Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Percezione e Attenzione: Gorilla Nascosto, Attenzional Blink e Neuroni Specchio, Schemi e mappe concettuali di Psicologia Cognitiva

Diversi esperimenti psicologici riguardanti la percezione e l'attenzione umana. Simons e Chabris mostrano come il 50% dei soggetti non riesce a notare un gorilla nascosto tra due squadre di persone, mentre Rensink e colleghi dimostrano che cambiamenti macroscopici nell'immagine richiedono intensa osservazione per essere notati. Inoltre, vengono discusse le teorie sull'Attenzional Blink e i neuroni specchio, che svolgono un ruolo importante nella comprensione delle azioni e nella percezione del movimento biologico.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 27/06/2022

erica-bertoglio
erica-bertoglio 🇮🇹

4

(1)

18 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Percezione e Attenzione: Gorilla Nascosto, Attenzional Blink e Neuroni Specchio e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Psicologia Cognitiva solo su Docsity! PRIMA PARTE - Simons e Chabris, sulla base di un esperimento di Neisser, mostrarono a dei soggetti un filmato con due gruppi di persone, uno con vestiti bianchi e l’altro con abiti neri, che si passavano una palla e chiesero ai soggetti di concentrarsi a contare quante volte la palla passava da una persona all’altra in una delle due squadre. Il fatto strano è che nel filmato, mentre le squadre giocavano con la palla, entrava nell’inquadratura una donna in costume da gorilla. Probabilmente pensate che tutti i soggetti si fecero una bella risata alla comparsa dello strano ospite, ma l’incredibile risultato fu che il 50% dei soggetti non notarono il gorilla. - Simons e Levin condussero un esperimento che ricorda alcuni scherzi televisivi che forse conoscerete. Una persona ignara veniva fermata per strada da uno sconosciuto. Poi, mentre i due parlavano, due altri complici passavano tra i due parlanti, trasportando un oggetto molto ingombrante. Bene, anche in questo caso, anche se le due persone complici erano piuttosto diverse tra loro e presentavano evidenti differenze nell’abbigliamento, quasi il 50% dei soggetti non si accorse dello scambio. Il primo esperimento (quello del gorilla) mostra l’effetto chiamato cecità inattentiva (inattentional blindness), cioè il non rilevare qualcosa a cui non si sta dando attenzione. Il fenomeno studiato nell’ultimo esperimento descritto invece è chiamato Change Blindness e si riferisce a tutte quelle situazioni in cui non ci accorgiamo di qualcosa che cambia di fronte ai nostri occhi. La nostra attenzione è il processo che serve a selezionare le informazioni nell’ambiente e questa selezione serve a concentrare le nostre limitate risorse su ciò che reputiamo importante. L’effetto della CB è stato ricreato in laboratorio con successo in molti esperimenti, con diverse tecniche. Quando avviene un cambiamento di fronte a noi, molto spesso la transizione è accompagnata da un movimento o da quello che potremmo chiamare segnale esogeno. Tutti questi segnali vengono chiamati transienti e sono il motivo per cui, solitamente, rileviamo facilmente un cambiamento in una scena visiva. Ma se questi transienti non vengono percepiti (ad esempio perché proprio nel momento in cui si accende la luce alla finestra, noi stiamo sbattendo le palpebre), rilevare un cambiamento è estremamente più difficile, proprio perché viene a mancare il segnale che ri-orienta la nostra attenzione verso il cambiamento stesso. Una delle tecniche più diffuse usate in laboratorio per studiare la percezione del cambiamento è quella del flicker - Ai soggetti viene presentata brevemente un’immagine A di una scena visiva comune, seguita da una schermata neutra (ad es. grigia) e poi da un’altra immagine A’ uguale alla precedente tranne che per un particolare, seguita anch’essa da una schermata neutra. Questo ciclo “A- neutra-A’-neutra” viene ripetuto più e più volte di seguito, finché i soggetti non riescono a cogliere la differenza tra le due immagini. Rensink e colleghi condussero una sperimentazione con questa tecnica dimostrando come cambiamenti anche macroscopici dell’immagine necessitavano di parecchi secondi per essere notati, a volte addirittura più di un minuto di intensa osservazione delle immagini! Il lavoro ottenne anche altri risultati interessanti: il fatto che i cambiamenti erano più difficili da rilevare quando avvenivano in zone di “interesse marginale” delle immagini, rispetto a quelli in zone di “interesse centrale”. I risultati di questi studi mostrano che la CB non è legata solamente a situazioni di laboratorio, ma è un effetto che rimane costante anche durante i normali comportamenti di ammiccamento e di movimento oculare. Gli esperimenti sulla CB e sulla cecità inattentiva hanno prodotto dei risultati che mostrano chiaramente come l’attenzione sia assolutamente necessaria per riuscire a “vedere” un cambiamento. Ma come vengono create le rappresentazioni di ciò che vediamo e come intervengono l’attenzione e la memoria in questi compiti? Rensink propone la sua teoria della coerenza per spiegare la CB. Secondo questo approccio, prima ancora di focalizzare l’attenzione, una elaborazione preliminare delle scene visive creerebbe delle rappresentazioni poco stabili e facilmente sostituibili. L’attenzione focalizzata produrrebbe invece delle rappresentazioni dettagliate e stabili di singoli oggetti. Quando l’attenzione viene infine spostata, la rappresentazione dell’oggetto che era nel fuoco decade velocemente e ritorna allo stato in cui era prima che venisse concentrata su di esso l’attenzione. In altre parole, nella teoria della coerenza l’attenzione focalizzata sarebbe l’unico fattore a rendere possibile una rappresentazione stabile degli oggetti, agendo su di un solo oggetto alla volta. Una teoria alternativa più coerente con questi risultati viene proposta proprio da Hollingworth e Henderson. Secondo questi autori le rappresentazioni vengono sì create dall’attenzione focalizzata, ma non hanno una vita così breve come vorrebbe la teoria della coerenza. Osservarono che, pur non rilevando il cambiamento di alcuni oggetti, i soggetti tendevano a fissare su di loro lo sguardo 250ms di più rispetto agli oggetti che non cambiavano. Per notare un cambiamento in un oggetto, è sicuramente necessario che l’attenzione sia stata focalizzata su tale oggetto in precedenza. Attentional Blink - In un paradigma sperimentale di Presentazione Visiva Seriale Rapida (Rapid Serial Visual Presentation - RSVP) viene presentata ai soggetti una rapida sequenza di stimoli (solitamente lettere o numeri) tutti nella stessa posizione spaziale, proprio al centro della loro fissazione. La durata sullo schermo di ogni stimolo è molto rapida, intorno ai 100 ms. In questa sequenza sono presenti degli stimoli bersaglio in mezzo a dei distrattori e il compito dei soggetti è appunto quello di rilevare i target e, in alcuni casi, identificarli. Pur essendo necessaria una buona quantità di attenzione, i soggetti non hanno difficoltà a portare a termine questo compito. Quello che varia da una prova sperimentale all’altra sono principalmente due fattori. L’effetto che si ottenne con questo tipo di esperimenti lasciò molti ricercatori con una bella gatta da pelare. Quando infatti ai soggetti veniva chiesto di identificare entrambi i target e i target avevano tra i 2 e i 5 distrattori tra di loro, T2 molte volte non veniva riportato! Questo effetto mostrava una gradualità che viene classicamente chiamata “andamento ad U”. Uno dei punti importanti nella comparsa di questo fenomeno è che la non rilevazione di T2 avveniva solo ed esclusivamente quando ai soggetti veniva chiesto di rilevare anche T1. L’effetto fu introdotto da Broadbent e Broadbent, e fu battezzato da Raymond e colleghi Attentional Blink. Ad una prima analisi si potrebbe pensare che la non rilevazione di T2 possa essere dovuto ad un qualche effetto percettivo, appartenente alla classe chiamata mascheramenti. Un mascheramento avviene quando uno stimolo viene reso difficile da percepire da uno stimolo presentato subito dopo (o prima) di lui. L’AB si verifica infatti solo quando i soggetti devono attivamente riportare entrambi i bersagli: T1 e T2. Se l’effetto fosse di natura percettiva, ci si aspetterebbe che sia la semplice presenza di distrattori o stimoli particolari (ad es. T1) a produrre l’effetto, e non la differenza nella consegna. diversi fattori a seconda del particolare compito da svolgere: quando ad esempio bisogna valutare la caduta di un oggetto. Glover ha recentemente proposto un modello per spiegare come l’informazione visiva viene utilizzata nella produzione di azioni. Il modello è uno sviluppo delle idee di Milner e Goodale sulle interazioni tra percezione e azione. Glover sostiene che l’azione sarebbe prima programmata attraverso un sistema di pianificazione e poi monitorata attraverso un sistema di controllo. Il sistema di pianificazione, secondo Glover, è utilizzato principalmente prima dell’inizio del movimento, ma opera anche nelle fasi iniziali dell’azione. Il sistema di pianificazione usa molte informazioni per programmare il movimento (obiettivi, contesto visivo, natura del bersaglio del movimento, etc.) e per questo è relativamente lento nell’elaborazione. Il sistema di controllo agisce dopo quello di pianificazione e si attiva principalmente durante lo svolgimento delle azioni. Il suo scopo è curare la buona riuscita e l’accuratezza dei movimenti mediante degli aggiustamenti. La sua localizzazione cerebrale è nel lobo parietale superiore e nel cervelletto. Secondo l’autore, gli errori nelle azioni e nelle percezioni sono dovuti al sistema di pianificazione, mentre quello di controllo assicura esclusivamente l’accuratezza. Inoltre, mentre la pianificazione sarebbe sottoposta ad un’influenza cosciente, il sistema di controllo funzionerebbe esclusivamente al di fuori della coscienza. Un ulteriore conferma alle ipotesi di Glover viene dagli studi dei pazienti con lesioni cerebrali. In particolare, stando al modello, pazienti con lesioni al lobo parietale inferiore dovrebbero mostrare deficit principalmente relativi alla pianificazione delle azioni. Clark descrive come questi soggetti mostrano dei problemi legati allo svolgere azioni che conoscono bene (ad es., affettare del pane), mentre portano a compimento quasi normalmente azioni semplici come indicare e afferrare. Come abbiamo visto, ci sono molti dati a favore del modello di pianificazione e controllo proposto da Glover. Tuttavia, bisogna sottolineare come probabilmente i due sistemi interagiscono in modi più complessi della breve sovrapposizione temporale ipotizzata da Glover. Johansson volle vedere fino a che punto riusciamo a riconoscere i movimenti, facendo giudicare a dei soggetti degli stimoli estremamente impoveriti. - Aveva infatti messo delle luci all’altezza delle articolazioni (ginocchia, polsi, anche, etc.) di attori completamente vestiti di nero e gli aveva chiesto di muoversi di fronte ad uno sfondo nero. Sottoponendo ai soggetti questi filmati di punti luminosi in movimento, l’autore rilevò che la maggior parte dei soggetti era in grado di descrivere accuratamente che cosa stavano facendo gli attori nei filmati, aggiungendo spesso che era quasi possibile per loro “vedere” le braccia, le gambe e il resto del corpo degli attori. I soggetti riuscivano a dare ottime descrizioni anche quando le luci visibili erano poche e i filmati molto brevi, ma quando i filmati cominciavano con le luci ferme, gli osservatori non riuscivano a farsi un’idea di cosa fossero - In un esperimento di Runeson e Frykholm i soggetti riuscivano a comprendere quanto lontano gli attori stavano scagliando un sacco di sabbia: anche se le luci erano solo attaccate sul corpo degli attori e non sui sacchi! Che cos’ha di speciale la percezione del movimento biologico? Johansson, von Hofsten e Jansson mostrarono come a degli osservatori erano necessari appena 200ms di osservazione dei punti-luce in movimento per riconoscere il movimento biologico. Negli ultimi anni, la scoperta di neuroni specializzati nella lettura delle azioni altrui ha dato importanti sviluppi alla comprensione della percezione del movimento biologico. Con il termine neuroni specchio ci si riferisce ad una particolare classe di neuroni visuo-motori, originariamente scoperti nell’area F5 della scimmia, nel lobo frontale. Questi neuroni scaricano sia quando la scimmia compie una certa azione, sia quando osserva un altro individuo (scimmia o uomo) compiere un’azione simile. Questo circuito di neuroni risponde all’esecuzione o all’osservazione di azioni transitive precise (come ad es. afferrare), ma mostrando un ampio grado di generalizzazione. Ad esempio, i neuroni di questo tipo che si attivano durante l’atto di afferrare qualcosa, scaricano a prescindere da che cosa viene afferrato e da chi. Alcuni neuroni specchio si attivano infine in funzione dello scopo dell’azione e non del suo semplice aspetto: riescono ad es. a discriminare tra l’afferrare qualcosa per portarlo alla bocca o afferrare qualcosa per riporlo in un recipiente posizionato vicino alla bocca Qual è la funzione dei neuroni specchio? • Jeannerod sostiene, logicamente, che questo circuito di neuroni abbia una funzione chiave nell’attuare il processo di imitazione • Rizzolatti e colleghi si spingono ancora oltre, sostenendo che i neuroni specchio svolgerebbero anche un ruolo fondamentale nella comprensione delle azioni Ci sono alcuni convincenti risultati sperimentali che confermano l’ipotesi che i neuroni specchio riescono a veicolare il significato di un’azione. Umiltà et al. presentarono a delle scimmie delle azioni completamente visibili o dove l’ultima parte veniva nascosta alla vista. Secondo gli autori, anche se la scimmia non è in grado di vedere un’azione per intero, nella condizione dove ha sufficienti indizi per poterne comprendere il significato e perciò riuscire a crearsi una rappresentazione, i neuroni specchio dovrebbero comunque scaricare. I neuroni specchio non rispondevano solamente all’apparenza formale delle azioni, ma alla loro effettiva efficacia, al loro scopo. Il circuito dei neuroni specchio è nell’uomo anche sensibile ad altre stimolazioni. Anche l’osservazione di azioni pantomimiche e di azioni intransitive fa scaricare questo tipo di neuroni nell’uomo. Le particolarità che questo sistema mostra nell’uomo hanno permesso lo sviluppo di alcune ulteriori ipotesi sulle possibili funzioni dei neuroni specchio. Il loro ruolo chiave nella comunicazione dei significati delle azioni fa avanzare a Rizzolatti e Arbib l’ipotesi che il sistema dei neuroni specchio abbia svolto una funzione centrale nell’evoluzione del linguaggio.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved