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Riassunto e analisi "La morte a Venezia" di Thomas Mann, Appunti di Letteratura Tedesca

Riassunto e analisi dell'opera "La morte a Venezia" con citazioni al testo

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 11/08/2022

Toopwaax
Toopwaax 🇮🇹

4.2

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Scarica Riassunto e analisi "La morte a Venezia" di Thomas Mann e più Appunti in PDF di Letteratura Tedesca solo su Docsity! La morte a Venezia Pubblicato nel 1912, è un lungo racconto (non un romanzo). È un racconto che parla della realtà italiana ma non è un racconto italiano. È un testo metapoetico, riflette sulle condizioni che fanno nascere un’opera d’arte. È un testo universale, che si ispira a Il Fuoco di D’annunzio (vedi introduzione). Il vero racconto italiano di Thomas Mann è Mario und der Zauberer (1930). C’è una base autobiografica perché nel 1911 Thomas Mann si trovava davvero a Venezia con la moglie e il fratello. È un testo profondamente influenzato da Nietzsche soprattutto dalle tematiche di arte plastica (apollineo) da un lato e dall’altro dell’arte della musica (dionisiaco). C’è una vicinanza molto esplicita con Nietzsche e con la sua riflessione nicciana sulla tragedia greca e questa novella ha già la struttura di tragedia greca: si suddivide infatti in 5 capitoli esattamente come i 5 atti della tragedia. Un altro grande dell’epoca nella cui opera Nietzsche riconosceva una sorta di rinascita della tragedia, questa sorta di sintesi tra apollineo e dionisiaco, è Richard Wagner . Nell’opera di Wagner Nietzsche riteneva di poter riconoscere una sorta di rinascita della tragedia greca perché Wagner chiama Gesamtkunstwerk questa sua utopia estetica in cui c’è la compresenza di diversi media, codici artistici, un’utopia dove non c’è un’arte sola ma si intrecciano più arti contemporaneamente – Wagner scrive tutti i libretti da solo, compone la musica e si occupa anche della scenografia. Il Gesamtkunstwerk è un’opera d’arte totale in cui si intrecciano tante arti diverse: nel caso di Wagner la letteratura, la poesia, la musica, la scenografia e a volte anche la danza. Questa utopia estetica dell’opera d’arte totale è importantissima, in cui si collegano diversi codici artistici: il dionisiaco e l’apollineo quindi l’arte plastica e l’arte dionisiaca. Questa utopia estetica viene in Italia molto recepita da Gabriele D’Annunzio. Primo capitolo La trama è molto semplice e lineare. Il protagonista è Gustav von Aschenbach (quindi ha avuto un’onorificenza, per cui ora è un aristocratico). Siamo nel 1911, diverse sono le spie che ce lo fanno capire, c’è un clima di tensione “minaccioso al nostro continente”, quindi pre-guerra mondiale. Lo stile utilizzato da Mann per questo racconto non è il suo solito stile e cambia da capitolo a capitolo, è uno stile che assume per questa storia, ma non possiamo parlare di un ‘codice letterario’ in quanto ci sono tanti codici e registri che spesso si compongono di una sintassi molto lunga e pomposa, per descrivere il lavoro di Aschenbach (lo scrittore) viene usato tutto un giro di parole descrivendolo con termini che non associamo all’atto creativo ma quasi alla terminologia bellica, come se il lavoro fosse un nemico. Lo stile pomposo riflette in realtà la figura di Aschenbach stesso: un pallone gonfiato (ironia). Si ritrova in una situazione di scacco matto, non sa che fare. Allo stile pomposo segue nella pagina immediatamente seguente uno stile molto semplice, sobrio, dove si elencano fatti o dove si dà una topografia molto precisa (ci vengono riferiti i nomi precisi delle strade). Nella prima parte del libro ci troviamo a Monaco. Già da queste prime pagine ci vengono presentati questi elementi che saranno un leitmotiv per tutto il racconto: il tema dell’illusione, dell’inganno (falsa estate); il tema del tempo meteorologico (in particolare l’umidità, la pesantezza, ovviamente metaforica). Aschenbach si trova dinanzi a un cimitero (che esiste ancora oggi) e il racconto crea una rete semantica che ha a che fare con il congedarsi, la fine del giorno, la morte, che viene quindi evocata fin da subito (due cimiteri, uno quello vero e l’altro quello che c’è attorno). Abbiamo subito un riferimento a Venezia, un’anticipazione velata con i riferimenti alla cappella bizantina (come la Basilica di San Marco) in cui Aschenbach si perde (contempla) a leggere le iscrizioni che parlano della vita ultraterrena.  collegamento Monaco- Venezia. 1° incontro  Erscheinung dello straniero. In questo primo momento Erscheinung viene tradotto in italiano solo con “aspetto” (aveva un aspetto inusuale), ma è un termine bivalente, può significare anche apparizione e quindi avere quest’accezione mistica. Non si sa da dove venga. Segue una descrizione dello straniero (2 riferimenti al naso). Porta zaino sulle spalle e un abito giallastro, viene da lontano. Possiamo associare due figure mitologiche a questo personaggio:  La divinità dell’olimpo che non è genuinamente greco ma viene da fuori, è straniero: Dioniso, che viene dall’Oriente e viene anche chiamato “il Dio straniero”. In più però per quanto riguarda l’abbigliamento, che ha un bastone, uno zaino, il cappello, che ha i piedi incrociati, questi sono tutti attributi di un’altra divinità:  Hermes, che è il dio della comunicazione, che mette in contatto ciò che in contatto non è, che viene sempre rappresentato con un cappello, è il messaggero degli dèi. Svolge un’importante funzione mediatrice. È un mediatore ma anche accompagna le anime dei morti nell’Ade. È il Dio del commercio, della comunicazione e anche Dio dei ladri, perché mette in contatto il ladro e la persona che viene derubata. È il Dio della mobilità, nulla è fermo e anche la proprietà non è ferma. Possiamo interpretare quindi la figura di questo straniero collegandola sia a Dioniso, per il suo essere straniero che viene da lontano e sia ad Hermes per i suoi attributi (il cappello è un capo d’abbigliamento tipico di Hermes).  Descrizione del viso come un teschio, labbra ritratte e denti sporgenti  Posizione elevata dello straniero che guarda Aschenbach dall’alto, lo domina, gioco di sguardi che A. perde distogliendo lo sguardo, viene dominato, dinamica di potere  altro richiamo al campo semantico bellico: A. è costretto alla ritirata, riferito allo sguardo. Quest’incontro suscita qualcosa  L’animo si dilata, c’è un’alterazione dello stato di coscienza, avverte questa inquietudine che è legata al desiderio di viaggiare. È un desiderio giovanile ed è assetato di lontananza. Questo sentimento è molto intenso e nuovo (o almeno da così tanto tempo disimparato e desueto) – un tempo c’era, ma l’ha disimparato. Aschenbach ha una visione (Gesicht) molto interessante: raccontata con un’unica lunghissima frase di un’estrema densità poetica, piena di immagini che descrivono ciò che lui vede. Il passaggio analizzato è celeberrimo e fondamentale della medesima opera; nel paesaggio descritto vale la pena analizzare ogni singola parola: è un paesaggio tropicale, una visione di un altro mondo (In realtà, Aschenbach non lasciò mai l’Europa, anzi, non era un grande viaggiatore, non ne aveva il desiderio, pur tuttavia, ha questa visione quasi archetipica, probabilmente egli non lo ha mai visto con i propri occhi). Paesaggio lussureggiante e sconfinato, natura selvaggia primordiale. (come la copertina del libro, ma non c’è la tigre)  EKPHRASIS: descrizione a parole di un’opera d’arte figurativa. È un procedimento multimediale perché si usa la letteratura, parola, per descrivere un altro medium artistico, cioè l’arte visiva. È un modo per collegare un’arte a un’altra descrivendo l’essenza e la forma dell’arte originaria. È un procedimento molto antico. Il primo esempio si trova proprio nell’iliade libro 18esimo nella descrizione dello scudo di Achille. Avrebbe considerato il viaggiare, ma non l’ha mai fatto perché estremamente occupato con il lavoro, la sua vita era entrata in declino. truccato; ha una parrucca; i baffi sono finti; la mosca sotto il mento è tinta; i denti non sono veri in quanto indossa una dentiera, ecc... Gli amici lo trattano alla pari, scherzano, gli danno delle gomitate. Così Aschenbach si chiede se se ne rendano conto, ma l’uomo si mischia senza problemi nella comitiva di giovani. Il far saltare i confini anche generazionali fa pensare al dionisiaco. Infatti, un elemento di questo è proprio la forza dirompente che non conosce limiti o confini, né sociali né di genere né generazionali. Anche per questo il dionisiaco è il principio rivoluzionario per definizione perché non rispetta l'ordine precostituito. Questo finto giovane è fuori da qualsiasi ordine in tutti i sensi, non soltanto perché travestito ma anche perché si mischia in mezzo ad un collettivo che non dovrebbe essere il suo, facendo finta o ignorando la propria appartenenza alla sua generazione biologica. Aschenbach è turbato, verwirrt  il turbamento è un’altra rete semantica. Pagina 89: Gli sembrava che non tutto prendesse una piega abituale, che cominciasse a diffondersi uno straniamento onirico, una deformazione del mondo verso l'insolito... Anche qui la terminologia è importantissima. Nello straniamento (Entfremdung) c’è l’estraneità, cioè l’essere straniero o estraneo, che ha molti significati. Questo viene combinato con un’altra parola guida: träumerisch, cioè onirico. “eine Entstellung der Welt ins Sonderbare” cioè il mondo (der Welt) incomincia a presentarsi in modo non proprio abitudinale, in modo strano. Ci sono tanti segnali che Aschenbach coglie nella sua percezione e gli sembra che tutto vada fuori dalla quotidianità conosciuta a cui è abituato. Aschenbach a questo punto si siede in una sedia a sdraio, il cielo era grigio, il vento era umido (feucht). L’umidità (die Feuchtigkeit) è un altro leitmotiv, appare tantissime volte dall’inizio alla fine, la prima volta in riferimento al clima umido di Monaco. Questo non è un clima abituale di Monaco, solitamente si trova un clima continentale, ma quest’umidità fa da anticipazione ad altri temi. Der Reisende contempla: Figure strane e simili a ombre, l’anziano bellimbusto, l’uomo dal pizzo caprino dello scompartimento interno, attraversarono con gesti vaghi e confuse parole di sogno lo spirito di Aschenbach che riposava e che infine si addormentò. Anche qui la rete semantica continua perché ci sono figure strane e simili ad ombre (Schattenhaft sonderbare Gestalten). “Schatten” (ombra) è un altro leitmotiv che compare tantissime volte, che può essere associato in mitologia all’Ade, il regno delle ombre. Fin dall’inizio, in modo molto celato, criptico e subliminale, si rimanda sempre al mondo della morte, all’Ade, alle ombre. Per quanto riguarda le “verwirrten Traumworten” (parole confuse di sogno), i sogni sono spesso confusi, a volte si ricordano e a volte no, a volte si ricorda solo un pezzo e ciò che si ricorda è spesso vago. Il regno del sogno di può associare al vago, al non preciso, al non puntuale. Si addormenta, non viene mai detto però che si sveglia, ci ritroviamo direttamente a mezzogiorno quando va a fare colazione, come se non si svegliasse mai davvero ma ogni volta ricade in un sonno sempre più profondo  Inception Aschenbach viene invitato a fare un pranzo di sotto con il capitano, poi torna su aspettando che apparisse Venezia. Nel frattempo i giovani di Pola, mentre ci si avvicinava sempre di più alla città e si cominciava a vedere i giardini pubblici (la zona dove a luogo la Biennale), incominciano a gridare e a fare molto chiasso perché “resi ebbri dall’Asti” (vom Asti begeistert). L’Asti è una marca di spumante. Ci sono gli elementi della Begeisterung (entusiasmo) e del Rausch (ebbrezza). L’entusiasmo rimanda all’essere invasi, entusiasti, e tornerà poi molto questo termine in seguito. Tutto viene anticipato come in un’opera lirica, dove nell’overture vengono anticipati tutti i motivi musicali. Qui fin da Monaco viene anticipato tutto, anche l’ebbrezza, l’essere invasati da una forza altra. Viene sottolineato il raccapriccio di Aschenbach nel vedere in quale stato la falsa familiarità con la gioventù avesse gettato l’anziano bellimbusto, che si trova in uno stato di ubriachezza totale, tanto è vero che va avanti e indietro dall’ebrezza, barcolla, non riesce a stare in piedi se non si appoggia da qualche parte. Pg 93  il “giovane anziano” si lecca gli angoli della bocca e Aschenbach è inorridito dalla scena. Nell’ultimo paragrafo di pagina 95 viene raccontato di come Aschenbach desiderasse prendere una gondola. Anche questo dettaglio non è secondario, perché si tratta di un altro veicolo, la terza imbarcazione (la prima è quella che porta da Pola all’isola, mentre la seconda è quella che porta a Venezia). I veicoli fluttuanti sull’acqua sono molto presenti, sono un altro leitmotiv. “Aschenbach fece intendere di desiderare una gondola che lo portasse alla fermata dei vaporetti” → voleva prendere il vaporetto per andare poi al Lido → il vaporetto sarebbe il quarto.  Si passa al tempo presente dei verbi: presente storico usato per descrivere dando un focus particolare, come se succedesse in tempo reale davanti ai nostri occhi, è come un breve flash incastonato in una narrazione tutta al passato per evidenziarlo in modo particolare.  Poi segue una importante riflessione sulla gondola: un paragone tra gondola e bara e quindi ancora una volta un'associazione alla morte come all’estremo viaggio (analizzare da soli).  Gondola  erschlaffendste Sitz, i cuscini sono neri opachi e morbidi (vedi nota 44)  Cosa succede? Aschenbach si abbandona completamente, come se volutamente perdesse il controllo, come se fosse stanco di avere sempre tutto sotto controllo, infatti chiude gli occhi,incomincia a desiderare che questo viaggio potesse durare in eterno tanto che è piacevole (leggere bene questa parte da soli).  Incontro con il gondoliere seguito dalla descrizione (fisionomia sgradevole, uomo rozzo, con un cappello di paglia senza forma, formlos, principio della dissoluzione, il cappello prima aveva una forma e ora non più). Ricorda vagamente lo straniero di monaco. Ha i baffi biondi e ricci, sopracciglia rossastre, naso schiacciato e denti bianchi (ricorda teschio all’inizio). “non era affatto italiano” = “non era affatto baiuvaro”  corrispondenza perfetta tra le due figure. Il gondoliere inoltre è in posizione elevata rispetto ad Aschenbach, come lo straniero.  Litigio con il gondoliere  riferimento all’Ade, Caronte  Una caratteristica del monologo interiore è l'assenza di segni grafici, non ci sono le virgolette, perché se venisse riportato in modo esplicito, il pensiero di Aschenbach sarebbe scritto con due punti e le virgolette, ma questo non è un monologo diretto. Quindi vediamo che anche dal punto di vista della tecnica della narrazione e non solo dei registri è complicato perché si salta da dentro e fuori, dalla prospettiva di Aschenbach a quella esterna, qui attraverso la forma del monologo interiore, uno dei strumenti più idonei ad esprimere la soggettività.  A parte il monologo interiore, qui abbiamo anche un rimando molto interessante ed importante: il rimando ad Ade. E’ importante perché entra in scena per la prima volta il grande discorso della mitologia, che d'ora in poi sarà sempre più presente (vedere la nota 47). Aschenbach qui percepisce la realtà attraverso associazioni e riferimenti alla cultura classica, la realtà poi viene sempre più trasfigurata in chiave mitologica una volta arrivato al Lido ma la cosa importante è che questo ci dice molto della poetica e dell’estetica di questo scrittore. Ricordiamoci che Aschenbach è uno scrittore e ricordiamoci sempre che in quegli anni vige molto questa moda del neoclassicismo letterario. Tutta una serie di autori si rifanno appunto alla cultura classica, poi certamente anche al mito; quindi, la cultura classica è molto presente nella letteratura tedesca a cavallo tra 800 e 900. Questo è importante per capire Aschenbach,uno scrittore, una persona molto colta in questo spirito della cultura classica e attraverso questa cultura classica lui legge la realtà, cioè è come se la sua mente fosse fatta di brandelli diversi che si riferiscono tutti alla cultura classica. Qual è il problema che si pone se una persona percepisce la realtà attraverso categorie, attraverso degli occhiali (perché possiamo dire che Aschenbach percepisce la realtà da Venezia in poi attraverso gli occhiali della cultura classica non soltanto della mitologia, ma della cultura classica)? Aschenbach percepisce la realtà come attraverso un filtro, egli è distante dalla realtà, ha una prospettiva pre-orientata. P.103 : c’è “una barca di musicanti malfattori, uomini e donne, che cantavano accompagnandosi con chitarre e mandolini, accostarono in modo invadente alla gondola". Aschenbach getta qualche denaro ma non presta attenzione  musica: apparizione elemento dionisiaco  Comportamento di Aschenbach: non presta attenzione, non percepisce il dionisiaco. Aschenbach, visto che pensa spesso in associazioni con la cultura greca, qui potrebbe avere l’associazione di Dioniso, per esempio, ma non riesce a riconoscerlo perché non lo conosce. Tutta la sua esistenza è improntata all’ordine, al controllo, alla misura o semplificando all’apollineo e così facendo c’è una parte che non conosce, cioè il dionisiaco e quindi non lo può riconoscere (forse lo rimuove o proprio non lo riconosce?). Ricordiamo Nietzsche  il conflitto accademico in cui è venuto a trovarsi e in cui egli rivendicava che tutta la filologia classica, gli studi classici, sbagliano a pensare che la cultura greca fosse solo armoniosa, ordinata perché i greci hanno riprodotto un’arte di questo tipo perché corrispondente alla propria anima e sappiamo qual è la contro argomentazione di Nietzsche. Aschenbach non è in grado di riconoscere il dionisiaco e questo gli sarà fatale (perché non riconoscerà in altri due momenti importanti il dionisiaco), più si va avanti e più il dionisiaco accresce.  Di questi incontri è importante decifrare bene perché tutto è collegato da un filo rosso, sia per la loro fisionomia che per la loro funzione. Le varie manifestazioni del dionisiaco a iniziare dai giovani allegrotti dallo spumante fino alla barca con dei musicanti, importante l’attraversata sulla gondola, per la seconda volta, l’attraversata dell’acqua che rimanda a Caronte (mitologia) cui viene comparato al marinaio. La tecnica narrativa molto complicata che sta a noi cogliere e decifrare come tutti gli inserti dei monologhi interiori che non sono mai esplicitamente segnalati eppure sono evidenti e abbiamo visto che possiamo già capire ragazzo ma non ci viene detto chiaramente come si chiama ma la rappresentazione acustica ci viene detta tramite la percezione di Aschenbach . C’è un altro ragazzo polacco cui è l’esatto opposto del altro finora descritto, ci viene descritto quanto i due fossero molto amici, fino a scambiarsi un bacio. Aschenbach preso dalla gelosia, lo minacciò con il dito “Aschenbach fu tentato di minacciarlo col dito. «A te, Critobulo, — pensò sorridendo, — consiglio di viaggiare per un anno! Perché tanto ti occorre per guarire, non meno!»” il riferimento è Senofonte, discepolo di Socrate, a cui Senofonte ha dedicato l’opera da cui è tratta la citazione, si parla di un amore di due giovani uomini e uno dei due dovrebbe guarire da questo amore e dice “bisogna partire di almeno un anno per superare questa esperienza”, il punto è che qui Aschenbach oltre agli elementi della civiltà greca con l’arte classica e poesia epica, qui introduce l’omoerotismo e l’omosessualità; rapporto tra un uomo maturo e un adolescente; questi rapporti erano tolleranti nella civiltà greca, dicotomia discepolo-maestro, che ha una specifica funzionalità. D’ora in poi la sua percezione di Tazio segue questa linea qui cioè quella sessuale.  Pg 131: passaggio bellissimo di una fortissima densità poetica molto evocativo perché attraverso il suo sguardo vediamo un Tazio che sembra un’opera d’arte ma anche un giovane Dio che esce dal mare. In un primo momento lo vediamo come arte plastica poi bello come un Dio poi viene introdotto il mito. Tutto questo è come un racconto poetico sui primordi, sulla nascita degli dei, l’abbiamo già evocata la teogonia = la genesi della cultura greca, la nascita del mondo, Aschenbach percepisce questo come un racconto poetico, chiude gli occhi e inizia a risuonare nel suo animo una melodia, un canto. Un terzo passaggio importante: LUI DIVENTA POESIA. Prima Tadzio appare come un’opera d’arte, poi diventa suono dato che A. chiude gli occhi e sente il canto ma questo canto è un racconto poetico, quindi diventa poesia. È una poesia che si fa musica -> passaggio sinestetico.  Insieme di opera plastica, racconto, poesia, musica  GESAMTKUNSTWERK, opera d’arte totale: fusione di diversi codici artistici ed estetici per diverse media: canto, parola, recitazione, ballo, danza, musica.  Pg 133: contempla davanti allo specchio i suoi capelli grigi, il viso stanco e segnato  scena con corrispondenza molto precisa molto più avanti. Poi si scende a pranzare e dopo pranzo avviene, appunto, questo incontro nell’ascensore perché anche Tadzio entrò, “Gli stava vicinissimo, per la prima volta così vicino che Aschenbach lo percepiva e lo distingueva con precisione”, percepisce diversi dettagli. “Qualcuno rivolse la parola al fanciullo e mentre questi rispondeva con un sorriso indescrivibilmente soave eccolo già di nuovo uscire al primo piano, con gli occhi abbassati”. Tadzio che entra ed esce, entra negli spazi ed esce dagli spazi, è uno che cambia continuamente dimensioni e spazi e, inoltre, spesso si trova sulla soglia, quindi, in un certo senso, è quasi sempre in un movimento, e anche quando sta sulla soglia in realtà non è una situazione statica, perché la soglia è un elemento che lega due dimensioni diverse. Aschenbach si reca dal Lido a Venezia, prende un’altra gondola, c’è un clima non proprio favorevole, c’è afa, queste condizioni meteorologiche che lui pensa siano nocive per il proprio fisico e, siccome questa cosa gli era già successa una volta, decide di partire e cambiare ancora una volta la propria destinazione. Ricordiamoci sempre che quando Thomas Mann parla di clima e situazione metereologica naturalmente non è che guarda il bollettino meteo, dietro c'è sempre un altro significato più profondo che può essere il clima politico, che può essere il clima culturale, che può essere il clima interno, lo stato d'animo delle sue figure. “Ultima colazione” lui pensa, appunto, e si attarda nella sala della colazione perché, questo non viene detto, Tadzio ancora non c'è; alla fine, invece, entra dalla porta a vetri (ancora una volta entra ed esce) e incrocia il cammino dell'ospite in partenza come il termine der Aufbrechenden.  Pg 143, addio a tadzio, “ti ho visto poco” dopodiché segue questa partenza in uno stato d'animo molto lacerato in realtà, di tormento, di dolore sentiva difficilissimo da sopportare il pensiero che non avrebbe più potuto rivedere Venezia, perché il clima non era quello giusto per lui e poi, verso un po’ prima della fine del primo paragrafo, un'altra definizione di Aschenbach molto importante: l'uomo in declino, in tedesco der Alternden, d’altronde anche questo difficilissimo da tradurre, perché non è che uno può mettere “l'uomo che sta invecchiando”; questi sono casi dove, effettivamente, è molto difficile trovare una soluzione. Poi nell'ultimo paragrafo notiamo dal punto di vista del tempo verbale ancora una volta il passaggio al presente, sappiamo già che cosa significa questo presente e quale funzione ha; poi segue come sapete tutta questa confusione con il baule e tutta questa circostanza che, di fatto, rende impossibile ad Aschenbach di partire. Qual è la reazione di Aschenbach? Felicissimo: invece di fare una faccia scocciata per tutto macello che è successo con i suoi bagagli, una gioia stravagante, un'immensa allegria pervase il suo petto. E poi ancora un ultimo paragrafo, tra l'altro prima di nuovo viene definito un viaggiatore perché ormai non è più Ausbrechende ma casomai è quello che torna quindi che viaggia di nuovo, “Avventura miracolosamente incredibile, imbarazzante, strana come un sogno” da un punto di vista lessicale che cosa notate qui con queste poche parole? Qual è la rete semantica o quali sono i termini che hanno a che fare che evocano l'uno o l'altro? :  le parole che si relazionano a Traum un miracolo, il fantastico, sempre un po’ di romanticismo. Fantastico e sogno sono due elementi fondamentali della letteratura romantica tedesca e, quindi, “Wunderlich”, “traumartig” questo “miracolosamente incredibile, strana, come un sogno” evoca attraverso il linguaggio, attraverso il lessico, sempre di più e si intensifica sempre di più questa atmosfera onirica che in realtà è già incominciata. Verso la fine di questo paragrafo, viene menzionata la maschera “mentre l'unico passeggero nascondeva sotto la maschera di un’irritata rassegnazione l’ansiosa e baldanzosa eccitazione di un fanciullo fuggito di casa.” quindi la maschera è chiaro a che cosa allude.  Pg 147: si siede su una poltrona davanti a una finestra nella nuova stanza, contempla. Naturalmente guarda, “Guardò fuori contento di essere nuovamente lì, rimase seduto così per circa un'ora”, un'ora dura uno spettacolo, “senza pensare a niente, riposando e fantasticando”; in realtà qui è più esplicito il testo tedesco perché dice ruhend und gedankenlos träumend quindi di nuovo il lessico del Traum, del sogno.  Alle 12 scorse Tadzio (erblickte er Tadzio)  Momento di presa di coscienza: le sue sopracciglia si alzarono, un sorriso attento, pieno di spirito e di curiosità tese le sue labbra. Poi alzò la testa e con le braccia che mollemente pendevano dai braccioli della poltrona descrisse un lento movimento rotatorio e ascendente, i palmi delle mani rivolti in avanti, come se accennasse a un aprirsi e allargarsi delle braccia. Era un gesto di prontezza e benvenuto, di calma e accoglienza”. Questo è bellissimo perché è tutto il linguaggio del corpo che prima incomincia con la mimica ed è come se “Seine Züge waren erwacht”, i tratti del suo viso si animarono, si svegliarono, poi segue questa precisissima, dettagliatissima descrizione per quanto riguarda l'espressione del volto, per poi passare invece al corpo e, precisamente, alle braccia che pendono mollemente ancora una volta schlaff e anche qui abbiamo questa importantissima rete semantica del “schlaff”, che abbiamo già avuto sulla gondola ma anche altre volte, e descrive questo lento movimento (come un maestro d’orchestra) Quarto capitolo  Dio dalle guance ardenti = Apollo  Stile altisonante, esametro ritmato, registro classicheggiante anche nel contenuto con riferimenti al mito. – “un bianco splendore di seta giaceva sulle distese del Ponto”  Grecia  Subito switch di stile, stile neutro, secco e semplice.  Pg 151  disfa i bagagli, decide per una permanenza indeterminata  ETERNITA’.  Rete semantica: ammaliato (berückt), incantesimo (Bann) – non libertà, ‘incatenato’ in un posto, città che è wunderlich-wundersamen, magnifica, qualcosa di miracolosa.  monologo interiore di A.  Rete semantica: sobrio, sobrietà (nüchtern) ≠ ebrezza (der Rausch, berauscht: ebbro)  Nota 72: versi e ritmi puri = riferimento a Odissea  Rete semantica: contemplare, vedere, osservare, studiare. (lo fa quando vede Tadzio in spiaggia)  Di nuovo Tadzio è melodia più che parole Passaggi importanti: “Ormai l'osservatore conosceva ogni linea, ogni posa di quel corpo che così chiaro si stagliava e con tanta libertà si rappresentava, e salutava gioioso e sempre di nuovo ogni bellezza già familiare” di nuovo l'osservatore, der Betrachtende, e poi questa descrizione fisica bellissima e in ogni dettaglio è sempre più erotico, “Stava in riva al mare, da solo, lontano dai suoi molto vicino ad Ashenbach - diritto, le mani intrecciate dietro la nuca, si dondolava lento sulle punte dei piedi” qui è di nuovo una statua animata, qui è di nuovo tutto plastico, “la chioma color miele carezzava in ciocche le tempie e la nuca, il sole illuminava la peluria della schiena in alto, dallo scarno involucro del torso trasparivano il delicato disegno delle costole e la proporzione del petto, le sue ascelle erano ancora lisce come quelle di una statua, l’incavo dei ginocchi brillava, e la venatura bluastra faceva apparire il suo corpo come fatto di una materia traslucida.” sono veramente passaggi celeberrimi bellissimi e la materia traslucida fa pensare al marmo.  “Das war der Rausch”, questa era l’ebbrezza, „der alternde Künstler“, l’artista in declino dava il benvenuto a questa ebbrezza.  Der Enthusiasmierte: rete semantica religiosa: entusiasta, miracolo, apparizione (vedi nota 79) – essere posseduti da Dio. Stato alterato, non sobrio, è un’ebbrezza che ha a che fare con il mare e il sole.  Pg 161  tutto viene riprodotto da Aschenbach, nulla è oggettivo  “uno quasi vecchio, l’altro giovane” – riferimento al codice omoerotico della cultura classica nota 82. Poche righe dopo l’eterna bellezza, appare il sacro terrore.  Aschenbach legge la realtà attraverso la trasfigurazione mitologica, attraverso gli occhiali del suo bagaglio culturale, è tutto una sua interpretazione, sceneggiatura. Aschenbach è un esteta: vive attraverso il filtro dell’arte, della cultura, della letteratura e della musica.  Pg 163: “lavorare in presenza di Tadzio, usarlo come modello, seguire le linee di quel corpo che gli sembrava divino…” – Riferimento a Troia, a Omero. Le linee di Tadzio devono essere trasposte, trasformate in letteratura, in poesia. (ekphrasis)  A pagina successiva Aschenbach scrive “[…] all’ombra del telo, al cospetto dell’idolo e con la musica della sua voce nell’orecchio”: si tratta di una pagina di eccelsa prosa. Aschenbach scrive, e la parola interessante oltre all’ombra che ritorna, è “idolo” – Idol – perché è un’immagine, non è una figura, un essere in carne ed ossa, è un’immagine anche per motivi economici. Le autorità di Venezia quindi stendono un velo, non ne parlano proprio. Dentro di sé Aschenbach avverte una sorta di affinità tra quel tipo di segreto e il suo. In seguito poi ci viene proposto Aschenbach in versione stalker perché non fa altro che inseguire il ragazzo, fino alla chiesa cattolica dove la famiglia polacca si era recata per la messa.  Immagina che il ragazzo in chiesa si giri e lo cerchi, ma non è così  Tema religioso  Traversata in gondola pg 187  Riferimento a Wagner e al secondo atto di Tristano e Isotta, si parla dell’opera che eternizza il sentimento erotico, dell’amore. Le corrispondenze sono tantissime: è come se tutti i segmenti che appaiono, gli elementi positivi nell'ouverture di Monaco, venissero poi ripresi e combinati in un modo nuovo. È la visione di Aschenbach su Venezia.  Ebrezza, ambiente straniero Ecco il modo di pensare dell’uomo stordito, ecco come cercava di sostenersi, di conservare la propria dignità. Qui abbiamo una contrapposizione molto evidente: della prospettiva di Aschenbach, di tutto quello che lui in un certo senso si racconta e il commento del narratore. Di tanto in tanto, ci sono questi interventi del narratore che valutano, intervengono per dare un giudizio su Aschenbach: ad esempio tutti questi aggettivi sostantivati sono del narratore. C’è quindi un gioco continuo tra la voce interna di Aschenbach, come lui si racconta quello che sta succedendo, come cerca di legittimarsi davanti a se stesso, ai suoi antenati e invece poi gli interventi, correttivi in un certo senso, che smentiscono Aschenbach del narratore.  switch  complessità del testo.  Legge sul giornale il numero degli ammalati, ma lui non ci crede totalmente, la nega (come ignora la sua malattia). Lui è semicosciente, perché si rende conto di quello che fa, ma nega. (tema del falso)  Non riesce a sapere le cose con certezza  Der Einsame pg 193, compare 2 volte in due pagine consecutive.  Abbiamo un gruppo sul terrazzo e quindi non sta allo stesso livello del giardino ma sta in una posizione elevata. Quindi sul terrazzo ci sono gli ospiti, i turisti, i villeggianti mentre i musicanti, 4 in tutto, stanno giù nel giardino. Il personale dell’albergo, liftboys, camerieri e impiegati della direzione, si affacciava alle porte della sale d’ingresso per ascoltare. Ancora una volta, prestiamo attenzione alla composizione di questo collettivo che ascolta. Sono gli spettatori, gli uditori, sono il pubblico di qualche cosa che adesso sarà rappresentato e sarà una esibizione musicale. Il pubblico com’è composto? È composto da vari strati sociali perché non abbiamo soltanto gli ospiti, perché agli ospiti si aggiunge sostanzialmente tutto il personale dell’albergo. Tutti ad assistere a questa esibizione. Ma il vero talento e capo della compagnia era, senza dubbio, l’altro uomo, il proprietario della chitarra. Un tipo di baritono buffo, quasi privo di voce, ma dotato di capacità mimiche e di notevole forza comica. Sappiamo già che questo è un altro personaggio, un’altra figura molto importante, questo capocomico è quasi una costellazione della commedia dell’arte.  Ci rimanda naturalmente alla maschera, alla tragedia, al teatro napoletano. Quindi, questo chitarrista è quasi privo di voce, questo è molto importante, però ha questa capacità mimica e questa vis comica. Spesso col grande strumento in braccio, si staccava dal gruppo e avanzava gesticolando verso la scalinata, dove le sue burle venivano ricompensate da risate incoraggianti. Che cosa fa questo capocomico rispetto al suo gruppo? Teniamo sempre presente questa costellazione, che sembra una costellazione compatta di 4. Lui fa un’altra cosa, lui avanza verso la scalinata. Lui si avvicina al pubblico e gli altri no, gli altri rimangono indietro. Siccome abbiamo già osservato che qui si sono creati due spazi: l’appena elevato e il sotto, quello inferiore. Lui collega queste due dimensioni e vedremo che lo fa e come perché alla fine sappiamo dove andrà. Aschenbach (pag. 197) sta seduto appunto vicino alla balaustra e i suoi nervi assorbivano avidamente lo strimpellio, le melodie volgari e languide. Non è che si tratta chissà di quale alta qualità musicale ma si tratta di una musica “terra terra” volgare e languida. Poiché la passione fiacca, il gusto esigente e si compromette seriamente con stimoli, che la sobrietà accoglierebbe invece con umorismo e rifiuterebbe indignata. Qui abbiamo una contrapposizione, cioè due opposti, che ormai conosciamo bene questa binarietà tra passione, o anche ebrezza, e sobrietà. Vedete in quante varianti e variazioni, declinazioni sempre nuove, sempre diverse torna questo Leitmotiv (motivo conduttore). Tadzio è a sei passi di distanza, nel suo inevitabile abito bianco. Ormai sappiamo come Tadzio viene rappresentato: l’avambraccio sinistro sulla balaustra, i piedi incrociati, la mano destra sull’anca portante e con un’espressione che non era neanche un sorriso. Quando noi assistiamo a questa descrizione della posizione di Tadzio, sappiamo sempre che è, come assistere alla descrizione di una statua, di un’opera d’arte plastica. Il fanciullo volgeva la testa, ora esitante e cauto, ora rapido ed improvviso sulla spalla sinistra, verso il luogo dove era il suo amante. Anche questo è un tema che conosciamo bene, il gioco di sguardi, Tadzio che, fin dalla prima volta, nella sala della colazione, si gira indietro e si incrociano gli sguardi. Qui è anche molto interessante la definizione di Aschenbach “dov’era il suo amante”. Qui dobbiamo chiederci da quale prospettiva Aschenbach viene definito Liebhaber, ma è la sua stessa percezione, si definisce amante da solo. Lo sguardo di Tadzio si volge verso il suo amante, cioè verso Aschenbach. Chi è che aveva fatto la dichiarazione di amore a chi? Aschenbach. Ha formulato die ewige Formel da Liebe, ti amo, l’ha detto. Quindi è l’unico che sa questo, perché Tadzio non lo sa. Quindi molto indirettamente, subliminarmente, è Aschenbach qui che si auto dichiara. Ma questa è un’altra spia di come Aschenbach scrive insieme al narratore questo racconto. Questo è un tema a cui abbiamo accennato all’inizio, cioè chiederci chi è che scrive il racconto. Ci ricordiamo che Tadzio viene sempre descritto dalla prospettiva di Aschenbach, non è nessun narratore che ci presenta Tadzio. Ricordiamoci sempre che Aschenbach è uno scrittore. sempre con una riflessione sul gioco degli sguardi, perché ormai questo gioco si è spinto talmente avanti che la famiglia di Tadzio se ne è bene accorta e quindi si stanno per creare delle situazioni molto imbarazzanti e penose per Aschenbach. Le donne, dalla madre alla governante, vegliano su Tadzio o almeno è quello che ad Aschenbach sembra. Comunque sia, in questo caso lui tiene gli occhi abbassati e non c’è questo gioco di sguardi. Il chitarrista, nel frattempo, sta cantando una canzonetta a più strofe proprio allora in voga in tutta l’Italia e che ha un determinato ritornello. Poi segue la descrizione fisica e fisionomica molto dettagliata, che ci porta molto indietro: di costituzione esile, magro ed emaciato anche nel volto, se ne stava separato dai suoi (questo chitarrista).[…]. Il suo viso pallido, col naso schiacciato, dai cui tratti glabri era difficile dedurre l’età, sembrava solcato da smorfie e vizi e le due rughe che si delineavano, arroganti e imperiose, quasi selvagge, tra le sopracciglia rossastre, si accompagnavano in modo strano al ghigno della sua mobile bocca. Qui è un conglomerato di temi e di aspetti, caratteristiche, che abbiamo visto in passato nei contesti più diversi  lo straniero iniziale (con cui condivide molte similarità fisiche e nell’abbigliamento), il gobbo, il falso giovane, il gondoliere (che con molta energia muoveva il remo, così il chitarrista sembra investire molte energie nella sua esibizione, arrogane e imperioso come il gondoliere, entrambi hanno dominato su Aschenbach) Ciò che veramente richiamava la profonda attenzione del solitario è il fatto che questo individuo porta con sé anche la sua stessa sospetta atmosfera. Quando si parla di clima ed atmosfera in Thomas Mann non è mai solo un discorso meramente meteorologico, ma più profondo. A parte che qui si passa ancora una volta dalla percezione visiva, tutto quello che abbiamo sentito fino ad adesso a proposito di questo musicista è visivo, cioè com’è fatto e come si comporta; qui invece è chiamata in causa un’altra percezione, quella olfattiva, cioè l’odore. Abbiamo già visto il discorso delle sinestesie. Qui l’odore è quello dell’acido fenico, cioè un forte disinfettante dell’epoca; infatti, si dirà proprio “questo è l’odore da ospedale”. Poi finisce la sua esibizione e sale i gradini. E lo si vede ancora di più da vicino, si vedono i suoi forti denti, le due rughe minacciose e le sopracciglia rossastre. Poi un po’ più avanti si dice: la soppressione della distanza fisica tra il commediante e il gentiluomo produce sempre, per quanto il divertimento sia stato grande, un certo imbarazzo.[..] “Ascolta” disse il solitario sottovoce e quasi meccanicamente e per la seconda volta il solitario. Rispetto a questo passaggio c’è da dire: il fatto che questo musicista lascia il proprio ambito, ambiente, e salga le scale e annulli una diversità e distanza (che è anche una distanza sociale volendo), la azzera e neutralizza, a cosa ci rimanda questo discorso dei confini labili? Il principio dionisiaco, perché ormai noi ragioniamo non soltanto in termini della divinità puntuale, ma abbiamo visto che c’è proprio un principio dionisiaco che abbiamo attualizzato nell’idea attraverso il concetto dell’identità liquida e società liquida, che sono concetti moderni. Questo salire i gradini, questo mettere in contatto l’uno con l’altro, questo cancellare i confini.  Insistente uso del der Einsame (il solitario) c’è qualcosa che non va, non torna: in continuazione Aschenbach viene definito il solitario, anzi colui che sta in solitudine. Soltanto lui sembra sentire questo odore, forse anche lui è soltanto l’unico che percepisce Tadzio, questa è una osservazione importante. Però lui viene definito più volte il solitario, c’è una contraddizione logica, in che cosa sta questa contraddizione logica?:  stanno tutti insieme ad ascoltare il commediante però lui viene definito da solo, solitario. Viene definito il solitario e questo è molto probabilmente una definizione che viene dalla prospettiva del narratore, perché lui percepisce tutti gli altri: vede i musicisti, musicanti, vede tutto il personale, vede gli ospiti etc. allora sarebbe un po’ strano che lui stesso si percepisse come solitario. Allo stesso tempo è paradossale che il narratore lo definisca solitario quando veniva rappresentato o detto che lui appunto aveva percepito Tadzio i musicisti ect. Qui c’è uno di questi Brüche: qualcosa che viene lasciato aperto, lo possiamo soltanto osservare, non possiamo avere una spiegazione. È come un’opera d’arte, non possono essere spiegate, perché “già da diversi anni il colera indiano aveva mostrato una cresciuta tendenza a propagarsi e a migrare. [..] aveva alzato la testa a Tolone e a Malaga, aveva mostrato la sua maschera più volte a Palermo e a Napoli e sembrava non voler allontanarsi più da tutta la Calabria e la Puglia. Il nord della penisola era stato risparmiato.” Torna la tigre acquattata, che rimanda a Rousseau, la natura primordiale e la visione avuta a Monaco. È come se fosse stato già contagiato: questa natura primordiale si propaga da estremo oriente verso occidente e questo movimento ricalca anche la direzione e il movimento del culto di Dioniso. Questo movimento si muove inesorabilmente verso occidente, non c’è confine, non c’è nulla, va ovunque. “ma verso la metà del maggio di quell’anno erano stati trovati, lo stesso giorno, a Venezia, i terribili vibrioni nei cadaveri. [..] Quel timore aveva indotto le autorità a persistere ostinatamente nella loro politica del silenzio e della negazione: il più alto funzionario sanitario di Venezia, un uomo benemerito, si era dimesso, indignato dalla sua carica ed era stato sostituito alla chetichella da una persona più duttile. La popolazione lo sapeva”. Come si gestisce un’epidemia che si diffonde inesorabilmente, non c’è niente che tenga e soprattutto come viene gestito da un punto di vista politico e come si scontra la sicurezza pubblica, dei cittadini, contro gli interessi economici delle industrie. Sulla pagina successiva c’è un ricordo molto importante (pagina 217). “Rammentò un edificio bianco ornato d’iscrizione che luccicavano nella luce serale e nella cui mistica trasparente il suo occhio interno si era perso. Rammentò poi quella strana figura di viandante che aveva risvegliato, nell’uomo in declino, una giovanile nostalgia di cose lontane e straniere. E al pensiero di tornare a casa, al ricordo dell’accortezza, della sobrietà, della fatica e della maestria, fu disgustato a tal punto che il suo viso si contorse. ‹‹bisogna tacere››, bisbigliò impetuoso. ‹‹io taccerò››.” Si rende complice dell’omertà, di questa discesa agli inferi, in tutti i sensi, ma molto interessante l’inserto del ricordo che ci fa capire il collegamento strettissimo tra questa scena iniziale davanti alla chiesa del cimitero e dell’esercizio di leggere le parole e le iscrizioni, che anticipavano il tema della vita nell’aldilà. Sembra quasi una scatola cinese, un sogno incastonato nell’altro e rifacendoci a Freud potremmo addirittura definire questo testo come un inno alla dimensione onirica. “e quella notte fece un sogno terribile, […] Una resistenza profonda e spirituale, e attraversando l’anima stessa, lasciando devastate e annientate la sua esistenza, la sua cultura e la sua vita.” È un’esperienza onirica o comunque spirituale, che annienta tutto quello che c’è stato fino ad ora “L’inizio era paura, paura e piacere, e un’orrida curiosità di ciò che stava per venire. Era notte e i suoi sensi erano più tesi in ascolto, poiché da lontano si avvicinava un tumulto, un rombo, un miscuglio di rumori, strepiti, squilli e un cupo tuonare insieme a grida di giubilo acute e un certo ululato fatto di un U prolungato.[…]. Quando sul suolo muschioso e sconvolto un infinito mischiarsi in offerta al Dio ebbe inizio. E la sua anima assaporò lussuria e furore di morte.” È un sogno di intensità pazzesca. Mentre la prima visione era improntata al giorno, alla luce, ai codici visivi “vede, vide, vede”, qui sente. Qui predomina il buio e il suono. Ciò che viene descritto in tutti i dettagli è un rito orgiastico dionisiaco: la frenesia, lo sbranare gli animali, il mangiare gli animali, queste danze, la promiscuità totale tra uomini, tra animali, tra uomini e animali, tra uomini e donne. I baccanali sono temi iconografici e spesso è presente il simbolo fallico in cima alla processione di questo popolo che segue il Dio in onore di Dioniso. Elementi tipici del rito orgiastico sono: gli invasati, il buio, l’ululato, la u prolungata che ci riporta subito al vocativo di Tadzio. Un altro dettaglio interessante è a pagina 221: lui sente acusticamente, ma sente anche l’odore. In questo odore tutto dionisiaco si mischia l’odore dei canali, delle acque putride di Venezia e di piaghe e di morbo dilagante, cioè l’acido fenico. Questo corrisponde perfettamente alla teoria del sogno di Freud: noi siamo gli autori del sogno, siamo come degli artisti, produciamo immagini che sono fatte dal nostro vissuto, i nostri, desideri, le nostre paure. È una cosa individuale e altrettanto individuale è quella parte del sogno che si chiama “il resto diurno””Tagesreste”, cioè sogniamo cose strane che ci ricordano cose che abbiamo vissuto durante il giorno, oppure facciamo un sogno solo su cose che abbiamo vissuto durante il giorno. C’è un Dio straniero contro il quale lui ancora cerca di opporre resistenza, che però non riesce ad opporre, e alla fine anche lui apparteneva al Dio straniero. “essi erano lui” = il confine tra l’individuo e il collettivo si è cancellato, si è dissolta la propria identità, tale identità è diventata liquida, quella del collettivo dionisiaco. “da questo sogno la vittima colpita dal flagello si risvegliò con i nervi spezzati, senza forze, e schiavo del demone.” C’è un cambio di registro brusco, ed è una prosa ritmata, non sono più esametri ma c’è un ritmo del ditirambo, cioè questi cani pronunciati sempre in onore di Dioniso. Segue la scena dal parrucchiere, vediamo un restyling di Aschenbach (pg 227), viene allungato il taglio degli occhi, aumentato il loro splendore con un’ombreggiatura della palpebra, vengono truccate anche le labbra che assumono un color lampone e, in particolare, la tinta dei capelli seguita da questo trucco. Alla fine, questo lifting ha come risultato una visione di un giovanotto fiorente, ma è il falso giovane. “e scorse con un batticuore un giovanotto fiorente”. Aschenbach è colui che vede un giovanotto fiorente, che forse poi così tanto fiorente non era. Tutto questo truccarsi, essere vecchio però sembrare giovane, i capelli tinti, rimanda al falso giovane. Dal falso giovane che lo aveva tanto ripugnato ora è lui il falso giovane. Il lettore non vede un giovanotto fiorente, ma il risultato è molto penoso. C’è un autoinganno e ciò che vede Ashenbach non è vero. Segue una scena che lo vede, ancora una volta, in un labirinto delle calli. Il labirinto è un posto dove si perde l’orientamento, difatti Ashenbach a Venezia ha perduto tutti i punti di orientamento, in tutti i sensi. (pg 231) c’è una scena in cui c’è la fantasia, ancora una volta, da parte di Aschenbach di un dialogo tra Socrate e Fedro. “giacché la bellezza, oh Fedro…” È un dialogo immaginario tra Socrate e Fedro così come Platone effettivamente l’ha scritto nella sua opera “Phâidros”. Opera celeberrima, che negli anni di Aschenbach ha visto tante nuove traduzioni in tedesco, che risale al 370 a.C. circa. (pg 235) la famiglia polacca è in partenza. “era inospitale laggiù in spiaggia. Sull’ampia distesa d’acqua bassa che separava la spiaggia dal primo lungo banco di sabbia correvano, all’indietro, brividi increspati. Un’atmosfera autunnale, di fine stagione, sembrava regnare su quel luogo di piacere, un tempo così animato di colori e ora quasi deserto, dove la sabbia non veniva più tenuta pulita.” Un’atmosfera di abbandono, autunnale. Il luogo di piacere, ormai, è diventato l’esatto contrario. “una macchina fotografica, apparentemente senza proprietario, stava su un treppiede in riva al mare.” E questo è il passaggio più enigmatico e misterioso di tutta l’opera. Poiché nella traduzione dal tedesco “scheinbar Herrlos” si capisce che è “apparentemente” senza padrone, e dunque il padrone c’è. Se una cosa è apparente non è così, è diversa. Questo apparato fotografico è diventata tutta la chiave di lettura per l’intera opera, perché quest’opera ci porta, con molta forza, al codice visivo che predomina in questo racconto e nella descrizione di Tadzio. Inoltre, ci rende più sensibili al fatto che Tadzio viene sempre ed esclusivamente dalla prospettiva di Aschenbach. Fino ad ora non era mai stato menzionato questo apparato fotografico, appare solo adesso. In più sulla spiaggia non c’è nessuno, solo i ragazzi che giocano. Allora di chi è questo apparato fotografico? Di Aschenbach, ed è come se lui stesso fosse una macchina fotografico, difatti l’attività principale di Aschenbach al lido è osservare, percepire e fotografare. Anche nella trasposizione cinematografica di Visconti, Tadzio viene sempre e solo inquadrato dal punto di vista di Aschenbach. L’ultima scena bellissima, narra di un’apparizione sommamente isolata e senza legami di Tadzio che entra nel mare e come se colpito da un ricordo… “volse il busto, una mano sul fianco, con una graziosa rotazione, rispetto alla posizione originaria e al di sopra della spalla, guardò verso la riva.” Tadzio che per l’ennesima volta guarda indietro verso Aschenbach, o almeno questo è quello che quest’ultimo vede. “il contemplante sedeva là, com’era stato seduto allora, quando quello sguardo di un grigio crepuscolare rinviato dalla soglia, aveva per la prima volta incontrato il suo. […]. Ma a lui parve che il pallido e grazioso psicagogo là fuori gli sorridesse, gli facesse un cenno e che staccando la mano dal fianco indicasse il largo che lo precedesse librandosi verso un inquietante infinito pieno di promesse.” Qui c’è il grazioso psicagogo che è Hermes nella sua funzione di accompagnatore delle anime nel regno dei morti. Ancora una volta, viene percepito così attraverso il filtro del nostro Aschenbach. “passarono alcuni minuti prima che qualcuno corresse in aiuto dell'uomo accasciato su un lato della sedia. Lo portarono nella sua camera e il giorno stesso, un mondo sgomento e colmo di rispetto, ricevette la notizia della sua morte.” Qui brusco cambio di registro, di stile. La prospettiva cambia, ma lui sta sempre seduto su quella sedia sdraio. Ma l’avrà mai lasciata? Si sarà mai svegliato? Possiamo ipotizzare un unico sogno che fa sulla sedia sdraio o sulla nave. Non c’è una risposta univoca. Però quando una signora nel 1913 scrive una lettera a Thomas Mann, poco dopo che era uscita questa novella, chiedendogli se Tadzio morisse, lui risponde: “no, Tadzio non muore. Che importanza ha lui? Lui, di per sé, non è niente. È solo tutto negli occhi e nello spirito di colui che muore. È quasi solo un fantasma, come gli altri strani messaggeri della morte nel racconto”. È una lettera, di Thomas Mann, trovata non tantissimo tempo fa. Non è solo un fantastico racconto, ma anche un racconto fantastico.
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