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Riassunto e Analisi di La Religieuse, Jacques le Fataliste e Neveu de Rameau a.a. 21/22, Appunti di Letteratura Francese

Riassunto e Analisi di La Religieuse, Jacques le Fataliste e Neveu de Rameau, prof.ssa D'Ascenzo, a.a. 2021/2022

Tipologia: Appunti

2021/2022
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eugeniasveva
eugeniasveva 🇮🇹

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Scarica Riassunto e Analisi di La Religieuse, Jacques le Fataliste e Neveu de Rameau a.a. 21/22 e più Appunti in PDF di Letteratura Francese solo su Docsity! LA RELIGIEUSE: Diderot scrive nello stesso periodo La Religieuse, che viene poi rivista nel 1780 per la pubblicazione “La correspondace litteraire” di Grimm, e rimane inedita fino al 1796. Unico esempio di romanzo di impianto tradizionale. La Religieuse è un romanzo in prima persona, è un romanzo memoria. Il narratore adotta in punto di vista della protagonista Suzanne Simonin, costretta alla vita religiosa, a farsi monaca. Solo in seguito lo capisce, le due sorelle si dividono il patrimonio, lei è figlia illegittima della madre con una relazione extraconiugale e non accetta che il patrimonio vada a lei. Per 3 volte fugge dal convento e scopriamo il male con gli occhi di Suzanne. È incompiuto, parte della vicenda è raccontata nei comportamenti sociali della monacazione e la sua vita quotidiana lì. Il problema filosofico che pone è: quali sono i margini di libertà individuali, determinati dalla natura e dalla società, in base a questi condizionamenti, qual è il margine di libertà che abbiamo? È molto attento alla psicologia dei personaggi, e anche alla storicità della vicenda. È un argomento lacrimevole negli altri scrittori, ma con lui diventa argomento filosofico, sociologico. Infatti, Diderot rende conto delle pressioni sentimentali, familiari, fisiche, che hanno fatto di Suzanne una religiosa senza che lei lo volesse. Descrive delle deviazioni causate dalla clausura, descrive cosa succede quando si costringono delle donne ad una monacazione costretta come la cattiveria delle madri superiori, sono delle vere tiranne, come Mère Sainte Cristine, il safismo a cui è costretta. Studia in che modo agisce la clausura, la reclusione, regime di vita che comprime la natura. Diderot da un giudizio su cosa è il convento secondo lui, è sì un luogo di preghiera, però è anche strumento di difesa sociale a servizio degli interessi delle famiglie. Scrive questo romanzo anche da filosofo ateo e materialista, la tesi che porta avanti non è banale e semplice, ma riporta il rapporto tra sociale/morale perchè certi atteggiamenti delle monache che incontra sono al limite della patologia. Il romanzo ha quindi la funzione di studiare gli individui tra morale/fisico. (ed è quello che poi fa il romanzo del 1800 del realismo, quindi vediamo come sia importante Diderot anche se viene taciuto dai suoi contemporanei). È un romanzo in cui immaginazione e osservazione collaborano: osservando quello che succede nella società, Diderot scrive questo romanzo. Suzanne scrive quindi le sue memorie, racconta la sua esperienza, ma non solo, lo è quando c'è il punto di vista della protagonista, quando c'è una retrospezione retroattiva, in altri punto sembra più un diario (non ne ha la forma), una lettera in cui racconta. Il problema è che spesso ci sono degli errori, incongruenze. Il romanzo nasce da una grande mistificazione perpetrato a danno del Marquis de Croismare, che era un amico di Diderot, e i documenti di questa mistificazione apparvero nella Correspondace Litteraire di Grimm (rivista) nel 1770, prima del romanzo che viene pubblicato nel 1780. Il marchese aveva deciso di lasciare Parigi e di andare a vivere in provincia in Normandia e i suoi amici ne sono dispiaciuti, loro gli fanno credere che questa Suzanne esista davvero e che stia scrivendo le sue lettere al marchese stesso, e gli chiede di aiutarla e con questo sotterfugio sperano di far tornare il marchese a Parigi. Pubblicando le lettere, trae il romanzo, e pubblicandole entrambi Diderot mette il lettore in possesso del risultato che lui aveva raggiunto attraverso l'immaginazione creativa, e dava anche ai lettori le lettere e i dati sui quali aveva lavorato, perchè alla base di questo c'è una storia vera, cioè di un processo fatto ad una suora di Lochamp, Marguerite Delamare, che aveva protestato contro i suoi voti ed era andata anche a processo, quindi Diderot si ispira, scrive le lettere, e poi dopo scrive il romanzo. Madame Madin è l'intermediario tra Suzanne e il marchese, che è Quando Diderot e i suoi amici stavano scrivendo queste lettere, si rendono conto che non potevano continuare all’infinito; infatti, il marchese propone a Suzanne di andare a casa sua per fare da insegnante ai suoi figli, ma ovviamente hanno dovuto far terminare la storia e decidono di far morire Suzanne, quindi essendo lei ormai stanca ecc non riesce più a scrivere le sue memorie e posa la sua penna, Diderot dispone abilmente questo finale che sfocia nell'impotenza e nel silenzio. Ad esempio, gli ultimi giorni della madre superiore vengono descritti dettagliatamente usando l'imperfetto e i tempi presenti che annunciano ripetizione, come se fosse un semplice schema di azioni che avrebbero potuto avere uno sviluppo più ampio. La narrazione alla fine diventa più ellittica con l'uso del presente che diventa ambiguo con il presente dell'attualità. La veridicità di queste lettere è piuttosto dubbia, però se la storia di Suzanne è una storia fittizia, quello che è vero è l'argomento che invece sta a cuore a Diderot, cioè le conseguenze della monacazione forzata del celibato che viene imposto al clero. La testimonianza è ingenua, innocente, sembra priva di perspicacia e il modo di vivere così intensamente ciò che vive la rende sensibile e commovente simile alla commozione che Diderot apprezzava in Richardson, la sua sensibilità è raggiunta attraverso dei dettagli legati a situazioni familiari, dettagli di tempo o luogo, immagini, dialoghi. Romanzo filosofico ma non a tesi, fa riflettere sulle false vocazioni religiose. È stato detto da alcuni critici che non c'è una azione nel romanzo, che Suzanne non ha personalità, è solo testimone di diversi squilibri fisici e mentali, ma Suzanne non è solo vittima o testimone, è molto più di questo, è qualcuno che non si piega passivamente al volere delle suore, se nessuno la crede è perchè è una voce discordante dalle altre, lei denuncia, reagisce, ma non viene ascoltata perchè si preferisce non vedere ciò che lei denuncia. Lei rivendica la felicità, ed è infatti la missione che l'illuminismo da al romanzo, cioè come difendere la libertà e dimostrare che bisogna lottare per la propria felicità. 13-04 Mentre Voltaire inaugura la figura dell'intellettuale engagé che si occupa delle ricadute della società nella sua opera, e lui l'ha inaugurata perché a livello di opinione pubblica è colui che si è fatto più sentire, si è interessato ai molti Affaire come l'Affaire Calasse, colui giustiziato e poi ucciso. La religione quindi dai philosophe è il primo bersaglio, e con la Religieuse Diderot fa un attacco alla religione in modo diverso perchè non rimette in discussione i principi religiosi, ma l'uso che si fa della religione a scopi di interessi sociali, famigliari ecc. la religione va a servire ed aiutare le famiglie, è uno strumento per piegare determinati individui ai voleri e interessi delle famiglie, contesta l'obbligare a chi non crede (suzanne non aveva la vocazione, non che non credesse). Descrivendo la vita nei conventi abbiamo tante sfaccettature della religione non sentita, oppure quando è sentita, l'uomo ha degli squilibri determinati dal modo di vivere la religione e la vocazione. Le varie monache sono esempio di tutto ciò, alcune vengono abusate nella loro ingenuità, altre hanno la vocazione ma a contatto con le altre sorelle che non condividono le stesse idee, finiscono per vivere male. Anche questo riprende da Richardson, vuole toccare il lettore per fargli accogliere una realtà ed una verità, deve riflettere. L'uso del convento per risolvere problemi di famiglia, è diffuso all'epoca, era normale. Suzanne cerca di ribellarsi ma non ha mezzi economici per poter risolvere la sua situazione, è svantaggiata in partenza. Tutto quello che fa sono degli atti di ribellione, l'unica persona a cui può chiedere aiuto è il Marquis de Croismare, che è poi un estraneo. Anche un romanzo di comportamento, il dettaglio è molto importante perchè da l'idea del comportamento. Il suo reale è orientato, deve mettere in evidenza i caratteri ben studiati, deve parlare allo spirito ma anche al cuore. Per noi è oggi è vittima, e doveva esserlo anche per i lettori del tempo, un romanzo a tesi non sarebbe piaciuto al pubblico, Diderot deve toccare il cuore del lettore, e lo fa per una giusta causa e seguendo la lezione di Richardson. È anche una sorta di documento di quello che avviene nella società, è un'opera in cui sfrutta le potenzialità del romanzo memorie e della scrittura dell'io, ma anche opera di poesia che tocca. Diderot fa di Suzanne una specie di essere eccezionale, perchè le scelte che fa la portano ad un destino fuori dal comune, che è il ribellarsi al suo destino. Ci fa accettare che tutti i vari aspetti e vizi della vita di convento si trovino concentrati nel romanzo. Riesce a concatenare bene le cose che fa apparire il determinismo di Jacque le Fataliste. Ci sono tante morti, muore Mère de Moni, la madre, la sorella Ursule e la madre superiore di Saint Eutrope, possono sembrare casuali o inattese. 3 di queste morti hanno poca influenza sul seguito dell'intreccio quindi potrebbero sembrare casuali, una sola è importante che è quella della Mère de Moni. La morte delle tre religiose è però indirettamente causate dalla ribellione di Suzanne, è un elemento quindi perturbante, non è solo una vittima ma un elemento che porta scompiglio dove va, fa scoppiare delle crisi agli altri personaggi. Mère de Moni diffonde nel convento del misticismo che lei presenta come una consolazione a questa vita di convento, ma perde il suo potere nel momento in cui arriva Suzanne perchè mette in crisi questo misticismo perchè non si lascia sedurre da questa madre. Suzanne è quindi incompatibile con la vita del convento e smonta le argomentazioni, mère de Moni non sa controbattere quindi Diderot la fa sparire. Sorella Ursule muore di malattia causata Suzanne, Ursule ha curato Suzanne ma è rimasta contagiata ed è morta. È morta intuisce nel vous che si rivolge ad un ipotetico lettore. Le domande canoniche che si fa un lettore sono queste, ci si aspetta di avere una descrizione dei personaggi, ambiente ecc ma non ci viene data, il lettore sfugge a queste indicazioni. Novità del dialogo che si instaura e continua per tutto il romanzo, in modo regolare. Il narratore risulta essere anche ironico quando si rivolge al lettore, si mostra tiranno, cattivo, ed onnisciente, fa capire che tutto dipende dalla sua volontà. Gli fornisce anche la trascrizione di un manoscritto lacunoso. Abbiamo anche un dialogo che racconta il viaggio di Jacques e del suo padrone, inserisce il romanzo nella tradizione del romanzo picaresco (lett spagnola, improntata verso una autobiografia, in prima persona, che racconta le proprie avventure dalla nascita fino al suo presente, sembra anche essere don q e sancho ma qui non è il padrone il personaggio principale, ma jacques). Jacques ci racconta dei suoi amori ma non solo, è un percorso di iniziazione di Jacques, è infatti in gran parte la sua vita. Romanzo improntato ad una ibridazione dei toni e generi. Il viaggio è la metafora della vita, ma dato che non si sa della loro vita precedente dei personaggi, possiamo solo intuire l'estrazione sociale dei personaggi. Usa dei verbi chiave: andare, dialogare. Non si saprà molto della causa del viaggio, né della destinazione, e questo rientra nella concezione del viaggio come metafore della vita come caso, che ha una funzione determinante nel viaggio e nella vita. Diderot introduce il viaggio senza preamboli, va oltre lo scopo del viaggio, quando avranno raggiunto lo scopo sconosciuto del viaggio che noi non sapremo, andranno a fare visita ad un certo Sant-Ouin, figlio naturale del padrone. La visita al figlio che viene chiamato batard (bastardo) diventa lo scopo principale de viaggio, anche se un altro scopo originale c'era ma non ci è stato rivelato. I fatti vengono raccontati durante il viaggio per mettere in dialogo i due, e la storia che racconta Jacques (che racconta la storia dei suoi amori) diventa più importante di quella del suo padrone. Abbiamo anche sconvolgimento della successione cronologica, la storia inizia con gli amori di Jacques avvenuta prima, insieme al dialogo che ci rende conto di quello che succede nel viaggio. Narrazione retrospettiva insieme a quella presente, con altri personaggi che a loro volta raccontano la loro storia, con altri racconti retrospettivi. Alla storia di jacques sono legati altri personaggi, altri episodi. Mme de la Fayette eliminava quasi del tutto le storie secondarie che costituivano un elemento di digressione per giungere ad una narrazione più lineare e pulita ; le storie secondarie della princesse de clèves avevano una posizione principale per la storia originale: così farà anche Diderot, il suo romanzo è pieno di storie secondarie, meno importanti che ruotano intorno alla storia di Jacques che hanno una funzione importante per mostrare la complessità della vita. I personaggi che loro incontrano raccontano le proprie storie o le storie altrui interrompendo la narrazione del viaggio e il racconto degli amori di jacques. Queste storie non hanno un legame con Jacques o col viaggio, ma rendono conto della complessità della vita. È il tentativo di Diderot di mettere in scena la totalità del mondo, che il romanzo ha la pretesa di esprimere, che è un continuo sovrapporsi di episodi, tempi ecc e non possiamo capire tutta questa totalità. Il limite del romanzo è quello di dire che il romanzo esprime un segmento, frammento di questa totalità, può proporla ma non comprenderla. Questo è il mondo vero di Diderot, non quello strutturato, sistematico, che i romanzi fino ad allora hanno espresso. Il mondo vero è un mondo incoerente, assurdo. L'uomo non può avere sotto gli occhi tutta quella totalità. Nel romanzo ripete che lui non sta scrivendo un romanzo, (non per seguire l'espediente del romanzo) ma afferma che lui si definisce uno storico della verità, il romanziere è libero di diventare ciò che vuole, è naturalmente libero di essere onnisciente, ed è lo specchio della verità. La figura dello sdoppiamento lo ritroviamo all'interno di tutto il romanzo, e per Diderot la realtà si deve vedere come un A ed un B. Ancora Jacques: è ovvio che questo passaggio è collegato dalla tematica dell'incertezza e questa convergenza è la funzione di creare nuove identità e includere gli esseri e realtà in una prospettiva unificante e Diderot vuole mostrare quali siano le contraddizioni dell'animo umano. Attratto da simultaneità e coincidenze, infatti tutti questi concetti di equivalenza, convergenza, diventano varianti della figura dell'associazione. Gli interventi dell'autore pongono due figure che comunicano e dimostrano la sua libertà e corrispondono gli interventi della fatalità. Il narratore spiega che può fare ciò che vuole e il fatalismo (destino inesorabile che interviene nelle azioni dei personaggi) è espressione di libertà della realtà. Il racconto è abbastanza confuso, ci sono una serie di peripezie che sono decise dal GRAND ROULEAU, che è il destino già scritto. Il caos è scritto proprio dal destino quindi, il caos è uno specchio del caos delle peripezie, risultato del destino, del fatalismo. Coincidenza quindi tra la libertà e la fatalità. Diderot dice quindi che quelle storie del romanzo così lineare, in realtà sono solo storie convenzionali che non rispondono alla verità, quindi lui rifiuta tutte queste convenzionalità. 4 categorie fondamentali che costituiscono la tematica dell'opera: fatalismo, libertà, verità, riflettere sulla finzione. Cos'è la finzione? essere vero, ci deve essere l'assenza di composizione, preferisce il disordine, confusione, che per lui diventa un sistema di pensiero e lettura. 11-04 Jacques le fataliste opera composta nel 1773 quando fa un viaggio presso Caterina II e terminata nel 1775, una prima edizione in Germania, schiller ne pubblica una prima parte riguardo mme de la pommeraye, e in seguito la versione francese pubblicata quando lui ormai è morto. Per questo non ha avuto una influenza diretta nei romanzieri del tempo. Opera realizzata a partire da un manoscritto di Federico di Prussia. Analisi: Jacques è il valletto del padrone di cui non sappiamo il nome, Jacques era un militare e riprende il suo fatalismo dal suo capitano, secondo cui tutto quello che accade qui sotto è scritto lassù, come se fosse un grand rouleau, cioè un registro dove è stato già scritto il destino del mondo. Usa anche un'altra immagine che è quella della gourmet. Ma a volte impreca anche contro il destino, perchè limita il libero arbitrio. Jacques oltre ad essere un fatalista, è anche un grande chiacchierone a cui il padrone chiede per noia di raccontargli i suoi amori. Questa vicenda però viene sempre interrotta e percorre quindi l'intero romanzo, senza raggiungere però una fine. Sappiamo che lui da giovane si arruola nell'esercito, viene ferito al ginocchio, è soccorso da una giovane contadina il cui marito gli affida un chirurgo, e lui incontra Denise di cui si innamora. Alla fine del romanzo è sul punto di sedurla, dopo averle regalato un paio di giarrettiere, ma quando entra la madre di Denise, è convinta che siano per lei. Qui è come se si fermasse il racconto, perchè il narratore ci da 3 ipotesi per come potrebbe finire, presentate come dei paragrafi aggiunti al manoscritto. La storia di Denise è una piccola parte delle divagazioni autobiografiche di Jacques, perché lui parla sempre senza fermarsi, di sé stesso: il suo mal di gola, il furto dei loro cavalli, della borsa e dell'orologio che dimenticano alla locanda, il padrone che cade... ma questo non impedisce a Jacques di raccontare i suoi episodi. Uno degli episodi molto esteso riguarda la sua verginità che lui perde per ben tre volte, la prima volta con la sartina Justine (fidanzata di un suo amico), la seconda volta con Suzanne (qui appare marguerite, due sposine fresche di matrimonio che vedono jacques come un grande ingenuo e si approfittano di lui). Anche il padrone racconta i suoi amori quando Jacques ha il mal di gola, quindi racconta le sue avventure giovanili con Agathe, una borghese che lo aveva messo nei guai perchè lei si fece scoprire al letto con le maitre al posto di un altro. Questa storia ha una conseguenza imprevista nell'opera, poi però il maitre uccide l'amante di Agathe ma verrà arrestato Jacques, poi esce. Ci sono poi delle storie che vengono raccontate da narratori occasionali. Abbiamo la storia di Madame de la Pommeraye che assiste al marquis des Arcis, di cui era l'amante ma poi lasciata, e si vendica della sua indifferenza facendogli sposare una prostituta con l'inganno, che poi si rivela essere una moglie eccellente. Il marquis des Arcis narra a sua volta la storia di un suo segretario che ad un certo punto si fa prete e viene inviato come commissario in un convento un po’ giansenista e qui deve controllare padre Hudson ma lui lo capisce e gli tende una trappola che viene poi scoperto dalla polizia. Storia e vita del padrone del castello, Monsieur Desglands che viene raccontata in parte de Jacques e anche dal padrone perchè parlando scoprono che entrambi lo conoscono. Termina con il duello del padrone e dell'uomo, viene incarcerato Jacques ma riesce a scappare, torna al castello e si sposa con la sua Denise. Ma questa è solo una piccola parte, è un romanzo poliforico, pieno di intrecci. Ci sono almeno 28 storie che vengono raccontate nel romanzo. Incipit del romanzo: le domande che vengono poste sono le domande implicite di un lettore dell'epoca che si aspetta nella lettura di un romanzo, sono domande inerenti a coordinate spazio-temporali ed identità dei personaggi, e sono cose che avremo poco dopo infatti viene citata Fontenoy, e dura circa una 10ina di giorni. Ci sono pochi riferimenti storici, ma ci sono allusioni alla battaglia di Fontenoy, illusioni al terremoto di Lisbona che ebbe luogo nel 1755 dove muore il fratello di Jacques, ma sono riferimenti un po' depistanti. La risposta del narratore è ambigua, perché dice che si sono incontrati per caso, hasard è una parola chiave in tutta l'opera, e aggiunge anche “comme tout le monde” come se tutti si incontrassero per caso. Come si chiamavano? Il lettore risponde dicendo che non ci importa. Da dove vengono? Dal luogo più vicino, ma non vuol dire nulla. Chi sono? Dove vanno? Risposta “sappiamo dove andiamo? A livello esistenziale sono tutte domande che ci poniamo noi. Il lettore quindi o da risposte vaghe, ambigue, o risponde con delle domande ancora più grandi della domanda del lettore. L'incipit è inusuale, ma soprattutto per il lettore dell'epoca perchè noi oggi siamo abituati a questo. Là dove i romanzieri dell'epoca volevano dare credibilità al romanzo, Diderot fa il contrario, denuncia quanto possa essere arbitrario il pretesto del racconto. Il fatalismo (determinismo) viene enunciato da subito dal capitano, che è colui che lo ha insegnato a jacques. Dice proprio: è un parolone tutto questo, ma fa leva sull'incapacità di poter controllare il suo destino, quindi non è libero, ma paradossalmente il più libero è Jacques, agisce liberamente, può fare tutto quello che vuole perchè se è scritto lassù, succede sicuramente, ma intanto lui fa quello che vuole. Aggiunge anche che il capitano (frase quasi identica al Tristam di Sterne) diceva che ogni pallottola che partiva dal fucile, aveva un suo significato o bersaglio. Domina la scena il dialogo che esce fuori dai salotti, che comunque rappresentavano il luogo della mondanità e scambi culturali e luoghi filosofici, in alternanza alla vita di corte, ma il salotto rappresenta anche un luogo chiuso che non è aperto a tutti. Il loro dialogo è aperto a tutti, è un luogo aperto del Cafè, luogo pubblico e perciò ci tiene a fornire i paramenti spaziali delle conversazioni e lo dice in modo chiaro: la passeggiata è fondamentale, Diderot ama pensare camminando, il movimento del corpo è il movimento di pensiero. In salotto invece si sta fermi, infatti il 17esimo secolo ci ha insegnato che i loro dialoghi sono fatti di apparenza, regolata e preimpostata che ha regole, codici, non libera. I salotti avevano regole di bienséance, volevano correttezza, no conversazioni erudite, bisognava essere invitati nei salotti. Qui c’è la conversazione che varca i limiti dei salotti, va nel luogo pubblico, non sono seduti su una panchina, ma il racconto inizia quando il philosophe (moi) è solo e mette in moto i suoi pensieri. Si intrattiene con sé stesso, come se si stesse sdoppiando e parla ad un altro io, parla con sé stesso di politica, amore, gusto. Abbandona il suo spirito nel suo libertinaggio (non libertinaggio di costumi, ma quello che nasce come libertà dello spirito, come riflessione che passa al vaglio della ragione tutte le idee ricevute, libertà di pensiero inizialmente che nasce nel 17esimo secolo). Lascia il suo pensiero libero di seguire il suo corso, paragona i suoi pensieri alle prostitute e del suo rapporto con loro, va da un pensiero all’altro come fa con le prostitute. Si incontra al cafe de la régeance con le neveau de rameau, luogo aperto a tutti. Come se stessero su una scena recitando, e mimando ciò che dice. È moi che tira le fila della conversazione, come il maitre in Jacques le Fataliste. Se fa freddo si rifugia nel café de la régeance, abbiamo molte coordinate spazio-temporali, mentre in Jacques le Fataliste non abbiamo nulla. Nel café si diverte a giocare a scacchi. Parigi è il luogo migliore per giocare a scacchi, e quel café ancora di più, è una vetrina degli giocatori di scacchi. Quelli che cita sono famosi giocatori di scacchi. Nel café incontra il nipote, che era stato precedentemente descritto insieme al ritratto di tutta Parigi, perché il neveau era molto conosciuto ed era stato ritratto nel libro di Mercier, veniva descritto come un parassita sociale. Nel dopo cena si trovava nel café, parla poco, ascolta il meno possibile, sta pensando, quello che fa è osservare il gioco di scacchi, e qui appare il neveau che però non viene nominato ma lo cita come un giocatore bizzarro. Lo presenta in modo contraddittorio nell’introduzione per farci inquadrare il personaggio: alto di morale ma basso di morale, buon senso e sragionamento, onesto ma disonesto, sono caratteristiche imbrogliate nella sua testa perché le buone qualità non le ostenta ma fa vedere solo quelle cattive, fa quindi il contrario di quello che fa la gente comune, va contro corrente. Dopo aver dato un ritratto morale, mescola delle caratteristiche fisiche e organiche del neveau con caratteristiche di spirito, poi dell’immaginazione (facoltà dell’intelligenza secondo diderot), dicendo che secondo lui il neveau non pensa come tutti. Ha un vigore di polmoni poco comune, colui che ha bisogno di polmoni sono i musicisti e gli attori, nulla è casuale ma è tutto funzionale. Può sembrare strano ma tutto è corretto. Ci dice che se mai dovessimo incontrarlo e non siamo colpiti dalla sua personalità, fuggiremmo. Non è un personaggio con cui può stare chiunque. È talmente magro che ha le guance molto sottili e quasi gli si conterebbero i denti (trappe convento, i trappisti sono l’ordine più duro). Ci descrive il suo abbigliamento: sporco, con vestiti strappati, senza scarpe, va a testa bassa. Ma poi lo si può vedere anche incipriato, con le scarpe, ben vestito, con i boccoli e va a testa alta, lo prenderemmo per un honnete homme, vive il giorno alla giornata, felice o triste dipende dalla giornata. Cita anche il suo alloggio, quindi diderot sa molto di lui. Nel suo alloggio ha una piccola soffitta (dove di solito dormiva la servitù) e se non ha da dormire, va in una taverna con del pane e della birra, non si fa problemi neanche a dormire vicino alla paglia dei cavalli del suo amico. 20-04 Rameau ha dei tratti che seducono, lo chiama Monsieur Philosophe, vede in lui una proiezione di una parte di sé, anche se afferma “je n’estime pas”, il giudizio di Diderot è in un primo momento è tagliente, non è attratto da questo tipo di personaggi, ma una volta ogni tanto gli piace incontrare un tipo così originale perché è un momento di rottura per lui, le neveau di Rameau costituisce un personaggio di rottura, è colui che mette in crisi il sistema della società, il sistema della bienseance, l’idea dell’honnet homme (che ormai nel 700 è un po sfumata), ma tutto quello che sono i codici di comportamento, di pensiero di tutti lo rimette in discussione. Le neveau de rameau è qualcuno che con il suo atteggiamento accetta la sua condizione (perché l’ha scelta) ma è qualcuno che non accetta l’uniformità, e questo è qualcosa di fondamentale: un personaggio del genere non può non sedurre Diderot. Il Rameau, per andare contro le regole, è considerato un levin (lievito che restituisce una porzione della sua individualità naturale), tutti ci conformiamo ad un modo di fare che è imposto dalla società, invece lui scardina queste regole e ci aiuta nel creare degli individui naturali. Il neveau scuote le persone, le risveglia, toglie tutte le apparenze e le maschere, facendo emergere le persone vere. Il neveau de rameau riusciva sempre a guadagnarsi il posto a tavola in case oneste, però non doveva parlare (lui è un’irriverente, è un provocatore). Lui pur di mangiare taceva, se avesse parlato sarebbe stato subito messo a tacere dicendo “oh Rameau taci!”. Quindi lui accetta di essere un parassita, ma non lo fa di buon grado, lui cela una rabbia interiore perché sa di non -punta il dito contro i philosophes, che pensano che felicità e virtù siano la stessa cosa, perché dice “voi sbagliate pensando che felicità e virtù siano la stessa cosa, voi pensate che il progresso possa portare la felicità, che chi si adopera per costruire il benessere sia una persona virtuosa, ma in realtà chi persegue l’utilitarismo pensa solo a se stesso”. È inutile secondo lui riflettere sulla vita, cercare di interpretare il mondo, la vera felicità sta nel godere la vita. Se il filosofo non gode la vita non ha realizzato nulla. -dibattito critico tra moi e lui, due modi di pensare non così distanti, dialogo non statico, c’è gestualità, mimica, quando il Rameau parla di personaggi, li imita. C’è teatralizzazione delle idee, le rendono vivaci, è un dialogo filosofico che risponde ad un bisogno di divulgazione. Poi è una satira nel senso latino del termine, mélanges di generi, temi e registri narrativi: registro popolare, familiare, mondano, sapiente, letterario, basso e scortese. -problemi morali ed etici: Il pensiero di “lui” è improntato a un grande a-moralismo fondato sull’opposizione tra ESSERE e APPARIRE e ESSERE e DIVENIRE. Quindi lui elabora il suo immoralismo a partire da questa filosofia dell’apparenza che vige nella società. Moi invece si oppone punto per punto a “lui”, e oppone la propria concezione che è quella che oppone il primato del pensiero sull’azione: IL PENSIERO E’ PIU IMPORTANTE DELL’AZIONE. Lui ha fatto a proprio spese che bisogna adattarsi alla società dell’apparenza. Da tutto questo emerge che il male non è qualcosa di naturale ma convenzionale, ma è della vita in società ci spinge ad adottare alcuni atteggiamenti che magari non sono nostri e non rispecchiano la nostra individualità. Il grande difetto della società è di essere fondata sull’ipocrisia, in questa società poi il bene sarebbe un male comune. Diderot si serve dell’anticonformismo di Rameau e fa parlare davanti ai suoi lettori un individuo che in realtà infrange tutte le regole della società. 26-04 Ride bene chi ride ultimo: presagio su quello che sarà, il neveau rimane sulle sue posizioni e rivendica il suo modo di vivere, la sua concezione della vita, il suo è un riso cinico di qualcuno che vincerà nel futuro. Probabilmente adesso è chi è, ma poi sarà lui il vincitore. Moi è il moralista rispettabile, lui è un parassita che è anche un provocatore con il suo cinismo. Deve salvare il suo amor proprio, perché con la proiezione di moi in lui, il filosofo vede nel neveau degli aspetti che possono farlo affascinare. Lui è affascinato da moi, lo conosce, si conoscono, sanno cosa rappresentano l’un l’altro, ma è ovvio che ha bisogno di salvare il suo amor proprio. È una forma enigmatica che lascia il dibattito in sospeso. Il neveau è molto di più, è un personaggio che è stato ritratto perché quando Diderot scrive, sa che i lettori conoscono il personaggio reale perché è stato descritto più volte. Diderot coglie tutti i ritratti, mette insieme le varie figure di lui, imbastisce la costruzione del personaggio. Nel personaggio c’è molto di Diderot, oltre le coincidenze: la vita che conduce il neveau, l’ha condotta diderot da giovane, le sue idee (musica, filosofia) le attribuisce al neveau, soprattutto quando sono idee audaci. È un doppio quasi. Poi, il moi non è completamente il diderot, il moi si vede soprattutto negli interventi in corsivo, e in quello che dice e controbatte. Risposta al: che hai fatto tutto questo tempo? Lui risponde il modo provocatorio, dicendo che non è diverso dagli altri, quindi ha fatto tutto ciò che fanno gli altri. Siamo tutti uguali. Moi fino ad ora ci aveva parlato della singolarità del personaggio, ma ora lui ribalta, parla di necessità normali. Con la figura della barba sembra quasi di voler annullare il tempo che passa, nega il protrarsi di se stesso in una vita bohemian. Moi sta al gioco, lui cerca di spiazzare il moi. Ritratto di lui come per statua.
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