Vediamo ora il profilo internazionale. L'ordinamento italiano stabilisce i criteri interni per l'attribuzione della giurisdizione, in rapporto a tutti gli altri paesi, con la l. n. 218 del 1995. Controversia internazionale è quella caratterizzata da qualche elemento di estraneità, la cui decisione è destinata a produrre effetti anche nell'ordinamento italiano. Controversia estera o straniera è quella controversia che, pur avendo eventualmente qualche elemento di collegamento con l'ordinamento italiano, da vita ad un giudicato inidoneo a produrre effetti in italia. La nozione di controversia transnazionale, infine, è trasversale rispetto alle precedenti: essa ricomprende ogni controversia che interessa due o più ordinamenti e, quindi, sia le controversie internazionali che quelle controversie estere che riguardano più di un ordinamento. IV I criteri positivi di giurisdizione internazionale. Secondo l'art 3 comma 1, la giurisdzione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in italia o vi ha un rappresentnte che si autorizzato a stare in giudizio a norma dell'art. 77 cpc e negli altri casi in cui è prevista dalla legge. Il comma 2 dell'art 3 stabilisce un altro criterio positivo di giurisdizione. Sussiste quindi giurisdizione italiana, nei confronti di un convenuto domiciliato ovunque nel mondo, quando sussista uno dei criteri stabiliti delle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della convenzione Bruxelles del '68. Ne risulta attribuita la giurisdizione ai giudici italiani quando, ad esempio, in materia contrattuale , l'obbligazione dedotta in giudizio debba essere eseguita in italia, ovvero, in materia di fatto illecito, qualora l'evento dannoso sia avvenuto nel territorio nazionale, ovvero ancora quando si tratti di azione promossa da un consumtore domiciliato nella repubblica. V Deroga e accettazione convenzionale della giurisdizione. Accanto al primo criterio generale, la legge n. 218 ne pone un secondo. Si tratta del criterio della accettazione e della deroga convenzionali alla giurisdizione italiana, stabilito nell'art 4, che pone come ctiterio normale quello della derogabilità pattizia della giurisdizione, che in linea di massima prevale sui criteri generali oggettivi di cui all'art 3. Al comma 1, l'art 4 allarga l'ambito della giurisdizione nazionale, estendendola, come criterio generale,a a tutte quelle situazioni in cui essa sia stata convenzionalmente accettata dalle parti. Nel comma 2, l'art 4 lascia piena libertà a coloro che sarebbero trattati nella sfera della giurisdizione italiana di scegliere un giudice di altro stato o un arbitro straniero. In questo caso, oltre a dover essere provato per iscritto, l'accordo derogatorio deve però riguardare diritti disponibili. Con questa limitazione, il comma 2 dell'art 4 permette che una controversia italiana o internazionale venga attribuita alla cognizione di un'autorità giurisdizionale straniera. Il comma 3 prescrive, infine, che la deroga è inefficace se il giudice o gli arbitri indicati declinano la giurisdizione o non possono conoscere la causa. Si consente sempre ai litiganti di ritornare in un secondo momento alla giurisdizione italiana, non solo se le parti sono d'accordo, ma anche se una di esse rifiutasse la giurisdizione italiana. VI I criteri speciali di giurisdizione internazionale. Infine, altre norme istituiscono criteri speciali di giurisdizione. Cosi l'art 5 pone un criterio negativo o limitativo, escludendo in ogni caso la giurisdizione italiana rispetto alle azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all'estero. VII Il forum necessitatis. Vi sono nel mondo situazioni che lasciano supporre che il cittadino id un determinato paese non possa trovare giustizia davanti ai tribunali dello stato, al quale dovrebbe spettare la giurisdizione. E' questa la tematica del c.d. forum necessitatis. Parlando di forum necessitatis, si intende che la fondata prognosi di una violazione grave dei diritti di difesa nello stato estero può consentire l giudice italiano, privo di giurisdizione, di accettare di conoscere la causa, al fine di rendere una decisione certo non coercibile nel paese formalmente dotato di giurisdizione, ma opponibile, previo riconoscimento, negli altri paesi, con significativi effetti di protezione patrimoniale. PARAGRAFO 21 Il sistema della competenza. I Nozione e criteri di competenza. La competenza può essere definita come la porzione di giurisdizione che appartiene ad ogni singolo organo giudiziario. Come la giurisdizione, anche la competenza è un presupposto processuale. Il giudice, una volta accertata la propria giurisdizione, deve anche preliminarmente verificare la propria competenza. I criteri di ripartizione della competenza servono a stabilire quale fra i molti giudici-organo presenti nello stato è designato dalla legge a decidere quella determinata causa, identificata in base alle parti, all'oggetto e al titolo. I criteri di competenza sono tre: per materia, per valore e per territorio, e si aplicano esattamente in questo ordine. Il momento determinativo della competenza è disciplinato dall'art 5 cpc, in base al quale la giurisdiziione e la competenza si determinano con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della proposizione della domanda e sono irrilevanti i mutamenti successivi. causa. II L'accertamento incidentale. Va esaminato l'art 34 cpc sull'accertamento incidentale. Il giudice, cosi recita la norma, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest'ultimo, assegnando alle parti un temine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui. In linea di massima, al giudice basta accertare il rapporto pregiudiziale, nei limiti in cui ciò è necessario ai fini della decisione della causa. Talvolta però, per volontà delle parti o per legge, si tratta di dover decidere anche il rapporto pregiudiziale con efficacia di giudicato. In quest'ultima ipotesi il giudice, se non è competente ad accertare anche il rapporto pregiudiziale, deve spogliarsi della competenza a decidere quello pregiudicato: l'intero processo passa al giudice competente a conoscere il rapporto pregiudiziale; la causa pregiudicata segue quella pregiudiziale. III Compensazione e domanda riconvenzionale. Non molto diverso è il meccanismo previsto per il caso di compensazione (art 35 cpc). Secondo questa norma, quando è opposto in compensazione un credito che è contestato ed eccede la competenza per valore del giudice adito, questi normalmente rimette tutta la causa al giudice superiore. Si noti che il convenuto che oppone in mera compensazione un credito superiore a quelo dell'attore non chieede il pagamento a proprio favore della differenza: se ciò avvenisse, si ricadrebbe nel caso della domanda riconvenzionale. Domanda riconvenzionale: il meccanismo è analogo a quello che si è visto per l'accertamento incidentale. Se, proposta dall'attore una certa domanda, il convenuto spiega una domanda riconzionale (connessa per l'oggetto o per il titolo alla domanda principale) che deve essere decisa, per materia o per valore, da un altro giudice, l'intera materia del contendere viene portata dinanzi a questo giudice. IV Connessione e cumulo di cause. Fra gli effetti modificativi della connessione sulla competenza, si devono poi considerare gli artt 31, 32, 33, 40, 103 cpc (connessione oggettiva o cumulo soggettivo) e 104 e 10 cpc (connessione soggettiva o cumulo oggettivo). L'art 31 stabilisce che quando una causa è accessoria ad un'altra, le due siano decise nello stesso processo della causa principale. Più delicato è il profilo della garanzia, governato dall'art 32. La domanda di garanzia può essere proposta al giudice competente per a causa principale perche sia decisa nello stesso processo, ma se eccede la competenza per valore del giudice adito, comporta il passaggio di entrambe le cause, quella principale e quella di garanzia, al giudice superiore. Ora, si distingue fra garanzia propria ed impropria. Si ha garanzia propria uando l'obbligo principale e l'obbligo di garanzia sono fondati sul medesimo titolo o su titoli connessi; si ha invece garanzia impropria quando l'obbligo principale e quello di garanzia sono fondati su titoli diversi, ovvero solo occasionalmente connessi. Nel primo caso, l'accertamento dell'obbligo principale si espande sulla garanzia; nel secondo caso, no. Si è visto che la connessione può essere oggettiva o soggettiva. Si può ricordare che è oggettiva quando le due o più azioni hanno in comune uno o entrambi gli elementi oggettivi (causa petendi e petitum); è soggettiva quando le due o più azioni hanno in comune solo le parti. PARAGRAFO 23 La questione di competenza. I La questione di competenza. Anche se le regole sulla competenza dovrebbero consentire l'individuazione certa del giudice-organo competente a conoscere della controversia, può sorgerre un contrasto circa l'esatta applicazione delle norme attinenti a questo presupposto processuale. Di qui, la questione di competenza. II L'eccezione di competenza. La questione può essere sollevata, con la relativa eccezione, dalla controparte o dal giudice. L'art 38 cpc prevedde che l'incompetenza debba essere eccepita nella comparsa di risposta, che il convenuto deve presentare entro i venti giorni che precedono la prima udienza. III La pronuncia sulla competenza. E' lo stessso giudice, designato dall'attore come competente, a dover decidere la questione di competenza. La decidione deve essere presa secondo legge e potrà essere poi controllata da un organo superiore. La forma del provvedimento è quella dell'ordinanza. La pronuncia sulla competenza non tocca il merito della contrversia, ma riguarda solo un presupposto processuale. E' quindi un pronuncia di rito, che non dà luogo a giudicato sostanziale. L'efficacia dell'ordinanza sulla competenza del giudice di merito è limitata al concreto processo in cui è emanata e non si riferisce ad eventuali futuri processi che dovessero riguardare la medesima causa. L'art 44 si occupa dell'efficacia dell'ordinanza che pronuncia negativamente sulla competenza. In questo caso, il giudice indica quale organo giudiziario è competente e assegna alle parti un termine per proseguire il proceso dinanzi a tale nuovo giudice. Se la riassunzione non avviene nei termini, il processo si estingue, per mancanza del necessario impulso di parte (art 50 cpc). Il giudice la cui competenza è stata indicata, non può a sua volta dichiararsi incompetente, neppure se avesse fondato motivo di ritenere che il primo giudice abbia sbagliato. Rimane eccettuata però l'ipotesi che la sentenza negativa sulla competenza riguardi la competenza per materia o per territorio inderogabile. Qui, infatti, resta salva la possibilità per il giudice a cui la causa è pervenuta di sollevare d'ufficio il regolamento di competenza. Naturalmente, la decisione del giudice sulla competenza può essere impugnata, o secondo l'ordinaria trafila delle impugnazioni, ovvero con un apposito mezzo di impugnazione ordinario: il regolamento di competenza (proponibile alla corte di cassazione). IV La questione di litispendenza, continenza o connessione fra cause. Distinta dalla questione di competenza è quella che concerne la litispendenza, la continenza e la connessione di cause. Per quano riguarda la litispendenza, l'art 39 comma 1 precisa che se una stessa causa (quindi con parti, oggetto e ragione del chiedere identici) è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d'ufficio, dichiara con ordinanza la litispendenza e dispone, sempre con ordinanza, la cancellazione della causa dal ruolo. Per stabilire quale dei due processi sull'identica controversia debba essere eliminato, il codice usa il criterio temporale della prevenzione: la causa iniziata per prima prosegue, quella iniziata per seconda si estingue. Il comma 2 dell'art 39 regola il caso della continenza: qui, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successvamente, il giudice di questa dichiara con ordinanza la continenza e fissa un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice. Più complessa è la disciplina della connessione. Come si è visto, la connessione sussiste quando le azioni hanno in comune alcuni, ma non tutti gli elementi identificativi. La causa principale attira quella dipendente. La connessione non può essere eccepita dalle parti nne rilevata d'ufficio dopo la prima udienza e , quindi, può essere oggetto di intervento del giudice solo in una fase inniziale del processo. Inoltre la rimessione ad altro giudice non può avvenire quando lo stato della causa principale o proposta preventivamente non consente l'esauriente trattazione e decisione delle altre cause connesse. Con queste premesse, si può esaminare la disciplina specifica che alla materia detta l'art 40 cpc. Se sono proposte davanti a giudici diversi più cause connesse, che possono essere decise in un solo processo, il giudice fissa con ordinanza alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa accessoria davanti al giudice della causa principale, e negli altri casi davantia quello preventivamente adito. Il codice passa poi a regolare che cosa accade quando le cause connesse, oltre ad essere pendenti dinanz ad organi giudiziari diversi, siano assoggettate a riti diversi. La regola è che prevale il rito ordinario sui riti speciali, a meno che non si tratti del processo del lavoro. Se le cause connesse sono soggette a diversi riti speciali, esse vanno invece trattate con il rito previsto per quella tra esse in ragione della quale viene determinata la competenza o, in subordinazione, con il rito previsto per la causa di maggior valore. PARAGRAFO 24 Il giudice-organo. Cenni di ordinamento giudiziario. I Gli organi giudiziari civili. Gli organi giudiziari (o giudici-organo) civili nel sistema italiano sono indicati all'art 1 del r.d. 30 gennaio 1941 n. 12 sull'ordinamento giudiziario. Essi sono il giudic di pace, il tribunale ordinario, il tribunale per i minorenni, la corte d'appello, la corte di cassazione. I giudici di pace sono magistrati onorari; sono magistrati di carriera, invece, i componenti gli altri uffici giudiziari. Il reclutamento dei magistrati (giudici-persone fisiche) avviene mediante concorso. II Giudice monocratico e giudice collegiale. I giudici-organo possono avere composizione monocratica o collegiale. La normalità è il giudice monocratico: cosi il giudice di pace, cosi il tribunale, anche quando giudica inn sede di appello contro sentenze del giudice di pace. Hanno invece composizione collegiale: la corte d'appello in sede di appello e in altre sedi; il tribunale nei casi dell'art 50 bis cpc; la corte di cassazione. Quando opera collegialmente, il tribunale decide nella composizione di tre membri. L'art 50 bis cpc elenca i compiti residualmente affidati al tribunale in composizione collegiale. Si tratta delle poche cause in cui è obbligaorio l'intervento del pubblico ministero, di quelle in materia concorsuale e societaria, di quelle devolute alle sezioni specializzate e di quelle relative ad alcuni aspetti delle successioni testamentarie. La composizione collegiale è poi stabilita da altre singole disposizioni. Significativa è la disposizione di cui al n. 7 dell'art 50 bis cpc, essa si riferisce alle cause concernenti la responsabilità civile dei magistrati. III Il tribunale. I tribunali sono normalmente articolati in più sezioni, che raggruppano i magisstrati assegnati alla pianta organica. Normalmente, i giudici destinati a ciascuna sezione non possono essere meno di cinque, per consentire la formazione dei collegi. La ripartizione è l'equidistanza effetiva del giudice rispetto alle posizioni e agli interessi delle parti. L'indipendenza va vista sotto diversi profili: nei confronti del potere esecutivo, nei confronti del potere giudiziario, nei confronti delle appartenenze ideologiche. II L'imparzialità del giudice. Mentre l'indipendenza ha portata generale, l'imparzialità riguaarda il caso concreto. E' già noto il riferimento all'art 111 comma 2 cost, secondo cui ogni processosi svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale. Il giudice è imparziale quando non prende le parti di nessuno dei contendenti e la sua decisione discende dauna comprensione oggettiva della fattispecie e da una corretta applicazione della norma giuridica. III L'astensione. Sotto il secondo profilo, si devono prendere in esame i rimedi che il codice appronta per garantirre l'imparzzialità de giudice: l'astensione e la ricusazione. L'art 51 cpc al comma 1, prevede che il giudice ah l'obbligo di astenersi, quando ricorrono le specifiche condizioni elencate nei cinque punti successivi. Al comma 2, la norma prevede che in ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice possa astenersi, chiedendone l'autorizzazione al capo dell'ufficio. Ai sensi della norma citata, il giudice deve astenersi: 1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto; 2) se egli stesso o il coniuge è parente fino al quarto grado o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori; 3) se egli stesso o il coniuge ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di creditto o debito con una delle parti o alcuno dei difensori; 4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, oo ha deposto in essa come testimone o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico; 5) se è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti o se è amministratore o gerente di un ente, di un'associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa. E' opportuno dire che la violazione del dovere di astensione non è motivo di impugnazione della sentenza. Al comma 2 dell'art 51 si prevede la possibilità per il giudice di astenersi dal giudicare qualora ritenga sussistere gravi ragioni di convenienza (clausola generale). IV La ricusazione. Al dovere di astenzione da parte dell giudice corrisponde il potere di in capo a ciscuna delle parti. Mediante l'istanza di ricusazione, infatti, la parte, allegando una temuta situazione di non imparzialità del magistrato, chiede che quella singola persona fisica sia sostiutita da altra, nell'ambito del medesimo ufficio giudiziario. La ricusazione è possibile solo quando il giudice si trovi in una delle condizioni dell'art 51 comma 1 (esclusa la clausola generale elastica). Inoltre, mentre l'astensione ha effetti automatici, la ricusazione suppone un subprocedimento, che prende vita dall'apposita istanza (art 52 cpc), in cui il ricusante deve precisare i motivi della propria iniziativa e le prove che la sostengono. Secondo l'art 53 sulla ricusazione decide il presidente del tribunale se è ricusato un giudice di pace, ma decide il collegio (della sezione del ricusato) se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte d'appello (i colleghi del ricusato, si hanno quindi dubbi sul piano delle garanzie). E' esclusa l'ammissibilità di un ricorso straordinario per cassazione ex art 111 cost contro l'ordinanza. V La responsabilità civile del giudice. La legge attribuisce al cittadino, che ritenga di essere stato danneggiato ingiustamente da comportamenti, atti o provvedimenti giudiziari posti in essere da un magistrato con dopo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni o per effetto di un diniego di giustizia, un'azione volta a conseguire il risarcimento dei danni, anche non patrimoniale, da proporre non contro il giudice ma nei confronti dello stato. Se la domanda viene accolta, potrà poi seguire l'azione di rivalsa dello stato verso il magistrato responsabile. L'azione risarcitoria per colpa del magistrato è proponibile solo dopo l'esperimento di tutti i mezzi ordinari di impugnazione. Sussiste un termine triennale di decadenza, che decorre dal momento in cui l'azione è esperibile. La competenza a conoscere della domanda di risarcimento spettaa al tribunale in composizione collegiale nella sede della corte d'appello del distretto più vicino a quell oin cui è compreso l'ufficio giudiziario nel quale operva il magistrato al momento del fatto. PARAGRAFO 27 Il difensore e la deontologia forense. I Il difensore: profili generali. L'ordinamento prevede che le parti, dinanzi al giudice civile, normalmente non svolgano l'attività defensionale, ma si avvalgano di un ausilio tecnico: il difensore. La difesa tecnica comporta che la parte agisca nel processo con l'intermediazione di un difensore. Art 82 comma 3 cpc: salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti al tribunale e alla corte d'aappello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente e davanti alla corte di cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell'apposito albo. La parte può difendersi da sola in pochi casi, espressamente precissati dalla legge. Così, ciò può accadere davanti al giudice di pace, se il valore della controversia non eccede euro 1100 o se il giudice di pace, in considerazione della natura ed entità della causa, espressamente la autorizza; nel rito del lavoro in primo grado, quando il valore della causa non eccede euro 129,11; ovvero se si tratta di una persona che ha la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura pressoo l'organo giudiziario che tratta la causa. I poteri del difensore sono indicati all'art 84 cpc. Il difensore può compiere e ricevere, nell'interesse della parte, tutti gli atti del processo che non sono ad essa espressamente riservati. L'art 125 cpc stabilisce che gli atti processuali di parte devono essere sottoscritti dal difensore. Erstano fuori da questo quadro solo le poche situazioni, in cui la parte è chiamata ad esercitare nel processo poteri dispositivi o negoziali, ovvero a riferire personalmente al giudice. Il codice distingue due funzioni del difensore: il compimento degli atti processuali diannzi al giudice in rappresentanza della parte e lo studio del caso e l'assistenza alla parte. II L'incarico al difensore. La designazione del difensore avviene mediante uno specifico negozio, la procura alle liti. Mediante la procura, viene conferito dalla parte al procuratore il compito di rappresentarla e difenderla nel processo. Nel contempo, vi è un profilo sostanziale che lega la parte al difensore: si tratta di un contratto d'oper professionale, disciplinato dagli artt 2229 ss. cc. In base all'art 83 comma 2 la procura alle liti può essere generale o speciale e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata. Il significato della procuraa è quello di munire un avvocato dei poteri rappresentativi della parte dinanzi al giudice e alla controparte. Occorre garantire alla parte il diritto di cambiare difensore e all'avvocato quello di chiudere il rapporto con la parte. La prima situazione prende il nme di revoca; la seconda, di rinuncia alla procura. Per entrambe, l'art 85 cpc garantisce piena libertà reciproca, in qualsiasi momento: non occorrono preavvisi o motivazioni di giusta causa. La revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finchè non sia avvenutaa la sostituzione del difensore. L'avvocato che ha subito la revoca o ha effettutato la rinuncia ha ancoraa taaluni specifici doveeri verso il cliente: in promo luogo, quello di informarlo di eventuali comunicazioni o atti ricevuti, nel periodo antecedente alla nomina del nuovo difensore; in secondo luogo, quello di restituirgli tutta la documentazione rivecuta, della quale peraltro può trattenere copia, ai fini di eventuali controversie circa il pagamento delle prestazioni effettuate. Il rapporto fra il difensore e il cliente è un contratto d'opera intellettuale che richiede, l'iscrizione del professionista all'albo degli avvocati, tenuto, per ogni circoscrizione, dal consiglio dell'ordine degli avvocati. L'avvcato deve svolgere la propria opera personalmente, ovvero avvalendosi di sostituti e ausialiari, sotto la propri direzione e ressponsabilità. La remunerazione del professionista va fissata d'accordo con il cliente e l'avvocato deve preventivare i costi della sua attività. In mancanza, si applicano appositi parametri stabiliti con d.m. Un punto importante è quello della responsabilità. I professionisti forensi sono obbligati per legge a stipulare polizze assicurtive di responsabilità civile e a renderne note ai clienti le caratteristiche essenziali. L'art 2236 cc peraltro, dispone che se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il professionista intellettuale risponde dei danni solo in cao di dolo o di colpa grave. E' opportuno chiarire che il difensore assume un obbligo di mezzi e non di risultato: sul professionista incombe il dovere di diligenza, non quello di vincere la causa. III La deontologia professionale. L'avvocato è chiamato a rispettare le norme della deontologia professionale, verso i clienti, i colleghi e i giudici, che sono tradotte in un apposito codice deontologico, emanato dal consiglio naizonale forense. Uno dei principali dovere dell'avvocato è quello della formazione: le norme cambiano, la giurisprudenza si evolve e solo uno studio continuo permette all'avvocato di fornire un servizio efficace ed utile. Per quanto riguarda la correttezza l'art 88 ribadisce il dovere delle parti e dei loro difensori di comportarsi in giudizio con lealtà e probità. L'art 89 pone il divieto di usare, negli scritti e nelle difese orali dinanzi al giudice, espressioni sconvenienti ed offensive. PARAGRAFO 28 Pluralità di parti nel processo. Litisconsorzio necessario e facoltativo. L'azione collettiva risarcitoria. I Il processo a pluralità di parti. Il diritto processuale si trova a dover affrontare situazioni in cui la controversia rigurda non due, ma più parti. Questo problema conosce le soluzioni tradizionali del litisconsorzio e dell'intervento dei terzi. Vanno consiederate anche altre fattispecie, come le azioni a tutela di interessi collettivi o diffusi. Rientra in queste ultime anche l'azione collettiva risacitoria, introdotta con l'art 140 bis del codice del consumo. La pluralità di parti nel processo può essere originaria o successiva. Quando è originaria, si parla di litisconsorzio. Quando è successiva, si parla di intervento o litisconsorzio successivo. II Il litisconsorzio necessario. Si distingue tra litisconsorzio necessario e litisconsorzio facoltativo. Il litisconsorzio è necessario (art 102 cpc) quando oggetto della causa è un unico rapporto III L'intervento coatto su istanza di parte. L'intervento coatto può verificarsi su istanza di parte o per ordine del giudice. Nell'intervento coatto su istanza di parte, esiste un legame di diritto sostanziale tra il rapporto giuridico dedotto in giudizio e un altro rapporto giuridico che intercorre tra il convenuto o l'attore e un terzo, onde il convenuto o l'attore hanno interesse a chiedere l'estensione del giudizio al terzo. Chi chiama in causa un terzo, propone una domanda contro di lui. Nel contempo, a seconda delle ipotesi, la domanda originaria dell'attore contro il convenuto può estendersi automaticamente contro il terzo, ovvero è necessario che l'attor, se lo ritiene, la proponga espresssamente. Le fattispecie contemplate dalla norma sono due: la chiamata in garanzia e la comunanza di causa. La chiamata in garanzia si ha quando il convenuto pretende di essere garantito, per varie possibili ragioni, da un terzo, nei confronti della domanda dell'attore. Il danneggiato A chiede il risarcimento dei danni subiti al responsabile B: questi chiama a garanzia la società di assicurazione C perchè, in forza del contratto di assicurazione, paghi A al suo posto. E' necessario distinguere, in prposito, fra garanzia propria e garanzia impropria. La garanzia propria si ha quando la causa principale e quella accessoria hanno in comune lo stesso titolo e anche quando ricorra una connessione ooggettiva tra i titoli delle due domande; la garanzia impropria, quando il convenuto tende a riversare le conseguenze del proprio inadempimento su di un terzo in base ad un titolo diverso da quello dedotto con la domanda principale, ovvero in base ad un titolo connesso al rapporto principale solo in via occasionale. Nel primo caso, l'accertamento dell'obbligo principale investe anche l'obbligo del garante; nel secondo caso, invece, l'attore chiede la condanna del convenuti e questi deve chiedere che il giudice condanni il garante a tenerlo indenne. Diverso è il profilo della comunanza di causa. Esso di verifica quando vi è una relazione giuridicamente rilevante, fra le posizioni sostanziali della parte e del terzo: si tratta generalmente di connessione, anche impropria. IV L'intervento coatto per ordine del giudice. Art 107 cpc: il giudice, quando ritiene la causa comune ad un terzo, può ordinarne la chiamata in causa. Tuttavia, altra cosa è la chiamata in causa e altra cosa è la concreta proposizione di domande nei confronti del terzo. Infatti, le parti originarie restano libere non solo di determinare il contenuto delle loro domande nei confronti del terzo, ma anche di non proporne nessuna. Può accadere che il giuddice ravvisi, in una data situazione, il collegamento fra le posizioni di una delle parti e di un terzo e si prospetti l'ipotessi di futurre cause e di contrasto pratico fra giudicati. Per evitare queste conseguenze, il giudice può ordinare la chiamata del terzo, per favorire la trattazione in un unico contesto processuale delle diverse questioni. PARAGRAFO 30 Gli atti processuali. I La nozione di atto processuale. Il contenuto-forma degli atti. Si può definire atto processuale ogni atto compiuto nel processo, da soggetti del processo e con efficacia sul processo. E' invece essenziale la formaa, che nell'atto processuale assume una caratteristica connotazione di forma- contenuto. Infatti, ogni atto del processo ha una funzione oggettiva. Per adempiere a questa funzione, esso deve avere un contenuto determinato e oggettivo, che si specifica, poi, nelle dimensioni concrete di ogni singola controversia. La forma degli atti processuali è quindi, al contempo, libera e strumentale allo scopo oggettivo dell'atto. Secondo l'art 121, rubricato "libertà di forme", gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo. I vincoli formali sono soltanto quelli che la legge prevede (e si parla a questo proposito di tassatività delle forme). In realtà, la libertà è poca, perchè molti sono gli elementi essenziali dei vari atti. Il mancato rispetto delle forme comporta in molti casi una sanzione di inefficacia: la volontà della parte non produce effetti. II La lingua degli atti processuali. Il nostro ordinamento si caratterizza, sul piano generale, per un rigido monolinguismo, sia processuale che organizzativo. L'uso della lingua italiana è prescritto, in sede civile, per tutto il processo e l'apporto di traduttori ed interpreti è limitato al piano probatorio, quando si tratta di acquisire una deposizione orale o di tradurre documenti. Si devono, peraltro, segnalare le leggi destinate a tutelare le minoranze linguistiche nel nostro paese. Il dpr 15 luglio 1988 n 574 attua la parificazione della lingua tedesca a quella italiana nella regione del trentino alto-adige, per una serie di rapporti elencati nell'art 1 e comprensivi di quelli con le autorità giudiziarie con sede nella provincia di bolzano ovvero in quella di trento con competenza anche per la provincia di Bolzano. Gli artt 20 e 21 del dpr, dedicati al processo civile, consentono lo svolgimento del processo in forma monolingue o bilingue, lasciando ad ogni parte la piena libertà di scegliere la lingua per la redazione dei propri atti processuali. Se entrambe le parti, nei rispettivi atti introduttivi, usano la stessa lingua, si ha un processo monolingue (italiano o tedesco). Se, invece, esse scelgono lingue diverse, si ha un interessante fenomeno di processo perfettamente bilingue. Il bilinguismo processuale altoatesino costituisce d'altronde un unicum nel quadro del nostro ordinamento. La normativa per la valle d'aosta, ad esempio, permette l'uso della lingua francese nel processo, ma riserva alla lingua italiana le sentenze e gli altri atti del giudice. Le espressioni linguistiche delle altre minoranze non ricevono analoga tutela legislativa. III Tipologie di atti processuali. Gli atti di parte. Gli atti processuali comprendono due tipologie: gli atti scritti e quelli orali. Gli atti orali, specie quelli compiuti nell'udienza, vengono tradotti in forma scritta nel processo verbale. Si distingue anche fra atti di parte e atti del giudice. Gli atti di parte si distinguono in atti introduttivi (che presentano la domanda, come la citaione e il ricorso, ovvero la difesa della controparte, come la comparsa di risposta e il controricorso), atti illustrativi di difese (memorie, comparse) e atti di istanza (con cui si chiede al giudice o a un suo ausiliario il compimento di qualche specifica attività). IV Atti processuali di parte e giustizia digitale. Le modalità di esercizio delll'attività giudiziaria sono sempre più improntate alle forme telematiche. E' divenuta obbligatoria l'indicazione negli atti di parte del numero di fax del difensore. L'istituzione del registro generale degli indirizzi elettronici, pubblicamente consultabile, permette poi di desumere l'indirizzo di pec di ogni avvocato. Ogni comunicazione o notificazione a un difensore può essere validamente effettuata all'indirizzo di pec. La l.n. 228 del 24 dicembre 2012 ha previsto che tutti i depositi di atti giudiziari di parte e di documenti siano effettuati in via telematica. V La redazione degli atti processuali. La l. n. 132 del 2015 ha previsto che gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalità telematiche devonno essere redatti in maniera sintetica (è qui possibile cogliere una traccia del principio di ragionevole durata e di ponderata gesstione delle risorse). Nel contesto del diritto dell'Unione europea, si è da tempo suggerita l'utilizzazione di formulari o documenti multilingue da utilizzare nelle cause transnazionali, tali da poter essere accettati come documenti validi in tutti i procedimenti che si svolgono nell'Unione. Lo scopo è prima di tutto pratico: immaginare atti preformati, in cui ogni aspetto di contenuto-forma è incasellato secindo espressioni, contestualmente tradotte in tutte le lingue, agevola la circolazione delle liti e dei provvedimenti giudiziari. PARAGRAFO 31 La sentenza e gli altri provvedimenti del giudice. Sentenze definitive e non definitive. I I provvedimenti del giudice. L'ordinanza e il decreto. Il codice conosce tre tipi di provvedimenti nominati del giudice: la sentenza, l'ordinanza e il decreto. La sentenza è il principale atto del giudice. Ha contenuto decisorio di tutto il processo o di parte di esso. Suppone una piena motivazione ed è impugnabile. L'ordinanza ha invece contenuto ordinatorio (di direzione del processo: ad esempio la sospensione), istruttorio e solo talora decisorio. Normalmente non è impugnabile, ma revocabile e modificabile. L'ordinanza è succintamente motivata (art 134 cpc). Il decreto è il provvedimento più semplice, con funzione ordinatoria ed eccezionalmente decisoria a cognizione incompleta, senza accertamento o con urgenza. Il decreto non è motivato, salvo nei casi inn cui la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge. II La sentenza. Si può dire che la sentenza è il primo punto di arrivo del processo ed è l'atto che riassume sia il lavoro del giudice che quello delle parti. I requisiti formali della sentenza sono elencati nell'art 132 cpc. Essa deve contenere: 1) l'indicazione del giudice che l'ha pronunciata; 2) l'indicazione delle parti e dei loro difensori; 3) le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti; 4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; 5) il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice. Le parti essenziali della sentenza sono quindi quattro: l'intestazione, la motivazzione, il dispositivo e la sottoscrizione. III Motivazione e dispositivo della sentenza. La sentenza non motivata o incongruentemente motivata è nulla, quindi impugnabile, ma non inesistente. Nella motivazione, ill giudice espone il percorso logico-giuridico seguito per giungere alla definizione. L'art 118 disp. att. cpc, nel suo testo attuale, precisa che la motivazione consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione. Il dispositivo (il cuore della sentenza) traduce la volontà determinativa dell'organo giudicante: tutta la materia del contendere deve essere ricompresa nella volontà decisoria del giudice. I vizi del dispositivo possono dare luogo ad una vera e propria impugnazione, ovvero alla meno invasiva forma della correzione. IV Sentenze definitive e non definitive. Le questioni pregiudiziali. Le sentenze possono essere definitive o non definitive. E' definitiva la sentenza che chiude per sempre quella fase del giudizio; sono definitive le sentenze che decidono nel merito su tutta la materia del contendere, notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all'originale dell'atto da notificarsi. Una volta consegnata una copia a ciascuno dei destinatari, l'ufficiale giudiziario certifica l'eseguita notificazione mediante apposita breve relazione, da lui datata e sottoscritta, apposta in fondo all'originale e alla copia dell'atto. E' possibile che l'ufficiale non incontri il destinatario. Il codice ammette che la notificazione possa esserre fatta nel luogo di residenza o di domicilio o di lavoro del destinatario, consegnado la copia a persone (indicate dall'art 139 cpc) che si ritiene la consegneranno all'interessato. Se il figli, o la collaboratrice familiare, o la segretaria, dimenticano od omettono di informare il destinatario della notificazione ricevuta, oppure se l'atto viene involontariamente smarrito da chi lo aveva materialmente ricevuto, l'effetto giuridico della notificazione si è comunque realizzato. Se il destinatario è una persona giuridica, la notificazione si esegue presso la sede della persona giuridica, con consegna della copia al legale rappresentante ovvero, come più spesso accade, ad altra persona addetta alla sede. Può accadere che sia nota l'effettiva residenza del destinatario, ma questi non si trovi a quell'indirizzo ovvero nessuna delle persone indicate dall'art. 139 accetti di ricevere l'atto. In questo caso, l'art 140 cpc permette di ritenere eseguita una notificazione con il mero compimento di una serie di formalità. L'ufficiale giudiziario deposita la copia in un apposito ufficio del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge poi un avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell'abitazione dell'ufficio o dell'azienda del destinatario e, da ultimo, gliene da notizia per raccomandata con avviso di ricevimento. Il massimo livello di presunzioni è raggiunto dall'ipotesi in cui del destinataario non si conosco alcun indirizzo. E' la c.d. notificazione all'irreperibile, disciplinata dall'art 143 cpc. Qui l'ufficiale giudiziario esegue la notificazione depositando una copia dell'atto nell'apposito ufficio del comune dell'ultima residenza o, se questa è ignota, in quella del luogo di nascita del destinatario. Infine, se non sono noti neppure il luogo dell'ultima residenza o quello di nascita, l'ufficiale giudiziario consegna copia dell'atto al pubblico ministero. In questo caso, la notificazione si considera esseguita nel ventesimo giorno successivo a quelllo in cui sono compiute le formalità presscritte. III La scissione degli effetti della notificazione. I vizi della notificazione. Anche se è sempre vero che la notificazione si perfeziona con la consegna effettiva al destinatario o con il raggiungimento delle modalità di consegna presuntiva previste dalla legge, la corte costituzionale ha precisato che, ai fini del rispetto dei termini, la notificazione si perfeziona per il notificante al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario. La notificazione è nulla, se effettuata in modi che pregiudichino gravemente la possibilità del notificando di essere informato; è inesistente, se effettuata a soggetto diverso dal notificando. L'art 160 cpc testualmente dispone che la notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data in cui è avvenuta. Come ogni atto nullo la notificazione può essere rinnovata. IV Forme diverse di notificazione. Le forme di notificazione ad opera dell'ufficiale giudiziario sono diverse: oltre quella a mani, vanno segnalate la notificazione per posta, per pubblici proclami o a mezzo di più moderni sistemi di comunicazione (fax e posta elettronica). V La notificazione telematica. Si vanno estendendo le forme di notificazione che si avvalgono delle forme telematiche. Secondo l'art 151 cpc il giudice può prescrivere, anche d'ufficio, con decreto redatto in fondo all'atto da notificare, che la notificazione sia eseguita in modo diverso da quello stabilito dalla legge, quando lo consigliano circostanze particolari o esigenze di maggiore celerità, di riservatezza o di tutela della dignità. Secondo l'art 149 bis poi, è prevista la possibilità di effettuare le notificazioni, salvo espresso divieto di legge, anche a mezzo posta elettronica certificata. E' stabilito poi che normalmente le notificazioni che devono essere eseguite dalla cancelleria sono effettuate per via telematica, agli indirizzi di posta elettronica certificata dei destinatari. VI La notificazione all'estero. Un aspetto particolare del problema è dato dalle notificazioni all'estero. La convenzione dell'Aia del 1965 sulle noticazioni all'estero, ratificata dall'italia nel 1981, fissa per i paesi che vi aderiscono una serie di regole. Il norificante italiano consegna l'atto all'ufficiale giudiziario, che lo consegna all'autorità centrale italiana, che a sua volta lo trasmette all'autorità giudiziaria dell'altro paese, che a sua volta lo affida ai competenti organi interrni che, infine, tentano di raggiungere il destinatario. Nel quadro dell'unione europea invece l'ufficiale giudiziario italiano invia l'atto al competente collega dell'altro stato membro, che cura la notificazione secondo le sue regole interne. Inoltre, vengono ammesse altre forme di notificazione diretta e, in specie, quella a mezzo del servizio postale. Se il destinatario non ha residenza, dimora o domicilio nello stato e non vi ha eletto domicilio l'atto è notificato mediante spedizione al destinataio per mezzo della posta con raccomandata e mediante consegna di altra copia al ministero degli affari esteri per la consegna alla persona alla quale è diretta. PARAGRAFO 34 Il tempo nel processo. I termini processuali. I I termini processuali. Un'ordinata trattazione della controversia suppone che le attività che le parti e il giudice compiono nel processo si attuino nel rispetto di tempi prefissati, idonei, da un lato, ad assicurare il diritto di difesa e, dall'altro, a garantire una sollecita trattazione del caso. I termini sono quelle scansioni temporali entro le quali o non prima delle quali deve essere compiuta una determinata attività. II Termini perentori ed ordinatori. E' necessario distinguere fra termini perentori e termini ordinatori. Sono perentori i termini alla cui mancata osservanza la legge associa conseguenze pregiudizievoli (decadenziali o preclusive) per la parte che vi sia incorsa. Sono ordinatori, invece, i termini alla cui mancata osservanza la legge non associa conseguenze pregiudizievoli, nè fa discendere la perdita di diritti o di facoltà processuali. Si ritiene, sulla scorta dell'art 152 cpc, ch siano perentori sltanto i termini a cui l'effetto decadenziale pregiudizievole sia posto dalla legge in maniera esplicita. La natura del termine ha importanti conseguenze sulla sua eventuale modificabilità. I termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, i termini ordinatori sono modificabili: l'art 154 cpc dispone al riguardo che il giudice, prima della scadenza, può abbreviare o prorogare, anche d'ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza. La norma aggiunge che la proroga non può avere una durata superiore al termine originario e che non può essere consentita una proroga ulteriore, se non per motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato. E' bene precisare, peraltro, che anche il giudice può trovarsi a perdere un potere per effetto dell'inutile decorso di una scansione temporale. III Termini acceleratori e dilatori. Il calcolo dei termini. Un'importante distinzione, che attiene al modo di operare dei termini, è quella fra termini acceleratori (o finali) e termini dilatori. Sono termini acceleratori quelli che specificano il momento temporale entro il quale e non oltre il quale va compiuta l'attività in oggetto. Sono invece termini dilatori quelli che fissano uno spazio temporale, non prima del quale può essere compiuta una data attività. Soltanto per i termini finali vale la distinzione fra termini ordinatori e termini perentori. Se il giorno di scadenza del termine è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo. IV La sospensione feriale dei termini. Di estrema importanza pratica è poi la disciplina della sospensione feriale dei termini. E' prevista a sospensione di diritto del decrso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie e amministrative durante un periodo che va dal 31 luglio e riprende a decorrere dal primo settembre. I termini per i quali vale la sospensione feriale sono quelli direttamente correlati all'attività dei giudici e dei difensori delle parti. La sospensione feriale dei termini non vale per le materie caratterizzate da una speciale urgenza nella trattazione (causa relative ad alimenti, procedimenti cautelari). V I termini elastici. Non sono infrequenti le norme che indicano il compimento di atti nel processo attraverso locuzioni elastiche. Si pensi, ad esempio, alla locuzione "senza indugio", con cui si tenta di scandire con un ritmo elevato l'attivit degi organi giudiziari. PARAGRAFO 35 Il tempo nel processo. La rimessione in termini. I Profili generali della rimessione in termini. In base all'art 153 cpc si può verificare il fenomeno della rimessione in termini. La parte che dimostra di essere incorrsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice istruttore di essere rimessa in termini. La rimessione in termini copre tutte le situazioni in cui un documento o una prova siano venuti alla luce dopo lo spiare delle preclusioni. Il testo dell'art 153 esclude ogni dubbio: la rimessione in termini è un istituto applicabile a qualsiasi attività processuale, senza eccezioni. Il disposto della norma, come si è accennato, ricomprende non soltanto le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore, ma anche quelle dello ius superveniens e del fatto nuovo. Orbene, si può ritenere che, qualora si sia verificata una di queste fattispecie, la parte che invoca la rimessione in termini non la possa conseguire se la controparte abbia compiuto, nel frattempo, una qualche attività processuale che, invece, già tenga conto del profilo innovativo. La diligente iniziativa di una parte può valere a sottolineare, quasi per contrasto, la tardività e quindi la colpevolezza nel ritardo in cui è incorsa l'altra. Si deve ritenere che la richiesta di rimessione in termini debba essere presentata subito dopo il venire meno della causa ostativa e, quindi, nella prima attività defensionale successiva. II La rimessione in termini nel quadro europeo. Secondo l'art 45 del regolamento n 1215/12, secondo il quale non sono riconoscibili le decisioni rese in altri Stati se la domanda giudiziale od un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter pressentare le proprie difese, eccetto qualora, pur avendone avuto la possibilità, egli non verbali e i provvedimenti del giudizio. Ne nasce un rito ibrido, simile al procedimento monitorio. La corte d'appello in composizione moncratica emette un decreto motivato, che può accogliere, in tutto o in parte, ovvero respingere, la domanda di equa ripartizione. Nel primo caso, il provvedimento è immediatamente esecutivo. Ricorso e decreo devono essere notificati al minister legittimato passivo entro trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e, se la notificazione non è eseguita, il decreto diventa inefficace e, non può più essere riproposta. Nel secondo caso, la domanda respinta non può più essere riproposta. Tuttavia, vi è lo spazio per un'opposizione, da proporsi, entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento ovvero dalla sua notificazione, alla medesima corte d'appello che ha emesso il decreto. L'opposizione è regolata dall'art 5 ter. La corte provvede, nella consueta composizione collegiale, nelle formedel procedimento in camera di consiglio. La norma precisa che del collegio non può fare parte il giudice che ha emanato il procedimento impugnato. Se ricorrono gravi motivi, la corte può sospendere l'efficacia eseutiva del provvedimento. La corte decide con decreto, immediatamente esecutivo, ricorribile per cassazione. Infine, va segnalata un'ultima previsione, tendente a sisincentivare i ricorsi: in caso di domanda inammissibile o manifestamente infondata, il giudice può condannare il ricorrente incauto a versare una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, e quindi dell'erario. PARAGRAFO 37 I costi del processo. I I costi del processo e la loro anticipazione. La regola è che i costi vengono anticipati dallla parte, che vuole dare impulso al processo. Si tratta di spese fiscali e soprattutto, di assistenza legale e tecnica. La costituzione si preoccupa poi di evitare che i costi possano rappresentare uno sbarramento per i cittadini non abbienti (art 24 comma 3), prevedendosi quindi forme di patrocinio a spese dello stato. II L'anticipazione dei costi del processo. L'anticipazione dei costi è, però, solo un episodio provvisorio. Al termine del processo, le spese devono essere addebitate a chi ha dato ingiustamente causa al processo, vale a dire alla parte soccombente. La condanna alle spese a favore dell parte vittoriosa è possibile solo se, in caso di proposta conciliativa rifiutata, la domanda dell'attore sia stata accolta in misura superiore al livello della proposta. Limmotivata prosecuzione del processo, infatti, comporta una forma di inutile esercizio della giurisdizione. Per fissare l'entit delle spese, il giudice fa riferimento ad appositi parametri, fissati con decreti ministeriali. L'art 97 cpc precisa poi che, se vi sono più soccombenti, il giudice condanna ciascuno di essi in proporzione del rispettivo interesse nella causa, ovvero solidalmente se hanno un interesse comune. III La compensazione delle spese. La regola della soccombenza, cosi come formulata dall'art 91, peraltro, non è assoluta. Infatti, secondo l'art 92, comma 2 cpc, il giudice ha un potere discrezionale di compensare le spese. Questo significa che ogni parte tiene a carico le spese che ha anticipato (si pensi al proprio avvocato). La compensazione, parziale o integrale, si attua in casi limitati: quando si verifica la soccombenza reciproca o se vi è assoluta novità della questione trattata p nell'ipotesi di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni decisive nella lite. Nonostante il silenzio della norma, si deve ritenere che la sussistenza delle ragioni giustificative della compensazione vada motivata. La consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art 92 comma 2, laddove non prevede che il giudice possa compensare le spese, parzialmente o per intero, se sussistono gravi ed eccezionali ragioni, oltre a quelle indicate dalla norma. IV Condanna alle spese e abuso del processo. Talora, può essere condannata alle spese la parte vittoriosa, che abbia però violato il dovere di lealtà e probità processuale, previsto dall'art 88. Non è agevole definire i contorni di questo dovere. L'ordinamento prevede, poi, una sanzione ancora più forte per la parte che abbia agito o resistito nel processo in mala fede. Su domanda dell'altra parte, questa parte può essere condannata al risarcimento dei danni. L'art 93 cpc permette al giudice di disporre che il soccombente rifonda le spese non alla controparte, come normalmente accade, ma al suo difensore che abbia anticipato le spese vive e non sia stato pagato dal cliente. Si parla, a questo proposito, di distrazione delle spese e si qualifica l'avvocato come procuratore distrattario. L'art 94 contempla la possibilità di condanna alle spese, in casi eccezionali, anche del rappresentante e del curatore, in solido con la parte. CAPITOLO 3 IL PROCESSO DI COGNIZIONE SECONDO IL RITO ORDINARIO. PARAGRAFO 38 Il rito ordinario di cognizione. I modelli processuali. Il problema delle risorse. L'atto di citazione. I La struttura schematica del processo di cognizione. Si può affermare ch eogni processo di cognizione è articolato inn tre fasi essenziali. In primo luogo, una fase di introduzione, che inizia con la proposizione della domanda e con le difese di tutte le parti, giungendo fino al momento in cui si determina in modo definitivo la materia del contendere. Questa fase include l'allargamento del contraddittorio a eventuali terzi e affronta il problema della modificazione delle domande. Poi si ha la fase di trattazione: data la materia del contendere, in essa ha luogo la trattazione sostanziale degli argomenti oggetto della lite. Essa comprende in particolare la fase istruttoria, vale a dire quella specificamente volta alla raccolta del materiale probatorio necessario all'accertamento dei fatti. Infine, vi è la fase decisoria: le parti commpletano le loro difese e il giudice, preso atto del contenuto definitivo delle domande, decide. I due principali modelli alternativi al rito ordinario sono quelli del processo del lavoro e del processo sommario. III L'atto di citazione. Il processo dinanzi al tribunale inizia con l'atto di citazione, mediante il quale viene proposta la domanda giudiziale. I modi per l'inizio di un processo sono essenzialmente due: la citazione e il ricorso. Con la citazione, l'attore espone la domanda e invita il convenuto a presentarsi davanti al giudice ad udienza fissa. Con il ricorso, l'attore propone la domanda e chiede al giudice di fissare un'udienza, alla quale sarà chiamato a partecipare il convenuto. Nel primo caso, il contratto si ha fra le parti, e solo dopo viene coinvolto l'organo giudiziario; nel secondo caso, viene dapprima chiesto l'intervento del giudice e poi si porta l'iniziativa a conoscenza della controparte. La citazione presenta, in sintesi, il seguente contenuto: a) una parte di intestazione (giudice, parti, domicilio, avvocati); b) una parte che contiene la domanda giudiziale vera e propria (oggetto, fatto e diritto, conclusioni) --> 1) la determinazione della cosa oggetto della domanda, 2) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni; 3) l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e inn particolare dei documenti che offre in comunicazione...; c) una parte che comporta il collegamento fra parti e giudice: l'invito a comparire ad udienza fissa. A ciò si deve aggiungere l'indicazione di mezzi di prova che l'attore già ritiene di voler proporre. L'atto di citazione deve poi essere sottoscritto dal difensore munito di procura. La parte essenziale del'atto di citazione èè quella che contiene la proposizione della domanda e quindi, andando alla radice, il fatto lesivo. E' fondamentale l'indicazione dei fatti costitutivi primari: di quei fatti, cioè, che sono necessari e sufficenti a fondare il diritto. E' invece possibile indicare successivamente i fatti secondari che rafforzano la credibilità della domanda. IV La pluralità di domande. La parte attrice può svolgere nello stesso processo una o più domande; può, cioè, proporre una o più azioni, contro uno o più convenuti. Se vengono proposte più domande, occorre che venga chiaramente definito il relativo rapporto. Al riguardo, si parla di domanda principale e domand subordinate, quando l'attore, sulla base degli stessi fatti, chiede, in via di gradazione progressiva, diversi beni della vita o misure diverse dello stesso bene della vita. Le domande possono essere anche alternative, nel senso che, sempre partendo dai medesimi fatti, l'attore può domandare provvedimenti diversi. La pluralità di domande può verificarsi anche dal punto di vista soggettivo, in caso di ppiù convenuti, nei confronti dei quali possono essere proposte azioni diverse. V La fissazione della prima udienza e il termine di comparizione. L'attore determina l'udienza e la inndica nell'atto, scegliendo fra le date previste dal calendario giudiziario per la prima udienza. Nella scelta delle date occorre anche osservare il rispetto dei termini dilatori che hanno lo scopo di permettere al convenuto un'adeguata difesa. Fra il momento in cui si attua l'arrivo dell'atto nella sfera del destinatario e il giorno dell'udienza deve trascorrere un periodo di tempo non inferiore a quello di legge. L'art 163 bis cpc ai commi 2 e 3 disciplina l'ipotesi della richiesta di abbreviazione dei termini. Il presidente può accogliere l'istanza e disporre, con decreto scritto sull'atto di citazione che il termine sia ridotto fino alla metà. Inversamente, può accadere, costituendosi prima del decorso del termine minimo, che l'udienza venga anticipata, sia pure, in questo caso, nel rispetto del termine del comma 1 della norma. In caso di accoglimento dell'istanza, il presidente provvede con decreto che viene comunicato all'attore. L'atto di citazione produce effetti dal momento in cui viene notificato al convenuto. La notificazione è attuata solitamente dall'ufficiale giudiziario, su istanza della parte o del suo procuratore. PARAGRAFO 39 Gli effetti dell'atto di citazione. La nullità dell'atto di citazione. I Gli effetti processuali dell'atto di citazione. L'atto di citazione ha effeti processsuali ed effetti sostanziali. Sul piano processuale, la notificazione dell'atto di citazione al convenuto dà inizio al processo: la notificazione della citazione crea litispendenza. Con la notifica della citazione si instaura il contraddittorio: il convenuto sa che cosa gli viene domandato e deccide se e come difendersi. La notifica della citazione può dare luogo a prevenzione: può cioè servire a stabilire, PARAGRAFO 41 La trattazione della causa. La prima udienza. II L'impiego delle ordinanze. Spetta al giudice la direzione del processo. Il tipico provvedimento con cui il giudice governa lo svolgimeno del processo, prima di giungere alla decisione, è l'ordinanza. Le ordinanze possono essere pronunciate in udienza, in tal caso non occorre comunicarle e si ritengono conosciute anche da chi non presente avrebbe dovuto esserlo. Il giudice può anche preferire di disporre di un tempo di riflessione dopo l'udienza: in tal caso, egli si riserva di pronunciare l'ordinanza fuori udienza. In questo caso, l'ordinanza dovrà essere comunicata alle parti a cura della cancelleria, normalmente mediante pec. L'ordinanza non può mai pregiudicare la decisione della causa (art 177 cpc). Tutte le questioni risolte dal giudice con ordinanza possono essere riproposte in sede di decisione (art 189 cpc). L'ordinanza, normalmente, può essere modificat o revocata dal giudice che l'ha pronunciata (ancora art 177 cpc). Non sono modificabili nè revocabili dal giudice che le ha pronunciate: a) le ordinanze pronunciate sull'accordo delle parti, in materia della quale queste possono disporre; b) le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge; c) le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo. Va infine ricordato ch enell'ambito del potere di direzione il giudice può talora sanzionare determinati comportamenti delle parti con pene pecuniarie. Anche in questo caso, il provvedimento ha la forma dell'ordinanza (art 179 cpc). III L'udienza di trattazione. La prima udienza del processo è l'udienza di trattazione. "Trattazione significa esame della materia del contendere". In base all'art 183 cpc il giudice deve compiere, prima di tutto, una serie di verifiche che hanno lo scopo di permettere la regolare costituzione del contraddittorio. In primo luogo il giudice verifica d'ufficio la regolarità della costituzione delle pparti e, quando occorre, le invita a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi. ad esempio quando rileva un difetto di rappresentanza, vizi riguardanti la procura al difensore. Se ravvisa poi la sussistenza del litisconsorzio necessario, ordina l'integrazione del contraddittorio. IV Parti e giudice all'udienza di trattazione. L'idea di fondo è di svolgere il confronto fra parti e giudice in una sola occasione. Il legislatore si sforza di facilitare una risoluzione concordata della lite, fino dalla fase iniziale della trattazione. In primo luogo, se esse lo richiedono congiuntamente, può essere disposta la comparizione personale delle parti ai fini dell'interrogatorio libero e del tentativo di conciliazione. Inoltre, dopo la riforma del 2013, in prima udienza (ovvero fino a quando non è chiusa l'struzione) il giudice, ove possibile, formula allle parti una proposta transattiva o conciliativa. Se le parti si conciliano, si forma processo verbale della convenzione conclusa, che costituisce titolo esecutivo. Se invece la conciliazione non riesce, si prosegue subito con la trattazione. Si aggiunga che talora, è previsto l'esperimento della mediazione o della negoziazione assistita come condizione di procedibilità della domanda. La prima udienza è anche il momentoin cui si devono eventualmente compiere talune attività prettamente processuali, che non possono poi essere più svolte. Ciò vale per l'eccezione di competenza per materia, valore o territorio inderogabile, che può essere rilevata d'ufficio dopo la prima udienza, e la rimessione all'altro organo giudiziario davanti a cui pende la causa connessa non può essere ordinata qando lo stato della causa principale o preventivaente proposta non consente l'esauriente trattazione e decisione delle cause connesse. V Il progressivo completamento della materia del contendere. L'udienza di trattazione supporrebbe che la materia del contendere fosse interamente sul tavolo del giudice. In realtà, il completamento della materia del contendere avviene ancora durante e dopo l'udienza. In base al comma 5 dell'art 183. l'attore può proporre, in udienza, domande ed eccezioni nuove che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto. Ancora, l'attore può chiedere di essere autorizzato a chamare in causa un terzo, se l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Entrambe le parti possono precisare e modificare domande, eccezioni e concludioni (ad esempio la domanda riconvenzionale dell'attore che contrasta la riconvenzionale del convenuto). Non possono essere proposte, nè qui nè tanto meno successivamente, domande nuove, al di fuori delle situazioni di raccordo con la materia già introdotta in giudizio. VI La modificazione delle domande e delle eccezioni. Il codice italiano vieta la proposizione di domande nuove e consente invece, fino ad una certa fase del processo, la modificazione di quelle proposte. VII Le memorie successive all'udienza di trattazione. Infine, ai sensi dell'art 183 comma 6 su richiesta anche di una sola parte, il giudice assegna un triplice termine perentorio, di trenta, ancora trenta e venti giorni, nei quali le parti, depositando apposite memorie: a) compiono, con la prima memoria, la definitiva determinazione della materia del contendere e terminano le allegazioni di fatti; b) replicano, con la seconda memoria,alle domande ed ecczioni nuove, o modificate dall'altra parte nel termine precedente, anche proponendo e eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni eventualmente apportate dalla controparte e, nel contempo, indicano i mezzi di prova e producono i documenti opportuni; c) indicano le prove contrarie a quelle indicate dalla controparte nel terrmine precedente. L'espressione "prova contraria" significa indicazione di un mezzo di prova diverso da quello indicato e richiesto dall'altra parte, relativo ai medesimi fatti, tendente ad accreditarne una versione opposta. La richiesta delle memorie è facoltativa, e parimenti facoltativa è la produzione di uno o più degli scritti difensivi. Il decorso dei termini per le deduzioni istruttorie comporta che cada la preclusione per ogni deduzione diversa e non effettuata. PARAGRAFO 42 Lo svolgimento dell'istruttoria. I mezzi di prova. I Le decisioni del giudice sullo svolgimento dell'istruttoria. Alla fine dell'udienza di trattazione e decorsi i successivi termini di trenta, ancora trenta e venti giorni, il giudice ha completamente chiari sia l'estensione della materia del contendere sia le richieste di indagini istruttorie formulate dalle parti. Davanti al giudice si apre ora un bivio. Egli può ritenere che la causa sia già matura per la decisione e, in tal caso, applica l'art 187 cpc: egli invita le parti a precisare le conclusioni e si prepara a decidere la causa. Cosi avviene, se la questione è di puro diritto o non c'è bisogno di prove costituende: il giudice evita la fase della trattazione probatoria; elemento comune a tutte queste ipotesi è la mancanza di necessità di dare luogo ad istruttoria. Se invece, la causa suppone un accertamento di fatti, che non possa esaurirsi attraverso il semplice esame delle prove documentali, il giudice apre la fase istruttoria. Il giudice fissa un'udienza apposita nella qquale, nel contraddittorio delle parti, provvede sulle richieste istruttorie, disponendo l'assunzione di quelle ritenute ammissibili e rilevanti (il giudice procede all'assunzione delle prove). I mezzi di prova sono disposti anche d'ufficio dal giudice. Secondo l'art 183 comma 8 nel caso di ammissione di mezzi di prova d'ufficio, ciascuna parte può dedurre entro un termine perentorio i mezzi di prova necessari in relazione a quelli assunti dal giudice, nonchè depositare memoria di replica nell'ulteriore termine fissato nella citata ordinanza. Con l'ordinanza che ammette le prove il giudice può in ogni caso disporre, qualora lo ritenga utile, il libero interrogatorio (non è un vero mezzo di prova, agevola il giudice nella migliore conoscenza della causa) delle parti. Esso consiste in un colloquio informale fra il giudice e le parti personalmente presenti. Regolato dall'art 117 cpc esso può apportare soltanto argomenti di prova. II La nozione di prova. Bisogna distinguere fra introduzione o allegazione dei fatti e dimostrazione dei fatti. La nozione di prova può essere riferita sia allo strumento con cui si apporta la dimostrazione dei fatti, sia all'esito di tale mezzo sul convincimento del giudice. Nel primo significato si parla di mezzo di prova; nel secondo, di risultato della prova. Prima di tutto, vi sono limiti di iniziativa. Le pari sono libere nella loro iniziativa istruttoria, il giudice no: egli può introdurre prove d'ufficio solo in casi tassativi. L'ordinamento italiano affida al giudice nell rito ordinario poteri istruttori d'ufficio in casi tassativi. Il giudice può disporre di sua iniziativa: a) la consulenza tecnica; b) l'interrogatorio libero delle parti; c) l'ispezione; d) l'esibizione dei libri contabili; e) la richiesta di informazioni alla p.a; f) il giuramento suppletorio ed estimatorio; g) l'audizione del testimone di riferimento o, se il giudice monocratico, la prova testimoniale. Diverso è invece l'atteggiamento nel rito del lavoro, dove al giudice è affidata una grande capacità di iniziativa istruttoria, salvo talune eccezioni. Vi sono poi limiti di modalità. La prova può essere data solo secondo certi metodi e certe forme: l'ordinamento italiano conosce un numerus clausus di modalità probatorie. La prova atipica è generalmente un documento, che raccoglie un dato istruttorioo, che invece dovrebbe essere introdotto con modalità costituende. Riguardo l'efficacia delle prove atipiche, queste hanno efficacia di elemeno in una catena presuntiva. Esiste un termine finale che preclude ogni attività istruttoria successiva. La prova possibile è quella che viene dedotta e raccolta entro questo spazio temporale. III Mezzi di prova precostituiti e costituendi. I mezzi di prova si possono distinguere in precostituiti e costituendi. Sono precostituiti i mezzi di prova he nasono fuori dal processo e con una funzione autonoma e del tutto indipendente dalla lite. Normalmente, si tratta di elementi documentali. Invece, sono costituendi i mezzi di prova (testimonianza) che hanno vita nel processo e con una finalità direttamente collegata al processo. I mezzi di prova costituendi sono la confessione, il giuramento, la prova testimoniale, l'ispezione, l'esibizione, la richiesta di informazioni alla p.a., la consulenza tecnica. PARAGRAFO 43 Ammissibilità, rilevanza e valutazione delle prove. I Ammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova. Non ogni indagine è possibile nel processo. Due sono i principali limiti: un limite di metodo (se un dato mezzo di prova può essere effettuata dal difensore, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o a mezzo di telefax o posta elettronica certificata. Chiamare il testimone, ammesso dal giudice, a deporre in causa è onere delle parti. Se la parte, senza giusto motivo, non fa chiamare i testimoni davanti al giudice, questi la dichiara decaduta dalla prova anche d'ufficio, salvo che l'altra parte dichiari di avere interesse all'audizione. Testimoniare è un dovere civico. Se il testimone non compare senza giustificato motivo, il giudice può disporne l'accompagnamento coattivo e infliggergli una sanzione pecuniaria. Il teste che nob abbia detto la verità o sia stato reticente può essere denunciato penalmente. Il giudice valuta liberamente l'esito della testimonianza. PARAGRAFO 45 La consulenza tecnica. Gli altri mezzi di prova costituendi. I La consulenza tecnica. E' sempre più frequente che nel processo sia necessario accertare fatti di notevole complessità tecnico-scientifica. Il codice di procedura civile prevede che il giudice possa farsi assistere da un consulente tecnico, ossia un esperto in una data materia, scelto in appositi albi. Per questa sua posizione, il c.t.u., deve essere imparziale. L'art 62 cpc precisa che il consuente compie le indagini che gli sono affidate dal giudice (i quesiti, vale a dire le specifiche domande tecniche) e fornisce in udienza gli opportuni chiarimenti. La consulenza tecnica è un vero e proprio mezzo di prova. In questo senso, si parla di "prova scientifica" per intendere tutti quei casi in cui l'accertamento del fatto è possibile attraverso un particolare tipo di indagine o di analisi che richiede una competenza tecnico scientifca specifica. La giurisprudenza suole distinguere fra consulenza tecnica percipiente e deducente. Nella prima, il ctu avrebbe il compito di perceire, cioè di far emergere fatti, e sarebbe quindi mezzo di prova; nella seconda, invece, il ctu dovrebbe soltanto rendere esplicite le conseguenze tecniche di fatti già accertati e pertanto non sarebbe mezzo di prova. Le parti possono farsi assistere da periti di parte, che affiancno il ctu, cosi come gli avvocati esercitaano la difesa dinanzi al giudice. Durante l'espletamento della consulenza, le parti possono rivolgere istanze e osservazioni al consulente, sia (più comunemente) a mezzo dei propri periti, sia a mezzo dei difensori. All'esperto si applicano gli istituti dell'astensione e della ricusazione (art 192 cpc). II Lo svolgimento della consulenza tecnica. L'incarico viene poi conferito al consulente in un'apposita udienza, di cui sono preventiamente informate sia le parti che il consulente. Il risultato dell'attività del consulente consieste normalmente in una relazione scritta, che risponda alle domande che sono state poste dal giudice. La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con l'ordinanza ammissiva. Sempre con la medesima ordinanza, il giudice fissa il termine entro il quale e parti devono trasmettere al consulente le proprie eventuali osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione su ciò che le parti hanno fatto notare. III La valutazione dei risultati della consulenza tecnica. L'esito delle valutazioni del consulente tecnico non sono vincolanti per il giudice, che se ne può discostare motivatamente: in pratica, egli si atterrà normalmente a ciò che il consulente d'ufficio gli riferisce. IV L'ispezione. Una delle prove dirette più efficaci è quella del contatto visivo fra il giudice e i luoghi, le cose (ispezione reale) o le persone (personale) a ci si riferisce la controversia: l'ispezione. In base all'art 118 cpc il giudice può ordinare alle parti e ai terzi di consentire sulla loro persona o sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiano indispensabili per conoscere i fatti della causa, purchè ciò possa compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo, e senza costringerli a violare uno dei segreti tutelati nel codice di procedura penale. Se la parte rifiuta di eseguire l'ordine senza giusto motivo, il giudice può da questo rifiuto desumere argomenti di prova; se invece il rifiuto viene dal terzo, questi può solo essere condannato ad una pena pecuniaria. V L'esibizione. La tutela della riservatezza. Molto più comune e praticamene realizzabile è l'esibizione: mezzo istruttorio che serve ad acquisire al processo materiale documentale. Negli stessi limiti entro i quali può essere ordinata, a norma dell'art 118 cpc, l'ispezione di cose in possesso di una partee o di un terzo, il giudice, su istanza di parte, può ordinare all'altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo. Vengono protette le situazioni di segreto tutelate dagli artt 200, 201 e 202 cpp relativi, rispettivamente, al segreto professionale, al segreto d'ufficio e al segreto di stato. L'art 211 cpc prevede che, quando l'esibizione è ordinata ad un terzo, il giudice deve cercare di conciliare nel miglior modo possibile l'interesse della giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo, al punto che prima di ordinare l'esibizione può disporre che il terzo sia citato in giudizio, assegnando alla parte istante un termine per provvedervi. Il terzo può sempre fare opposizione contro l'ordinanza di esibizione, intervenendo nel giudizio prima della scadenza del termine assegnatogli. VI La richiesta di informazioni alla amministrazione. Un diverso mezzo istruttorio è regolato dall'art 213: il giudice può sempre richiedere anche d'ufficio, che la pubblica amministrazione fornisca le informazioni scritte relative ad atti e documenti appartenenti all'amministrazioe interessata, che è necessario acquisire al processo. PARAGRAFO 46 La confessione e il giuramento. I La confessione e i suoi effetti. La confessione, secondo quanto recita l'art 2730 cc, è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte. La confessione è giudiziale o stragiudiziale: giudiziale quando è resa dinanzi al giudice, stragiudiziale quando effettuata al di fuori del processo. Le dichiarazioni confessorie costituiscono prova legale, nel senso che il giudice è vincolato a ritenerle vere. Proprio perchè essenzialmente atto dispositivo, la confessione per essere efficace deve provenire da chi è capace di disporre del diritto, deve riguardare diritti disponibili e deve essere effettuata con volontà libera. La confessione compiuta fuori dal processo deve essere trascinata all'interno del giudizio a mezzo di un altro mezzo di prova: un documento o una testimonianza. Mentre la confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi la rappresenta ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale, la confessione fatta ad un terzo o contenuta in un testamento è liberamente apprezzata dal giudice. Inoltre, la confessione stragiudiziale non può provarsi per testimoni, se verte su un oggetto per il quale la prova testimoniale non è ammessa dalla legge. II La confessione giudiziale e l'interrogatorio formale. Venendo alla confessione giudiziale, può accadere che una delle parti renda liberamente una dichiarazione confessoria. Di solito, però è una delle parti che cerca di stimolare la confessione della controparte con l'interrogatorio formale che è il mezzo con cui una delle parti sottopone all'altra veri e propri quesiti, stimolandone la conferma o la negazione. A mente dell'art 232 cpc, se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il giudice, valutato ogni alltro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio. III Casi specifici di dichiarazioni confessorie. Le ammissioni. Il codice sancisce il principio dell'unitarietà delle dichiarazioni, che non posson essere scisse ini due parti, con effetti diversi. Pertanto, secondo l'art 2734 cc, quando alla dichiarazione propriamente confessoria si accompagna quella di altri fatti o circostanze che la contrastano (fatti a se sfavorevoli), i casi sono due. O la contrparte non contesta la verità dei fatti e delle circostanze aggiunte, e allora tutte le dichiarazioni fanno piena prova nella loro integrità; oppure la controparte la contesta, e allora l'intera dichiarazione sarà valutata liberamente dal giudice: cade, cioè, l'effetto di prova legale e si ritorna alla regola comune del prudente apprezzamento. Altro caso è quello in cui, in un litisconsorzio necessario vi sia una dichiarazione confessoria proveniente solo da alcuni dei litisconsorti e non dagli altri. Queste dichiarazioni saranno saranno apprezzate liberamente dal giudice. IV Il giuramento e i suoi effetti. Mediante il giuramento (atto negoziale e dispositivo), una parte chiama l'altra a compiere determinate affermazioni, sotto il vincolo della particolare solennità della dichiarazione. La disposizione, qui avviene da parte di chi affida la decisione sul proprio diritto al giuramento altrui. In particolare, l'art 2739 precisa che il giuramento non può essere deferito o riferito per la decisione di cause relative a diritti di cui le parti non possono disporre nè sopra un fatto illecito o sopra un contratto per la validità del quale sia richiesta la forma scritta, nè per negare un fatto che da un atto pubblico risulti avvenuto alla presenza del pubblico ufficiale che ha formato l'atto stesso. Il codice civile italiano conosce tre tipi di giuramento. E' giuramento decisorio, a norma dell'art 2736 cc, quello che una parte deferisce all'altra per farne dipendere la decisione totale o parziale della causa; è, invece, giuramento suppletorio quello che il giudice, d'ufficio, può deferire ad una parte per decidere la causa, quando la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate, ma nn sono del tutto sfornite di prova. Infine, una sottospecie del giuramento suppletorio è il giuramento estimatorio, che è deferito dal giudice al fine di stabilire il valore della cosa domandata, se non si può accertarlo altrimenti. Il giuramento ha efficacia di prova legale. L'efficacia del giuramento è tale che, una volta prestato, l'altra parte non può provare il contrario e non può neppure chiedere la revocazione della sentenza se il giuramento è dichiarato falso. Al massimo, può chiedere il risarcimento del danno se vi è stata condanna penale per falso giuramento. La parte a cui è stato deferito il giuramento decisorio, se non si presenta senza giustificato motivo all'udienza fissata, o , comparendo, rifiuta di prestarlo o non lo riferisce all'avversario, soccombe rispetto alla domanda o al punto di fatto relativamente al quale il giuramento è stato ammesso. I Le forme dell'intervento volontario. L'interveniente volontario si presenta in un processo già radicato. Si costituisce presentando in udienza o depositando in cancelleria una comparsa. Il suo contenuto dipende dalla posizione che il terzo assume. Se, ad esempio, il terzo propone una domanda autonoma, il suo atto dovà comunque contenere l'esposizione dei fatti e la struttura complessiva della causa petendi. L'art 268 esordisce dicendo che l'intervento può avere luogo fino a che noon vengano precisate le conclusioni. Il terzo non può compiere atti che al momento dell'intervento non sono più consentiti ad alcuna altra parte, salvo che l'intervento abbia la finalità di dare corso volontariamente all'integrazione necessaria del contraddittorio. II Le regole processuali per la chiamata in causa di terzi. Diverso discorso va fatto per l'intervento coatto. L'art 269 cpc precisa che il convenuto che intenda chiamare un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di risposta e contestualmente chiedere al giudice lo spostamento della prima udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini di cui all'art 163 bis. La citazione è notificata al terzo a cura del convenuto. L'atto di citazione per chiamata del terzo deve essere configurato in modo da informare il terzo di tutto ciò che è accaduto fino a quel momento: vale a dire, della domanda dell'attore, della difesa del convenuto e del provvedimento del giudice. Il tezo chiamato, se intende costituirsi, presenta quindi una commparsa di costituzione entro i venti giorni anteriori all'udienza, con gli stessi oneri e poteii del convenuto per quanto concerne le eccezioni da sollevare a pena di decadenza. Cosi, il terzo può presentare a sua volta una domanda riconvenzionale contro il convenuto e anche proporre a sua volta la chiamata a rilievo di un altro soggetto. Non può affatto escludersi che talvolta sia l'attore a richiedere la chiamata del terzo: ciò accade quando siano le difese del convenuto a indurre l'attore ad ampliare soggettivamente la propria domanda nei confronti di un terzo. La facoltà dell'attore di chiamare il terzo deve essere esercitata entro la prima udienza di trattazione a pena di decadenza. L'attore secondo il deposito dell'art 269 chiede in prima udienza al giudice l'autorizzazione a chiamarlo. Se l'autorizzazione è negata, l'attore potrà comunque citare il terzo in un giudizio autonomo e puntare poi alla rriunione dei processi. Se, invece, l'autorizzazione è concessa, il giudice fissa una nuova udienza per consentirela citazione del terzo. La citazione è notificata al terzo a cura dell'attore entro il termine perentorio stabilito dal giudice. III Il terzo come parte del processo. Il terzo può a sua volta avere interesse a chiamare un altro terzo: in tal caso, come il convenuto, deve farne dichiarazione a pena di decadenza nell comparsa di risposta e, come l'attore, deve essere poi autorizzato dal giudice alla chiamata. V La riunione di cause. La riunone è il meccanismo con cui due o più cause, pendenti dinanzi al medesimo organo giudiziario, vengono trattate insieme. Ciò accade quando vi sia litispendenza e connessione. Sotto il profilo della litispendenza, dispone l'art 273 cpc secondo cui, se più procedimenti relativi alla stessa causa pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d'ufficio, ne ordina la riunione. Se, invece, il giudice istruttore o il presidente della sezione ha notizia che per la stessa causa pende procedimento davanti ad altro giudice o ad altra sezione dello stesso tribunale, ne rigerisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto la riunione, determinando la sezione o designando il giudice davanti al quale il procedimento deve proseguire. Se più procedimenti relativi a cause connesse pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d'ufficio, può disporne la riunione (cause connesse, art 274). VI L'estromissione. Il codice contempla alcuni casi in cui un certo soggetto, originariamente parte in causa, ne viene fatto uscire. Si parla di estromissione. L'estromissione è possibile solo nei casi in cui la legge espressamete lo prevede. Se il garante accetta di stare in giudizio al posto del garantito, questi può essere estromesso (art 108). Art 109: se si contende a quale di piu parti spetta una prestazione e l'obbligato si dichiara pronto a eseguirla a favore di chi ne ha diritto, il giudice può ordinare il deposito della cosa o della somma dovuta e, dopo il deposito, può estromettere l'obbligato dal processo. Il provvedimento di estromissione assume la forma di ordinanza. PARAGRAFO 49 L'azione collettiva risaarcitoria. I La proposizione della domanda nell'azione collettiva risarcitoria. Nell'azione collettiva risarcitoria, art 140 bis cdc, la domanda è proposta dal componente della classe che si attiva, ovvero dall'associazioni o dal comitato attori, davanti al tribunale ordinario con sede nel capoluogo della regione in cui ha sede l'impresa. Se la domanda si fonda sulla violazione della normaiva antitrust, la competenza è attribuita a una delle tre sezioni specializzate: tribunali di milano, napoli e roma. Il tribunale tratta la causa in composizione collegiale. La domanda si propone con atto di citazione. L'atto di adesione è depositato in cancelleria, nel termine di cui al comma 9 lettera b. II Le due fasi del giudizio. Il giudizio si articola in due fasi: una sull'ammissibilità della domanda e l'altra sul merito. All'esito della prima udienza, il tribunale decide con ordinanza sull'ammissibilità della domanda. La domanda è dichiarata inammissibie quando è manifestamente infondata, quando sussiste un conflitto di interessi ovvero quando il giudice non ravvisa l'omogeneità dei diritti individuali tutelabili, nocnhè quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l'interesse di classe. L'ordinanza che decide sull'ammissibilità è reclamabile davanti alla corte d'appello nel termine perentorio di renta giorni dalla sua comunicazione o notificazione, se anteriore. Sul reclamo la corte d'appello decide con ordinanza in camera di consiglio, non oltre quaranta giorni dal deposito del ricorso. Se l'azione è dichiarata ammissibile, il tribunale fissa con ordinanza un termine per la tempestiva adesione degli appartenenti alla classe, stabilendo adeguate forme di pubblicità. Il codice del consumo precisa che l'esecuzione della pubblicità è condizion di procedibilità della domanda. Con la stessa ordinanza il tribunale: a) definisce i caratteri dei diritti individuali oggetto di giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire son oinclusi nella classe o devono ivece ritenersi esclusi dall'azione; b) fissa un termnie perentorio, non superiore a centoventi giorni dalla scadenza di quello per l'esecuzione della pubbicità, entro il quale gli atti di adesione, anche a messo dell'attore, sono depositati in cancelleria. Il tribunale ha ampi poteri di gestione e può trattare la causa nel modo più adatto al singolo caso. III La decisione e i suoi effetti. Si giunge, infine, alla decisione. Non sorgono problemi se la domanda viene respinta. Il comma 12 dell'art 140 bis stabilisce che il tribunale, se accoglie la domanda, pronuncia sentenza di condanna con cui liquida, ai sensi dell'art 1226 cc, le somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all'azione ovvero stabilisce il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione di tali somme. La sentenza diviene esecutiva decorsi centottanta giorni dalla pubblicazione. Non sono proponibili ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa, dopo la scadenza del termine per l'adesione assegnato dal giudice. PARAGRAFO 50 La fase decisoria del processo. Le difese finali. I L'udienza di precisazione. Quando la fase di trattazione, il cui aspetto più rilevante è dato dall'istruttoria, si esaurisce, il giudice fissa l'udienza di precisazione delle conclusioni. Secondo l'art 188, il giudice provvede all'assunzione dei mezzi di prova; quindi, esaurita l'istruzione (cioè, quando tutte le attività destinate ad accertare i fatti si sono compiute) invita le parti a precisare le conclusioni (art 189), ossia ad indicare definitivamente le domande con le quali si presentano alla decisione. Con la precisazione delle conclusioni termina la trattazione. In questa udienza le parti devono, in un certo modo, raccogliere le idee e confermare o modificare le conclusioni assunte alll'inizio del processo, cioè negli atti introduttivi o nei momenti a seguire, fino alle attività di cuiu all'art 183 cpc. Può accadere che il giudice, dopo la lettura delle difese, ritenga preferibile non dare corso all'istruttoria, prefigurandosi una soluzione di puro diritto. III Le difese finali nel processo. Precisate le conclusioni, la causa si avvia alla decisione, con l'ultima possibilità per le parti di sottolineare al giudice il loro punto di vista. Il giudice monocratico, in base all'art 281 quiquies, può procedere attraverso la c.d. trattazione scritta o mista, oppure, secondo l'art 281 sexies, può anche disporre per la discussione orale immediata. La trattazione scritta comporta la seguente successione di fasi: a) precisazione delle conclusioni; b) redazione e deposito di comparse conclusionali entro i sessanta giorni successivi; c) eventuale redazione e deposito di memorie di replica entro i venti giorni successivi. La trattazione mista comporta invece lla seguente successione di fasi: a) precisazione delle conclusioni; b) redazione e deposito di comparse conclusionali entro i sessanta giorni successivi; c) anzichè il deposito delle repliche, lo svolgimento di un'udienza di discussione orale entro i trenta giorni successivi. La comparsa conclusionale è l'atto con cui la parte riassume tutti gli elementi del giudizio in fatto e in diritto. In forza dell'art 281 sexies, invece, il giudice, fatte precisare le conclusioni, può disporre la discussione orale immediata nella stessa udienza. Al termine della discussione, pronuncia la sentenza, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In caso di composizione collegiale del tribunale, valgono gli artt 190 e 275 comma 2 cpc, secondo cui ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. La l. n. 208 del 28 dicembre 2015, poi, ha esteso anche al tribunale collegiale la possibilità di procedere secondo le modalità dell'art 281 sexies: il giudice istruttore, se ritiene di seguire il percorso della trattazione orale, può rimettere la causa al collegio in un'udienza per la precisazione delle conclusioni e la discussione. esecutorietà per queste sentenze, perchè non vi è alcuna realtà materiale da forzare per attribuire a chi ne ha diritto l'utilità ooggetto dell'accertamento. L'efficacia esecutiva è attribuita poi alle disposizioni di condanna accessorie ad una sentenza costitutiva o di mero accertamento. III L'esecuzione indiretta. Una delle maggiori difficoltà nell'attuazione della decisione del giudice sta nell'incoercibilità di taluni obblighi: in specie, quelli di fare infungibile o di non fare. Si pensi al caso in cui il pittore A, dopo averne assunto l'obbligo , si rifiuti di eseguire il ritratto del committente B. Quest'ultimo potrà ottenere altri ritratti, ma non quello eseguito da A. Il pittore A potrebbe essere confannato a pagare una certa somma per ogni giorno di persistenza nel rifiuto di eseguire il ritratto, fino al punto che questa pressione gli diventi economicamente insostenibile e lo induca ad adempiere. L'art 614 bis cpc, nel suo testo originario strettamente limitato al caso degli obblighi di fare infungibile e di non fare, dopo la novella del 2015 trova applicazione per tutte le ipotesi di pronunce di condanna, ad eccezione soltanto di quelle concernenti il pagamento di somme di denaro. Con il provvedimento di condanna il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni vioazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza. IV La correzione della sentenza. Distinta nettamente dall'impugnazione è l'ipotesi in cui la senenza o l'ordinanza decisoria contenga non errori di diritto, ma semplici dimenticanze, omissioni, errori materiali o di calcolo, senza che ciò dipenda da una valutazione giuridica. In questo caso, le sentenze e le ordinanze non revocabili possono essere corrette, su ricorso di parte, dallo stesso giudice che le ha pronunciate. Se tutte le parti concordano nel chiedere la stessa correzione, il giudice provvede con decreto. Se invece la correzione è chiesta da una parte soltanto, il giudice le convoca tutte in udienza dinanzi a sè e , previo contraddittorio, decide con ordinanza, che viene annotata sull'originale del provvedimento. Se il contrasto fra le parti permane, vi può essere un'impugnazione relativamente alla parte di decisione corretta, da proporsi nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione. PARAGRAFO 53 I provvedimenti anticipatori di condanna. I L'ordinanza di pagamento di somme non contestate. Ci sono casi in cui è richiesta l'emanazione di provvedimenti anticipatori di condanna. All'interno del processo ordinario di cognizione, il codice persegue questo obiettivo attraverso tre diversi istituti, le cui caratteristiche comuni sono le seguenti: a) danno vita a provvedimenti provvisori, che non decidono definitivamente il merito; b) questi provvedimenti tendono a diventare esecutivi; c) sono pronunciati quando non è ancora efinita la fase decisoria e talora neppure quella di trattazione. Il primo istituto è l'ordinanza di pagamento di somme non contestate. Il presupposto è che la causa concerna un'azione di condanna al pagamento di una somma di denaro: ove il convenuto abbia contestato solo parzialmente la pretesa dell'attore, su istanza dell'attore è subito disposto con ordinanza il pagamento della parte per la quale non c'è contestazione, mentre il processo contnua per la parte contestata. L'ordinanza non ha funzione di accertamento del diritto, ma ordina esclusivamente il pagamento: si ritiene, sotto questo profilo, che non passi in giudicato. Secondo l'art 186 bis comma 2 l'ordinanza costituisce titolo esecutivo e conserva la sua efficacia in caso di estinzione del processo. La sentenza finale, riguardando tutta la materia del contendere, si sostituisce all'ordinanza, costituendo titolo esecutivo per l'intero. L'ordinanza ssegue le regole previste per le ordinanze revocabili ed quindi soggetta non solo a revisionare in sede di sentenza, ma anche a revoca o modifica da parte del giudice che l'ha emessa. II L'ordinanza-ingiunzione. Va poi esaminata la c.d ordinanza-ingiunzione. Questa fattispecie riguarda il pagamento di somme o la consegna di cose fungibili, ipotesi nelle quali l'attore avrebbe potuto chiedere il decreto ingiuntivo. L'art 186 ter cpc prevede, infatti, che nel corso del giudizio, fino all'udienza di precisazione delle conclusioni, una parte possa chiedere al giudice di emettere un'ordinanza con condanna al pagamento di somme di denaro a carico della controparte. Il giudice emette l'ordinanza quando la parte istante può fornire prova scritta del credito vantato e potrebbe essere emesso un decreto ingiuntivo, con esclusione delle ipotesi di credito per onorari o rimborsi di avvocati, ufficiali giudiziari e notai. L'istanza della parte richiedente può essere proposta in udienza o fuori udienza. Le ordinanze ex art 186 ter non osno sempre esecutive. La parte che ha ottenuto a suo favore il decreto ingiuntivo può chiedere che il provvedimento sia reso provvisoriamente esecutivo. Il giudice può dichiarare provvisoriamente esecutiva l'ordinanza emessa in base all'art 186 ter, qualora ritenga che le ragioni del convenuto non siano basate su prova scritta o di pronta soluzione. L'ordinanza dichiarata esecutiva costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale. Questa esecutorietà è provvisoria. Essa diventa definitiva in caso di sentenza di merito favorevole alla parte che l'ha ottenuta o anche in caso di estinzione del processo. Ad ogni modo, in pendenza di giudizio l'ordinanza è pienamente esecutiva e può essere utilizzata per avviare l'esecuzione forzata. In sede di accertamento definitivo, l'ordinanza può essere revocata, proprio in quanto non ha un contenuto di accertamento. Anche qui, sussiste comunque la revocabilità del provvedimento secondo le comuni regole sulle ordinanze revocabili. III L'ordinanza post-istruttoria. L'ultimo istituto da esaminare èè la c.d. ordinanza post-istruttoria. Rigurda e ipotesi in cui la domanda giudiziale abbia per oggetto il pagamento di somme o la consegna o rilascio di beni. Questa ordinanza può ssere pronunciata solo dopo che sia esaurita l'istruzione e ha per ogggetto quella parte della domanda, per la quale il giudice ritiene già raggiunta la prova. Se il processo si estingue, l'ordinanza conserva l'efficacia di titolo esecutivo ed acquista l'efficacia di sentenza impugnabile. L'ordinanza acquista l'efficacia di sentenza a meno che il convenuto non manifesti esplicitamente la volontà che sia pronunciata la sentenza. Si ritiene che comunque anche l'attore possa chiedere una sentenza che pronunci sul diritto. L'ordinanza è titolo esecutivo ed è revocabile solo con la senntenza che definisce il giudizio. (scarso utilizzo). PARAGRAFO 54 Sospensione e interruzione del processo. I La sospensione del processo. Nel processo si possono verificare i c.d. eventi anomali: vale a dire, situazioni non consuete che comportano una pausa o perfino un arresto anticipatrio della trattazione. La sospensione è una pausa nell svolgimento del processo, il cui effetto è l'impossibilità temporanea di compiere atti processuali. Il processo è vivo, ma resta congelato, fino alla rimozione della causa di sospensione. In primo luogo, il processo può essere sospeso su istanza congiunta delle parti, per un periodo non superiore a tre mesi. Vi sono poi casi di sospensione imposta dalla legge e casi di sospensione decisa dal giudice; casi in cui la sospensione è necessaria e casi in cui è facoltativa. Il gruppo di ipotesi più ignificativo è quello che ruota intorno alla pregiudizialità di un altro processo, che deve essere deciso da un altro giudice, rispetto al processo in corso. Nel codice sono numerose le disposizioni che permettono al giudice, per ragioni di opportunità, di sospendere il giudizio, ovvero gli impongono la sospensione. Un esempio del primo caso è l'art 337 in materia di impugnazioni: quando in un processo è invocata l'autorità di una sentenza, se questa è impugnata, il giudice può sospendere il processo. Un chiaro esempio del secondo caso è l'art 48 cpc, che impone la sospensione dei processi in cui sia stato promosso il regolamento di competenza. La sospensione interrompe i termini inn crso, i quali ricominciano a decorrere dl giorno della nuova udienza fissata nel provvedimento di sospensione o nel decreto con cui si riavvia il processo. Se con il provvedimento di sospensione non è stata fissata udienza in cui il processo deve proseguire, le parti hanno l'onere di chiederne la fissazione entro il termine perentorio di tre mesi dalla loro conoscenza della cessazione della causa di sospensione. L'istanza si propone con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale. Il ricorso, col decreto che fissa l'udienza, è notificato a cura dell'istante alle altre parti nel termine stabilito dal giudice. III L'interruzione del processo. Gli effetti dell'interruzione sono del tutto analoghi a quelli della sospensione. L'interruzione è una sosta del processo, determinata da una pluralità di eventi, il cui elemento comune è il fatto che viene colpita la capacità a stare in giudizio di una parte (morte di una parte: gli eredi non sono immediatamente in grado di rapportarsi col defunto). L'interruzione è posta a tutela della parte colpita dall'evento. Infatti, questa parte si trova priva della possibilità di difendersi nel modo più opportuno. L'interruzione opera di norma in modo automatico. Questa, quando la parte colpita è invece in grado di valutare l'oppportunità di portare o no a conoscenza del giudice il verificarsi della situazione, viene dichiarata dal giudice solo quando l'evento è espressamente dichiarato dalla parte che vi ha interesse. Il codice prevede che: a) se l'evento interruttivo colpisce la parte prima della costituzione in giudizio, perciò quando non c'è ancora un difensore, l'interruzione è automatica; b) se il medesimo evento colpisce la parte costituita, il processo si interrompe solo se dell'evento è data comunicazione formale, con dichiarazione in udienza o notificazione alle altre parti, ad opera del difensore; c) in caso di evento che incide sulla capacità del difensore di assistere la parte per morte, radiazione o sospensione, l'interruzione è automatica. Una volta dichiarata l'interruzione, non possono essere compiuti atti processuali. Il processo, poi, riprende ad istanza di una delle parti. La parte colpita dall'evento può costituirsi volontariamente nella sua nuova veste. Si parla, a questo proposito di prosecuzione del processo. IV La riassunzione del processo. Il processo può essere riavviato su istanza della parte non causa viene cancellata dal ruolo e si estingue; b) deve essere compiuta una specifica attività di impulso, che però non viene attuata, provocando l'estinzione immediata del processo. Ad esempio: a) secondo l'art 307 comma 1 se dopo la notificazione della citazione nessuna delle parti si è tempestivamente costituita ovvero se, dopo la loro costituzione, il giudice, nei casi previsti dalla legge, abbia ordinato la cancellazione della causa dal ruolo, il processo deve essere riassunto davanti allo stesss stessso giudice nel termine perentorio di tre mesi, che decorre rispettivamente dalla scadenza del termine per la costituzione del convenuto o dalla data del provvedimento di cancellazione; altrimenti il processo si estingue. La norma fa save le ipotesi in cui si sia costituito il solo convenuto che, in contumacia dell'attore, abbia chiesto di fare proseguire il giudizio; b) il comma 3 dell'art 307 ricollega invece l'estinzione al mancato compimento di una specifica attività di impulso. La norma prevede, infatti, che il processo si estingua quando le parti a cui spetta di rinnovare la citazione o di proseguire, riassumere o integrare il giudizio, non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice. Si pensi all'integrazione del conntraddittorio, alla riassunzione dopo l'interruzione, alla chiaata in causa di un terzo per ordine del giudice. L'estinione opera di diritto, al verificarsi dei presupposti che la regolano. IV Il provvedimento sull'estinzione. Il provvedimento che dispone sull'estinzione è normalmente un'ordinanza, ma può essere anche una sentenza del collegio. Se l'ordinanza è pronunciata dal giudice istruttore in una causa appartenente alla composizione collegiale del tribunale, contro di essa è ammesso immediato reclamo. Questo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni decorrente dalla pronuncia dell'ordinanza se avvenuta in udienza, o altrimenti decorrente dalla relativa comunicazione. Il reclamo è pressentato con semplice dichiarazione nel verbale d'udienza (in udienza), o con ricorso al giudice istruttore (fuori udienza). In specie, il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza, se resinge il reclamo, e con ordinanza non impugnabile, se l'accoglie. Infatti, il rigetto del reclamo pone fine al processo; l'accogliemnto elimina l'effetto estintivo e suppone una prosecuzione del giudizio. V Gli effetti dell'estinzione. L'art 310 cpc regola gli effetti dell'estinzione. In particolare, esso stabilisce che: a) l'estinzione del processo non estingue l'azione, con l'importante conseguenza che, di per sè, la domanda può essere riprosto; b) gli atti processuali compiuti, pur validi, diventano inefficaci, salvo le sentenze di merito non definitive e le pronunce sulla competenza; c) le prove raccolte sono valutabili in altri processi come argomenti di prova; d) le spese restano a carico di chi le ha anticipate. VI Le regole sulla riassunzione. Se la legge non dispone diversamente, la riassunzione della caus è fatta con comparsa, che deve contenere: 1) l'indicazione del giudice davanti al quale si deve comparire; 2) il nome delle parti e dei loro difensori con procura; 3) il richiamo dell'atto introduttivo del giudizio; 4) l'indicazione dell'udienza in cui le parti devono comparire, osservati i termini stabiliti per l'atto di citazione; 5) l'invito a costituirsi nei termini fissati per il convenuto; 6) l'indicazione del provvedimento del giudice in base al quale è fatta la riassunzione e, nel caso dell'art 307 comma 1 l'indicazione della data della notificazione della citazione non seguita dalla costruzione delle parti, ovvero del provvedimento che ha ordinato la cancellazione della causa dal ruolo. VII La cessazione della materia del contendere. Vi sono pronunce che accertano la cessazione della materia del contendere. Il presupposto di fatto consiste nel venire meno della contrversia (ad es. accordo fra le parti). In questi casi, non si ha estinzione del process, che invece sbocca in una pronuncia finale. Lasentenza puuò avere contenuti diversi: può ravvisare l'inesistenza sopravvenuta della condizione dell'iteresse ad agire, oppure può accertare nel merito che, per effetto di situazioni successive all'instaurazione della causa, non sussiste più una posizione giuridica da reintegrare. A questo tipo di pronunce possono accedere, però, decisioni di condanna al pagamento delle spese di lite. PARAGRAFO 57 La contumacia. Cenni al procedimento dinanzi al giudice di pace. La giustizia minore. I La nozione di contumacia. Si ha processo in contumacia quando una delle parti non si costituisce. Vi è una parte che non è attiva sulla scena del giudizio. Una parte è contumace quando non è costituita; assente quando non prende part a talune attività del processo e perciò non compare. Secondo l'art 171, se l'attore si è costituito e il convenuto non si costituisce entro la prima udienza, il giudice lo dichiara contumace con ordinanza. E' prevista anche la contumacia dell'attore che ha ntificato la citazione, ma poi non si è costituito. Si costituisce invece il convenuto e, alla prima udienza questi si trova solo sulla scena del processo. Viene quindi dichiarata la contumacia dell'attore e si aprono due scenari: se il convenuto ne fa richiesta il giudice ordina che sia proseguio il giudizio; se, invece, il convenuto si accontenta di conseguire l'estinzine del processo, senza un accertamento negativo delle pretese dell'attore, il giudice dispone che la causa sia cancellata dal ruolo e il processo si estingue. II Regole del processo contumaciale. Il contumace non viene informato di ciò che accade nel processo, ma vi sono alccuni atti che gli devono essere comunicati. Si tratta, secondo l'art 292 comma 1 cpc dei provvedimenti ammissivi dell'interrogatorio formale o del giuramento e delle comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali da chiunque proposte. Il contumace può costituirsi tardivamente,fino all'udienza di precisazione delle conclusioni. Egli deve però accettare il processo nello stato in cui si trova, con tutte le preclusioni che nel frattempo sono maturate. Unica facoltà che gli è offerta è quellla di disconoscere, nella prima udienza a cui partecipa, o in un termine che gli assegnato dal giudicee, le scritture private prodotte dalle altre parti e che gli vengono attribuite. Secondo l'art 294 il contumace può costituirsi e chiedere al giudice di essere ammesso a compiere le attività che gli sarebbero ormai precluse, se dimostra che la nullità della citazione o della sua notificazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo, ovvero che la costituzione è stata impedita da causa a lui non imputabile. IV Cenni al procedimento dinanzi al giudice di pace. Dal modello del rito di cognzione dinanzi al tribunale si distacca quello previsto per il processo dinanzi l giudice di pace, a cui sono attribuite in sede civile sia funzioni contenziose che funzioni di natura conciliativa. Ilgiudce di pace è competente per tutte le controversie relative a beni mobili di valore nonn superiore ad euro 30000, saalvo che la legge le attribuisca alla competenza di altro giudice. E' competente, inoltre, per le cause relative al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purchè il valore della lite non superi il valore di euro 50000. Gli sono assegnete per materia una serie di controversie, elencate nel comma 3 dell'art 7 cpc, che riguardano la materia condominiale, numerose situazioni collegate ai diritti reali, i rappori di vicinato. L'art 82 comma 1 cpc, prevede che le parti pssono stare in giudizio personalmente, senza ausilio di difensore, per le controversie fino al valore di euro 1100. Inoltre, il giudice di pace può decidere secondo equità le cause di valore non superiore ai 2500 euro con esclusione delle controversie relative a contratti conclusi mediante moduli o formulari. Dinanzi al giudice di pace, la domanda si propone mediante un comune atto di citazione a comparire a udienza fissa. Viene però previsto che la domanda possa essere proposta anche verbalmente; in tal caso, il giudice di pace ne fa redigere un processo verbale. Secondo l'art 318 la domanda comunque proposta deve contenere, oltre all'individuazione del giudice e delle parti, l'esposizione dei fatti e l'indicazione dell'oggetto. Questo verbale è poi notificato a cura dell'attore con citazione del convenuto a comparire ad udienza fissa. I termini a comparire sono quelli dell'art 163 bis ma ridotti alla metà (45 giorni). Alle parti non sonno assegnati termini specifici per la costituzione, che quindi può avvenire anche all'inizio della prima udienza. Ne segue che la materia del contendere può risultare ancora incompleta. Per questo, in prima udienza, a norma dell'art 320 cpc, il giudice di pace, dopo averle interrogate libermente e avere tentato la conciliazione, nel caso che non si raggiunga alcun accordo invita le parti a precisare definitivamente i fatti che ciascuna di esse pone a fondamento delle domande, difese ed eccezioni e a richiedere i mezzi di prova da assumere. L'istruttoria non si discosta dalle regole del giudizio ordinario. Il giudice di pace non può conoscere la querela di falso e, se questa viene proposta e il documento oggetto della querela è rilevante per la decisione, deve sospendere il processo, rimettendo le parti davanti al tribunale. Una volta che la causa sia matura per la decisione, il giudice di pace fissa un'udienza per la precisazione delle conclusioni e la contestuale discussione della causa. Da ultimo, si deve ricordare che sono inseriti limiti alla possibilità di impugnare le sentenze dei giudici di pace pronunciate secondo equità e non è proponibile il regolamento di competenza. Per quanto attiene alle funzioni di natura conciliativa, i giudici di pace, oltre a tentare la conciliazione delle liti contenziose, possono svolgere la conciliazione non contenziosa per tutte le controversie, in materia di diritti disponibili, senza limiti di competenza. V La giustizia minore. Per giustizia minore si intende il contenzioso di vallore oggettivamente più modesto rispetto al quale le varie legislazioni nazionali organizzano forme di procedimento semplificato. PARAGRAFO 58 Il sistema delle impugnazioni. Profili generali. Condizioni e termini. II Tipologie del giudizio di impugnazione. Il giudizio di impugnazione può riguardare la correttezza o il merito del giudizio. Può riguardare però anche la legalità o legittimità: verifica, in questo caso, se il giudice ha pronunciato secondo diritto, sia sul piano della sostanza che su quello della forma. Si può parlare di impugnazione quando vi è un giudizio sulla correttezza o sulla legittimità di una sentenza. La sentenza deriva da un processo. Rispetto a questo processo, della sentenza su una questione preliminare di merito deve essere fatto valere con un motivo autonomo, in appello, in forza dell'art 346 cpc le eccezioni proposte in promo grado possono eessere riproposte in sede di impugnazione e solo se non vengono nuovamente sollevate si devono intendere abbandonate. In questo senso, si può affermare che in appello la parte vittoriosa, ma che è risultata soccombente su talune eccezioni, non ha l'onere di impugnare la sentenza incidentalmente per sottoporre di nuovo tali eccezioni al giudice superiore, ma deve soltanto riproporre queste eccezioni. PARAGRAFO 60 L'acquiscienza. Gli effetti della sentenza di impugnazione. I Gli effetti della mancata impugnazione. Il soccombente può decidere di impugnare o no e, se impugna, può decidere quali capi della sentenza impugnare. I capi di sentenza non impugnati passano in giudicato formale. Possono essere rilevate d'ufficio nel giudizio di impugnazione solo le questioni che non sono state sollevate nei precedenti gradi e sulle quali non si è avuta alcuna pronuncia. Si ricordi che non ogni punto potenzialmente sollevbile in giudizio diventa questione, ma solo quelli su cui effettivamente sorge contrasto. Se quindi il contrasto è emerso esplicitamente e vi è stata decisione sul punto, la decisione dovrà essere impugnata espressamente: in caso contrario, si formerà il giudicato. Se invece il contrasto non è emerso, è come se una parte della controversia non fosse stata esaminata: ed ecco allora la possibilità per il giudice dell'immpugnazione di aprire la discussione. II L'acquiscenza. La mancata proposizione dell'impugnazione mette in gioco il fenomeno dell'acquiscenza (accettazione dell'esito della sentenza). L'art 329 cpc stabilisce che un'eventuale impugnazione preceduta da atti di acquiscenza è improponibile. Cosi pure, si afferma che l'impugnazione parziale comporta acquiscenza alle parti (o meglio, ai capi) della sentenza non impugnate, con la conseguenza di un parziale passaggio in giudicato. Un atto di apparente acquiscenza, per condurre all'improponibilità della successiva impugnazione, deve manifestare la volontà univoca e sicura di aperto contrasto con la volontà di impugnare. Ad esempio, una parte che, trovandosi di fronte una sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva, decida di pagare spontaneamente le somme a cui è stata condannata senza attendere l'esecuzione forzata, non per questo compie un atto di acquiscienza, perchè si è limitata a dare corso ad un comando giurisdizionale. III Gli effetti della decisione sull'impugnazione. L'art 336 dispone che: a) la riforma o la cassazione totale della sentenza la travolgoono completamente; b) la riforma o la cassazione parziali hanno effetto anche sulle parti (cioè sui capi) della sentenza dipendenti dalla parte riformata o cassata; c) la riforma o la cassazione esstendono i loro effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata. La sentenza di appello, che chiude la fase di merito, sostituisce totalmente quella di primo grado. Stessa situazione si ha per la sentenza di merito della cassazione. Diverso è il discorso, invece, per le sentenze di legittimità che, in ogni caso, cassano la sentenza impugnata, togliendole ogni efficacia, ma senza sostituirvi un'altra decisione, che andrà chiesta al giudice competente o al giudice di rinvio. Una volta che la decisione del giudice dell'impugnazione rovescia o modifica una pronuncia, i cui effetti abbiano già avuto attuazione, ne deriva l'inefficacia di tutto ciò che è stato realizzato. Ne consegue la rimessione in pristino ovvero la restituzione delle somme pagate, ovvero ancora la caducazione degli effetti costitutivi che si fossero realizzati, anche a livello di spontanea attuazione. Se si fossero verificati effetti irreversibili, ne scaturirà una domanda di tipo risarcitorio. Il processo di impugnazione può chiudersi con una sentenza sul merito oppure con una pronuncia sul rito, che dichiari la isussistenza di qualche presupposto proessuale e, quindi, l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'impugnazione. In quest'ultimo caso, passa inn giudicato formale la sentenza impugnata. Il processo però, può chiudersi anche senza una pronuncia: anche il processo di impugnazione si può estinguere, sia per rinuncia agli atti, sia per inerzia. Il fenomeno dell'estinzione per inerzia non concerne i giudizi che si svolgono dinanzi alla cassazione, retti dal principio dell'impulso d'ufficio. L'estinzione fa passare in giudicato la sentenza impugnata. La norma fa salvo il caso in cui, con provvedimenti pronunciati nel giudizio estinto, siano stati modificati gli effetti della sentenza. Secondo l'art 337 la proposizione di un'impugnazione non ha automatico effetto sospensivo dell'esecuzione della sentenza impugnata. L'esecutorietà può essere sospesa solo attraverso gli appositi meccanismi di inibitoria. PARAGRAFO 61 L'appello (prima parte). I Nozione di appello. Il principio devolutivo. L'appello è il più ampio dei mezzi di impuganzione ordinari. E' un mezzzo di impugnazione di merito, a critica libera (la sentenza si può impugnare per qualsiasi motivo) e a portata generale, che consente di attaccare dinanzi ad un giudice superiore la sentenza di primo grado sia per errori di fattto che per errori di diritto. L'appello è regolato dal principio devolutivo: è materia di impugnazione tutta quella e solo quella che le parti portano davanti al giudice. Vi sono due possibili modelli di appello: da un lato, l'appell come rifacimento del processo di primo grado dall'altro, l'appello come revisio prioris instantiae, nel senso che il processo è riesaminato sulla base del materiale già formato. La materia del contendere in appello è sempre esattamente sovrapponibile o, eventualmente piu ristretta di quella di primo grado. E' possibile apportare alcuni profili nuovi. II I nova in appello. Il regime dei nova in appello è disciplinato dall'art 345 cpc e riguarda domande, eccezioni e prove nuove. Le domande ammesse sono solo quelle precisate nelle conclusioni, sempre salva la facoltà di non riproporle tutte. Tuttavia, possono essere domandati gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonchè il risarcimento dei danni subito dopo la sentenza stessa. E' proponibile in apppello la domanda concernente la restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado (non è considerata domanda nuova). Per quanto riguarda le nuove eccezioni, non possono proporsi eccezioni nuove non rilevabili d'ufficio. L'art 345 permette di ammettere i mezzi di prova che la parte dimostri di non aver potuto produrre o proporre per causa ad essa non imputabile. Può sempre essere deferito il giuramento decisorio. Non è prova nuova, e non subisce quindi le limitazioni dell'art 345, il mezzo di prova proposto in primo grado, non ammesso dal giudice e nuovamente proposto in appello. III Le sentenze impugnabili e la riserva di appello. Secondo l'art 339 cpc, possono essere impugnate con appello le sentenze pronunciate in primo grado, purchè l'appello non sia escluso dalla legge o dall'accordo delle parti a norma dell'art 360 comma 2 (che porrta cioè la questione direttamente in cassazione). Precisando i commi successivi che è inappellabile la sentenza che il giudice ha pronunciato secondo equità ai sensi dell'art 114 e che le sentenze del giudice di pace, pronunciate secondo equità a norma dell'art 113 comma 2 sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o europee ovvero dei principi regolatori della materia. L'appello contro le sentenze del giudice di pace e del tribunale si propone rispettivamente al tribunale e alla corte di appello nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza. Un punto di particolare attenzione è quello dell'impugnazione delle sentenze non definitive. Alla parte soccombente sulla sentenza non definitiva viene offerta la possibilità di effettuare la c.d. riserva di appello: vale a dire, una sorta di prenotazione dell'appello contro questa sentenza, che potrà poi essere confermata o no al momento di decidere se impugnare quella definitiva. La riserva si può compiere sia con atto notificato alla controparte, sia con dichiarazione da compiersi in udienza. Se è stata fatta la riserva non è obbligatorio proporre poi l'appello riservato. IV L'atto di appello e la specificità dei motivi. Il contenuto dell'appello suppone fondamentalmente una critica nei confronti della decisione di primo grado. L'atto d'appello deve essere motivato dell'atto di appello deve contenere, a pena di inammissibilità: 1) l'indicazione delle parti del provvedimento che si intendono appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado, e 2) l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. La parte appellata può proporre appello incidentale. Il termine per la proponibilità si identifica, a pena di decadenza, con la comparsa di risposta, da depositare al momento della costituzione in cancelleria nei venti giorni anteriori all'udienza di comparizione. V Il procedimento ordinario in appello. La trattazione del giudizio di appello conosce oggi una serie di percorsi alternativi. In particolare sussistono oggi: a) un procedimento ordinario; b) un procedimento che porta alla decisione immediata; c) la pronuncia di inammissibilità in limine dell'appello. Vediamo ora il procedimento ordinario. La trattazione del giudizio di appello è collegiale dinanzi alla corte d'appello, mentre è monocratica quando il tribunale è giudice di appello nei confronti delle sentenze del giudice di pace. Ogni passaggio della trattazione si attua dinanzi al collegio. Il procedimento in appello è semplificato rispetto a quello di primo grado. Si da luogo ad una sola udienza in cui, occorrendo, potrebbero già essere precisate le conclusioni. Se l'appellante non si costituisce nei termini l'appello è dichiarato improcedibile, anche d'ufficio. Se l'appellante non compare alla prima udienza, il collegio, rinvia la causa ad una prossima udienza. Se anche alla nuova udienza l'appellante non compare, l'appello è dichiarato improcedibile anche d'uffio. VI L'appello inammissibile per mancata probabilità di accoglimento. L'art 348 bis cpc prevede che il giudice dell'appello dichiari inammissibile l'impugnazione quando essa non ha una ragionevole probabilità di essere accolta. Alla verifica dell'art 348 bis si sottraggono, in base al comma 2 della norma, solo due gruppi di cause: quelle di cui all'art 70 comma 1 e quelle svolte 161 comma 2. PARAGRAFO 63 Il ricorso per cassazione. I La corte di cassazione nel sistema italiano. La corte di cassazione occupa il vertice dell'ordinamento giudiziario. E' un organo collegiale, con sede a Roma e con giurisdizione sull'intero territorio dello stato. Secondo l'art 65 ord. giud., essa assicura l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di competenza e attribuzioni; adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge. Due distinte funzioni della corte: impugnatoria e nomofilattica. Da un lato, essa è l'organo giudiziario che si occupa di sindacare l'applicazione o l'interpretazine del diritto nel singolo procedimento, costituendo l'ultima e più alta istanza di impugnazione rispetto ad un dato processo. In questo senso, la cassazione è un giudice di legittimità, a motivo che, a differenza dei giudici di merito, non indaga il fatto ma verifica la corretta interpretazione e applicazione del diritto a proposito di un contesto fattuale già accertato. Dall'altro, essa è chiamata a svolgere anche una funzione di interesse generale, esercitando la c.d. nomofiliachia, vale a dire assicurando, l'uniforme interpretazione della legge e l'unità del diritto oggettivo nazionale. II La cassazione fra nomofiliachia e giudizio di ultima istanza. Il ruolo delle sezioni unite. La struttura della corte, come delineata dagli artt 66 ss. ord. giud. consta di sezioni semplici di cinque membri, a capo di ciascuna delle quali si trova un presidente. Le sezioni semplici operano disgiuntamente, salvi i casi in cui la corte decide in composizione allargata di nove votanti, ossia a sezioni unite. Il collegio a sezioni unite è presieduto dal primo presidente della corte ed è composto da membri appartenenti tutti a sezioni semplici dello stesso settore, civile o penale, in cui sono chiamate a decidere le sezioni unite. I ricorsi proposti dinanzi alla corte corte di cassazione sono decisi da una sezione semplice, salvo la materia dei conflitti di giurisdizione, latamente intesa, che resta riservata alle sezioni unite. Tuttavia, il primo presidente può provvedere a rimettere la causa alle unite, quando si tratti di questione di diritto già decisa in senso difforme dalle szioni semplici, o di questioni che presentano particolare importanza per l'ordinamento che possono fornire alla giurisprudenza. Si cerca di combattere il fenomeno dei contrasti giurisprudenziali interni alla cassazione, quindi secondo l'art 374 cpc la sezione semplice qualora non condivida il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, non può decidere in via autonoma, ma è tenuta a spogliarsi del caso e a rimettere alla sezioni unite la decisione del ricorso, con ordinanza motivata. Nessuna sanzione è però prevista per il caso di ribellione della sezione semplice e nessuna tutela è data alla parte che avrebbe avuto interesse all'applicazione della posizione delle sezioni unite. III Il principio di diritto e precedente. Il ruolo della giurisprudenza nell'ordinamento italiano. Il principio di diritto deve essere enunciato: a) sempre, quando la cassazione decide il ricorso per violazione o falsa applicazione delle norme di diritto, ai sensi dell'art 360 comma 1 n 3; b) in goni altro caso in cui, decidendo su altri motivi di ricorso risolve una questione di diritto di particolare importanza; c) anche d'ufficio, quando il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile se la corte ritiene che la questioni decisa sia di particolare importanza; d) su richiesta del procuratore generale, nell'ipotesi di cui all'art 363 commi 1 e 2 cpc. PARAGRAFO 64 La funzione di legittimità della cassazione. Il ricorso e il filtro. II Il c.d. filtro in cassazione. L'art 111 comma 7 cost. prevedee che contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giudiziari ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge, il c.d. ricorso straordinario. Secondo l'art 360 bis cpc, il ricorso è inammissibile: 1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della crte e l'esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l'orientamento della stessa; 2) quando è manifestamente infondata la censura relatica alla violazione dei pricipi regolatori del giusto processo. IV I rapporti della cassazione con la corte di giustizia e la corte cedu. Alla corte di giustizia è riservato il monopolio dell'interpretazione del diritto dell'unione. Esiste una nomofilachia europea, che vincola tutti i giudici interni, inclusa la cassazione. Ogni volta che si pressenti una questione di diritto europeo, rilevante nel caso di specie e non risolvibile alla luce dei precedenti giurisprudenziali, la cassazione, come giudice di ultima istanza, è tenuta ad effettuare il rinvio pregiudiziale dinanzi alla corte di giustizia. Diverso è il rapporto con la corte europea dei diritti dell'uomo, le cui pronunce si limitano ad individuare, se del caso, concrete violazioni della cedu da parte di autorità dei paesi aderenti alla convenzione. V I provvedimenti ricorribili. Oggetto del ricorso per cassazione possono essere le sentenze pronunciate in appello o in unico grado. Inoltr, può essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d'accordo per omettere l'appello; ma in tale caso l'impugnazione può riguardare solo il motivo della violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro. Si deve ricordare, poi, il c.d. ricorso straordinario in cassazione, previsto dall'art 111 cost. VI I motivi di ricorso per cassazione. Il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi tassativamente indicati nell'art 360 cpc. Si tratta di un mezzo di impugnazione a critica vincolata, ossia una critica che sia riconducibile a motivi predeterminati. Si tratta di: 1) motivi attinenti alla giurisdizione; b) violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza; 3) violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro; 4) nullità della sentenza o del procedimento; 5) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è statoo oggetto di discussione tra le parti. Il legislatore del 2012 ha stabilito ai sensi dell'art 348 ter cpc che, quando una sentenza d'appello conferma nel merito la sentenza di primo grado, il ricorso per cassazione è proponibile solo per i primi quattro motivi dell'art 360. Le norme sui motivi si applicano anche all'ipotesi di ricorso straordinario in cassazione. Non basta che il ricorso si fondi su motivi che rientrano nelll'elencazione a cui è acennato. La riforma del 2009 ha infatti introdotto, all'art 360 bis due filtri di inammissibilità: quello della mancata censura di una violazione inerente il giusto processo. VII Il ricorso per cassazione contro le sentenze non definitive. Non sono immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione le sentenze che decidono di questioni ( =sentenze non definitive affermative, che, sostenendo la positiva esistenza di un dato presupposto processuale, comportano la prosecuzione del giudizio, ad esempio una sentenza non definitiva del giudice d'appello, affermativa della giurisdizione) insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio. Il ricorso per cassazione contro questa sentenza sarà proponibile, senza necesssità di riserva, insieme all'impugnazione della successiva sentenza definitiva o non definitiva che però definisca, anche parzialmente, il giudizio. In base all'art 361 rimane il sistema classico dell'alternativa fra l'immediato ricorso per cassazione o la rserva di ricorso, per le sentenze non definitive, che abbiano pronunciato su una o più domande cumulate o di condanna generica senza però definire l'intero giudizio. La riserva va fatta a pena di decadenza, entro il termine per proporre il ricorso per cassazione e, in ogni caso, nn oltre la prima udienza successiva (del giudice d'appello). VIII Il ricorso per cassazione in caso di ordinanze di inammissibilità dell'appello ex art 348 bis cpc. Una disciplina particolare concerne l'ipotesi in cui l'appello sia stato dichiarato inammissibile per mancanza di una ragionevole probabilità di accoglimento. Viene resa ricorribile per cassazione, non l'ordinanza di inammissibilità per mancata probabilità di accoglimento dell'appello, ma la sentenza di primo grado. Il termine (breve) per il ricorso contro questo provvedimento decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell'ordinanza che dichiara l'inammissibilità. Il termine lungo, in ogni caso di mancata comunicazione o notificazione, è di sei mesi decorrenti dalla pubblicazione dell'ordinanza. Il ricorso può essere proposto per tutti i cinque motivi di cui all'art 360 cpc: ma, se l'inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione di primo grado impugnata, il ricorso non è proponibile per il motivo, di cui al n.5 dell'art 360 comma 1. PARAGRAFO 65 Il ricorso per cassazione. Il procedimento. I Il procedimento dinanzi alla cassazione. Il ricorso è diretto alla corte e sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell'apposito albo per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, munito di procura speciale. Il contenuto del ricorso è fissato dall'art 366 cpc in base al quale esso deve contenre, a pena di inammissibilità: 1) l'indicazione delle parti; 2) l'indicazione della sentenza o decisione impugnata; 3) l'esposizione sommaria della sentenza o decisione impugnata; 4) i motivi per i quali si richiede la cassazione, con l'indicazioe delle norme di diritto su cui si fondano; 5) l'indicazione della procura, se conferita con atto separato e, nel cas di ammissione al gratuito patrocinio, del relativo decreto; 6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda. La giurisprudenza ha insistito sul c.d. principio di autosufficienza del ricorso per cassazione. Si intende che il riocorso deve essere redatto in modo tale da permettere ai giudici di comprendere i motivi di impugnazione con la mera lettura dell'atto introduttivo, senza dover prendere in considerazione altri atti o documenti di causa. Il ricorso deve essere notificato alla controparte e III La cassazione giudice del merito. La cassazione tende sempre di più ad assumere anche funzioni decisorie sul merito. Quando cassa la sentenza, ove ritenga che i fatti siano già chiari, può decidere sul merito, limitandosi a modificar l'errata interpretazione che è stata data alla norma. Si deve aggiungere che, sempre in base all'art 384 non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto; in tal caso la corte si limita a correggere la motivazione. La corte, se rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese. Se cassa senza rinvio o per violazione delle norme sulla competenza, provvede sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole essa stessa o rimettendone la liquidaione al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. Se invece rinvia la causa ad altro giudice, può scegliere se provvedere direttamente sulle spese del giudizio di cassazione o rimettere la pronuncia al giudice di rinvio. L'estinzione può verificarsi per rinuncia agli atti. La rinuncia è possibile fino alla data dell'adunanza camerale. IV Il giudizio di rinvio.Il giudice di rinvio è una prosecuzione del processo iniziato con l'atto introduttivo di primo grado, di cui costituisce una nuova fase, con la conseguenza che gli effetti della sentenza del giudice del rinvio retroagiscono al momento in cui si è creata per la prima volta litispendenza. La sentenza cassata è elliminata e annullata e la cassazione ne ha comportato la perdita di effetti. Ora, se si trattava di sentenza d'appello, questa perdita si estende anche alla decisione di primo grado, che a sua volta era sata coompletamente sostituita da quella di appello. Se la riassunzione non avviene entro il termine di legge o se si verifica successivamente ad essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio, l'intero processo si estingue. L'unico risultato utile resterebbe allora l'effetto vincolante della pronuncia della cassazione nel nuovo processo che dovesse ricominciare. La riassunzione deve avvenire entro il termine perentorio di tre mesi dalla pubblicazione della sentenza della cassazione, a mezzo di un atto di citazione che va notificato alla parte personalmente. V Procedimento e pronunce del giudice del rinvio. Il giudizio di rinvio è una nuova fase del medesimo processo. Resta immutata la posizione, non solo sostanziale ma anche processuale, delle parti: indipendentemente da chi notifichi la citazione in riassunzione, chi era attore resta attore e chi era convenuto resta convenuto. Le preclusioni, da tempo maturate, rimangono efficaci; l'oggetto della controversia è quello da tempo cristallizzato; le parti non possono prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata. La sentenza del giudice di rinvio è, a sua volta, impugnabile: con appello, se il rinvio avesse rimesso la causa ad un giudice di primo grado, o con un altro ricorso per cassazione. PARAGRAFO 67 Il regolamento di competenza. I Struttura e presupposti del regolamento di competenza. L'ordinamento prevede uno specifico mezzo di impugnazione ordinario, volto a governare le questioni di competenza: il regolamento di competenza, che si propone dinanzi alla corte di cassazione. Il regolamento di competenza può essere necessario o facoltativo. E' necessario per le ordinanze che pronunciano soltanto sulla competenza, rispetto alle quali è l'unico mezzo di impugnazione. E' facoltativo per le ordinanze che pronunciano sulla competenza e sul merito, tali decisioni possono essere contrastate con il regolamento di competenza, ma è proponibile anche l'appello qualora oltre alla competenza si contrasti anche la pronuncia sul merito. Il legislatore utilizza il regolamento di competenza anche come mezzo di controllo delle deciosioni sulla sospensione del processo: materia totalmente distinta dalla competenza. Oltre che su iniziativa di parte, il regolamento di competenza può essere anche proposto d'ufficio. L'ipotesi è la seguente. Il tribunale A si dichiara incompetente per materia o territorio inderogabile e indica come competente il tribunale B. In questo caso il tribunale B nn è vincolato dalla pronuncia del tribunale A ma, se si ritiene incompetente, può richiedere d'ufficio il regolamento di competenza. II Il procedimento. Il regolamento si propone con un ricorso, che va notificato alle altre parti entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione dell'ordinanza che abbia pronunciato sulla competenza o, in caso di regolamento facoltativo in cui una parte abbia già proposto l'impugnazione ordinaria, entro trenta giorni dalla notificazione di tale impugnazione. La parte ricorrente ha poi un duplice onere: quello di chiedere ai cancellieri degli uffici davanti ai quali pensono i processi che i relativi fascicoli siano rimessi alla cancelleria della corte di cassazione, nei cinque giorni successivi all'ultima notificazione del ricorso alle parti e quello di depositare il ricorso notificato del ricorso alle parti e quello di depositare il ricorso notificato con i documenti opportuni presso la cassazione nel termine perentorio di venti giorni da tale notificazione. Le controparti possono resistere al ricorso depositando, entro venti giorni successivi memorie difensive e documenti. Nel caso di regolamento d'ufficio, non occorrono istanze, ma basta la richiesta del giudice, effettuata con ordinanza, che d'ufficio trasmette il fascicolo della causa alla cassazione. Anche qui, naturalmente, le parti possono presentare memorie difensive. I processi in rapporto ai queli è chiesto il regolamento di competenza sono sospesi dal giorno in cui è presentata l'istanza al cancelliere o dalla pronuncia dell'ordinanza che richiede il regolamento. Il giudice può autorizzare il compimento degli atti che ritiene urgenti. III La decisione sul regolamento di competenza e i suoi effetti. La decisione sul regolamento è pronunciata dalla cassazione con ordinanza in camera di consiglio entro il termine ordinatorio di venti giorni dopo la scadenza per il deposito delle difese delle altre parti. La corte di cassazione è il giudice supremo della competenza. Quando decide, le sue statuizioni valgono anche per eventuali processi futuri relativi a quella controversia. Una volta che si sia stabilizzata la decisione sulla competenza, o riprende il prcesso iniziale o la causa è riassunta dinanzi al giudice competente. La riassunzione consiste in un atto con cui la parte che vi ha interesse ripresenta la domanda dinanzi al giudice dichiarato competente. La riassunzione deve avvenire nel termine fissato nell'ordinanza dal giudice e, in mancanza, in quello di tre mesi dalla comunicazione dell'ordinanza di regolamento o dell'ordinanza che dichiara l'incompetenza del giudice adito. PARAGRAFO 68 Revocazione e opposizione di terzo. I La revocazione. Quando una sentenza non è appellabile (ad esempio, perchè di grado unico) o, perfino, è passata in giudicato, la revocazione è uno specifico mezzo di impugnazione. Nella prima ipotesi, vale a dire di sentenza non ancora passata in giudicato, ma non appellabile, la revocazione è un autonomo mezzo di impugnazione ordinario. Nella seconda ipotesi, è un mezzo di impugnazione proponibile anche contro decisioni formalmente passate in giudicato e, pertanto, è un mezzo di impugnazione straordinario. II Revocazione ordinaria e straordinaria. La revocazione ordinaria è quella riferita ai motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell'art 395 comma 1. Sussite se: 4) la sentenza è l'effetto di un errore di fatto che risulta dagli atti o documenti della causa: Vi è questo errore precisa la norma, quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita; 5) se la sntenza è contraria ad altra precedente dotata di autorità di cosa giudicata fra le parti, purchè non abbia pronunciato sulla relativa eccezione. La revocazione straordinaria invece ha ad oggetto i motivi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'art 395 comma 1. I motivi sono i seguenti: 1) la sentenza è l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra; 2) si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza; 3) dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forze maggiore o per fatto dell'avversario; 6) la sentenza è effetto del dolo del giudice, accettato con sentenza passata in giudicato. IV Il procedimento di revocazione. Il procedimento di revocazione si attua in due fasi: dapprima, un giudizio che stabilisce se si è effettivamente verificato un motivo di revocazione; poi, in caso di risposta affermativa, un nuovo giudizio di merito, che rivede il caso. La prima fase si definisce rescindente e la seconda rescissoria. La revocazione si propone con citazione davanti ao stato giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.In forza dell'art 401 è previsto che il giudice della revocazione possa sospendere l'esecutoorietà della sentenza revocanda, secondo il meccaniscmo previsto nel ricorso per cassazione dell'art 373. LA domanda di revocazione l'eventuale restituzione di ciò che fosse stato conseguito con la sentenza revocata: se occorre, previa nuova attivit istruttoria. LA sentenza pronunciata el giudizio di revocazione non può essere a sua volta impugnata revocazione. Nel caso della revocazione contro le pronunce della cassazione, il termine perentorio per proporla è di sessanta giorni della notificazione ovvero di sei mesi della pubblicazione del provvedimento. V Opposizione di terzo semplice e revocatoria. Il codice regola due diverse forme di opposizione di terzo. In base al'art 404 comma 1 cpc un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti. Si tratta della cd opposizione di terzo semplice. Vi è poi l'opposizione di terzo revocatoria. Cosi la norma: gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando è l'effetto di dolo o collusione a loro danno. L'opposizione di terzo ex art 404 comma 2 deve essere proposta nel reve termine di trenta giorni che decorrono dal momento della scoperta del dolo o della collusione. VI Il procedimento dell'opposizione di terzo. L'opposizione è proposta davanti allo stesso organo giudiziario che ha pronunciato la sentenza. La citazione deve contenere, oltre agli elementi di cui all'art 163 anche l'indicazione della sentenza impugnata e, nel caso dell'opposizione revocatoria, All'udienza possono essere ammesse altre prove che, secondo la lettera dell'art 420, le parti non abbiano potuto produrre prima, purchè rilevanti. III L'udienza di discussione. All'udienza il giudice interroga liberamente le parti presenti e tenta la conciliazione della lite, formulando una proposta transattiva o conciliativa. La mancara comparizione personale delle parti, ovvero il rifiuto della proposta senza giustificato motivo, costituiscono comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione. Se la conciliazione riesce, si forma un apposito verbale, che ha efficacia di titolo esecutivo per quanto riguarda le pattuizioni in esso contenute. IV La posizione dei terzi. La possibilità di fare svolgere tutto il processo in una sola udienza è vanificata nel caso di allargamento del numero delle parti coinvolte, vuoi per integrazione necessaria del contraddittorio, vuoi per chiamata in causa di terzi, su istanza di parte o per ordine del giudice. Ove occorra coinvolgere un terzo, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che, entro cinque giorni, siano notificati al terzo il provvedimento nonchè tutti gli scritti difensivi anteriori. A sua volta, il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell'udienza fissata, depositando la propria memoria, cosi come accade per il convenuto. Un'altra ipotesi di indispensabile rinvio dell'udienza originariamente fissata si verifica in caso di intervento volontario di terzi. L'intervento del terzo non può svolgersi dopo il termine di dieci giorni prima dell'udienza, stabilito per la costituzione del convenuto. Il terzo dovrà presentare una memoria che avrà le caratteristiche e il contenuto di un ricorso, almeno qualora il terzo interveniente proponga una domanda autonoma; egli dovrà poi costituirsi con le modalità previste per il convenuto. PARAGRAFO 71 Il procedimento nel rito del lavoro. L'istruttoria. Le ordinanze anticipatorie. Il mutamento di rito. I L'incompletezza delle disposizioni sul rito del lavoro. Il processo del lavoro non disegna un rito completo: quindi, per tutto quello che non è disposto negli artt 413 ss cpc occorre fare riferimento alle norme stabilite per il rito ordinario. Nel contempo, le regole ordinarie devono esere talvolta lette in modo da garantire un efficace coordinamento con le disposizioni speciali. II L'istruttoria. Secondo l'art 421 comma 2 cpc il giudice può disporre d'ufficio in qualisasi momento l'ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del giuramento decisorio. Ne segue che, da un lato, il giudice ha unpotere generale di intrdurre mezzi di prova di sua iniziativa: ciò che nel rito ordinario suppone una specifica attribuzione di poteri, qui è invece conferito una volta per tutte. Dall'altro lato, nel suo potere d'ufficio, il giudice del lavoro non è vincolato dai limiti che il codice civile pone all'ammissione delle prove. Il giudice non può prescindere dalle disposizioni di legge che richiedono la forma scritta ad substantiam o ad probationem. L'iniziativa officiosa del giudice del lavoro si può svolgere in qualsiasi momento. Unico contrappeso è il diritto delle parti di depositare note difensive. Il giudice quando esercita il proprio potere offiioso, deve comunque fissare un'altra udienza, concedendo alle parti un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima dell'udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note, che includeranno anche l'eventuale indicazione di prove contrarie. Il giudice può poi disporre la richiesta di informazioni e osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti. Poi, il giudice può ordinare la comparizione, per interrogare liberamente sui fatti della causa, anche di quelle persone che siano incapaci di testimoniare perchè portatori di un interesse che legittimerebbe il loro intervento. Può nominare consulenti tecnici. Infine può disporre l'accesso sul luogo di llavoro e disporre altresi l'esame dei testimoni in loco. III Le ordinanze provvisorie di condanna. Secondo il comma 1 della norma, il giudice, su istanza di parte, in ogni stato di giudizio, dispone con ordinanza il pagamento delle somme non contestate. Il comma 2, invece, prevede che, in ogni stato del giudizio, il giudice può, su istanza del lavoratore, disporre con ordinanza il pagamento di una somma a titolo provvisorio quando ritenga il diritto accertato e nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova. Questa ordinanza è revocabille con la sentenza che decide la causa. Entrambe le ordinaze costituiscono titolo esecutivo. IV Il mutamento di rito e l'eccezione di incompetenza. L'art 426 cpc dispone che il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie riguarda uno dei rapporti previsti dall'art 409, fissa con ordinanza l'udienza di trattazione e il termine perentorio entro ill quale le parti dovranno provvedere all'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria. L'art 427 cpc esamina, invece, l'ipotesi inversa. Il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme del rito del lavoro riguada un rapporto non incluso nella previsione dell'art 409, la trattiene, disponendo soltanto che gli atti siano messi in regola con le disposizioni tributarie. Se la causa non rientra nella sua competenza, la rimette con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con il rito ordinario. Le prove acquisite mentre il processo era trattato con il rito speciale avranno l'efficacia consentita dalle norme ordinarie. Infine, l'art 428 regola il caso dell'incompetenza, per materia o territorio. Quando la causa relativa ai rapporrti di cui all'art 409 sia stata proposta a giudice incompetente, l'incompetenza può essere eccepita dal convenuto soltanto nella memoria difensiva, ovvero rilevata d'ufficio dal giudice non oltre l'udienza di trattazione. Il giudice che dichiara la propria incompetenza rimette la causa al tribunale competente, in funzione di giudice del lavoro, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con rito speciale. PARAGRAFO 72 La sentenza nel processo del lavoro. Il procedimento per impugnazione del licenziamento. I La sentenza nel rito del lavoro. Esaurite le altre attività, il giucice raccoglie le conclusioni delle parti e invita alla discussione finale. Solo se lo ritiene necesssario, il giudice, su richiesta delle parti, concede loro un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive, rinviando la causa ad un'udienza immediatamente successiva alla scadenza di tale termine, per la discussione e la pronuncia della sentenza. Il giudice, immediatamente terminata la discussione, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo e dell'esposizione delle ragiorni di fatto e di diritto della decisione. Solo in caso di particolare complessità della controversia, il giudice fissa nel dispositivo un termine, non superiore a sessanta giorni, per il deposito della sentenza. La mancata lettura del dispositivo è motivo di nullità della sentenza. Tutte le sentenze di condanna emesse dal giudice del lavoro sono esecutive. Nel processo ordinario la sentenza è titolo esecutivo quando, dopo essere stata depositata, con la motivazione integrale, è munita di formula esecutiva. Qui, invece, all'esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo, in pendenza del termine per il deposito della sentenza (disposizione applicabile solo nel contesto di una pronuncia pavorevole al lavoratore). Il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre agli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuizione di valore del suo credito, condannato al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto. II La gestione uniforme delle liti seriali. Quando per la definizione di una controversia soggetta al rito del lavoro è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole di un contratto o di un accordo collettivo nazionale, il giudice decide con sentenza tale questione, impartendo disitinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione o, comunque, perr la prosecuzione della causa, fissando una successiva udienza in data non anteriore a novanta giorni. La sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per cassazione da proporsi entro sessanta giorni dalla comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza. Copia del ricorso per cassazione, a pena di inammissibilità del ricorso, deve essere depositata presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata entro venti giorni dalla notificazione del ricrso alle altre parti; il processo è sospeso dalla data del deposito. III L'interpretazione uniforme nel pubblico impiego privatizzato. Quando per la definizione di una controversia rientrante nella materia del pubblico impiego sottoposta alla giurisdizione ordinaria, è necessario risolvere in vi pregiudiziale una questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, sottoscritto dall'ARAN, il giudice del lavoro, con ordinanza non impugnabile, indica la questione da risolvere, fissa una nuova udienza e, nel frattempo, trasmette all'aran la doocumentazione essenziale della causa. L'aran convoca le organizzazioni sindacali che hanno firmato l'accordo e verifica la possibilità di un'interpretazione congiunta e autentica: se ciò accade, l'accordo esplicativo viene trasmesso al giudice, che deciderà la causa tenendone conto. Può accadere che ad un'interpretazione unitaria non si pervenga In tal caso, la questione ritorna al giudice, che la decide secondo la sua migliore lettura delle norme. La sentenza è una decisione in punto di diritto, le parti possono accettarla oppure contestarla. Se la vogliono contestare, devono proporre immediatamente ricorso per cassazione, con l'effett di dare luogo alla sospensione necessaria del processo in cui la questione è insorta. Una volta intervenuta la decisione della corte di cassazione, il giudce fissa, anche d'ufficio, l'udienza per la prosecuzione del processo. PARAGRAFO 73 Le impugnazioni nel rito del lavoro. giudice svolge, in questa fase, una valutazione delle condizioni di ammissibilità, senza contraddittorio. Il giudice può ritenere che non vi siano le condizioni per emettere il decreto ingiuntivo. L'ingiungente può riproporree n altro ricorso per decreto ingiuntivo (questa volta, al giudice competente, o con la documentazione opportuna), ovvero iniziare un ordinario giudizio di cognizione. Non si forma, insomma, alcun giudicato negativo sulla pretesa del ricorrente. Se invece il decreto ingiuntivo viene emesso, la fase senza contraddittorio finisce e inizia il confronto con la controparte. Infatti, il ricorso con il decreto ingiuntivo apposto in calce all'atto deve essere notificato alla controparte entro sessana giorni dalla data dell'emissione. Se non viene notificato il provvedimento perde ogni efficacia. Ovviamente la domanda può essere riproposta. Il debitore potrebbe agire in prevenzione (immaginando di essere fatto oggetto di un'ingiunzione): potrebbe, cioè, notificare al creditore un atto di citazione contenente una domanda di accertamento negativo dell'esistenza del credito. E' chiaro che le due domande sono identiche, per parto, oggetto e titolo giuridico. Si ha quindi litispendenza, che comporta la cancellazione della seconda causa e la prosecuzione del giudizio nella prima. E' opportuno aggiungere che tutta la fase sommaria del procedimento si svolge obbligatoriamente con le modalità telematiche. Deve essere depositato telematicamente il ricorso e in identica forma viene emesso il decreto. III L'efficacia del decreto ingiuntivo. Ricevuta la notifica, il convenuto apprende che è stata proposta una domanda giudiziale nei suoi confronti e che questa domanda è stata accolta. L'ingiunto può contrastare l'iniziativa dell'ingiungente, mediante la proposizione di un giudizio di opposizione. Si tratta di un giudizio ordinario, nel quale la pretesa del creditore dovrà essere pienamente valutata. In base all'art 647 cpc se non è stata fatta opposizione nel termine stabilito, il giudice, su istanza del ricorrente, dichiara esecutivo il decreto. Quando il decreto è stato dichiarato esecutivo, l'opposizione non può essere più proposta ne proseguita. Il decreto ingiuntivo è un titolo esecutivo e consente di iniziare l'secuzione forzata per espropriazione o per consegna o rilascio. L'accertamento contenuto nel decreto monitorio non opposto ha la forza di giudicato sostanziale sui diritti oggetto della pronuncia del giudice (il debitore non può quindi in futuro iniziare un nuovo giudizio di cognizione). IV L'immediata esecutorietà del decreto ingiuntivo. Il decreto ingiuntivo non è esecutivo in pendenza del termine per proporre opposizione. In base all'art 642 cpc il giuice, su istanza del ricorrente, può ingiungere al debitore di pagare o consegnare senza dilazione, autorizzando in mancanza l'esecuzione provvisoria del decreto e fissando il termine ai soli effetti dell'opposizione. La immediata esecutorietà del decreto ingiuntivo si realizzà in due casi: a) quando il credito è basato un documento che già avrebbe forza di titolo esecutivo stragiudiziale (cambiale, assegno bancario..); b) se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, oppure il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere. Se il creditore ha già un titolo fra quelli indicatiall'art 642 comma 1 il giudice non ha discrezionalità, ma deve concedere l'immediata esecutorietà al decreto, salvo il controllo che il documento sia coerente con il credito. Il deccreto ingiuntivo, divenuto esecutivo per mancanza di opposizione, può essere impugnato per revocazione nei casi indicati nei numeri 1, 2, 5 e 6 dell'art 395 e con opposizione di terzo nei casi previsti nell'art 404 comma 2. PARAGRAFO 76 L'opposizione a decreto ingiuntivo. L'ingiunzione europea. I Struttura dell'opposizione a decreto ingiuntivo. Il debitore che non intenda invece accettare l'ordine di pagamento che gli viene impartito, può proporre opposizione. L'opposizione si attua entro un termine preciso, previsto a pena di decadenza: quaranta giorni dal ricevimento della notificazione del decreto. L'atto introduttivo è quello previsto dal rito applicabile: citazione per il processo ordinario, ricorso per il rito del lavoro e per il rito a cognizione semplificata. L'opposizione è proposta davanti al medesimo ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. L'opposizione è l'atto che apre, per la prima volta, il contenzioso ordinario sulla pretessa dedotta dall'attore ingiungente. In forza dell'art 645 la citazione introduttiva è notificata al ricorrente nei luoghi di cui all'art 638 cpc e cioè normalmente, nel domicilio eletto dall'ingiungente nel ricorso presso il suo difensore. Ora il codice precisa che il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti a giudice adito. II L'esecutorietà del decreto ingiuntivo in pendenza di opposizione. La proposizione dell'opposizione non modifica, di per sè, l'efficacia esecutiva del decreto, che può essere stata concessa o no ai sensi dell'art 642. In base all'rt 648 cpc il giudice, su istanza dell'ingiungente, può concedere, con ordinanza non impugnabile, l'esecuzione provvisoria del decreto. Ciò è possibile solo se l'opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione. Il giudice concede l'esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto, limitatamente alle somme non contestate, salvo che l'opposizione sia proposta per vizi procedurali. La situazione inversa è regolata dall'art 649 cpc: qui si ha il caso in cui al decreto sia stata immediatamente concessa, nella fase monitoria, la provvisoria esecutorietà e il giudice istruttore, su istanza dell'opponente, con ordinanza non impugnabile, qandoo ricorrono gravi motivi, sospende tale esecuzione provvisoria. III Il procedimento di opposizione. La causa di opposizione prosegue poi fino alla sentenza, secondo le regole ordinarie. Costituendosi in giudizio per resistere all'opposizione, l'ingiungente- opposto dovrà dimostrare l'esistenza del diritto vantato in sede monitoria. Se l'opponente ritiene di dover chiamare un terzo in causa, può chiedere la relaativa autrizzazione al giudice in prima udienza; non può, invece, per giurisprudenza consolidata, citare in giudizio il teerzo nell'atto di opposizione, il cui oggetto è limitato alla contestazione del provvedimento monitorio. IV La sentenza sul giudizio di opposizione. La sentenza che decide il processo di opposizione risolve la controversia. Se l'opposizione è rigettata, il giudice accerta l'esistenza del diritto fatto valere dall'ingiungente: questo accertamento assorbe e supera il provvedimento monitorio e costituisce la materia del giudicato. Se l'opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva, oppure è dichiarata con ordinanza l'estinzione del processo il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva. Se l'opposizione è accolta, il decreto ingiuntivo viene revocato, ma gli effetti sono diversi, a seconda che il giudizio si sia formato sul merito o su un presupposto processuale. L'accoglimento dell'opposizione, ad esempio, perchè il rapporto fra le parti è governato da una clausola compromissoria, non elimina il credito, ma impone a chi lo vanta di procedere in arbitrato, cominciando iil procedimento apposito. Invece, l'accertamento dell'inesistenza del credito avrà piena efficacia nel merito. PARAGRAFO 77 Il procedimento per convalida di sfratto. I Struttura e presupposti. Un'altra ipotesi di procedimento sommario è quella regolata negli artt 657 ss cpc inn materia di convalida di licenza e di sfratto. Consiste nella facoltà, per il locatore o il concedente, di agire per la restiutzione del bene ocato o concesso, intimando la licenza per finita llocazione prima della scadenza del contratto, e dunque in deroga al principio generale per cui la tutela giudiziale può essere domandata solo dopo che si sia verificata la lesione del diritto in oggetto. Il medesimo procedimento è applicato anche all'ipotesi di sfratto sia per il caso di finita locazione sia per quello di morosità del condutttore. E' estesa la facoltà di avvalersi del procedimento di convalida di sfratto al concedente che, nell'ambito di un rapporto di locazione finanziaria di immobili (leasing), vogli recupeare il bene in caso di risoluzione del contratto. L'attore che ovviamente pootrebbe procedere anche nelle forme ordinarie, notifica al convenuto un atto che, nel contempo, contiene l'espressione sotanziale della volontà di porre fine al rapporto e, contestualmente, incorpora la citazione dinanzi al giudice per ottenere la convaida della licenza o dello sfratto intimati. La sommarietà, poi, sta in questo: se il convenuto non compare all'udienza o comunque non si oppone, il giuice con ordinanza convalida la licenza o lo sfratto: l'ordinaza è titolo esecutivo per la successiva esecuzione per rilascio. Analogamente, se il convenuto si costituisce e si oppone, ma le sue eccezioni appaiono deboli, il giudice può ancora convalidare provvisoriamente la licenza o lo sfratto, proseguendo poi il giudizio ordinario per esaminare approfonditamente le difese dell'intimato. II Il procedimento di convalida. Giudice competente è inderogabilmente il tribunale del luogo dove si trova l'immobile o comunque la cosa locata. La citazione, poi, va notificata personalmente all'intimato e nel non nel domicilio eletto. Il codice richiede la notificazzione nella residenza effettiva del convenuto. La citazione per la convalida, costruita secondo le modalità consuete deve contenere l'avvertimento che, se non compare o, comparendo, non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto ai sensi dell'art 663. Tra il giorno della notificazione dell'intimazione e quello dell'udienza devono interocorrere termini liberi non minori di venti giorni. E' comunque previsto che i termini possano essere abbreviati fino alla metà. Le parti si costituiscono, quanto all'attore, depositando in cancellleria l'intimazione con la relazione di notificazione e, quanto al convenuto, con una comparsa di risposta. Nel contempo, secondo l'art 662 cpc, gli effetti dell'intimazione cessano se il locatore non compare all'udienza fissata nell'atto di citazione. Il carattere sommario del procedimento non prevede che all'udienza si svolgano specifiche attività. Semplicemente, se l'intimato non compare o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto e dispone con ordinanza in calce alla citazione l'apposizione su di essa della formula esecutiva. Il giudice deve ordinare che sia rinnovata la citazione, se risulta o anche ssoltanto appare probabile che l'intimato non ne abbia avto conoscenza non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore. Inoltre, nell caso che l'intimato non sia comparso, la formula esecutiva ha effetto solo dopo trenta giorni dalla data in
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