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Riassunto diritto processuale civile, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Riassunto del Manuale fino al processo contumaciale diviso per argomenti integrato con lezioni di tutorato

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 03/09/2021

luliluli92
luliluli92 🇮🇹

4.5

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7 documenti

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Scarica Riassunto diritto processuale civile e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! INTRODUZIONE I conflitti tra privati si aprono quando viene meno l'obbligo di Cooperazione, che Grava su ciascun consociato, affinché i diritti altrui si realizzino. Qualche volta l'obbligo di cooperazione si sostanzia in un obbligo diretto che un soggetto può avere nei confronti di un altro + i cd diritti relativi; altre volte l'obbligo di Cooperazione non è un obbligo diretto, ma è un obbligo indistinto in quanto si è in presenza di un diritto fatto valere erga omnes. Quando i rapporti tra privati entrano in crisi per difetto di Cooperazione, è necessario risolvere il conflitto + il codice civile offre uno strumento, il cosiddetto contratto di transazione: contratto con il quale le parti risolvono o prevengono liti attuali o future facendosi reciproche concessioni. E' uno strumento che resta nel diritto privato perché la sua attuazione è affidata all'accordo delle parti. In ossequio al principio di sussidiarietà, quando tale strumento non funziona, l'ordinamento esige l'entrata in scena di un soggetto terzo che risolve il conflitto — il giudice decide così la controversia imponendo Alle parti la propria decisione come soluzione del conflitto. In particolare, il giudice interviene se una delle parti si rivolge allo stesso — è pertanto necessaria domanda di parte. L'articolo 24 cost dice che Tutti hanno diritto di rivolgersi ad un giudice per ottenere tutela dei propri diritti e dei propri interessi rivolgendosi rispettivamente al giudice civile e al giudice amministrativo. Il processo è uno strumento di effettiva tutela, per questo l'ordinamento Individua una branca del diritto che prende il nome di esecuzione civile, la cui finalità È quella di realizzare in maniera coattiva quei diritti di fronte ai quali ancora permane L'ostinazione di colui che dovrebbe cooperare ad adempiere. Oggi il problema che affligge il processo è la durata, in quanto esso è lento e inefficace. Il legislatore è intervenuto più volte per riformare il 2 codice di procedura civile del 1940, inseguendo l'obiettivo dell'efficienza laddove il processo dovrebbe fornire una risposta alla domanda posta al giudice — la pronuncia di merito è l'obiettivo del processo. TUTELE Le tutele riconosciute dall'ordinamento possono essere racchiuse in quattro gruppi: 1) tutele di cognizione ordinaria 2) Tutele esecutive 3) tutele cautelari 4) tutele camerali — TUTELE COGNITIVE: Possono condurre all'emanazione di provvedimenti di merito idonei alla formazione del giudicato + l'articolo 2909 CPC) stabilisce il cosiddetto giudicato sostanziale, che presuppone la non impugnabilità della sentenza, al fine di imporre il provvedimento contenuto nella sentenza del giudice come regola incontestabile dei rapporti tra le parti, conferendo così a questi certezza giuridica. — pertanto, il provvedimento passato in giudicato è inattaccabile. I provvedimenti che possono passare in giudicato sono quelli di cognizione ordinaria e sono provvedimenti: - di accertamento (si limita a dire chi è il titolare del diritto); - di condanna (reca in sé un contenuto di accertamento, ma anche un contenuto di modifica della realtà sostanziale); - costitutivi (che modifica la situazione sostanziale preesistente). — TUTELE ESECUTIVE: si tratta di una tutela operativa perché esegue un comando contenuto in un provvedimento di tutela cognitiva. ma che realtà rispondono a situazioni di fatto diverse e quindi necessitano di un diverso trattamento . Oltre a queste due metanorme, vi sono altre norme costituzionali che riguardano il processo civile. In particolare: c) Articolo 111 della Costituzione+— la cui ratio è quella di garantire il cd. Giusto processo, cioè un processo che tenga conto dei diritti delle parti e li garantisca. In realtà è una norma Che contiene diversi principi oltre al giusto processo (ad esempio il principio dell'imparzialità e della terzietà del giudice, parità di armi eccetera). Infatti, con tale articolo, il legislatore ha voluto recepito nel nostro ordinamento i principi del diritto internazionale (di cui all'articolo 6 della CEDU). D'altronde le norme sull'organizzazione del processo, che rappresentano i principi regolatori del processo ai quali si deve ispirare il legislatore ordinario, sono norme sia risultanti dal recepimento di principi di diritto internazionale convenzionale sia di principi costituzionali. La Costituzione contiene norme sull'organizzazione del potere giudiziario, cioè le norme che regolano l'esercizio della giurisdizione, e sono norme che da un lato regolano il riparto della giurisdizione e dall'altro invece disciplinano l'organizzazione vera e propria della Magistratura. Dal punto di vista del riparto, il Costituente non riuscì a pervenire ad un'unità delle giurisdizioni — abbiamo così da un lato la giurisdizione ordinaria e dall'altro le giurisdizioni speciali che preesistono alla Costituzione. In magistratura vi si accede per concorso; il magistrato è soggetto soltanto alla legge nell'esercizio delle sue funzioni — Si tratta di un principio di pari ordinazione. — FONTI DEL DIRITTO EURO-COMUNITARIO: Si tratta di fonti che hanno diretta applicazione nell'ordinamento. Tuttavia l'unione non può sostituirsi al giudice ordinario; Infatti le 6 competenze dell'Unione Europea in materia civile sono definite dai Trattati e sono quelle competenze volte ad implementare la cooperazione in materia civile tra gli stati membri. — LEGGE ORDINARIA (cpc. e leggi speciali): Il codice di procedura civile è stato promulgato nel 1940 ma nel tempo ha subito numerose modifiche tutte volte ad ottenere l'efficacia del processo civile. In particolare, per limitare la durata del processo, il legislatore del 1990 ha introdotto un regime rigido di preclusioni: cioè termini perentori che impongono di svolgere attività processuali entro certi limiti temporali. Tali modifiche in concreto non hanno raggiunto lo scopo, per questo motivo il legislatore è intervenuto successivamente, migliorando il regime delle preclusioni E allargando il numero dei riti e dei modelli che possono essere applicati per arrivare alla decisione. Così tra il 2009 e il 2011 si è assistito ad una riorganizzazione dei riti speciali, inglobandoli in un unico testo, il cosiddetto decreto legislativo 150 del 2011. — inrealtà, in diritto vigente è il risultato dell'elaborazione giurisprudenziale. La Cassazione, Infatti, assicura l'esatta osservanza e l'uniforme applicazione della legge processuale su tutto il territorio nazionale. Infatti, chi gestisce quotidianamente il processo, in caso di dubbi circa l'applicazione di una norma, si rifà alla pronuncia della Cassazione. Dunque i principi del processo elaborati dalla Cassazione rappresentano una vera e propria fonte della materia. — La consuetudine e la prassi Ex art. 8 Preleggi, nelle materie regolate dalle leggi (come è sicuramente la materia processuale) gli usi hanno efficacia solo in quanto da esse richiamati. Nel settore processualcivilistico è però assai raro che una norma richiami un uso: si suole citare l’art. 531 co. 1° c.p.c., in base al 7 quale la vendita dei frutti pendenti non può essere disposta se non per il tempo della loro maturazione, salvo diverse consuetudini locali. Le prassi giudiziarie sono, per contro, quei modelli comportamentali o indirizzi (talora anche formalmente sanciti in circolari e in altri atti organizzatori dei capi degli uffici giudiziari o del ministero della giustizia) ai quali si attengono i magistrati nella conduzione del processo o di singoli momenti di esso, ovvero i capi degli stessi uffici nell’assegnazione degli affari ai singoli magistrati: * si pensi ai c.d. protocolli sullo svolgimento delle udienze che sono stati redati da gruppi di magistrati e di avvocati e che dovrebbero spingere questi ultimi a tenere comportamenti “virtuosi” e uniformi e si pensi anche alle c.d. prassi virtuose (best practises) invalse in molti uffici giudiziari al fine di migliorare l'efficienza delle procedure esecutive, molte delle quali sono state recepite dalle riforme processuali degli anni più recenti. Le prassi non possono certamente essere considerate fonti del diritto processuale civile in senso tecnico, né sono vincolanti per magistrati ed operatori. Ciò nonostante, in alcuni casi (naturalmente a condizione che non si traducano in comportamenti contra legem) esse possono esprimere e raccogliere criteri-guida di carattere generale utili a favorire la razionalizzazione e il recupero di efficienza del lavoro degli uffici giudiziari. — Il c.d. diritto vivente Con questa espressione si vuole richiamare il fenomeno che si verifica quando l’interpretazione ed applicazione giudiziaria della legge si consolida nel tempo attraverso la formulazione di regole e di principi non scritti, ma largamente condivisi, che, ponendosi come punto di 10 regolamenti), sicchè è onere della parte del processo allegare e dimostrare dinanzi al giudice il contenuto di tali norme. — Il principio tempus regit actum L'efficacia nel tempo delle norme processuali è governata dal principio “tempus regit actum”: salva diversa disposizione di legge, al singolo atto del processo si applica la norma processuale vigente nel momento in cui esso viene posto in essere e non la norma sopravvenuta. Il discorso si intreccia con la problematica degli effetti della dichiarazione di incostituzionalità della norma processuale: infatti, se la caducazione della norma costituisce effetto direttamente riconducibile alla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale e comporta il divieto di applicare in futuro la norma dichiarata illegittima, gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità non si limitano ai rapporti futuri, ma riguardano anche quelli pendenti. Perciò si può escludere che il principio in esame, che regola la successione nel tempo delle leggi processuali, sia riferibile alla dichiarazione di illegittimità costituzionale, la quale, essendo non una forma di abrogazione, ma una conseguenza della sua invalidità originaria, ha efficacia retroattiva e trova il suo limite nella già intervenuta formazione del giudicato o comunque in fenomeni che si risolvono nel definitivo consolidamento degli effetti processuali già prodotti dalla norma poi dichiarata illegittima. 11 PRINCIPI (ART 24 COST) — ART 24 COST: L'articolo 24 Al comma 1 sancisce il diritto di agire in giudizio > quindi il diritto di azione è un diritto costituzionalmente previsto e tutelato al massimo livello delle Fonti. L'oggetto del diritto di azione è la tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi — Questo apre una finestra sul profilo del riparto della giurisdizione perché l'articolo 24 afferma che “tutti possono agire per la tutela di diritti soggettivi e interessi legittimi”, ma non indica dinanzi a quale giudice si deve agire, non distingue cioè tra giudice dei diritti e giudice degli interessi. Allora per riempire di contenuto questa affermazione di carattere generale, occorre riferirsi agli articoli 101 e successivi della Costituzione. Questo perchè nell'assemblea costituente si discusse molto circa il tema dell'unità della giurisdizione e si decise di creare una giurisdizione generale ordinaria e di mantenere i giudici speciali. Dunque l'articolo 24 riceve nella seconda parte della Costituzione una sua più concreta attuazione. - co 2: “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento” — Non è possibile limitarlo o eliderlo in alcun modo, nemmeno mediante procedimenti di revisione costituzionale. - co 3: Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. — ART 102 COST: - sancisce al co 1 che “la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario” — si tratta quindi di una giurisdizione di carattere generale che abbraccia tutte le competenze ed è regolata dalla legge ordinaria — le norme sull'ordinamento giudiziario si rinvengono nel regio decreto numero 12 del 1942. 12 AI co. 2 l'articolo 102 chiarisce, poi, che ‘“non possono essere istituiti giudici straordinari o speciali”. In realtà, questo divieto costituisce un corollario dell'articolo 25 della Cost. che al comma 1 sancisce che “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”. Pertanto, la parola di collegamento è “precostituito”, cioè il giudice è previsto dalla legge prima che la controversia sorga. In realtà, il divieto di istituire giudici straordinari o speciali vale solo per l'avvenire e non ha carattere retroattivo; dunque si fa divieto di istituire nuovi giudici speciali, ma non si riferisce a quei giudici speciali che preesistevano alla Costituzione e di cui si occupa l'articolo 103 che fa riferimento al Consiglio di Stato e agli altri organi di giustizia amministrativa. Quindi se raccordiamo il primo comma dell'articolo 24 con il primo comma dell'articolo 103 possiamo dedurre che: esiste un giudice generale dei diritti soggettivi che rientra nella giurisdizione ordinaria, ed è quello istituito e regolato dalle leggi sull'ordinamento giudiziario. - La Costituzione attribuisce al giudice ordinario la tutela dei diritti soggettivi, o meglio la tutela di tutte quelle situazioni giuridiche non attribuite ai giudici speciali. - Alle giurisdizioni speciali è rimessa la tutela degli interessi legittimi e di specifiche situazioni soggettive, individuate dalla legge. In particolare, l'articolo 103 della Costituzione individua le tre tipologie di giurisdizioni speciali preesistenti alla Costituzione: 1) Consiglio di Stato e altri organi di giustizia amministrativa — (Si tratta di una norma aperta, Infatti sono stati istituiti altri organi amministrativi successivi alla Costituzione, ad esempio il TAR). Tale previsione deve essere letta in correlazione con il codice del processo amministrativo, la legge 104 del 2010 che all'articolo 7 chiarisce che la tutela degli interessi legittimi nei confronti della pubblica amministrazione riguarda tutti gli atti, i 15 contraddittorio, costituente uno dei principi cardine del processo civile e che si configura come presupposto e modalità di esercizio del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost.. Inteso in questi termini, alle parti deve essere garantita la possibilità effettiva di partecipare al processo, nonché di influire sul suo svolgimento e sul contenuto della decisione. Sebbene la norma riferisca la garanzia del contraddittorio al solo momento della instaurazione del processo, è pacifico che il contraddittorio debba essere rispettato in ogni stato e grado del processo (è necessaria, dunque, non solo la citazione, ma anche la comparizione di coloro nei cui confronti è proposta la domanda giudiziale). > Quindi, occorre che l'atto introduttivo si ha portato a conoscenza della controparte e il sistema è quello della notificazione (che può realizzarsi a mezzo dell'ufficio giudiziario o direttamente per mano dell'avvocato tramite servizio postale o tramite PEC). L'atto introduttivo, dunque, a seconda dei casi previsti dalla legge, può assumere la forma dell'atto di citazione o del ricorso. A seconda che si instauri con ricorso o con atto di citazione, si ha un diverso meccanismo di instaurazione del contraddittorio. In particolare: - se inizia conatto di citazione — l'atto viene consegnato all'ufficio giudiziario o spedito tramite posta o tramite PEC. Il contraddittorio si instaura in maniera diretta, senza passare attraverso il giudice —> dopo la notifica, l'avvocato provvede all'iscrizione al ruolo. Il cancelliere consegna la documentazione al giudice e il processo può iniziare. La particolarità dell'atto di citazione è che l'attore cita Il convenuto a comparire davanti al giudice per una data di udienza che egli stesso fissa. - seinizia con ricorso — Il ricorso non viene subito notificato, ma vieni prima depositato in cancelleria davanti al giudice, perchè non contiene l'indicazione di un'udienza alla quale il 16 convenuto deve comparire ma contiene una richiesta rivolta al giudice di fissarla. Dopo che il giudice avrà letto il ricorso e fissato l'udienza, l'avvocato si incaricherà di notificare il ricorso e il provvedimento con cui il giudice ha fissato l'udienza al convenuto e in quel momento si instaura il contraddittorio. — quindi l'articolo 101 comprende sia la citazione che il ricorso. - Poi, l'articolo 101 CPC, oltre a prevedere una regolare citazione, afferma che il giudice non può decidere se la controparte “non è comparsa” — con ciò si intende che la parte ‘non è stata messa nelle condizioni di comparire”. Questo perché Il convenuto è libero di presentarsi o meno, perché nel processo civile è ammessa la contumacia — Non vi è quindi l'obbligo di costituirsi nel processo e se il convenuto decide di non costituirsi, il giudice deve verificare se l'atto introduttivo è stato regolarmente notificato. In particolare: - se l'attore non ha rispettato tutte le norme per la notificazione dell'atto introduttivo, la notifica è nulla o inesistente e il giudice non potrà decidere ex articolo 101 CPC ma dovrà ordinare all'attore o al suo avvocato di rinotificare l'atto per una nuova udienza; - Se, invece, il giudice riscontra che l'atto è stato regolarmente notificato, il processo può continuare anche senza il convenuto, il quale pur non presentandosi, non sarà sottratto agli effetti della decisione finale del giudice. In ogni caso, il convenuto che non si costituisce alla prima udienza, potrà sempre farlo successivamente fino a quando non interverrà la decisione. NB: Quindi, L'atto di citazione introduce il processo di cognizione ordinaria, il ricorso introduce il rito semplificato di cognizione 17 (rispettivamente agli articoli 163 e seguenti e gli articoli 702 bis e seguenti CPC). L'articolo 101, poi, con l'inciso ‘ Salvo che la legge disponga altrimenti” vuole consentire, in casi eccezionali e tassativamente previsti, UN CONTRADDITTORIO DIFFERITO, in cui appunto l'instaurazione del contraddittorio è solo differita. Come ad esempio nel caso: a) del PROCEDIMENTO MONITORIO (o INGIUNTIVO) di cui agli articoli 633 e seguenti CPC. Innanzitutto, per ottenere un decreto ingiuntivo si scrive un ricorso presentato da un soggetto che: i) vantidiessere titolare di un credito, determinato, liquido ed esigibile, rimasto inevaso; ii) echeilcredito vantato sia fornito di adeguata prova scritta. — Il ricorso e i documenti che assistono il credito vengono depositati nella Cancelleria del giudice e viene chiesto di ingiungere al debitore il pagamento del credito tramite emissione di decreto ingiuntivo. Diversamente da un comune ricorso, il giudice non ritenendo di rigettare la domanda, l'accoglie emanando un decreto ingiuntivo col quale ordina al debitore di pagare il credito. Il giudice assume la decisione di ingiunzione “inaudita altera parte”, cioè senza contraddittorio in quanto la controparte non è messa in condizione di difendersi rispetto alla domanda dell'attore. Tale procedimento è legittimo dal momento in cui è previsto il recupero del contraddittorio in un secondo momento. Infatti, il decreto ingiuntivo non dà accesso immediato al giudizio di esecuzione per aggredire il patrimonio del debitore e soddisfare il credito. Effettuato il deposito in 20 PROCEDIMENTO E PROCESSO: La giurisdizione civile si attua attraverso provvedimenti finali, di procedimenti e di processi — laddove per “procedimento” s'intende una serie di fatti o atti preordinati e coordinati in funzione di un determinato effetto; mentre per processo s’intende un insieme di fatti o atti preordinati e coordinati in funzione di un determinato effetto. - Il concetto “procedimento” non va confuso con quello di “fattispecie complessa”: con il “procedimento” ci si riferisce all'assetto dinamico e di formazione della fattispecie complessa. La fattispecie complessa non è mai un procedimento perché l’effetto o gli effetti finali sono prodotti da + atti o fatti e non dal solo atto finale. - Il termine “processo” viene usato di solito per definire ogni procedimento il cui atto finale sia esercizio di funzione giurisdizionale necessaria, cioè di funzione giurisdizionale che non può mancare nell'ordinamento, essendo il legislatore vincolato ad istituirla ed affidarla ai giudici dello Stato. Il termine “processo” viene spesso esteso anche ai procedimenti giudiziari il cui atto finale sia esercizio di funzione giurisdizionale non necessaria. - In questa confusione di linguaggi l’unico dato certo è che il diritto positivo non usa la parola “processo” per definire procedimenti che non siano giudiziari, cioè nei quali non operi il giudice e la riserva prevalentemente a quei procedimenti giudiziari le cui funzioni finali sono di giurisdizione necessaria. I procedimenti in parola hanno come caratteristica essenziale la partecipazione paritaria alle attività procedimentali (che concorrono a produrre l'atto finale) dei soggetti che ne sono destinatari (cioè le parti) in contraddittorio tra loro. 21 — I PRINCIPI DEL GIUSTO PROCESSO L'espressione “GIUSTO PROCESSO” — deriva dalla parola anglosassone ‘“ due process of law” che ha le sue radici nella Magna Carta e rappresenta una garanzia ineguagliabile di legalità. La legge costituzionale del giusto processo, legge numero 2 del 1999, ha introdotto una serie di nuovi commi all'art 111 cost. In particolare Individua come principi del giusto processo, applicabili ad ogni tipo di processo (civile, penale o amministrativo), quelli del contraddittorio e della parità delle parti; del giudice terzo ed imparziale e della ragionevole durata del processo. Inoltre, si ritiene che pure la garanzia che il soggetto disponga del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la propria difesa debba costituire punto di riferimento per il legislatore ordinario nel predisporre qualsiasi normativa processuale. — Principio della ragionevole durata del processo ART 111 COST sancisce ai commi 1 e 2 che: “ La giurisdizione si attua mediante è giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”. L'art. 111 Cost. co 2 prevede tra le garanzie del giusto processo anche il principio della ragionevole durata dello stesso ed affida alla legge ordinaria il compito di assicurarne l'effettiva attuazione. Esso assume una duplice valenza: - Da un lato, attiene ai tempi della procedura in senso stretto, considerando il momento iniziale e finale del procedimento; - dall'altro esso viene evocato in relazione all'introduzione nell'ordinamento di rimedi deflattivi del giudizio ordinario e di forme di risoluzione delle controversie alternative alla giurisdizione tali da favorire l'abbreviazione della durata media dei processi. 22 Pertanto, Il principio di ragionevolezza esige che il processo si svolga in maniera rapida e che le parti siano poste in grado di esercitare effettivamente le proprie difese, in quanto l'effettività della tutela giurisdizionale può risultare compromessa tanto dall'eccessiva durata del processo quanto dell'eccessiva brevità dei termini entro i quali le attività processuali devono essere compiute a pena di decadenza. — Legge Pinto (a tal proposito) La Corte europea dei diritti dell'uomo ha chiarito che il carattere di ragionevole della durata di un processo deve essere valutato in rapporto alla complessità del giudizio. Per questo motivo, la legge 89 del 2001, cosiddetta legge Pinto, ha riconosciuto il diritto ad un'equa riparazione in favore di chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale in conseguenza del mancato rispetto del termine ragionevole. Tale diritto deve essere azionato dal soggetto interessato instaurando un processo tipicamente contenzioso, che ha ad oggetto un diritto soggettivo per il cui svolgimento la legge Pinto ha preso a riferimento il cd. modello camerale. La domanda di riparazione può essere proposta durante la pendenza del procedimento in cui si assuma verificata la violazione o, a pena di decadenza, entro 6 mesi dal momento in cui la decisione è divenuta definitiva. La Corte di Appello, nella accertare la violazione, tiene conto della complessità del caso e del comportamento delle parti e del giudice. Il termine ragionevole si considera rispettato se il processo non eccede la durata di 3 anni per il 1° grado, 2 anni per l'appello, un anno per il giudizio di legittimità — ai fini del computo della durata, il processo si ritiene iniziato con il deposito del ricorso introduttivo del giudizio o con la notificazione dell'atto di citazione. La determinazione dell'indennità dovuta va fatta dal giudice con valutazione equitativa secondo il suo apprezzamento con riferimento alle circostanze del caso concreto e in ogni caso non può essere superiore al valore della causa 0, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice. L'equa riparazione a titolo di 25 un corollario del diritto di agire e difendersi in giudizio sancito dallo stesso art. 24 al co. 1° e che rientra nei principi del giusto processo. Le ristrettezze del bilancio pubblico hanno tuttavia resto gli istituti del patrocinio a spese dello Stato di limitata applicazione nel corso della storia repubblicana. Attualmente la materia è disciplinata negli artt. 76 ss. del d.P.R. 115/2002 (testo unico in materia di spese di giustizia). Le norme prevedono che possa essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a € 10.766. L'istanza di ammissione al patrocinio può essere presentata in ogni momento del processo con domanda rivolta al consiglio dell'ordine degli avvocati del luogo in cui ha sede il magistrato dinnanzi al quale pende il processo. Chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore tra gli scritti negli elenchi istituiti presso i consigli dell'ordine degli avvocati, mentre l'onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall'autorità giudiziaria. Infatti il difensore nominato non può chiedere e percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualunque titolo. Ogni patto contrario è nullo e la violazione del divieto costituisce grave illecito disciplinare. Il beneficio del patrocinio a spese dello stato è esteso anche agli stranieri che regolarmente soggiornano sul territorio italiano. 26 GIURISDIZIONE —Definizione: Ogni ordinamento deve prevedere la possibilità per il cittadino, il quale ritiene che un proprio diritto o interesse abbia subito (o stia per subire) una lesione dal comportamento o dall’omissione altrui, di rivolgersi al giudice dello Stato affinchè, a conclusione di un processo regolato dalla legge, sia accertata la (eventuale) sussistenza della lesione o la fondatezza della pretesa e si ristabilisca il diritto violato. Quindi, in questo senso lo stato svolge la cd funzione giurisdizionale, che si pone in posizione di netta autonomia rispetto alla legislazione e all’amministrazione. In particolare, la giurisdizione è una delle 3 funzioni tipiche in cui si esplica la “sovranità dello stato”, consistente nella potestà pubblica diretta a garantire la concreta applicazione delle norme stabilite dal potere legislativo in via generale ed astratta. — In altre parole è il potere che la Costituzione la legge affidano al giudice di decidere le controversie. — Caratteristiche: Le caratteristiche del potere giurisdizionale sono: 1. Imparzialità 2. Terzietà — In realtà questi due elementi non possono dirsi distintivi in quanto caratterizzano anche gli altri poteri dello Stato punto 3. il 3° elemento che caratterizza, e distingue, il potere giurisdizionale è rappresentato dal cd. principio dell’assogettività — infatti, quando il giudice emana un provvedimento, esso non è riferibile al potere giudiziario, non esprime, cioè, la volontà del giudice + Il giudice deve applicare la legge. Dunque, il provvedimento è riferibile all'ordinamento nel suo complesso. Questo inevitabilmente comporta l'assenza di una gerarchia interna alla magistratura: si parla quindi di indipendenza interna ed esterna. 27 — Nozione giurisdizione civile Alla nozione di giurisdizione civile si giunge in senso negativo, per il tramite del combinato disposto degli artt. 24, 103 e 113 Cost., nel senso che è civile ogni funzione giurisdizionale (anche non necessaria) che non sia penale o amministrativa. A tal proposito: * si dice giurisdizione penale quella preordinata all'accertamento ed alla repressione dei reati, cioè all'applicazione delle pene * si dice giurisdizione amministrativa quella normalmente (ma non esclusivamente) preordinata alla tutela degli interessi legittimi nei confronti della PA e che si realizza con l'invalidazione di atti amministrativi e con decisioni che vincolano la stessa amministrazione a determinati comportamenti. Per comprendere cosa si intende per interesse legittimo, si pensi al classico esempio del provvedimento amministrativo di espropriazione per pubblica utilità: qui il diritto di proprietà del privato (che in sé è un diritto assoluto tutelabile erga omnes) deve cedere di fronte alla valutazione, compiuta dall’amministrazione, circa la destinazione del bene alla pubblica utilità, e diventa per ciò stesso materia di interesse legittimo. In altre parole, il soggetto privato non potrà far valere dinanzi al giudice civile la compressione del diritto assoluto di proprietà sul bene oggetto di un provvedimento di espropriazione, ma dovrà rivolgersi al giudice amministrativo per ottenere la tutela dell'interesse legittimo a che l’azione del potere pubblico, limitatrice del suo diritto, si svolga secondo i canoni e i principi legali. A tal proposito, è importante rilevare che, sulla base di quanto dispone l'art. 1 c.p.c.: 30 Ordinariamente, il tribunale giudica in composizione monocratica ma, in alcuni casi, indicati dalla legge, giudica in composizione collegiale, con l'intervento di 3 giudici. Presso il tribunale siedono le sezioni specializzate. Il tribunale esercita le sue funzioni in un ambito territoriale che prende il nome di circondario. In ogni circondario vi è un solo tribunale, ma diversi uffici del Giudice di Pace. Ciascun tribunale fa capo ad una corte d'appello. Corte d'Appello: Ha giurisdizione in un ambito territoriale che prende il nome di distretto. Nella maggior parte dei casi svolge la funzione di giudice di impugnazione contro le sentenze del tribunale. In realtà la Costituzione non prevede il giudizio di appello, ma contro i provvedimenti civili è garantito unicamente il ricorso in Cassazione. Infatti dall'articolo 111 della Costituzione ricaviamo che vi deve essere un giudice di primo grado ed un giudice di impugnazione (Corte di Cassazione) che può essere coinvolto solo se il provvedimento del giudice Inferiore viene impugnato per violazione di legge. Quindi il grado di appello non è previsto dalla costituzione ma dal legislatore ordinario. Per quanto riguarda la composizione, la Corte d'Appello giudica in composizione collegiale (è collegiale anche la fase istruttoria). Corte di Cassazione: ha un ufficio unico con sede a Roma ed esercita le sue funzioni, sull'intero territorio nazionale, dirette ad assicurare ‘l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, nonchè l'unità del diritto obiettivo nazionale (c.d. nomofilachia), il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni, il regolamento dei conflitti di competenza e le altre funzioni ad essa attribuite dalla legge”. Essa è posta al vertice della giurisdizione ordinaria ed è giudice di legittimità, nel senso che ha il potere di sindacare l'applicazione che della legge hanno fatto i giudici di merito. E’ giudice per motivi di violazione di legge dei 31 provvedimenti del giudice di merito. Inoltre, possono essere impugnate in Cassazione le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti solo per motivi di giurisdizione. — Status del giudice Per “status del giudice” Si intendono tutte le garanzie di indipendenza e di autonomia che contraddistinguono la magistratura in quanto tale. In particolare la magistratura si configura come indipendente sia da un punto di vista esterno che interno: - Indipendenza esterna: intesa come indipendenza da qualsiasi altro potere o soggetto dell'ordinamento — L'art. 104 Cost. istituisce un organo di autogoverno della magistratura, il Consiglio superiore della magistratura, presieduto dal Presidente della Repubblica, cui l'art. 105 assegna la competenza in ordine all'adozione di provvedimenti relativi alle assunzioni, alle assegnazioni, ai trasferimenti, alle promozioni e ai provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati. - Indipendenza interna: Indipendenza del singolo giudice nell'esercizio delle sue funzioni da qualsiasi interferenza interna alla magistratura stessa. — L'art. 107 co. 1° prevede che i magistrati ‘sono inamovibili” e ‘’non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altri sedi o funzioni se non in seguito a decisione del CSM, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso”. Inoltre, secondo il co. 3°, i magistrati si distinguono fra loro “soltanto per diversità di funzioni”, senza che possano sorgere rapporti di subordinazione gerarchica fra gli stessi. NB: L'indipendenza e l'autonomia riguardano i rapporti dei giudici con gli altri poteri dello stato e con gli altri magistrati; l'imparzialità 32 riguarda i rapporti tra il giudice e le parti e il giudice e l'oggetto del processo — Il giudice deve essere equidistante dalle parti e disinteressato rispetto alla controversia di cui deve decidere. — I giudici speciali L'art. 102 co. 1° Cost. fissa due importanti principi generali dell'ordinamento giudiziario: * ai magistrati ordinari non spettano altre funzioni che quelle giurisdizionali, per deve definirsi processo ogni procedimento il cui atto finale provenga da un magistrato ordinario e le funzioni giurisdizionali non spettano ad organi diversi dai magistrati ordinari. A questo principio fanno eccezione i casi in cui le funzioni giurisdizionali siano affidate a giudici speciali: la Costituzione stessa (artt. 102, 103, 108, 125, VI disp. trans.) ne riconosce l'esistenza accanto alla magistratura ordinaria. Tra i giudici speciali vanno ricordati, oltre a quelli di giurisdizione amministrativa (Tribunale amministrativo regionale e Consiglio di Stato), la Corte dei conti, il Tribunale superiore delle acque pubbliche, le commissioni tributarie, i commissari regionali per la liquidazione degli usi civici, i tribunali militari. Tali organi concorrono, insieme a quelli della giurisdizione ordinaria, a formare una piramide al cui vertice si colloca la Corte di Cassazione. A quest'ultima l'art. 111 Cost. affida il giudizio ultimo su ogni “violazione di legge”, anche nei riguardi dei provvedimenti adottati dai giudici speciali. Con riferimento, però, ai poteri riconosciuti al Consiglio di Stato e alla Corte dei conti, la Cassazione è giudice ultimo della delimitazione della sfera di attribuzioni propria di ogni giurisdizione, potendo essere investita della funzione di decidere su eventuali contestazioni che investono la spettanza del potere giurisdizionale di 35 delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, anche per ampi settori del contenzioso intrasocietario (per esempio le cause relative ai rapporti societari). I processo dinnanzi al tribunale delle imprese si svolge secondo le medesime regole che governato il giudizio di 1° dinnanzi al tribunale. — I magistrati onorari Il co. 3° dell'art. 102 Cost. stabilisce che la legge regola i casi e le forme della “partecipazione diretta” del popolo all'amministrazione della giustizia. Tra questi casi e forme può rientrare sicuramente anche l'istituzione di magistrature onorarie, che si realizza con l'attribuzione di funzioni giurisdizionali a cittadini che, per la loro estrazione (cioè per l'appartenenza ad una pluralità di settori non necessariamente omogenei della società) e per le modalità del loro reclutamento (che deve presupporre forme di selezione aperte a tutti) siano effettivamente espressione di quella partecipazione popolare. L'art. 106 co. 2° Cost. riserva la qualifica di magistrati onorari solo a giudici non di carriera e pertanto temporanei, che esercitino funzioni monocratiche, da nominarsi, mediante elezione, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario. Quindi, in attuazione della norma costituzionale, l’art. 4 ord. giud. prevede, accanto ai magistrati togati (che esercitano le funzioni giurisdizionali professionalmente, altri magistrati cd onorari che sono investiti temporaneamente e “a titolo onorario” di specifiche funzioni giudiziarie. In particolare, la norma include: * i giudici di pace * gli esperti del tribunale e della sezione dei corte d'appello peri minorenni * gli assessori (oggi giudici popolari) della corte d'assise * i giudici onorari di tribunale. 36 e Successivamente, la 1. 98/2013, al fine di agevolare la definizione dei procedimenti civili davanti alle corti d'appello, ha introdotto una nuova categoria di magistrati onorari, costituita dai giudici ausiliari, da reclutare tra i magistrati ordinari, contabili e amministrativi e gli avvocati dello Stato, a riposo da non più di 3 anni. La nomina ha la durata di 5 anni, prorogabili per non più di 5. Il giudice ausiliario deve definire, nel collegio in cui è relatore, almeno 90 procedimenti per anno. L'incarico del magistrato onorario ha natura inderogabilmente temporanea e deve svolgersi in modo da assicurare la compatibilità con lo svolgimento dell'attività lavorativa o professionale e non determina, in alcun modo, un rapporto di pubblico impiego. A tal fine, non può essere richiesto un impegno superiore a 2 giorni a settimana. — Motivazione dei provvedimenti L'art 111 co 6 cost Prevede che “Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati”. In particolare, la motivazione si sostanzia nella enucleazione del ragionamento logico e giuridico che ha guidato il giudice verso la decisione adottata. Fsso costituisce una conquista fondamentale per le parti del processo e, in special modo, per quella soccombente che, presa visione della motivazione, può scegliere se sottoporre la decisione all'esame di un giudice superiore. Il vincolo costituzionale della motivazione copre i provvedimenti aventi carattere decisorio. In particolare: - la SENTENZA che richiede una motivazione concisa, è pronunciata In nome del popolo, reca l'intestazione di Repubblica Italiana e deve contenere l'indicazione del giudice che l'ha pronunciata, delle parti e dei loro difensori; oltre che alle conclusioni del PM, data e sottoscrizione del giudice. Deve contenere la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione 37 - L'ORDINANZA dev'essere succintamente motivata, limitata cioè all'essenziale; - IL DECRETO non richiede motivazione, salvo non sia prescritta dalla legge (come ad esempio per il decreto ingiuntivo). La motivazione deve sempre far emergere la “ratio decidendi” (la ragione del decidere) che è il contenuto necessario di ogni motivazione a prescindere dall'estensione che la motivazione assume. — Conflitti di attribuzione Caratteristica fondamentale dell’atto giurisdizionale e dei suoi effetti è che essi vadano riferiti non ad uno o più soggetti dell'ordinamento, ma all'ordinamento nella sua oggettiva universalità. Ciò comporta che la magistratura non potrebbe mai essere nei conflitti di attribuzione. Infatti, secondo l’art. 134 Cost. i conflitti di attribuzione insorgono “tra i poteri dello Stato”, cioè tra organi di diversi settori dello Stato-apparato autoritario e sono: - positivi, quando più organi costituzionali dello Stato si dichiarano tutti competenti a provvedere su una determinata materia con la conseguenza che possono condurre ad un invasione nella sfera di competenza di altri organi; - o negativi, quando tutti si considerino incompetenti con la conseguenza che si risolvono in un attività che impedisce la soddisfazione del pubblico interesse . La Corte Costituzionale è, in base all'art. 104 Cost., giudice di tutti i conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato. La funzione giurisdizionale, in quanto concreta attuazione dell'ordinamento, non è imputabile ad uno o più soggetti dello stesso. Ora, anche se l'estraneità della magistratura ai poteri dello Stato è diffusamente negata in sede teorica, si è consolidato nella giurisprudenza costituzionale l'opposto principio che considera le 40 per l'instaurazione del processo davanti al giudice, in mancanza del quale esso non potrà dirsi correttamente instaurato. — la perpetuatio juridictionis L’art 5 cpc statuisce che la giurisdizione (come del resto la competenza) si determinano, devono sussistere e vanno accertate con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della pendenza della lite, cioè al momento della proposizione della domanda giudiziale e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato stesso + la norma sancisce così il principio della perpetuatio iuridictionis, in base, quindi, al quale la giurisdizione e la competenza vengono determinati con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della proposizione della domanda. Tale principio è stato elaborato proprio per evitare che si producano in danno delle parti effetti pregiudizievoli riconoscendo la possibilità di incidere sul processo già instaurato ai mutamenti di fatto e di diritto intervenuti successivamente alla domanda, con l'effetto di caducare la giurisdizione o la competenza del giudice adito. Così facendo, infatti, si vanificherebbe la garanzia del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.). - L'art 5, in realtà, è stato così modificato con la 1. 353/1990; infatti, prima della sua entrata in vigore, l'art. 5 enunciava il principio secondo il quale la giurisdizione (e la competenza) si determinano con riguardo solo allo ‘stato di fatto” e non anche di diritto. Dunque, oggi, all'atto della proposizione della domanda e della pendenza della lite viene a prodursi l'effetto processuale di tenere fermi per tutto il corso del processo (e anche negli eventuali gradi successivi) i criteri di attribuzione della giurisdizione e della competenza, pur in presenza di una legge sopravvenuta che comporti modifiche degli stessi. - Nonè tuttavia un principio assoluto perché può essere derogato dalla legge ordinaria o da una norma di rango superiore che può UM operare sia in positivo (si ha la giurisdizione e poi la si perde) che in negativo (la giurisdizione sopravviene). L'art 5 va comunque interpretato nel senso di favorire la perpetuatio — Infatti la giurisdizione civile è una giurisdizione “catturante”, e non “respingente” con la conseguenza che, se al momento della proposizione della domanda, è adito un giudice incompetente, ‘“l’incompetenza” o il “difetto di giurisdizione” non possono essere dichiarati se quel giudice sia divenuto competente in forza di una legge, entrata in vigore in corso di giudizio (ad esempio: se in base alla legge vigente, pende un giudizio dinnanzi al giudice amministrativo e nel frattempo interviene una legge che sposta la competenza al giudice civile, la controversia prosegue dinanzi al giudice amministrativo, a meno che la legge non stabilisca espressamente il passaggio al giudice civile anche delle controversie già pendenti al momento della sua entrata in vigore). > Art 37 cpc: difetto di giurisdizione L'art 1 cpc statuisce che: “la giurisdizione civile, salvo disposizioni speciali di legge, è esercitata da GIUDICI ORDINARI”. Il giudice ordinario civile è quindi l'organo al quale l'ordinamento assegna il potere di esercitare la funzione giurisdizionale in materia civile, ma tale esercizio può incontrare un triplice ordine di limiti previsti dalla legge all'art 37 cpc rubricato “difetto di giurisdizione”: Al comma 1 — il difetto di giurisdizione è rilevato nei confronti della PA convenuta in giudizio e dei pubblici poteri in essa compresi e rispetto ai giudici speciali, cioè alle materie sottratte alla giurisdizione dei giudici ordinari e riservate alla competenza giurisdizionale dei giudici speciali; AI comma 2 (oggi abrogato e confluito nella 1. 218/1995, “legge regolatrice del diritto internazionale privato italiano) — difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice straniero. 42 Ciascuna di queste categorie di limiti può dare luogo (se eccepite dalle parti o rilevate d'ufficio) ad un difetto di giurisdizione del giudice ordinario civile, cioè a “questioni di giurisdizione” sulle quali lo stesso giudice investito della controversia (oppure la Cassazione, a seguito di proposizione del regolamento di giurisdizione) è chiamato a pronunciarsi, accertando il difetto o la sussistenza della giurisdizione rispetto alla controversia medesima. - secondo gli autori del manuale, non si possono qualificare “di giurisdizione” questioni diverse da quelle indicate dalla legge, proprio in quanto ciascuna di esse individua un limite esterno all'esercizio della giurisdizione, in relazione al fatto che il potere in questione spetti ad un giudice o ad un organo diverso da quello investito della controversia. — giurisd italiana vs straniera Il 1° dei limiti alla giurisdizione riguarda le controversie nella quali sia in gioco il rapporto tra la giurisdizione italiana e giurisdizioni straniere, in relazione alla posizione del solo convenuto (cioè della parte contro la quale la controversia viene instaurata). # Alcunlimite alla giurisdizione italiana può porsi in relazione alla posizione dell'attore, in quanto l’invocazione in Italia della tutela giurisdizionale da parte di quest'ultimo presuppone di per sé l'accettazione della giurisdizione italiana. La materia è disciplinata dalla 1. 218/1995 di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato e processuale, che si è ispirata anche a convenzioni internazionali come quella di Bruxelles del 1968. L'art. 3 fissa l'ambito della giurisdizione italiana, che sussiste: 45 o L'art 4 della legge ha così sostituito l’art 2 del cpc, abbandonando il principio generale della inderogabilità convenzionale ed ha introdotto quello della ‘“derogabilità convenzionale”. — Le c.d. immunità giurisdizionali: Una norma consuetudinaria di diritto internazionale generalmente riconosciuta (che si fonda sul principio “in parem non habet iurisdictionem) impone agli Stati l'obbligo di astenersi dall'esercitare il potere giurisdizionale nei confronti degli Stati stranieri per gli atti da questi ultimi compiuti ‘“jure imperii”, cioè nell'esercizio della loro sovranità (c.d. immunità statale della giurisdizione civile straniera). Tuttavia l'evoluzione del diritto vivente ha portato a considerare, anche nell'ordinamento internazionale, il rispetto dei diritti inviolabili della persona umana come un principio fondamentale, tale da ridurre la portata di altri principi cui l'ordinamento si è tradizionalmente ispirato, quale quello del rispetto delle reciproche sovranità. o Ne consegue che tale norma consuetudinaria non ha più carattere incondizionato: allo Stato straniero non è accordata un’'immunità totale dalla giurisdizione civile dello Stato territoriale, in presenza di comportamenti di tale gravità da configurarsi quali crimini contro l'umanità che segnano il punto di rottura dell'esercizio “tollerabile” della sovranità. Anche la Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale della norma prodotta nel nostro ordinamento mediante il recepimento ex art. 10 Cost. della norma consuetudinaria di diritto internazionale sull’immunità statale, salvo il rispetto dei principi fondamentali e dei diritti inviolabili dell'uomo, in quanto “elementi identificativi dell'ordinamento costituzionale”. 46 Con la I. 5/2013 l’Italia ha aderito alla Convenzione ONU del 2004 sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni. Ricordiamo in particolare l'art. 3, in base al quale: * quando la Corte internazionale di giustizia, con sentenza che ha definito un procedimento di cui è stato parte lo Stato italiano, ha escluso l’assoggettamento di specifiche condotte di altro Stato alla giurisdizione civile, il giudice davanti al quale pende controversia relativa alle stesse condotte rileva, d'ufficio e anche quando ha già emesso sentenza non definitiva passata in giudicato che ha riconosciuto la sussistenza della giurisdizione, il difetto di giurisdizione in qualunque stato e grado del processo * le sentenze passate in giudicato in contrasto con la sentenza della Corte internazionale di giustizia di cui sopra, anche se successivamente emessa, possono essere impugnate per revocazione, oltre che nei casi ex art. 395 c.p.c., anche per difetto di giurisdizione civile (e in tal caso non si applica l'art. 396 c.p.c.). — giursd ordinaria vs speciale La 2° tipologia di questioni di giurisdizione è data dal limite della giurisdizione ordinaria nei confronti dei giudici speciali. In particolare, con riferimento al giudice speciale amministrativo, il limite alla giurisdizione ordinaria si ha quando una delle parti in causa sia la PA (o un soggetto ad essa equiparato) e si chieda al giudice civile la tutela di interessi legittimi, cioè di situazioni giuridiche sostanziali diverse dai diritti soggettivi (la cui tutela spetterebbe di norma alla giurisdizione ordinaria). Dunque è la qualificazione in termini di diritto soggettivo (g. 0.) o di interesse legittimo (g. a.) della situazione giuridica sostanziale che si fa valere nel processo a costituire presupposto per la sussistenza o meno della giurisdizione del giudice ordinario. 47 - In particolare, l'art 2 della ‘1. sul contenzioso amministrativo” ha devoluto alla giurisdizione ordinaria — “tutte le controversie nelle quali si faccia questioni di un diritto civile o politico”. È consentita quindi la tutela dei diritti soggettivi dinanzi al giudice civile, escludendo tale tutela per la violazione degli interessi legittimi, che spetta al giudice amministrativo (esempio: l'espropriazione per pubblica utilità: in questo caso vi è un diritto assoluto soggettivo del privato, cioè il diritto di proprietà sul fondo, che per effetto di un provvedimento amministrativo di espropriazione viene limitato, se non addirittura soppresso. Il privato espropriato non potrà lamentarsi della sottrazione del suo legittimo diritto da parte dell’amministrazione, ma potrà lamentare che l’amministrazione espropriante non ha legittimamente esercitato il potere di esproprio — perciò il privato, impugnando il provvedimento di esproprio, non farà valere un diritto soggettivo ma una posizione d'interesse legittimo). Tuttavia l'individuazione della linea di confine non sempre risulta agevole: visto che il legislatore degli ultimi anni ha investito il giudice amministrativo in misura sempre maggiore di controversie che hanno ad oggetto diritti soggettivi, e quando ciò accade si parla di “giurisdizione esclusiva” del giudice amministrativo (nel senso che essa investe la tutela non solo degli interessi legittimi, ma anche dei diritti soggettivi). La materia è oggi regolata dal Codice del processo amministrativo (d.lgs. 104/2010) che, affermando il c.d. principio di effettività (consistente nel concentrare davanti al giudice amministrativo ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi), ha stabilito che: o sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo e 50 situazione soggettiva che non può essere qualificata nemmeno in termini di interesse legittimo (nel qual caso rientrerebbe nella giurisdizione del giudice amministrativo). — Così l'art. 7 del Codice del processo amministrativo prevede espressamente che non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal governo nell'esercizio del potere politico: si pensi ai c.d. atti politici, che non sono impugnabili né dinnanzi al giudice ordinario né speciale ma rientrano nella discrezionalità assoluta dell'esecutivo e dei quali quest'ultimo risponde con la propria responsabilità politica di fronte al Parlamento e all'elettorato. In questi casi si parla di improponibilità assoluta della domanda (art. 37 c.p.c.), fenomeno che si verifica in tutti i casi nei quali il privato non è titolare e non può far valere nei confronti della PA alcuna situazione giuridica sostanziale in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo. QUESTIONE DI GIURISDIZIONE (ART 37 CPC)OK I limiti alla giurisdizione possono dare luogo alle cd “questioni di giurisdizione”: si tratta di questioni di rito, aventi ad oggetto l'accertamento della sussistenza o meno della giurisdizione in relazione ad una determinata controversia. Questo accertamento deve essere compiuto, sia logicamente che temporaneamente, prima di qualsiasi altro accertamento e il processo promosso dinanzi ad un giudice privo di giurisdizione è invalido e la decisione che questo giudice potrebbe emettere è nulla (si tratta di “nullità extraformale” derivante dall'insussistenza dei presupposti del processo). 51 L'art. 37 c.p.c, rubricato “difetto di giurisdizione” sancisce, al comma], il principio della rilevabilità — il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della PA o dei GIUDICI SPECIALI, è rilevato anche d'ufficio “in ogni stato e grado da parte del giudice” (cd. Nullità assoluta). o Tale norma va letta alla luce dell’interpretazione costituzionalmente orientata delle sez unite del 2008 dove si è statuito che ‘ il difetto di giurisdizione è rilevabile in ogni stato e grado del processo, anche d'ufficio, con il limite sia del giudicato esplicito e sia del giudicato implicito, che si può formare nel passaggio tra il 1° e il 2° e tra appello e cassazione. $ Allora, se la sentenza di 1° si pronuncia espressamente sulla giurisdizione, accertandola e nessuna delle parti propone impugnazione in appello, tale decisione passa in giudicato formale e non può essere rimesso in discussione nei successivi gradi del processo (cd: giudicato interno formale esplicito + “interno” perché il giudice si pronuncia sulla questione all’interno di un giudizio e preclude al giudice d'appello di rilevare d'ufficio il difetto di giurisdizione; “esplicito” nel senso che vi è stata un'espressa decisione sulla giurisdizione non impugnata dalle parti). $ Diversa è l'ipotesi del cd. Giudicato implicito — se il giudice di 1° si è pronunciato nel merito, pur non avendo giurisdizione e senza che il convenuto abbia sollevato la questione, se non viene impugnata quella specifica parte si forma il giudicato implicito dovendosi supporre che il giudice abbia implicitamente ritenuto la sussistenza della propria giurisdizione. 52 o Naturalmente l’interpretazione dell'art. 37 deve tener conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo e, pertanto, sulla base di queste precisazioni, l'ambito applicativo dell'art. 37 è inteso oggi in senso restrittivo e residuale, con la conseguenza che: * . ildifetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in 1° grado; * lasentenza di 1° grado di merito può essere impugnata per difetto di giurisdizione; * lesentenze diappello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato interno; * ilgiudice può rilevare anche d'ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato interno. — La disciplina dell'art 37 va completata con quella contenuta nella l. 218/1995 in relazione alle “questioni di giurisdizione tra giudice italiano e straniero”. In particolare, l'art. 11 prevede che il difetto di giurisdizione del giudice italiano possa essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, “dal convenuto costituito soltanto se non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana”; mentre può essere rilevato dal giudice, in qualunque stato e grado del processo, se: * ilconvenuto è contumace . se trattasi di azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all'estero 55 — Il regolamento è praticabile solo in 1°grado + in tal senso si possono individuare 2 interpretazioni: - Finché nel corso del giudizio di 1° non siano intervenute decisioni in merito; - Finché la causa non sia stata decisa nel giudizio di merito di 1°. $ La giurisprudenza risolve la questione nel secondo senso — il regolamento di giurisdizione può essere proposto fino a quando, nel corso del 1 grado di giudizio, non sia intervenuta una decisione, di rito o di merito, impugnabile con appello (questo è un “limite preclusivo”). — Sospensione del processo Ci si pone però l'interrogativo di come il legislatore coniughi il giudizio a quo (che è il giudizio che si svolge innanzi al giudice di 1 grado, all’interno del quale viene sollevato il regolamento di giurisdizione) e il giudizio ad quem (che si solleva a seguito del regolamento di giurisdizione e che pende dinnanzi alle SU). o La soluzione di mediazione tra il procedimento pendente dinanzi al giudice adito ed il regolamento di giurisdizione è individuata nell’art 367 co 1 cpc (rubricato “sospensione del processo di merito”). In particolare, l'istanza di regolamento di giurisdizione si propone con ricorso, notificato alle altre parti del processo a norma degli artt. 360 ss. c.p.c., che deve contenere, oltre all'esposizione dei fatti rilevanti per la decisione della questione di giurisdizione, i motivi per i quali si dovrebbe negare la giurisdizione del giudice adito. Inoltre copia del ricorso deve essere depositata nella cancelleria del giudice dinanzi a cui 56 pende la causa à che avrà, così, la facoltà di provvedere sull’eventuale sospensione del processo. o La sospensione è subordinata alla non sussistenza della “manifesta inammissibilità” dell'istanza di regolamento e di “manifesta infondatezza” della contestazione della giurisdizione. “L'inammissibilità” è una categoria che riguarda il “vizio-rito”” della domanda: (ad esempio il giudice verifica che il regolamento è stato proposto oltre il limite preclusivo di cui all'art 41 cpc); “infondatezza” è una categoria che indica l'infondatezza del merito della domanda. Quindi, la sospensione è lo strumento di raccordo tra i 2 giudizi. Se il giudice non sospende il processo e intanto la Cass riconosce l'insussistenza della giurisdizione, i provvedimenti adottati dal giudice a quo saranno travolti da nullità perché pronunciati in mancanza di un presupposto fondamentale. — Traslatio iudici La legge 69/2009 all’art 59 ha introdotto il fenomeno della “traslatio iudici” — dopo la decisione emessa dalla Cassazione, le parti possono riassumere la controversia dinnanzi al giudice che ha giurisdizione: $ Se il giudice con giurisdizione è indicato dalla Corte di Cass, la decisione è immediatamente vincolante e la riassunzione può essere immediata; $ se l'indicazione è fatta da un giudice di merito, la sua declaratoria sarà appellabile e per farsi riassunzione si dovrà attendere che la sentenza declaratoria passi in giudicato. La riassunzione dev'essere compiuta entro 3 mesi dalla pubblicazione della decisione della Cassazione o dal passaggio in giudicato della sentenza del giudice, altrimenti il processo si estingue. 57 Con la riassunzione sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se fosse stato adito, fin da subito, il giudice dotato di giurisdizione, fermo restando le preclusioni e le decadenze intervenute. — effetti panprocessuali ed endoprocessuali: Vi è, infine, il problema degli effetti dell'ordinanza di regolamento di giurisdizione della Cassazione, cioè se essi siano limitati al processo nel corso del quale l'istanza di regolamento è stata sollevata (con effetti “endoprocessuali”) oppure se, in caso di sopravvenuta estinzione del processo di merito, essi vincolino anche tutti i futuri giudici chiamati a pronunciarsi sul medesimo diritto o rapporto giuridico sostanziale già fatto valere nel processo estinto (con effetti “panprocessuali”). Nonostante il silenzio dell'art. 310 co. 2°, il quale espressamente sottrae agli effetti caducatori dell'estinzione del processo solo i provvedimenti della Cassazione che “regolano la competenza”, sembra opportuno riconoscere la stessa efficacia panprocessuale anche alle ordinanze di regolamento di giurisdizione, in quanto la decisione della Cassazione su una questione giurisdizionale rappresenta un precedente vincolante per ogni giudice investito della medesima domanda, in riferimento alla quale la questione è sorta. Ovviamente questa efficacia vincolante verrà meno se sopravvengono, tra l'estinzione del processo e la riproposizione della stessa domanda, fatti nuovi e diversi rilevanti ai fini dell’attribuzione della giurisdizione. 60 — Criteri di competenza in senso statico: Per individuare tra tutti gli uffici giudiziari il giudice competente a conoscere di una determinata controversia, soccorrono diverse categorie di criteri di competenza in senso statico: A. In relazione alla materia, Cioè alla natura della controversia o al tipo di diritto contestato; B. In relazione al valore, Cioè alla valutazione economica dell'oggetto della controversia; C. In relazione al territorio, Cioè all'ubicazione dell'ufficio giudiziario. — le prime due categorie operano in senso verticale, cioè hanno riguardo ai diversi tipi di giudici previsti dal nostro ordinamento giudiziario (Giudice di pace, tribunale Corte d'Appello); — la terza, invece, opera in senso orizzontale, fa esclusivo riferimento alla dislocazione sul territorio di vari uffici giudiziari dello stesso tipo. — Criterio per valore e materia: I criteri di competenza per materia hanno riguardo alla natura ed alla qualità della controversia e possono essere considerati “forti” perché inderogabili; infatti non possono essere oggetti di deroga (sia pattizia, cioè prima del processo, e sia processuale, cioè nel corso dello svolgimento del processo), nonchè per la loro non modificabilità per ragioni di connessione e infine per la loro estraneità al regime d'incontestabilità che l'art. 44 assegna all'ordinanza declinatoria di competenza (con conseguente possibilità di proporre il regolamento d'ufficio da parte del giudice ad quem). I criteri di competenza per valore hanno riguardo alla misura del valore economico del bene o del rapporto dedotto in giudizio. La regola 61 generale fissata dall'articolo 10 CPC è che “il valore della causa si determina dalla domanda”, cioè da ciò che l'attore ha chiesto. A tal fine le domande proposte in origine nello stesso processo e contro la stessa persona si sommano tra loro, così come gli interessi scaduti, le spese e i danni anteriori alla proposizione della domanda si sommano con il capitale. - Comesi ricava dalla sua stessa rubrica, con questa norma, e con quelle che ad essa fanno seguito, il legislatore ha voluto dettare i criteri da seguire per l'individuazione del Giudice competente per valore, con l'evidente scopo di evitare che, ancor prima della controversia sul merito, le parti debbano trovarsi costrette ad affrontare altra controversia per individuare il giudice a cui rivolgersi. Quindi, il primo criterio a cui attenersi per stabilire quale possa essere il valore di una controversia è quello di riferirsi al contenuto della domanda, o meglio all'interesse che con la domanda proposta si intende tutelare. La regola generale è che, al fine di individuare il giudice competente in senso verticale, il criterio del valore ha carattere generale e trova applicazione tutte le volte in cui la legge non prevede un criterio di competenza per materia, che prevale sui criteri per valore: quindi la previsione di criteri di competenza per materia prevale ed esclude l'applicazione di criteri di competenza per valore. Tuttavia, superato il valore indicato dalla legge, il giudice di pace trasferirà la competenza al tribunale. ad es: a) L'articolo 7 fa riferimento alla competenza del giudice di pace. Tale norma è stata modificata nel 2016 da un decreto legislativo che dava attuazione ad una legge di delega sulla riforma della magistratura onoraria. Nell'ambito di questa delega, è stata ampliata la competenza del giudice onorario di pace, anche se l'efficacia di questa norma è stata differita al primo gennaio 2025. Ad oggi il giudice di pace è competente per: 62 - cause relative a beni mobili di valore non superiore a €5000, quando dalla legge non sono attribuite ad altro giudice; - cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli o di natanti, purché il valore non superi i €20000; - Tutte le cause elencate dal terzo comma dell'articolo 7, prescindendo dal valore. b) l'articolo 9 CPC Afferma che il tribunale è competente di tutte quelle cause che non sono di competenza di altro giudice ed è altresì competente esclusivamente per le cause in materia di imposte e tasse, stato e capacità delle persone, querela di falso, ogni causa di valore indeterminabile. c) Infine vi sono dei casi (previsti dalle leggi speciali) in cui la competenza per materia è attribuita in unico grado di merito alla corte d'appello, nel senso che contro le decisioni della stessa è possibile solo proporre ricorso in cassazione (ad es. per le impugnazioni del lodo arbitrale). In relazione alle singole tipologie di controversie, il codice, agli articoli 11- 17, stabilisce criteri speciali di determinazione del valore della causa. — Competenza per territorio Per quanto riguarda la competenza per territorio, è quella determinata da un rapporto esistente tra la causa e il territorio, e quindi tra la causa e l'ufficio giudiziario esistente sul territorio. Una volta individuato l'ufficio giudiziario competente per materia o per valore, è possibile individuare il giudice territorialmente competente (Articoli 18 e seguenti CPC). In particolare, il codice individua: - fori Generali: da riferirsi quando mancano specifiche e diverse previsioni di legge; - fori facoltativi: che si aggiungono e concorrono con quelli generali, attribuendo la competenza a più uffici giudiziari tra i 65 REGIME DELL'INCOMPETENZA OK L'incompetenza per materia, per valore e per territorio, la cui disciplina si ritrova nell'articolo 38, così come modificato a seguito della legge del 2009, per essere rilevante deve essere rilevata nel processo, e non opera ex se, cioè automatica mente. La norma tende ad assicurare una rapida individuazione del giudice competente a conoscere la controversia, al fine di evitare che rilievi tardivi possano rendere vana l'attività istruttoria svolta e la naturale conclusione del processo. L'incompetenza deve essere denunciata o attraverso un eccezione di parte o a seguito del rilievo del Giudice. L'eccezione di incompetenza è un'eccezione in senso stretto, cioè soggetta ad un termine decadenziale. In particolare: - co1—Ilconvenuto che intende eccepire l'incompetenza del giudice adito dall'attore deve farlo, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempestivamente depositata. Inoltre, se il convenuto intende eccepire l'incompetenza per territorio semplice del giudice adito, l'eccezione, oltre a dover essere tempestiva, deve anche indicare il giudice che la parte ritiene competente. + Pertanto, l'eccezione di incompetenza per territorio deve considerarsi come non proposta se non contiene l'indicazione del giudice che la parte ritiene competente. - c02— Se l'attore aderisce all'indicazione di competenza fatta dal convenuto, ci troviamo di fronte ad un accordo di deroga alla competenza: si è consumata un attribuzione della competenza in senso dinamico. Se le parti non maturano un accordo sulla competenza territoriale, sarà il giudice a decidere sull'eccezione di incompetenza, a condizione che sia “ritualmente formulata” — deve essere tempestiva e deve contenere indicazione del giudice competente secondo Il convenuto - nb: quando ci troviamo di fronte a criteri attributivi della competenza per territorio in senso facoltativo, il convenuto 66 deve indicare tutti i giudici che sono astrattamente competenti per territorio — se l'eccezione non è tempestiva e completa si sana il vizio dell'incompetenza (criteri dinamici). - c03—sead eccepire l’incompetenza per materia, valore e territorio inderogabile è il giudice ex officio, tale rilievo potrà effettuarsi entro e non oltre la prima udienza di trattazione (dunque, anche successivamente al termine di tempestiva costituzione in giudizio del convenuto). - L'ultimo comma dell'articolo 38 CPC + prevede che le questioni di competenza sono decise in base a quello che risulta dagli atti in quel momento, Salvo la possibilità di procedere ad una modesta istruttoria, cioè all'assunzione di sommarie informazioni (tale decisione, proprio per la sua sommarietà, non inficia la questione di merito). Il provvedimento con cui il giudice si dichiara incompetente assu me la forma dell'ordinanza. Il giudice può dichiararsi competente (e, in questo caso, dovrà poi decidere nel merito) o incompetente (può farlo subito o alla fine del processo). - Se il provvedimento del giudice decide insieme la questione di competenza e di merito, assume la forma di sentenza; - se decide sulla sola competenza, assume la forma di ordinanza > questa possibilità è stata introdotta nel 2009, prima si pronunciava sempre con sentenza. Si parla di ordinanza declinatoria di competenza. — Per quanto riguarda l'efficacia della sentenza che pronuncia sulla competenza, l'art 44 cpc fa riferimento all'ipotesi in cui il giudice che si dichiara incompetente deve indicare il giudice che ritiene competente. Se ci troviamo al di fuori delle ipotesi di competenza inderogabile, se le parti riassumono tempestivamente la causa dinanzi al giudice indicato come competente nell'ordinanza, questo resta competente, salvo che l'ordinanza non venga impugnata con il regolamento di competenza. > 67 l'ordinanza che dichiara contestualmente l’incompetenza del giudice che l’ha pronunciata e la competenza del giudice in essa indicato acquisisce efficacia di incontestabilità (efficacia di giudicato). REGOLAMENTO DI COMPETENZA La decisione del giudice di primo grado sulla competenza può essere impugnata o con il regolamento di competenza, o con l'appello, o con tutti e due a seconda dei casi; se non viene impugnata, vincolerà le parti ma anche il giudice indicato come competente. Gli articoli 42 e seguenti CPC fanno riferimento al regolamento di competenza che, a differenza del regolamento di giurisdizione, è un mezzo di impugnazione. Si tratta di un mezzo di impugnazione speciale attraverso cui le parti possono richiedere ed ottenere dalla Corte di Cassazione un accertamento definitivo e vincolante circa l'individuazione del giudice competente a conoscere la controversia. In particolare: - Corte di Cassazione: è giudice che regola la competenza. - giudice di merito: è giudice che decide sulla competenza. — la decisione del giudice di merito non vincola le parti né il giudice indicato, salvo l'ipotesi di competenza territoriale derogabile; la decisione della Cassazione, invece, regola la competenza, individuando tra i possibili giudici dell'ordinamento l'unico competente a decidere. La decisione della Cassazione vincola le parti e tutti i giudici dell'ordinamento, e nessuno può contrastarla. Con il regolamento di competenza, la questione di competenza viene condotta immediatamente alla Corte di Cassazione, la quale detta una parola definitiva in materia. 70 essere quell c.d. lungo di 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza. In assenza di notificazione o comunicazione si ritiene che il termine debba essere quello cd lungo di 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza. * La scelta del legislatore di individuare il dies a quo del termine di proposizione del regolamento nella data di comunicazione, e non invece (come per le altre impugnazioni ordinarie) nella data di notificazione della decisione impugnata, risponde a 2 esigenze: * in primis quella di sottrarre alla disponibilità della parte la decorrenza del termine per la proposizione del ricorso; * insecondo luogo, quella di evitare che la parte interessata a proporre istanza di regolamento di competenza ritardi, con la propria inerzia, la formazione del giudicato formale sulla competenza. A seguito della proposizione dell'istanza di regolamento, il processo è sospeso ex lege (art. 48). Durante la sospensione il giudice può autorizzare il compimento di “atti urgenti”, cioè di attività processuali che non possono essere dilazionate se non con pregiudizio per la posizione delle parti. Con la pronunzia di regolamento, che assume la forma dell'ordinanza, emessa in camera di consiglio, la Cassazione statuisce definitivamente sulla competenza, identificando un solo giudice legittimato alla trattazione e alla decisione della controversia nel merito. L'ordinanza di regolamento emanata dalla Cassazione, a differenza della decisione sulla competenza emessa dal giudice di merito, ha efficacia panprocessuale ed è espressamente sottratta agli effetti caducatori dell'estinzione del processo dall'art. 310 co. 2°. Pertanto essa ha effetti vincolanti per tutti i futuri giudici della causa, i quali non possono declinare la propria competenza. L'efficacia panprocessuale va estesa 71 ad ogni decisione della Cassazione su questioni di competenza > in questo caso la Cassazione non dovrà riesaminare la questione di competenza, bensì limitarsi a prendere atto della precedente statuizione da essa già emessa e cassare la decisione del giudice di merito che sia stata impugnata con il regolamento di competenza. — Regol. di competenza d'ufficio OK L'articolo 45 CPC regola l'ipotesi del regolamento di competenza cd. d'ufficio ed è rubricato ‘conflitto di competenza” — vista la mancanza di un'istanza di parte, il regolamento di competenza d'ufficio non può considerarsi un mezzo di impugnazione come quelli degli articoli 42 e 43 perché, appunto, è promosso dal giudice. L'art 44 prevede che il giudice adito, quando si dichiara incompetente, deve indicare il giudice che ritiene competente. Questa previsione è in qualche modo compensata dall'art 45 che riconosce al giudice ad quem (cioè a quello designato dal giudice dichiaratosi incompetente) il potere-dovere di richiedere d'ufficio il regolamento alla Corte di Cassazione nel caso in cui si ritenga a sua volta incompetente, ma esclusivamente per ragioni di materia o di incompetenza territoriale inderogabile. Si assiste alla c.d. translatio iudicis (ossia, si tratta dello stesso processo che continua), con la conseguenza che la pronuncia di incompetenza del giudice adito per primo conserva pienamente efficacia. In sostanza, l'istanza di un regolamento d'ufficio ex articolo 45 CPC presuppone sempre un conflitto virtuale di competenza in quanto non potendo il giudice ad quem pronunciare la propria incompetenza, non ha modo di verificarsi un conflitto reale relativo. * Per quanto riguarda i termini, l'art. 45 non ha fissato alcun limite temporale per la proposizione del regolamento d'ufficio, ma il coordinamento con l'art. 38 impone che anche davanti al giudice ad quem resti fermo il principio del rilievo d'ufficio dell'incompetenza entro la prima udienza, nel senso che il 72 giudice ad quem è tenuto ad introdurre tempestivamente nel dibattito processuale la questione e successivamente chiedere il regolamento alla Cassazione. A differenza di quello ad istanza di parte, questo non potendo avere natura impugnatoria, in ragione della qualità del soggetto che lo propone (il giudice), presenta caratteri di evidente specialità, che non consentono il suo inserimento nelle tipiche categorie sistematiche. Una volta che il regolamento è stato proposto, la Corte di Cassazione decide, come nel caso di regolamento di competenza ad istanza di parte, con ordinanza (dagli effetti panprocessuali) ed a sezione semplice. Occorre precisare che la pronuncia con cui la corte di cassazione definisce il regolamento di competenza proposto da uno delle parti, preclude al giudice, innanzi al quale il processo dev'essere riassunto, di proporre il regolamento d'ufficio, dato che la decisione intervenuta esaurisce la questione sotto tutti i profili. 75 I “presupposti processuali” attengono quindi ai requisiti di validità del processo, mentre le condizioni dell’azione sono sostanzialmente requisiti di merito della domanda, riguardando la sussistenza del diritto sostanziale fatto valere. I “presupposti” del processo attengono all'esistenza stessa del processo, nonché alla sua validità e procedibilità, e devono sussistere prima della proposizione della domanda. Se l'esistenza del processo richiede che la domanda sia rivolta ad un giudice, i profili di validità del processo e di proponibilità della domanda attengono al potere-dovere del giudice adito di pervenire ad una pronuncia di merito. Presupposti processuali sarebbero dunque la giurisdizione e la competenza, nonché il potere del soggetto che propone la domanda nonché del soggetto nei cui confronti la domanda è proposta, di compiere gli atti processuali. Le ‘’condizioni dell'azione” sono i requisiti di fondatezza della domanda, necessari affinché l'azione possa raggiungere la finalità concreta cui essa è diretta e cioè che il giudice possa pronunciare nel senso favorevole all'attore. E' sufficiente che tali condizioni esistano al momento della pronuncia, e non necessariamente al momento della domanda. — Condizioni dell’azione OK Affinché la domanda risulti valida, deve presentare alcuni requisiti fondamentali. In particolare, condizioni dell'azione sono la legittimazione ad agire E l'interesse ad agire. - Legittimazione ad agire: L'attore deve proclamare che egli è il titolare del diritto di cui chiede tutela, o che può esercitare quel diritto in nome e per conto del titolare. La legittimazione ad agire crea un collegamento tra l'oggetto della domanda ed il suo titolare — si parla dell'inscindibilità tra il diritto fatto valere e il 76 titolare — In altre parole, si realizza una coincidenza dell'attore e del convenuto con i soggetti che sono destinatari degli effetti della tutela invocata. a) di regola, sono legittimati ad agire o a resistere gli stessi titolari del rapporto dedotto in giudizio, ma tale regola non si sottrae ad eccezioni, come avviene nel caso della “sostituzione processuale”. Essa costituisce una deroga al principio della normale coincidenza tra il soggetto cui spetta la legittimazione ad agire ed il titolare del diritto sostanziale che viene fatto valere in giudizio. Infatti, conferisce la legittimazione a soggetti diversi da coloro che si affermano i titolari del diritto sostanziale e che sono portatori d'interessi, il cui soddisfacimento dipende dal soddisfacimento del diritto altrui. - Per quanto riguarda l’Interesse ad agire: l'art 100 cpc + statuisce che “per proporre una domanda o contraddire alla stessa è necessario aversi interesse”. Questo interesse è definito come interesse ad ottenere un risultato utile non conseguibile senza l'intervento del giudice. Tale interesse non è astratto, ma dev'essere concreto (dev'essere valutato con riferimento ad un pregiudizio concretamente verificatosi ai danni del soggetto che esercita l’azione), personale (il vantaggio deve riguardare direttamente il soggetto che agisce) ed attuale (deve sussistere al momento della proposizione della domanda) — l'eventuale difetto è rilevabile d'ufficio in ogni Stato e grado del procedimento. Queste condizioni devono ricorrere nel momento in cui il processo viene iniziato. L'eventuale questione che può aprirsi durante il processo circa la sussistenza di una delle condizioni della domanda è sia una questione di rito che di merito, a seconda del momento del processo in cui la inquadriamo. In particolare: TI - Nella fase preliminare del processo, la ricorrenza della condizione della domanda è solo affermata, ma non ancora accertata — in questo caso la QUESTIONE è DI RITO (Il giudice si limita a verificare la corrispondenza tra chi ha agito in giudizio e chi si è proclamato titolare del diritto di cui si chiede tutela) + Se il giudice chiude il processo per mancanza di legittimazione si parla di una pronuncia di rito; - Quando il processo giunge a conclusione, dopo l'istruttoria, e la domanda viene rigettata (in quanto il giudice nella sentenza dichiara che l'attore non è il proprietario del bene), la QUESTIONE è di MERITO — Perché contenuta nella pronuncia che definisce la causa di merito. Quando siamo in presenza di una pronuncia di rito, gli effetti della pronuncia consolidata sono diversi dagli effetti di una sentenza di merito. Il giudicato, infatti, si adatta a pronunce di merito, non a quelle di rito in cui il giudice si limita a bloccare o mandare avanti il processo. Una tale pronuncia non costituisce giudicato sulla titolarità del diritto, perché l'attore potrebbe essere titolare del diritto ma non esercitarlo correttamente in giudizio —> anche se il cattivo esercizio non fa venir meno il diritto. Nel caso in cui, invece, il giudice dichiari con sentenza che l'attore non è titolare del diritto di cui chiede tutela e la stessa non viene impugnata, questa passa in giudicato. >3iInteressi collettivi e diffusi OK Da diversi anni, dottrina e giurisprudenza hanno portato alla ribalta il problema dei cd interessi diffusi, cioè quegli interessi comuni a più soggetti che fanno parte di un gruppo indifferenziato di persone (lavoratori, utenti, consumatori, risparmiatori, ecc.). In particolare, ci si è chiesti se si possa agire in giudizio (e chi possa farlo) a tutela di questi 80 La finalità dell'azione di classe è quella di ottenere dal giudice “l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti consumatori”. Nb: nel caso degli INTERESSI COLLETTIVI (O DI CATEGORIA): la legittimazione ad agire è riconosciuta all'associazione, ma si cumula con quella del singolo cittadino interessato. Mentre per gli INTERESSI DIFFUSI, la legittimazione ad agire non può essere fatta valere dal singolo, ma viene fatta valere dall’associazione. — Fffetti della domanda Dalla proposizione della domanda possono derivare 2 tipologie di effetti: effetti processuali ed effetti sostanziali. 1) Effetti processuali + La domanda deve essere considerata, oltre che nel suo “aspetto statico” di individuazione dell'oggetto della decisione (cd thema decidendu m), anche nel suo “profilo dinamico”, che si ricollega alle vicende genetiche del fenomeno processuale. Il primo tra gli effetti processuali discende dalla notificazione dell'atto contenente la domanda giudiziale, espressamente sancito dall'art 39 ultimo co, cioè quello della pendenza della lite (o litispendenza in senso fisiologico). Accanto a questo vi sono altri effetti processuali che si producono all'atto della proposizione della domanda (ad esempio: il momento determinante della giurisdizione e della competenza). 2) Effetti sostanziali — poiché la domanda si concreta sempre in un atto processuale con cui si chiede al giudice di provvedere sul diritto o sul rapporto giuridico sostanziale, oltre agli effetti processuali, la legge contempla alcuni effetti sostanziali e si distinguono, a loro volta, in: a) effetti che sono previsti dalla legge per dare maggiore efficienza al provvedimento di merito e alla sua funzione di tutela (Si pensi ad es. all'art. 111, che consente la permanenza in causa di chi abbia alienato il diritto controverso e l'emanazione della sentenza con efficacia anche verso chi lo abbia acquistato). b) effetti sostanziali previsti in relazione alla volontà dell'attore di far valere il diritto contro il convenuto, della quale la domanda è sicura manifestazione. — Per quanto riguarda la prima tipologia di effetti (cioè quelli previsti dalla legge), ci si riferisce all'effetto cd. DEROGATIVO che deriva dalla trasferibilità della domanda giudiziale. Infatti il codice si è preoccupato anche di garantire all'attore, che propone una domanda giudiziale che abbia ad oggetto l'effetto di conseguire il risultato di un atto di diritto privato trascrivibile, la trascrivibilità della domanda stessa — ne deriva un effetto di consolidamento del diritto poiché, se all'esito del processo la domanda soggetta a trascrizione viene accolta, l'effetto attributivo del diritto si verifica ex tunc (efficacia retroattiva) e l'effetto prenotativo della domanda si congiunge, dal punto di vista temporale, all'effetto che deriva dalla trascrizione della sentenza. Se invece la sentenza respinge la domanda, l'effetto prenotativo cade e si consolidano le trascrizioni successive fatte sul bene. — Invece, la seconda tipologia di effetti (cioè gli effetti sostanziali previsti in relazione alla volontà dell'attore) raccoglie fattispecie normative che, appunto, valorizzano l'espressione della volontà dell'attore di far valere il diritto. Esse sono: - norme che attribuiscono alla domanda l'effetto di interrompere la prescrizione; - Di impedire la decadenza; 82 - di far decorrere gli interessi - di rendere gli interessi a loro volta produttivi di interessi (cd anatocismo). In particolare, la proposizione della domanda giudiziale consente all'attore di interrompere i termini di prescrizione in quanto contiene l'esercizio della volontà di far valere il diritto. L'effetto interruttivo della prescrizione che discende dalla domanda è, nell'ambito processuale, un effetto rafforzato, poiché il codice, oltre all'effetto interruttivo istantaneo della prescrizione, prevede anche un effetto interruttivo sospensivo che discende dalla proposizione della domanda — l'esigenza di previsione di tale secondo effetto deriva dalla durata del processo la quale potrebbe essere esuberante rispetto all'interruzione della prescrizione — il processo potrebbe non essersi concluso prima che scaturisca un nuovo periodo di prescrizione. L'azione di condanna con sentenza, dopo il giudicato, si trasforma in actio iudicati, che sarà soggetta ad una nuova prescrizione (esempio: Il creditore non vanterà il suo credito in forza di un contratto inadempiuto, ma in forza della sentenza passata in giudicato). Quando il processo si chiude con una nuova sentenza di rito, l'effetto sospensivo si perde e si mantiene solo quello interruttivo — l'attore nel corso del processo deve procedere a ulteriori atti interruttivi della prescrizione. La domanda giudiziale può essere assistita da una domanda cautelare — è un presidio alla domanda di merito che deve essere, per questo motivo, esplicitata. Se nel ricorso cautelare il ricorrente non indica la domanda di merito alla quale è strumentale, la domanda cautelare è inammissibile perché la finalità della domanda cautelare è quella di preservare le condizioni di fatto e di diritto che consentono all'attore, che ha promosso la domanda di merito, di conseguire tutti i benefici sostanziali che provenivano dalla tutela di merito che lui ha chiesto. 85 Teoria della sostanziazione: Richiede che la domanda indichi tutti i fatti rilevanti ed identifichi la causa petendi nel compendio dei fatti costitutivi posti a fondamento della domanda stessa; Teoria della individuazione: Richiede che la domanda specifichi il diritto sostanziale in base al quale si richiede la tutela, assumendo essere compito del processo esclusivamente quello di accertare l'esistenza o l'inesistenza del diritto e assegna alla causa petendi il compito di individuare soltanto il rapporto giuridico controverso. — La dottrina moderna ha riconosciuto che le due teorie sono due facce della stessa medaglia; infatti gli articoli 24 della Costituzione, 2807 del codice civile e 99 del codice di procedura civile indicano che l'oggetto del processo non è costituito mai dai fatti o da atti, ma sempre e solo dai diritti e dal diritto fatto valere con la domanda, con la quale l'attore è chiamato ad indicare i fatti costitutivi ed identificativi del diritto affermato. La dottrina dominante distingue: - idiritti (e relative domande) autodeterminati, per i quali il mutamento del fatto costitutivo non comporta il mutamento della causa petendi, - daidiritti (e relative domande) eterodeterminati, per i quali il mutamente del fatto costitutivo comporta il mutamento della causa petendi. — Domande autodeterminate/eterodeterminate OK 1) Una domanda si dice autodeterminata quando con essa si fa valere un diritto autodeterminato, cioè quel diritto che in un determinato ed individuato momento del tempo può sussistere, 86 con quel contenuto, soltanto in capo ad un soggetto (es: diritti reali di godimento). Tali diritti si individuano sulla base della sola indicazione del contenuto. (NB: Per “accoglimento della domanda”, che è cosa diversa dall'individuazione, bisogna comunque dimostrare il fatto costitutivo del diritto.) La domanda può subire delle vicende evolutive che la modificano (cd. emendatio libelli) o ne introducono una nuova (cd. mutatio libelli). > La mutatio non è mai consentita; mentre l’emendatio è consentita fino ad un certo punto. Poiché nel caso di domanda autodeterminata non è richiesto, ai fini dell'individuazione della domanda, l'inserimento del fatto costitutivo, se quest'ultimo nel corso del processo dovesse cambiare, l'attore non incorre in una mutatio libelli in quanto non muta la domanda —in altre parole, non muta la causa petendi se modifico il fatto costitutivo del diritto. - Esempio: Se affermo che Tizio è proprietario di un fondo ho già, con ciò stesso, individuato il diritto di proprietà di Tizio, nel senso che non occorre, per individuare quel diritto, accertare da quali fatti generatori esso nasca, cioè come Tizio ha acquistato la proprietà di quel fondo. Da ciò deriva che, se si agisce in giudizio rivendicando (ad es. a titolo di acquisto per compravendita) la proprietà di un fondo e poi in corso di causa si allega un diverso titolo di acquisto della proprietà (ad es. l’usucapione), vi sarà una mera modificazione della domanda in corso di causa (c.d. emendatio libelli), ammessa ex art. 183 co. 6°. 2) La domanda è eterodeterminata se con essa si fa valere un diritto eterodeterminato, cioè un diritto che, con quel contenuto, può sussistere, nello stesso momento del tempo, anche tra soggetti 87 diversi (esempio Pegno o ipoteca). Per l'ammissibilità e l'individuazione di una domanda eterodeterminata, è necessario che venga identificato il fatto costitutivo del diritto. Da ciò deriva che il mutamento, nel corso del giudizio, del fatto costitutivo comporta il mutamento del diritto fatto valere e dunque della domanda giudiziale (la “mutatio libelli” non è ammissibile). - Esempio: Se affermo che Tizio ha un debito di 1000 euro nei confronti di Caio, tale asserzione è assolutamente generica, perché Tizio potrebbe avere le più svariate ragioni debitorie nei confronti di Caio. Per individuare esattamente il diritto, occorre qui specificare se la fonte del debito sia un contratto, un risarcimento del danno, ecc. Ne consegue che, se ad es. si agisce in giudizio chiedendo la condanna del debitore al pagamento di 1000 euro a titolo di esecuzione dell’obbligazione contrattuale e poi in corso di causa si chiede la condanna al pagamento della stessa somma a titolo di risarcimento del danno, non si verifica una mera modificazione della domanda giudiziale (come prima), ma una domanda totalmente nuova. Ancora, vi sono alcune ipotesi in cui è la legge stessa che ammette la variazione della domanda in corso di causa: ad Esempio — tizio chiede la condanna all'adempimento del contratto inadempiuto; e in corso di causa chiede la risoluzione per inadempimento > È una domanda eterodeterminata ma il cambiamento non c'è sulla causa petendi, ma sul petitum; tale cambio è possibile ma non è possibile l'inverso (cioè non è possibile passare dalla domanda di demolizione a quella conservativa). Infatti, ad Esempio: tizio chiede risoluzione del contratto preliminare inadempiuto e risarcimento del danno; in corso di causa chiede l'esecuzione del contratto + non è possibile perché passa da domanda di demolizione a domanda conservativa. Infine, c'è da chiedersi se, l'attore, a fronte di un contratto preliminare inadempiuto, propone domanda di esecuzione del contratto ai sensi 90 rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio. A tal proposito, occorre distinguere ulteriormente tra: a) eccezione di merito in senso lato, con cui si fanno valere fatti che implicano di per sé efficacia costitutiva, impeditiva o modificativa del diritto invocato, o implicano l'inesistenza o l'inefficacia dello stesso fatto costitutivo. Questi fatti, provati in giudizio, vanno rilevati dal giudice ai fini della decisione, anche in assenza di specifica iniziativa di parte in obbedienza al principio richiamato dall'art 112, che il giudice deve d'ufficio rigettare la domanda infondata. (si pensi ad es. pagamento dell’obbligazione pecuniaria di cui si è chiesto l'adempimento) b) Le eccezioni di merito in senso stretto, sono ad esempio le eccezioni di compensazione, di annullamento del contratto, di rescissione. Infine, il criterio necessario da seguire per distinguere tra eccezioni in senso lato ed eccezioni in senso stretto, ove manchino esplicite norme in proposito, è quello secondo cui: - le eccezioni di rito si considerano: - insenso lato tutte quelle che riguardano l'esercizio di poteri processuali del giudice (ad es. inammissibilità della domanda), - mentre in senso stretto tutte le altre. — Ciò si desume dalla regola generale posta, in materia di nullità degli atti del processo, dall'art. 157, secondo cui non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone che essa sia pronunciata d'ufficio, e soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell'atto per assenza dello stesso. 91 - le eccezioni di merito di regola si considerano in senso lato e ciò si desume dalla regola generale del dovere officioso del giudice di respingere la domanda che egli ritiene infondata. — Eccezione di nullità del contratto (art 1421) Ipotesi particolare è data dall’eccezione di nullità del contratto ex art. 1421 c.c rubricato “legittimazione all’azione di nullità”, in forza del quale “la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice”. L'orientamento giurisprudenziale tradizionale riteneva che il potere officioso del giudice dovrebbe coordinarsi con il principio della domanda (articolo 99 CPC) e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, con la conseguenza che solo se sono in contestazione l'applicazione e l'esecuzione di un atto, la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, il giudice avrebbe il potere-dovere di rilevare d'ufficio, in qualsiasi stato e grado del giudizio, la nullità dell'atto medesimo; mentre tale potere sarebbe da escludere se la domanda è diretta a far dichiarare l'invalidità o a pronunciare la risoluzione del contratto. - Si dissente però da tale giurisprudenza: in tal caso non viene in considerazione il potere-dovere del giudice di rigettare anche d'ufficio, se risulti infondata, in base al materiale di causa, una richiesta di tutela rimessa alla sola iniziativa di parte, ma rileva invece l'applicazione di una sanzione di ordine pubblico, che consiste nell'obbligo giudiziario di non dichiarare o costituire alcun effetto che, pur voluto dalle parti in giudizio, contrasti con le norme inderogabili sulla nullità dei negozi. - Perciò, in questo caso, l'unico limite posto al giudice dagli articoli 112 CPC e 24 della Costituzione è che egli non può di propria iniziativa ricercare fatti di nullità estranei al materiale di causa, 92 nè, seppure tali fatti emergono in giudizio, negare in sentenza effetti non richiesti dalle parti. Per contro, il giudice dovrà rigettare d'ufficio la domanda di risoluzione di un contratto nullo, dichiarando la nullità di questo. Questo orientamento è stato accolto di recente dalla Cassazione, che innanzitutto nel 2012 ha dettato il principio in base al quale il giudice di merito ha il potere di rilevare dai fatti allegati e provati o emergenti ex actis ogni forma di nullità non soggetta a regime speciale. Successivamente nel 2014 ha precisato tale principio statuendo che: e il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità contrattuale deve rilevare d’ufficio l’esistenza di una causa di quest'ultima diversa da quella allegata dall’istante e il giudice innanzi al quale sia stata proposta una qualsiasi impugnativa negoziale (di adempimento, risoluzione, annullamento, rescissione) ha l'obbligo di rilevare (e di indicare alle parti) l’esistenza di una causa di nullità negoziale (anche se di natura speciale o “di protezione) e conseguentemente ha la facoltà di dichiarare la nullità del negozio, rigettando la domanda originaria e nel giudizio di appello e in quello di cassazione il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa in primo grado di una nullità contrattuale, ha sempre facoltà di procedere ad un siffatto rilievo e la domanda di accertamento della nullità di un negozio che sia proposta per la prima volta in appello è inammissibile ex art. 345 c.p.C. — Corrispondenza tra chiesto e pronunciato OK L'articolo 112 CPC rubricato “corrispondenza tra chiesto e pronunciato” sancisce, da un lato, l'obbligo del giudice di pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa e dall'altro il divieto 95 c) azioni costitutive 2) AZIONI ESECUTIVE — Dirette ad ottenere l'applicazione di misure o mezzi esecutivi dirette a soddisfare concretamente la pretesa dell'avente diritto. Si distinguono tre specie di esecuzione: a) per espropriazione; b) per spossessamento; c) per trasformazione. 3) AZIONI CAUTELARI -— AZIONI ED ATTIVITÀ’ DEL CONVENUTO a) Domanda di accertamento negativo della pretesa dell'attore; b) eccezione; c) accertamento incidentale; d) domanda ed eccezione riconvenzionale. -— Domanda riconvenzionale Con la domanda riconvenzionale il convenuto introduce nel processo un nuovo rapporto o una nuova situazione giuridica collegata con quella introdotta dall'attore e chiede la condanna dell'attore. L'articolo 36 rubricato “cause riconvenzionali” prevede due casi: - domanda riconvenzionale che dipende dal titolo dedotto in giudizio dall'attore: in questo caso si avrà stessa causa petendi per le due domande; - domanda riconvenzionale che dipende dal titolo che già appartiene alla causa principale come mezzo di eccezione: i titoli delle due domande sono diversi + la domanda riconvenzionale si collega al fatto dedotto dal convenuto a fondamento della propria accezione. 96 LITISPENDENZA (art 39 co 1) OK Quando si parla di litispendenza ci si intende generalmente riferire a quella frazione temporale che intercorre dal momento della proposizione della domanda a quello del passaggio in giudicato della relativa sentenza. La LITISPENDENZA in senso patologico, di cui all’art 39 cpc, si verifica, invece, quando la stessa causa pende davanti a due o più giudici diversi. - nb: L'articolo 39 CPC parla di “giudici diversi” ma non fa riferimento ad una persona fisica, bensì all'ufficio giudiziario nel suo complesso — c'è litispendenza quando la stessa causa pende davanti ad uffici giudiziari diversi. — Identità della causa Si può parlare, quindi, di stessa causa quando vengono proposte, davanti ad uffici giudiziari diversi, due cause con lo stesso oggetto, cioè due cause con gli stessi soggetti, le quali si identificano per la medesima causa petendi (ragione dell’azione dedotta in giudizio) e per il medesimo petitum (oggetto della domanda, comprensivo sia del bene materiale della lite sia del provvedimento richiesto al giudice); se uno solo di questi tre elementi (soggetti-causa petendi-petitum) è diverso, non si avrà litispendenza. A tal proposito, l'articolo 39 CPC al primo comma afferma che “Se una stessa causa è proposta dinanzi a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato o grado del processo, anche d'ufficio, dichiara, con ordinanza, la litispendenza e dispone la cancellazione della causa”. nb: l’art 39 non può trovare applicazione nel caso in cui i motivi che generano litispendenza (o, anche, continenza) riguardino cause che pendono davanti a due giudici diversi, ma appartenenti allo stesso 97 ufficio giudiziario, poiché per tale ipotesi dovrà farsi ricorso all'istituto della riunione, di cui all'art. 273 del c.p.c. in forza del quale: ‘Se due o più cause identiche pendono dinanzi al medesimo giudice, questi, anche d'ufficio, ne ordina la riunione”. - Pertanto l'ipotesi della riunione va tenuta ben distinta da quella di litispendenza: quest'ultimo fenomeno si ha quando la medesima controversia penda davanti ad uffici giudiziari diversi (art. 39 del c.p.c.), mentre la riunione si applica a procedimenti relativi alla stessa causa che pendono dinanzi a magistrati diversi ma appartenenti al medesimo ufficio giudiziario. Il terzo comma dell'articolo 39 CPC precisa, poi, che la prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione o dal deposito del ricorso — si afferma così il principio della prevenzione, in base al quale la competenza spetta al giudice adito per primo e il giudice adito per secondo deve dichiarare la litispendenza con ordinanza, in ogni stato e grado del giudizio, e disporre la cancellazione della causa dal ruolo.. La litispendenza, in realtà, è vista come una situazione patologica perché quando si verifica si potrebbero avere tante decisioni diverse per una stessa domanda per quanti sono i giudici aditi e, in prospettiva, si potrebbero avere tanti giudicati quante sono le decisioni, questo perché è difficile che una decisione sia perfettamente sovrapponibile ad un'altra, in quanto vige il principio tot capita tot sententiae > La litispendenza in senso patologico viene a rappresentare così l'anticamera del conflitto tra giudicati. E il legislatore, preferendo non intervenire sulla fase Ex Post del conflitto di giudicati, interviene ex ante introducendo diversi istituti che limitano il rischio del conflitto di giudicati. Per quanto attiene alla verifica circa l'effettiva identità delle due o più cause, occorre fare rinvio ai criteri di identificazione della domanda +
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