Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto Disinformazia, la comunicazione al tempo dei social media, Appunti di Teorie Sugli Effetti Sociali Dei Media

Il fenomeno della disinformazione nella rete e nei nuovi media, evidenziando le conseguenze della parcellizzazione dell'informazione e dell'omofilia. Vengono inoltre esaminati i problemi legati alle bolle filtro, alle camere dell'eco e ai troll. Infine, si discute del fact checking e della sua importanza nella verifica delle notizie diffuse online.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 29/03/2023

denzelww
denzelww 🇮🇹

3.8

(10)

14 documenti

1 / 8

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto Disinformazia, la comunicazione al tempo dei social media e più Appunti in PDF di Teorie Sugli Effetti Sociali Dei Media solo su Docsity! Capitolo 1 Disinformazia for Dummies Il rumore e la rete Internet ha sottratto il monopolio dell’informazione ai legacy media, ormai è un dato assodato. I vecchi media, radio e tv, emettevano un messaggio il più pacato possibile per poter raggiungere l’audience più vasta. Oggi questo non avviene più, i nuovi media modellano il messaggio in base al segmento di audience che desiderano raggiungere (narrowcasting). All’opinione pubblica si è sostituito un variegato insieme di opinioni differenti, frammentate e suddivise in gruppi. Questo scenario ha aspetti positivi e negativi: il rovescio della medaglia è l’effettiva capacità di poter parlare effettivamente a tutti. Rivolgendosi a un gruppo si escludono tutti gli altri. Vecchi media e nuovi media vivono oggi in un processo osmotico, la rete viene usata in contemporanea alla tv (tweettando, ecc). Nonostante l’ibridazione dei media, per tanti la TV resta il media privilegiato. Per un politico questa parcellizzazione presenta un problema: se non riesce a parlare a tutti, rischia di escludere possibili categorie di elettori. E per farlo, la rete può risultare utile: la rete offre possibilità a tutti di parlare e di essere consultata, e può dunque incoraggiare partecipazione nel dibattito pubblico. Da sottolineare l’importanza della rete per i gruppi di minoranza e movimenti di protesta. Soprattutto in paesi con regimi totalitari. Sua maestà la televisione Dieta informativa italiani: 70% telegiornali, 35% facebook. Tuttavia molti giornali e media legacy hanno i propri canali social, per cui vi è un processo di ibridazione dei media creando una sorta di ipermedium. Questo comporta un cambio di paradigma di comunicazione, dal one to many verticale al many to many orizzontale. Libertà o omofilia? Navigare nella rete non equivale a un’effettiva libertà di scelta. Omofilia è la tendenza delle persone a rapportarsi con ciò che è simile a lui. Questa tendenza si verifica anche negli ambienti della rete cosi creando nicchie virtuali. Ciò comporterà una visione parziale della realtà per chi è coinvolto in queste nicchie. Una visione solo di ciò che riteniamo conforme ai nostri pensieri. L’omofilia è un comportamento umano inconsapevole. Il web si sta sviluppando in un luogo modellato sempre più in base alle nostre esigenze. Le Filter Bubbles, sono le bolle in cui finiamo inconsapevolmente nella rete: le informazioni, ciò che facciamo in rete vanno a creare ecosistemi modellati in base alle nostre credenze. E ciò che è manifesto fuori non viene visibile in queste bolle. Queste bolle filtro sono costruite dagli algoritmi della rete. Gli algoritmi possono definirsi come: una serie di regole concrete con cui un problema può essere risolto. Piattaforme sulla difensiva Il mondo dell’informazione è sempre più vulnerabile alle fake news e al fenomeno del clickbait. Facebook si è mossa bloccando i guadagni economici delle notizie false, dal momento che la maggiorparte di queste viene prodotta per guadagnare denaro. Facebook sta comprendendo il problema. Camere dell’eco e Partytism I social media non ci insegnano a dialogare. La maggior parte delle persone usano i social per ascoltare l’eco della loro stessa voce. Bauman: entrare in dialogo significa superare la soglia dello specchio e arricchirsi dalla diversità dell’altro. Nelle camere dell’eco avviene invece il contrario. Le camere dell’eco, a differenza delle bolle filtro, non solo sono influenzate dagli algoritmi ma anche dalle scelte dettate dai nostri comportamenti dell’omofilia, del nostro conformismo umano. Molte dinamiche dei social finiscono per darti una visione dei fatti o di qualcosa che noi pensiamo maggioritaria, mentre invece è minoritaria. La visione che viene fornita in queste camere dell’eco è molto parziale e di parte. Percepiamo il nostro piccolo gruppo di riferimento come la maggioranza. In rete l’essere umano, già sociale di suo, finisce per cercare continue conferme: emblema del consenso i like. Ciò comporta a instaurare rapporti non autentici, dovuti al narcisismo. In queste piccole tribù della rete il rischio è che le opinioni iniziali trovino terreno fertile e si estremizzino generando un fenomeno di polarizzazione. Il Partyism, è la degenerazione del confronto tra poli opposti, dove il muro contro muro è l’unica soluzione. Chiusi nelle stanze delle false certezze Facebook ha colpe limitate. Non è solo questione di algoritmi, ma di scelte. Sono gli utenti ad avere un ruolo attivo fin dall’inizio, quando stringono amicizie con persone con opinioni affini e mettono like a post che puntano nella stessa direzione. Tra Hashtag e feedback I mass media ben presto iniziano a trattare Twitter come una fonte, ben sapendo che non tutti i contenuti possono essere genuini o verificati. Gli stessi fondatori lo immaginano come un news network. # gli hashtag sono diventati fondamentali come aggregatori di contenuti, sono un tentativo di organizzare l’informazione. Twitter dal 2009 individua l’hashtag come la feature dominante della piattaforma. Particolarità di twitter è l’orizzontalità estrema: tutti possono leggere, scrivere, commentare e se da un lato l’apertura ha lati positivi, il contatto e il feedback orizzontale generano anche il conflitto con tutto il carico di narrazioni opposte e polarizzazioni. Il rischio è di finire al muro contro muro nei social. Oh mio dio i troll Osservando le modalità di interazione sul web troppo spesso prevale un confronto aspro e violento che snatura il valore e la potenzialità di dibattito online. Questi si chiamano trolls. I troll lasciano esche nella rete, per far abboccare le persone provocandone reazioni aggressive. Il problema è che discutendo con un troll finiamo nella sua trappola, siccome ottengono l’attenzione che vogliono. Caso di trolling esemplare: il caso di Beatrice di Maio, l’alias usato dalla moglie di Brunetta per twittare cose assurde pro M5S. Fact checking vs click baiting La forza del web è quella non solo di fornire informazioni ma anche di permettere la verifica di ogni cosa. Ma la rete non riesce sempre a garantire veridicità delle cose divulgate. Purtroppo il fact checking è più lento del click baiting, pertanto avviene questo fenomeno di distorsione della realtà con fake news. Matita rossa e matita blu digitale In un periodo come l’attuale di grande sfiducia dell’opinione pubblica, pure gli stessi fact checkers vengono accusati di essere di parte. L’unico modo per apparire super partes è la massima trasparenza: se in passato lavoro giornalistico era in parte segreto per mantenere fonti ecc, ora è necessario portare alla luce quanti più aspetti possibili. Per quanto riguarda le questioni scientifiche e l’atteggiamento di molti nei confronti della scienza: perché così tanta sfiducia dalle persone vs scienza? Perché nel corso del secolo, le scoperte scientifiche si sono sempre più allontanate dalle possibilità di comprensione della gente comune. Da ciò nasce talvolta quell’atteggiamento di disagio, sospetto e paura nei confronti della scienza e tecnologia. Come risolvere il problema? Fidarsi della scienza e non del singolo scienziato: la scienza intesa come comunità scientifica e non singolo scienziato. Il complottismo Il complottismo è legato a processi cognitivi in cui è presente l’emotività, in grado di attivare dinamiche come paure e rabbia e che persistono nella memoria. D’altronde se la mente subisce un sovraccarico informativo, è possibile che cerchi una via d’uscita nella soluzione cognitiva più semplice. È facile imbattersi in complottismo in rete, e i giganti FB e google stanno cercando di arginare il problema facendo debunking, storytelling in chiave negativa, il raccontare una storia è diventato una forma di discorso che si impone in tutti i settori della società e trascende i confini politici, culturali o professionali. Con lo storytelling la stessa informazione ha abbandonato il suo carattere informativo per diventare gradualmente una forma di logica narrativa. Lo scopo di chi usa lo storytelling è instaurare una relazione profonda col proprio pubblico, non lo si vuole solo informare ma lo si vuole coinvolgere attivamente. Proprio per questo le storie sono persuasive, perché si basano su un principio di intima partecipazione che favorisce un’interpretazione personale della realtà. I più critici sostengono che con tale tecnica le storie siano diventate talmente credibili da poter addirittura sostituire fatti e argomenti razionali. Non vi sarebbe nessuna narrazione senza ricordo e nessun ricordo senza narrazione. Narrare però vuol dire non soltanto limitarsi a citare numeri dati o eventi, ma inserirli in una cornice di senso. Il fatto che un leader politico oggi si racconti lo rende ancor più responsabile. Non puoi raccontarmi qualcosa e poi scomparire, il racconto ti costringe a mantenere una tua promessa, altrimenti ci disamoriamo e ci sentiamo traditi. Storytelling quindi significa anche coerenza. Per un leader durante il suo processo di storytelling sarà fondamentale prendere in considerazione i feedback degli utenti per regolare poi gli scambi successivi. Gli storytelling online Raccontare una storia sulla rete attraverso i social necessita di una cura continua del rapporto coi propri interlocutori. Registro narrativo deve essere comprensibile a chiunque legga. Comunicazione orizzontale tra soggetti pari. Altro elemento determinante dello storytelling online è la quotidianità, il racconto deve essere aggiornato costantemente, poiché è un dialogo, ed è più simile a una conversazione con un amico o un conoscente al bar. E gli stessi comportamenti che ci piacciono di chi conosciamo al bar, ci piacciono anche online. Esempio citato: Gianni Morandi, che con la sua pacatezza gentilezza ed empatia è ora fenomeno social. Quindi meccanismo a base di storytelling: raccontare storia che coinvolga emotivamente gli interlocutori. Raccontare un marchio, raccontare una comunità Lo storytelling ha un’enorme efficacia anche nella comunicazione d’impresa. I richiami alla memoria lunghi o alle situazioni sono più efficaci della semplice pubblicità di un prodotto. Quindi la campagna pubblicitaria si trasforma in una vera e propria sequenza narrativa in cui vengono create dinamiche di riconoscimento tra ciò che viene comprato e chi compra. Così per promuovere un marchio si costruiscono storie in cui il prodotto diventa spesso solo una cornice di fondo mentre i consumatori si riconoscono nella filosofia dell’azienda. Storytelling che funzionano: la storia di Rummo e #SaveRummo a seguito di disastro naturale. Quando una comunità o un territorio sono feriti dalla natura o dall’uomo è molto facile sviluppare uno storytelling che chiami alla partecipazione, alla solidarietà, all’empatia a un pubblico molto vasto. Dal politichese alla disintermediazione: parlare da leader Se la quotidianità e la semplicità sono elementi sostanziali dello storytelling, è comprensibile come mai i politici di oggi abbiano abbandonato il “politichese”. Siamo passati dalla politica del Lei alla politica del Tu. Con il termine disintermediazione indichiamo la capacità di comunicare direttamente con i cittadini. Ciò porta il soggetto comunicante a essere un medium autonomo capace di comunicare in tempo reale. Il digitale pone quindi una sfida ai giornalisti che sanno di dover cercare notizie anche sulla rete. Il contenuto della sua comunicazione arriverà comunque ai legacy media, re intermediato e comunicato a un pubblico ancora più ampio. Se il leader di oggi esercita influenza piuttosto che autorità, allora il suo ruolo è molto simile a quello di un influencer di una community. Se ciò avviene grazie a un efficace storytelling la leadership diventa allora medium nella narrazione e nell’interpretazione della realtà (opinion leader). Il 44esimo presidente degli USA Obama è l’emblema di un uomo che vince i pregiudizi e sale sul gradino più alto del potere. Il suo punto di forza è stato raccontare la sua storia, che era la potenziale storia di ciascuno dei suoi elettori. Ed il ruolo della rete è stato fondamentale, ne ha fatto un uso “non per gridare ai quattro venti guardate quanto è grande Obama, ma al contrario per dire alla gente guardate quanto siete grandi voi e cosa potete fare”. Ciò ha permesso una partecipazione concreta alla vita politica del paese. Esempio da manuale, non voleva ostentare la sua storia di successo ma al contrario far acquisire a chiunque fiducia nei propri mezzi e l’idea che ciascuno possa farcela proprio come lui. La comunicazione disintermediata di Renzi La comunicazione di Renzi con l’elettorato è sempre stata peer – to – peer, da pari a pari, diretta, tesa a persuadere gli interlocutori e influenzata dai loro feedback che andavano poi ad arricchire la narrazione stessa. La leadership moderna è al centro di una conversazione, non al di sopra. Un esempio di questo approccio è stato la serie di appuntamenti #matteorisponde, tramite facebook e twitter, lo scopo è quello del coinvolgimento diretto dell’opinione pubblica. Dal carisma alla fiducia Per lungo tempo la qualità principale di una leadership è stata individuata nel carisma, di ruolo di guida all’interno di un gruppo. Oggi la funzione quasi eroica del leader ha ceduto il passo alla storia straordinaria di persone comuni, se il racconto del leader non è tanto quello dell’epica ma piuttosto quello della conversazione informale con un amico, allora oggi il carisma è un esercizio di influenza piuttosto che un principio ordinatorio, una forma di consenso. In termini tecnici diciamo che la relazione fiduciaria è la condizione contrattuale preliminare che apre la strada al futuro contratto cognitivo. Alcune linee guida: lo stile deve essere tipico della conversazione, in cui l’interlocutore può sentirsi al centro della scena; chi parla deve presentarsi come un uomo comune, un portavoce del popolo; il messaggio deve adattarsi al target specifico; dell’interlocutore va messa al centro la narrazione della quotidianità con i suoi problemi concreti. Capitolo 5 – Vademecum per una nuova comunicazione politica Empatia Ragione o emotività rappresentano l’alternativa dei linguaggi adoperati in politica. Un leader deve essere in grado di immedesimarsi nel proprio interlocutore, sforzarsi di capire le sue esigenze e i suoi bisogni. In una parola: l’empatia, la capacità di mettersi nei panni altrui. Sia chiaro che non va intesa come un modo semplice per ottenere consenso: quella sarebbe demagogia, ovvero l’arte di dire proprio ciò che il popolo vuol sentirsi dire. L’empatia al contrario è la comprensione e la compassione verso l’altro e ha come unico scopo quello di entrare in connessione con il proprio interlocutore. Da user a influencer Il medium privilegiato è senza dubbio la rete, quello che fornisce maggior visibilità. La rete ha cambiato i cittadini in una nuova categoria di soggetti digitali. Il cittadino ha cambiato profondamente il proprio rapporto con i media: abbandonato il ruolo passivo di utente, sta diventando soggetto attivo nella discussione pubblica. Da comunicazione one to many a many to many. Uno vale uno? Il medium digitale abolisce ogni casta sacerdotale. Dovremmo esser capaci di distinguere offline e online, chi è portatore di conoscenza e chi è solo produttore di rumore. Uno non vale uno, il valore dipende dalla credibilità fiducia e autorevolezza. Da utente passivo a soggetto attivo Nello sciame ciascuno diventa un Qualcuno Anonimo. Lo sciame digitale conserva la sua identità privata persino quando si presenta come parte dello sciame. Si esprime in modo anonimo ma ha di norma un profilo e lavora all’ottimizzazione di sé. L’homo digitalis si mostra spesso in forma anonima. Non è un Nessuno, bensì un Qualcuno e precisamente un Qualcuno anonimo. Ma come sciogliere la matassa dei qualcuno anonimi per diventare soggetti attivi? Bisogna incentivare la partecipazione con il proprio vissuto e le proprie idee per la costruzione di un racconto collettivo, facilitare collaborazione e creare un effetto emulativo (tipo influencer). Tutto ciò però deve partire da una consapevolezza della politica, al fine di promuovere una partecipazione attiva e stimolante nella rete. Solo i corpi intermedi (opinion leaders) rinnovati (influencers) potranno difendere la rete come luogo reale di discussione. Sviluppare uno spirito critico, avere opinioni consapevoli, confrontarsi propositivamente. Il bivio della ragione Il bivio si situa nella divisione netta tra ragione e opinione nel valutare i fatti, eppure anche davanti a verità fattuali inconfutabili moltissimi utenti continuano non solo a sostenere le proprie opinioni originarie magari errate, ma addirittura a convincersene ulteriormente. Secondo studi ciò avviene perché i fatti che vanno contro le proprie convinzioni minacciano la propria visione del mondo. Come fare quindi a convincere qualcuno che ha un opinione errata? 1 mantenere le emozioni al di fuori dello scambio, 2 discutere e confrontarsi senza attaccare l’interlocutore, 3 ascoltare attentamente, 4 mostrare rispetto, 5 comprensione del fatto. In questa lista torna il tema cruciale dell’empatia. È una strategia ancora più necessaria se si considera l’epoca di post verità attuale. Quindi i corpi intermedi sono ancora importanti: il loro ruolo è fare da tramiti tra individui e società e permettere a ciascuno di prendere coscienza della propria condizione che è il primo passo verso la verità. Se la disintermediazione ha creato l’illusione distorta che i corpi intermedi siano diventati superflui, al contrario dobbiamo riaffermare la loro indispensabilità proprio per rompere quei meccanismi della rete che trasfigurano donne e uomini in utenti isolati e passivi. Il trompe-l’oeil della democrazia della rete La prima illusione è che la rete possa creare un modello assimilabile alla democrazia diretta, capace di superare la crisi della democrazia di rappresentanza. La seconda illusione è il principio uno vale uno, specialmente nell’ambito della informazione porre tutti sullo stesso piano sacrifica veridicità e attendibilità delle notizie, e questo è l’ambiente in cui prolifera postverità. Terza illusione è considerare la trasparenza, come garanzia di chiara attribuzione di responsabilità, la trasparenza può paradossalmente portare alla paralisi decisionale. La quarta illusione è l’idea che la maggiore partecipazione che la rete consente restituisca il potere al popolo. In realtà ciò che cresce è il potere negativo, quello di controllo dell’opinione pubblica. Il potere della rete può sprigionarsi nel “fare” solo se riesce a passare dall’online all’offline, attraverso una reintermediazione fatta dai partiti. Stessa cosa vale per le decisioni: per una norma sono imprescendibili passaggi intermedi, come la discussione confronto e approfondimento. Pensiamo davvero si possa ridurre tutto a un click? Ciò urge ripensare le strutture dei partiti per adattarle ai tempi e alle nuove sfide, sfruttando i nuovi modelli organizzativi della rete. Lo story case della PD community Nel 2013 l’autore ha ricoperto il ruolo di responsabile nazionale della comunicazione del Pd con Renzi, e hanno messo a punto un progetto chiamato PD community. Idea di base: promuovere la mobilitazione collettiva di iscritti, militanti e simpatizzanti attraverso le potenzialità della rete secondo un modello many to many. Prevedeva uno schema di stanze digitali interconnesse, una stanza nazionale (che era la centrale decisionale dei contenuti e direttive), 20 stanze regionali e le varie stanze provinciali. Questo schema permetteva non solo di far circolare velocemente i contenuti politici nazionali, ma nei fatti dal momento che tutti i circoli erano nel PD network, il feedback dai territori era continuo e capillare. I circoli non erano solo i terminali della propaganda del partito, ma recependo i segnali dal proprio territorio, arricchivano e indirizzavano la stessa comunicazione nazionale. Scopo della pd community era appunto quello di dare
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved