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Riassunto dispense studio - responsabilità sociali delle organizzazioni, Sintesi del corso di Sociologia Delle Organizzazioni

Riassunto dispense studio - responsabilità sociali delle organizzazioni

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 01/04/2022

nala.2020
nala.2020 🇮🇹

4.3

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Scarica Riassunto dispense studio - responsabilità sociali delle organizzazioni e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Delle Organizzazioni solo su Docsity! 1 RIASSUNTI RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLE ORGANIZZAZIONI PARTE 1 1. La responsabilità sociale: un inquadramento generale Le organizzazioni sono entità per mezzo delle quali collettività di soggetti umani operano insieme, combinando i loro sforzi per ottenere risultati che ciascuno singolarmente non sarebbe in grado di perseguire. L’organizzazione è un sistema di persone consapevolmente coordinate nello svolgere attività orientate al raggiungimento di una o più finalità. Inoltre, l’organizzazione è in grado di garantire continuità temporale al perseguimento di obiettivi che possono caratterizzare l’intero arco della vita di un soggetto umano, cioè non limitato alla propria vita professionale. Nell’affrontare lo studio delle organizzazioni è rilevante prendere atto della varietà del fenomeno in analisi: nella realtà un’organizzazione è simile solo ad alcune altre organizzazioni. Infatti, le organizzazioni sono tutte diverse tra loro: non solo presentano rilevanti difformità entità operanti in comparti di attività decisamente diversi, ma si riscontrano differenze – talvolta significative – anche tra organizzazioni operanti nello stesso settore o comparto di attività. Gli elementi di difformità emergono non solo dalla particolarità degli elementi caratteristici della specifica organizzazione (attività, ruolo dei soggetti umani, risorse, ambiente di riferimento, ecc.) ma soprattutto dal fatto che gli elementi presenti in un’organizzazione si combinano tra loro per il conseguimento dei fini per i quali è stata costituita. Più specificamente, seppure in due organizzazioni fossero presenti le stesse categorie di elementi, esse differirebbero significativamente poiché la loro combinazione non assumerebbe la stessa valenza determinando, appunto, la specificità di ogni entità. Inoltre, ogni organizzazione è diversamente sensibile al mutamento esterno e si caratterizza per le peculiari relazioni che si instaurano tra gli elementi interni e l’ambiente. “Le organizzazioni si espandono, si contraggono, si disgregano, si fondono. Alcune superfici divengono spesse ed opache riducendo gli scambi tra i contenuti interni e l’ambiente esterno, mentre altre si vanificano e permettono un maggior flusso in una o in entrambe le direzioni. Le forme sono alterate. Alcuni processi ristagnano, altri si intensificano. I livelli di attività salgono e cadono. Le organizzazioni si disintegrano e svaniscono mentre altre, a frotte, si formano ed i tassi di nascita e di morte variano continuamente. Nulla resta costante.” Herbert Kaufman A motivo della vivacità propria del “mondo delle organizzazioni”, chiunque oggi interagisca con un’organizzazione, indipendentemente dalla tipologia di attività svolta, non ha difficoltà a percepire che si trova in relazione con un’entità che presenta caratteristiche – nel suo insieme – certamente non presenti alcuni decenni fa, o solo pochi anni fa. Le organizzazioni nascono perché i soggetti umani, operando insieme, perseguono fini che singolarmente non sarebbero in grado di raggiungere. Ciò implica che gli attributi che sono presenti ed essenziali per ogni organizzazione sono costituiti dalla presenza di una collettività di soggetti umani e dall’esistenza di finalità da perseguire. L’esistenza dei precedenti attributi genera la necessità che siano presenti in ogni organizzazione anche specifiche risorse tangibili e intangibili per lo svolgimento delle attività, nonché una struttura adeguata. In sintesi, si può rilevare che ogni organizzazione è caratterizzata dalla presenza di elementi distintivi quali: stakeholder, fini, risorse, rete normativa e comportamentale. Dagli elementi distintivi sopra indicati, emergono chiaramente alcuni attributi delle organizzazioni che possono essere sintetizzati nel modo seguente: 2 1. natura di sistema che implica l’esistenza di unità parziali e di interazioni tra di esse; 2. chiusura operazionale o integrazione interna e dinamicità; 3. collettività di partecipanti, che al limite può essere costituita da due sole persone, le quali non necessariamente si basano sugli stessi interessi e convergono sulle stesse finalità, ma operano solo dopo aver realizzato un processo di negoziazione (esplicito o implicito), o dopo che uno o più partecipanti è riuscito a compiere un’imposizione nei confronti degli altri; 4. fini e regole di funzionamento, che siano espliciti o impliciti, definiti o indefiniti. Pertanto, pur nella consapevolezza che una definizione non può che fare riferimento agli aspetti più rilevanti trascurandone altri che pure sono presenti, si adotta la seguente ipotesi definitoria: l’organizzazione “è una collettività di soggetti umani che operano insieme per il raggiungimento di specifici obiettivi”. I fattori caratterizzanti le organizzazioni sono: la pluralità di soggetti umani, le relazioni non occasionali, la stabilità nel tempo, l’identità definita (insieme di connotati specifici che consentono di percepire l’organizzazione in modo unico, esclusivo rispetto ad ogni altra) e l’identificazione esterna (la visibilità e il riconoscimento esterno). Una specifica organizzazione: l’impresa. Nella definizione dell’impresa e nella differenziazione con le altre organizzazioni occorre adottare un approccio multidimensionale in grado di considerare in modo adeguato tanto gli attributi generali, rinvenibili nelle organizzazioni imprese, quanto quelli più strettamente correlati alla categoria specifica considerata (ad esempio in relazione alle caratteristiche dimensionali, alla natura giuridica, ai prodotti o servizi offerti, ecc.), senza trascurare gli elementi di unicità tipici di ciascuna impresa. Infatti, poiché l’impresa è costituita primariamente da persone e queste sono uniche ed irripetibili, come uniche ed irripetibili sono le relazioni che si instaurano tra loro, ogni impresa è unica di per sé stessa e tale unicità si estende sia in senso spaziale che temporale. L’entità alla quale ci si riferisce quando si parla di impresa è un’organizzazione che produce beni e servizi per il mercato. Quindi, l’elemento centrale dell’organizzazione-impresa è la collettività di soggetti umani che operano insieme per la realizzazione di beni e/o servizi da destinare al mercato. Riguardo alla produzione di beni e/o servizi occorre notare che essa è strumentale ad una finalità più generale: offrire soluzioni ai problemi dei clienti instaurando una forte e positiva relazione con essi. Il fatto di operare nel mercato significa non solo offrire beni e/o servizi in cambio di un prezzo, ma anche gestire l’impresa secondo il principio di economicità, ossia salvaguardando l’equilibrio economico e l’equilibrio finanziario, da cui consegue la necessità di operare in ottemperanza ai principi di efficienza, efficacia, puntando così decisamente a raggiungere adeguati livelli di redditività. Un’impresa che così non operasse si troverebbe ben presto ad essere espulsa dal mercato. Ciò non significa considerare il profitto quale finalità unica dell’impresa, tesi che deriva dalla prospettiva neoclassica dell’economia nella quale semplicisticamente si fa coincidere la finalità dell’impresa con la finalità dell’imprenditore. In realtà l’impresa stessa, in quanto collettività di soggetti umani, si qualifica proprio per la compresenza di una molteplicità di interessi, di finalità, di prospettive, che possono essere anche in contrasto tra loro, che richiedono un notevole impegno per essere ordinati e composti in un sistema coerente di fini e di valori condivisi. Tale composizione trova la sua sintesi nella mission e nella vision di ciascuna organizzazione e impresa. Utilizzare il profitto per indicare lo scopo dell’impresa è quantomeno limitativo se non addirittura privo di significato. Il profitto viene considerato come un requisito, un elemento strumentale a garantire all’impresa la sopravvivenza, il raggiungimento delle sue molteplici finalità, non quindi come l’aspetto che la definisce e caratterizza in modo esclusivo. Un tempo all’impresa veniva attribuito l’unico compito di creare ricchezza e questo avveniva puntando a raggiungere l’interesse dell’imprenditore o del gruppo di imprenditori di riferimento, mentre oggi dalla società pare emergere un forte richiamo a che l’impresa mostri adeguata 5 di prendere tangenti (e, soprattutto, indicare chiaramente cosa si intende per tangente) o altri incentivi finanziari. Il codice etico aziendale, detto anche codice di condotta, è un documento contenente una serie di regole sociali e morali redatte dall’azienda e alle quali tutti i membri della società devono attendersi. È la carta dei diritti e dei doveri fondamentali dove vengono definite le responsabilità etico-sociali (sia verso l’interno, che verso l’esterno) dell’impresa e i valori che abbraccia: è volontaria e non è vincolante ai sensi di legge. 3. la corporate governance, che è la struttura delle politiche e norme governate dal consiglio di amministrazione in un’impresa. Da questa deriva la business ethics, così come la responsabilità sociale, dal momento che la moralità del consiglio di amministrazione e dei suoi singoli amministratori è, o dovrebbe essere, alla base di queste politiche e procedure. L’istituto di Business ethics (IBE) fa la seguente distinzione tra etica e responsabilità sociale delle imprese: L'etica aziendale riguarda l'applicazione dei valori etici a tutti i comportamenti e le funzioni aziendali. Riguarda la condotta degli individui così come delle organizzazioni - "il modo in cui facciamo affari". Un'agenda CR riguarda spesso l'impegno che l'organizzazione assume nei confronti dei propri stakeholder per aumentare gli impatti positivi e diminuire quelli negativi, sia attraverso attività di core business sia attraverso programmi aggiuntivi, volontari o filantropici. Quest'ultima è spesso conosciuta come Responsabilità Sociale d'Impresa. L’IBE sottolinea che una organizzazione non può essere genuinamente “responsabile” senza una cultura incorporata e intrinseca che sia basata su valori etici come la fiducia, la franchezza, il rispetto e l’integrità. Alcune teorie etiche. Il trattamento etico degli stakeholder, su cui si insiste, in quanto fondamentale per la definizione di responsabilità sociale, si basa su una comprensione filosofica. Secondo Donaldoson e Werhane più teorie sull’etica possono essere raggruppate in una delle 3 principali categorie: consequenzialismo, deontologia e natura umana. Il consequenzialismo si riferisce alle conseguenze delle azioni umane che vengono valutate in base alla misura in cui ottengono risultati desiderabili. Quindi, un’azione è valutata rapportandola ai suoi effetti, per cui un comportamento è giusto se produce buone conseguenze. In queste teorie i concetti di giusto, sbagliato e dovere sono subordinati al concetto di fine o scopo di un’azione. L’azione corretta deve massimizzare il bene comune globale ed è nota come utilitarismo, che venne definito da Jeremy Bentham come “un'azione è giusta se produce il massimo equilibrio di piacere o felicità o infelicità alla luce di azioni alternative”. Secondo la deontologia sono cruciali le regole e i principi che guidano l’azione. Queste regole e azioni si fondano sul senso di dovere di chi agisce moralmente e intendono l’etica kantianamente autonoma, che ha cioè la legge di sé in sé stessa e che non può essere condizionata da nulla che intervenga dall’esterno. L’etica della natura umana presuppone che tutti i soggetti umani abbiano innate capacità che costituiscono la base definitiva per tutte le rivendicazioni etiche. Secondo Aristotele ‘i soggetti umani hanno innate potenzialità e così lo sviluppo umano risulta essere la perfezione dell’innata natura umana’. Donaldson e Werhane (1989) spiegano questo utilizzando l’esempio di una ghianda “che ha la naturale potenzialità di diventare una quercia robusta. La sua naturale vocazione non è di diventare un olmo o un cedro o una quercia rachitica ma di diventare la quercia più robusta possibile”. Ovviamente, i soggetti umani non sono ghiande ma sviluppano, attraverso l’evoluzione, non solo il loro potenziale fisico ma anche il loro potenziale mentale, morale e sociale. Così le azioni che accrescono le capacità umane sono positive mentre quelle che non agiscono in tal senso sono negative, salvo che esse siano le migliori tra le alternative generalmente negative. 6 L’etica è un insieme di valori e principi che influenzano il comportamento degli individui, dei gruppi e della società. L’etica negli affari si riferisce a come tali valori e principi agiscono nel business. Essi hanno 2 aspetti: uno coinvolge le specifiche situazioni nelle quali le controversie etiche sorgono; le altre coinvolgono il principio del comportamento che è opportuno rispettare. L’impresa etica è quell’impresa che, consapevole del proprio ruolo sociale, agisce nel rispetto di una scala di valori ampiamente condivisa all’interno dell’ambiente in cui opera. Il concetto di responsabilità sociale comprende e nello stesso tempo va oltre il concetto stesso di etica; l’impresa socialmente responsabile è quell’impresa che, oltre a comportarsi eticamente, nel definire le proprie strategie e i propri codici di comportamento tiene conto non solo dei legittimi interessi dei suoi azionisti ma anche delle aspettative di tutti i suoi stakeholders. Questo è perché normalmente si pensa alla business ethics in riferimento a ciò che l’impresa ha al suo interno, coinvolgendo manager, consumatori, investitori/proprietari e dipendenti. Minore preoccupazione è posta sull’ambiente naturale, la comunità, i suoi fornitori e le loro condizioni di lavoro. La responsabilità sociale comprende la buona etica, sia all’interno che all’esterno dell’impresa. Essa incoraggia le imprese ad essere coinvolte in problematiche sociali, come il coinvolgimento della comunità e il miglioramento delle condizioni di lavoro nelle aree in via di sviluppo, che sono fuori dalle mura dell’impresa. La considerazione di tutti gli stakeholder è incoraggiata per due principali motivi. Primo, è un bene per la longevità e redditività del business. Secondo, il settore privato ha vinto la battaglia per tenere il governo fuori dal business (dal mercato), ma questo ancora vive in molte aree del mondo nelle quali il settore privato può o essere rimpiazzato o assiste il settore pubblico nel migliorare il tenore di vita. Ci sono vari motivi riguardo al fatto che la business ethics sia considerata una crescente importante area di studio, sia per gli studenti interessati a valutare le attività di business, sia per i manager interessati ad incrementare le loro abilità decisionali, tra i quali: - Il business ha un enorme potere nella società: influenza ogni aspetto della vita di ciascuno e può avere anche un grande impatto sul processo democratico del governo. - Il business ha le potenzialità per fornire un maggiore contributo alla società: può avere un’enorme forza in termini di produzione di beni e servizi che le persone desiderano, fornendo occupazione, pagando le tasse, agendo come un motore per lo sviluppo economico o risolvendo complessi problemi sociali. - La cattiva condotta negli affari ha il potenziale di infliggere enormi danni agli individui, alle comunità e all’ambiente (incidenti sul lavoro). - Gli stakeholder richiedono di essere posizionati in un business etico. - I dipendenti devono affrontare significative pressioni per gli standard etici. - Il business deve affrontare un deficit di fiducia da parte della popolazione, che ritiene che pochi leader d’impresa dicano la verità e assumano decisioni etiche. Perché l’etica negli affari è necessaria e come può essere utile? Alcuni esempi. Licenza di operare. È tutto basato sulla reputazione, che è una risorsa intangibile che accresce e supporta lo sviluppo futuro dell’impresa, abilita la costruzione di fiducia nelle relazioni tra l’impresa con gli stakeholder sia interni (dipendenti e management) che esterni (fornitori, clienti, investitori, comunità locali, pubblica amministrazione, partner, ecc). La corporate reputation è un riconoscimento della licenza di operare, senza la quale nessuna impresa può prosperare. La licenza sociale esiste quando un progetto ha l’approvazione in corso all’interno della comunità locale e di altri stakeholder o ha già un’ampia approvazione sociale. A livello di progetto individuale, la licenza sociale è radicata nelle convinzioni, nelle percezioni e nelle opinioni della popolazione locale e degli altri stakeholder riguardo al progetto. Viene quindi concesso dalla comunità. È anche intangibile, a meno che non si faccia uno sforzo per misurare queste credenze, opinioni e percezioni. 7 Infine, è dinamico e non permanente perché credenze, opinioni e percezioni sono soggette a modifiche man mano che vengono acquisite nuove informazioni. Quindi la licenza sociale deve essere guadagnata e poi mantenuta. La reputazione è così strettamente legata alla licenza sociale di operare e, piuttosto che essere un nuovo costo, in realtà rende le transazioni tra l’impresa e gli stakeholder più efficaci riducendo i costi di contrattazione e di governo. Contratto sociale. Per un’impresa avere un elevato livello di reputazione significa che i suoi stakeholder hanno fiducia in lei e nel modo in cui le relazioni sono gestite. La gestione di tali relazioni è molto difficoltosa, dovuta al fatto che, da un lato, gli interessi degli stakeholder entrano in conflitto l’uno con l’altro, dall’altro lato gli stakeholder contribuiscono al compimento della missione aziendale, così essi sono chiamati a condividere alcuni dei benefici prodotti con il loro contributo. Quindi bisogna bilanciare i diritti dei vari stakeholder verso l’impresa. Per farlo è necessario un criterio morale è necessario per definire un criterio di bilanciamento accettabile da tutti gli stakeholder come base per la cooperazione necessaria per raggiungere la missione dell’impresa. L’impresa, perciò, deve dotare sè stessa di un approccio multi-stakeholder e con un metodo che fornisca un criterio di bilanciamento tra i vari interessi e valori. Il problema può essere risolto attraverso la business ethics, cioè la disciplina che applica le teorie filosofiche etiche riguardanti la giustizia, il contesto economico e il processo decisionale tipico delle organizzazioni. La business ethics suggerisce il concetto di un giusto ed efficiente ‘contratto sociale’ tra l’impresa e tutti gli stakeholder. Il contratto sociale non è un contratto reale, ma un contratto ideale che considera giusto tutto ciò che le persone accettano unanimemente razionalmente e consensualmente. Per raggiungere un accordo equo devono essere soddisfatte alcune condizioni: • deve essere preso in considerazione l’interesse di tutti; • tutti devono essere correttamente informati e non ingannati; • nessuno deve aver sofferto o soffrire a causa del potere o vincolo; • l’accordo deve essere raggiunto volontariamente attraverso la razionalità. Gestire un’impresa con un contratto giusto ed efficiente con i propri stakeholder, può gestire vari benefici. Prima di tutto, fornisce un’opportunità per contrastare comportamenti che danneggiano le legittime aspettative di benessere da parte degli stakeholder. Un secondo tipo di benefici è la riduzione di governance e monitoraggio dei costi delle transazioni dell’impresa quando sono stabilite relazioni basate su fiducia reciproca. Infine, gestire l’impresa secondo il contratto sociale non è solo un “minimo” garantito di conformità con le leggi in ogni circostanza nella quale l’impresa opera, ma aiuta anche il management ad identificare possibili effetti sociali negativi delle attività dell’impresa riconoscendo gli interessi legittimi degli stakeholder, che possono altrimenti essere trascurati, e orientare la strategia dell’impresa verso la sostenibilità sociale, economica e ambientale. La moralità riguarda le norme, i valori e le credenze incorporate nei processi sociali che definiscono giusto e sbagliato per un individuo o una comunità. L'etica si occupa dello studio della moralità e dell'applicazione della ragione per chiarire regole e principi specifici che determinano corsi d'azione moralmente accettabili. Le teorie etiche sono le codificazioni di queste regole e principi. Tutti gli individui e le comunità hanno moralità, un basilare senso di giusto o sbagliato in relazione a particolari attività. L’etica rappresenta un tentativo di sistematizzare e razionalizzare la moralità, tipicamente in regole normative generalizzate che presumibilmente offrono una soluzione a situazioni di incertezza morale. I risultati della codificazione di queste regole sono le teorie etiche, come la teoria dei diritti o la teoria della giustizia. 10 prodotti, ma possono utilizzare il principio della responsabilità per stabilire una migliore reputazione e accrescere la quota di mercato. Interpretazione ampia: La decisione di realizzare le cinture di sicurezza scaturì da obblighi morali. La sicurezza dei consumatori della Ford viene prima, e se l’impresa può fare qualcosa in quella direzione, dovrebbe essere un rimpianto non farlo. Ci sono diversi risultati positivi che derivano da questa decisione: • ridurre le morti legate ad incidenti causati da guasto meccanico del veicolo • innovando il prodotto si crea il terreno affinché altri produttori debbano adattarsi, terminando con strade più sicure • inviare il messaggio che le persone dovrebbero preoccuparsi della loro sicurezza, e Ford fornisce loro dei mezzi per prendersi cura di essa. L’impresa si sente responsabile per coloro che utilizzano i suoi prodotti e, alla fine, dell’intero sistema sociale. Poiché si sostiene che la RS dovrebbe essere sempre considerata nel suo più ampio significato, la definizione proposta è che: “La responsabilità sociale emerge quando i decisori considerano attentamente le conseguenze delle loro decisioni, poiché si estendono oltre il proprio interesse personale (mero utilitarismo) e influenzano l'ambiente sociale in cui sono inseriti”. Ci sono 3 caratteristiche principali della responsabilità sociale che si riflettono in 3 approcci alla responsabilità sociale: - il sistema economico: il ruolo e la funzione economica degli individui e delle organizzazioni sono fondamentali per inquadrare un comportamento socialmente responsabile. - L’organizzazione: l’ambiente sociale in cui viene presa la decisione è altamente rilevante per la responsabilità sociale. - Le relazioni tra l’organizzazione e l’ambiente. L’accento è posto sulle relazioni, come responsabilità condivise e le conseguenze delle azioni sono valutate attentamente. Queste tre caratteristiche non solo forniscono strumenti per comprendere e analizzare comportamenti socialmente responsabili, ma sono particolarmente utili per specificarne le dimensioni. In base a queste caratteristiche ci sono 3 approcci alla responsabilità sociale: 1. approccio utilitaristico. Questo approccio è particolarmente utile per inquadrare e analizzare determinati comportamenti individuali, specialmente per coloro che occupano posizioni ai vertici delle società. Con questo approccio, i manager e le organizzazioni dovrebbero vivere e lavorare in una società molto stabile, dove l’incertezza è limitata e il rischio è evitato ad ogni costo. Diventa quindi chiaro che queste condizioni non esistono nella realtà. 2. approccio manageriale. Questo approccio si concentra sulle prestazioni organizzative. I manager cercano di sfruttare la responsabilità sociale per il bene dell’azienda. In questo caso è la misura in cui la responsabilità sociale è intrecciata con i processi strategici dell’impresa che rende un business di successo. 3. approccio relazionale. Una rete di relazioni dovrebbe essere gestita avendo in mente un sistema più ampio. Ciò implica che qualsiasi comportamento socialmente responsabile funge da connettore tra il decisore e le terze parti interessate. Uno degli approcci più diffusi della responsabilità sociale è l’approccio degli stakeholder. Esempio: nel luglio 2007 Mattel, un grande produttore statunitense, ha scoperto di aver commercializzato circa 18 milioni di giocattoli contenenti una quantità eccessiva di vernice al piombo tossica trovata nei loro giocattoli e magneti sciolti che potrebbero staccarsi da alcuni giocattoli a causa di un design difettoso. Tutti questi giocattoli sono stati prodotti in Cina. Approccio utilitaristico à La domanda chiave è “Come può l’impresa ridurre i danni?” Approccio manageriale à la domanda chiave è “Cosa è andato storto?” 11 Approccio relazionale à la domanda chiave è “Qual è la relazione più importante influenzata da quanto accaduto?” 2. Lo sviluppo della Responsabilità sociale delle organizzazioni La questione della responsabilità sociale affonda le sue radici negli anni 30/40, ma solo negli anni 50 entra a far parte della letteratura accademica e manageriale. Anni 50: le responsabilità dei Businessmen. Negli anni 50 comincia a sorgere la cosiddetta era moderna della responsabilità sociale, grazie all’economo Bowen, considerato il padre della responsabilità sociale delle organizzazioni. Bowen (1953) da una prima definizione di responsabilità sociale: “Il dovere dei businessman di perseguire quelle politiche, di prendere quelle decisioni, di seguire quelle linee d’azione che sono desiderabili in funzione degli obiettivi e dei valori riconosciuti dalla società”.Da questa prima definizione di responsabilità sociale deriva che i businessmen, in quanto servitori della società, non devono trascurare i valori socialmente accettati o anteporre i propri valori a quelli della società. Secondo il pensiero dell’economista, inoltre, sindacati e governi devono essere in grado di raccogliere le pressioni del popolo e di rivolgere le loro richieste al mondo degli affari. Per evitare questa situazione di contrapposizione ed antagonismo, egli propone un codice di autodisciplina volontario, che contiene doveri morali e tecnici da rispettare e che consentirebbe alla pressione sociale di andare di pari passo con l’azione dei manager e con la moralizzazione del business. Selekman (1958), un sociologo, si riferisce alla responsabilità dei Businessmen sostenendo che è necessaria la costruzione di un movimento di uomini di affari, dotati di un’ideologia portante, in grado di articolare il business sia in ambito economico che in ambito morale. Da questo primo excursus emerge che le prime riflessioni sulla RS sono contraddistinte da una scarsa fiducia nell’autoregolamentazione dei soggetti economici e dal riconoscimento della pressione sociale come forza capace di sollecitare il costituirsi di un’etica della vita economica. Si dovranno attendere gli anni 70 per la definitiva affermazione del termine “Responsabilità Sociale delle Organizzazioni.” Anni 60: oltre le responsabilità economiche. Le definizioni che vengono proposte negli anni Sessanta non appaiono molto precise, nel senso che considerano la stretta correlazione tra le decisioni, le azioni dei businessmen e la società, sottolineando che l’impresa ha “non solo obbligazioni economiche e legali ma anche certe responsabilità verso la società che si estendono al di là di queste obbligazioni”, senza specificare adeguatamente a quali responsabilità ci si riferisca. Davis (1960) afferma che non può esistere responsabilità senza potere: ‘La responsabilità sociale dei businessmen deve essere commisurata al loro potere sociale.’ Responsabilità e potere sarebbero indissolubilmente legati fra loro in ogni ambito della vita umana, quindi anche nella relazione fra mondo degli affari e società. Secondo l’autore, una mancata assunzione di responsabilità da parte del mondo imprenditoriale rappresenterebbe una forma di arretramento che lascerebbe campo libero a sindacati e governi per porre limiti e vincoli al potere delle imprese per legge. L’unico modo per le imprese di non essere chiuse all’interno di un recinto fatto di norme e vincoli sarebbe quello di divenire attori attivi e propositivi anche in ambito sociale. Frederick (1960) elaborò una definizione di responsabilità sociale, affermando che ‘L’idea fondamentale incorporata nel concetto di responsabilità sociale d’impresa è che le imprese hanno l’obbligo di lavorare per il miglioramento della società’. McGuire (1963) condivide la prospettiva di Frederick, ribadendo che ‘L’impresa ha non solo obbligazioni economiche e legali, ma anche certe responsabilità verso la società che si estendono al di là di queste obbligazioni’. Quindi l’impresa dovrebbe agire come un buon cittadino. 12 Walton (1967) si riferisce per la prima volta alla volontarietà: ‘L’impresa dovrebbe agire in maniera volontaria ed essere disposta a sostenere costi non direttamente collegabili ad un diretto ritorno economico. Anni 70: verso una definizione. In questi anni, l’impresa adotta alcune pratiche per migliorare la propria gestione e differenziarsi rispetto ai propri competitor sulle base di richieste che provengono dai vari stakeholder. In questo contesto si inserisce il pensiero innovativo di Caroll (1979), che propone un modello di responsabilità sociale caratterizzato da differenti gradi di responsabilità, schematizzabili in una piramide composta da 4 livelli: 1. Alla base della piramide è allocata la responsabilità economica, per sottolineare la priorità della funzione economica sulle altre, poiché il ruolo principale delle imprese resta quello di produrre beni e servizi, generando un profitto accettabile per gli azionisti. 2. Al secondo livello si trova la responsabilità legale, intesa come il rispetto del complessivo sistema giuridico che regola l’esistenza delle imprese nello specifico contesto sociale in cui esse sono inserite. 3. Al terzo livello si trovano le responsabilità etiche, che includono tutte quelle attività e pratiche che la società si aspetta o che proibisce – anche se non sono state ancora codificate in leggi – e rispondenti ai principi di equità, giustizia e imparzialità. 4. Al vertice è situata la responsabilità filantropica, che riguarda le attività a carattere puramente volontaristico compiute dall’impresa a favore della comunità. I primi due livelli della piramide vengono riconosciuti come passaggi obbligatori per il mondo aziendale, mentre dal terzo livello si riconosce una sfera dinamica e personale, che cambia in base alle predisposizioni aziendali. I quattro livelli non devono essere considerati reciprocamente esclusivi, ma devono essere interpretati in modo fluido e trasversale; la responsabilità sociale globale d'impresa, pertanto, implica l’adempimento simultaneo delle responsabilità economiche, legali, etiche e filantropiche. Johnson (1971) approfondisce il peso del contesto socio-culturale di riferimento, anche in risposta ai movimenti sociali che in quegli anni si battevano per il rispetto dell’ambiente, la sicurezza sul lavoro, la tutela dei consumatori e dei lavoratori. Egli ritiene che il contesto socio-culturale deve essere posto alla base delle decisioni manageriali, poiché l’impresa è chiaramente inserita e si muove al suo interno e in esso elabora le risposte a particolari problematiche sociali. Compito dell’impresa sarà quindi fronteggiare gli stimoli provenienti dall'ambiente contemporaneo, in modo da rispondere con politiche idonee a tematiche sociali, culturali ed ambientali. In questo contesto, l'autore pone le premesse per quella che diventerà la “Teoria degli stakeholder”, con il riconoscimento di una molteplicità di interessi che convergono nell'impresa e vanno oltre quelli dei soli proprietari/azionisti. Frederick (1978) sviluppa anche il concetto di Corporate Social Responsiveness, con il quale si presuppone l’accettazione da parte dell’impresa degli obblighi sociali che derivano dalla sua attività. Anni 80: Freeman e la teoria degli stakeholder. Gli studi inerenti alla responsabilità sociale si moltiplicano negli anni 80, anche in riferimento alla teoria degli stakeholder che diventerà negli anni 15 PARTE 2 1. Le prospettive internazionali della responsabilità sociale L’importanza crescente assunta dalla responsabilità sociale dalla fine del precedente secolo fino ad oggi, è testimoniata da un sempre più attivo intervento di organismi internazionali quali le Nazioni Unite, l’Unione europea, l’OCSE e altri organismi minori comunque attenti a formulare osservazioni, suggerimenti e iniziative sia nell’ambito della responsabilità sociale che della sostenibilità. È da sottolineare che gli interventi delle organizzazioni citate assumono, di norma, il carattere della “raccomandazione”, cioè non costituiscono norme cogenti. Ciononostante, nel momento in cui un’organizzazione “volontariamente” aderisce, si obbliga a rispettare gli standard prestabiliti o dal codice di condotta, o dal disciplinare di rispetto ambientale. Le Nazioni Unite, nel 2000, hanno varato un codice di condotta volontario che si rivolge a tutte le organizzazioni ed è composto da 10 principi. L’Unione Europea 2001 pubblica il Libro Verde, un documento nel quale viene sottolineato con forza il fatto che la responsabilità sociale dovrebbe divenire uno dei fattori fondamentali della cultura e dell’agire dei manager d’impresa. Nel 2002 viene pubblicata la Comunicazione “Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile”, dove viene ulteriormente specificata la strategia comunitaria di promozione della responsabilità sociale. L’OCSE ha invece pubblicato le linee guida per le imprese multinazionali. Il Global Compact delle Nazioni Unite è l’iniziativa strategica di cittadinanza d’impresa più ampia al mondo. Nasce dalla volontà di promuovere un’economia globale sostenibile: rispettosa dei diritti umani e del lavoro, della salvaguardia dell’ambiente e della lotta alla corruzione. È stato proposto nel 1999, presso il World Economic Forum di Davos, dall’ex segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan, il quale ha invitato i leader dell’economia mondiale presenti all’incontro a sottoscrivere un Patto Globale con le Nazioni Unite al fine di affrontare in una logica di collaborazione gli aspetti più critici della globalizzazione. A partire dal 2000 è stato lanciato operativamente dal Palazzo delle Nazioni Unite di New York e, da allora, vi hanno aderito più di 8700 imprese e organizzazioni provenienti da più di 160 paesi nel mondo, dando vita a una nuova realtà di collaborazione mondiale. Il Global Compact è, in senso ampio, un’iniziativa volontaria di adesione a un insieme di principi che promuovono i valori della sostenibilità nel lungo periodo attraverso azioni politiche, pratiche aziendali, comportamenti sociali e civili che siano responsabili e tengano conto anche delle future generazioni; un impegno a contribuire a una nuova fase della globalizzazione caratterizzata da sostenibilità, cooperazione internazionale e partnership in una prospettiva multi-stakeholder. In senso operativo, si tratta di un network che unisce governi, imprese, aziende delle Nazioni Unite, organizzazioni sindacali e della società civile, con lo scopo di promuovere su scala globale la cultura della cittadinanza d’impresa; di una piattaforma di elaborazione di policy e linee guida per gestire economie e politiche sostenibili; di una struttura operativa per imprese che sono impegnate in business responsabili per sviluppare, implementare, mantenere e diffondere pratiche e politiche sostenibili; di un forum nel quale conoscere, affrontare e condividere esperienze di business e aspetti critici della globalizzazione. Il Global Compact non è un vincolo legale; uno strumento di monitoraggio dei comportamenti delle imprese; uno standard, un sistema di gestione o un codice di condotta; un semplice canale di pubbliche relazioni. OBIETTIVI. La vision del Global Compact delle Nazioni Unite è promuovere la creazione di una economia globale più inclusiva e sostenibile. In quest'ottica l'iniziativa persegue due finalità complementari: - far diventare il Global Compact e i suoi Dieci Principi parte integrante della strategia e delle operazioni quotidiane delle imprese che vi aderiscono; 16 - incoraggiare e facilitare il dialogo e la cooperazione di tutti gli stakeholder di rilievo a supporto dei Dieci Principi promossi dall'iniziativa e dei più generali obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite. Il Global Compact incoraggia le imprese di tutto il mondo a creare un quadro economico, sociale e ambientale atto a promuovere un'economia mondiale sana e sostenibile che garantisca a tutti l'opportunità di condividerne i benefici. A tal fine, il Global Compact richiede alle imprese e alle organizzazioni che vi aderiscono, di condividere, sostenere e applicare nella propria sfera di influenza un insieme di principi fondamentali, relativi a: • diritti umani. I diritti umani sono universali e sono riconosciuti a tutti gli esseri umani indistintamente. La Dichiarazione Universale sui Diritti dell’Uomo prevede l’uguaglianza, la vita e la sicurezza, la libertà personale e le libertà economiche Sociali e Culturali. § (1) Alle imprese è richiesto di promuovere e rispettare i diritti umani universalmente riconosciuti nell’ambito delle rispettive sfere di influenza. § (2) Alle imprese è richiesto di assicurarsi di non essere, seppur indirettamente, complici negli abusi dei diritti umani. • standard lavorativi. Questi principi sono ricavati dalla Dichiarazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sui Principi e i Diritti Fondamentali nel Lavoro. I principi sul lavoro sono relativi al riconoscimento dei diritti fondamentali sul posto di lavoro; la sfida per le imprese è quella di accogliere questi principi e applicarli all'interno delle proprie strutture. § (3) Alle imprese è richiesto di sostenere la libertà di associazione dei lavoratori e riconoscere il diritto alla contrattazione collettiva. (I lavoratori occupati dovrebbero godere, senza distinzione alcuna e senza previa autorizzazione, del diritto di creare organizzazioni di loro scelta e di affiliarvisi, così come dovrebbero avere il diritto di far riconoscere tali organizzazioni rappresentative ai fini della contrattazione collettiva). § (4) Sostenere e garantire l’eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato e obbligatorio. § (5) Sostenere e garantire l’effettiva eliminazione del lavoro minorile. Le imprese multinazionali così come quelle nazionali dovrebbero rispettare l'età minima di accesso all'impiego o al lavoro. § (6) Sostenere e garantire l’eliminazione di ogni forma di discriminazione in materia di impiego e professione. (Le imprese dovrebbero perseguire politiche volte a promuovere l'uguaglianza nelle opportunità e nel trattamento in materia di occupazione, allo scopo di eliminare ogni forma di discriminazione fondata su razza, colore, sesso, religione, idee politiche, nazionalità o estrazione sociale). • tutela dell'ambiente. Questi principi sono tratti dalla Dichiarazione dei Principi e dal Piano d’azione Internazionale delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile. Questi principi sono un punto di partenza per le imprese per affrontare le sfide chiave per la tutela dell’ambiente. In particolare, promuovono l’azione in aree quali la ricerca, l’innovazione, la cooperazione, la formazione e l’autoregolamentazione, in quanto tali azioni possono affrontare positivamente questioni quali il degrado ambientale e i danni consistenti ai sistemi vitali del pianeta generati dalle attività umane. § (7) Alle imprese è richiesto di sostenere un approccio preventivo nei confronti delle sfide ambientali. § (8) Intraprendere iniziative che promuovano una maggiore responsabilità ambientale. § (9) Incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di tecnologie che rispettino l’ambiente. • lotta alla corruzione. La lotta alla corruzione costituisce una delle principali sfide mondiali. La corruzione rappresenta infatti un grande ostacolo allo sviluppo sostenibile e alla democrazia e ha un effetto devastante soprattutto sulle comunità più povere. L’impatto della corruzione sul settore privato è inoltre considerevole, essa impedisce la crescita 17 economica, distorce la concorrenza fra le imprese e presenta seri rischi legali e reputazionali per le imprese. Il rapido diffondersi nel mondo delle regole di corporate governance, ha indotto le imprese a adottare misure anticorruzione tra quelle a difesa della reputazione e degli interessi degli azionisti. La corruzione può assumere varie forme. Si tratta di abuso di potere per fini privati e si riferisce non solo a fini finanziari, ma anche a vantaggi non economici. Le tangenti sono l’offerta o il ricevimento di qualsiasi tipo di regalo, di prestito, di onorario, di compenso o di altri vantaggi per o da qualsiasi persona giuridica per indurre a commettere qualcosa di disonesto, illegale nella condotta degli affari d’impresa. L’istigazione alle tangenti è l’atto di chiedere o costringere qualcun altro a farsi pagare tangenti. Diventa estorsione quando questa domanda è accompagnata da minacce che mettano in pericolo l’integrità di una persona o la vita delle persone coinvolte. § (10) Le imprese si impegnano a contrastare la corruzione in ogni sua forma, incluse l’estorsione e le tangenti. Al Global Compact possono aderire: imprese, organizzazioni imprenditoriali, sindacati, organizzazioni della società civile, enti pubblici, istituzioni del mondo accademico, centri di ricerca, ecc. I principali destinatari dell’iniziativa sono le imprese. A causa di impedimenti amministrativi, le imprese con meno di dieci impiegati diretti (microimprese) non verranno inserite nel data-base dei partecipanti al Global Compact. Tuttavia, si incoraggiano le microimprese a tenersi costantemente informati sulle attività del Global Compact. L’adesione al Global Compact offre una serie di opportunità, tra cui: adottare una cornice di lavoro stabile e globalmente riconosciuta per lo sviluppo, l’implementazione e la descrizione delle policy e delle pratiche ambientali, sociali e relative alla governance; condividere pratiche eccellenti per sviluppare strategie e soluzioni concrete per affrontare sfide comuni; promuovere soluzioni di sostenibilità in partnership con una rappresentanza ampia di stakeholder; collegare le diverse filiali aziendali grazie alla condivisione dei valori promossi dall’iniziativa e attraverso i network locali; accedere alle conoscenze ed esperienze sulla sostenibilità e sullo sviluppo promosse dalle Nazioni Unite; acquisire know-how specifici; migliorare la reputazione aziendale e accrescere la fiducia nell’impresa, rinnovando la licenza ad operare; assumere un ruolo guida in temi critici; istituire un network con altre organizzazioni; rispondere alle aspettative del mercato finanziario e promuovere l’accesso al capitale; utilizzare gli strumenti e le risorse di management sviluppati dal Global Compact ad essere coinvolti in attività focalizzate sulle diverse problematiche ambientali, sociali e di governance. Aderiscono al Global Compact 12.765 imprese e organizzazioni di 160 paesi del mondo. Possono partecipare anche non-business participant, ossia istituzioni, associazioni, città che in diverso modo si impegnano a sostenere il Global compact. I Business Participant devono: - rendere il Global Compact parte integrante delle strategie, delle operazioni quotidiane e della cultura organizzativa; - incorporare il Global compact nei processi decisionali; - rendicontare annualmente ai propri stakeholder sui progressi registrati mediante report o documenti pubblici; - promuovere lo sviluppo del Global Compact mediante la sensibilizzazione di partner, clienti e tutti gli stakeholder - contribuire finanziariamente all’iniziativa su base volontaria e con frequenza annuale. Le organizzazioni non business che aderiscono al Global Compact delle Nazioni Unite si impegnano a promuovere la sostenibilità e i Dieci principi. Inoltre, possono contribuire in modo significativo alla creazione di idee innovative ed efficaci attraverso la ricerca e sono tenuti a pubblicare ogni 2 anni una comunicazione sull’impegno (communication on engagement), dove descrivono in che modo 20 Salute e sicurezza nel lavoro. Le imprese, i governi e le organizzazioni professionali si interessano sempre più a forme complementari di promozione della salute e della sicurezza, facendo di questo elemento un criterio di selezione per l’acquisto di prodotti e servizi presso altre imprese e un elemento di marketing per la vendita dei propri prodotti e servizi. Adattamento alle trasformazioni. Le ristrutturazioni su grande scala registrate in Europa suscitano inquietudine in tutti i lavoratori dipendenti e nelle altre parti interessate, poiché la chiusura di un’impresa o massicci licenziamenti possono provocare una crisi economica, sociale o politica grave in una comunità. Ristrutturare in un’ottica socialmente responsabile significa equilibrare e prendere in considerazione gli interessi e le preoccupazioni di tutte le parti interessate ai cambiamenti e alle decisioni. Qualunque ristrutturazione deve essere accuratamente preparata, devono essere identificati i rischi più importanti, calcolando tutti i costi diretti e indiretti delle varie azioni strategiche e valutando tutte le soluzioni alternative in grado di limitare i licenziamenti. Gestione degli effetti sull’ambiente e delle risorse naturali. Una riduzione del consumo delle risorse o delle emissioni inquinanti e dei rifiuti può comportare una diminuzione delle ripercussioni sull’ambiente. Tale strategia può recare vantaggi all’impresa riducendo la sua fattura energetica e le spese di eliminazione dei rifiuti e abbassando le spese di materie prime e di misure contro l’inquinamento. Alcune imprese hanno osservato che un minore sfruttamento delle risorse può portare ad un aumento della redditività e della competitività. Nel Sesto programma d’azione per l’ambiente della Commissione si spiega come l’UE e gli Stati membri possono svolgere il loro ruolo aiutando le imprese a identificare le opportunità di mercato e ad effettuare investimenti vantaggiosi per le stesse imprese e per l’ambiente. La PIP (politica integrata dei prodotti) si basa su un esame dell’impatto dei prodotti lungo tutto il loro ciclo di vita e presuppone un dialogo tra le imprese e le altre parti interessati per individuare la strategia più efficace e meno costosa. Nel settore dell’ambiente, la PIP può essere quindi considerata come un quadro solido di riferimento per la promozione della responsabilità sociale delle imprese. La responsabilità sociale delle imprese: dimensione esterna La responsabilità̀ sociale delle imprese si estende al di là del perimetro dell’impresa, integrando la comunità locale e coinvolge, oltre ai lavoratori dipendenti e agli azionisti, un ampio ventaglio di parti interessate: partner commerciali e fornitori, clienti, poteri pubblici e ONG che rappresentano la comunità locale e l’ambiente. Comunità locali. Le imprese recano il loro contributo alla comunità, in particolare a quella locale, fornendo posti di lavoro, salari e prestazioni ed entrate fiscali. Inversamente, le imprese dipendono dalla buona salute, dalla stabilità e dalla prosperità delle comunità che le accolgono. Le imprese interagiscono inoltre con l’ambiente naturale locale. Alcune di esse possono contare su un ambiente pulito per la loro produzione o la loro offerta di servizi – libertà dell’aria, dell’acqua o assi stradali non congestionati. Può inoltre esistere un rapporto tra l’ambiente naturale locale e la capacità dell’impresa ad attrarre lavoratori nella regione in cui è radicata. D’altro canto, le imprese possono anche essere all’origine di numerose attività inquinanti: rumore, luce, inquinamento dell’acqua, emissioni nell’aria, contaminazione dei suoli e tutti i problemi ecologici collegati al trasporto e all’eliminazione dei rifiuti. Lo sviluppo di relazioni positive con la comunità locale e pertanto l’accumulazione di capitale sociale sono particolarmente importanti per le imprese non locali. Le multinazionali fanno sempre più spesso ricorso a questo tipo di rapporti per sostenere l’integrazione di loro filiali nei vari mercati nei quali sono presenti. La familiarità delle imprese con gli attori locali, le tradizioni e i vantaggi dell’ambiente locale costituisce un patrimonio che esse possono capitalizzare. Partnership commerciali, fornitori e consumatori. Le imprese dovrebbero essere consapevoli del fatto che la loro immagine in materia sociale può essere danneggiata dalle prassi dei loro partner e fornitori lungo tutta la catena produttiva. Gli effetti delle misure di responsabilità sociale di 21 un’impresa non saranno limitate a quest’ultima, ma si rifletteranno anche sui partner economici. Il corporate venturing costituisce un altro modo per le grandi imprese per agevolare la creazione di imprese innovative. Il corporate venturing significa che la grande impresa acquisisce una quota minoritaria nel capitale di una start up promettente e promuove il suo sviluppo. I vantaggi per i due partner sono molteplici: la grande impresa ha un migliore accesso agli sviluppi innovativi e la piccola impresa può, ad esempio, accedere più facilmente alle risorse finanziarie e al mercato. Diritti dell’uomo. Una delle dimensioni della responsabilità sociale delle imprese è fortemente collegata ai diritti dell’uomo. La lotta contro la corruzione è riconosciuta come un problema fondamentale da risolvere per garantire lo sviluppo. Sotto la pressione costante delle ONG e dei gruppi di consumatori, le imprese e i settori di attività si dotano sempre più spesso di codici di condotta relativi alle condizioni di lavoro, ai diritti dell’uomo e alla tutela dell’ambiente, in particolare destinati ai subappaltatori o fornitori. Questi codici di condotta non devono sostituire la legislazione e le disposizioni vincolanti nazionali, europee e internazionali. Anche se possono contribuire a promuovere le norme internazionali del lavoro, i codici di condotta dipendono per la loro efficacia dalle modalità di applicazione e dalle verifiche cui sono sottoposti. I codici di condotta dovrebbero essere applicati a tutti i livelli della catena organizzativa e produttiva. Nel quadro di un dialogo continuo, è importante che le imprese diffondano pienamente le informazioni di cui dispongono, anche alle comunità locali. La formazione dei dirigenti, delle risorse umane e delle comunità locali all’attuazione dei codici è essenziale. Inoltre, l’accento deve essere posto su un approccio “perfettibile”, che insista sul miglioramento progressivo e continuo delle norme e dello stesso codice. Per quanto riguarda i diritti dell’uomo, è necessaria una continua verifica dell’applicazione e del rispetto dei codici. Preoccupazioni ambientali a livello planetario. Considerando che molti problemi ecologici hanno ripercussioni transfrontaliere e consumano risorse provenienti dal mondo intero, le imprese sono anche attori ambientali a livello planetario. Esse possono quindi cercare di assumere la propria responsabilità sociale a livello europeo, ma anche internazionale. Approccio olistico alla responsabilità sociale delle imprese Dal momento che le imprese devono integrare la loro responsabilità sociale alla gestione quotidiana della totalità della catena produttiva, i loro dipendenti e dirigenti hanno bisogno di misure di formazione e riadeguamento per acquisire le qualifiche e le competenze necessarie. Anche se la decisione di assumere questa responsabilità sociale può venire solo dalle imprese, le altre parti interessate, in particolare i dipendenti, i consumatori e gli investitori, possono svolgere un ruolo decisivo invitando le imprese a adottare prassi socialmente responsabili. Tutto ciò richiede una reale trasparenza sui risultati delle imprese nel settore sociale o in quello della tutela dell’ambiente. Gestione integrata della responsabilità sociale. Le imprese gestiscono la loro responsabilità e i loro rapporti con le varie parti interessate in modo diverso a seconda delle specificità settoriali e culturali. All’inizio, esse tendono ad adottare una dichiarazione di principi, un codice di condotta o un manifesto che enuncia i loro obiettivi, i loro valori fondamentali e le loro responsabilità nei confronti delle parti interessate. Tali valori devono successivamente tradursi in azioni all’interno dell’impresa, nelle sue strategie e nelle decisioni quotidiane. A tal fine, le imprese devono ad esempio aggiungere una dimensione sociale o ecologica ai loro programmi e bilanci, valutare le prestazioni in questi settori, creare “comitati consultivi solidali”, realizzare audit sociali e ambientali e instaurare programmi di formazione continua. Relazioni a audit sulla responsabilità sociale. Numerose multinazionali redigono ormai relazioni sulla responsabilità sociale. Anche se le relazioni sulla protezione dell’ambiente o sulla salute e la sicurezza sociali sono frequenti, quelle che trattano ad esempio di diritti dell’uomo e il lavoro infantile non lo sono. Inoltre, la concezione che le imprese hanno di tali relazioni è tanto diversificata 22 quanto il loro approccio alla responsabilità sociale. Affinché siano utili, deve delinearsi un consenso a livello mondiale sul tipo di informazioni da rivelare, sul formato di presentazione e sull’affidabilità delle procedure di valutazione e di audit. Poche sono le imprese che forniscono particolari sulle loro politiche e prestazioni riguardanti la gestione delle risorse umane o su questioni collegate all’occupazione. Nel 1998, il Gruppo di esperti di alto livello sulle implicazioni economiche e sociali delle trasformazioni industriali, creato su richiesta del Consiglio europeo, invitava le imprese con più di 1.000 dipendenti a pubblicare di propria iniziativa una “relazione sulla gestione del cambiamento”, in altre parole una relazione annuale sulle condizioni di occupazione e di lavoro. Inoltre, è opportuno fornire alle imprese, e in particolare alle PMI, consigli e strumenti che consentano loro di presentare in modo efficace relazioni sui loro procedimenti e risultati collegati alla responsabilità sociale. Condividendo le rispettive esperienze e proponendo le loro capacità d’azione, le grandi imprese svolgono un ruolo di pionieri e possono aiutare le PMI nell’elaborazione delle relazioni. Etichette sociali ed ecologiche. Alcune inchieste hanno dimostrato che i consumatori vogliono non solo acquistare prodotti corretti e sicuri, ma anche sapere che essi sono stati fabbricati secondo criteri socialmente responsabili. Nella stragrande maggioranza, i consumatori europei attribuiscono importanza agli impegni sociali di un’impresa al momento dell’acquisto di un prodotto o di un servizio. Tale atteggiamento rivela prospettive interessanti sul mercato poiché un numero significativo di consumatori affermano di essere assolutamente disposti a pagare di più tali prodotti, anche se attualmente solo una minoranza adotta questo comportamento. Le principali preoccupazioni dei consumatori europei sono la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, il rispetto dei diritti dell’uomo nel funzionamento dell’impresa e lungo l’intera catena produttiva (ad esempio il fatto di non ricorrere al lavoro infantile), la protezione dell’ambiente in generale e più in particolare la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra. In risposta a questa domanda in costante aumento, un numero crescente di etichette sociali viene creato da fabbricanti (marchi autodichiarati) o da settori d’attività, da ONG o da governi. Le etichette sociali ed ecologiche, che si presuppone debbano garantire una fabbricazione esente da qualunque forma di sfruttamento o a un cattivo trattamento, sono spesso caratterizzate da una mancanza di trasparenza e di verifiche indipendenti delle loro affermazioni. Contrariamente alle etichette vertenti sul contenuto o sulla sicurezza dei prodotti, tali affermazioni non possono essere verificate sul prodotto stesso. Per essere credibili, le etichette sociali ed ecologiche dovrebbero basarsi su una verifica costante dei luoghi di lavoro realizzata secondo norme concordate. Investimento sociale responsabile. In questi ultimi anni, l’investimento socialmente responsabile (ISR) ha visto notevolmente aumentare la sua quota di popolarità presso i grandi investitori. Politiche responsabili nel settore sociale e in quello della tutela dell’ambiente costituiscono per gli investitori una indicazione importante di corretta gestione interna ed esterna. La domanda di fondi ISR è in aumento in Europa, per cui le principali società d’investimento reagiscono proponendo sempre più fondi di questo tipo. I fondi ISR collocano i loro capitali in imprese che rispettano criteri sociali e ambientali specifici. Tuttavia, affinché l’investimento socialmente responsabile sia in grado di progredire, i mercati finanziari devono essere ulteriormente sensibilizzati al suo potenziale di redditività. Sono stati creati una serie di forum sull’investimento sociale al fine di fornire informazioni affidabili sulle politiche di responsabilità sociale delle imprese, favorendo e incoraggiando lo sviluppo dell’investimento sociale responsabile. Il forum europeo sulla responsabilità sociale fornisce agli stakeholder europei uno spazio per il dialogo sugli sviluppi della responsabilità sociale. È un evento a cadenza biennale promosso dalla Comunità Europea. L’alleanza Europea è un quadro politico per le iniziative – nuove o esistenti – in materia di responsabilità sociale delle grandi imprese, delle piccole medie imprese e delle parti interessate. Lo 25 volontariamente. (il consumatore può ottenere in qualsiasi modo informazioni oppure scandali). 4. CICLO DI VITA DELLA TECNOLOGIA: dal prodotto alla funzione. Una supply chain sana è diventata motore della rivoluzione perché incide sulle scelte dei consumatori. 5. PARTNERSHIP: dalla sovversione alla simbiosi. Il trend vede sempre più imprese collaborare tra loro anche se concorrenti nel mercato. 6. TEMPO: da ampio a lungo. La rivoluzione della sostenibilità va pensata in tempi lunghi. Bisogna ragionare sempre a lungo termine. 7. CORPORATE GOVERNANCE: da esclusiva a inclusiva. Questa rivoluzione è guidata dalle altre. Quanto migliore è il sistema di governance tanto più ci avviciniamo ad un futuro che tiene conto delle persone, del pianeta e del profitto. Nel settembre 2015 più di 150 leader internazionali si sono incontrati alle Nazioni Unite per contribuire allo sviluppo globale, promuovere il benessere umano e proteggere l’ambiente. La comunità degli Stati ha approvato l’Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, i cui elementi essenziali sono i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) e i 169 sotto-obiettivi, i quali mirano a porre fine alla povertà, a lottare contro l'ineguaglianza e allo sviluppo sociale ed economico. Inoltre, riprendono aspetti di fondamentale importanza per lo sviluppo sostenibile quali l’affrontare i cambiamenti climatici e costruire società pacifiche entro l'anno 2030. Gli OSS hanno validità universale, vale a dire che tutti i Paesi devono fornire un contributo per raggiungere gli obiettivi in base alle loro capacità. L’agenda 2030 è composta dalle 5P: - Persone: eliminare la fame e povertà in tutte le forme e garantire dignità e uguaglianza. - Prosperità: garantire vite prospere e piene in armonia con la natura. - Pace: promuovere società pacifiche, giuste e inclusive. - Pianeta: proteggere le risorse naturali e il clima del nostro pianeta per le generazioni future. - Partnership: implementare l’agenda attraverso solide partnership. I 17 obiettivi sono: 1. Povertà zero. Sconfiggere la povertà in tutte le sue forme, ovunque. 2. Fame zero. Porre fine alla fame, garantire la sicurezza alimentare, migliorare nutrizione e promuovere l’agricoltura sostenibile. 3. Salute e benessere. Garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età. 4. Istruzione di qualità. Promuovere un’educazione di qualità, inclusiva e paritaria e garantire opportunità di apprendimento permanente per tutti. 5. Uguaglianza di genere. Raggiungere la parità di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze. 6. Acqua pulita e igiene. Garantire a tutti l’accessibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari. 7. Energia pulita e accessibile. Garantire a tutti l’accesso a servizi energetici economici, affidabili, sostenibili e moderni. 8. Lavoro dignitoso e crescita economica. Promuovere una crescita economica inclusiva, sostenuta e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti. 9. Industria, innovazione e infrastruttura. Costruire infrastrutture resilienti, promuovere un’industrializzazione inclusiva e sostenibile e favorire l’innovazione. 10. Ridurre le disuguaglianze. Ridurre le disuguaglianze economiche dentro e fuori i confini nazionali. 11. Città e comunità sostenibili. Rendere le città e gli insediamenti urbani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili. 12. Consumo e produzione responsabile. Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo. 26 13. Agire per il clima. Si devono adottare misure urgenti per contrastare il cambiamento climatico e i suoi impatti regolando le emissioni e promuovendo gli sviluppi nell’energia rinnovabile. 14. La vita sott’acqua. Preservare e usare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine per lo sviluppo sostenibile. 15. Vita sulla terra. Proteggere, recuperare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in modo sostenibile le foreste, combattere la desertificazione, arrestare il degrado del suolo e fermare la perdita della biodiversità. 16. Pace, giustizia e istituzioni forti. Promuovere società pacifiche e solidali per lo sviluppo sostenibile, garantire l’accesso alla giustizia per tutti e costruire istituzioni efficaci, responsabili e solidali a tutti i livelli. 17. Partnership per gli obiettivi. Rafforzare le modalità di attuazione, rilanciare il partenariato globale per lo sviluppo sostenibile. Qual è il percorso delle imprese per arrivare alla sostenibilità? Ci sono 5 step. 1 step. Compliance as opportunity (si parla di incentivi e non obblighi). È la capacità di andare oltre la semplice applicazione delle regole vedendo le nuove possibilità che si aprono grazie ad essa. Proposte: plastic tax, contributi per investire in eco-friendly, bonus 110%. 2 step. Making value chains sustainable. Si tratta di migliorare l’efficienza della catena del valore da monte a valle, cercando di sviluppare processi eco-friendly e riducendo gli sprechi. Promuovendo lo smartworking, con la possibilità di lavorare da casa, significa ridurre le emissioni prodotte per raggiungere l’ufficio. Soluzioni che hanno un impatto positivo sull’ambiente ma anche sulla produttività. 3 step. Designing sustainable products e services. Si tratta di apportare modifiche sull’output finale, dalle componenti, al packaging, ai servizi collegati per raggiungere al meglio i bisogni dei consumatori. 4 step. Developing new business models. Si tratta di modificare il modello organizzativo in modo da sfruttare tutte le possibilità per ottenere un vantaggio economico, sociale e ambientale accettabile. 5 step. Creating next-practice platform. Si tratta di capire le tendenze di mercato sfruttando tutte le possibilità per creare valore economico, sociale e ambientale creando innovazione. “L'innovazione è il processo di apportare modifiche, grandi e piccole, radicali e incrementali, a prodotti, processi e servizi che si traducono nell'introduzione di qualcosa di nuovo per l'organizzazione che aggiunge valore ai clienti e contribuisce all'archivio delle conoscenze dell'organizzazione". Sullivan 2009 Quando il processo di cambiamento e miglioramento avviene in modo responsabile e rispettoso nei confronti dell’ambiente, della comunità e degli stakeholder si parla di innovazione sostenibile. Ci sono 5 strategie per lo sviluppo sostenibile: 1. STRATEGIA DELL’EFFICIENZA: attraverso innovazioni tecniche e organizzative le risorse possono essere utilizzate in modo più efficiente. 2. STRATEGIA DELLA CONSISTENZA: attraverso risorse rinnovabili l’ecologia dei flussi di materia ed energia può essere migliorata. 3. STRATEGIA DELLA PERMANENZA: attraverso innovazioni tecniche la durata dei prodotti può essere allungata. 4. STRATEGIA DELLA SUFFICIENZA: attraverso nuovi stili di vita il consumo di risorse può essere minimizzato e la vita può diventare più soddisfacente. 27 5. EDUCAZIONE E IMPEGNO SOCIALE: attraverso l’educazione e l’impegno sociale in comunità (scuole, università, associazioni) la giustizia sociale e lo sviluppo sostenibile possono venir discussi e vissuti. Economia circolare alla base della sostenibilità. Il passaggio all’economia circolare partendo dall’attuale sistema economico lineare rappresenta secondo molti esperti l’unica via per raggiungere l’obiettivo finale di una società e una produttività davvero sostenibili. Non possiamo costruire il nostro futuro su un modello usa e getta. Molte risorse naturali non sono infinite: dobbiamo trovare un modo di utilizzarle che sia all’insegna della sostenibilità sotto il profilo ambientale ed economico. In un modello di economia lineare il ciclo di vita di un prodotto può essere rappresentato su una linea costituita da 4 principali parti: estrazione, produzione, consumo, smaltimento. In un modello di economia circolare, al contrario, i prodotti e i materiali restano nel circolo il più a lungo possibile e in linea generale si parla di 2 tipologie di materiali: quelli biologici che possono essere reintegrati nella biosfera e quelli tecnologici che invece possono essere rivalorizzati e assumere nuova vita dopo il primo ciclo di utilizzo. L’economia circolare è alla base della sostenibilità. Introdurre il nuovo modello economico significa agire a tutti i livelli del ciclo di vita di un prodotto: dal recupero delle materie prime fino allo smaltimento o al riciclo dei rifiuti. Diventa quindi necessario implementare regolamentazioni per garantire che tutti questi passaggi siano improntati alla sostenibilità. A livello produttivo si tratta per esempio di stabilire quali tipologie di sostanze possono essere impiegate nella coltivazione o nell’allevamento per essere certi che il loro impatto ambientale non sia eccessivo. Nella lavorazione dei prodotti si deve pensare a packaging innovativi, magari costruiti con materiali ecocompatibili ed è importante diffondere la cultura della consapevolezza nei consumatori, perché possano compiere scelte di acquisto e di utilizzo sostenibili. Trasformare i rifiuti in risorse resta però una delle colonne portanti dell’economia circolare, nella quale un prodotto non muore dopo il suo utilizzo primario, ma ricomincia una nuova vita sotto un’altra forma. L’economia circolare crea benefici per l’ambiente, l’economia e i singoli individui. Una gestione più attenta delle materie prime e dei processi di produzione, unita alla lotta allo spreco alimentare crea vantaggi all’ambiente, riducendo anche alcuni dei fattori alla base dei cambiamenti climatici come per esempio le emissioni di gas serra. Perseguire un modello di sviluppo sostenibile non è semplice, ma uno sforzo congiunto tra imprese e istituzioni può rendere meno difficile il percorso. Inoltre, gli stakeholder con i loro stili di vita, le 30 della ricerca. Tecniche come campionamento strategico, rapporti ingannevoli e domande tendenziose possono tutte risultare in questa distorsione. Il più importante problema etico inerente la strategia di prodotto e di brand è l’offerta ingannevole. Tuttavia, un altro problema importante è il marketing del prodotto socialmente discutibile. Questo include i prodotti come sigarette, alcool, gioco d’azzardo, pornografia e armi, ma anche videogame violenti, prodotti ambientalmente non sostenibili, prodotti di cattivo gusto e prodotti dannosi per la salute. Anche il maketing invisibile è un problema perché i consumatori non sono consapevoli di essere oggetto di una pubblicità e in tal modo non possono attuare un filtro cognitivo. Ci sono alcune strategie di prezzo non etiche che sono anche illegali in alcune giurisdizioni, tra cui: i prezzi predatori (vendere beni al di sotto del costo per un breve periodo per scacciare la concorrenza), prezzi discriminatori (vendere lo stesso prodotto a differenti compratori a prezzo differente se questo riduce la concorrenza), collusione (accordo tra venditori per fissare i prezzi), prezzo ingannevole (rappresentazione scorretta del prezzo), prezzo civetta (uso della pubblicità di un basso prezzo per indurre il consumatore ad entrare nel negozio e poi pressarlo per acquistare oggetti a prezzo più alto), ricarico nel prezzo (aumento dei prezzi per poi ridurli durante i saldi). Tuttavia, il problema dei prezzi che fa infuriare i consumatori è il prezzo truffa, ossia quando i manager del marketing traggono vantaggio da coloro che devono avere il loro prodotto e sono disponibili a pagare un prezzo molto alto (si verifica spesso quando c’è un solo fornitore). Nelle ultime quattro decadi fin dalla nascita della carta dei diritti dei consumatori, le aspettative dei consumatori di marketing etico e di responsabilità delle imprese si sono ampliate considerevolmente. I consumatori sono sempre più preoccupati di adottare decisioni di acquisto oltre i propri interessi, e sono alla ricerca di consumare con modalità allineate con le proprie strutture mora- li interne e migliorare la sostenibilità per le future generazioni. I consumatori etici hanno varie motivazioni – politiche, ambientali, sociali o religiose – quando scelgono prodotti e servizi per il consumo, e sono preoccupati per l’impatto delle loro scelte di consumo su altri individui (incluse le future generazioni), la società, gli animali e l’ambiente. I consumatori etici hanno un set di molteplici problematiche di interessi che essi stanno cercando di indirizzare nelle loro pratiche di consumo, come il commercio equo e solidale, il benessere degli animali, i diritti dei lavoratori, così come le problematiche ambientali. Essere un consumatore con disposizione mentale etica può semplicemente comportare di scegliere uova di polli allevati all’aperto al negozio di alimentari, o avere comportamenti più complessi e decidere di rifiutare i prodotti derivanti da lavoro minorile. Ci sono sia fattori esterni che interni che guidano la crescita del consumo etico. Tra i fattori esterni ci sono: la globalizzazione dei mercati e l’indebolimento dei governi nazionali, l’aumento di imprese transnazionali, l’aumento dei gruppi di pressione monotematici (amici della terra per il degrado ambientale), il cambiamento tecnologico, uno spostamento del potere del mercato verso i consumatori, l’efficacia delle campagne di marketing, il movimento di responsabilità delle imprese. Le motivazioni interne che sostengono lo sviluppo del movimento del consumo etico non sono ben comprese. Alcuni fattori interni che sono presentati come driver per lo sviluppo del consumo etico sono il raggiungimento di uno stato di auto-realizzazione nelle società occidentali secondo la gerarchia dei bisogni di Maslow, l’evoluzione del consumo come intenzione di costruire la propria immagine e un’estensione di sé, un crescente senso di responsabilità e legittimazione nei confronti delle problematiche globali. Tuttavia, c’è una disparità tra intenzione di consumo etico dichiarato e comportamento effettivo (paradosso del consumo etico). I fattori chiave del paradosso del consumo possono essere divisi in 3 correnti di conoscenza: - Desiderabilità del giudizio sociale. È stato evidenziato che nelle ricerche che considerano le problematiche etiche e il consumismo, le persone rispondono ciò che essi credono sia socialmente accettabile, sopravvalutando l’importanza delle considerazioni etiche nel loro 31 comportamento di acquisto. Questa visione implica che i consumatori non sono eticamente disposti come molti ricercatori e manager del marketing credono. - Cause cognitive e ambientali che guidano il gap. Alcuni consumatori etici sentono poco rimorso quando contravvengono alle loro intenzioni etiche, e aggirando il sentimento di colpevolezza o rimorso, continuano ad acquistare prodotti in conflitto con i loro interessi etici (dissonanza cognitiva). Inoltre, anche la percezione che il loro consumo etico non faccia la differenza è utilizzata per giustificare i loro comportamenti di consumo non etici. - Fattori basati sull’identità che inibisce la traduzione dell’intenzione di acquisto etico in reale comportamento. Il contrasto di multiple rilevanti identità rappresenta un driver simbolico sottostante alle disparità tra intenzione etica e reale comportamento di consumo. Per esempio, un consumatore etico che possiede un forte interesse etico dell’impatto del consumo sull’ambiente ed è consapevole dell’impatto ambientale dei detergenti per la casa realizzati con ingredienti chimici come candeggina e ammoniaca, può continuare ad acquistare questi prodotti perché il significato simbolico connesso con l’avere una casa priva di batteri è troppo importante per rinunciarvi. Questi consumatori etici non si sentiranno rammaricati per la loro scelta non etica se il loro consumo è coerente con un’altra identità che è momentaneamente ritenuta essere più importante di una identità di consumatore etico. 5. Gli strumenti della responsabilità sociale La condivisione delle attività di un’impresa è fondamentale per comunicare agli stakeholder le prospettive, le attività e le modalità di azione, allo scopo di ottenere il consenso del personale e la legittimazione da parte della clientela e dell’opinione pubblica in generale. Le iniziative e le modalità utilizzabili per la comunicazione della responsabilità sociale sono molteplici e negli ultimi anni hanno conosciuto un notevole sviluppo sia dal punto di vista quantitativo che dal punto di vista qualitativo e metodologico. La loro adozione, pur non determinando effetti positivi sulla redditività di breve periodo, contribuisce sicuramente ad incrementare nel medio-lungo termine il capitale intangibile, in termini di know-how, reputazione e motivazione. Gli strumenti interni sono insiti nella realtà d’impresa e sono adottati in modo graduale tramite l’adattamento di strumenti di governo della responsabilità sociale già esistenti, più vicini alle esi- genze del business d’impresa. Gli strumenti interni sono la Carta dei Valori e il Codice Etico. La Carta dei Valori codifica i valori e i principi di riferimento assunti dall’impresa nell’esercizio della sua missione. La motivazione alla base della sua adozione risiede nell’esigenza di un’enunciazione esplicita e responsabilmente condivisa di alcuni essenziali aspetti ideali cui conformare le scelte di comportamento; pertanto, la creazione della carta nasce dalla consapevolezza del ruolo che l’impresa ha assunto dalle sue origini e che continua a mantenere, anche avvalendosi del dialogo con i suoi interlocutori. Per la stesura del documento vengono riconosciuti come principi maggiormente condivisi: • principio del contratto sociale (accordo morale tra imprese e stakeholder); • principio di efficacia (coerenza tra risultati ed aspettative); • principio di efficienza (miglior risultato tra costi e benefici); • principio di equità (ripartizione dei benefici in base al ruolo degli stakeholder); • principio di giusta condotta (rispetto del contratto sociale); • principio di trasparenza (diffusione dei dettagli positivi e negativi dell’andamento aziendale); • principio di onestà (impegno a rispettare le leggi); • principio di responsabilità (assunzione di responsabilità in caso del non totale adempimento del contratto sociale); 32 • principio di coinvolgimento e partecipazione degli stakeholder (instaurazione e mantenimento della comunicazione con gli interlocutori); • principio di fiducia e buona reputazione (basilari per la cooperazione a lungo termine tra im- presa e stakeholder); • principio del miglioramento continuo (raggiungimento degli obiettivi previsti e/o superamento degli stessi); • principio di leadership (posizione privilegiata all’interno dell’ambiente di riferimento). Tali valori possono essere interpretati come delle linee guida. La centralità del Codice etico è legata al fatto che le imprese sono costituite da soggetti umani ed è sul comportamento etico dei singoli che si basa e può realmente sostenersi un orientamento alla responsabilità sociale dell’impresa. Diffusosi in Italia solo in anni recenti il Codice etico può essere definito come una dichiarazione dell'insieme dei diritti, dei doveri e delle responsabilità dell’impresa nella gestione della propria attività verso gli stakeholder e come un'esplicitazione delle norme di comportamento alle quali i dipendenti devono attenersi. Esso fornisce le linee guida per agire in modo etico e responsabile, nel rispetto dei diritti delle persone e dei bisogni presenti nella società e può assumere varie for- me in relazione alla modalità di adozione (singole imprese o settori), all’ambito coperto (focalizzazione sui diritti umani e lavorativi, ambiente, tutela degli azionisti, customer satisfaction, ecc.) e all’articolazione e completezza. Generalmente la struttura del Codice etico viene sviluppata su cinque livelli: 1. i principi etici generali che raccolgono la missione imprenditoriale ed il modo più corretto di realizzarla. 2. Le norme etiche per le relazioni dell’impresa con i vari stakeholder. 3. Gli standard etici di comportamento che esplicitano i principi contenuti nella Carta dei valori, quali: legittimità morale, equità ed eguaglianza, tutela della persona, trasparenza, imparzialità, tutela dell’ambiente e della salute. 4. Le sanzioni interne per la violazione delle norme del codice (sanzioni disciplinari, sospensioni o licenziamenti). 5. Gli strumenti e gli organi di controllo per l’applicazione del codice. Spesso l’attuazione dei principi contenuti in esso è affidata ad un comitato etico che ha il compito di diffondere la conoscenza e la comprensione del documento nell’impresa, monitorarne l’effettiva attivazione, ricevere segnalazioni in merito a violazioni, effettuare indagini e comminare sanzioni. Tutti gli stakeholder devono accettare tale documento. L’accettazione volontaria del Codice etico nella sua totalità diventa un vero e proprio contratto con valenza giuridica. La sua formulazione nasce dalla volontà del vertice aziendale di dotarsi di tale documento. La metodologia utilizzata per la sua realizzazione è composta da 4 fasi: - Analisi della struttura aziendale per l’individuazione della mission e dei gruppi di stakeholder di riferimento. - Discussione interna per l’individuazione dei principi etici da perseguire, le norme etiche per le relazioni dell’impresa con i vari stakeholder, gli standard etici di comportamento. - Consultazione degli stakeholder per la condivisione dei principi etici generali e particolari per ogni gruppo. - Adeguamento dell’organizzazione aziendale, delle procedure, delle politiche imprenditoriali con riferimento ai principi etici del Codice. Il Codice etico è frutto di un meccanismo endogeno all'impresa e deve essere autovincolante, cioè in grado di generare da solo le ragioni del suo rispetto, senza affidarsi ad un potere esterno di sanzione. Richiede pertanto l’individuazione di meccanismi adeguati di attuazione che definiscano il sistema di controllo per l'osservanza del documento e il suo continuo miglioramento; in caso contrario il rischio è che possa tramutarsi in una mera dichiarazione d'intenti. La Commissione 35 - le buone pratiche (anticorruzione, competizione legale, promozione della responsabilità sociale nella catena dei valori, rispetto del diritto di proprietà) - i consumatori (promozione di strategie di marketing corrette, contratti leali, attenzione per la salute e la sicurezza del consumatore, consumo sostenibile, attenzione verso i servizi, i reclami e le soluzioni di problemi, protezione dei dati e rispetto della privacy del consumatore) - il coinvolgimento e la valorizzazione della comunità (creazione di impiego e sviluppo delle principali risorse dell’area, sviluppo delle tecnologie, creazione di ricchezza e reddito, salute ed investimento sociale). L’adozione della guida ISO 26000 è prettamente volontaria e trasversale a qualunque tipologia d’impresa e di organizzazione che voglia porre lo sviluppo sostenibile come principali obiettivi. Il bilancio sociale o di sostenibilità è uno strumento per la comunicazione istituzionale dell’impresa verso gli stakeholder. Tale documento fornisce una rappresentazione dell’impatto delle azioni aziendali sul benessere dei suoi stakeholder ed è strumento di valutazione della coerenza tra i risultati ottenuti dall’impresa e gli obiettivi che derivano dai suoi valori, dalla missione e dal codice etico. Attesta quindi la sensibilità dell’impresa al contesto socioeconomico e culturale in cui opera, permettendo di evidenziare il valore aggiunto generato da essa a favore del benessere collettivo. Ogni organizzazione può redigere il proprio bilancio sociale. Non esiste uno schema rigido, a differenza del bilancio d’esercizio, ma è strutturato in questo modo: - lettera di presentazione - introduzione, dove vengono presentate le motivazioni che portano alla scelta di produrre tale documento, la definizione degli stakeholder e l’individuazione degli strumenti di lettura - identità sociale, ossia la parte dedicata alla missione, ai valori, alle partnership, all’assetto istituzionale e agli strumenti etici dell’organizzazione - strumenti di responsabilità e la loro integrazione, quali codice etico, carta dei servizi, azioni di responsabilità sociale - comparazione con il tradizionale bilancio d’esercizio, dedicata alla spiegazione di quelle cifre, riferite alla sostenibilità, che altrimenti non troverebbero adeguata spiegazione - aspettative future e le migliorie dei progetti di responsabilità sociale - forme di controllo esterno applicate da enti terzi, che spesso conferiscono attestazioni a livello internazionale. Dopo la redazione del report, qualunque sia la sua forma, giunge la fase della presentazione e pubblicazione. Il bilancio ambientale documenta gli sforzi effettuati e previsti nell’ambito della protezione ambientale. Non esiste un modello definitivo e generalmente accettato di bilancio ambientale, ma le linee guida principalmente seguite riguardano informazioni che contabilizzano i flussi di risorse (materiali ed energia) impiegate nei processi aziendali e le diverse forme di inquinamento da essi derivati (emissioni in aria, scarichi, rumore, rifiuti), informazioni di prodotto che esaminano l’impatto ecologico lungo tutte le fasi del ciclo di vita del bene (dall’approvvigionamento al recupero/smaltimento finale), il quadro dei costi e dei benefici legati alla gestione ambientale dei processi/prodotti per comunicare i dati economici inerenti l’attività di tutela del patrimonio naturale. I bilanci ambientali possono essere distinti in due categorie principali: i bilanci ambientali di sito, quando i dati e le informazioni si riferiscono a singoli impianti o stabilimenti produttivi; i bilanci ambientali di corporate, quando le informazioni e i dati riguardano, invece, un’impresa multisito. Non esiste un format per la sua redazione: l’attenzione maggiore o minore per alcuni aspetti è legata alla tipologia d’impresa e al settore. Le iniziative socialmente responsabili vengono avviate volontariamente dall’impresa per produrre il massimo bene sociale, ambientale ed economico. Tra queste si possono individuare: 36 - cause-related marketing. Si tratta di un'attività commerciale con la quale un’impresa persegue i propri obiettivi di natura economica impegnandosi, al contempo, a donare un contributo o una percentuale dei ricavi ad una causa sociale attraverso l'instaurazione di una partnership con un'organizzazione no profit (tumori, AIDS, lotta alla fame, riserve naturali). Il marketing sociale è un fenomeno in forte crescita tra le imprese, con quote di investimenti sempre maggiori, in quanto generatore di molteplici vantaggi. E’ considerato positivamente dai consumatori perché consente loro di contribuire alla soluzione di problemi sociali e migliora l'atteggiamento positivo verso l'impresa; allo stesso modo è utile per gli enti no profit perché consente di acquisire fondi a sostegno delle proprie attività sociali; infine, è positivo per l'impresa poiché permette, oltre ad un incremento delle vendite, l'attrazione di nuovi clienti e un miglioramento delle relazioni con gli stakeholder, facendo leva su forti elementi valoriali. - raccolta fondi (fund raising). Diversamente dal cause-related marketing, questi interventi richiedono accordi meno formali e stringenti con l'ente benefico e non hanno una finalità economica diretta per l'impresa; i motivi alla base di questi comportamenti sono prettamente il ritorno di immagine, il rafforzamento del posizionamento e la crescita della reputazione dell'impresa, a patto che, ovviamente, si rispetti la coerenza con i valori aziendali e le aspettative del pubblico di riferimento o della comunità. - Filantropia d’impresa (corporate giving). È un contributo diretto dell'impresa ad un ente benefico o una causa so- ciale, quasi sempre sotto forma di elargizioni, donazioni e/o servizi in natura. - fondazioni d’impresa. Attraverso le fondazioni le imprese si fanno direttamente finanziatrici e promotrici delle iniziative volte a ridistribuire una porzione aggiuntiva del valore economico- finanziario creato. Nascono dalla volontà dell'imprenditore o della dirigenza di contribuire al benessere sociale e di migliorare il legame con la collettività. - volontariato d’impresa. Questa pratica consiste nel coinvolgere il personale dell'impresa nella comunità, facendo partecipare i dipendenti attiva- mente alla vita del territorio nel quale l’impresa opera. In questo senso, le imprese non si limitano ad elargire contributi finanziari a fini solidaristici, bensì mettono a disposizione aiuto pratico e know-how a favore delle realtà locali. I premi dedicati alla Responsabilità Sociale sono rilasciati alle organizzazioni da parte di associa- zioni no profit o enti pubblici quali riconoscimento simbolico della positività del loro operato in materia di RS. I benefici per le imprese che godranno di tali riconoscimenti sono sia di tipo economico sia d'immagine, cioè legati alla visibilità, al consolidamento della reputa- zione e al rafforzamento del posizionamento di marca. A livello nazionale esistono due tipologie di premi: il Sodalitas Social Award e l’Oscar di Bilancio e della Comunicazione che rappresenta oggi il più ambito riconoscimento italiano per la migliore comunicazione finanziaria continuativa, efficace e innovativa verso tutti i pubblici di riferimento. Il Solidas Social Award premia i migliori progetti di imprese che hanno saputo coniugare sostenibilità e business creando valore tangibile per la comunità e i territori. Conviene adottare strategie di responsabilità sociale perché valorizzano, diffondono e rafforzano le risorse immateriali dell’impresa, riducono i costi, migliorano le relazioni con gli stakeholder, identificano e permettono di gestire meglio i rischi per l’impresa, aumentano la reputazione all’esterno e il consenso all’interno dell’impresa.
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