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Strumenti Giuridici del Potere Esecutivo: Regole e Procedimenti, Appunti di Diritto Pubblico

Politica italianaDiritto CostituzionaleLegislaturaGovernance

I vari strumenti giuridici a disposizione del Governo per attuare la politica e la legislazione. Vengono trattati i poteri relativi alla direzione dell'amministrazione statale, al controllo della funzione legislativa del Parlamento, e alle norme emanate dal Governo. Vengono inoltre discusse le differenze tra le leggi ordinarie e quelle con forza di legge, il procedimento legislativo, e i conflitti tra leggi italiane e europee.

Cosa imparerai

  • Quali sono le competenze del Capo dello Stato in Italia?
  • Quali sono le principali leggi che regolano la promulgazione della legge in Italia?
  • Quali sono le competenze del Governo in Italia?
  • Quali sono le forme di governo in Italia?

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 26/01/2018

valerio-giurelli
valerio-giurelli 🇮🇹

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Scarica Strumenti Giuridici del Potere Esecutivo: Regole e Procedimenti e più Appunti in PDF di Diritto Pubblico solo su Docsity! DIRITTO PUBBLICO Libro “diritto pubblico” (Bin – Pitruzzella) Il termine diritto è impiegato, nel linguaggio tecnico dei giuristi, in almeno due significati diversi: in senso soggettivo, indica una pretesa (esempio: è un mio diritto !); invece, in senso oggettivo, diritto indica un insieme di norme giuridiche, ossia un ordinamento giuridico. Norme giuridiche: insieme di regole poste dallo Stato, e fornite quindi dalla sua sanzione. Norme sociali: insieme di regole che non sono state poste dallo Stato, ma si tratta di comportamenti sociali, che possono essere puniti solamente con sanzioni sociali (es. espulsione dal gruppo). LO STATO: POLITICA E DIRITTO Il Potere sociale è la capacità di influenzare il comportamento di altri individui. A seconda del mezzo utilizzato per esercitare tale influenza sono stati distinti diversi tipi di potere sociale: • Potere economico: si avvale del possesso di certi beni, necessari in una situazione di scarsità, per indurre coloro che non li possiedono a seguire una determinata condotta; • Potere ideologico: si avvale del possesso di certe forme di sapere, di conoscenze, per esercitare un’azione di influenza sui membri di un gruppo inducendoli a compiere o all’astenersi dal compiere certe azioni; • Potere politico: per imporre la propria volontà ricorre come risorsa estrema alla forza. Si obbedisce al comando di chi lo detiene non per il ricorso alla forza, ma perché si ritiene che sia moralmente obbligatorio obbedire a quel comando in quanto chi lo ha adottato è moralmente autorizzato a farlo (principio di giustificazione, detta legittimazione). Questo potere è esercitato dallo Stato, ma attraverso la costituzione questo potere è stato limitato. LO STATO Stato è un’organizzazione che esercita il potere politico, che esercita il monopolio della forza legittima in un determinato territorio e si avvale di un apparato amministrativo. LA NASCITA DELLO STATO MODERNO La spinta alla concentrazione del potere politico nello Stato è nata come reazione alla dispersione del potere tipica del sistema feudale. Il sistema feudale prevedeva una serie di diritti e obblighi tra signore e vassallo. Il signore cedeva un feudo al vassallo che a sua volta veniva ceduto in parte ad un altro vassallo. In questo modo i vassalli svolgevano anche il ruolo di signori allo stesso tempo, in questo modo non era però possibile controllare in pieno tutto ciò che succedeva, proprio per questo si è deciso di passare il potere politico allo stato. SOVRANITA’ La sovranità ha due aspetti: • Aspetto interno: consiste nel supremo potere di comando in un determinato territorio, che è tanto forte da non riconoscere nessun altro potere al di sopra di sé. • Aspetto esterno: consiste nell’indipendenza dello Stato rispetto a qualsiasi altro Stato. ✓ La Costituzione Italiana afferma che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. 1 SOVRANITA’ E ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE Il processo di limitazione giuridica della sovranità “esterna” degli Stati, con la finalità di garantire la pace e tutelare i diritti umani, è stato avviato con il trattato istitutivo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). La limitazione della sovranità statale diventa molto più evidente ed intensa con la creazione in Europa di Organizzazioni sovranazionali. Gli Stati membri hanno trasferito a tali organizzazioni poteri rilevanti, attribuendo loro sia la competenza a produrre norme giuridiche, sia il potere di adottare, in certi campi, decisioni prima riservate agli Stati. TERRITORIO Il diritto internazionale ha elaborato un corpo di regole che servono a delimitare l’esatto ambito territoriale di ciascuno Stato. Il territorio è costituito: 1. Terraferma: è la porzione di territorio delimitata da confini, che possono essere naturali o artificiali. I confini sono delimitati da trattati internazionali; 2. Mare territoriale: è quella fascia di mare costiero interamente sottoposta alla sovranità dello Stato; 3. Piattaforma continentale: parte del fondo marino di profondità costante che circonda le terre emerse prima che la costa sprofondi negli abissi marini. Lo Stato ha perduto il potere di trattenere entro i propri confini alcuni fattori produttivi o di impedire o ostacolare l’ingresso ai beni prodotti in un altro Paese. Tra gli Stati membri dell’Unione Europea si è creato uno “spazio senza frontiere interne”, ispirato al “principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza”. CITTADINANZA La cittadinanza è uno status cui la Costituzione riconnette una serie di diritti e di doveri (es. diritti politici come l’elettorato attivo e passivo, e doveri costituzionali come il dovere di difendere la patria, concorrere alle spese pubbliche). La cittadinanza italiana si acquista con: a. Con la nascita; b. Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se entro un anno dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana; c. Su istanza dell’interessato rivolta al sindaco del Comune di residenza o all’autorità consolare. Presupposto della cittadinanza dell’Unione Europea è la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione “completa la cittadinanza nazionale e non la sostituisce”. Il cittadino dell’Unione, oltre a poter agire in giudizio davanti agli organi di giustizia dell’Unione, può agire nei confronti dello Stato di cui possiede la cittadinanza per far valere i diritti che gli spettano in forza della cittadinanza comunitaria. LO STATO COME APPARATO L’APPARRATO BUROCRATICO 2 3. LO STATO DI DEMOCRAZIA PLURALISTA Con l’introduzione del suffragio universale sono nati e si sono affermati i moderni partiti di massa, caratterizzati da una solida struttura organizzativa che ha consentito loro di essere radicati nella società e di diventare strumenti di mobilitazione popolare. I partiti tengono collegati eletti ed elettori e questi partiti sono formati da persone professionalmente legati alla politica (che diventa una professione) dando vita ad una burocrazia di partito. Mentre nei paesi si combatteva contro il pluralismo ed il partito unico con lo Stato, in Italia ed in Germania si affermò favorevole a questo nuovo partito il partito fascista (che concentrava il potere in un unico organo) ed il partito nazionalsocialista. Tra gli stati riconducibili a questo modello, permangono alcune differenze: • Differenza relativa al ruolo ed ai caratteri dei partiti politici. In Europa l’esperienza politica costituzionale è rimasta contrassegnata dal fondamentale ruolo dei partiti politici di massa, gli Stati Uniti hanno conosciuto un modello diverso di partito. I partiti americani sono “macchine elettorali” al servizio di un candidato, privi di una precisa identità ideologica e di significative differenze programmatiche. • L’omogeneità e l’eterogeneità della cultura politica. In alcuni paesi come gli Stati Uniti c’è stata un’evoluzione storica che ha portato a condividere, tra tutti i principali soggetti del pluralismo politico e sociale, i principi fondamentali della democrazia pluralista. In altri come l’Italia, la società è rimasta divisa in settori sociali separati e tra loro non comunicanti. • L’intervento dello Stato nell’economia e nella società. In alcuni paesi, questo intervento si è attuato in modo tale da restare a livelli moderati mantenendo una “dominanza privatistica” nei rapporti economici e sociali, mentre altri paesi hanno avuto una “dominanza pubblicistica” nell’economia per il prevalere di finalità sociali. Lo Stato di democrazia pluralista ha subito importanti trasformazioni in risposta alle sfide a partire dagli anni 80 con la crisi fiscale, globalizzazione, integrazione europea, società post-classica. Si è avuta la crisi fiscale dello stato (dagli anni 70), per indicare la tendenza alla crescita della spesa pubblica, per coprire la quale la pressione fiscale ha raggiunto livelli così elevati da determinare ribellione dei ceti più colpiti. La globalizzazione, successivamente, ha posto il problema del mercato unico,dove i capitali e investimenti si muovono dove si ha il massimo realizzo (migliori condizioni quali economiche e finanziarie) quindi lo Stato non può spingere troppo la pressione fiscale altrimenti si rischia di spostare capitali all’estero. In secondo luogo, lo Stato deve guardare al Bilancio, poiché eccessivi disavanzi (eccessiva spesa) richiede la copertura mezzo indebitamento (che riduce la liquidità dei consumatori), e infine, la flessibilità che le imprese chiedono nel mondo del lavoro. Tutte queste spinte hanno come obiettivo il non far perdere competitività al sistema economico nazionale. L’integrazione europea, poi, ha dato dei limiti da rispettare, come la crescita, il deficiti/pil ecc. Il bilancio deve essere a pareggio, la spesa deve essere coperta solo da una piccola percentuale dell’indebitamento. Si assiste, quindi, al tentativo di adeguare lo Stato alle esigenze della competitività internazionale, garantendo però almeno pari opportunità di vita ai suoi cittadini, trasformandolo in Stato sociale competitivo. RAPPRESENTANZA POLITICA Responsabilità politica significa che un soggetto dotato di potere politico dovrà rispondere ad un altro soggetto per il modo in cui ha esercitato questo potere e, nel caso di giudizio negativo, andrà incontro alla sanzione rappresentata dalla perdita del potere politico. Dalla Costituzione francese del 1791 la sovranità è stata trasferita dal Re alla Nazione. In questo modo tutti i parlamentari erano chiamati a decidere in nome e per conto della Nazione. 5 LA RAPPRESENTANZA POLITICA NELLO STATO DI DEMOCRAZIA PLURALISTA Il problema di fondo che i sistemi rappresentativi delle democrazie pluraliste hanno dovuto affrontare è “come assicurare la capacità del sistema di decidere senza che venga meno la legittimazione democratica dello Stato, la quale presuppone il libero e genuino consenso popolare?”. Il problema può essere risolto mettendo insieme e facendo convivere i due aspetti della rappresentanza politica: la rappresentanza come rapporto tra gli elettori, per garantire la legittimazione del sistema e la rappresentanza come titolo di esercizio autonomo del potere. I modi in cui questo equilibrio si è realizzato variano da sistema a sistema: • Lo stato dei Partiti. La prima soluzione ha fatto leva sulla “doppia virtù” dei partiti politici, ossia sulla loro capacità di accoppiare i due aspetti della rappresentanza. Da un lato i partiti sociali di integrazione assicurano il collegamento stabile con gli elettori. Dall’altro lato, i partiti possono trascendere gli interessi particolari degli individui e dei gruppi rappresentati, che vengono mediati alla luce del programma e della ideologia del partito, per pervenire ad una sintesi politica. • Il rafforzamento del Governo e l’investitura popolare diretta del suo capo. Il Parlamento diventa sempre di più sede della “rappresentanza-rapporto” con i singoli collegi elettorali ed i gruppi sociali particolari, il Governo è l’organo deputato a trascendere il particolarismo degli interessi per comporli in una sintesi che riflette una determinata visione dell’interesse generale. Il governo è politicamente responsabile nei confronti dell’intero corpo elettorale nazionale. • Gli assetti neo corporativi si affiancano al sistema rappresentativo basato su elezioni libere e sui partiti politici, nel corporativismo pluralista le organizzazioni degli interessi (che sono autonome e nascono spontaneamente nella società) affiancano la rappresentanza politica. • La rappresentanza territoriale: Si tratta dell’istituzione di una seconda Camera a base territoriale in cui sono rappresentati direttamente gli enti territoriali (Stati membri, Regioni ecc..) • La sottrazione della decisione al circuito rappresentativo, Si tratta dell’esclusione della regolamentazione e dal controllo di certi settori della decisione proveniente dal circuito rappresentativo; nel contempo si affida la cura di determinati interessi di rilievo costituzionale inerenti quei settori come l’interesse alla tutela della concorrenza nel mercato – d autorità amministrative indipendenti, autonome rispetto al circuito democratico – rappresentativo. DEMOCRAZIA DIRETTA E DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA Democrazia diretta: si affida direttamente al popolo l’esercizio di alcune funzioni, consentendogli di assumere delle decisioni immediatamente efficaci nell’ordinamento statale. Gli istituti di democrazia diretta si riducono soprattutto ai seguenti: • L’iniziativa legislativa popolare, la costituzione attribuisce il potere di esercitare l’iniziativa legislativa ad un certo numero di cittadini; • La petizione, consiste in una determinata richiesta che i cittadini possono rivolgere agli organi parlamentare o di Governo per sollecitare determinate attività; • Il referendum, che consiste in una consultazione dell’intero corpo elettorale, produttiva di effetti giuridici. Gli Stati di democrazia pluralista sono basati sui sistemi rappresentativi, che affidano le principali funzioni pubbliche ad organi dello Stato distinti dal popolo. LA SEPARAZIONE DEI POTERI IL MODELLO LIBERALE 6 Il principio della separazione dei poteri è stato elaborato dal costituzionalismo liberale con l’obiettivo di limitare il potere politico per tutelare la libertà degli individui. Montesquieu nel suo libro scriveva che se il fine dello Stato è quello di assicurare la libertà politica, è necessario che i poteri pubblici siano tre e siano tra di loro distinti. I tre poteri sono: il potere legislativo, che consiste nel porre le leggi, il potere esecutivo, che consiste nell’applicare le leggi all’interno dello Stato e nel tutelare lo Stato medesimo dalle minacce esterne, il potere giudiziario, che consiste nell’applicare la legge per risolvere una lite. Poiché il potere lasciato a se stesso tende ad abusare, si crea tra i diversi poteri un sistema di controlli reciproci, dando luogo ad un sistema di pesi e contrappesi. FORME DI GOVERNO • Presidenziale: (usato in America) il Parlamento eletto direttamente dai cittadini ha il potere legislativo. Mentre il Presidente, eletto sempre dai cittadini, è titolare del potere esecutivo. La divisione tra i poteri è netta, e i due organi non possono entrare il contrasto (il presidente non può sfiduciare il parlamento e viceversa). • Parlamentare: (usato in Italia) il potere legislativo è affidato al parlamento, eletto dai cittadini. Mentre il potere esecutivo è affidato al governo, che viene eletto dal presidente della repubblica ma per poter operare deve avere la fiducia del parlamento. LA SEPARAZIONE DEI POTERI NELLE DEMOCRAZIE PLURALISTE La funzione di indirizzo politico consiste nella determinazione delle linee fondamentali di sviluppo dell’ordinamento e della politica interna ed esterna dello Stato e nella cura della loro coerente attuazione. Art 97 Cost. È stata introdotta la separazione tra politica e amministrazione. Si crea così una distinzione tra i poteri di indirizzo, che spettano agli organi di Governo, ed i poteri di gestione amministrativa affidati ai dirigenti. L’amministrazione assume dunque una propria autonomia giuridica rispetto al governo, anche se resta collegata al suo indirizzo politico e amministrativo. Le alterazioni rispetto al modello liberale della separazione dei poteri sono: a. La funzione legislativa non si caratterizza più per la produzione di norme giuridiche generali e astratte. La legge assume i caratteri del concreto provvedere, ossia contiene prescrizioni che si riferiscono a soggetti determinati ad a situazioni concrete, sicché si parla di legge-provvedimento (es. prevede riserva di posti in un concorso pubblico); b. Anche la funzione giurisdizionale ha caratteri differenti dal modello liberale, intanto, il giudice ha una funzione sì giudiziaria ma si rifà alla sua discrezionalità e alla interpretazione della legge che spesso non è chiara e, su di essi vengono scaricate domande che non hanno trovato risposta nei tradizionali circuiti rappresentativi, spingendo così i giudici a riconoscere e tutelare “nuovi diritti” prima dell’intervento del legislatore. Gran c. Gran parte delle democrazie pluraliste vede la presenza di un’altra nuova funzione, che è quella della garanzia giurisdizionale della Costituzione, realizzata nei confronti di tutti i poteri dello Stato, compreso il legislativo. In altri Stati, come in Italia, esiste l’organo Costituzionale Presidente della Repubblica, distinto e autonomo rispetto al Governo, e con la funzione principale di garantire gli equilibri costituzionali, senza partecipare all’indirizzo politico. LA REGOLA DI MAGGIORANZA 7 toglie la fiducia alla commissione europea e ne controlla l’operato. Inoltre il Parlamento può nominare un Mediatore per indagare sui casi di cattiva amministrazione delle istituzioni comunitarie, denunciate dai cittadini. 2. CONSIGLIO EUROPEO: formato da tutti i capi di Stato e di governo degli Stati membri. Elegge un presidente che è a carica per due anni e mezzo che può essere rieletto una sola volta. Rappresenta l’unione europea, coordina i lavori… È un ordine politico perché stabilisce gli obiettivi che deve raggiungere l’unione europea. È chiamato vertice perché è presente il massimo rappresentante dello Stato. 3. CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA: formato da 28 membri (uno per ogni paese), vi partecipano i ministri competenti nelle materie che bisogna trattare. Ha il potere legislativo insieme al parlamento. Il consiglio prende le decisioni a maggioranza qualificata cioè deve esserci una doppia maggioranza: maggioranza numerica degli stati e questi devono rappresentare la maggioranza dei cittadini dell’unione europea). 4. COMMISSIONE: è titolare del potere esecutivo. Propone le leggi, dirige l’apparato amministrativo, gestisce il bilancio, verifica che le politiche europee siano attuate, verifica che vengano rispettati i trattati. Il presidente viene indicato dal consiglio e deve essere approvato dal parlamento, una volta scelto il presidente, consiglio e presidente scelgono gli altri 27 membri. La commissione deve avere la fiducia del parlamento per operare, viene poi scelto un vicepresidente denominato “ministro degli esteri”. 5. CORTE DI GIUSTIZIA: assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione ed applicazione del trattato. 6. CORTE DEI CONTI: è l’organo di controllo contabile della Comunità. 7. COMITATO ECONOMICO E SOCIALE: è un organo consultivo del Consiglio. È composto dai rappresentanti delle diverse categorie economiche e sociali ed esprime i suoi pareri obbligatoriamente, nei casi previsti dal Trattato, o su richiesta delle istituzioni comunitarie, o di propria iniziativa. 8. COMITATO DELLE REGIONI: è composto dai rappresentanti delle collettività regionali e locali, delle quali esprime le istanze a livello comunitario. COMPETENZE DELL’UNIONE EUROPEA • Competenze esclusive: su determinate materie (indicate sui trattati) l’unico soggetto competente legittimato è l’unione europea. (es. libera circolazione, concorrenza, politica monetaria…) • Competenze concorrente: la normativa può essere emanata dagli stati membri fino a quando non interviene l’unione. Quando interviene la competenza passa dagli stati membri all’UE. (es agricoltura, ambiente, energia..) • Competenze integrative: l’unione europea fa interventi di aiuto agli stati. Ma la sovranità di queste materie rimane di competenza agli stati. IL MERCATO TRA STATO E UNIONE EUROPEA Dirigismo economico: secondo cui lo Stato deve intervenire nell’economia orientandola e dirigendola per il conseguimento dei suoi obiettivi politici e sociali. Alla creazione di un mercato unico europeo si è giunti utilizzando tre strumenti previsti dai Trattati: 1. La libertà di circolazione delle merci, dei lavoratori, dei servizi e dei capitali; 2. Il divieto degli aiuti finanziari; 3. La disciplina della concorrenza, e sotto qualsiasi forma, dello Stato alle imprese, salve alcune specifiche eccezioni. 10 Il MERCATO UNICO è stato completato dalla creazione di una moneta unica (l’Euro), nonché dalla definizione e dalla conduzione di una politica monetaria e di una politica del cambio uniche, gestite direttamente da istituzioni comunitarie: il Sistema europeo di banche centrali. La politica monetaria e la politica del cambio comuni devono avere un obiettivo prioritario: la stabilità dei prezzi, e quindi la lotta all’inflazione. Solo dopo aver assicurato questo obiettivo, può servire a sostenere le altre politiche della Comunità, ma anche qui conformandosi ad un altro principio, quello della libertà di concorrenza. LA NUOVA GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA Principali innovazioni: a. Il semestre europeo, che consiste in una procedura finalizzata al coordinamento preventivo delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri; b. La nuova sorveglianza macroeconomica e finanziaria, introdotta con il cosiddetto six pack che ha modificato il Patto di stabilità e crescita. Con il two pack è stato introdotto un meccanismo di sorveglianza sui dati macroeconomici di ciascun paese, per cui se la Commissione ritiene che vi siano degli squilibri può richiedere allo Stato di adottare misure di politica economica dirette alla loro eliminazione; c. Il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’Unione europea. Porta l’introduzione del pareggio di bilancio e l’individuazione di un percorso di riduzione del debito pubblico; d. L’introduzione di un meccanismo di solidarietà diretto ad aiutare gli Stati in difficoltà finanziarie. e. La creazione di un’Unione bancaria, diretta a evitare i rischi di “contagio” tra sistema finanziario privato e finanza pubblica degli Stati. FORME DI GOVERNO LE FORME DI GOVERNO DELLO STATO LIBERALE La monarchia costituzionale è la forma di governo che si afferma nel passaggio dallo Stato assoluto allo Stato liberale. La monarchia costituzionale si caratterizza per la netta separazione dei poteri tra il Re ed il Parlamento, titolari rispettivamente del potere esecutivo e del potere legislativo. il monarca aveva il potere di nominare i ministri, che erano suoi diretti collaboratori, nonché il potere d sciogliere anticipatamente la Camera elettiva del Parlamento; il Parlamento, era titolare del potere legislativo con cui approvava le norme limitatrici dei poteri dell’amministrazione. Nel governo parlamentare, tra il Re ed il Parlamento si è inserito un terzo organo, il Governo. Se il Governo, pur nominato dal Re, deve poi ottenere il voto favorevole del Parlamento sul bilancio annuale, sulle leggi tributarie e su quelle che servono al suo programma politico. Esso può reggere solo se gode della “FIDUCIA” del Parlamento. PARLAMENTARISMO DUALISTA E PARLAMENTARISMO MONISTA Il sistema parlamentare delle origini era un parlamentarismo dualista, dotato dai seguenti caratteri: a. Il potere esecutivo era ripartito tra il Capo dello Stato e il Governo; b. Il Governo doveva avere una doppia fiducia, quella del Re e quella del Parlamento; c. A garanzia dell’equilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo, al Capo dello Stato era riconosciuto il potere di scioglimento anticipato del Parlamento, che fungeva da contrappeso alla responsabilità politica del Governo. Il principale strumento attraverso cui si è realizzata questa trasformazione del ruolo del Capo dello Stato è la controfirma. Essa ha assunto la funzione di trasferire al Governo, controfirmante, la responsabilità politica per gli atti del Capo dello Stato. Il parlamentarismo è diventato, così monista, perché il potere di direzione politica si è concentrato nel sistema Parlamento- Governo, intimamente legati grazie al rapporto di fiducia. 11 LE FORME DI GOVERNO NELLA DEMOCRAZIA PLURALISTA ED IL SISTEMA DEI PARTITI Quando è molto elevata la distanza ideologica tra i partiti, e particolarmente tra quelli che costituiscono le “ali estreme” del sistema, si dice che il sistema politico è ideologicamente polarizzato. In questo caso, diminuiscono le possibilità di aggregazione tra i partiti, esistono perfino dei partiti che vengono visti come partiti nemici dell’ordinamento democratico (partiti antisistema). In questo caso difficilmente può operare la regola di maggioranza per la formazione del Parlamento e del Governo. Diversa è la situazione in quei sistemi politici in cui le distanze ideologiche tra i partiti sono ridotte, con la conseguenza che ciascuno di essi ha un elevato potenziale di coalizione. In questo caso, anche se il sistema p pluripartitico, esso finisce per imperniarsi su due poli (sistema bipolare). Di conseguenza, la competizione elettorale è vissuta come competizione tra due poli politici tra loro alternativi. Le principali forme di governo nelle democrazie pluraliste sono: sistema parlamentare, sistema presidenziale, sistema semipresidenziale. IL SISTEMA PARLAMENTARE E LE SUE VARIANTI FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE E RAZIONALIZZAZIONE DEL POTERE La forma di governo parlamentare si caratterizza per l’esistenza di un rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento: il primo costituisce emanazione permanente del secondo, il quale può costringerlo alle dimissioni votandogli contro la sfiducia. Razionalizzazione del parlamentarismo: attribuisce particolare risalto al ruolo del capo del Governo, chiamato Cancelliere federale. Per questa ragione tale forma di governo è spesso detta “cancellierato”. È previsto che il Cancelliere federale sia eletto senza dibattito dalla Camera politica su proposta del Presidente federale. È eletto colui che ottiene il maggior numero di voti; ma se questi non raggiunge la maggioranza assoluta, il Presidente federale deve scegliere se nominarlo o sciogliere la Camera. Con la sfiducia costruttiva la Camera politica può votare sfiducia al Cancelliere solamente se contestualmente elegge, a maggioranza assoluta, un successore. • PARLAMENTARISMO MAGGIORITARIO : si caratterizza per la presenza di un sistema politico bipolare, con due partiti, ciascuno formato da più partiti, fra loro alternativi. Le elezioni danno vita ad una maggioranza politica, il cui leader va ad assumere la carica di Primo ministro. Il governo ha il sostegno di una maggioranza politica che lo sostiene per tutta la durata della legislatura. Il governo dispone dell’appoggio della maggioranza, che può dirigere per ottenere l’approvazione parlamentare dei disegni di legge che propone. Si contrappone poi il partito o la coalizione di partiti di minoranza, che costituisce l’opposizione parlamentare ( aspetta di prendere il posto della maggioranza nella prossima elezione). Questo partito viene chiamato in Inghilterra il “Gabinetto ombra”. • PARLAMENTARISMO A PREVALENZA DEL PARLAMENTO: è caratterizzato da un sistema politico che opera seguendo un modulo multipolare. Le elezioni non consentono all’elettore di scegliere né la maggioranza né il Governo. Piuttosto sono i partiti a concludere accordi attraverso cui si forma la maggioranza politica e si individuano la composizione del Governo e la persona che dovrà assumere la carica di Primo Ministro. La stabilità del Governo dipende dal mantenimento degli accordi tra i partiti della maggioranza, ciascuno dei quali ha un potere di pressione e di ricatto; se gli accordi vengono meno, si apre la crisi di Governo. Questo tipo di sistema parlamentare si caratterizza per la debolezza e l’instabilità del Governo. Cresce invece il ruolo del Parlamento, perché il Governo, per mantenere la fiducia, è portato a contrattare con i gruppi presenti nello stesso Parlamento il contenuto delle leggi. PRESIDENZIALISMO Il Capo di Stato: 12 INELEGGIILITA’ PARLAMENTARE: consiste in u impedimento giuridico, precedente all’elezione, che non consente a chi si trova in una delle cause ostative previste dalla legge di essere validamente eletto. INCOMPATIBILITA’: è quella situazione giuridica in cui il soggetto, validamente eletto, non può cumulare nello stesso tempo la funzione di parlamentare con altra carica. Alcune cause sono previste dalla Costituzione ed altre dalla legislazione ordinaria. INCANDIDABILITA’: inizialmente è stata introdotta con riguardo alle sole cariche elettive di livello locale e regionale e poi è stata estesa a tutte le figure politiche. Se l’incandidabilità sopraggiunge dopo l’assunzione della carica si verifica la decadenza della stessa. Quando un soggetto riveste la carica ed è condannato con una sentenza non definitiva, scatta la sospensione della carica, in attesa della sentenza definitiva. IL FINANZIAMENTO DELLA POLITICA Il finanziamento pubblico è a carico del bilancio statale, dei partiti e dei candidati, in modo da assicurare a tutti i soggetti politici pari opportunità nella competizione elettorale. Il finanziamento della politica è un fatto necessario e, per evitare che la politica sia esclusivo appannaggio di chi ha il controllo della ricchezza, numerosi ordinamenti hanno previsto forme di finanziamento pubblico. I SISTEMI ELETTORALI Il sistema elettorale è il meccanismo attraverso cui i voti espressi dagli elettori si trasformano in seggi. Il sistema elettorale si compone fondamentalmente di tre parti. 1. Il tipo di scelta che spetta all’elettore. A seconda della disciplina elettorale adottata, può essere una scelta categorica (può esprimere solamente una scelta secca) od ordinale (può esprimere un ordine di preferenze); 2. La dimensione del collegio, che è l’ambito preso in considerazione per la ripartizione dei seggi in base ai voti. Si distingue in: a. Il collegio unico, che si ha quando esiste un solo collegio che serve a ripartire a i candidati tutti i seggi in palio. b. La previsione di più collegi, ciascuno dei quali eleggerà un certo numero di parlamentari. Possiamo distinguere collegio uninominale (eletto un solo candidato) e il collegio plurinominale (eletti due o più candidati). 3. La formula elettorale, che è il meccanismo attraverso cui si procede alla ripartizione dei seggi tra i soggetti che hanno partecipato alla competizione elettorale. Tenendo conto della formula elettorale, i sistemi elettorali si distinguono in: A. Sistemi elettorali maggioritari: il seggio in palio è attribuito a chi ottiene la maggioranza dei voti. • Se è richiesta la maggioranza assoluta, per essere eletti occorre aver ottenuto almeno la metà più uno dei voti validi. Se nessun candidato la raggiunge, le discipline elettorali prevedono un secondo turno di votazione. Accedono i due candidati risultati più votati al primo turno. • Se è richiesta la maggioranza relativa, è eletto chi ottiene più voti. 15 B. Sistemi elettorali proporzionali: sono quelli in cui i seggi in palio sono distribuiti a seconda della quota di voti ottenuta da ciascuna lista in competizione. In Italia si ha una democrazia maggioritaria. LE ELEZIONI DEL PARLAMENTO EUROPEO a. Il totale dei voti validi ottenuto dalle liste ammesse alla ripartizione dei seggi è diviso per il numero dei seggi da attribuire, ottenendo così il quoziente elettorale nazionale; b. Si divide la cifra elettorale di ciascuna lista ammessa per il quoziente elettorale; c. Il risultato di quest’ultima divisione indica il numero dei seggi che spettano a ciascuna lista; d. I seggi che eventualmente rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali le ultime divisioni hanno dato maggiori resti e a quelle liste che abbiano avuto la maggiore cifra elettorale nazionale. Si passa quindi alla fase successiva, che consiste nell’assegnazione dei seggi, già attribuiti alle diverse liste, alle diverse circoscrizioni. A questo scopo si opera nel modo seguente: 1. Si calcola il quoziente elettorale di lista, che è ottenuto dividendo la cifra elettorale nazionale di lista per il numero dei seggi ad essa assegnati; 2. Si calcola la cifra circoscrizionale di lista, che è eguale al numero dei voti validi ottenuti da ciascuna lista nelle singole circoscrizioni elettorali; 3. Si divide la cifra circoscrizionale di lista per il quoziente elettorale di lista; 4. Il risultato indica il numero di seggi attribuiti a quella lista nella singola circoscrizione; 5. Ove alcuni seggi non risultino assegnati, si applica il metodo dei più alti resti. LA VERIFICA DEI POTERI E IL CONTENZIOSO ELETTORALE La verifica dei poteri è lo specifico procedimento che ciascuna Camera svolge per controllare la regolarità delle operazioni elettorali, nonché l’esistenza o meno di cause di ineleggibilità o incompatibilità di ciascuno dei suoi componenti. A decidere se convalidare o meno l’elezione è la Giunta per le elezioni, che fa la sua proposta all’Assemblea cui spetta la decisione definitiva. L’ORGANIZZAZIONE COSTITUZIONALE IN ITALIA LA DISCIPLINA DEL RAPPORTO DI FIDUCIA E LA MAGGIORANZA POLITICA La forma di governo italiana, delineata dalla Costituzione, è una forma di governo parlamentare a debole razionalizzazione, in cui cioè sono previsti solo limitati interventi del diritto costituzionale per assicurare la stabilità del rapporto di fiducia e la capacità di direzione politica del Governo. Art. 94 Costituzione Il governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione. Il procedimento di formazione del Governo termina positivamente solo se le Camere votano la fiducia del Governo. 16 TRASFORMAZIONI DEL SISTEMA POLITIO E TRASFORMAZIONI DELLA FORMA DI GOVERNO Multipartitismo esasperato: sistema caratterizzato non solo dalla presenza di un elevato numero di partiti, ma contraddistinto da una notevole distanza ideologica tra i partiti che ne fanno parte. Le caratteristiche della società e del sistema politico impedivano l’affermazione di una democrazia maggioritaria e richiamavano molti dei presupposti della democrazia consociativa. a. Erano impraticabili sia la dinamica bipolare del sistema politico, con la contrapposizione maggioranza-opposizione, sia l’investitura popolare diretta del Governo. La forma di governo ha funzionato sulla base di maggioranze formate dopo le elezioni attraverso laboriosi accordi tra i partiti. b. Le maggioranze sono state fondate sull’esclusione permanente dei due poli estremi e si sono imperniate sulla Democrazia cristiana. c. La formazione post-elettorale della maggioranza ha consentito la progressiva attrazione di partiti collocati alle ali estreme del sistema; essi hanno finito per essere integrati nella nostra democrazia pluralista. Il sistema politico quindi condizionava il funzionamento della forma di governo, orientandola verso il parlamentarismo compromissorio. A seguito del processo di ristrutturazione del sistema politico, sostanzialmente tutte le forze politiche hanno accettato i principi della democrazia pluralistica e sono diventate parti potenziali di una maggioranza di governo. Pertanto, esiste una condizione che piò consentire il funzionamento bipolare del sistema politico, che a sua volta costituisce una premessa del parlamentarismo maggioritario. LA FORMAZIONE DELLA COALIZIONE La formazione di una maggioranza politica costituisce una necessità istituzionale. La maggioranza sarà necessariamente formata attraverso l’accordo tra più partiti e prende il nome di coalizione. Il Governo che si basa sulla fiducia ottenuta attraverso l’accordo di più forze politiche, viene chiamato Governo di coalizione, per differenziarlo dai Governi monocolore, che costituiscono espressione di un solo partito e sono tipici del parlamentarismo maggioritario operante in sistemi politici bipartitici (es. Regno Unito). • Coalizioni annunciate davanti al corpo elettorale: il corpo elettorale può scegliere tra coalizioni alternative, quella che vince le elezioni diventa maggioranza che esprime il Governo. Il leader che guida la coalizione nella competizione elettorale è il candidato alla carica di Primo ministro, e sarà nominato in caso di vittoria elettorale. • Coalizioni formate in sede parlamentare dopo le elezioni: nascono da accordi tra i partiti conclusi dopo le elezioni. Ciascun partito si presenta davanti al corpo elettorale con identità e programmi propri e lotta per la conquista del maggiori numero di seggi parlamentari. Solamente dopo le elezioni iniziano le negoziazioni per la scelta della maggioranza di governo e del suo programma: sul tavolo del negoziato ciascun partito potrà far valere la forza che deriva dal grado di consenso elettorale ottenuto. L’elettore non sceglie né la maggioranza né la persona che ricoprirà la carica di Primo ministro. CRISI DI GOVERNO La crisi di Governo consiste nella presentazione delle dimissioni del Governo causate dalla rottura del rapporto di fiducia tra il Governo ed il Parlamento. 17 C. Attribuzione al Presidente del Consiglio di poteri strumentali rispetto al coordinamento delle attività dei ministri: ▲ Può sospendere l’adozione di atti da parte dei ministri competenti, sottoponendo le relative questioni al Consiglio dei ministri; ▲ Adotta le direttive politiche ed amministrative in attuazione delle deliberazioni del Consiglio dei ministri, ovvero quelle relative alla direzione della politica generale del Governo; ▲ Adotta l direttive per assicurare l’imparzialità, il buon andamento e l’efficienza della pubblica amministrazione; ▲ Concorda con i ministri interessati le pubbliche dichiarazioni che essi intendano rendere e che impegnano la politica generale del Governo; ▲ Può istituire particolari Comitati di ministri con il compito di esaminare in via preliminare questioni di comune competenza o esprimere pareri su questioni da sottoporre al Consiglio dei ministri. GLI STRUMENTI PER L’ATTUAZIONE DELL’INDIRIZZO POLITICO Le linee generali dell’indirizzo politico e amministrativo del Governo sono espresse nel programma di governo, predisposto dal Presidente del Consiglio ed approvato dal Consiglio dei ministri. Per attuare il suo indirizzo politico, il Governo ha a disposizione una molteplicità di strumenti giuridici, ed in particolare: a. La direzione dell’amministrazione statale; b. I poteri di condizionamento della funzione legislativa del Parlamento, che riguardano sia la fase della programmazione dei lavori parlamentari, sia il procedimento legislativo vero e proprio; c. I poteri normativi di cui è direttamente titolare il Governo e che consistono nell’adozione degli atti aventi forza di legge e dei regolamenti. SETTORI DELLA POLITICA GOVERNATIVA Vi sono alcuni settori dell’indirizzo politico che formano oggetto di discipline giuridiche particolari ed in cui si sviluppano prassi che sostanzialmente concentrano nel Governo il potere decisionale: 1. La politica di bilancio e finanziaria, la legge attribuisce il compito di elaborare i diversi documenti che definiscono il quadro finanziario di riferimento dell’attività dello Stato; 2. La politica estera si sostanzia nella stipula dei trattati internazionali e nelle relative attività preparatorie, nella cura dei rapporti con gli Stati, particolarmente nell’ambito delle organizzazioni internazionali cui l’Italia partecipa; 3. La politica europea; 4. La politica militare; 5. Politica informativa e di sicurezza. GLI ORGANI AUSILIARI Sono quegli organi cui sono attribuite funzioni di ausilio nei confronti di altri organi; tali funzioni sono prevalentemente riconducibili a compiti di iniziativa, di controllo e consultivi. A. Il consiglio nazionale dell’economia e del lavoro; B. Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo ed organo giurisdizionale di appello della giustizia amministrativa; C. La Corte dei Conti esercita: • Il controllo preventivo di legittimità su alcuni atti delle amministrazioni statali; • Il controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato; • Partecipa al controllo sulla gestione finanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria; • La funzione giurisdizionale (In materia di giudizi di responsabilità dei pubblici funzionari per il danno recato alle amministrazioni pubbliche statali, regionali e locali; di giudizi di conto su conti 20 presentati da coloro che hanno una funzione di maneggio di denaro, beni o valori di amministrazioni pubbliche; di giudizi in materia di pensioni). IL PARLAMENTO La costituzione ha optato per un bicameralismo perfetto con due Camere dotate delle medesime funzioni. Ciascuna Camera può deliberare la concessione o il ritiro della fiducia al Governo, mentre la formazione di una legge richiede che ciascuno dei due rami del Parlamento adotti una deliberazione avente ad oggetto il medesimo testo legislativo. CAMERA DEI DEPUTATI SENATO DELLA REPUBBLICA Composizione 630 membri 315 membri + senatori a vita Elettorato attivo (coloro che possono votare) Cittadini italiani + 18 anni Cittadini italiani + 25 anni Elettorato passivo (coloro che possono candidarsi) Cittadini italiani + 25 anni Cittadini italiani + 40 anni Durata (legislatura) 5 anni 5 anni FUNZIONI DEL PARLAMENTO • Funzione legislativa; • Controlla il Governo (nozione di fiducia e sfiducia); • Funzione elettiva. PARLAMENTO IN SEDUTA COMUNE: ✓ Elezione del Presidente della Repubblica; ✓ Elezione di 5 giudici della Corte Costituzionale; ✓ Elezione di 8 giudici del Consiglio superiore della magistratura; ✓ Votazione dell’elenco dei cittadini dal quale si sorteggiano i membri “aggregati” alla Corte costituzionale per giudicare sulle accuse costituzionali; ✓ La messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica. L’ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLE CAMERE: PRESIDENTI E UFFICI DI PRESIDENZA • PRESIDENTE: è eletto tra i componenti della camera e del senato e generalmente è espressione della maggioranza. Stabilisce l’ordine del giorno e regola le sedute, dirigono la discussione e mantengono l’ordine. • CONSIGLIO DI PRESIDENZA: altri parlamentari che hanno la funzione di vicepresidenti. È eletto tra maggioranza e opposizione. • COMMISSIONI PERMANENTI COMPETENTI PER MATERIA: commissioni che vengono create con il Parlamento e durano la legislatura. Trattano materie specifiche e preparano il testo che poi viene approvato dall’aula, o approva un testo di legge. Sono composte da parlamentari scelti dai gruppi. • COMMISSIONE DI VIGILANZA: commissione di camerari che hanno funzioni di controllo. La presidenza è affidata all’opposizione. • COMMISSIONI D’INCHIESTA: commissione di camerari che svolgono l’attività di indagine politica su fatti rilevanti (es. mafia). 21 • GRUPPI PARLAMENTARI: gruppo di parlamentari che fanno parte ad uno stesso movimento. Hanno il potere di designare i membri che faranno parte delle commissioni parlamentari e organizzano i lavori dell’assemblea. FUNZIONAMENTO DEL PARLAMENTO Le funzioni della Camera e del Senato possono essere esercitate anche al di là del termine di scadenza, nel caso della proroga con legge. Per la validità della seduta, la Costituzione richiede la maggioranza dei componenti, ciò significa che il numero legale della seduta di raggiunge con la partecipazione alla stessa della metà più uno dei deputati o senatori. Per la validità delle deliberazioni è richiesta la maggioranza dei presenti. Alla camera, i deputati qualora abbiano dichiarato di astenersi sono computati ai fini del numero legale nelle votazioni in cui esso debba essere accertato, ma sono considerati come non presenti nel computo della maggioranza richiesta per l’adozione della deliberazione. Al Senato chi è intenzionato ad astenersi si allontana fisicamente dall’aula o dalla commissione, così da raggiungere un risultato analogo a quello che si raggiunge alla Camera dei deputati. La regola generale è quella del voto palese, l’eccezione è il voto segreto. LE PREROGATIVE PARLAMENTARI Con l’espressione prerogative parlamentari si fa riferimento agli istituti che mirano a salvaguardare il libero e ordinato esercizio delle funzioni parlamentari, ponendole al riparo dai condizionamenti che altri poteri dello Stato potrebbero esercitare. Esse dovrebbero servire a tutelare la libertà di opinione dei parlamentari, che sta alla base di un corretto svolgimento della vita parlamentare. L’art. 68 Cost. prevede due distinti istituti: 1. l’insindacabilità in qualsiasi sede per le opinioni espresse ed i voti dati nell’esercizio delle funzioni parlamentari; 2. l’immunità penale, in virtù della quale il parlamentare non può essere sottoposto a misure restrittive della libertà personale o domiciliare, nè a limitazioni della libertà di corrispondenza e comunicazione senza la previa autorizzazione della Camera di appartenenza. GLI INTERNA CORPORIS Ogni Camera è dotata di autonomia normativa, per quanto riguarda la disciplina delle proprie attività e della propria organizzazione, di autonomia contabile, per la gestione del proprio bilancio, e di autodichia, ossia della giurisdizione esclusiva per ciò che riguarda i ricorsi relativi ai rapporti di lavoro con i dipendenti. Principio dell’insindacabilità degli interna corporis acta, che consiste nella sottrazione a qualsiasi controllo esterno degli atti e dei procedimenti che si svolgono all’interno delle assemblee parlamentari. LE FUNZIONI DEL PARLAMENTO LA FUNZIONE LEGISLATIVA L’art. 70 Cost. afferma che “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere”. LA FUNZIONE PARLAMENTARE DI CONTROLLO Si concretizza in singoli istituti di diritto parlamentare il cui comune denominatore è quello di essere diretti a far valere la responsabilità politica del Governo nei confronti del Parlamento. Inchieste parlamentari: A. l’interrogazione è una domanda che un parlamentare rivolge, per iscritto, al Governo avente ad oggetto la veridicità o meno di un determinato fatto. 22 • La nota di aggiornamento del DEF, da presentare alle Camere entro il 20 settembre di ogni anno per le conseguenti deliberazioni parlamentari; • Il disegno di legge di bilancio, da presentare alle Camere entro il 30 giugno di ogni anno; • Il disegno di legge di assestamento, da presentare alle Camere entro il 30 giugno di ogni anno; • Gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, da presentare alle Camere entro il mese di gennaio di ogni anno. BILANCIO DI PREVISIONE: 1. Contiene le disposizioni in materia di entrata e di spesa, con effetti finanziari compresi nel triennio considerato del bilancio ed il saldo netto da finanziarie; 2. Contiene le previsioni di entrata e di spesa, espresse sia in termini di cassa che di competenza, formate sulla base della legislazione vigente. Bilancio di competenza: quantifica l’entità prevista delle entrate che le amministrazioni statali acquisiranno il diritto di percepire e l’entità prevista delle spese che le amministrazioni statali assumeranno l’obbligo di effettuare. Bilancio di cassa: quantifica l’entità delle entrate che saranno effettivamente incassate e delle spese che saranno effettivamente sostenute. Pertanto la competenza tiene conto del momento in cui sorge il titolo giuridico dal quale deriva l’entrata o la spesa; la cassa invece di riferisce al compimento, di fatto, delle operazioni di incasso e di pagamento. PROCESSO DI BILANCIO: L’INTRECCIO FRA LEGGE E REGOLAMENTO PARLAMENTARE La corpus della normativa regolamentare è segnato da tre fondamentali direttrici: • La concentrazione procedurale, al fine di razionalizzare il vaglio parlamentare evitando dispersioni e ritardi: la legge di bilancio deve essere approvata entro la fine dell’anno per evitare l’esercizio provvisorio. • In tale procedura, la commissione bilancio ha un ruolo preminente rispetto alle altre commissioni in merito. • I tempi certi della procedura debbono essere accompagnati dal rispetto dei limiti contenutistici della manovra di bilancio. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA • Garantisce il corretto funzionamento del sistema costituzionale; • Assume il ruolo di decisore politico di ultima istanza per i grandi problemi (formazione Governo, elezioni anticipate). • È Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale. • Al Capo dello Stato è attribuita la presidenza del Consiglio supremo di difesa. ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Il Presidente della repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune, integrato dai delegati regionali eletti dai rispettivi Consigli. Elettorato passivo: può essere eletto presidente qualsiasi cittadino italiano che abbia almeno 50 anni e gode dei diritti civili e politici. Dura in carica 7 anni. 30 giorni prima della scadenza del mandato presidenziale, il presidente convoca il Parlamento in seduta comune e i delegati regionali per l’elezione del nuovo Presidente. Una volta eletto, il Presidente della Repubblica, prima di essere immesso nell’esercizio delle sue funzioni, presta giuramento di fedeltà di fronte al Parlamento in seduta comune, accompagnato da un breve discorso, 25 nel quale il Presidente eletto illustra quali saranno i principi cui intende ispirare le proprie funzioni. Durante il mandato il Presidente dispone di un assegno personale e di una dotazione patrimoniale. Nei casi di dimissioni, scadenza naturale del mandato, impedimento permanente, il Presidente della Repubblica diviene di diritto senatore a vita, a meno che non ci rinunci. LA CONTROFIRMA MINISTERIALE Art. 89 Cost. “nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai Ministri proponenti che ne assumono la responsabilità. Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri.” La controfirma è la firma apposta da un membro del Governo sull’atto adottato e sottoscritto dal Presidente della repubblica; essa è requisito di validità dell’atto e la sua apposizione reale rende irresponsabile il Presidente per l’atto adottato, trasferendo la relativa responsabilità in capo al Governo. LA IRRESPONSABILITA’ DEL PRESIDENTE Il Presidente non ha nessuna responsabilità ne politica, ne amministrativa, ne civile, ne penale. Tutte le responsabilità le assume un componente del Governo, perché tutti gli atti del Presidente devono essere controfirmati da un membro del Governo che si assume la responsabilità. Il Presidente negli atti che compie nell’esercizio delle sue funzioni è responsabile solo per due reati: alto tradimento e attentato alla costituzione. LA SOLUZIONE DELLE CRISI: LO SCIOGLIMENTO ANTICIPATO DEL PARLAMENTO a. Il Capo dello Stato può sciogliere entrambe le Camere o anche una sola di esse; b. Prima di sciogliere le Camere deve sentire i loro Presidenti, che esprimono perciò un parere al riguardo, ritenuto unanimemente obbligatorio ma non vincolante; c. Il potere di scioglimento anticipato non può essere esercitato negli ultimi sei mesi del mandato presidenziale, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura. Lo scioglimento anticipato è tato configurato come una sorta di extrema ratio: solo se il Parlamento non è in grado di esprimere nessuna maggioranza e nessun Governo si procede allo scioglimento. Per questa ragione, la dottrina costituzionalistica, quando ha determinato i presupposti dello scioglimento, li ha individuati nell’impossibilità del Parlamento di funzionare correttamente in quanto incapace di formare una maggioranza di qualsiasi tipo. Lo scioglimento anticipato dovuto a tale causa è stato chiamato scioglimento funzionale. In una situazione di gravissima crisi di legittimità dei partiti, si è aggiunta una nuova causa di scioglimento e una lettura più “presidenzialista” del relativo potere. La prima si può individuare nella perdita di rappresentatività del Parlamento, cioè a causa di importanti fatti politici, risulta chiara una forte perdita di fiducia nel Parlamento, che perde il collegamento con la società. Una volta appurata l’impossibilità di soluzione della crisi, il decreto di scioglimento è controfirmato dal Governo dimissionario, che resta in carica per “l’ordinaria amministrazione”. ATTI FORMALMENTE E SOSTANZIALMENTE PRESIDENZIALI Atti per cui il presidente decide anche i contenuti sostanziali. 1. Atti di nomina: 5 senatori a vita, 5 giudici della Corte costituzionale. 26 2. Il rinvio delle leggi: diritto di veto per l’approvazione delle leggi (paragrafo parlamento). 3. I messaggi presidenziali: il Presidente della repubblica può inviare messaggi “liberi” alle Camere per stimolare od orientare l’attività parlamentare sui problemi da lui ritenuti cruciali. 4. Esternazioni atipiche: sono tutte quelle manifestazioni del pensiero presidenziale i cui destinatari sono genericamente la pubblica opinione o il popolo. 5. La convocazione straordinaria delle Camere: è diretta a garantire il funzionamento delle istituzioni costituzionali contro eventuali prevaricazioni della maggioranza. ATTI FORMALMENTE PRESIDENZIALI E SOSTANZIALMENTE GOVERNATIVI Sono atti che sono formalmente adottati dal Capo dello Stato, anche se il loro contenuto è deciso sostanzialmente dal Governo: a. L’emanazione degli atti governativi aventi valore di legge, cioè dei decreti –legge, dei decreti legislativi e regolamenti del Governo. b. L’adozione, con la forma del decreto presidenziale, dei più importanti atti del Governo, ed in particolare della nomina dei funzionari dello Stato. Conservano la forma del decreto presidenziale pochi atti governativi come lo scioglimento anticipato dei Consigli comunali e provinciali, la decisione dei ricordi straordinari al Presidente della Repubblica; c. La promulgazione della legge è attribuita al Capo dello Stato, che deve provvedervi entro un mese dall’avvenuta approvazione parlamentare; d. La ratifica dei trattati internazionali, predisposti dal Governo, ed eventualmente autorizzati dal Parlamento, l’accreditamento dei rappresentanti diplomatici esteri, la dichiarazione dello stato di guerra previa deliberazione delle Camere, chiamate a conferire al Governo i poteri necessari; e. La concessione della grazia e la commutazione delle pene. La controfirma si limita ad attestare la completezza e la regolarità dell’istruttoria e del procedimento seguito, ma non implica un’assunzione di responsabilità politica e giuridica da parte del ministro della giustizia. f. La Costituzione affida al Capo dello Stato i poteri: • Di “autorizzare” la presentazione alle Camere dei disegni di legge governativi • Di “indire” le elezioni delle nuove Camere fissandone la prima riunione, di “indire” il referendum popolare • Di “conferire” le onorificenze della Repubblica • Di “emanare” il decreto di scioglimento dei Consigli regionali e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. LA SUPPLENZA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Tutte le volte in cui il Presidente della Repubblica non può adempiere le sue funzioni, queste sono esercitate dal Presidente del Senato. Impedimento temporaneo: il Presidente del Senato è legittimato all’esercizio delle funzioni presidenziali, assumendo la funzione di supplente del Presidente della Repubblica. Impedimento permanente: in causa di morte o dimissioni, scatta la supplenza del Presidente del Senato, ma in questo caso il Presidente della Camera dei deputati avvia il procedimento per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. REGIONI E GOVERNO LOCALE DALLA COSTITUZIONE ALLA RIFORMA La Costituzione italiana aveva previsto infatti uno Stato regionale e autonomista, basato su Regioni dotate di: • Autonomia politica, cioè sulla capacità di darsi un proprio indirizzo politico; • Autonomia legislativa e amministrativa nelle materie espressamente indicate dalla Costituzione; • Autonomia finanziaria, cioè l’attribuzione di risorse finanziarie necessarie per esercitare le loro competenze, anche attraverso tributi regionali e la partecipazione ai proventi di tributi statali, 27 I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno anche un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali fissati con legge dello Stato, e possono ricorrere all’indebitamento, ma solo per finanziarie spese di investimento. LA FORMA DI GOVERNO REGIONALE Il sistema elettorale delle Regioni ordinarie è basato su una formula elettorale di tipo proporzionale, prevede: • Un premio di maggioranza alla lista o alla coalizione di liste che ottiene più voti a livello regionale; • La caratterizzazione delle liste regionali attraverso il capolista designato per la forma costituzionale, grazie ad una norma transitoria, questa “designazione” si è trasformata in elezione diretta del Presidente della regione; • Una disincentivazione alla presentazione di liste di piccoli partiti mediante l’introduzione di una clausola di sbarramento. LA FORMA DI GOVERNO TRANSITORIA • Il Consiglio regionale, eletto dagli elettori regionali, titolare della funzione legislativa, del potere di fare proposte alle Camere e delle altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi gode della classica prerogativa delle assemblee elettive, cioè dell’insindacabilità dei suoi membri per le opinioni espresse e i voti dati. • Presidente della regione, eletto a suffragio universale e diretto dall’intero corpo elettorale regionale. Il Presidente eletto rappresenta la Regione, dirige la politica della Giunta e ne è responsabile, promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali, dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione. Il Presidente fa parte del Consiglio regionale. • Giunta regionale, è l’organo esecutivo della Regione, il Presidente della Regione oltre a dirigerla, nomina i componenti della Giunta ed ha il potere di revocarli. il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta con mozione motivata. L’approvazione della sfiducia comporta le dimissioni sia della Giunta che del Consiglio regionale. IL MARGINE DELLE SCELTE STATUARIE a. La Costituzione fissa un criterio generale di elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Regione; b. Qualsiasi ipotesi di cessazione del Presidente determinerebbe altresì lo scioglimento del Consiglio regionale; c. Il Consiglio potrebbe sempre votare una mozione di sfiducia contro il Presidente della Regione e questa possibilità non sarebbe derogabile da parte dello Statuto; d. Le Regioni potrebbero allontanarsi da questo modello e orientarsi verso una diversa modalità di elezione del Presidente della Regione; e. Qualora la Regione scegliesse di confermare l’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Regione dovrebbe rispettare la disciplina dell’art 126 Cost.: 1. Il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia con mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei componenti; detta mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione. 2. L’approvazione della mozione di sfiducia comporta la rimozione del Presidente e il contestuale scioglimento del Consiglio regionale. 3. I medesimi effetti conseguono alla rimozione, all’impedimento permanente, alla morte o alle dimissioni volontarie del Presidente, nonché alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio. LA FORMA DI GOVERNO DEGLI ENTI LOCALI 30 ▲ SINDACO: dura in carica 5 anni, eleggibile 2 volte. È eletto dai residenti del comune, le elezioni avvengono in due modi: • Comuni con più di 15000 abitanti: vince il candidato sindaco che riceve 50+1 voti, se nessuno raggiunge la maggioranza assoluta, dopo 15 giorni si ha una nuova elezione dove partecipano solo i 2 candidati con più voti. • Comuni con meno di 15000 elettori: vince il sindaco che prende più voti. ▲ LA GIUNTA ▲ CONSIGLIO COMUNALE AMMINISTRAZIONE PUBBLICA PLURALISMO AMMINISTRATIVO E MOLTEPLICITA’ DEI MODELLI AMMINISTRATIVI Modello ministeriale: l’amministrazione si identificava essenzialmente con l’amministrazione statale e quest’ultima era articolata in organismi strutturati gerarchicamente: al vertice della gerarchia amministrativa c’era un organo chiamato ministro. Quest’ultimo poteva impartire ordini ai funzionari addetti ai diversi uffici in cui si organizzava il ministero. I ministri riconducevano tutti i ministeri all’unitaria politica del Governo, da cui quindi l’amministrazione dipendeva e che dell’operato dell’amministrazione rispondeva politicamente. In questo sistema amministrativo gli enti locali venivano definiti dalla dottrina giuridica come enti autarchici. IL GOVERNO E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Ciascun ministro è preposto ad uno dei grandi rami dell’amministrazione statale che prende il nome di ministero. L’organizzazione dei ministeri è basata sul principio della separazione tra politica e amministrazione: agli organi del governo spetta l’esercizio della funzione di indirizzo politico e amministrativo, che consiste nella determinazione degli obiettivi e dei programmi da attuare, e la verifica della rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli indirizzi impartiti; ai dirigenti amministrativi spetta l’adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, anche mediante il potere di adottare gli atti di spesa, di organizzazione del personale e dei mezzi strumentali di cui l’amministrazione si serve. Il ministro non oltre dieci giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio, definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generali, che indicano obiettivi da perseguire, modalità di azione, standard da rispettare. I PRINCIPI COSTITUZIONALI SULL’AMMINISTRAZIONE a. La legalità della pubblica amministrazione e la riserva di legge in materia di organizzazione. Il principio di legalità può definirsi come la sottoposizione dell’amministrazione alla legge, cioè può fare solo ciò che è previsto dalla legge. È la stessa legge che predetermina come deve agire l’amministrazione. b. L’imparzialità della pubblica amministrazione che vieta di effettuare discriminazioni tra soggetti non sorrette da alcun fondamento razionale. c. Il buon andamento della pubblica amministrazione che richiede un’attività amministrativa che risponda ai canoni dell’efficienza (sia in grado di realizzare il miglior rapporto tra i mezzi impiegati e risultati conseguiti) e dell’efficacia (cioè capace di raggiungere gli obiettivi prefissati). d. Il principio del concorso pubblico per l’accesso al rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni, salvo i casi stabiliti dalla legge, agli impieghi con le amministrazioni pubbliche si accede mediante concorso. e. Il dovere di fedeltà, che è sancito in termini generali per tutti i cittadini e che si specifica nel dovere di adempiere le pubbliche funzioni con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi previsti dalla legge. 31 f. Il principio della separazione tra politica e amministrazione, nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. g. La responsabilità personale dei pubblici dipendenti, che esclude ogni forma di immunità per gli atti da essi compiuti in violazione dei diritti. h. Amministrazione locale, le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni. I PRINCIPI SUL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO Procedimento amministrativo: una sequenza di atti preordinati all’adozione del provvedimento finale. 1. La fase dell’iniziativa, aperta con l’istanza del soggetto interessato ad ottenere il provvedimento finale, oppure dall’iniziativa della stessa amministrazione; 2. La fase istruttoria, in cui si accertano gli elementi di fatto e di diritto su cui si dovrà basare la decisione dell’amministrazione. Si effettua l’esame dei documenti e di effettuano accertamenti di fatto attraverso verifiche, sopralluoghi ed indagini. Tramite il nulla-osta si afferma che non ci sono ostacoli all’adozione del provvedimento finale; 3. La fase costitutiva, che è quella in cui si adotta il provvedimento amministrativo vero e proprio; 4. La fase integrativa dell’efficacia, che si ha quando il provvedimento, per diventare produttivo di effetti giuridici, deve essere seguito da qualche adempimento ulteriore. Legge generale sul procedimento amministrativo: l’attività amministrativa deve conformarsi ai seguenti principi • L’amministrazione persegue i fini stabiliti dalla legge (principio di legalità) ed opera sulla base dei criteri di economicità (che indica il rapporto tra i mezzi impiegati ed i fini conseguiti), di efficacia (che indica il grado di realizzazione degli obiettivi prefissati), di trasparenza (cioè di conoscibilità all’esterno dell’attività amministrativa) e di pubblicità. L’amministrazione non può chiedere ai privati adempimenti, se non siano imposti da esigenze istruttorie. • Ogni procedimento deve essere iniziato d’ufficio, e deve concludersi con un provvedimento espresso. • Il procedimento deve concludersi entro un termine certo, stabilito dalla legge o mediante regolamento. In assenza di una previsione espressa, il termine è di 90 giorni. Il decorso del termine è sospeso quando l’amministrazione deve ancora acquisire informazioni o certificazioni. • Ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato. • Ogni procedimento deve avere un funzionario responsabile, che deve seguire il procedimento dall’inizio alla sua conclusione, curando gli atti istruttori, le comunicazioni e le notificazioni necessarie, chiedendo i pareri necessari, valutando i requisiti di legittimazione ed i presupposti per l’emanazione del provvedimento, accertando i fatti e convocando apposite conferenze di servizio. • I soggetti interessati hanno diritto a partecipare al procedimento. L’amministrazione deve comunicare l’avvio del procedimento tramite comunicazione personale. • La semplificazione amministrativa comporta la ricerca della massima snellezza operativa, della conclusione in tempi certi e rapidi, della riduzione degli oneri imposti ai privati. Nuovi strumenti per la semplificazione amministrativa: • Autocertificazione • Silenzio-assenso: chi tace acconsente • Conferenza di servizi: per prendere una decisione sono necessari più pareri, si definisce una data per riunire questi organi per dare un loro parere • Sportello unico: sportello a cui si fa riferimento per una serie di organizzazioni. I CONTRATTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Le amministrazioni, per il raggiungimento dei loro fini, possono stipulare contratti. Contratti attivi: l’amministrazione acquisisce delle entrate; contratti passivi: l’amministrazione comporta delle spese. 32 Mentre in caso dell’abrogazione la vecchia norma perde efficacia dal giorno dell’entrata in vigore del nuovo atto, ma tutti i rapporti precedenti restano regolati da essa. TIPI DI ABROGAZIONE L’effetto abrogativo può essere prodotto da fenomeni diversi: • abrogazione espressa: per dichiarazione espressa dal legislatore • abrogazione tacita: per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti • abrogazione implicita: perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore. DEROGA E SOSPENSIONE La deroga nasce da un contrasto tra norme di tipo diverso, nel senso che la norma derogata è una norma generale, mentre la norma derogante è una norma particolare: è semplicemente un’eccezione alla regola. La norma derogata non perde la sua efficacia, ma viene limitato il suo capo di applicazione: per cui, se dovesse essere abrogata la norma derogante, automaticamente si rispande l’ambito di applicazione della regola generale. La sospensione dell’applicazione di una norma, sospensione limitata ad un certo periodo e spesso a singole categorie o zone. IL CRITERIO GERARCHICO E L’ANNULLAMENTO Il criterio gerarchico dice che in caso di contrasto tra due norme si deve preferire quella che nella gerarchia delle fonti occupa il posto più elevato. La prevalenza della norma superiore su quella inferiore si esprime attraverso l’annullamento. L’annullamento è l’effetto di una dichiarazione di illegittimità che un giudice pronuncia nei confronti di un atto, di una disposizione o di una norma. A seguito della dichiarazione perdono validità. L’atto invalido è un atto viziato: • vizi formali: riguardano la forma dell’atto (es. emanato da un organo non competente); • vizi sostanziali: riguardano i contenuti normativi di una disposizione, cioè un contrasto con norme tratte da disposizioni di rango superiore. L’atto annullato non può essere più applicato a nessun rapporto giuridico, anche se sorto in precedenza all’annullamento. CRITERIO DELLA SPECIALITA’ Il criterio della specialità dice che in caso di contrasto tra due norme si deve preferire la norma speciale a quella generale, anche se questa è successiva. Art 15 cod. pen. “Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia stabilito diversamente.” Le norme in conflitto rimangono entrambe efficaci e valide: l’interprete opera solamente una scelta circa quale norma applicare; l’altra norma semplicemente “non è applicata”. CRITERIO DELLA COMPETENZA Serve a spiegare come è organizzato attualmente il sistema delle fonti. Il problema da cui nasce il criterio della competenza è l’introduzione della Costituzione rigida, e quindi una fonte sovrapposta alla legge ordinaria, ha comportato che, accanto alla legge formale siano presenti altre leggi o altri atti equiparati alla legge formale a cui la Costituzione assegna “competenze particolari. A decidere della “prevalenza” si arriva attraverso: a. la distinzione tra gli ambiti di applicazione delle due norme; b. la scelta della norma competente “per ambito”; 35 c. la non applicazione della norma incompetente. RISERVE DI LEGGE E PRINCIPIO DI LEGALITA’ La riserva di legge è lo strumento con cui la Costituzione regola il concorso delle fonti nella disciplina di una determinata materia. L’obiettivo è di evitare che, in materie particolarmente delicate, manchi una disciplina legislativa capace di vincolare il comportamento degli organi del potere esecutivo. Il principio di legalità affonda le sue radici nello Stato di diritto, prescrive che l’esercizio di qualsiasi potere pubblico si fondi su una previa norma attributiva della competenza: la sua ratio è di assicurare un uso regolato, non arbitrario, controllabile, “giustiziabile”, del potere. Tipologie: 1. le riserve a favore di atti diversi dalla legge. Si tratta di: • riserve a favore della legge costituzionale. Alle leggi formate con questo procedimento è riservata la disciplina di alcune materie, quali l’approvazione degli Statuti delle Regioni ad autonomia differenziata, il mutamento delle circoscrizioni regionali; • riserve a favore dei regolamenti parlamentari; • riserve a favore dei decreti di attuazione degli Statuti speciali. 2. La riserva di legge formale ordinaria impone che sulla materia intervenga il solo atto legislativo prodotto attraverso il procedimento parlamentare, con esclusione quindi degli altri atti equiparati alla legge formale stessa. Sono riservate alla approvazione parlamentare tutte quelle leggi che rappresentano strumenti attraverso i quali il Parlamento controlla l’operato del Governo. 3. Le semplici riserve di legge prescrivono che la materia da esse considerata sia disciplinata dalla legge ordinaria, escludendo o limitando l’intervento di atti di livello gerarchico inferiore alla legge, cioè dei regolamenti amministrativi. Assicurare che la disciplina di materie particolarmente delicate venga decisa con la garanzia tipica insita nel procedimento parlamentare. A seconda dei rapporti tra regolamento e legge si distinguono due tipi di riserve di legge: • La riserva assoluta esclude qualsiasi intervento di fonti sub-legislative dalla disciplina della materia che dovrà essere integralmente regolata dalla legge formale ordinaria; • La riserva relativa non esclude che alla disciplina della materia concorra anche il regolamento amministrativo, ma richiede che la legge disciplini preventivamente almeno i principi a cui il regolamento deve attenersi. 4. Le riserve rinforzate sono un meccanismo con cui la Costituzione non si limita a riservare la disciplina di una materia alla legge, ma pone ulteriori vincoli al legislatore. Si possono distinguere: • Le riserve rinforzate per contenuto: si hanno in quei casi in cui la Costituzione prevede che una determinata regolazione possa essere fatta dalla legge ordinaria soltanto con contenuti particolari. Limitano il potere del legislatore, in modo da essere considerate legittime solo a condizione che siano giustificabili in relazione ai fini indicati dalla Costituzione; • Le riserve rinforzate per procedimento prevedono invece che la disciplina di una determinata materia debba seguire un procedimento aggravato rispetto al normale procedimento legislativo. limitano il potere della maggioranza politica nei confronti delle minoranze. LA COSTITUZIONE Negli ordinamenti giuridici moderni, la fonte posta al vertice della gerarchia delle fonti è la Costituzione. La “costituzione” indica gli elementi che caratterizzano un determinato sistema politico, così come esso di fatto è organizzato e funziona. La Costituzione è anche un testo normativo, una fonte del diritto da cui derivano diritti e doveri, obblighi e divieti giuridici, attribuzione di poteri e regole per il loro esercizio. POTERE COSTITUENTE E POTERI COSTITUITI 36 Se tutti i sistemi politici hanno una costituzione in senso descrittivo, non tutti hanno anche un testo normativo chiamato Costituzione. La Costituzione come documento scritto è un fenomeno recente. Con la Costituzione si esaurisce il potere costituente ed inizia il potere costituito. Il potere costituente è definito come un “potere libero”, anzi come “l’unico potere libero”, nessuna regola preesistente la vincola. Non è sempre vero che il potere costituente sia del tutto privo di vincoli giuridici. I condizionamenti di cui risente il potere costituente sono di natura essenzialmente politica. Le regole del gioco politico devono essere condivise dalla maggioranza delle forze politiche; sempre a condizione che queste stesse forse politiche siano capaci di rappresentare i valori e gli interessi della gran maggiorana della società. Il consenso esterno, quello degli altri Stati, che si esprime attraverso la pratica del riconoscimento internazionale. Attraverso la pratica del riconoscimento internazionale, lo Stato acquisisce l’approvazione degli altri Stati, o quantomeno la constatazione della sua esistenza di fatto come Stato sovrano. Ma il riconoscimento è ancora un atto che deriva da valutazioni essenzialmente politiche, che non incide sulla personalità giuridica dello Stato nel diritto internazionale, lo Stato si legittima da sé. Il nuovo regime politico per affermarsi deve fornire garanzie, ed il luogo in cui queste garanzie stanno scritte è la Costituzione: uscendo dalla condizione di potere politico “puro” e dotandosi di una Costituzione alle cui regole dichiara di sottoporsi, il nuovo regime si costituisce come un ordinamento legittimo. COSTITUZIONI “FLESSIBILI” E COSTITUZIONI “RIGIDE” ▲ Sono flessibili le costituzioni, che non prevedono un procedimento particolare per la loro modificazione, ma consentono che questa avvenga attraverso la normale attività legislativa. Non è prevedibile una forma di controllo giudiziario della corrispondenza delle leggi alla Costituzione, perché se la legge dispone diversamente, è la Costituzione a cedere, non la legge. Le Costituzioni dell’ottocento segnavano la fine del potere assoluto. Erano per lo più concesse dal sovrano, che giurava solennemente di rinunciare ad esercitare il potere da solo e di sottoporsi alla legge, e che la legge sarebbe stata il prodotto di un procedimento formale attraverso il quale si doveva realizzare la convergenza delle volontà del Re e dei rappresentanti della società, del Parlamento. Erano Costituzioni che guardavano al passato e non al futuro. La Costituzione è flessibile nella parte in cui non pretende di essere una regola giuridica, o almeno una regola capace di imporsi sulle leggi; ma è più che rigida, addirittura irrevocabile, nella parte in cui attribuisce la sovranità alla legge e al suo procedimento di formazione. ▲ Sono rigide quelle che dispongono, per la modificazione del testo costituzionale, un procedimento particolare, più gravoso di quello previsto per la formazione delle leggi ordinarie. In questo caso è normale invece che la prevalenza della Costituzione sulla legge ordinaria sia garantita da un giudice, che ha il compito di non consentire che vengano applicate leggi contrarie alla Costituzione. Le Costituzioni rigide pretendono che tutte le loro disposizioni abbiano forza regolativa e siano trattate come regole inderogabili. Bisogna preoccuparsi di limitare il potere legislativo, impedendo che le scelte compiute da una occasionale maggioranza parlamentare cambino le regole del gioco politico, le garanzie delle libertà individuali e dei diritti politici, i valori che ogni componente ritiene fondamentali e irrinunciabili. La Costituzione rigida è dunque una Costituzione garantita: è garantita la prevalenza delle sue regole rispetto a qualsiasi altra regola. Le garanzie sono di due tipi: il procedimento di revisione costituzionale e il controllo di legittimità delle leggi. L’introduzione di un procedimento gravoso per cambiare la Costituzione non avrebbe senso se non vi fosse un’autorità capace di verificare che quelle procedure siano rispettate e che i cambiamenti non siano introdotti di soppiatto dalla legislazione ordinaria. LA COSTITUZIONE ITALIANA La Costituzione italiana repubblicana entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Essa fu approvata dall’Assemblea costituente, eletta contemporaneamente al referendum istituzionale. 37 emendamenti. Alla fine il testo viene approvato assieme a una relazione finale, nella quale vengono esposti l’attività svolta e gli orientamenti emersi durante i lavori. • Procedimento per commissione deliberante (o legislativa): consente alla commissione di assorbire tutte le fasi del procedimento di approvazione, sostituendo l’aula. Data la particolarità di questo procedimento, molte sono le garanzie da cui è circondato: • Alcune materie sono escluse dal procedimento per commissione deliberante. • Per la composizione della commissione deliberante sia seguito il criterio della rappresentanza proporzionale dei gruppi parlamentari. • Quanto alla assegnazione della proposta alla commissione, che nel Senato spetta al presidente e non è opponibile, alla Camera invece il regolamento prevede che il presidente abbia solo un potere di proposta, che si considera accettata solo se nessun deputato chiede di sottoporla al voto dell’assemblea. • Procedimento per commissione redigente: non è previsto dalla Costituzione ma dai regolamenti parlamentari. Questo procedimento serve a sgravare l’assemblea dalla discussione e approvazione degli emendamenti, decentrandoli in commissione e riservando all’aula l’approvazione finale. Valgono per questo procedimento le stesse garanzie che circondano il procedimento per commissione deliberante, per quanto riguarda l’esclusione delle materie coperte da “riserva di assemblea” e la richiesta che il progetto sia rimesso all’aula. Esauriti i lavori in una Camera, il progetto di legge viene trasmesso all’altra Camera. Qui inizia il procedimento di approvazione dall’inizio, essa è libera di apportare qualsiasi emendamento al testo approvato dalla prima Camera, con la conseguenza che questa dovrà esaminare nuovamente il testo del progetto. Il progetto di legge potrà viaggiare più volte da una Camera all’altra sino a quando le due Camere non avranno approvato il medesimo testo. ▲ La promulgazione: conclusa la fase dell’approvazione, la legge è perfetta, ma non ancora efficace. L’efficacia è data dalla promulgazione da parte del Presidente della Repubblica, che deve avvenire entro 30 giorni. Il Presidente svolge un controllo formale e sostanziale: ha il potere di rinviare la legge alle Camere, con un messaggio motivato. • Sia l’atto di promulgazione che l’eventuale messaggio di rinvio devono essere controfirmati dal Governo, che quindi è in grado di svolgere un controllo cui corrisponde l’assunzione di responsabilità politica; • Il rinvio può essere compiuto una volta sola, se le Camere approvano nuovamente la legge il Presidente sarà costretto a promulgarla. Alla promulgazione segue la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. LEGGI RINFORZATE La Costituzione ha previsto che per disciplinare una determinata materia sia necessario seguire procedimenti particolari di formazione della legge, più complessi di quello ordinario (leggi rinforzate). a. Le leggi rinforzate sono tali non perché sia rafforzato il procedimento parlamentare prescritto per la loro formazione, ma perché è reso più complesso dell’ordinario procedimento di formazione del progetto di legge. b. Le riforme costituzionali degli ultimi anni manifestano la tendenza ad introdurre ulteriori ipotesi di leggi rinforzate nel procedimento di formazione della legge: • Forme e condizioni particolari di autonomia con una legge che debba essere poi approvata da ciascuna camera a maggioranza assoluta; • È poi previsto che, qualora si istituisse la Commissione bicamerale integrata dai rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali, tutte le leggi che si discostassero dal parere espresso dalla Commissione dovranno essere approvate anch’esse a maggioranza assoluta dalle Camere. c. I procedimenti rinforzati sono procedimenti “specializzati” seguiti per produrre leggi anch’esse specializzate. Sono atti che hanno competenza riservata e limitata. Anche sotto il profilo della loro 40 posizione nel sistema delle fonti si distinguono dalle leggi comuni sia per forza attiva (possono abrogare solo le leggi che hanno quello specifico contenuto) che per forza passiva (possono essere abrogate soltanto da leggi formate con quello specifico procedimento). FONTI ATIPICHE Per “fonti atipiche” si intendono quegli atti che non rientrano interamente nel “tipo” della legge ordinaria perché, pur avendo la stessa “forma” della legge, hanno una posizione particolare nel sistema delle fonti per quanto riguarda la loro “forza”. Due sono le ipotesi fondamentali: A. Sono atipiche perché dotate di forza passiva potenziata B. Sono atipiche anche le leggi meramente formali. Con questa denominazione vengono indicati alcuni atti che hanno necessariamente la forma della legge, ma non hanno il contenuto normativo tipico delle leggi, cioè non introducono nell’ordinamento norme nuove, capaci di produrre effetti giuridici generali. La legge di bilancio è atipica anche per la sua forza passiva, cioè per le modalità che riguardano la sua abrogazione. Essa ha un’efficacia temporale limitata all’anno cui si riferisce: nel corso dell’anno possono essere apportate le modifiche necessarie previste da apposite leggi e quelle occorrenti per l’applicazione di leggi successive. LEGGE DI DELEGA La legge di deroga è la legge con cui le Camere possono attribuire al Governo l’esercizio del proprio potere legislativo. a. La delega può essere conferita esclusivamente con legge formale: si tratta cioè di una delle materie coperte da riserva di legge formale; b. La delega può essere conferita soltanto al Governo e non ai singoli organi che lo compongono; c. Art 76 prescrive che la legge di delega contenga delle indicazioni minime: • Deve restringere l’ambito tematico della funzione delegata, indicando un oggetto definito • Deve restringere l’ambito temporale della funzione delegata, indicando un tempo limitato entro il quale il decreto deve essere emanato. La delega non può essere permanente, ma solo a termine • Deve restringere l’ambito della discrezionalità del Governo, indicando i principi e criteri direttivi che servono da guida per l’esercizio del potere delegato. DECRETO LEGISLATIVO DELEGATO Il decreto legislativo è il conseguente atto con forza di legge emanato dal Governo in esercizio della delega conferitagli dalla legge. Il potere esecutivo esercita le proprie funzioni attraverso la forma del decreto. Il decreto emanato in forza di legge do delega per la loro formazione seguono il seguente procedimento: 1. Proposta del ministro competente; 2. Delibera del Consiglio dei ministri; 3. Emanazione da parte del Presidente della Repubblica. Di tutte le fasi procedimentali deve essere data indicazione nella “premessa” del decreto. DELEGHE ACCESSORIE E TESTI UNICI Spesso la delega legislativa non costituisce il principale contenuto della legge approvata dal Parlamento, ma un suo completamento. Capita cioè che il Parlamento deleghi il Governo ad emanare norme di attuazione, di coordinamento o transitorie. Un particolare caso di delega accessoria è quella che autorizza il Governo a coordinare le leggi esistenti in una certa materia, raccogliendole in un testo unico. Il Governo può procedere alla selezione delle norme vigenti, abrogando esplicitamente quelle che ritiene superflue o tacitamente abrogate: anche laddove il testo unico non dichiari l’espressa abrogazione di una determinata norma. DECRETO-LEGGE 41 Il decreto-legge è un atto con forza di legge che il Governo può adottare “in casi straordinari di necessità e urgenza”: entra in vigore immediatamente dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, ma gli effetti prodotti sono provvisori, perché i decreti legge “perdono efficacia sin dall’inizio” se il Parlamento non li “converte in legge” entro 60 giorni dalla pubblicazione. Il decreto-legge non può essere emanato nelle materie coperte da “riserva di assemblea”. PROCEDIMENTO Il decreto-legge deve essere deliberato dal Consiglio dei ministri, emanato dal Presidente della Repubblica e immediatamente pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Deve essere pubblicato con la denominazione di “decreto-legge” e con l’indicazione delle circostanze straordinarie di necessità e di urgenza che ne giustificano l’adozione, nonché dell’avvenuta deliberazione del Consiglio dei ministri. Inoltre deve contenere la clausola di presentazione al Parlamento per la conversione in legge. Presentando il decreto-legge il Governo chiede al Parlamento di produrre la legge di conversione, per cui il decreto-legge viene “presentato” come allegato di un disegno di legge, il cui contenuto si risolve in un’unica disposizione. Si da così il via ad un procedimento legislativo che dovrà concludersi entro 60 giorni. Il regolamento del Senato prevede ancora il parere obbligatorio espresso preliminarmente dalla Commissione affari costituzionali sulla sussistenza dei requisiti della necessità e urgenza. Alla Camera è stato tolto il parere preliminare ed è stato sostituito con un “filtro” più complesso: • Nella relazione del Governo deve essere dato conto dei presupposti di necessità e urgenza per l’adozione del decreto-legge e vengono descritti gli effetti attesi dalla sua attuazione e le conseguenze delle norme da esso recate sull’ordinamento; • La Commissione referente può chiedere al Governo di integrare gli elementi forniti nella relazione, anche con riferimento a singole disposizioni del decreto-legge; • Il disegno di legge è sottoposto al Comitato per la legislazione che, nel termine di 5 giorni, esprime parere alle Commissioni competenti, anche proponendo la soppressione delle disposizioni del decreto-legge che contrastino con le regole sulla specificità e omogeneità e sui limiti di contenuto dei decreti-legge, previste dalla vigente legislazione. DECADENZA DEL DECRETO NON CONVERTITO I decreti-legge, se non convertiti in legge entro 60 giorni, perdono efficacia sin dall’inizio. Dalla mancata conversione per decorrenza del termine o del rifiuto di conversione da parte del Parlamento, viene data notizia immediata in Gazzetta ufficiale. La perdita di efficacia del decreto- legge è chiamata “decadenza”, travolge tutti gli effetti prodotti dal decreto-legge, tutto ciò che si è compiuto in forza di esso è come se fosse stato compiuto senza una base legale. Ci sono due strumenti che permetto di trovare una soluzione: 1. La legge di sanatoria degli effetti del decreto-legge decaduto. Si tratta di una legge riservata alle Camere con cui si possono regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Attraverso questo strumento è il Parlamento a risolvere il problema, è comunque una decisione libera che può prendere quest’ultimo; 2. Il Governo adotta, sotto sua responsabilità, provvedimenti provvisori. La responsabilità di cui si parla non è solo quella politica: che il Governo risponda al Parlamento non solo dei suoi atti, ma anche della sua “simpatia politica”. Si tratta invece di responsabilità giuridica, nei suoi vari tipi: • Responsabilità pensale: i ministri rispondono singolarmente degli eventuali reati commessi con l’emanazione del decreto-legge; • Responsabilità civile: i ministri rispondono solidamente degli eventuali danni prodotti ai terzi; • Responsabilità amministrativo-contabile: i ministri che hanno espresso voto favorevole al decreto- legge rispondono solidamente degli eventuali danni prodotti allo Stato; se lo Stato ha dovuto risarcire il danno subito dal terzo, per la responsabilità civile solidale si deve rivalere sui ministri. LA LEGGE DI CONVERSIONE E GLI EFFETTI DEGLI EMENDAMENTI 42 ▲ Atti non vincolanti: • Raccomandazioni UE: inviti rivolti agli Stati a conformarsi ad un certo comportamento; • Pareri: che esprimono il punto di vista di un organo su un determinato oggetto. ▲ Atti vincolanti: • Regolamenti UE: hanno le caratteristiche che sono tipiche della legge. Hanno portata generale ma pongono norme generali e astratti, sono obbligatori in tutti i loro elementi. Hanno la diretta applicabilità. • Direttive UE: atti normativi che hanno come destinatario gli Stati membri e li vincolano per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Lo Stato può scegliere se dare attuazione alla direttiva con legge. • Decisioni UE: sono direttamente applicabili ed hanno portata particolare, si rivolgono a soggetti specifici (es. Stato membro o persona giuridica). EFFETTO DIRETTO: non riguarda gli atti ma le norme. È perciò una nozione non definita dal legislatore ma dall’interprete (Corte di giustizia dell’unione europea). È la capacità di una norma di creare direttamente diritti in capo ai singoli, anche senza l’intermediazione dell’atto normativo statale. DIRETTA APPLICABILITA’: non è necessario un atto dello Stato che ne ordini l’esecuzione nell’ordinamento nazionale, perché il regolamento s’impone per forza propria ed è obbligatorio per tutti. RAPPORTI TRA NORME EUROPEE E NORME INTERNE La Corte di giustizia ha precisato che l’effetto diretto comporta la prevalenza del diritto europeo su quello interno; sicchè le norme europee non solo entrano direttamente nel nostro ordinamento, ma prevalgono sulle norme interne contrastanti. LE TAPPE DEL CAMMINO “COMMUNITARIO” DELLA CORTE COSTITUZIONALE In un primo tempo, la Corte costituzionale ha applicato il criterio cronologico: i conflitti tra leggi italiane e leggi europee si sarebbero dovuti risolvere secondo le regole della successione delle leggi nel tempo, le norme più recenti abrogando quello meno recenti. Questa soluzione non era però affatto gradita dalla Corte di giustizia dell’Unione europea sicché la Corte costituzionale cercò di adeguare la propria giurisprudenza, applicando il criterio gerarchico: le leggi italiane, che contrastassero con un precedente regolamento UE, dovevano essere impugnate davanti alla Corte costituzionale per violazione “indiretta”.si è poi passato ad una soluzione seguendo un ragionamento: • L’ordinamento europeo e l’ordinamento italiano sono due ordinamenti giuridici autonomi e separati, ognuno dotato di un proprio sistema di fonti; • La normativa europea non entra a far parte del diritto interno; • Con la ratifica e l’ordine di esecuzione del Trattato, il legislatore italiano ha riconosciuto la competenza delle istituzioni europee a emanare norme giuridiche in determinate materie e che queste norme si impongano direttamente nell’ordinamento italiano; • I conflitti tra norme che sorgano vanno risolti dal giudice italiano applicando il criterio della competenza. Il giudice deve accertare se sia competente sulla materia l’ordinamento europeo o quello italiano e deve applicare la norma dell’ordinamento competente. La norma interna non viene né abrogata né dichiarata illegittima, ma semplicemente non viene applicata. I GIUDICI E L’AMMINISTRAZIONE DI FRONTE AL DIRITTO EUROPEO L’aspetto più paradossale della concezione dualistica è che abbiamo due ordinamenti “autonomi e distinti” per quanto riguarda la legislazione, ma uniti per quanto riguarda l’applicazione del diritto: perché i giudici e le amministrazioni pubbliche sono legate da un obbligo di cooperazione con le istituzioni europee. Questo strumento è il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia della UE. Esso può essere impiegato quando il giudice abbia dubbi circa la validità di una norma derivata rispetto ai Trattati oppure circa l’interpretazione delle disposizioni europee. 45 L’ATTUAZIONE DELLE NORME EUROPEE Oltre alla partecipazione del Parlamento e delle Regioni al processo decisionale europeo, è disciplinata l’esecuzione degli “obblighi comunitari”, ossia degli adempimenti che derivano dagli atti normativi europei e dalle sentenze della Corte di giustizia. Il Parlamento approva ogni anno la legge di delegazione europea, che contiene una delega al Governo per il recepimento delle direttive e di altri atti dell’UE. Ogni anno viene approvata anche la legge europea, che serve ad adeguare le norme italiane a quelle europee allo scopo di interrompere le procedure d’infrazione promossa dalla Commissione UE contro l’Italia per mancato rispetto di obblighi di adeguamento. LE FONTI DELLE AUTORITA’ Sono fonti dell’ordinamento regionale: lo Statuto, la legge regionale e il regolamento regionale. Gli Statuti delle Regioni speciali servono a disciplinare i loro “poteri”, oltre alla loro organizzazione. Mentre le Regioni ordinarie sono sottoposte a una disciplina comune, dettata dalla Costituzione. Gli Statuti delle Regioni speciali sono adottati con legge costituzionale e costituiscono il fondamento dell’autonomia, cui definisce i limiti e i modi di esercizio. Diversa è la funzione degli Statuti delle Regioni ordinarie, per esse le forme e condizioni di autonomia sono già definite dalla Costituzione. Un’unica legge costituzionale ha modificato ogni singolo statuto speciale, prevedendo che la regione possa dotarsi di una propria “legge statutaria” che ridisegni la forma di governo e il sistema elettorale. PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE A. Lo Statuto delle Regioni speciali è si una legge costituzionale ma, dopo la riforma è una legge costituzionale un po’ particolare, per due ragioni: • Parte delle sue disposizioni sono derogabili attraverso una legge regionale rafforzata: lo Statuto subisce quindi un depotenziamento di alcune sue parti. • Le future modifiche degli Statuti speciali non siano sottoposte a referendum costituzionale. B. Lo Statuto delle Regioni ordinarie ha subito una radicale riforma anche per ciò che riguarda la procedura di formazione. Art 123 Cost. “lo Statuto è approvato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. Lo Statuto non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi.” LEGGI REGIONALI La legge regionale è una legge ordinaria formale. La “forma” della legge le è data dal procedimento, che rispecchia il procedimento di formazione delle leggi statali, la competenza della legge regionale è garantita dalla Costituzione. Alle leggi regionali sono equiparate le leggi provinciali emanate dalle province di Trento e Bolzano, per la particolare autonomia a loro riconosciuta dallo Statuto della regione Trentino Alto-Adige. PROCEDIMENTO: il procedimento della legge regionale è disciplinato in minima parte dalla Costituzione, in parte dallo Statuto e per il resto dal regolamento interno del Consiglio regionale. 1. Iniziativa: oltre alla Giunta e ai consiglieri regionali, l’iniziativa spetta agli altri soggetti individuati dallo Statuto; 2. Approvazione in Consiglio regionale: è generalmente previsto il ruolo delle Commissioni consiliari in sede referente, ma alcuni Statuti prevedono anche la Commissione redigente. La legge è approvata a maggioranza relativa, ma gli Statuti possono prevedere maggioranze rinforzate; 3. Promulgazione: da parte del Presidente della regione e pubblicazione sul B.U.R. L’ESTENSIONE DELLA POTESTA’ LEGISLATIVA REGIONALE 46 Art 117: a. Un elenco di “materie” su cui c’è potestà legislativa esclusiva dello Stato; b. Un elenco di “materie” su cui le Regioni hanno potestà legislativa concorrente. La concorrenza consiste in questo: la legislazione dello Stato determina i “principi fondamentali della materia”, mentre il resto della disciplina compete alle Regioni che devono rispettare i principi fissati dallo Stato. c. Una clausola residuale per cui in tutte le materie non comprese nei due elenchi precedenti, spetta alle Regioni la potestà legislativa. (potestà legislativa residuale delle Regioni) Per comprendere come funziona bisogna tener conto di alcuni fattori: • Gli obblighi internazionali. Mentre in precedenza era solo la legislazione regionale ad essere tenuta al rispetto degli obblighi internazionali contratti dallo Stato, ora è stato possibile parificare la posizione del legislatore regionale e statale vincolando entrambi al rispetto. Inoltre viene concesso alle Regioni di stipulare accordi con Stati e intese con enti territoriali interne ad altro Stato. • Le interferenze statali nelle materie regionali. Tra le competenze “esclusive” dello Stato, ve ne sono diverse il cui ambito non è circoscrivibile, perché rappresenta degli obiettivi o dei valori, spesso di rango Costituzionale. Tali obiettivi possono incidere anche in materie riservate alle Regioni ( es. tutela concorrenza, ordinamento civile e penale). • La sussidiarietà. Può comportare che alcune funzioni amministrative vengano attratte verso l’alto perché non possono essere convenientemente esercitate in basso o perché richiedono un coordinamento centrale. • La successione delle leggi nel tempo. Resta dubbio come lo Stato posa imporre alle Regioni il rispetto delle proprie leggi, specie delle nuove leggi, che fissano i principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente, in presenza di precedenti leggi regionali contrastanti. • La potestà legislativa delle Regioni speciali. I vecchi Statuti speciali restano formalmente in vigore. Essi contengono diversi elenchi di materie di competenza regionale, divisi secondo il “livello” di potestà regionale: a. La potestà esclusiva è la più ampia e caratteristica, in quanto le regioni ordinarie ne sono prive; b. La potestà concorrente che incontra gli stessi limiti della omologa competenza delle regioni ordinarie; c. La potestà integrativa o attuativa, che consente alla Regione speciale di emanare norme, in alcune specifiche materie, per adeguare la legislazione dello Stato alle particolari esigenze regionali. REGOLAMENTI REGIONALI Le riforme costituzionali hanno profondamente inciso sulla funzione regolamentare delle Regioni, sia per ciò che riguarda la competenza degli organi, sia per l’estensione del potere: A. Regolamenti regionali: il potere regolamentare era attribuito al Consiglio regionale, cioè all’organo legislativo, anziché alla Giunta, cioè all’organo esecutivo. B. La riforma costituzionale del “Titolo V” ha introdotto il principio di “parallelismo” tra funzioni legislative e funzioni regolamentari, limitando la potestà del Governo di emanare regolamenti alle sole materie sulle quali lo Stato ha potestà legislativa esclusiva e riservando alle Regioni il potere regolamentare in tutte le altre materie. C. Spetta allo Statuto decidere se le leggi possano liberamente disporre della funzione regolamentare oppure se vi siano oggetti che sono di competenza riservata ai regolamenti, oppure ancora se l’esecutivo possa dare attuazione direttamente con regolamento alle leggi dello Stato. LE FONTI DEGLI ENTI LOCALI Gli Statuti degli enti locali hanno la potestà regolamentare in ordinamento alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. 47 • Eccesso di potere: è il vizio specifico della discrezionalità amministrativa. Esso quindi non può colpire gli atti vincolati della pubblica amministrazione. i “vizi” di questo tipo sono stati classificati in figure sintomatiche: • Sviamento di potere. Il potere amministrativo è sviato quando un provvedimento, previsto dalla legge per tutelare un determinato interesse, viene impiegato un fine del tutto diverso. Si persegue un fine diverso da quello perseguito da quel tipo di provvedimento, si viola la sua tipicità. • Travisamento dei fatti. Si ha quando il provvedimento si basa su una erronea ricostruzione delle circostanze. • Contraddittorietà interna o evidente illogicità. Colpisce il provvedimento e muove premesse in contrasto con la decisione. • Disparità di trattamento. Violazione del principio di eguaglianza • Vizi della motivazione. La motivazione dei provvedimenti amministrativi discrezionali è obbligatoria, in alcuni casi è la stessa motivazione a risultare viziata perché risulta contraddittoria, incerta ecc. • Violazione delle prassi amministrative. Si ha quando l’amministrazione, senza un’adeguata motivazione, si discosta da circolari, direttive od anche dalla precedente costante interpretazione di una disposizione. • Ingiustizia manifesta. Lesione di proporzionalità tra inflazione e sanzione. AUTOTUTELA L’amministrazione pubblica che emana un provvedimento viziato può, prima che venga annullato da un giudice, utilizzare alcuni strumenti per riparare i vizi. Si parla in questi casi di sanatoria. Quando un vizio non è sanabile, l’amministrazione può annullarlo (annullamento d’ufficio), si tratta di un atto discrezionale, per annullarlo deve sussistere uno specifico interesse pubblico. Anche la revoca di un provvedimento è discrezionale, non riguarda provvedimenti viziati, ma toglie efficacia ad un provvedimento in vigore per ragioni connesse al mutamento dell’interesse pubblico o della situazione di fatto. TUTELA NEI CONFRONTI DEI PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI La tutela degli interessi del privato può giovarsi di due strade. Il ricorso amministrativo è un’istanza che il privato rivolge all’amministrazione per chiedere l’annullamento o la revoca di un provvedimento illegittimo o semplicemente inopportuno. Il ricorso giurisdizionale è invece lo strumento con cui il privato impugna il provvedimento illegittimo di fronte al giudice. RICORSI AMMINISTRATIVI a. Ricorso gerarchico proprio: il privato può chiedere all’organo gerarchicamente superiore a quello che ha emanato l’atto di annullare, revocare o riformare l’atto amministrativo che lo riguarda. Il ricordo va presentato entro 30 giorni dal giorno in cui l’atto è stato notificato ed è considerato respinto se entro 90 giorni l’amministrazione non risponde. b. Ricorso gerarchico improprio: è di carattere eccezionale. Consiste nell’istanza rivolta ad un organo diverso dal superiore gerarchico e che deve essere individuato dalla legge. c. Ricorso in opposizione: va rivolto allo stesso organo che ha emanato l’atto, nel disperato tentativo di fargli cambiare idea. d. Ricorso straordinario al Capo dello Stato: può essere proposto solo se non ci sono altri ricorsi amministrativi disponibili ed è alternativo al ricordo giurisdizionale. 50 RICORSO GIURISDIZIONALE Il privato non ha alcuna necessità di ricorrere in via amministrativa, perché può impugnare il provvedimento direttamente davanti al giudice. Art 113 Cost. “contro gli atti della pubblica amministrazione, è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria e amministrativa, tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.” I conflitti tra privati e la pubblica amministrazione sono decisi dal giudice amministrativo (un giudice che abbia una formazione diversa da quella degli altri giudici, che conosca il modo di funzionare dell’amministrazione, ma allo stesso tempo presenti le garanzie di terzietà). DIRITTO SOGGETTIVO E INTERESSE LEGITTIMO Si ha un diritto soggettivo quando un determinato bene o vantaggio è garantito dall’ordinamento giuridico. Anche quando il privato subisce una compressione del suo diritto soggettivo, in nome della prevalenza dell’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione, l’ordinamento gli garantisce l’interesse alla legittimità dell’azione amministrativa. Questa situazione soggettiva prende il nome di interesse legittimo. È cioè la situazione di vantaggio che si possiede di fronte al potere dell’amministrazione e che si sostanzia nella garanzia della legittimità dell’atto amministrativo: ma anche come diritto al risarcimento se l’attività illegittima della pubblica amministrazione ha provocato un danno al bene della vita del privato. Si ha giurisdizione del giudice amministrativo quando l’amministrazione ha agito con autorità, ma il privato ritiene che il provvedimento presenti vizi di legittimità che ne potrebbero causare l’annullamento. DIRITTI E LIBERTA’ LIBERTA’ E DIRITTI COSTITUZIONALMENTE GARANTITI a. Si parla generalmente di situazioni giuridiche soggettive per indicare sia le posizioni giuridiche attive o di vantaggio, quali le libertà e i diritti, che le posizioni giuridiche passive o di svantaggio, quali i doveri e gli obblighi che la Costituzione disciplina. Le posizioni giuridiche attive si distinguono in libertà (aspetto negativo, non costrizione) e in diritti (aspetto positivo, di pretesa). b. Diritti assoluti: non vuol dire illimitati, ma che si possono far valere nei confronti di tutti. Possono essere diritti della persona o diritti reali, ma hanno comunque per contenuto una libertà il cui esercizio non richiede prestazioni da parte di terzi se non l’astensione. Diritti relativi: possono essere fatti valere solo nei confronti di soggetti determinati, ai quali si chiede una prestazione. c. Diritti individuali: sono attribuiti alla persona in quanto tale, per un suo vantaggio personale e per le finalità che il singolo è libero di scegliere ed apprezzare, indipendentemente dai vantaggi o dagli svantaggi che ne possano derivare per la collettività. Diritti funzionali: sono attribuiti al singolo per il perseguimento di finalità predeterminate a vantaggio della comunità, e non liberamente scelte dall’individuo. STRUMENTI DI TUTELA • Riserva di legge: alla legge è riservata la disciplina dei casi e dei modi con cui le libertà possono essere limitate. • Riserva di giurisdizione: è un meccanismo che rafforza spesso la riserva di legge, perché serve a ridurre ulteriormente lo spazio di valutazione discrezionale lasciato all’autorità pubblica. La riserva di giurisdizione condiziona ogni provvedimento restrittivo delle libertà individuali ad una previa autorizzazione da parte del giudice. 51 • Tutela giurisdizionale: tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. Garantisce la più ampia possibilità di ricorrere al giudice per ogni violazione dei propri diritti. • Responsabilità del funzionario: stabilisce il principio della responsabilità diretta dei funzionari e dei dipendenti pubblici per gli “atti compiuti in violazione di diritti”. • Sindacato di legittimità costituzionale: l’introduzione del sindacato di legittimità delle leggi riveste un’importanza decisiva per la tutela dei diritti fondamentali. La Corte Costituzionale è chiamata a controllare che la legislazione ordinaria non travalichi e comprima le garanzie sino ad annullarle. IL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA Art 3 enuncia il principio di eguaglianza. a. La formulazione tradizionale del principio di eguaglianza formale prescrive che si devono trattare in modo eguale situazioni eguali e in modo diverso situazioni diverse. b. Il nucleo forte del principio di eguaglianza vieta distinzioni di sesso, di razza, di lingua, religione, opinione politica ecc.. e vieta discriminazioni che sono particolarmente odiose in qualsiasi sistema democratico. c. Il principio di eguaglianza sostanziale punta esattamente a questo: a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che impediscono l’eguale godimento dei diritti e delle libertà. CITTADINI E STRANIERI In certi casi la Costituzione riconosce a tutti la tutela dei diritti, in altri casi solo ai cittadini. Art 10.2: “la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.” L’art 2 si ricollega ai diritti che definiscono come “inviolabili”, con la conseguenza che essi appartengono all’uomo inteso come essere libero, senza quindi discriminazioni a danno degli stranieri. La Corte è giunta ad affermare il principio per cui la garanzia dei diritti “inviolabili” si estende allo straniero anche laddove la Costituzione li attribuisce ai soli cittadini. Ma occorrono due precisazioni: 1. L’estensione opera solo nei confronti dei soli diritti inviolabili sulla base della Costituzione. Lo straniero gode dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità: quindi bisognerà dimostrare che la legislazione del Paese da cui lo straniero proviene riconosce lo stesso diritto ai cittadini italiani. 2. L’eguaglianza dello straniero nel godimento dei diritti inviolabili è un principio, non una regola. Non è vietato al legislatore di prevedere oneri o limitazioni particolari a carico degli stranieri, purchè essi siano ragionevolmente giustificabili sulla base della loro particolare condizione di straniero. In Italia sono stati ammessi dei limiti di tempo e particolari autorizzazioni per gli stranieri che soggiornano in Italia. L’ANACRONISMO LEGISLATIVO È il fenomeno cui spesso la Corte si richiama per modificare precedenti sentenze di rigetto, mutando indirizzo interpretativo. L’anacronismo può essere causato da diverse ragioni: a. Può essere un mutamento dei costumi sociali a rendere un giorno incompatibile con la Costituzione una determinata regola che in precedenza era tollerabile. b. L’anacronismo può essere causato dalla evoluzione tecnologica, che porta a valutare in modo diverso la portata dei principi costituzionali. c. può essere provocato dalla legislazione ordinaria. La disciplina legislativa di una certa materia viene riformata, ma nell’ordinamento resta qualche disposizione che risponde a principi della vecchia legislazione. Non muta in questo caso il significato delle disposizioni costituzionali, ma la Corte, operando con il giudizio di ragionevolezza, dichiara illegittima la norma “rimasta indietro”, e quindi anacronistica. 52 La libertà di circolazione è garantita ai cittadini da una riserva di legge rafforzata per contenuto, ma non da riserva di giurisdizione. Le limitazioni alla circolazione devono essere stabilite dalla legge in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. I DIRITTI NELLA SFERA PUBBLICA I diritti che attengono alla sfera pubblica dell’individuo sono posti a tutela della dimensione sociale della persona. Libertà di espressione del proprio pensiero, con tutto ciò che comporta sul piano della regolazione dell’uso dei potenti strumenti di diffusione delle idee, quali la stampa e la televisione; dall’altro, nella libertà di riunirsi e di associarsi, dando luogo a quelle “formazioni sociali” in cui si svolge la personalità dell’individuo. La Costituzione fa uso di clausole limitative tese a proteggere interessi sociali come il “buon costume” o l’incolumità e la sicurezza pubblica. LA LIBERTA’ DI RIUNIONE Per “riunione” si intende la compresenza volontaria di più persone nello stesso luogo. È la volontà di stare insieme per uno scopo comune. La condizione che pone la Costituzione al diritto di riunione è che essa si svolga pacificamente e senza armi. Il fatto che solo qualcuno dei partecipanti sia armato non è di per sé causa di scioglimento della riunione, ma l’allontanamento dell’interessato. TIPOLOGIA DI RIUNIONE E PREAVVISO • Riunioni in luogo privato: si svolgono nei luoghi destinati al godimento esclusivo dei privati, ossia domicilio di una persona. • Riunioni in luoghi “aperti al pubblico”: sono quelli in cui l’accesso del pubblico è soggetto a modalità determinate da chi ne ha la disponibilità. • Riunioni in “luoghi pubblici”: sono quelli ove ognuno può transitare liberamente, come le strade e le piazze. La libertà di riunione può entrare in conflitto con la libertà di circolazione, quando la manifestazione si traduca in un blocco stradale. Solo per le riunioni in luogo pubblico esiste l’obbligo di preavviso che deve essere dato in forma scritta almeno tre giorni prima al questore, con l’indicazione del luogo, dell’ora e dell’oggetto della riunione e delle generalità di coloro che sono designati a prendere la parola. Il preavviso permette alle autorità di adottare le misure necessarie per tutelare la sicurezza e l’incolumità pubblica. Il questore può vietare preventivamente la riunione, ma soltanto per comprovati motivi di sicurezza e incolumità pubblica. LA LIBERTA’ DI ASSOCIAZIONE Per “associazione” si intendono quelle formazioni sociali che hanno base volontaria ed un nucleo di organizzazione e di tendenziale stabilità. La Costituzione detta norme specifiche per alcuni tipi di associazione: le associazioni a carattere religioso, i sindacati e i partiti politici. L’art 18 Cost. pone tre garanzie alla libertà di associazione: 1. L’adesione all’associazione deve essere libera. La libertà negativa è il diritto di non associarsi. La stessa Corte costituzionale ha dichiarato compatibile una serie di associazioni obbligatorie cui è necessario aderire per svolgere determinate attività che rappresentano forme ibride tra l’organizzazione privata e l’ente pubblico (es. associazioni sportive). La libertà negativa è disciplinata dall’autonomia dell’associazione, lo statuto dell’associazione può regolare ma mai impedire il diritto di recesso del socio. 2. L’istituzione dell’associazione può avvenire senza autorizzazione. Non vi può essere alcun intervento delle autorità pubbliche che condizioni il sorgere di un’associazione ad una sua valutazione discrezionale. 55 3. Riserva di legge rinforzata pone una garanzia assai importante per la libertà di associazione, escludendo che la legge possa porre limiti e divieti specifici per le associazioni: le associazioni possono fare tutto quello che possono fare i singoli. LE ASSOCIAZIONI VIETATE A. Si considerano associazioni segrete, quelle che, anche all’interno di associazioni palesi, occultano la loro esistenza tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali, ovvero rendendo sconosciuti, in tutto od in parte ed anche reciprocamente i soci. Questi svolgono attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale. B. Le associazioni paramilitari, quelle che perseguono anche indirettamente scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. Due condizioni devono verificarsi perché diventi applicabile il divieto costituzionale: che l’associazione persegua uno scopo perfettamente lecito, cioè l’attività politica; e che abbia una struttura organizzativa militare. Per organizzazione di carattere militare non si intende necessariamente una struttura armata, ma basta l’inquadramento degli associati in corpi, reparti e nuclei, con disciplina e ordinamento gerarchico interno analoghi a quelli militari, con l’eventuale adozione di gradi o di uniformi, e con l’organizzazione atta anche all’impiego collettivo in azioni di violenza e minaccia. LIBERTA’ RELIGIOSA E DI COSCIENZA Sono tutelate da un ricco strumentario: • Il divieto di discriminazione. Le distinzioni per “religione” sono vietate dal principio di eguaglianza. Si tenga presente che le opinioni religiose appartengono ai dati sensibili il cui trattamento è sottoposto a controlli severissimi. • L’eguaglianza tra le confessioni religione. Il divieto di discriminazione non riguarda solo le persone fisiche, ma anche le formazioni sociali. Le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. • La libertà di culto. L’art 19 Cost. garantisce a tutti il “diritto di professare liberamente la propria fede”: tutela quindi l’aspetto individuale della libertà religiosa. L’aspetto negativo della libertà si manifesta su due diversi versanti: da un lato, la libertà a non svolgere alcuna attività di culto, dall’altro la pari tutela della libertà di coloro che non professano alcuna fede religiosa. • L’obiezione di coscienza. L’obiezione di coscienza è il rifiuto da parte dell’individuo di compiere atti, prescritti dall’ordinamento, ma contrari alle proprie convinzioni. LA LIBERTA’ DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO La libertà di manifestazione del pensiero consiste nella libertà di esprimere le proprie idee e di divulgarle ad un numero indeterminato di destinatari. Siccome la circolazione delle idee è il presupposto della democrazia, la libertà di manifestazione del pensiero è considerata la pietra angolare del sistema democratico. IL LIMITE DEL “BUON COSTUME” L’unico limite che l’art 21 Cost. pone alla libertà di espressione è il “buon costume” che viene inteso come il “pudore sessuale”. Si tratta di una nozione molto simile a quella usata nel diritto penale, anche se la legge sulla stampa estende il reato di pubblicazioni oscene fuori dai limiti angusti del pudore sessuale, punendo anche le pubblicazioni a contenuto impressionante o raccapricciante che provochino turbamento del “comune sentimento della morale o l’ordine familiare”. I REATI DI OPINIONE 56 Sono stati sottoposti al giudizio della Corte costituzionale, che però in molti casi li ha fatti salvi, innescando forti polemiche. Le argomentazioni della Corte hanno seguito alcune direttrici: a. Pensiero e azione. La prima direttrice muove nella distinzione tra ciò che è “espressione del pensiero” e ciò che invece è già “principio di azione”. Questa distinzione vale soprattutto per reati come l’istigazione, l’apologia di delitti, la pubblicazione di notizie false o tendenziose. b. Pensiero e offese. La libertà di manifestare il proprio pensiero non possa giungere sino al punto di offendere l’onore degli altri: da qui la legittimità dei “delitti contro l’onore”, quali l’ingiuria e la diffamazione. MEZZI DI COMUNICAZIONE La libertà di espressione è garantita a tutti, e tutti possono esprimere il loro pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Due ordini di fattoti limitano la disponibilità dei mezzi, fattori fisici e fattori economici (disponibilità di affiggere manifesti, radio e tv). La libertà di manifestazione del pensiero comprende anche la libertà di informazione, ed è ormai accettato dalla stessa giurisprudenza costituzionale che la libertà di informazione abbia anche un profilo “passivo”, cioè il diritto di essere informati. Anti-trust: legislazione che tiene sotto controllo i trasferimenti di proprietà delle imprese giornalistiche e radiotelevisive, per renderli trasparenti e per evitare le concentrazioni e le formazioni di posizioni dominanti. IL REGIME DELLA STAMPA La Costituzione disciplina soltanto la stampa. Il regime della stampa è caratterizzato dal divieto di sottoporre la stampa a controlli preventivi, in modo da impedire la pubblicazione e la diffusione del pensiero. È ammesso invece il sequestro, cioè un provvedimento di ritiro dalla stampa successivo alla sua pubblicazione. Il sequestro è circondato da garanzie molto rigide: a. Riserva di legge assoluta, il sequestro è possibile solo in due ipotesi: • Nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi • Nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. La stampa è libera ma non può essere anonima. Il direttore risponde penalmente se omette di esercitare sul contenuto del suo periodico il controllo necessario ad impedire che con esso siano commessi dei reati. b. Riserva giurisdizionale, valgono per il sequestro della stampa norme analoghe a quelle che disciplinano la libertà personale. Il sequestro deve essere imposto dal giudice. DIRITTI SOCIALI S’intendono i diritti dei cittadini a ricevere determinate prestazioni dagli apparati pubblici: sono i diritti caratteristici dello “Stato sociale”. I diritti sociali sono espressi in Costituzione come programmi la cui attuazione è rinviata alla attività successiva degli organi pubblici. La Repubblica agevola con misure economiche la formazione della famiglia, ecc. la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. I diritti sociali godono di una difesa giurisdizionale. SERVIZI SOCIALI La legislazione sociale ha studiato i principali meccanismi attraverso cui si svolge la protezione della sicurezza sociale: A. La previdenza sociale. Riconosce i diritti all’assistenza alla salute e all’istruzione. L’obiettivo è di garantire condizioni adeguate di vita ai cittadini che versano in condizioni di debolezza economica o di disagio sociale. L’art 38 inoltre tutela gli inabili al lavoro e gli indigenti, garantendo loro il mantenimento e l’assistenza sociale. Si tutelano quindi i lavoratori ed i loro familiari dai rischi derivanti dalla perdita del lavoro a causa di malattie o infortuni. Ciò a fronte di una contribuzione 57 La scelta comunitaria, cui l’ordinamento italiano si è adeguato è di una semplice regolazione esterna del mercato per garantirvi la concorrenza ed impedire il costituirsi di posizioni dominanti. Si può espropriare un’impresa o tutte le imprese di un settore quando si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia, o situazioni di monopolio. LA PROPRIETA’ PRIVATA Il “diritto all’abitazione” è uno degli interessi sociali sulla cui base si sono giustificate limitazioni rilevanti della possibilità di disporre liberamente della proprietà privata. Il vero problema è quello dell’espropriazione: “la proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale.” LE AUTORITA’ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI La tendenza a ricondurre le attività economiche ai soggetti privati ed a realizzate un mercato concorrenziale sta alla base dell’istituzioni delle Autorità amministrative indipendenti. Alcune istituzioni si differenziano dalle altre autorità pubbliche perché: a. Sono indipendenti rispetto al Governo ed al suo indirizzo politico; b. Svolgono funzioni di controllo e di arbitraggio in certi settori economici; c. Servono a garantire l’osservanza di regole generalmente riconducibili a valori europei, in primo luogo a quello della realizzazione di un mercato concorrenziale. Lo stato regolatore, fissa regole limitatrici dell’iniziativa economica a tutela di interessi collettivi, regole conformativi, standard di qualità cui le imprese operanti in certi mercati devono attenersi per poter affacciarsi al mercato. Titolari di tali Autorità sono il Presidente e quattro membri nominati nelle due camere. I comportamenti vietati sono stabiliti dalla legge: • Intese restrittive della libertà di concorrenza; • Abuso di posizione dominante nel mercato; • Operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza, che portino alla costituzione o al rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo tale da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza. I DIRITTI NELLA SFERA POLITICA Sono i diritti riconosciuti ai cittadini di partecipare alla vita politica e alla formazione delle decisioni pubbliche. I diritti politici sono l’elettorato attivo e passivo per l’elezione delle assemblee rappresentative a tutti i livelli di governo; i vari tipi di referendum, la libertà di organizzazione dei partiti, il diritto di petizione e il diritto di accedere agli uffici pubblici. L’interdizione dai pubblici uffici, che comprende la perdita dell’elettorato attivo e passivo e di ogni incarico pubblico, è una pena accessoria che accompagna le condanne più gravi. La sospensione dei diritti politici è prevista per coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione, a libertà vigilata, ecc. I DOVERI COSTITUZIONALI La Costituzione contiene vari riferimenti ai “doveri” dei cittadini. “dovere di solidarietà politica, economica e sociale. Dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” Nell’ordinamento italiano non si è fatta strada la tendenza a fare del dovere di fedeltà un principio capace di bilanciare e “funzionalizzare” i diritti di libertà, di giustificare cioè la repressione del dissenso politico “radicale” che ha caratterizzato certe democrazie protette. I “doveri” Costituzionali sono quindi: il dovere di difesa della patria e il dovere di pagare le tasse. L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA GIUDICI ORDINARI E GIUDICI SPECIALI 60 Il sistema giudiziario italiano si caratterizza per la presenza di più giurisdizioni: I giudici ordinari amministrano la giustizia civile e penale attraverso organi giudicanti e organi requirenti. • Gli organi giudicanti civili si dividono in organi di primo grado (giudice di pace e tribunale) e di secondo grado ( corte d’appello). • Organi giudicanti penali, vi sono organi di primo grado (il giudice di pace, il tribunale, la corte d’assise) e organi di secondo grado (la corte d’appello, la corte d’assise d’appello, il tribunale della libertà). • Organi requirenti sono i pubblici ministeri che esercitano l’azione penale e agiscono nel processo a cura di interessi pubblici. • Giudici amministrativi sono i tribunali amministrativi regionali, istituiti uno in ciascuna regione. Al giudice ordinario spettano le controversie in materia di diritti soggettivi, al giudice amministrativo quelle in materia di interessi legittimi. • Giudici tributari esercitano la giurisdizione nelle controversie tra i cittadini e l’amministrazione finanziaria dello stato. • I giudici militari in tempo di guerra, esercitano la giurisdizione secondo quanto stabilito dalla legge; in tempo di pace, esercitano la giurisdizione solo sui reati commessi dagli appartenenti alle forze armate. Obbligo dell’azione penale significa che il PM non può scegliere discrezionalmente se avviare o meno l’azione in relazione al tipo di reato, ma è tenuto a intraprendere la sua azione sempre e comunque in presenza di una notitia criminis dotata di un certo fondamento. Il Consiglio di Stato oltre a poteri giurisdizionali, anche poteri consultivi che possono essere attivati dal Governo dal momento che si tratta di un organo ausiliario del governo stesso. PRINCIPI COSTITUZIONALI IN TEMA DI GIURISDIZIONE • Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. Chiunque ritiene di essere leso può fare un processo amministrativo oppure può fare una denuncia penale. • La difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Chi partecipa al processo deve avere un difensore nella figura dell’avvocato. Se la parte non ha nominato un avvocato di fiducia, viene nominato un avvocato d’ufficio. • Sono assicurati ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. Se non ha i soldi per pagare l’avvocato, lo paga lo stato. • Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Il codice stabilisce i criteri in base ai quali individuare il giudice che dovrà decidere la controversia. • Nessuno può essere punito se non in forza di legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. • La responsabilità penale è personale. È la persona che ha effettivamente commesso il reato che viene punita. • L’imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva. • Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. • Non è ammessa la pena di morte. • La giustizia è amministrata in nome del popolo. • I giudici sono soggetti soltanto alla legge. Assicura l’indipendenza interna (svolge la sua attività senza essere influenzato) ed esterna ( non dipende da altri poteri) della magistratura. • Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso. • I magistrati sono inamovibili (non possono essere sospesi dal servizio, né destinati ad altre sedi, non trasferiti, a meno che non lo decide il CSM). • I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni. Questo specifica l’autonomia della magistratura: ogni magistrato applica le norme automaticamente senza tener conto dell’interpretazione che è già stata fatta dall’altro giudice. 61 • Stabilisce che la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. • Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità e con un giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. • Contraddittorio: si può difendere la propria parte e portare prove a sfavore dell’altra parte. CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA (CSM) A garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, la Costituzione italiana ha previsto che tutti i provvedimenti riguardanti la carriera dei magistrati ordinari devono essere adottati da un organo che è sganciato dal Governo, il CSM. È composto da 3 membri di diritto (Presidente della Repubblica, che ne è a capo del CSM, procuratore generale e presidente della cassazione) e 24 elettivi ( 16 eletti da magistrati tra magistrati e 8 eletti dal parlamento in seduta comune tra professori universitari, avvocati con almeno 15 anni di esperienza). La responsabilità disciplinare opera in caso di violazione dei doveri connessi al corretto esercizio della funzione giurisdizionale, e precisamente i magistrati ordinari rispondono di ogni comportamento, assunto in ufficio o fuori, in violazione dei propri doveri, in modo da compromettere il prestigio dell’ordine giudiziario. I magistrati ordinari, oltre che alla responsabilità disciplinare sono sottoposti a quella penale ed a quella civile ( riguarda i danni subiti dal cittadini per effetto di privazione della libertà personale conseguente a diniego di giustizia). Funzioni: • Bandisce i concorsi; • Assegna le sedi; • Stabilisce le promozioni; • Applica provvedimenti disciplinari. MINISTRO DELLA GIUSTIZIA 1. Cura l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia; 2. Promuove l’azione disciplinare davanti all’apposita sezione disciplinare del CSM; 3. Partecipa al procedimento di conferimento degli uffici direttivi (cioè degli incarichi di maggior rilievo nell’ordinamento giudiziario); 4. Esercita i poteri di sorveglianza ed eventuali attività di ispettive nei confronti degli uffici giudiziari. GIUSTIZIA COSTITUZIONALE S’intende un sistema di controllo giurisdizionale del rispetto della Costituzione. La giustizia costituzionale è la principale garanzia della rigidità della Costituzione: consente di reagire a determinate infrazioni della Costituzione rivolgendosi in determinati modi ad un determinato giudice. MODELLO ITALIANO È prevalentemente orientato verso un giudizio successivo, accentrato, ad accesso indiretto. Il giudizio investe leggi già in vigore; accentrato perché è svolto da un unico organo, la Corte Costituzionale, ma questa può essere investita soltanto da un giudice. • Esiste anche una forma di sindacato preventivo: era quello che si svolgeva sulle leggi regionali, impugnate dal Governo a seguito di riapprovazione della legge precedentemente rinviata. • Il sindacato diffuso sulle leggi è presente nel nostro ordinamento solo come strumento sussidiario, che può attivarsi in caso di non funzionamento della Corte costituzionale. Vi è poi da notare che la struttura del giudizio incidentale fa sì che i giudici di merito svolgano, in modo diffuso, una funzione di “prima valutazione” della legittimità costituzionale, filtrando solo quelle questioni che appaiono più serie: non possono dichiarare l’illegittimità di una legge, ma possono dichiarare del tutto infondate le censure che vengono loro proposte. 62 IL CONTROLLO DI COSTITUZIONALITA’ DELLE LEGGI La Corte costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni. Questa disposizione ha posto alcuni problemi interpretativi: 1. Le leggi di revisione costituzionale si sottraggono al giudizio di legittimità costituzionale, che potrà estendersi non soltanto ai “vizi formali”, derivanti dalla violazione delle regole procedurali, ma anche ai “vizi materiali”, derivanti dalla violazione dei limiti posti dalla Costituzione. 2. Le leggi anteriori alla Costituzione possono essere impugnate solo per vizi materiali: non possono essere considerati incostituzionali atti legislativi approvati con procedure che risultino diverse da quelle previste dalla Costituzione attuale. 3. Sono escluse dal sindacato di legittimità costituzionale le fonti-fatto. 4. Gli atti sindacabili devono avere la forza di legge. Sono invece esclusi i regolamenti dell’esecutivo e gli altri regolamenti amministrativi. 5. Le leggi regionali sono equiparate alle leggi dello Stato: non esistono invece atti con forza di legge regionali. La Corte ha negato di poter sindacare i regolamenti interni dei Consigli regionali. PARAMETRO DI GIUDIZIO Per parametro di giudizio s’intende il termine di confronto impiegato nel giudicare la legittimità degli atti legislativi. Parametro interposto: è un’espressione che designa quelle norme che non hanno un rango costituzionale, ma la cui violazione da parte delle leggi comporta un’indiretta violazione di norme costituzionali. GIUDIZIO INCIDENTALE È detto giudizio in via incidentale in quanto la questione di legittimità costituzionale sorge nel corso di un procedimento giudiziario, come “incidente processuale”, che comporta la sospensione del giudizio e la remissione della questione di legittimità costituzionale alla Corte costituzionale. È un giudizio successivo e concreto, perché la legge viene il rilievo al momento della sua applicazione, è indisponibile in quanto il giudice è tenuto a sollevare la questione dinanzi alla Corte costituzionale. Spetta al giudice formulare l’atto introduttivo e verificare la sussistenza dei due requisiti: • Che la questione sia rilevante per la risoluzione del giudizio in corso. La rilevanza consiste in un legame di strumentalità, di “pregiudizialità”. • Che non sia manifestamente infondata. La non manifesta infondatezza mira a verificare che la questione di legittimità prima facie abbia un minimo di fondamento giuridico. Il giudice non deve infatti pronunciarsi sulla fondatezza o meno della questione, è sufficiente avere anche un minimo dubbio sulla costituzionalità della legge. GIUDIZIO IN VIA PRINCIPALE Può essere proposto con ricorso da parte dello Stato contro leggi regionali o da parte della Regione contro leggi statali o di altre Regioni. La questione di legittimità viene proposta direttamente con una procedura ad hoc e non nell’ambito e nel corso di un “giudizio”. L’atto introduttivo del giudizio in via principale è il ricorso. Esso deve essere deliberato dal Consiglio dei ministri, se agisce lo Stato, o dalla Giunta regionale per la regione, nel termine di 60 giorni dalla pubblicazione della legge che si intende impugnare. TIPOLOGIE DELLE DECISIONI DELLA CORTE Le decisioni della corte costituzionali nei giudizi di legittimità possono essere: • Decisioni di inammissibilità. Si ha quando: • Manchino i requisiti soggettivi e oggettivi per la legittimazione a sollevare la questione di legittimità costituzionale, cioè quando la questione sia stata sollevata da un organo non qualificabile come “giudice” o non siano stati rispettati i termini di impugnazione. 65 • Sia carente l’oggetto del giudizio. • Manchi il requisito della rilevanza. Se vi è una semplice carenza di motivazione ordinerò la restituzione degli atti al giudice, perché egli riconsideri la rilevanza: quando la disposizione è stata abrogata dal legislatore dopo che il giudice ha sollevato la questione, la Corte restituisce gli atti al giudice cui spetta di valutare se al “suo” giudizio si debba applicare la norma nuova o quella vecchia. • Quando l’ordinanza di remissione manchi di indicazioni sufficienti ed univoche per definire la questione di legittimità. • Quando siano stati compiuti errori meramente procedurali. • Quando la questione sottoposta alla Corte comporti “una valutazione di natura politica” o un sindacato “sull’uso del potere discrezionale del Parlamento”. • Sentenze di rigetto. La Corte dichiara non fondata la questione prospettata dall’ordinanza di remissione. Il suo unico effetto giuridico è di precludere la riproposizione della stessa questione da parte dello stesso giudice nello stesso stato e grado dello stesso giudizio. Se un altro giudice risolleva la stessa questione senza aggiungere argomentazioni nuove, la Corte non entra neppure nel merito e pronuncia con un’ordinanza deliberata in camera di consiglio la “manifesta infondatezza” della questione stessa. • Sentenze di accoglimento. La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata. La sentenza ha valore costitutivo benchè il contrasto con la Costituzione sia certamente sorto in precedenza, è solo con la sentenza che esso è accertato e la legge viene invalidata. Perciò i rapporti sorti in precedenza sulla base di quella legge non cadono perché sono sorti in forza di legge che in quel tempo era valida. • Sentenze interpretative di rigetto. Sono le decisioni con cui la Corte dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale, non perché il dubbio di legittimità sollevato dal giudice non sia giustificato, ma perché esso si basa su una cattiva interpretazione della disposizione impugnata. La Corte costituzionale ha affermato che un preciso canone d’interpretazione delle leggi: nel caso in cui la stessa disposizione possa essere interpretata in modi diversi, l’interprete deve scegliere l’interpretazione conforme a costituzione , ossia ricavarne la norma compatibile con la costituzione. • Sentenze manipolative di accoglimento. Le sentenze di accoglimento sono dette “manipolative”, “interpretative” o “normative” quando il loro dispositivo non si limita alla semplice dichiarazione di illegittimità della legge o delle singole sue disposizioni, ma la illegittimità è dichiarata nella parte in cui è definito il significato della norma. a. Sentenze di accoglimento parziale. La Corte dichiara illegittima la disposizione per una parte solo del suo testo. b. Sentenze additive. Sono decisioni con cui la Corte dichiara illegittima la disposizione nella parte in cui non prevede ciò che invece sarebbe costituzionalmente necessario prevedere. La addizione è una norma omessa dal legislatore. c. Sentenze sostitutive. Sono le decisioni con cui la Corte dichiara l’illegittimità di una disposizione legislativa. Con esse la Corte “sostituisce” una locuzione della disposizione, incompatibile con la Costituzione, con altra, costituzionalmente corretta. 66
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