Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto e commento del Saul di Vittorio Alfieri, Tesine universitarie di Letteratura Italiana

riassunto e commento del Saul di Vittorio Alfieri

Tipologia: Tesine universitarie

2018/2019
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 11/06/2019

stefi1998
stefi1998 🇮🇹

4.2

(43)

18 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto e commento del Saul di Vittorio Alfieri e più Tesine universitarie in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! (Come sviluppare la tesina sull’opera da portare all’esame:Inquadramento dell’opera nell’arco della produzione, analisi e soprattutto confronto tra il testo spettacolare e testo drammaturgico e le differenze tra i due linguaggi, discorso sulla lingua) (Riassunto del saggio di Franca Angelini sul Saul ) L’idea del Saul venne ad Alfieri nel 1782, durante il soggiorno a Roma , dove aveva tra l’altro preso parte alla recita dell’Antigone presso il palazzo del duca Grimaldi, ambasciatore di Spagna e aveva interpretato la parte di Creonte. In quest’anno compose la Merope, che gli era stata ispirata dalla lettura della Merope di Scipione Maffei, che aveva profondamente criticato, nella Vita ricorda che volle scrivere una tragedia assai più semplice, calda e incalzante, questi tre elementi sono molto importanti per definire in modo dettagliato lo stile che Alfieri segue in questi anni e che ricorre anche nel Saul. Fondamentale per la composizione del Saul è la lettura della Bibbia che da Alfieri viene considerata come una fonte molto ricca di contenuti poetici, nello specifico la fonte della storia è il primo libro dei re dedicato a Samuele, Saul e David dove si narra l’elezione a re di Israele di David. Sempre nella Vita a proposito di questa tragedia Alfieri parla del particolare modo di scrivere le tragedie , diviso nei tre momenti dell’ideare, stendere e verseggiare cioè l’abbozzo iniziale, la successiva stesura in prosa e infine la stesura in versi. Un metodo dunque che inizia con l’impeto dell’ispirazione e prosegue poi nell’elaborazione fino ad una limatura finale, la fase più impegnativa che sottopone ad un lavoro di revisione e di vaglio le idee iniziali. Per il Saul Alfieri sottolineò sempre la facilità e la spontaneità nel passaggio da una fase all’altra , tanto che la scrisse in quattro mesi. Successivamente però rimise mano alla tragedia in occasione dell’allestimento dell’edizione parigina del 1789, Alfieri apportò al testo delle correzioni stilistiche cosicchè solo dopo questa edizione l’elaborazione della tragedia può dirsi conclusa. Negli anni precedenti aveva trattato i miti e i grandi personaggi della storia greca e romana in tragedie come Antonio e Cleopatra, Antigone, Agamennone, ma anche fatti legati alla storia più recente come ne La congiura dei Pazzi o nella Maria Stuarda e aveva affrontato un duro lavoro sulle fonti e sui modelli letterari. Aveva consolidato il modello strutturale delle sue tragedie, che è basato sulle regole classiche cioè il rispetto delle unità aristoteliche , il rovesciamento dei destini , la catastrofe e l’effetto catartico finale. Una struttura classicheggiante che figura da contraltare rispetto alle passioni travolgenti che divorano i personaggi: la libertà contro il tiranno, la passione amorosa, la condanna alla solitudine. Altro tassello importante nella genesi del Saul è il trattato Della tirannide scritto cinque anni prima del Saul, la figura del tiranno tratteggiata da Alfieri trova nelle storie bibliche degli esempi eccellenti, infatti nelle vicende raccontate nella Bibbia il conflitto tra uomo libero e tiranno è riecheggiato dal conflitto tra legge degli uomini e legge di Dio. Il Saul è dedicato all’abate Tommaso Valperga di Caluso, docente di greco e di lingue orientali, grande amico di Alfieri e studioso delle sacre scritture. Come scrive al Caluso anche dopo la realizzazione del Saul Alfieri continuerà a leggere la Bibbia, tuttavia i temi biblici sono scarsamente presenti nelle sue tragedia perché come scrive nel “Parere dell’autore” sul Saul nell’edizione Didot, a causa della presenza dell’elemento religioso misto al soprannaturale, queste tematiche piacevano molto agli antichi ma piacciono poco al pubblico del 700, il secolo del razionalismo. Il Saul risulta fortemente ispirato alle tragedie di Federico Della Valle, autore del 600, nato come Alfieri ad Asti. Principalmente due sembrano essere le tragedie cui si ispira Alfieri la Iudit e la Reina di Scotia, nelle tragedie di Della Valle molto importante è l’opposizione tra giorno e notte tra sole e ombra , che assume una forte connotazione simbolica, così come in Alfieri dove questa opposizione serve a descrivere la condizione psicologica del personaggio. Saul fa il suo primo ingresso in scena inneggiando all’alba e si tratta di un chiaro richiamo al Re Sole di Francia, Luigi 14 esimo simbolo per eccellenza del potere assoluto e quindi del tiranno. L’opposizione tra il giorno e la notte innanzitutto è un richiamo all’opposizione tra un governo giusto e un governo ingiusto, tra un potere che agisce per il bene e un potere che agisce solo perseguitare e per perpetuare se stesso come quello del tiranno, ma è anche un riferimento all’abisso che separa la vecchiaia e la gioventù. Infatti queste sono le due tematiche principali della tragedia la tirannide e la vecchiaia, che fa odiare a Saul il presente e lo spinge ad essere invidioso del giovane e vigoroso David. Il sole viene più volte utilizzato come metafora del vigore e della forza e non solo viene quasi venerato da Saul che non a caso alla fine preferisce tradire i piani di David che aveva consigliato di attaccare il nemico nel pomeriggio e rimandare al giorno successivo al sol nascente. L’opposizione giorno notte quindi risulta simbolo dell’opposizione tra bene e male da un lato, ma è una scansione temporale che ricorre nel teatro barocco e che serviva a rispettare l’unità di tempo dettata da Aristotele. Il personaggio di Saul è colto nella fase della crisi, non è ancora uno spietato tiranno non ha ancora perso completamente le sue qualità, è un buon padre che dimostra di amare i propri figli ma è attanagliato dalla paura della morte e dell’oblio e detesta la sua condizione di vecchio , la vecchiaia viene da lui intesa solo come perdita della giovinezza e per questo rimpiange continuamente il passato e odia il presente. A questo proposito sempre nel Parere sul Saul Alfieri indica come caratteristica del personaggio di Saul e della tragedia la perplessità del cuore umano, per cui un uomo che è diviso tra due passioni tra loro contrarie, vuole prima una cosa e poi non la vuole più. Questa perplessità è uno dei maggiori segreti per generare commozione e sospensione nel teatro. Alfieri afferma di aver scoperto questo segreto proprio con il Saul. Molto doveva aver influenzato il pensiero di Alfieri in proposito la lettera scrittagli da Ranieri Calzabigi a proposito delle sue prime 4 tragedie, il Calzabigi aveva definito la perplessità come una molla del cuore umano che spinge a tollerare anche i malvagi, il pubblico meglio avrebbe accettato il male se alternato al bene, mettendo in risalto questo passaggio dal bene al male e viceversa, il passaggio da uno stato d’animo all’altro , le situazioni di crisi. Questi mutamenti del cuore umano influiscono molto sulla struttura della tragedia in cui si determinano delle interferenze tra passato, presente e futuro, il passato infatti viene spesso richiamato alla memoria tramite il ricordo, il futuro viene anticipato attraverso visioni profetiche, ci sono poi interferenze tra entusiasmo e depressione, gioia e tristezza, interferenze tra la realtà e la memoria, tra la realtà e il sogno o tra la realtà e le allucinazioni. Molto importante è il monologo di David che apre la tragedia è che risulta essere una sorta di prologo, infatti nelle sue parole è riassunto il preludio della storia e anticipata l’azione tragica. Questo monologo è scandito in tre tempi , il presente in cui egli è bandito dal regno, costretto a fuggire perché Saul lo vuole morto, il passato dei suoi servigi come fedele scudiero del re che ora Saul ha dimenticato e il futuro della morte, che non sarà però la sua ma quella di Saul. Tra questi tre tempi che ricorrono spesso nelle parole dei personaggi quello sempre privilegiato è il passato, il ricordo di un’epoca felice , quando il re era un eroe e un buon padre per tutti. Il canto di David è quello di un figlio abbandonato e di un eroe misconosciuto. Questo canto come si è detto funge da prologo sia perché racconta l’antefatto sia perché anticipa tutti i motivi conduttori del dramma. proprio dalla voce. La voce che suscita in Saul il ricordo del suo eroico passato svegliandolo dal mortal letargo in cui vive, il mutismo di Saul viene così a contrapporsi alla voce di David, mutismo, silenzio che è presagio e preludio della morte, voce, suono che è invece simbolo di vita e di vigore. Questa opposizione tra parola e silenzio è un tema molto importante che rappresenta un ulteriore livello di lettura del contrasto tra Saul e David , tra buio e luce, che sottende tutta la tragedia. La scena quarta dell’atto terzo è interamente occupata dalla voce di David, che canta per Saul un canto che intende risvegliare nel sovrano dei sentimenti nobili, purificare il suo animo, quella che è poi la funzione della tragedia. La voce con cui David richiama il passato e con cui poi parla dei famigliari di Saul diventa per il vecchio re uno strumento di persecuzione, la stessa voce che lo stesso Saul in passato aveva tanto amato. La voce di David diventa in questo terzo atto lo strumento attraverso il quale l’uomo libero si oppone al tiranno. Infatti nel trattato Della tirannide, che Alfieri aveva scritto nel 1777, la parola, l’espressione del pensiero è lo strumento attraverso il quale opporsi alla tirannide perché la libertà di pensiero corrode nelle fondamenta l’autorità di chi vuole imporre il suo potere e rendere gli altri schiavi, si può pensare a quanto accaduto in quei paesi sottoposti ai regimi assolutistici dove per prima cosa si estirpa la libertà di esprimere il pensiero. Ecco perché Alfieri con una nota che non è una semplice nota all’attore, cerca di precisare in quale modo deve essere interpretato questo canto di David, affinchè si riesca a cogliere il messaggio nascosto. LA raccomandazione all’attore su come dovesse essere interpretato il canto di David ci permette di fare riferimento all’idea che Alfieri aveva degli attori dell’epoca e al fatto che egli stesso fu attore delle sue tragedie. Ai suoi tempo il Saul veniva recitato non solo nei teatri , ma anche nelle accademie, nei collegi e nei palazzi signorili , in una lettera a Mario Bianchi del 1793 Alfieri sottolinea come non abbia assistito a nessuna di queste rappresentazioni, ma di avere la curiosità di mettere su una compagnia di attori per dimostrare come si potesse recitare meno male. E mette in scena proprio il Saul e di se stesso nella parte del protagonista dice di non essere un grande attore ma di saper comunque recitare meglio degli attori di teatro italiani, perché il suo peggio è comunque meglio del pessimo che si usa in Italia. Alfieri condanna il canto degli attori nel senso che non ama la cantilena, cioè quel modo di recitare che non bada affatto al senso delle parole ma all’effetto . Quando poi parla di naturalezza non intende la naturalezza del quotidiano ma un rispetto delle convenzioni che però non appaia forzato o raggiunto con sforzo. Egli odia gli attori professionisti , vili e inetti istrioni e la figura del suggeritore che alimentava la pigrizia degli attori e guastava l’effetto sul pubblico che sentiva il suggeritore suggerire le battute all’attore. I grandi attori italiani dell’800 fecero di Saul il loro personaggio privilegiato, fu infatti uno dei cavalli di battaglia di Gustavo Modena, Tommaso Salvini e Ermete Zacconi. Altro commento del Saul contenente riflessioni di Baldi , Getto, Masiello e Luperini Saul (1782), quattordicesima delle tragedie approvate dall’autore, che la giudicava il proprio capolavoro, tanto da voler concludere con essa la propria attività teatrale. La fonte è il Libro dei Re della Bibbia, anche se trattato con una certa libertà. La vicenda si svolge durante la guerra fra Ebrei e Filistei. Re Saul si mostra sicuro della vittoria, ma un'angoscia prossima alla follia lo tormenta: ha infatti esiliato il giovane David, il cui aiuto sarebbe decisivo, poiché è invidioso della sua fama. Né il generale Abner, né la figlia Micol, né il figlio Gionata riescono a calmarlo. Ma David arriva al campo; Saul dapprima si affida a lui con affetto, poi torna a sospettarlo infido. I sacerdoti rivelano che Dio ha designato il giovane eroe come futuro re d'Israele. Saul li fa uccidere empiamente, minacciando di morte David stesso, che deve fuggire, e riaffida, con piani folli, il comando ad Abner. Alla fine, di fronte alla prevedibile disfatta, si prepara a morire con inutile eroismo (cfr. Testo). Se David, Micol, Gionata e Abner appaiono come personaggi a tutto tondo, dominati da un'unica passione e con una psicologia netta, Saul è un personaggio intensamente problematico. Da una parte, pur vecchio, egli vuole essere grande e incontrastato, imponendo a tutti la sua forza di re e di eroe titanico; dall'altra, è agitato dai rimorsi e dal bisogno di essere rassicurato. Questa ambivalenza si esprime nei suoi rapporti con David, ora amato, ora odiato: egli è, con il suo coraggio e la sua giovinezza, una proiezione di Saul stesso (quasi un figlio ideale) e, al tempo stesso, colui che offusca la sua fama. Se nelle altre tragedie il dissidio era esterno e opponeva due personaggi, qui è interno allo stesso personaggio: è un segno dell’ evoluzione nella poetica di Alfieri. Genesi e storia dell’opera L’idea di comporre il Saul venne ad A. nel 1782, durante il soggiorno romano, dopo la sua appassionata lettura della Bibbia. (Vita, Ep. IV,cap.9) La fonte della tragedia fu il I libro di Samuele, dedicato alle storie di Samuele, Saul e Davide, dove, in particolare, veniva narrata l’elezione di Davide, figlio di Jesse, a re di Israele, dopo la caduta e la morte di Saul. Già in età rinascimentale la triste vicenda biblica di Saul era stata trascritta in forma di dramma; probabilmente Alfieri conosceva queste opere, come pure la tragicommedia Saul (1763) di Voltaire. La scrittura dell’opera fu rapidissima: fra il marzo (ideazione), l’aprile, (scrittura in prosa) e il settembre (versificazione) del 1782; per la derivazione biblica dell’intreccio la tragedia fu dedicata all’abate Tommaso Valperga di Caluso, “amico del cuore” e “dottissimo “ conoscitore della lingua ebraica e dei testi sacri. Struttura L’azione si svolge nel campo degli Israeliti a Gelboé; dal punto di vista cronologico le vicende procedono dalla notte verso il giorno successivo, fino al tramonto. Simile scansione temporale e l’opposizione giorno-notte, consueta metafora dell’opposizione fra bene e male, hanno valore simbolico, e ad essa fanno cenno tutti i personaggi del dramma al loro apparire sulla scena. La notte è ciò che Saul, il tiranno, odia e aborrisce, come emblema della sua vecchiaia; viceversa egli adora il sole, segno della gloria e della vittoria. A. sceglie con cura il punto d’avvio della tragedia; Saul è immaginato, al principio dell’opera, in una situazione di crisi; non ha ancora perso le sue qualità eroiche, né ha cessato di essere un buon padre, tuttavia è angosciato dal presentimento della morte vicina. Ciò lo conduce a rimpiangere il passato e ad odiare il presente, così il tratto psicologico peculiare di questo personaggio diventa la sua perplessità , ovvero il suo inesausto oscillare fra l’entusiasmo e la depressione, fra il delirio del sogno e la lucidità della memoria. David, sposo di Micol, è legato a Saul da un rapporto di amore-odio : nel giovane infatti sono evidenti quei segni di splendore e vigorosa forza che hanno abbandonato il vecchio re. David è l’eroe misconosciuto e insieme il combattente favorito da Dio: egli ha superato ogni prova con coraggio e lealtà, è pronto a ereditare con Micol, figlia del suo re, il trono di Israele, e tuttavia si trova nella condizione della vittima, oggetto della gelosia e dell’invidia di Saul: questi lo teme come un rivale e perciò lo bandisce dal suo campo. Le infondate accuse di tradimento, scagliate contro David da intriganti cortigiani, sono infatti accolte e amplificate dalla gelosia di Saul, il quale si crede egli stesso vittima di una cospirazione ordita ai suoi danni da David e dai sacerdoti. Gli altri personaggi sono Micol, figlia obbediente di Saul e dolce sposa di David, Gionata, figlio primogenito di Saul e amico fraterno di David, Abner, ministro guerriero del suo re ed esecutore dei suoi crudeli comandi, Alchimelech, rappresentante della casta sacerdotale e successore di Samuele. Ciascuno di essi non ha valore autonomo, ma partecipa contemporaneamente al mondo di Saul e di David, svolgendo una funzione di raccordo tra i due antitetici e complementari protagonisti del dramma. I temi Saul è il personaggio interiormente combattuto fra amore e odio, fra tracotanza e consapevolezza della prossima catastrofe; egli porta così in scena il dramma della vecchiaia e della paternità autoritaria, che non riesce a risolvere più positivamente i propri rapporti con i figli. A simili motivi se ne intreccia un altro, di tipo squisitamente politico ed assai attuale alla fine del ‘700: è il tema dell’ereditarietà del potere regale, conteso fra i diritti del sangue (sostenuti da Saul) e l’eleggibilità del suo successore, di cui è voce David. Saul, a malincuore, sa che alla sua morte toccherà a David ereditare il regno: per volere divino e per meriti personali; l’erede naturale, Gionata, figlio di Saul, è stato escluso, e tuttavia questi rimane legato a David da ammirazione e da fraterna amicizia. Il pensiero della propria morte senza che il trono sia ereditato dal figlio appare a Saul, nel buio dei suoi deliri, come una catastrofe, che toglie significato e valore all’intera sua esistenza (Atto IV, sc.III vv88-103). Egli scende così in lotta contro tutti, poiché in ciascuno vede un possibile responsabile della sua triste sorte, in ciascuno scorge una forza che insidia la sua autorità decadente: contro i sacerdoti, contro David, contro Dio. David è il personaggio mitico ed eletto, l’eroe forte, ragionevole e meraviglioso che si scontra con la perplessità di Saul, il sovrano inquieto che oscilla fra l’incubo e la veglia, la follia e la lucidità. Saul, in verità, è vittima soltanto del proprio offuscamento psichico, che gli è procurato dall’oltraggioso ardimento della sua sfida; egli sfida se stesso, e le leggi naturali che lo condannano, con la vecchiaia, al decadimento e alla debolezza, quindi alla rinuncia ai propri poteri. Il rapporto con la fonte biblica Il racconto biblico viene in parte rispettato ma anche manipolato, per consentire all’autore di approfondire i due temi principali dell’opera: il dramma della perdita del regno e il è effettivamente conflitto drammatico tra forze diverse, solo che queste forze sono tutte interne all’animo del protagonista. Le due anime di David Al pio eroe, venuto alla corte di Saul per alleviare gli incubi del re con la sua arpa, al suo passato anche delittuoso e alla sua storia di grande re del popolo di Israele, non si fa cenno nella tragedia, trascurando molti dettagli che pure avrebbero potuto essere recuperati dal testo biblico. Ad A. il personaggio interessa come protagonista-antagonista; la sua figura programmatica, tendente ad un fine stabilito, lo rende a volte troppo virtuoso, un modello esemplare e insuperabile. David è poeticamente più vivo e vero quando assume il ruolo di amico fraterno e di marito affettuoso, ma sono rari i momenti in cui l’eroe positivo e perfetto è preso dall’umana nostalgia per una vita serena da trascorrere accanto alla sposa (II, 91-99) Si nota in questo personaggio una mancanza d’arte, anche quando A. inserisce nella tragedia il suo canto; egli appare privo di autonoma volontà, e le sue parole diventano enfatiche, suonano stonate. Questo è il David-eroe, al quale si affiancano lo sposo e il fratello, capaci invece di abbandonarsi ai sentimenti con spontaneità; allora il personaggio è artisticamente più valido dell’eroe generoso e melodrammatico. Micol “figlia del pianto” In questa dolce figura femminile, considerata la donna più vera e delicata del teatro alfieriano, si raccolgono tutti i sentimenti familiari della tragedia. La sua funzione è quella di alleggerire, con la dolcezza, la tetra atmosfera della reggia del dolore, della magion di pianto dove si trova con il padre Saul. Micol non è soltanto dolce, ma è capace di forza e di nobiltà d’animo, che le consentono di non cedere ad atteggiamenti scomposti e passionali. E’ la creatura più vicina ai tormenti del padre, anche se è combattuta fra l’affetto incondizionato verso di lui e l’amore per David che il re perseguita. Come sposa, Micol non è meno tenera, ma il suo abbandono è sempre coperto dal pudore; ama appassionatamente e nobilmente il suo sposo. La sublimazione eroica di Micol si compie nel V atto: lo sposo fugge dall’odio di Saul che è preda di terrori e di visioni funeree. I fratelli sono stati uccisi in battaglia e il suo popolo è sconfitto. Solo lei, con la sua fragilità, resta nel cuore della tempesta che travolge l’intera situazione. A. , pur avvertendo la grandezza di questo personaggio, in un certo senso lo sacrifica alla propria necessità di concisione, lasciandola allo stato di un commovente abbozzo tragico. Abner, il ministro guerriero e cortigiano Abner, figlio di Ner e cugino dello stesso Saul, nella tragedia è consigliere del re e comandante dell’esercito ebraico. Nella vicenda il personaggio contribuisce, con le sue astute trame, a turbare l’animo del tiranno. Rappresenta l’antagonista di David, verso il quale nutre solo invidia e gelosia (non l’amore-odio di Saul). Il suo stile è governato dall’ironia e dall’astuzia, con cinismo freddo e impassibile egli condensa nella propria figura le caratteristiche peggiori dei tiranni alfieriani. Nell’economia dell’opera il suo ruolo non serve a delineare la corruzione implicita nella vita di corte, ma piuttosto a incidere in misura notevole sulla parte oscura e solitaria della figura di Saul. Gionata, un’anima mistica che vive all’ombra di David Gionata è il figlio primogenito, vicino ai tormenti del re, a fianco della sorella Micol; di altri figli di Saul si parla solo alla fine del dramma, per annunciarne la morte nella battaglia di Gelboè, accanto al medesimo Gionata. La sua dote più manifesta è la modestia così che nello sviluppo dell’azione tragica, egli si configura gradualmente come un riflesso mistico di David; la sua profonda religiosità gli fa adorare l’amico fino a considerarlo più degno della corona reale, contro il proprio interesse (I, 55-58). Tale atteggiamento suscita la rabbia impotente di Saul, che vede invece nel figlio il legittimo successore. Per motivazioni opposte a quelle di Abner, ma infinitamente superiori, neppure Gionata può comprendere il re, anche se verso il padre conserva una sincera pietà. Lo sviluppo scenico del suo personaggio è lo specchio agghiacciante del vecchio Saul al quale, in concreto, nulla appartiene. Più che un contrasto generazionale, fra Saul e Gionata c’è distanza spirituale. Gionata rappresenta la tradizione religiosa e la serenità, che ne è conseguenza diretta, nelle forme della rinuncia e dell’umiltà; il vulcanico Saul impersona la rivolta (dietro la quale si può chiaramente intravvedere la personalità dello stesso Alfieri), l’insofferenza ad ogni limite che voglia sottometterlo, l’inquietudine perenne, l’ira e la malinconia che toccano il furore nella ribellione a tutto, contro Dio e chi lo rappresenta, contro il destino e l’inspiegabile ordine della Legge naturale. Gionata non si oppone al padre: obbedisce e tace, morendo valorosamente nell’ultima battaglia. Achimelech, un eroe convenzionale della fede ebraica Achimelech, il gran sacerdote, è l’erede spirituale di Samuele. Nel racconto biblico vive umilmente nell’ombra, ma nella tragedia alfieriana assume, come David, il ruolo dell’eroe positivo, espressione dello spirito religioso dell’Antico Testamento. E’ l’antica fiera voce di Jehova che parla per la sua bocca e l’autore lo eleva al ruolo di giudice dell’empietà di Saul. Accusato di tradimento da Abner, il sacerdote risponde con forza e determinazione: le sue caratteristiche sono la severità e la fierezza, cioè quanto di meno tollerabile possa esserci per l’anima inquieta di Saul. Nel IV atto si compie lo scontro, innescato da Abner, fra il sacerdote e il re; la regalità si contrappone all’autorità sacerdotale, la quale rimane fredda e determinata, non vuol salvare ma condannare, senza possibilità di riscatto. La scena si chiude con la condanna a morte di Achimelech e di tutti gli altri sacerdoti; Saul ordina a Abner di distruggere persino la sede della casta sacerdotale. La sequenza lirica del III atto L’autore prevedeva che le parti liriche del III atto affidate a David fossero accompagnate dall’arpa. Il canto di David, destinato a placare l’animo del suo re, è un polimetro che si articola in quattro sequenze; la prima (vv. 247-264) è un’invocazione e una lode a Dio, in due ottave di endecasillabi; la seconda (vv.267-296) rievoca la giovinezza guerriera di Saul e si compone di due strofe di canzone, comprendenti ciascuna 15 vv rimati, costituiti da endecasillabi, settenari e quinari; la terza, consta di 54 vv e celebra la pace dell’eroe dopo le fatiche della guerra, e si compone di 3 stanze di 13 vv ciascuna, formate da settenari e quinari, a cui si aggiungono 4 strofette di canzonetta melica formate da quinari e senari; la quarta (vv363-397) canta i sogni del guerriero ed il ritorno alla battaglia: è un polimetro composto da 5 terzine di endecasillabi a rima dantesca, chiuse da un verso decasillabo, al quale segue una quartina di due settenari e due quinari alternati e rimati, cui si aggiungono 12 endecasillabi suddivisi in due emistichi chiusi da un settenario rimato e da altri due endecasillabi a rima baciata. Il v. 397 contiene la frase imprudente di David che suscita in Saul il sospetto di un vantato antagonismo e scatena la follia del re (vv.398-400) Altri aspetti non trattati nei saggi Stile e linguaggio utilizzato da Alfieri nel Saul Al profondo disagio interiore che caratterizza la figura del re Saul e, più in generale, l’intera tragedia, corrisponde uno stile altrettanto contraddittorio, caratterizzato dall’alternarsi di lunghi monologhi e battute estremamente brevi, talvolta addirittura monosillabiche (Atto quarto - scena II); questa alternanza esprime in modo estremamente efficace il conflitto interiore del re, che si trova ,solo, a combattere contro la propria individualità. Continue sono le variazioni di ritmo, le pause, le fratture presenti all’interno dei versi, le inversioni e gli enjambement.( Procedimento stilistico che consiste nella rottura della coesione unitaria metrico-sintattica di un verso il cui senso anziché concludersi, si prolunga nel verso successivo; per esempio all’inizio del secondo atto nella scena prima il verso è così spezzato: “Bell’alba è questa. In sanguinoso ammanto oggi non sorge il sole; un dì felice….” A livello fonico i suoni sono aspri, c’è il ricorso allo scontro di consonanti A livello lessicale Alfieri usa termini aulici, molto ricercati e raffinati e arcaismi. A livello sintattico ci sono molte inversioni ( L'inversione o iperbato consiste nel dare alla frase una costruzione particolare, diversa da quella normale, mediante il mutamento dell'ordine delle parole; per esempio sempre all’inizio della scena prima del secondo atto “Mai non si alzava Saùl nel campo da’ tappeti suoi, che vincitor la sera ricoricarsi certo non fosse”), esclamazioni e interrogazioni. A livello metrico Alfieri usa versi aspri e spezzati, enjambement fortemente inarcati A livello retorico sono presenti molte metafore e similitudini Trama del Saul Saul, coraggioso guerriero, fu incoronato re di Israele su richiesta del popolo e consacrato dal sacerdote Samuele, che lo unse in nome di Dio. Col tempo, però, Saul si allontanò da Dio finendo per compiere diversi atti di empietà. Allora Samuele, su ordine del Signore, consacrò re un umile pastore: David. Questi fu chiamato alla corte di Saul per placare con il suo canto l'animo del re, e lì riuscì ad ottenere l'amicizia di Gionata, figlio del re, e la mano della giovane figlia di Saul, Micol. Gionata: Nando Gazzolo Micol: Valentina Fortunato David: Gianmaria Volonté Abner: Mario Feliciani Achimelech: Augusto Mastrantoni Musiche di Fiorenzo Carpi Scene di Mariano Mercuri Costumi di Ezio Frigerio Luci di Giampiero Puliti Il testo del Saul viene rispettato dal regista che interviene solo con qualche cesura. Nel primo atto si scorgono in lontananza le montagne di Gelboè e le tende dove sono accampati gli israeliti. E’ buio un buio da cui emerge la figura di David. Il recitare di Gianmaria Volontè è rapido, i suoi movimenti sulla scena lasciano trasparire l’impeto di un giovane eroe che vuole combattere al fianco del suo popolo, impeto che viene sopraffatto però dalla mestizia quando c’è il ricordo dell’ odio e delle persecuzioni di Saul. Nando Gazzolo nell’interpretare Gionata usa un tono molto più quieto rispetto a quello di David che invece è molto incalzante. Questo lascia trasparire la tristezza di Gionata afflitto dalle condizioni del padre e dal suo agire scellerato. David appare come l’eroe dell’azione disposto a sacrificare la propria vita per il suo popolo, che non intende abbandonare nel momento del massimo bisogno. Molto commovente è la scena dell’incontro tra David e Micol, Micol nell’interpretazione di Valentina Fortunato non appare come una struggente sposa privata del suo amato marito, sembra esserci nel tono usato dall’attrice una certa ira e un certo sdegno nei confronti del padre Saul che non sa riconoscere i suoi errori, così come una profonda fierezza nello sguardo e nei toni quando ricorda che David per le sue grandi virtù non potrà mai confondersi con gli altri guerrieri del campo israelita anche se è vestito di un semplice saio. La scena si illumina sempre più man mano che si avvicina l’alba. Nell’atto secondo compare in scena Saul che nella recitazione di Salvo Randone appare all’inizio quieto e riflessivo ma non appena ricorda il fatto che Samuele ha scelto come nuovo re David sgrana gli occhi e si lascia trasportare dall’ira. Abner è l’infido consigliere, che ricorda continuamente a Saul l’inimicizia di David e dei sacerdoti che vogliono usurpare il suo trono. La fastosità dei costumi cozza con la miseria che alberga nella mente e nel cuore di Saul. Nella scena finale in cui David riesce a riguadagnare la fiducia di Saul mostrandogli il lembo che gli ha strappato in passato dal mantello mentre Saul dormiva in una grotta, occasione in cui avrebbe potuto ucciderlo, Salvo Randone lascia cadere a terra quel lembo di stoffa e con quel lembo di stoffa sembrano cadere anche i dubbi e i sospetti del vecchio re. Tutti gioiscono tranne Abner che sconfitto se ne sta in disparte. Nel terzo atto c’è il canto che David viene chiamato a intonare per calmare il re che di nuovo si è adirato con lui, il regista segue l’indicazione di Alfieri di far precedere ad ogni stanza una breve introduzione musicale. Gianmaria Volontè lascia trasparire con la sua recitazione la fierezza di David che nonostante cerchi con le sue parole di placare il re, quasi non riesce a trattenersi e finisce alla fine per esplodere in un impeto di lodi a Saul ma anche a se stesso, il che inevitabilmente spinge il re che era ormai sopito a riprender vigore e a lanciarsi con la spada in pugno contro David che ha osato vantarsi di essere come Saul spada del popolo di Israele. Il canto di David è stato di molto rivisitato con molteplici tagli quasi con l’intento di accelerare l’azione, probabilmente al fine di far apparire il momento di riconciliazione tra Saul e David come una breve parentesi, nell’incapacità del tiranno di tollerare chiunque osi ergersi al pari di lui. Saul è nella tragedia alfieriana rappresentato come un personaggio tormentato, che alterna momenti di calma e lucidità a momenti di furore, in questa trasposizione Saul appare un personaggio capace di provare afflizione solo per se stesso, piange e si lamenta in continuazione per la sua passata giovinezza e non riesce a gioire se non per brevissimi istanti. Questa intenzione registica la si nota anche in conclusione dell’atto secondo quando l’atto si conclude con le parole di Saul “ hai vinto”, le successive lodi di gioia di David, Gionata , Micol e dello stesso Saul sono eliminate, nel testo alfieriano infatti Saul ad un certo punto dice “Il giorno , sì, di letizia , e di vittoria, è questo….”, ma nello spettacolo di Claudio Fino, il regista non si sofferma sul Saul “ottimista” e “felice”, tutto l’asse è spostato sul Saul cupo, triste, invidioso e iroso. Tra un atto e l’altro si nota come il regista faccia comparire sulla scena alcuni soldati in marcia come a ricordare allo spettatore l’incombere della battaglia, uno spettro che aleggia sulla scena. Nel quarto atto l’ira del tiranno raggiunge il suo apice con la messa a morte del sacerdote Achimelech, lo sguardo dell’attore si fa sempre più folle, sgrana gli occhi e agita le braccia quasi che lo spirto malvagio che domina Saul non possa essere più da lui trattenuto e voglia venir fuori e travolgere ogni cosa. Saul caccia via tutti e alla fine appartato, solo, nella sua tenda recita le ultime battute che chiudono l’atto “Di me soltanto misero re, di me solo io non tremo” . Questo appartarsi nella tenda lontano da tutti, mette in evidenza la solitudine del tiranno, che nella sua brama di potere e nel timore che qualcuno possa portarglielo via allontana da sé tutti anche i suoi stessi figli. La brama di potere divora Saul, è un tarlo nella sua mente che lo spinge a diffidare perfino del suo stesso sangue a fidarsi solo di se stesso. Il quinto atto è ricco di riferimenti, innanzitutto nel dialogo tra David e Micol che decidono di separarsi. David appare fortemente combattuto tra la volontà di rimanere a combattere e quella di mettersi in salvo per fuggire l’ira di Saul. Ma David non teme la morte l’unica cosa che teme è l’ira di Dio. Volontè lo rappresenta con lo sguardo rivolto sempre verso l’alto, gli occhi di David si chinano solo per un attimo a rimirare l’afflitta sposa che si prostra ai suoi piedi e che lo prega di portarla con sé perché non vuole perderlo di nuovo. Ma David prima che sposo è strumento nelle mani di Dio e infatti a Dio lui si raccomanda e decide di fuggire dal campo non perché tema la morte o l’ira del tiranno Saul, ma solo perché ormai il campo di battaglia è stato dissacrato dall’uccisione del sacerdote Achimelech e non c’è più speranza che Dio possa essere benevolo nei confronti degli ebrei, che per la scelleratezza di Saul grandi pene dovranno subire perdendo la battaglia. Micol vive interamente nell’amore e nel rispetto che prova per lo sposo Saul. Per tutta la rappresentazione seppur sobbalzi spesso per l’angoscia che prova per l’assenza dello sposo all’inizio e per la scelleratezza del padre poi, mai appare affranta e disperata, lo è invece in quest’ atto in cui è costretta a separarsi dall’amato marito “Misera donna !e sposa sei? Fur nozze le tue?” Il sacrificio è il destino di Micol che sacrifica se stessa e la sua vita di giovane sposa per evitare di essere di intralcio alla fuga di David e per restare vicino al padre nonostante sia egli la causa di tutti i suoi tormenti. E proprio alla fine Saul riacquista la sua dimensione di padre, nel suo delirio in cui vede le ombre di Samuele e di Achimelech che lo perseguitano. Nel testo di Alfieri Saul appare completamente vinto e terrorizzato dal destino di morte che lo attende, sembra aver perso completamente il lume della ragione , nello spettacolo invece Saul ripete sempre il suo struggimento per i figli, i figli sono il suo pensiero primo, chè non debbano subire la stessa sorte del padre. Nel momento più terribile quando si trova a fare i conti con i fantasmi che lo perseguitano, fantasmi che rappresentano il senso di colpa dell’empio Saul che ha osato sfidare il volere di Dio, Saul si mostra in tutta la sua fragilità e umanità, ha commesso molti errori, è stato egli stesso causa delle sue disgrazie. Se solo non fosse stato accecato dalla brama di potere e dalla superbia di potersi ergere al di sopra della volontà divina! Ma queste colpe sono solo le sue non dei figli che hanno sempre cercato di riportarlo sulla retta via. Anche il rimorso di aver perseguitato David anch’egli suo “figlio” per aver sposato Micol, alla fine lo assale. Vorrebbe poter rimediare ai suoi errori, vorrebbe poter avere lì davanti a sé David per poter rimediare alle proprie scelleratezze. Salvo Randone rappresenta Saul in tutto il suo struggente patetismo, si dimena da una parte all’altra della scena nel tentativo di sottrarsi ai demoni che lo perseguitano, ma alla fine si prostra a terra, vinto dal giudizio divino, che ha scagliato la sua ira anche contro i suoi figli tutti morti in battaglia. Al termine dopo che Abner si allontana con Micol per trarla in salvo, sembra quasi rasserenarsi, ormai sembra aver accettato la propria fine forse nella speranza che almeno la fedele figlia possa scampare al massacro. Afferra la spada e se la pianta nel petto. Così si chiude lo spettacolo, a differenza di quanto invece prevede Alfieri nel testo, laddove nella nota suggerisce “Nell’atto ch’ei cade trafitto sulla propria spada, soprarrivano in folla i Filistei vittoriosi con fiaccole incendiarie e brandi insanguinati. Mentre costoro corrono con alte grida verso Saùl, cade il sipario”. Claudio Fino invece chiudendo con il suicidio di Saul ha voluto dare massima importanza a questo gesto estremo, alla conclusione della vicenda umana di Saul, che nelle intenzioni dello stesso Alfieri non deve irritare o sdegnare il pubblico, ma indurlo a commiserazione. E quasi pietà si prova per questo Saul che nonostante tutti i segnali e tutti gli avvertimenti dei suoi cari, nonostante l’amore di David che non vuole la sua rovina, ma anzi cerca fino all’ultimo di salvarlo, precipita verso il suo destino. Anch’egli sembra strumento nelle mani di un’entità superiore, la ragione non riesce mai a prendere il sopravvento in questa che pare essere una tragedia in cui i sentimenti dominano su tutto: l’insana brama di potere assoluto e incontrastato che ha Saul, contro la ragione che dovrebbe indurlo ad ascoltare i figli e David che più volte gli ha dato prova della sua fedeltà, l’amore e il rispetto che David prova per Saul che lo perseguita, mentre ragione vorrebbe che egli lo disprezzasse per la sua empietà e scelleratezza, l’amore fraterno che Gionata prova per David, quando ragione vorrebbe che egli gli fosse ostile perché David usurperà il trono che per diritto di nascita toccherebbe a lui, l’amore che Micol prova per il padre nonostante sia la causa prima del suo dolore.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved