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Riassunto e analisi Ulysses di Joyce capitolo per capitolo, Appunti di Letterature comparate

Introduzione su Joyce e su Ulysses in generale. Riassunto, riferimento omerico, analisi e stile di ogni capitolo.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 26/01/2023

Alexandra010
Alexandra010 🇮🇹

4.6

(11)

19 documenti

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Scarica Riassunto e analisi Ulysses di Joyce capitolo per capitolo e più Appunti in PDF di Letterature comparate solo su Docsity! Esame di letterature comparate – Ulysses di James Joyce Biografia dell’autore James Joyce nasce a Dublino il 2 febbraio del 1882. L'educazione gli venne impartita in diversi collegi gesuiti, questo ebbe una notevole importanza nella sua formazione. All'età di 16 anni si iscrisse all'University College di Dublino, dove si laurea in lingue moderne. In questo periodo, si manifesta in lui un'indole anticonformista e ribelle. Le lingue che Joyce sceglie di studiare sono: il latino, il francese e l’italiano. Questo gli consente ovviamente di poter entrare in contatto con la cultura italiana, difatti si avvicina al pensiero di Giordano Bruno, legge D’Annunzio e soprattutto Dante, il quale diventerà un’ispirazione per lo stesso Joyce. Nel 1899 tiene una conferenza, dal titolo Dramma e Vita, nella quale afferma che la letteratura si basa su cavilli individuali in termini di convinzioni temporanee, mentre il dramma si fonda sulle leggi immutabili della vita umana, schierandosi quindi dalla parte della drammaturgia perché, appunto, è in grado di rappresentare la vita vera. Inizia a scrivere una raccolta di piccole prose che chiama Epifanie: Joyce è convinto che nella vita di tutti i giorni si possono carpire piccoli avvenimenti apparentemente periferici, all’interno dei quali si nasconde però un senso nascosto. Nel 1902 si trasferisce a Parigi per studiare medicina ma dopo quattro mesi è costretto a tornare a Dublino a causa della malattia della madre, la quale muore nell'agosto del 1903. Pare che la madre gli chiedesse di inginocchiarsi a pregare per lei ma Joyce non lo fece, avendo perso completamente la fede cattolica. Il 7 gennaio 1904 scrive un racconto autobiografico che sarà il germe del futuro romanzo, Portrait of a Young Man, che poi utilizzerà nella composizione dell'Ulisse. É un romanzo che narra il risveglio intellettuale di un giovane che comincia ad interrogarsi e a ribellarsi contro le convenzioni irlandesi e cattoliche con cui è cresciuto. Il nome del protagonista, Stephen Dedalus, è ispirato a Dedalo e a Santo Stefano: Dedalo è presente nell'etimologia greca, fu colui che progettò il labirinto dove venne rinchiuso il Minotauro, Joyce lo sceglie quindi per la sua ingegnosità e capacità creativa; Santo Stefano è il primo martire, ovvero colui che diede la vita per la fede in Cristo. Joyce sceglie questo significato perché sente in sé la vocazione al martirio, la sua posizione da artista sarà tale che lo condurrà all’accettazione del martirio. Stephen Dedalus diventerà anche lo pseudonimo dello stesso Joyce. Successivamente, il 10 giugno 1904, incontra Nora Barnacle che diventerà la compagna della sua vita. La data del loro primo appuntamento, il 16 giugno 1904, è la stessa in cui si svolge l'Ulisse. Nello stesso anno si trasferisce insieme a Nora a Zurigo e poi a Trieste. A Trieste lavora come insegnante di inglese. Nora e Joyce avranno due figli, Giorgio e Lucia. Dopo un paio di anni si sposta con la famiglia a Roma per impiegarsi presso una banca e qui progetta il suo libro più celebre: l’Ulisse. Torna a Trieste dove conosce Italo Svevo, suo allievo d’inglese, e lo sprona a diventare uno scrittore. Nel 1914 escono in volume i racconti di Dubliners (aveva cominciato a scrivere i racconti mel 1904), iniziando anche la stesura di Ulisse (compone a Trieste i primi tre capitoli), riprendendo il personaggio di Stephen Dedalus. Durante la Prima Guerra Mondiale si trasferisce con la famiglia a Zurigo, dove rimarrà fino al 1920, per poi raggiungere Parigi. Nel 1921 termina la stesura di Ulisse, considerato uno dei romanzi più importanti della letteratura del XX secolo. Inizialmente pensato come un racconto di Dubliners, venne pubblicato dall'editore Sylvia Beach il 2 febbraio 1922, giorno del quarantesimo compleanno di Joyce. Nel 1923 iniziò la stesura del romanzo “Finnegans Wake”, dapprima conosciuta come “Work in Progress”, che impegnerà Joyce per ben sedici anni. Gli ultimi anni della vita di Joyce sono amareggiati da una malattia agli occhi e dai problemi psicologici della figlia Lucia. Nel 1940, scoppiata la guerra, Joyce insieme alla famiglia si trasferì a Zurigo, dove morì il 13 gennaio 1941, a seguito di un intervento chirurgico. Ulysses L’Ulisse è considerato il capolavoro della produzione letteraria di James Joyce. Venne pubblicato il 2 febbraio 1922 (Joyce ha insistito sul fatto che l'opera venisse pubblicata proprio quel giorno perché era il suo quarantesimo compleanno). Il romanzo si articola in diciotto capitoli, ognuno dei quali occupa una particolare ora della giornata del 16 giugno 1904, la data in cui conobbe Nora Barnacle. L’Ulisse presenta una storia che si svolge a Dublino nell’arco temporale di una sola giornata e ripropone le gesta di tre personaggi posti in parallelo con le tre figure chiave dell’Odissea: Ulisse, Telemaco e Penelope. Personaggi 1. Leopold Bloom - Ulisse: è considerato l'Ulisse moderno, ebreo d’origine ungherese convertito al protestantesimo. Bloom è un uomo semplice, piccolo borghese discreto, buono e tollerante: l’uomo medio. È anche uno scettico, cosciente della sua solitudine, saldo nelle sue idee, fiducioso, crede nonostante tutto nell’amore del prossimo. I dieci anni che Ulisse - Bloom trascorse fuori di casa, li passò senza rapporti sessuali completi con la moglie. Questa invece, a differenza di Penelope, colleziona amanti. 2. Stephen Dedalus - Telemaco: il Telemaco del libro è Stephen Dedalus, che emerge dalle pagine del Ritratto dell'artista da giovane: è in gran parte lo stesso James Joyce prima del suo esilio fuori d’Irlanda. Educato nella religione cattolica, Stephen si è ribellato contro il bigottismo dei suoi compatrioti e l’ordine sociale in generale; rifiuta di servire ogni ideologia e irride al cosiddetto “Rinascimento gaelico” che agita l’ambiente artistico dublinese. Alla fine del romanzo precedente partiva per Parigi con progetti letterari. 3. Molly Bloom – Penelope: il personaggio di Molly pare essere stato costruito da Joyce ispirandosi alla moglie Nora Barnacle, ipotesi rafforzata dal fatto che il giorno in cui si svolge la vicenda del romanzo è il 16 giugno 1904, data del primo incontro tra i due. Molly è la moglie infedele di Leopold Bloom, ha un carattere impulsivo e inizialmente insicuro, che compie una vera e propria metamorfosi nel corso della narrazione. Seguendo il parallelismo con l’Odissea, viene paragonata a Penelope, sebbene vi siano svariate differenze tra le due donne. Molly, infatti, non incarna il prototipo di donna fedele e, oltre ad avere una relazione extraconiugale, è decisamente moderna, energica e passionale, una figura femminile dominante che non coincide con il ruolo di sottomissione che riveste Penelope nell’Odissea, dato che a Molly spetta addirittura il compito di chiudere l’intera opera. Rappresenta l’incarnazione dell’essere donna, della femminilità intesa come forza creatrice e rigeneratrice che assume caratteristiche quasi divine. Tematica il tema principale è la simmetrica ricerca affettiva del padre verso il figlio e del figlio verso il padre. Ma c'è anche il tema del viaggio, presente anche nell’Odissea; infatti, l'Odissea è la storia di un viaggio: un viaggio di ritorno nella patria da cui l'eroe è rimasto esiliato. Nell'Ulisse il tema del viaggio rappresenta metaforicamente il viaggio interiore dei protagonisti. L'autore vuole, inoltre, mettere in rilievo l'oppressione dell'educazione cattolica e la difficoltà a superare il senso di colpa (attraverso il rimorso di Stephen nei confronti della madre morta). Vi sono alcuni temi comuni a più personaggi come il tema della morte per annegamento che si presenta alla mente sia di Bloom sia di Stephen. Ulisse è un’opera che condivide le stesse dinamiche del film di Dziga Vertov “L’uomo con la macchina da presa”: entrambe le opere, nella loro missione di raccontare il reale, devono scivolare nell’immaginario; ed è proprio l’immaginario che le corrompe, ma al contempo, che le tiene in vita per tutto questo tempo. Struttura Il libro è strutturato in diciotto “episodi”, ciascuno dei quali muove i propri passi da reminiscenze omeriche. Per svelare le effettive corrispondenze con l’Odissea, James Joyce in persona stese due schemi, l’uno redatto per sbarco e distrutte. Solo nel ’33 il libro fu prosciolto dalle accuse di pornografia e oscenità, e venduto poi anche in Inghilterra: l’Irlanda dovrà invece aspettare il 1966. Titolo Ambientazione Ora Tecnica Colore Simbolo Organo Scienza/Arte Significato Telemaco Torre Martello 8 Narrazione, soliloquio, dialogo Oro, bianco Amleto, Irlanda, erede - Teologia Il figlio diseredato nel bel mezzo di una lotta Nestore Scuola 10 Narrazione, soliloquio, dialogo, catechismo personale Marrone Ulster, donna, buon senso, cavallo - Storia Saggezza del vecchio mondo Proteo Spiaggia di Sandymount 11 Soliloquio Blu, verde Parola, marea, luna, evoluzione, metamorfosi - Filologia Materia prima Calipso Casa di Bloom 8 Narrazione, dialogo, soliloquio Arancione Vagina, esilio, famiglia, Israele in schiavitù Rene Mitologia La partenza del viaggiatore I Lotofagi Vie di Dublino 10 Dialogo, soliloquio, preghiera, narcisismo Marrone Ostia, pene, fiore, droghe, castrazione Pelle, genitali Chimica, botanica La seduzione della fede Ade Cimitero 11 Narrazione, dialogo, incubismo Nero, bianco Cimitero, sacro cuore, passato, sconosciuto, reliquie Cuore Religione Discesa nel nulla Eolo Redazione 12 Oratoria deliberativa , oratoria giudiziaria, epidittica Rosso Macchina, vento, fame, stampa, destini falliti Polmoni Retorica La beffa della vittoria I Lestrigoni Bar di Davy Byrne 13 Prosa peristaltica Rosso sangue Sacrificio di sangue, cibo, vergogna Esofago Architettura Sconforto Scilla e Cariddi Biblioteca 14 Dialettica, tourbillon - Amleto, Cristo, Socrate, scolastico Cervello Letteratura Dilemma a doppio taglio Le Simplegadi In strada 15 Labirinto Arcobaleno Cristo, errori, somiglianze, cittadini Sangue Meccanica Ambiente ostile Le Sirene Bar dell’Ormond Hotel 16 Fuga per canonem Corallo Promesse, donne, suoni Orecchio Musica Il dolce tradimento Il Ciclope Pub di Barney Kiernan 17 Gigantismo Verde Idealismo, fanatismo, nazione, collettività Muscoli Chirurgia, politica Terrore “egocida” Nausicaa Spiaggia di Sandymount 20 Retrospetti va, tumescenz a Grigio Onanismo, donna, verginità, ipocrisia Occhio, naso Pittura Il miraggio proiettato Le Mandrie del Sole Ospedale 22 Prosa Bianco Feto, madre, parto Matrice, utero Medicina Le greggi eterne Circe Bordello 24 Allucinazio ne Viola Personifica- zione, magia, veleno Gambe, articolazio ni Magia L’uomo che teme l’orchessa Eumeo Ristoro dei vetturini 1 Prosa rilassata, Bianco latte Marinai Nervi Navigazione Agguato in casa narrativa Itaca Casa di Bloom 2 Dialogo, catechismo impersonal e Bianco latte Comete Scheletro Astronomia Speranza armata Penelope Camera da letto - Soliloquio Bianco latte Terra Carne Geologia Il passato dorme Episodio 1 – Telemaco (I di III della Telemachia) Ora: 8:00 Ambientazione: Torre Martello Scienza/Arte: Teologia Riassunto Sono le otto in punto del 16 giugno 1904 quando Buck Mulligan, uno studente di medicina maleducato e blasfemo, inizia a radersi in cima alla Martello Tower a Sandycove simulando una messa. Mentre sparge la schiuma, inizia a chiacchierare con Stephen Dedalus, un giovane scrittore che sta lavorando come insegnante per fare soldi. Entrambi guardano la baia di Dublino di fronte a loro. Nonostante le osservazioni aggressive di Mulligan, Stephen gli chiede quando Haines, un inglese di Oxford, lascerà la torre. Quest'ultimo aveva gridato tutta la notte nel sonno, cosa che aveva terrorizzato Stephen. Mulligan risponde vagamente, poi gli rimprovera di non essersi inginocchiato davanti a sua madre il giorno della sua morte, nonostante fosse il suo ultimo desiderio. La conversazione si interrompe rapidamente e scendono al piano di sotto per unirsi a Haines per la colazione. Mentre sono a tavola, la lattaia bussa alla porta. Ne è seguito un dibattito sull'Irlanda. Haines, che parla irlandese, crede che anche ogni irlandese dovrebbe parlarlo. Stephen spiega che deve andare a scuola per essere pagato, Haines dice che deve andare alla Biblioteca Nazionale e Mulligan vuole fare la sua nuotata mensile. Escono, dunque, dalla torre e camminano lungo il sentiero verso il mare. Mulligan spiega ad Haines che Stephen ha dimostrato con l'algebra che il nipote di Amleto è il nonno di Shakespeare e che sono la stessa persona, anche il fantasma di suo padre ma Stephen non è intenzionato a proferire parola sulla questione. Quindi Mulligan se ne va cantando e segue una discussione sulla religione tra Haines e Stephen. Mulligan arriva in acqua e incontra dei conoscenti. Parla di un certo Bannon e di una ragazza che si scopre essere Milly Bloom, la figlia di Leopold Bloom. Stephen decide di dirigersi verso la scuola. Mulligan gli chiede le chiavi della torre e i soldi. Stephen glieli da, si gira e se ne va, ignorando le chiamate dello studente di medicina. Di per sé, Stephen lo chiama usurpatore. Riferimento Omerico Il libro comincia con un’invocazione a Dio, parodia dell’invocazione alle Muse del prologo dell’Odissea e della messa cattolica dove si incarna il Creatore. La situazione di Stephen è analoga a quella di Telemaco nei primi quattro libri dell'Odissea: sono trascorsi dieci anni dalla fine della guerra di Troia, per la quale Ulisse era partito da Itaca quando il figlio era ancora un bambino. Ora Telemaco ha circa vent’anni, vive con la madre Penelope e con i proci, ovvero 119 nobili di Itaca che pretendono in sposa la presunta vedova, per ottenere la corona. Nell’Odissea, infatti, Telemaco è spodestato dai proci che comandano nella casa paterna; nell'Ulisse, Stephen ha abbandonato la casa paterna per desiderio di indipendenza spirituale e ha deciso di vivere nella torre, di cui paga l'affitto insieme a Mulligan, colui che definisce un usurpatore. Analisi Il primo episodio si apre con un'alba o meglio una nascita. È la nascita di un nuovo giorno, di una nuova Odissea. I colori dell'alba sono il bianco del cielo e l'oro del sole. Ci viene presentato Stephen Dedalus, l'eroe del primo romanzo di Joyce: Portrait of a Young Man. Ha 22 anni e sta tornando dai suoi studi a Parigi. Ha vissuto la vita di uno studente squattrinato e ora è un insegnante in una scuola maschile. Questo episodio, così come i due successivi, è un ponte tra il primo romanzo di Joyce e Ulisse. Le allusioni all'Odissea sono immediate. Stephen è simbolicamente Telemaco: vive in una torre Martello che è la sua Itaca. A casa sua alloggia Mulligan, corrispondente ad Antinoo, uno dei corteggiatori di Penelope, e Haines, un altro corteggiatore. Proprio mentre Antinoo parlava a Telemaco delle decisioni di sua madre (incluso un secondo matrimonio), Mulligan rinfaccia a Stephen gli ultimi desideri di sua madre. Mulligan cerca di spingendo Stephen ad andare via per cedere il posto ad Haines. Stephen, come Telemaco, decide allora di lasciare la torre. È la partenza da Itaca, la partenza per la sua ricerca. È alla ricerca di suo "padre" (metaforico) come Telemaco o Amleto, che ne fa l'erede: un legame tra passato e futuro. Cerca la completezza. È in questo senso che Joyce nella Telemachia non fa riferimento ancora al tema degli organi, che verrà introdotto con l’inizio dell’Odissea vera e propria; questo perché Dedalus non soffre ancora con il corpo. Con il personaggio di Stephen non si va mai oltre la “buccia” superficiale: questo perché Dedalus non vuole avere un corpo, ma vuole esserlo, un corpo che non sia il suo. Difatti, di Dedalus non conosciamo l’aspetto fisico: sappiamo cosa indossa, ma non come sia fatto, a differenza di Buck Mulligan, che invece viene presentato minuziosamente. Quest’ultimo forse vede qualcosa di sinistro nel gesuita, nonostante per lui sia comunque il più amabile dei mimi. Stephen è un mimo ridotto a tale condizione a causa della sua esistenza come personaggio autobiografico: le parole non sono sue, ma quelle dell’autore, o quanto meno, dell’autore da giovane che egli interpreta. Dedalus è il Joyce nella Dublino del 1904, in attesa di un fantasma che non sarà quello di una donna, ma il poltergeist del sé stesso futuro. Dedalus, “displeased and sleepy” come ci viene presentato, è tale perché si sveglia ad ogni lettura dell’Ulisse: ed ogni volta diviene un corpo, un corpo corale, che va oltre l’immaginario. Le allusioni al cattolicesimo sono numerose. Possiamo citare la parodia della messa data da Mulligan fin dalle prime righe dell'episodio. La rivalità tra i Sassoni e gli Irlandesi è paragonabile alla rivalità tra Troia e Atene la cui guerra è la causa del viaggio di Ulisse. Il passaggio con la lattaia può essere interpretato in due modi: a livello mitologico, è l'incarnazione di Mentore, il tutore di Telemaco; potrebbe anche essere Atena (Athena dagli occhi di gufo) che è venuta a trovare il figlio di Ulisse per incoraggiarlo a trovare suo padre. Joyce enfatizza la percezione di Stephen dello sguardo della lattaia. Nella mitologia, gli dèi assumevano l'aspetto di vecchi. Il loro sguardo era l'unico modo per percepire il loro carattere divino. Politicamente, la lattaia è l'Irlanda gestita da Haines/Impero Britannico e Mulligan/traditore. Stephen è disgustato da questa sottomissione. Joyce vuole raccontare questo giorno come uno qualunque: ma l’averlo ripreso specificatamente lo rende a sua volta “il” giorno. Per questo è un lavoro da artigiani, non da artisti, perché non si esalta un singolo evento, ma l’insieme dei fenomeni che formano un giorno, il giorno dei giorni. Il concetto è introdotto dal personaggio di Buck Mulligan: la sua parodia della messa non è solo blasfema, ma ci fa riflettere su quanta materia, anche la semplice barba che viene rasata, è materia che noi offriamo, giorno dopo giorno. Quelli come Mulligan sono prima nemici da abbattere, poi fedeli che seguono la tua stessa causa. È un destino comune a tutti i maestri che cercano di distruggere la ragnatela del senso comune; ed è lo stesso fato comune a tutte le rivoluzioni, che non vengono mai terminate da chi le inizia, ma da chi ne prende le redini e ne prende i meriti del successo. Mulligan descrive bene questo passaggio: dal suo debutto, egli appare statuario (statuary), enorme rispetto alla silhouette rappresentata da Stephen; tuttavia, sarà quest’ultimo ad etichettare Mulligan come usurpatore (usurper). Sono gli usurpatori coloro che traggono la “linfa” di un evento e la rimodellano ricalcandola. Stile Lo stile è convenzionale, nella continuità del suo romanzo precedente. Per questo episodio Joyce parlava di uno “stile iniziale”. Riflette la personalità di Stephen secondo Stuart Gilbert: "un giovane esteta serio e narcisista". Tuttavia, scopriamo molto rapidamente gli inizi del monologo interiore di Dedalus. Nell’Odissea omerica, nel quarto libro, Menelao narra a Telemaco di come egli sia riuscito con la forza a bloccare Proteo e a farsi predire l’avvenire. Egli era una divinità greca, figlio di Oceano e Teti, con il dono di saper vedere nel futuro e di poter mutare aspetto e forma in ogni momento. Questa sua seconda capacità era dal dio molto sfruttata nel momento in cui riceveva da qualcuno la richiesta di prevedere ciò che doveva ancora accadere. In questo episodio Stephen lotta con un suo avversario proteico, un “proteo dell’intelletto” e cerca di risolvere «il problema del volto mutevole del mondo esteriore e della realtà eterna che si cela dietro di esso». Analisi Il simbolo di quest’episodio è la marea, rappresenta il flusso, il cambiamento, l'instabilità. Proprio come l'apparizione di Proteo, l'intero episodio è instabile: i pensieri di Stephen, i movimenti del cane, il mare, la sabbia, le levatrici. Stephen sta per urinare, poi metti giù un boogie: anche il corpo è in perpetuo movimento, in piena instabilità. La marea introduce l'idea del moto perpetuo, illustrando le infinite trasformazioni della vita ma anche la ciclicità degli eventi, come il fatto che tutti sono legati a questi antenati da un cordone ombelicale. Come il riflusso, le idee di Stephen si fondono, senza coerenza tra loro. Sono sfuggenti come le onde. L'arte dell'episodio è la filologia, la scienza del linguaggio. Questo cambia costantemente nel romanzo. Le parole sono abusate dalla mente di Stephen. Usa anche molte lingue diverse: francese, tedesco, italiano, latino. Il linguaggio non appartiene agli uomini, è la natura a possederlo. Stephen è perseguitato dal fantasma di sua madre, e non si rende conto, nonostante la invochi sulla spiaggia, che avrebbe bisogno di una donna. Dedalus, in quanto ritratto autobiografico di Joyce, condivide come lui il dolore per la perdita della madre, e per la situazione economica familiare, ma non ha mai provato le pene d’amore. Stephen il 16 giugno 1904 dovrebbe incontrare una donna, ma non accade. Joyce rimanda volutamente quell’incontro. Sembra quasi che in tutta l’opera non si faccia altro che tramare contro Stephen: c’è quindi il fantasma che deve mettere Dedalus in guardia, ma da cosa? In realtà il fantasma del futuro non è il vero spettro, perché è il destinatario colui che è morto da tempo. Il colore dell’episodio è il verde: verde marcio il mare d’Irlanda; verde moccio ciò che gli esce dal naso; verde vomito, il vomito della madre. Questo colore, come detto, torna a più riprese, rappresentando due elementi: è il colore della materia residuale, che va lavorata per diventare artefice, ed è il colore del vomito della madre di Stephen. Stephen, guardando le due levatrici sulla spiaggia, immagina il prefisso per mettersi in una comunicazione con i progenitori: Aleph, Alpha, 001. 0 (un figlio) 0 (una donna) 1 (il padre). Alfa invece che è la lettera che fa da sigla materna per eccellenza. Lo spettro della madre lo perseguiterà lungo tutta l’opera, e non per il motivo che immaginiamo: la colpa di Stephen non è l’essersi rifiutato di pregare per lei moribonda, ma l’essersi astenuto dalla religione (come Bloom), e di conseguenza, l’essersi sottratto allo scopo procreativo. Sarà anche per questo che la madre lo conforta, dicendogli che arriverà il suo giorno? Tuttavia, per Stephen non si concretizzerà nessun incontro quel 16 giugno, e pertanto l’opera non è altro che la conferma dell’empietà di Stephen. È in quest’occasione che Stephen diventa finalmente artista: produce qualcosa. Scrive infatti, sui fogli lasciati dal signor Deasy, qualcosa; successivamente, urina e lascia il suo moccio su uno scoglio. Lascia una traccia, una deiezione, e lo farà anche Leopold Bloom, su quegli stessi fogli, qualche ora più tardi, nel capitolo di Nausicaa. Ed è proprio il padre colui che getta e lascia il seme. Stile Stephen Dedalus è solo per la prima volta durante l'episodio. Il suo monologo interiore è onnipresente e i passaggi narrativi sono molto brevi. In questo episodio, William Tindall (as) ha detto: "Stiamo guardando la mente di un poeta-filosofo, una mente ricca, dotta e allusiva, che eccede sempre un po'. La tecnica del flusso di coscienza è qui ampiamente usata da Joyce. Secondo l’anglicista André Topia (1943-2014), la meditazione di Stefano è legata agli aspetti mitici ed esoterici della leggenda di Proteus. Lo scrittore Michael Seidel vi vide l'influenza del libro dell'ellenista Victor Bérard I fenici e l'Odissea (1902-1903) che tende a dimostrare le origini fenicie (semitiche) dell'Odissea. Joyce avendo scoperto Bérard quando la sua scrittura era molto avanzata, avrebbe aggiunto alcuni dettagli che attestano questa influenza (espressione "felah rossi", allusione a Haroun al-Rachid). Episodio 4 – Calipso (I di XII dell’Odissea) Ora: 8:00 Ambientazione: Casa di Bloom Scienza/Arte: Mitologia Organo: Rene Riassunto Sono di nuovo le otto del mattino e ora siamo al 7 di Eccles Street, nel nord-est di Dublino, dove Leopold Bloom si appresta a preparare la sua colazione oltre a quella della moglie, rimasta a letto. Mentre si chiede cosa mangiare, il suo gatto entra nella stanza, miagola e Bloom finisce per dargli il latte. Decide allora di uscire (dopo essere andato a chiedere, senza ricevere risposta, se sua moglie volesse qualcosa) per comprare rognoni di maiale. Leopold Bloom è un addetto stampa nato a Dublino di origine ebraica. Durante la sua passeggiata, avanti e indietro per la macelleria, la sua mente è occupata da riflessioni commerciali, sul prezzo e sulla redditività di questa e quella cosa, sui meriti di un investimento nelle arance, sulle prime colonie di piantagioni sioniste nel Mediterraneo. Questi pensieri sono il punto di partenza per riflessioni ed evocazioni, in particolare della sua terra natale, del destino del popolo ebraico (da cui proviene) e di sua moglie Marion (Molly). Al suo ritorno, vede la posta all'ingresso della casa: una cartolina di sua figlia Millicent (Milly) e una lettera di Blaze Boylan, organizzatore di un tour di concerti di canzoni popolari in cui Molly lavora (Boylan è anche il suo amante). Bloom è consapevole che Boylan finirà a letto con sua moglie il giorno stesso ed è tormentato da questo pensiero. Egli prepara il tè, frigge i reni, porta la colazione a letto di sua moglie e i due discutono del funerale di Paddy Dignam a cui Bloom parteciperà quella mattina e parlano del romanzo che la donna sta leggendo, lei non ha capito una parola, metempsicosi. Per supportare la sua spiegazione Bloom utilizza il dipinto, situato sopra il loro letto, La ninfa nel bagno. Poi scende a mangiarsi i reni e legge la lettera della figlia, che gli ricorda la prematura scomparsa del loro secondo figlio, Rudy (la presenza del bambino defunto accompagnerà Bloom per tutto il giorno). Pensa a sua figlia, comparsa di cabaret, si preoccupa per lei che presto diventerà donna e pensa di andare a trovarla. Poi, sentendo le viscere in movimento, va a fare i suoi bisogni al gabinetto. La moglie lo ha incaricato di fare due commissioni: recuperarle un nuovo romanzo e una lozione. Riferimento Omerico Nell'episodio omerico, Ulisse viene imprigionato nell'isola di Calipso, una ninfa del mare che si è perdutamente innamorata di lui e lo trattiene con gli amuleti. Dopo sette anni con la ninfa, Ulisse riceve aiuto da Atena che interviene con Zeus per chiederne la liberazione. Calipso, per ordine di Ermes, mandato da Zeus, è costretta a lasciar partire Ulisse dopo la sua permanenza con lei sull’isola. Ulisse parte e, con lo zefiro benevolo mandato da Calipso in poppa, salpa alla volta di Itaca. Analisi Leopold Bloom rappresenta sia l'uomo universale, nel senso di un gentleman tutti, sia un viaggiatore che muove i primi passi della sua Odissea. Lo troviamo pronto a partire da casa per iniziare il suo lungo viaggio, salvo che l'Odissea e le avventure saranno sostituite dalle peregrinazioni di Bloom per Dublino. L'ironia di James Joyce, così come la parodia di Ulisse, appaiono qui chiaramente: un avventuriero che va dal macellaio, un eroe a dir poco banale, il dipinto di una musa sopra il letto che dovrebbe ricordare il luogo di cui è prigioniero (ma in cui la moglie non lo invita nemmeno a raggiungerla, è piuttosto Bloom che si prende cura di lei), un'allusione alla metempsicosi, parola letta da Molly in un popolare romanzo semi-pornografico, un'Odissea che promette essere tanto un viaggio privo di straordinario attraverso Dublino quanto un viaggio interiore (non solo conosciamo i pensieri di Bloom, ma anche la sua attività organica, Joyce che si rivolge a noi, ci porta in bagno con lui e ci descrive dal il lavoro del suo intestino). Insoddisfatto del rapporto che ha con la moglie, Bloom si sentirà spesso attratto da altre donne. Assistiamo, infatti, al fugace incontro di Bloom con la cameriera dei vicini. La vista di questa donna dalla fisicità possente, una sorta di virago (nel testo leggiamo che Bloom «posò gli occhi sulle sue anche vigorose») suscita in Bloom una serie di sensazioni che gli fanno venire voglia di seguirla. Bloom non le rivolgerà la parola e rinuncerà anche all'idea di seguirla, ma fantasticherà su di lei; il pensiero di questa donna, gli tornerà in mente anche alla fine del capitolo quando esce in giardino per andare in bagno. Molly è una delle preoccupazioni costanti di Bloom. Ci viene presentata a letto, come se stesse su un trono. La gatta in cucina con il suo ancheggiare è una sorta di prefigurazione della moglie. Un tema molto interessante è il tema mitologico che, con la figura della Ninfa in particolare, attraversa tutto l'episodio creando dei legami significativi tra i vari personaggi femminili, e permettendo allo stesso tempo di fare dei rimandi esterni al capitolo. Tutto l'episodio è attraversato da questo tema mitologico, a partire dal titolo, Calipso è una ninfa, fino ad arrivare al quadro della Ninfa. Questa parola deriva dal greco e vuol dire “giovane fanciulla”; nella mitologia ci sono molti miti su queste divinità minori della natura o celesti. Le donne o le giovani ragazze che compaiono nel romanzo di Joyce possono essere assimilate in qualche modo, per la loro giovane età o per determinate caratteristiche fisiche, a queste figure mitologiche. É utile precisare qualcosa riguardo al quadro, che rappresenta l'ideale di bellezza femminile per la coppia; questa icona classica che veglia in silenziosa contemplazione l'intimità della coppia può anche essere interpretata come la rappresentazione della repressione sessuale della coppia. Bisogna infine aggiungere un altro elemento presente nel capitolo che rimanda direttamente al tema mitologico della Ninfa, si tratta della spiegazione che Bloom dà alla moglie, rispondendo alla richiesta di lei che chiedeva il significato della parola metempsicosi. Bloom ricorre proprio all'esempio delle ninfe “metempsicosi, disse, è come la chiamavano gli antichi greci. Allora credevano che ci si potesse trasformare in animale o in albero, per esempio”. Bloom sa che in quello stesso giorno si compirà il tradimento della moglie, difatti i dieci anni di vagabondaggio di Ulisse verranno compendiati in questa giornata in cui Bloom per tutto il tempo troverà delle cose da fare pur di non tornare a casa. Stile Joyce riprende qui un'alternanza tra stile libero indiretto e flusso di coscienza. Ma questa volta non siamo più nella mente di un giovane artista tormentato da ragionamenti metafisici e poetici, ma in quella di un uomo sulla quarantina scanzonato e con i piedi per terra. Contrariamente all'approccio filosofico al mondo operato da Stephen Dedalus, Leopold Bloom ha una percezione del mondo più concreta, più sensibile e più pratica. Calcola i prezzi e i valori di ciò che passa davanti ai suoi occhi, stima i profitti dei commercianti che incontra, si chiede se sarà possibile pubblicizzarli sul suo giornale e fantastica sulle donne, il tutto con spirito pragmatico e con un'economia di parole del tutto in linea con il suo carattere. Episodio 5 – I Lotofagi (II di XII dell’Odissea) Ora: 10:00 Ambientazione: Vie di Dublino Scienza/Arte: Chimica, botanica Organo: Genitali Riassunto Mentre cammina, Bloom scorge due bambini e lui si allucina una storia, immagina che questi bambini fossero mandati dalla loro madre a recuperare il padre che finiva sempre a bere. La prima sosta di Bloom è in Westland Row, all'ufficio postale, dove si fa mandare al falso nome di Henry Flower (fiore, sinonimo di Bloom) Analisi James Joyce non rispetta l'ordine omerico che, dopo l'episodio dei lotofagi, racconta quello dei Ciclopi. Modifica il cammino di Ulisse: non va, come nel racconto di Omero, nel regno dei morti, sono loro che vengono a lui al contrario. Il significato di questo episodio è dato da Joyce in modo molto esplicito: una discesa nel nulla. In effetti, la morte è ovunque nell'episodio, più incalzante quando ci avviciniamo al cimitero, quindi alla tomba di Paddy Dignam. Attraverso questo andirivieni nel suo regno, James Joyce circonda la sua storia con un disincanto totale, allo stesso tempo crudele, cinico e commovente. La mente pragmatica di Leopold Bloom si chiede se non dovremmo piuttosto seppellire solo la testa per risparmiare spazio o anche se non sarebbe più giudizioso descrivere ciò che un defunto ha fatto durante la sua vita e non al momento della sua morte. L'umorismo, eccentrico e intransigente, atomizzatore di romanticismo, è lungi dall'escludere la poesia: è proprio per la sua fragilità e la sua fugacità che la vita è così preziosa. Il progetto dell'Ulisse di Joyce appare qui con maggiore chiarezza: avvicinarsi il più possibile alla realtà, vista, vissuta dall'uomo. Lo scrittore cerca di raggiungere l'universale attraverso il particolare. Cos'è la morte, in realtà, l'unica a cui abbiamo accesso, cioè quella vista dai vivi? E cos'è un funerale, se non, quasi soprattutto, un giorno in cui le persone si incontrano e discutono di vita? È, stranamente, quando svuotiamo il mondo di ogni misticismo e sentimentalismo che appaiono i misteri e la poesia. La descrizione del funerale non è realistica (l'immaginazione di Bloom lo fa sembrare più un incubo) ma Joyce non sta cercando una descrizione del reale: sembra che stia cercando lui stesso il reale. Il pensiero di Bloom va inevitabilmente a suo figlio morto, Rudy. Bloom si è sottratto alla tradizione patrilineare suo malgrado: Milly è una versione “annacquata” di Molly ma la prosecuzione maschile non ha avuto buon fine e anche il suicidio del padre, il quale si uccide a causa di un responso medico (quindi è come se avesse fallito anche come figlio, non potendo mostrare la pietas al suo vecchio padre). Il cuore è l’organo che presiede in questo capitolo dato che è l’organo della vita e si parla di una vita interrotta; quindi, quando il cuore cessa di battere. Perfino il movimento della carrozza è paragonabile al movimento cardiaco. Il pensiero di Bloom ricade sugli eunuchi, pensando sia “un bel modo per filarsela”: non avendo istinti sessuali si vive più tranquilli (Bloom è invece quasi ossessionato dalla sessualità, soprattutto a causa del tradimento prossimo di Molly). La tematica erotica affiora perfino durante il corteo funebre, quando Bloom nota delle briciole nella carrozza, le quali dimostrano che qualcuno è stato in quella carrozza probabilmente non solo a mangiare. Bloom è l’unico più attento e vigile, difatti è il solo a guardare fuori dal finestrino nella carrozza. Cerca di immaginare i pensieri di ogni persona che vede ma tutto confluisce nella sua ossessione quotidiana: il letto in cui c’è Molly, il letto in cui lei lo tradirà in quello stesso giorno, il letto che può anche diventare il suo sudario. Lo stesso Boylan passa accanto alla carrozza e Bloom nota la paglietta che porta (utilizzata magari per un appuntamento galante) per poi focalizzare subito il suo pensiero in altro. L’uomo con il mackintosh (nonostante la giornata serena) potrebbe significare una sorta di elemento dissolutore, come se la morte fosse sempre presente. Ma potrebbe anche essere una sorta di cameo di Joyce, il quale indossava spesso abiti da lavoro (lo stesso mackintosh era un impermeabile che acquistavano le classi meno abbienti). Potremmo in realtà anche essere ognuno di noi, estranei e presenti al tempo stesso di queste vicende. Stile Il principio narrativo si sta ora evolvendo verso uno stile meno atipico. Lo stile libero indiretto e i dialoghi assumono una parte essenziale nella narrazione. Abbiamo ancora accesso ai pensieri di Mr. Bloom, ma anche questi sembrano muoversi in questo stile più convenzionale. Il flusso dei pensieri Bloom forma frasi più descrittive, vicine a una narrativa classica. È come se accompagnassero e arricchissero il principio narrativo dominante (questa impressione è rafforzata dal fatto che non si verifica alcuna rottura del confine tra il flusso del pensiero e il ritorno allo stile libero indiretto). Nello spazio ristretto del taxi, Bloom non lascia andare la mente alla fantasticheria come quando passeggiava per le strade di Dublino: è coinvolto nella discussione e invaso dal viaggio nel regno dei morti. Inoltre, a causa dei temi gravi (la morte tra gli altri) e dell'atmosfera (tristezza, lutto), il pensiero sembra farsi pesante, più pesante, man mano che ci avviciniamo al cimitero e alla tomba del defunto. Le frasi, per quanto vagamente costruite, del pensiero di Bloom seguono la linea narrativa principale: una lenta, oscura discesa verso il luogo dove regna la morte. In questo episodio, James Joyce si permette di sviluppare parte del dialogo senza la presenza di Bloom. Qui comincia a stabilirsi una delle caratteristiche essenziali di Ulisse: l'assenza (voluta e affermata dall'autore) del protagonista. Chi è il personaggio centrale dell'opera? Stephen Dedalus o Leopold Bloom? Impossibile dirlo. Anche Molly Bloom potrebbe vantare questo titolo (è ovunque nei pensieri di Bloom, è verso di lei che cammina, sta a lei concludere. Infine, il suo stesso nome, legato à la moly, un fiore che rende innocui gli incantesimi di Circe ed essendo presentato come l'opposto della lotteria, non dà da solo l'intero significato dell'opera?). Anche durante la seconda parte del libro, dedicata all'odissea stessa e incentrata su Ulisse-Bloom, colpisce l'abbandono del cosiddetto protagonista. L'allontanamento della narrazione stessa da Bloom inizia nell'episodio Ade. Diventerà solo più pronunciato durante gli episodi successivi. Se Bloom rimane il filo conduttore dell'Odissea, a volte sembra essere solo un pretesto per realizzare qualcosa di più grande. La vita (con tutti i suoi aspetti) così come la scrittura diventano quindi il soggetto stesso del libro e possono anche legittimamente rivendicare il posto centrale dell'opera. James Joyce, che fino ad ora ci aveva abituato a variazioni dal suo stile "classico" (apparso e sviluppato nella sua opera precedente, Ritratto dell'artista da giovane) inizia a svelare la propria odissea stilistica, con l'apparizione di un inaspettato stile, atipico e iconoclasta se mai ce ne fu uno, "incubismo" (gli incubi sono demoni maschili che producono incubi). Tali fantasie ed esperienze narrative sono solo all'inizio. Episodio 7 – Eolo (IV di XII dell’Odissea) Ora: 12:00 Ambientazione: Redazione del giornale Scienza/Arte: Retorica Organo: Polmoni Riassunto Nel settimo episodio è mezzogiorno e Bloom si trova negli uffici del giornale cattolico per cui lavora. L'episodio si apre con il rumore del tram in arrivo e in partenza. Bloom si trova in ufficio e si sta occupando di un’inserzione per conto della ditta Keyes, coloniali e alcoolici. Mentre si dirige verso l'ufficio Nanetti, il direttore commerciale, Bloom incontra di nuovo il reporter Hynes e gli ricorda di andare a riscuotere (poiché Hynes gli deve tre stelline, presi in prestito tre settimane prima). Bloom passerà tutto il tempo della puntata al telefono, fissando un appuntamento, incontrando il cliente, negoziando con il suo capo. Vari giornalisti si incontrano nell'ufficio di Myles Crawford, l'editore del giornale. Segue una serie di vuote declamazioni da parte dei protagonisti, ognuno dei quali cerca di mettersi a proprio vantaggio con la sua arte del bel parlare (la retorica è l'arte di riferimento di questo episodio). I rumori delle macchine, le grida dei giovani venditori di giornali, la voce stridula del capo riempiono la storia, così come le correnti d'aria incessanti, che fanno volare le foglie. Nel frattempo, arriva Stephen, portando la lettera del preside Deasy in cui si parla dell'afta che colpisce il piede e la bocca degli animali. I due non si incontrano. Stephen racconta una storia (la parabola delle prugne) che si rivela più significativa per la sua forma (contorta e imbottita di immagini e riferimenti simbolici) che per il suo significato (difficile da capire, in particolare il suo interesse). Nel mezzo di questo patetico contesto oratorio, i temi del fallimento, dell'isolamento e della sconfitta emergono per motivi storici e politici. L' irlandese, in particolare, è paragonato a Israele (terra invasa, sterile, che porta all'esilio), mentre l'Inghilterra è associata a Roma. Stephen poi si reca, assieme al redattore e un gruppo di conoscenti, al pub vicino al giornale. In un'atmosfera carica di odori e di fumi di birra, Stephen racconta l'aneddoto delle "Due vestali di Dublino". La narrazione si intreccia con diversi fatti casuali che la interrompono di continuo, rendendo l'aneddoto frammentario. Tra strepiti e battute pesanti, si conclude, accumulando figure retoriche e dispositivi narrativi sempre più oscuri. Riferimento Omerico In Omero Odissea, Ulisse, dopo aver scampato il Ciclope, finisce sull'isola di Eolo. Quest'ultimo accoglie con gentilezza lui ei suoi compagni e offre loro il suo aiuto: rinchiude in una pelle tutti i venti contrari e violenti che impediscono ad Ulisse di raggiungere Itaca. Affida la pelle ad Ulisse e quest'ultimo prende il mare. Dopo solo pochi giorni di navigazione, le terre di Itaca sono visibili e Ulisse, rassicurato e stremato dalle sue prove, sprofonda nel sonno. Purtroppo, i suoi uomini credono che Eolo abbia offerto a Ulisse un tesoro e che voglia tenerlo per lui, e decidono di aprire la pelle. Tutti i venti intrappolati scappano e subito una tempesta allontana le barche dalle coste di Itaca. Tornato all'isola di Eolo, quest'ultimo, scontento di non essere stato ascoltato, si rifiuta di concedere ancora una volta il suo aiuto e li scaccia dalla sua isola, credendo che Ulisse abbia indubbiamente offeso troppo gravemente gli dèi. Analisi Nella descrizione, fortemente satirica, dell’ambiente, è implicito un giudizio negativo sulla vacuità del giornalismo che è uno spacciar vento. Per quanto riguarda la storia raccontata dal romanzo, succede poco o niente. Tuttavia, alcuni dei temi principali del romanzo vengono presentati ed esplorati. Accolto calorosamente dal redattore, Bloom non viene mai preso veramente in considerazione. Poi viene trattato con disprezzo e volgarità e non viene nemmeno invitato ad andare al pub con gli altri. Gli altri, appunto, dilettanti di retorica (i giornalisti, rappresentanti degli uomini dello spirito), si mostrano in questo episodio come dominanti e sicuri di sé. Qui dove regna il vento, arriva Stephen Dedalus (l'artista). Viene subito accolto dalla cerchia dei relatori, perché è noto per la sua arguzia e la sua abilità nel maneggiare la lingua. In tutto questo paragrafo dove si tratta solo di sconfitta, sterilità e sottomissione, quello di Stephen è l'unico colpo oratorio che scandisce una vittoria: su se stesso. Ma questa vittoria è ridicola, perché per chi, come Stephen, ha dedicato la sua vita all'arte e alla letteratura, anche il giornalismo più lodato non vale niente. L'arte della parola deve, a differenza dell'arte retorica dei giornalisti, portare alla creazione, al rinnovamento e alla fecondazione. Il mondo dell'episodio Eolo, quello dello spirito, crea un vento di vuoto che soffia su una terra sterile. Ogni vittoria in queste terre è vana. Stephen cerca esattamente il contrario: una terra fertile capace di accogliere una parola creativa. Stile Bruschi cambiamenti nella narrazione: uscita dalla forma più o meno convenzionale dei primi episodi, qui siamo di fronte a una fantasia stilistica (tanto che un esercizio di stile) di prim'ordine. I paragrafi di questo episodio sono infatti tagliati in sessanta piccoli testi, ciascuno sormontato da un titolo. È come se all'improvviso, entrato nei locali del suo diario con Bloom, lo stile del libro avesse deciso (da solo) di prendere la forma di una scatola giornalistica. Ma la stranezza non finisce qui. Lo stile scelto da Joyce per guidare la narrazione è l’entimema: una sorta di sillogismo in cui si preferisce il collegamento retorico al collegamento logico. Qual è l'interesse per la narrazione in quanto tale? Nessuno: i procedimenti stilistici, la discontinuità narrativa causata dalla divisione e il sovraccarico verbale dei protagonisti non contribuiscono nulla alla storia e rendono talvolta difficile la comprensione generale. Ma in questo sta la scommessa e il tour de force di Joyce. In qualsiasi romanzo diverso da Ulisse, un episodio del genere (pur mantenendo uno stile "normale") non avrebbe posto. Non succede quasi nulla lì, e quello che succede lì non è nemmeno interessante (e non aggiunge nulla al resto della storia). Ma il tema di questo episodio è proprio il "niente", il "vento", la retorica o l'arte di dire bene qualunque sia il contenuto. I personaggi mostrano la loro conoscenza e padronanza del verbale, Stephen deve lottare incessantemente tra due difficoltà: l'idealismo di un suo compagno, che prende in giro una connessione tra fatti storici e arte, e il materialismo di Buck Mulligan che si fa beffe di qualsiasi significato simbolico. Spetta quindi a Stephen riuscire a definire come la vita e l'arte interagiscono evitando ciascuno dei suoi due estremi. In altre parole, naviga tra due grandi pericoli: Cariddi e Scilla. L'episodio si conclude quando Mulligan (che ha fatto battute antisemite e omofobe su Bloom) e Stephen si dirigono verso l'uscita della biblioteca e si imbattono in Bloom che, dopo aver esaminato i documenti per il suo annuncio, se ne va anche lui. Riferimento Omerico Normalmente dopo i Lestrigoni arriva l'episodio di Circe nell’Odissea. Quest'ultimo avviserà Ulisse dei pericoli che lo attendono sulla via del ritorno. Gli spiega come sfuggire alla trappola della sirena, poi gli dice che dovrà poi navigare tra due insidie, la Plankte (o Simplegadi), al riparo di due mostri giganteschi, Cariddi e Scilla. Gli dice che non riuscirà a stare lontano dai due mostri e dovrà scegliere di avvicinarsi pericolosamente vicino a uno di loro. E infatti, passate senza incidenti le sirene, Ulisse evita Cariddi, ma non riesce a sottrarsi a Scilla che attacca la sua nave e rapisce sei dei suoi uomini. Analisi Questo episodio offre un'argomentazione filosofica, letteraria e mistica che si sviluppa su più livelli. Innanzitutto, la discussione intorno alla teoria di Stephen consente a Joyce di posizionarsi in relazione ai movimenti letterari del suo tempo. Il primo gruppo di oppositori, guidato dagli idealisti, rappresenta anche il revival celtico, sostenendo un ritorno alle fonti della lingua verso le sue radici celtiche (gaeliche); mentre il materialismo di Mulligan è rappresentato da una sorta di neopaganesimo di ispirazione nietzscheana (una riduzione del pensiero nietzscheano ad anticlericalismo, antisemitismo, e una sorta di egocentrismo edonistico): si tratta di due modi di pensare, comuni ai tempi di Joyce, in reazione a l'ordine stabilito e vacillante. La dialettica di Stephen consiste nel superare queste due correnti di pensiero per trovare un modo in cui la vita e l'arte non sono separate. Per navigare tra Cariddi e Scilla, Stephen si affida ad Aristotele (allievo di Platone, e per così dire suo figlio spirituale). Sviluppa un'argomentazione basata sui fatti (da qui i suoi frequenti prestiti dalla biografia, a volte putativa, di Shakespeare oltre che dalle sue opere). Ma così facendo va oltre il quadro della discussione filosofica o filologica. Perché Stephen si identifica con Amleto (e attraverso di lui Joyce con Shakespeare, e attraverso Joyce, ogni scrittore con qualsiasi creatore). Troviamo quindi la ricerca di Stephen di un padre spirituale (e Joyce per quanto riguarda la creatività letteraria). Infatti, proprio come Amleto, Stephen ha rifiutato il mondo di sua madre (un mondo colpevole e vizioso di cui Anne Hathaway sarebbe l'ispirazione) per affidarsi solo a quello del padre, anche se quest'ultimo è solo 'un fantasma. Dedalus sviluppa così il tema della paternità mistica, rifiutando l'immagine materna della Madonna: l'artista viene quindi percepito come un essere androgino, che concepisce se stesso nelle sue opere. Proprio come l'ombra del defunto re incombe su tutta la stanza di Amleto, una presenza spettrale perseguita questo episodio: quella di Leopold Bloom. Joyce insinua che il mistico padre di Stephen altri non sia che Bloom. Si ricorderà che Bloom, come lo Shakespeare di Stephen, perse un figlio piccolo e cadde vittima delle infedeltà della moglie. Joyce propone l'idea che la paternità biologica o sociale non sia importante. È la paternità spirituale che conta e non si trova mai dove ci si aspetta. Questo rapporto di paternità si sposa perfettamente con il rapporto autore- opera: è questo il capovolgimento operato da Joyce nell'Ulisse per andare oltre il Ritratto dell'artista da giovane. Questa interpretazione ci obbliga, tuttavia, a rompere con un'abitudine acquisita durante la lettura del Ritratto dell'artista da giovane. A causa di questo episodio, le figure di Bloom e di Stephen sono uno: consustanziali. Attraverso il figlio spirituale Stephen, è proprio l'ombra di Leopold Bloom il centro di questo episodio. Bloom e Joyce non sono così distanti come si potrebbe pensare. Per convincersene basti pensare che Molly non è altro che la rappresentante del pensiero di Nora, la moglie di Joyce. In Ulysses, Joyce esplora di nuovo la propria vita. Non attraverso il racconto autobiografico dei ricordi d'infanzia del Ritratto dell'artista da giovane, ma attraverso la ricerca dell'universale e della creazione. Possiamo così divertirci a ricostituire una trinità tipicamente joyciana nei confronti di Ulisse: il padre – Bloom, il figlio – Stephen e lo Spirito Santo – Molly (santa saggezza). Tra il formalismo più astratto e il materialismo grezzo, due insidie del pensiero, due mostri che inghiottono la creatività, la strada intrapresa dal pensiero libero e creativo di Joyce, una nuova strada, è quella del corpo, in tutto ciò che ha da offrire. Stile Troviamo un quadro in stile libero indiretto dove il dialogo prende un posto preponderante. Sebbene parte dell'odissea stessa, l'episodio è dedicato a Stephen Dedalus (Bloom è presente solo come un'ombra) e il flusso di pensiero a cui abbiamo accesso è quello del giovane poeta. Questo flusso è per lo più costituito da riflessioni interne, risposte silenziose e incoraggiamenti, insistendo sul fatto che Stephen sta lottando e cercando di uscire dalle trappole teoriche. Lo stile ci permette di notare il contrasto tra la retorica fiduciosa e orgogliosa di Stephen e la fragilità della sua posizione, i suoi dubbi e le sue domande. Le citazioni di Amleto punteggiano regolarmente gli argomenti e le riflessioni, lasciando che il gioco penetri nel cuore della storia. I versi di Shakespeare non sono meramente decorativi o argomentativi, ma costituiscono il corpo del testo, lo alimentano e lo completano. Attraverso i pensieri di Stephen e la sua replica silenziosa, appaiono le premesse di Finnegans Wake: parole fuse, impilamento dell'essere su un singolo nome o una singola parola. Navigando tra idealismo ed empirismo, Stephen sembra intravedere quale sarà il suo percorso, e Joyce suggerisce da questo episodio quale sarà la conclusione stilistica della ricerca del suo alter ego romantico. Episodio 10 – Le Simplegadi (VII di XII dell’Odissea) Ora: 15:00 Ambientazione: Strade di Dublino Scienza/Arte: Meccanica Organo: Sangue Riassunto Sono le tre a Dublino e seguiamo il percorso di 18 personaggi diversi attraverso 18 sezioni narrative, tutte collegate o raggruppate dal percorso del corteo di Earl Dudley (che attraversa tutti). Possiamo riassumere ogni mini-episodio in questo modo: 1. Padre Conmee lascia il suo presbiterio, in città, in direzione di Artane in un campo fuori Dublino dove ha un appuntamento. 2. Corny Kelleher, nell'impresa di pompe funebri, compila un registro rosicchiando un po' di paglia e chiacchierando con un agente. 3. Un marinaio con una gamba sola cammina su Eccles Street, vediamo che una mano da una finestra gli lancia una moneta (è Molly). 4. Le sorelle Katey e Boody Dedalus, affamate, si accontentano di una magra zuppa di piselli spezzati. 5. Dache Boylan ha un cesto pieno di frutta e ha tentato la commessa. 6. Stefano e Artifoni si lasciano gentilmente. 7. La signorina Dune è annoiata, scarabocchia la data di oggi su un pezzo di carta, guarda un annuncio pubblicitario, prima di ricevere una telefonata da Boylan che le dà istruzioni per terminare il suo turno. 8. Ned Lambert fa un giro della Sala del Consiglio dell'Abbazia di Sainte-Marie a un sacerdote. 9. Tom Rochford, Blair Flynn, Lenehan e Mc Coy discutono di tutto e niente, scommesse ippiche, e finiscono per parlare di Molly e Leopold Bloom. 10. Leopold Bloom sfoglia libri erotici in un negozio di seconda mano e compra un romanzo erotico per sua moglie. 11. Dilly Dedalus chiede qualcosa da mangiare a suo padre Simon. Quest'ultimo cerca di schivare e poi gli dà due pence. 12. Il signor Kernan ripensa soddisfatto all'ordine appena ricevuto ammirandosi allo specchio di un parrucchiere. 13. Stephen Dedalus, assorto nei suoi pensieri, si ferma davanti all'auto di un libraio di strada, poi incontra sua sorella Dilly (che ha comprato un libro per imparare il francese con i suoi due pence), la cui miseria lo spaventa. 14. Simon Dedalus e padre Cowley discutono e trovano Ben Dollard, a cui viene chiesto di prendersi cura del debito di padre Cowley. 15. Martin Cunningham ha appena sistemato il figlio di Paddy Dignam e sta parlando con i suoi colleghi. 16. Mulligan e Haines si godono caffè e dolci viennesi in una sala da tè e parlano del loro amico e compagno di stanza Daedalus e si lamentano del suo atteggiamento da poeta. 17. Cashel Boyle O'Connor Fitzmaurice Tisdall Farrell cammina in modo anarchico a Dublino e spinge da parte un giovane cieco. 18. Patrick Dignam, figlio del defunto Paddy Dignam, torna a casa con il chilo e mezzo di braciole di maiale che gli è stato chiesto di prendere. Pensa a suo padre e al suo futuro da orfano. La processione di Earl Dudley termina in un sobborgo di Dublino dove inaugurerà una fiera. Riferimento Omerico Nessun episodio è dedicato alle rocce erranti nell’Odissea. La via è semplicemente citata da Circe e, su suo consiglio, Ulisse non la percorre. Le rocce erranti sono descritte dal mago come impraticabili (nemmeno dagli uccelli), le due scogliere dello stretto del Bosforo si uniscono e schiacciano le navi che vi si avventurano. Analisi Il decimo episodio offre l’anello di congiunzione e il punto di passaggio al secondo blocco: “Le Simplegadi” costituisce la chiusa dei primi nove episodi, rafforzando l’immagine di una città e di un mondo che assiste al fallimento delle proprie aspirazioni individuali e collettive. Nello stesso tempo, tuttavia, questo episodio nodale rimette in discussione tutto il discorso del romanzo, segna una brusca sterzata sul piano dell’intreccio, della costruzione dei personaggi, dello stile; a partire da questo momento l’Ulisse che abbiamo letto fin qui si trasforma in un romanzo diverso. Gli episodi del secondo blocco inquadrano i materiali narrativi del primo da una nuova e diversa angolazione, tramite un procedimento che è ben esemplificato da alcune parole-chiave, ricorrenti nel romanzo: metempsicosi, parallasse, arrangiamento retrospettivo. I termini, che connotano un mutamento del punto di vista, un gioco di identità e differenza, indicano il metodo joyciano nell’ Ulisse: almeno due versioni dello stesso fatto, almeno due angolazioni da cui un evento viene osservato, esattamente come nel doppio racconto omerico. L’Ulisse dei primi nove episodi è ancora fortemente il romanzo di Stephen Dedalus, la vicenda interiore del giovane artista sensibile bandito da una società ostile; dopo il decimo episodio il punto focale del discorso narrativo si sposta su Leopold Bloom. La natura di quello che nel primo blocco del romanzo era apparso un uomo del tutto insignificante, inizia ad emergere nel dodicesimo episodio, “Il ciclope”: qui l’uomo qualunque rivela di avere ben poco in comune con i suoi concittadini e di possedere una dignità e una consapevolezza insospettate. Soprattutto, si inizia a instaurare la connessione Bloom – Odisseo: entrambi, servendosi dell’intelligenza e della ragione, combattono la forza bruta dei loro ciclopi. Eccoci, dunque, sulla strada che non fece Ulisse, nuovo affronto dell'autore al suo modello omerico. Ora, proprio in questo episodio, seguiamo le peregrinazioni, del tutto secondarie, di certi abitanti di Dublino. Joyce sembra dirci: “Questo è quello che sta succedendo a Dublino mentre leggi la storia principale”. Allo stesso modo, il colore dell'episodio, l’arcobaleno, così come l'organo, il sangue, conferma che è effettivamente da considerare Ora: 17:00 Ambientazione: Pub di Barney Kiernan Scienza/Arte: Politica Organo: Muscoli Riassunto Bloom ha un incontro con Martin Cunningham alla taverna di Barney Kiernan, dove devono discutere degli affari della famiglia Dignam. Il narratore di questo episodio, di cui non si conosce il nome, si trova allo stesso bar per vedere un amico, chiamato il Cittadino. È un nazionalista fiero e burbero, accompagnato dal suo cane. Mentre Bloom aspetta Martin, il cittadino non manca di sputare il suo fiele sugli stranieri che contaminano e parassitano l'Irlanda (il colore dell'episodio è ovviamente verde). Tutte le sue osservazioni sono chiaramente rivolte a Bloom che, pur trovandosi in una situazione scomoda, non si offende. Viene addirittura invitato alla discussione (o meglio rimproverato) sul tema della pena capitale (altro argomento martellato dal Cittadino). Senza lasciarsi intimidire, affronta la questione razionalmente, con la flemma e la diplomazia che lo conosciamo, che ha il dono di scaldare il sangue del Cittadino e dei suoi associati. Ma questi ultimi, privi di una vera apertura all'attacco, si accontentano di rabbrividire. La discussione arriva al compianto Paddy Dignam e alla sua famiglia per i quali Bloom cercherà di risparmiare quel che può. Allora il Cittadino riprende a parlare dell’Irlanda e della sua storia, rimproverando gli stranieri. John Wyse (un altro cliente) chiede poi a Bloom, che lamentava l'odio tra le nazioni, cosa intendesse per nazione. La risposta goffa e un po' ingenua di Bloom suscita sarcasmo e spinge il Cittadino a chiedergli la sua nazionalità, a cui Bloom risponde con orgoglio di essere irlandese. Bloom, a questo punto, afferma anche la sua appartenenza al popolo ebraico (popolo oppresso) e difende l'idea di una società fondata sulla lotta all'ingiustizia e all'amore piuttosto che sull'odio. Sentendosi scaldare gli animi, si ritira per cercare di trovare Martin Cunningham che ancora non arriva. Al suo ritorno, l'animosità nei suoi confronti è al culmine ma Bloom, surriscaldato da tutte le allusioni cui ha dovuto subire, non cede. Egli finisce per affermare al Cittadino che Cristo stesso era ebreo. Spinto da Martin Cunningham, Bloom sale su un taxi e fugge, mentre il cittadino ulcerato li insegue. Riferimento Omerico l'episodio del Ciclope si colloca tra i Lotofagi ed Eolo, vale a dire molto prima delle Sirene. Ulisse e i suoi compagni sbarcano nell'isola dei Ciclopi dove vengono fatti prigionieri da Polifemo. Questo gigante con un occhio li rinchiude con le sue pecore e divora diversi uomini. Ulisse, grazie alla sua astuzia, riesce ad inebriare Polifemo poi, con l'aiuto di un'enorme lancia ardente, gli trapassa l'occhio. Nascosti sotto la gigantesca pecora, lui e i sopravvissuti scappano dalla grotta dei Ciclopi e riescono a fuggire sulla loro barca. Prima di allora, Ulisse aveva già ingannato Polifemo dicendogli di chiamarsi "nessuno", tanto che quando il Ciclope vuole chiamare in aiuto i suoi simili, dice loro di non essere stato attaccato da nessuno, il che li fa precipitare nell'incomprensione. Pazzo di dolore e rabbia, Polifemo si reca sulla spiaggia e lancia sassi contro la barca in fuga, ma, accecato, non riesce a raggiungerli. Ulisse, imprudente, non potrà impedirsi di schernire il Ciclope rivelandogli il suo vero nome, il che permetterà a Polifemo, rimasto solo, di maledire Ulisse e di chiedere riparazione al padre, che altri non è che Poseidone. Chiede al dio degli oceani di fare in modo che Ulisse non torni mai a casa o che lo faccia da solo, su una barca che non sarà sua e che lì trovi solo disgrazie. Analisi Come nell'episodio delle Sirene, il parallelo con la storia omerica è relativamente facile da tracciare qui. Il Cittadino, grosso bruto, arrabbiato, con la sua visione ridotta e unica del mondo, in trono nell'osteria tra le pecore irlandesi, non è altro che Polifemo, il Ciclope del mito. Bloom, non rivelando di essere ebreo (la sua vera identità) fino al momento di scappare e fumare un minaccioso sigaro davanti al Cittadino, è ovviamente Ulisse. L'osteria è la tana del Ciclope, ed è ben riconoscibile la fuga di Ulisse, provocatorio, mentre Polifemo gli tira dei sassi. Come abbiamo visto, la beffa e l'ironia sono al centro della puntata. Ma più fondamentalmente, il pregiudizio di Joyce è quello di trattare ogni argomento (qui nazionalismo, xenofobia, antisemitismo) non con distanza e argomento, ma immergendosi nel cuore del linguaggio corrispondente. Da un lato, si nota che questa è una delle "regole" di Ulisse: la carne, il concreto, il quotidiano, più che le idee. Ma andando oltre, consente a Joyce di eseguire un'inversione del linguaggio di cui sta ridendo. Che ne sarebbe stato, infatti, di questo episodio se Joyce avesse optato per una narrazione remota, si potrebbe dire classica? Esattamente un testo del tipo che si segnala: una visione che vuole essere universale (quindi unica), una visione chiusa e moralizzante. Un testo che avrebbe indicato, contrastato bene e male e, per quanto sottile, si sarebbe trasformato più o meno in una caricatura. Ma, al contrario, aprendo il suo romanzo al peggior esemplare di bistrot dublinese, Joyce, senza giudicare, ci fa immergere in un universo comico e grottesco dove tutto è esagerazione e preconcetti. appare illuminante la tesi di Richard Ellmann, il quale ribalta la visione omerica dell’epos: la versione joyciana dell’epos è una versione pacifista. Egli sviluppò, dell'epos greco, un aspetto che Omero aveva posto in minor rilievo, cioè che Ulisse era la sola intelligenza tra i guerrieri greci. Ovviamente l'Ulisse omerico è un ottimo guerriero, ma soprattutto è un uomo dotato di astuzia e furbizia. Joyce, invece, fa del suo Ulisse – Bloom un uomo debole fisicamente, sicuramente non un combattente, però indomabile. Le vittorie di Bloom sono sul piano mentale, non fisico: un tipo di vittoria, sostiene Ellmann, non omerica. Una vittoria sul piano della ragione e dell'astuzia, perché, come sostiene Emer Nolan, Bloom sembra essere l'unica voce razionale dell’episodio, un coraggioso difensore del liberalismo. Voce razionale e non violenta. Così il sigaro che Bloom brandisce di fronte al Cittadino diventa l’equivalente della trave di legno con la quale Ulisse acceca Polifemo. Joyce ha quindi lasciato il ruolo del narratore per immergersi nella narrazione ed esprimere il proprio punto di vista, mentre il narratore anonimo, fondamentalmente, si rivela dotato di una visione limitata e monoculare. Il “non essere nessuno” del narratore ci porta anche però al periodo storico in cui è immerso lo stesso Joyce, ovvero il totalitarismo. È interessante notale come Bloom non venga chiamato con il suo nome “di battesimo” (proprio) perché non è battezzato, essendo ebreo (difatti viene chiamato solamente Bloom). Come detto già in precedenza, Joyce inizia ad immedesimarsi più in Bloom che in Stephen. Questo accade perché la figura di Bloom è in costante mutazione, ha una vocazione e va al di là della propria nazione; per essere un vero artista, bisogna andare in esilio (modello dantesco) Stile Nuovo pezzo di coraggio e modello di ironia è questo episodio in cui Joyce ha la folle idea di dedicare al narratore un pilastro di un bistrot, parlando un gergo in cui si mescolano interiezioni e slang irlandese. Qui siamo subito immersi nello spirito nazionalista irlandese, intravisto non per concetti e ideologia ma per quello che è: un cumulo di idee preconcette, conformismo e punti di vista totalmente irrazionali. Ma Joyce non si ferma qui. Lo stile dell'episodio è infatti “gigantismo”, una nuova invenzione joyciana. Se Joyce si fa beffe apertamente del nazionalismo, attacca anche e soprattutto ogni linguaggio che, come quello del nazionalismo, si basi sull'esaltazione, l’euforia e la magniloquenza. Il nazionalismo dei pilastri dei bistrot dublinesi appare come la versione popolare e minimalista dello stesso movimento, che ha lo stesso difetto del Cittadino: sostenere una visione mondo unidimensionale, usando l'esacerbazione per mascherare carenze e incongruenze. Bloom e il suo ebraismo non sfuggono allo scherno, lasciandosi trasportare dalla febbre delle visioni contrastanti del mondo. Episodio 13 – Nausicaa (X di XII dell’Odissea) Ora: 20:00 Ambientazione: Spiaggia di Sandymount Scienza/Arte: Pittura Organo: Occhi, naso Riassunto È passato del tempo di cui non siamo a conoscenza, quando Bloom, insieme a Cunningham, è andato a trovare la vedova Dignam per darle la colletta raccolta. Ci troviamo ora sulla spiaggia di Sandymount, dove due ragazzini giocano a palla, tenuti d’occhio dalla sorella Cissy Caffrey insieme alla sua amica Edy Boardman. Con loro il lettore fa conoscenza della vera protagonista dell’episodio: Gerty Mac Dowell, una ragazzina che polarizza l’attenzione di Bloom che la osserva insistentemente. Gerty sogna ad occhi aperti davanti al mare, ascoltando le voci della messa celebrata in una chiesa poco distante da lì. Ella pensa alle piccole cose della sua vita, al suo amante, al suo bagno, alla sua rivalità con Edy; fantastica soprattutto sulla vita che potrebbe avere, somigliando alle favole raccontate dalle riviste: si immagina in uno dei romanzetti licenziosi che piacciono a Molly. Quando ragazze e bambini si preparano a lasciare la spiaggia per tornare a casa, scoppia uno spettacolo pirotecnico. Gerty approfitta quindi del fatto che tutta la truppa si precipita ad ammirare i fuochi d'artificio per scatenare gli impulsi erotici che ribollono in lei. Si appoggia sulla schiena, arrotolando la gonna e offrendo agli occhi indecenti di Bloom lo spettacolo delle sue cosce e della sua biancheria intima, all'estasi. Bloom però non si limita a guardare, come suo solito, anzi: assistiamo ad una masturbazione. Appena Bloom finisce passiamo ad ascoltare i suoi di pensieri mentre guarda Gelty alzarsi e andando via zoppicando. Inizia così il flusso di coscienza di Bloom, il quale ricade inevitabilmente su Molly. Il capitolo si chiude con Bloom che scrive, con un bastoncino, “I am a” sulla sabbia, ma lo spazio non è sufficiente quindi non conclude il pensiero. Riferimento Omerico Ulisse, dopo essere scampato alla tempesta provocata da Poseidone, naufraga nella terra dei Feaci, governata dal re Alcinoo. Con l’aiuto della dea Atena, egli riesce ad incontrare Nausicaa, figlia del re. Infatti, Atena, sotto le spoglie di una sua compagna, invita la giovane a recarsi al fiume. Lì nota Ulisse, coperto unicamente da foglie e assopito. Dopo aver prestato soccorso allo straniero, gli offre ospitalità presso la corte di Alcinoo dove Ulisse inizia a raccontare la sua storia. Analisi Se Gerty è descritta con capelli d’alabastro, ciglia lunghissime e pelle candida, Nausicaa viene presentata come “Una vergine che nel corpo e nel volto pareva una dea immortale”. Ulteriori collegamenti possono scattare tra le figure di Leopold Bloom ed Ulisse: l’eroe omerico vive, come il protagonista del romanzo di Joyce, la condizione di esule; il primo è naufrago in una terra sconosciuta, nella quale viene accolto calorosamente, mentre il secondo sceglie un allontanamento volontario perché non vuole tornare a casa e perché è in cerca di un appagamento erotico che sa non arriverà da sua moglie. In entrambi i casi, l’aspetto sensuale riveste grandissima importanza, non bisogna dimenticare che nell’episodio omerico Ulisse appare nudo e sente il bisogno di coprirsi con delle foglie, viene descritto con un atteggiamento che ricorda un qualcosa di animalesco. La sensualità in questo caso è legata sia alla fame che ad un accennato istinto sessuale, del quale Leopold Bloom farà il fulcro del monologo contenuto nella seconda parte dell’episodio. Ejzenstejn (regista), in un suo saggio, spiega che il montaggio, tipico del cinema, proviene dal romanzo. Difatti, vediamo Gelty che pensa a Bloom e subito sentiamo le campane per la Vergine; quando Bloom sta raggiungendo l’orgasmo, sentiamo i fuochi d’artificio. Lacan scrive un saggio in cui afferma che i “rapporti sessuali” non esistono: esiste sì il sesso procreativo, ma le parole “rapporto” e “sessuale” sono in contraddizione. Quando si fa sesso, ognuno è chiuso nel proprio flusso di coscienza di piacere, chiuso nelle proprie fantasticherie. Il pipistrello che Bloom immagina, durante il flusso di coscienza, tra lui e Molly, non è altro che l’autore stesso. Il capitolo si chiude con una questione irrisolta, cosa stava scrivendo Bloom? (Uysses, U – lessys, you less, senza tu). sia effettivamente successo nell’ultimo bar in cui sono stati ma si suppone anche che Buck abbia messo delle sostanze stupefacenti nel bicchiere di Stephen, nonostante stessero già bevendo assenzio. La giornata di Stephen, quindi, nonostante sia già iniziata male finisce ancora peggio. Stephen si precipita fuori dal bordello, inseguito dalle ragazze, mentre Bloom e Bella Cohen, la proprietaria, cercano di accordarsi sui danni da pagare. Dedalus continua ad essere delirante, dando fastidio ad una delle figlie di un soldato. Nonostante i suoi migliori sforzi, Bloom non può impedire a uno dei soldati di colpire Stephen in faccia. Con ciò, due agenti di polizia arrivano e minacciano di portare il giovane ubriaco alla stazione, ma Bloom interviene, supplica Stephen e approfitta della presenza del taxi per caricare Dedalus e scappare. Una volta depositato in un luogo sicuro, Bloom cerca di svegliare Stephen che, riprendendosi con difficoltà, identifica il suo salvatore come "una pantera nera vampiro", trovando lì la risposta al suo sogno premonitore. L'episodio si conclude quando Bloom, senza dubbio commosso dal prendersi cura del giovane, ha un pensiero per il proprio figlio, morto in tenera età, e crede di vedere la sua sagoma risaltare dalle ombre della notte. Riferimento Omerico Nel Odissea antica, l'episodio di Circe si verifica dopo quello dei Lestrigoni. Ulisse arriva sull'isola di Eea, lì uccide un cervo gigante e si prende qualche giorno di riposo, poi manda degli uomini ad esplorare l'isola. Scoprono il palazzo di Circe, intorno al quale vivono animali selvatici che si comportano come animali domestici. Gli uomini vengono ricevuti da Circe, ma uno di loro, Euriloco, è sospettoso e se ne sta alla larga. Durante il pasto, la maga versa un veleno nel bicchiere dei marinai che, bevendo, si trasformano in maiali. L’unico sfuggito alla trappola di Circe è Euriloco, che corre ad avvertire Ulisse. Quest'ultimo decide di recarsi al palazzo di Circe e, lungo la strada, incontra Ermes che gli offre una pianta che gli permette di resistere ai veleni della maga: il moly. Quando Circe cerca di avvelenare a sua volta Ulisse, l'incantesimo non funziona. Quindi egli la minaccia con la sua spada e le ordina di restituire ai suoi compagni il loro aspetto umano. Circe cerca di sedurlo e Ulisse si unisce a lei. La maga poi restituisce il loro aspetto agli uomini di Ulisse e cessa ogni inganno. Ulisse e i suoi uomini rimarranno un anno nell'isola di Circe per riposarsi e banchettare. Al momento della loro partenza, Circe consiglierà a Ulisse di visitare gli Inferi per chiedere l'aiuto dell'indovino Tiresia per ritrovare la via del ritorno. Analisi Nella nostra cultura, l'episodio di Circe è inevitabilmente legato alla lussuria, alla dissolutezza e ai bordelli; Joyce non avrebbe potuto perdere questa opportunità di affrontare gli aspetti sessuali, intimi e indecenti della vita. Siamo, però, anche nel luogo delle grandi trasformazioni. La Telemachia finisce con il flusso di coscienza di Stephen, l’intera opera termina con il flusso di coscienza di Molly; solo l’Odissea non termina con un flusso di coscienza ma con una sorta di delirio doppio. Stephen è ubriaco, se non drogato, ed ha evidenti visioni, addirittura l’apparizione del fantasma della madre come ultimo gesto di empietà. Egli cerca di scacciare questo fantasma con un bastone. Siamo in un capitolo pieno di visioni perché Stephen è per l’appunto inebriato. Ma Bloom non lo è, allora perché ha le visioni? Bloom allucina in primis perché è stanco, poi entra mal volentieri in quel quartiere, la prima visione che ha è appunto suo padre che lo rimprovera. Questo abbandono della chiesa dei padri viene immediatamente appuntato a Bloom ma anche a Stephen, entrambi agnostici che però provengono da due religioni diverse. Entrambi hanno una persecuzione familiare per questo motivo. Un padre è stato a sua volta figlio, arrivando all’indietro all’unico padre che non è stato figlio: il dio delle religioni monoteiste. Sono le parole stesse a fondare le allucinazioni per Bloom. Il significato stesso delle parole è allucinatorio (significante e significato: aspetto fonetico e rappresentazione della parola). Joyce si fonda sui pensieri di Freud riguardanti il sogno per creare le allucinazioni derivanti dalle parole. Quello che Bloom pensa, poi effettivamente lo vede, pur non avendo assunto nessuna sostanza allucinante, è in grado lo stesso di allucinarsi tramite le sue parole e il suo inconscio. Questo ci fa capire che siamo ancora nelle teste due protagonisti. Bloom raggiunge una specie di masochismo implicito: vuole una donna che lo domini, che lo possegga (Bella Cohen che si trasforma in uomo mentre Bloom in donna); abbiamo l’apparizione di una serie di signore dublinesi che lo accusano di scrivere delle letteracce (Bloom scrive le lettere come Henry Flower). Essendo un pubblicitario dovrebbe essere convincente con le parole ma le donne lo accusano di scrivere delle dirty letters. Stephen avverte il disagio di non riconoscersi all’interno della sua comunità, in quanto significherebbe diventare un usurpatore come Buck. Bloom anche è un extracomunitario, nonostante si senta irlandese lo è di prima generazione, il padre è nato in Ungheria; è il “qui” ed “ora” che determina l’appartenenza a una nazione. Stephen vuole diventare un extracomunitario, perché l’artista ha la necessità di cercare una comunità più grande. “L’artista è colui il quale lavora per un popolo che manca”. La scelta di Stephen lo porta inevitabilmente fuori dalla sua comunità (tema dell’esilio dantesco). La frustrazione di Stephen nasce anche per il mancato incontro con “la donna”, incontro che invece Joyce ha. Il piano della realtà è incrinato. Il tempo appare sicuramente distorto ma, grazie ai soldati, possiamo inquadrarlo: questo capitolo è ambientato nella Dublino del 1904 ma è stato scritto nella Parigi del 1920; tra i due tempi sappiamo che c’è la guerra. Infatti, Stephen dice ai soldati che loro sono pronti a morire per la loro patria o almeno prima o poi lo faranno; lui vuole che la sua patria muoia per lui. A questo punto Stephen viene picchiato e Bloom fa per raccogliere Stephen da terra con un gesto paterno ma in questo momento gli appare Rudy. Il fantasma del figlio appare con una divisa da collegio per ricchi e ha un libro davanti che legge da destra a sinistra. Questo sono vari simboli: è vestito da inglese per bene e legge da destra a sinistra come gli ebrei. Quando il padre lo chiama il figlio lo vede ma non si gira. Il figlio è vestito come un rappresentante del potere inglese e si comporta come un vero ebreo. L’opposto quindi di Bloom. Divisione ancora della vita paternale. Rudy sarebbe il figlio perfetto di Lipoti, rinsaldandosi la linea paterna. Stile Lo stile di questo episodio (da incubo secondo gli schemi) si basa sul processo teatrale. È infatti composto solo da repliche e didascalie. Da questa trama, Joyce ci porta attraverso il quartiere dei bordelli di Dublino, ma anche negli strati più sepolti della psiche dei suoi due personaggi principali. Dopo Ciclope e Nausicaa, eccoci di nuovo al cospetto di un testo dove lo spirito del personaggio e il testo si fondono. Questa volta si tratta di quelli, piuttosto ubriachi, di Bloom e Dedalus. Come in un sogno, ritornano gli eventi ei personaggi del giorno passato. La loro presenza è distorta, amplificata e ricollocata dal significato profondo che emerge dall’incubo. Per Bloom predomina il masochismo, e vergogna e sottomissione si mescolano al piacere. Per Stephen sorge il dilemma tra il suo senso di colpa nei confronti della madre e il suo rifiuto dei valori. Joyce riesce a farci oscillare costantemente tra realtà e delirio, ricamando con precisione su ogni evento una caotica sovrabbondanza di apparenze e fantasie. Il linguaggio, come l'immaginazione, sembra qui essere totalmente liberato da vincoli, ma anche, d'altra parte, favorevole a confrontarci con i pensieri più bassi e pericolosi. Episodio 16 – Eumeo (I di III del Nostos) Ora: 01:00 Ambientazione: Ristoro dei vetturini Scienza/Arte: Navigazione Organo: Nervi Riassunto Leopold Bloom e Stephen Dedalus passeggiano per la sonnolenta Dublino. Camminando, incontrano un certo Corley, un conoscente di Stephen che sta attraversando un brutto periodo. Lui gli suggerisce di tentare la fortuna con il signor Daisy offrendogli il suo posto di insegnante che lascerà. Ma Corley preferisce estorcergli dei soldi. Esausti, Bloom e Stephen decidono di prendersi un po' di riposo in una taverna, la taverna Peau-de- Bouc. Bloom, preoccupato per le condizioni di Stephen, gli ordina un caffè e un panino e lo incoraggia a mangiare, senza molto successo. Dalla popolazione notturna dello stabilimento spicca un personaggio: un marinaio, disceso senza dubbio dai tre alberi visti da Stephen quella mattina stessa. Egli racconta le sue avventure, vere o immaginarie, sui sette mari e attraverso tutti i paesi in cui fu in grado di attraversare. Gli aneddoti del marinaio continuano finché Stephen non si sente abbastanza energizzato da andarsene. Bloom decide allora di offrirgli di andare a casa sua per farlo mangiare e farlo riposare. Ripartono, discutendo di musica. Stephen inizia a cantare mentre Bloom immagina tutte le possibilità per la sua famiglia se il giovane poeta vi si integrasse. Riferimento Omerico Ulisse, sbarcato sulla costa di Itaca, si rifugia nella capanna del pastore Eumeo: è il guardiano e allevatore dei porci, è rimasto fedele ad Ulisse. Il fedele porcaro accoglie Ulisse mascherato in modo ospitale. Mentre mangiano, Eumeo gli racconta la sua amarezza di servo fedele a un padrone che ritiene ormai morto lontano, mentre la sua casa ora infestata dai Proci sta andando in rovina. Il falso mendicante, che dice di essere un soldato cretese appartenente all’esercito che accompagnò Idomeneo a Troia, rassicura il porcaro: ha saputo nella terra dei Tesproti che Odisseo è vivo, sta per tornare in patria e punirà chi ha offeso sua moglie e suo figlio. Odisseo trascorre la notte coperto da un buon mantello datogli da Eumeo, che invece è fuori a sorvegliare gli animali del suo padrone. Analisi La parodia non è mai così crudele come quando è discreta. Qui, non il pasticcio di Circe o l'oltraggiosa irriverenza di Nausicaa, ma l'inventario, senza clamore, della casa finalmente ritrovata. Eccoci, di fatto e nel testo, nel buon vecchio buon senso, la cara e così familiare discussione (e pensiero) unanimemente condivisa. E lì sono il pathos e la noia che predominano. Innanzitutto, è costituito da cose che già sappiamo. In secondo luogo, nonostante gli sforzi di enfasi e le procedure stilistiche impiegate e una ricerca permanente dell'effetto, è soporifero. Terzo, è inesauribile, proprio come il caffè offerto a Stephen: è insapore, indefinibile e imbevibile. Secondo la tradizione omerica, nulla è certo in ciò che ci viene raccontato, fino all'identità dei personaggi. Il proprietario dell'osteria è davvero Peau-de-Bouc, colui che ha partecipato agli eventi insurrezionali; il marinaio dice la verità, gli italiani hanno un dono innato per maneggiare i coltelli? sono caratteristiche nazionali nel sangue, l’articolo che Bloom ha letto da informazioni accurate. E infine chi è Mc'Intosh? Tutto ciò che ci viene raccontato è commovente, incerto, degno di sospetto. Perché non appena troviamo una conversazione popolare (quella che dovrebbe essere estranea al romanzo), tutto diventa sfocato. Raccontiamo sentito dire, ricamiamo da frammenti di informazioni, immaginiamo ad alta voce, insinuiamo, caviamo, lo rendiamo incredibile, parliamo di tutto, di niente, per non essere finalmente più avanti dell'inizio. Stile Niente più tuffi soggettivi e acrobazie stilistiche, Eumée sembra riprendere una narrazione semplice, “classica”, “di facile lettura”, in uno stile libero indiretto. Tuttavia, guardando più da vicino, vediamo che è fatto di formule già pronte, cliché e svolte stilistiche di fascia bassa. Le frasi oscillano tra la lingua parlata e la letteratura di seconda classe. Tutto è di facile accesso, ma ogni tentativo di effetto fallisce, i tentativi di evocazione non evocano nulla, le immagini suggerite dal testo sono prive di interesse. Proprio come Stephen di fronte a Bloom, ci troviamo di fronte a uno stile che non risveglia nulla in noi. Tecniche e stili diversi si susseguono (ognuno ugualmente inefficace), come se Joyce ci avesse improvvisamente deluso. Sembrerebbe che questo tipo di narrazione potrebbe continuare all'infinito, proprio come le storie del Marinaio potrebbero essere raccontate per tutta la notte. Ma non è quello che è successo davvero? Dal tempo della scrittura di Ulisse, poi chiedendo un'altra voce (quella dell'autore, senza dubbio) per descrivere cosa sta succedendo, cosa si dice, cosa si pensa. Tuttavia, la voce interrogativa sembra presa da un puntinismo maniacale, o da un desiderio sadico di precisione, che chiede costantemente maggiori dettagli, portando la voce che risponde ad approfondire le sue descrizioni e spiegazioni. Come se, arrivando alla fine del romanzo, la narrazione ancora non sazia richiedesse un resoconto estremamente dettagliato, volesse soddisfare il suo desiderio di imprigionare finalmente il presente reale, irraggiungibile e perpetuo. Questo capitolo riflette quindi il secondo ma, rispetto al catechismo umano di Stephen (lui poneva domande agli studenti), qui abbiamo un catechista sconosciuto. Gli aristotelici proseguivano attraverso questiones (domande), proprio come è strutturato questo capitolo. Abbiamo una narrazione ridotta all’essenziale, procedimento anche noioso potremmo dire. Ma l'umorismo di Joyce, la flessibilità del suo linguaggio e la sua prodigalità, fanno miracoli qui. La storia si dipana, somma di piccole cose, divagazioni e indicazioni maniacali e nonostante tutto assistiamo perfettamente allo svolgersi di ogni scena. Il gioco domanda-risposta, oltre all'effetto parodia, gli permette di portarci molti dettagli sui personaggi (il loro passato tra gli altri) ma anche e soprattutto di realizzare una sorta di sintesi generalizzata della giornata. L'intero finale con questo strano tuffo nel sonno e le prime incursioni notturne nel linguaggio. Episodio 18 – Penelope (III di III del Nostos) Ora: – Ambientazione: Letto Scienza/Arte: Geologia Organo: Carne Riassunto Non sappiamo più esattamente che ore sono, tra le due e le tre del mattino; Bloom si addormenta ma, mettendosi a letto, sveglia Molly. Quest'ultima, non riuscendo a riaddormentarsi, lascia andare i suoi pensieri che sembrano essersi distesi, in un flusso incessante, fino alla fine della notte. Pochi piccoli eventi disturbano, tanto quanto mantengono il filo del monologo notturno: in lontananza, il fischio di un treno, un passaggio sul vaso da notte, ecc. Molly pensa sia alla sua giornata (soprattutto alla venuta del suo amante), sia a quello che immagina di suo marito (sospetta una relazione con un'altra donna ed è ironica sulle sue idee eccentriche, come quella di far venire uno studente a casa nel mezzo della notte), alla sua infanzia a Gibilterra, ai suoi amanti passati e futuri, al suo corpo, al desiderio che suscita e che mantiene, alla figlia e alle mille piccole preoccupazioni quotidiane. Il capitolo finisce con il ricordo di quando Molly rispose sì alla proposta di patrimonio fatta da Bloom. “Sì”, scritto in corsivo, come per distaccarsi dal flusso di coscienza. Riferimento Omerico Quando Ulisse si vendica sui pretendenti, si unisce alla moglie in camera da letto, ma prima i due si raccontano i rispettivi anni di solitudine e di sofferenza. Analisi Nella versione joyciana, per Ulisse non c'è posto. Penelope rimane sola e, lasciandosi scivolare via i pensieri, ripercorre la sua vita tanto quanto la sua giornata. Alla fine dell'episodio precedente, mentre Bloom è ritratto in posizione fetale, Molly è ritratta come la dea Gea: "piena, affondante, grassa di sperma". Nell'episodio finale del romanzo, Molly appare come l'antica Dea Madre. Sembra preoccupata solo della sua capacità di perpetuare generazioni, di essere autosufficiente, di prendersi gioco degli uomini e dei loro mille piccoli desideri insignificanti. Come un'unità solida, ruota su se stessa, pacifica, come l'enorme globo terrestre. Come già sappiamo, la letteratura nasce al femminile, erano solo le donne a leggere i novel (anche ora il numero di lettori è prevalentemente femminile). Il termine letteratura, nella sua origine, significa grammatica o alfabeto; è con Samuel Johnson, nel ‘700, che viene intesa con il significato attuale, ovvero quel sistema di conoscenze necessarie per poter leggere i libri. Essendo le opere collegate strettamente ai supporti cui le mantengono, le prose antiche non possono essere considerate letteratura nel senso inteso oggi. Il Decameron è il primo esempio di opera letteraria ma sembrerebbe avere una funzione di contenimento femminile, difatti la stessa opera è pensata per essere letta dalle donne annoiate. Tutta l’arte può avere una funzione di contenimento, difatti è attraverso l’intrattenimento che il potere si diffonde. Joyce va oltre la letteratura, piuttosto che contenere le donne, quest’ultimo capitolo porta a divenire donna, ad entrare nella nesta di una donna. Finalmente inquadriamo Molly, fino ad ora vista solamente nella sua macchina, il letto, e anche immaginata solo così tramite i pensieri di Bloom (magari con Boylan); abbiamo solo intravisto un suo braccio quando lancia una moneta al marinaio mutilato. Attraverso il pensiero di Molly riusciamo ancora a dedurre delle cose: scopriamo, ad esempio, che Bloom l’ha ottenuta una cosa in tutta quella giornata, una colazione a letto da parte della moglie (significato risarcente). Si sente ogni tanto il rumore dell’orologio, quindi capiamo che il tempo passa, nonostante ci troviamo in un mondo onirico. Sappiamo anche che Molly si mette sul vaso da notte e capisce chiaramente che sta per avere le mestruazioni: Molly è l’unica che sente il proprio corpo, in quanto macchina motrice della specie. Entrare nella testa di Molly è sprofondare nella matrice. Quello che sicuramente possiamo mettere in evidenza è proprio il fatto che Joyce ha, come diceva Yung, una grande conoscenza della psicologia femminile (ma anche maschile, dato il penultimo capitolo). La questione del capitolo è costringere il lettore a divenire Penelope, rispetto invece ai flussi di coscienza degli altri personaggi. Possiamo trovare una serie di affermazioni che ci possono essere utili. Ogni qual volta che pensa a un amore precedente, Molly pensa anche a com’era vestita, quasi a sottolineare che gli uomini per le donne sono come dei vestiti. Ha molte considerazioni sugli uomini, molte sul marito, pensa che lui qualche soddisfazione sessuale durante la giornata l’abbia avuta. Dobbiamo cercare di mettere in ordine tutto ciò che Molly pensa degli uomini e di suo marito. Gli uomini: 1. Tendono ad essere piagnoni e melodrammatici, soprattutto quando si ammalano (compreso Bloom); 2. Mentono per partito preso (tutti bugiardi); 3. Raggiunti i quarant’anni vogliono fare ancora i ragazzini, una sola donna non gli basta, tra l’altro di smorfiose ce ne sono tante; 4. Alla fine, sono loro che hanno il monopolio del piacere mentre le donne rischiano le gravidanze; 5. Persino dei preti non c’è molto da fidarsi; 6. In campo sessuale, nemmeno si ha l’idea di cosa passi nella loro testa; 7. Ti guardano con come gli stupidi; 8. Quando indossano un uniforme non sono niente male; 9. Nel loro sistema di valori hanno senso solo le stupidaggini (Boylan è entrato come una furia perché ha perso alle corse); 10. Da un punto di vista fisico sono più brutti delle donne; 11. Tendenzialmente esibizionisti, non manca occasione di fartelo vedere; 12. Quando si mettono in cucina fanno solo disastri (rognone di Bloom); 13. Qualcuno col sesso ci sa fare (come Boylan ma non ha goduto); 14. È inutile mandar loro segnali tanto non capiscono; 15. Non vi dico nemmeno qual è il posto in cui hanno un po’ di materia grigia; 16. Il primo non si dimentica mai (c’è sempre un fidanzato che si sogna); 17. La maggior parte di loro (salva solo Bloom) non ha in sé un briciolo di amore per le donne; 18. Vanno fieri delle loro amicizie al maschile, che vuol dire uccidersi a vicenda; 19. Sono carini soltanto da giovani; 20. Quanto allo stile, eleganza e grazia non sanno nemmeno dove siano di casa (esempio di Boylan con camicia, calze ed erezione); 21. Sarebbe meglio se il mondo fosse governato dalle donne. In cosa si distingue Bloom invece? 1. Scopriamo che non è vero che tra di loro non c’è rapporto sessuale, non genitale ma altre forme di sesso. Si eccita quando sa che la moglie è corteggiata da qualcun altro; 2. Durante il corteggiamento, parlava tanto e un po’ di tutto (abbiamo visto anche nel Ciclope); 3. Amava atteggiarsi ad intellettuale; 4. Per essere un maschio, risulta un po’ troppo aggraziato (anche le sirene lo dicono, non fuma nemmeno la pipa); 5. Per quanto non manchi occasione di magnificare i destini della pubblicità, non ha ottenuto grandi successi lavorativi; 6. Straparla e millanta di saper fare tutto; 7. Farebbe ogni cosa per una persona, prima ancora che questa ne esprima il desiderio; 8. È servizievole; 9. C’è qualcosa in lui di premuroso e attento; 10. Perde la testa per la prima sottoveste in cui si imbatte; 11. Se c’è una cosa che lo eccita sono le parolacce; 12. Mi piaceva come faceva l’amore perché sapeva come prendere una donna. Scopriamo anche che Molly vuole una lettera d’amore, quella ricevuta da Boylan ma non la ritiene una lettera d’amore vera. C’è uno strano ricordo che attraversa Molly, quando una volta andò da uno ginecologo che era un vecchio bruttissimo, la indispose perché le chiese se sentisse degli odori nauseabondi provenire dal proprio organo. Pensò che fosse un uomo terribile ma quando prese a scrivere la ricetta parlando dei suoi genitali, pensò fosse carino. Bloom stesso, all’epoca del fidanzamento, le scriveva una lettera al giorno. Siamo al fulcro della situazione; se c’è un rapporto privilegiato tra femminile e letteratura, in queste lettere che parlano del corpo si nasconde la capacità di Bloom di far eccitare sua moglie. D’altronde, come ha detto anche Molly, lui sa cosa vuole una donna. C’è qualcosa di misterioso in questo mondo in cui la letteratura finisce per essere quasi un sinonimo di sessualità. Allora forse la grande macchina narrativa ha l’obiettivo di scaldare tutti coloro che vi finiscono dentro. Joyce riteneva che Ulisse finisse con Itaca, essendo Penelope solo una specie di appendice. Se si considera (come Joyce) che Ulisse è il romanzo del giorno, mentre Finnegans Wake quello della notte, Penelope appare infatti come un anello di congiunzione tra i due: non appartiene più a Ulisse e non ancora a Finnegans Wake. Le donne non hanno voce in Ulisse, anche qui i pensieri di Molly sono al di fuori dell'espressione orale (lo stile si dice "rassegnato" nei diagrammi). Molly è come sola al mondo, mentre Dublino (e il mondo intero) dorme. Ma il suo monologo non ha nulla a che vedere con la prosa di Finnegans Wake. In quest'ultimo romanzo Joyce celebra il discorso notturno e femminile che si afferma e si appropria di tutta la letteratura del mondo; mentre il monologo di Molly è solo una parentesi, al di fuori delle regole e degli stili maschili che regnavano (e venivano parodiati) in Ulisse. Stile Il monologo di Molly è rimasto famoso per tanti motivi, ma forse soprattutto per la sua sintassi. Joyce ha deciso di eliminare i segni diacritici da quest’ultimo capitolo. Entriamo in un momento preciso, Molly non sta dormendo, è esattamente il momento tra la veglia e il sonno. Il flusso di pensieri, quindi, è un po’ vigile e un po’ no, per questo viene contrassegnato da questa scrittura che riprende la scriptio continua. Il testo è infatti composto da otto immense frasi, che corrono su intere pagine, del tutto prive di punteggiatura. La parola vi scorre come un flusso ininterrotto e incontrollato dove le parole servono solo un pensiero libero, femminile, e
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