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Riassunto e rielaborato del Libro Geografia e Antropocene, Sintesi del corso di Geografia

Riassunto e rielaborato del Libro Geografia e Antropocene, scritto a computer e correlato di immagini. Per il corso Geografia Umana e Culturale tenuto dal professor Cristiano Giorda, lavoro utilizzato per l'elaborato o portfolio.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 05/05/2021

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Scarica Riassunto e rielaborato del Libro Geografia e Antropocene e più Sintesi del corso in PDF di Geografia solo su Docsity! CARDONE MATTIA 929960 1 Prefazione e introduzione PREFAZIONE Parlare di Antropocene dal punto di vista della geografia può avere un significato di rilievo non solo a livello disciplinare ma anche nello scambio con altri modi di indagine. La valutazione degli effetti dell’impronta geologica non può prescindere dalle discipline che misurano e quantificano gli effetti delle nostre attività sul pianeta, ponendo al centro della loro ricerca le complesse interazioni tra natura e cultura. Si tratta anche di un necessario correttivo di prospettiva, che ci permette di porre rimedio alle nostre fantasie e illusioni che spesso ci presentano un mondo totalmente irrealistico. Ma come può la geografia correggere questa distorsione prospettica? Lo sguardo ravvicinato del geografo funziona all’incirca così: ci mette nelle condizioni di intendere l’entità di quelle chiazze più opache che oscurano il complesso paesaggio offerto dal mondo in cui viviamo, operiamo e costruiamo i nostri modelli di interpretazione del reale. Intro 1 LA RICERCA E GLI OBIETTIVI DI QUESTA PUBBLICAZIONE L’Anthropocene è il segno dell’impronta umana sull’ambiente globale e lo possiamo definire come la prova del sigillo della natura sulla cultura delle società umane. Nel mezzo ci sono un’infinita di questioni aperte, di opportunità, di sfida e di rischi, la più interessante delle quali è la ridefinizione stessa della dualità uomo-ambiente. Geografia e Antropocene Uomo, ambiente, educazione A cura di Cristiano Giorda Figura 1. copertina del libro CARDONE MATTIA 929960 2 Intro 2 GENESI DELL’ANTROPOCENE: L’UOMO COME FORZA ECOLOGICA Il concetto di antropocene è stato proposto per la prima volta negli anni 80 dal biologo Stoermer ma ebbe poco successo fino agli anni 2000, quando fu impugnato dal premio Nobel Paul Crutzen per marcare l’intensità e la pervasività che l’attività umana aveva nei confronti dei processi biologici terrestri. Da quel momento il termine ha guadagnato il progressivo consenso interesse, tanto da valicare i confini disciplinari e accademici. Quello che il biologo e il chimico atmosferico volevano affermare è abbastanza semplice: la pervasività dell’attività umana nei processi biologici che avvengono sulla terra e che caratterizzano il pianeta in quanto essere vivente è tale per cui abbiamo bisogno di marcare l’ingresso di una nuova era geologica, caratterizzata dall’attività geo-genetica dell’umanità. Si trattava quindi di stabilire gli indicatori principali del passaggio da un’era geologica un’altra e avviare le sperimentazioni per accreditare o screditare questa ipotesi. L’ipotesi tenuta in considerazione sono prevalentemente quattro: ⁃ La prima ipotesi riguarda le rivoluzioni industriali tra ‘700 e ‘800 come fondamentali per la possibilità da parte dell’uomo di connaturare la vita della terra ⁃ La seconda ipotesi è l’incipit di processi di lungo periodo, come le sorti dell’agricoltura dell’allevamento, dare le basi primordiali di questa modalità di interazione tra vita dell’uomo e della terra ⁃ La terza ipotesi è quella che fa risalire le origini di queste era geologica la prima esplosione di una bomba atomica, avvenuta il nuovo Messico nel 1945 ⁃ La quarta ipotesi riguarda l’anno 1610 in cui una serie di trasformazioni Figura 2. un'immagine simbolica relativa all'impronta ecologica Il termine antropocene è quindi entrato nel vocabolario di diverse discipline, presenta una marcata Polisemia, oltre a generare un’occasione di incontro tra scienze della natura e scienze umane. Ma cosa ha introdotto il termine antropocene per riuscire a suscitare un interesse così ampio? L’antropocene parla dell’umanità come forza geologica, e ciò comporta due importanti considerazioni: ⁃ Afferma che l’umanità sia una forza naturale, cioè va a minare la differenza all’origine della scienza moderna che divide il conoscibile tra ciò che è naturale e ciò che è culturale, interpretando come il mondo della natura quello conoscibile e prevedibile, mentre il mondo della cultura viene caratterizzato da soggetti poco definiti, che sfuggono e cambiano a seconda della contingenza storica che ci troviamo a descrivere CARDONE MATTIA 929960 1 Capitolo 1 PICCOLO LESSICO PER UNA SCRITTURA GEOGRAFICA DELL’ANTROPOCENE Capitolo 1.1 SE UNA NOTTE D’INVERNO UN GEOGRAFO NELL’ANTROPOCENE Il campo di studi dell’Anthropocene è vastissimo, multidisciplinare e transdisciplinare. La potenzialità e l’importanza del concetto di Anthropocene consistono nel suo potere multiforme e generativo, che non si può incasellare negli schemi precedenti proprio perché esso stesso uno schema nuovo, che fornisce un nuovo punto di vista molto diverso da tutti quelli in cui esplorati nel tentativo di generare un sistema di rappresentazioni del mondo che superino la logica cartografica e le dicotomie fra uomo e natura, che ha modellato la nostra vita e la nostra visione del mondo negli ultimi secoli. Il dibattito internazionale rispecchia spesso questa pluralità di visioni, tutte con vari elementi di realtà, ma nessuno è capace di soddisfare completamente le diverse domande che si pongono. Per molti bisogna spostare l’attenzione del mondo scientifico verso il futuro, e questa linea guidata dall’idea che il mondo sia di fronte una complessa sfida ambientale e politica, e che tutte le forze vadano mobilitate per affrontarla e ristabilire un equilibrio perduto tra uomo e natura. L’Anthropocene è guidato da teorie che per altri versi sono del tutto nuove: l’idea dell’uomo come agente geologico, la fine della separazione moderna tra uomo e natura e la conseguente necessità di ragionare in modo ibrido, attraverso approcci transdisciplinare e schemi non lineari. Capitolo 1.2 ADDOMESTICAZIONE La relazione fra uomo e terra passa per il concetto di addomesticazione. Il geografo professionale ascolta la percezione del mondo e la racconta, ma non descrive i luoghi Geografia e Antropocene Uomo, ambiente, educazione A cura di Cristiano Giorda Figura 1, locandina del film 'Antropocene: l'epoca umana' CARDONE MATTIA 929960 2 esattamente come sono, perché nessuno può dire come sono, ma può dire come li percepisce lui, la popolazione che gli abita o come gli hanno percepito i viaggiatori che sono passati da lì. Questo perché il senso del luogo è fatto anche di vissuti, di sogni, di sentimenti e di persone, così come anche il paesaggio, e non è mai uno spazio geografico ad essere assoluto e oggettivo, bensì deve includere il uomo come attore e come spettatore, come essere emozionale e produttori di politiche ma anche come fruitore e trasformatore. La specie umana addomesticato gran parte della natura, in quanto ha imparato a controllare il fuoco, continuare le piante, allevare gli animali, fondere i metalli a trasformare il petrolio, ma l’Anthropocene ci invita a trovare nuovi modelli per parlare del rapporto tra l’uomo e la terra, e probabilmente avremo bisogno di capire se nel processo di addomesticazione abbiamo sbagliato qualcosa perché siamo stati così deboli nell’aver cura di qualcosa che nel frattempo era diventata parte di noi e ci aveva sua volta addomesticati. Capitolo 1.3 CAMBIAMENTO Il termine cambiamento è tra quelli che si ripresentano più frequentemente quando si parla di Anthropocene, in quanto esso è il racconto di un impatto che coinvolge luoghi e territori, risorse e politica, spazi e corpi, clima ed economia, ambiente e società che stanno cambiando. Un’altra parola che torna è infatti sfida, ma ritorno anche la parola velocità è quella di crisi. Il cambiamento globale e frammentato in mosaici regionali che in pochi conoscono davvero, e chi ne conosce uno fa poi fatica a mettere in relazione con gli altri a diverse scale. Capitolo 1.4 CAPITALOCENE Un’idea che è destinata ad un certo successo è quella di Moore che sostiene che gran parte della crisi ambientale dell’Anthropocene sia il risultato dei modelli di produzione e consumo basati sul capitale., secondo un concetto neomarxista e neomalthusiano. Moore è molto sottile nell’affermare che la sua è soprattutto un tentativo di pensare la crisi ecologica e di dare maggiore risalto a una dialettica fra natura e società piuttosto che quella fra natura e uomo, cioè un modo per spostare l’attenzione dalla geologia alla politica. Capitolo 1.2 CLIMA La storia dell’umanità è stata influenzata dal clima, con il quale le comunità umane hanno dovuto fare i conti sviluppando adattamenti culturali e tecnologie in grado di migliorare la propria esistenza. L’Anthropocene, fondandosi sulla cronologia geologica, però ricordo a tutti che connotare loro cene, cioè il segmento dell’era cenozoica del periodo quaternario nel quale ci troviamo, è stato soprattutto il clima grazie una fase Interglaciale così stabile tranquilla di sviluppare condizioni molto favorevoli alla specie umana. Figura 2. la 'sottile' linea che separa addomesticazione da addestramento Figura 3. copertina del libro 'Antropocene o Capitalocene' di Moore CARDONE MATTIA 929960 3 La teoria dell’Anthropocene riporta i geografi a confrontarsi con le relazioni clima-comunità umane, ripensando a come interpretare prima l’adattamento, poi interazione infine la reciproca trasformazione. Il clima si sta rivelando Uno dei fattori geografici più mutevoli, ma anche uno dei più importanti sui processi di territorializzazione. Inoltre sembra essere considerato sempre più come un elemento legato agli esiti delle azioni umane, ma le conseguenze dell’inclusione dell’uomo tra i fattori del clima sono ancora tutte da esplorare. Capitolo 1.6 CONFLITTI Stranamente gli studi sull’Antropocene, anche quando parlano di politica, trascurano la geopolitica e la geografia politica, concentrandosi frequentemente sugli aspetti Bío politici. I conflitti e le relazioni geopolitiche saranno legati, più che nel passato, al cambiamento ambientale, il controllo delle risorse naturali, dei movimenti di popolazioni e delle popolazioni stesse nel momento in cui dovessero dare inizio a rivolte e rivoluzioni causate dei processi centrali dell’Anthropocene. Capitolo 1.7 CONTROLLO L’Anthropocene tocca in tanti modi il tema del controllo, del potere e quindi del limite. Esso infatti sembra affermare che l’uomo ha perso il controllo della natura, o meglio ho perso la credenza di poter controllare i suoi processi a proprio vantaggio, ma allo stesso tempo immagina che le azioni umane possono essere capace, attraverso il progresso tecnologico il cambiamento delle coscienze delle decisioni politiche, di porre rimedio ai guai generati, che equivale a ritornare alla fiducia nella possibilità di controllare la natura, stavolta attraverso la sua sempre più profonda umanizzazione. Capitolo 1.8 EDUCAZIONE L’educazione geografica guarda da tempo con attenzione lo sviluppo sostenibile, la diversità culturale ai temi della disuguaglianza e dell’inclusione. L’Antropocene passa dalla capacità di territorializzazione, ancorandosi a riferimenti spaziali, scale regionali, luoghi, sistemi territoriali, popoli e culture, ma va oltre la globalizzazione, anche se i due fenomeni hanno Figura 4.il mondo inteso come cono gelato che si scioglie al sole; immagine non troppo lontana dalla realtà, per informazioni chiedere ai ghiacci polari Figura 5. i principali conflitti ancora in atto nel mondo nel 2018 Figura 6. il controllo è da sempre una delle cose che l'uomo tenta di ottenere CARDONE MATTIA 929960 6 È da persone superficiali pensare di poter in qualche modo eliminare l’intervento umano, tornando un immaginario stato naturale, e come questo tentativo sarebbe lo stesso tempo destabilizzante ed ecologicamente negativo.sono ibridi anche i territori, i luoghi e le montagne oltre a fiumi, valli e pianure Capitolo 1.13 IRREVERSIBILITÀ Il concetto di reversibilità e centrale nel definire l’Anthropocene attraverso il cambiamento della relazione fra attività umane e ambiente naturale. L’irreversibilità è la condizione dei processi ambientali trasformati dall’azione dell’uomo. Cambiano irreversibilmente i cicli geochimici, la composizione delle rocce, il clima ma anche la disponibilità delle risorse naturali in seguito al loro sfruttamento e alla loro trasformazione, oltre alla composizione dell’atmosfera in conseguenza all’emissione di gas legate all’attività umane. Inoltre cambia anche lo spazio geografico in maniera irreversibile. Capitolo 1.14 LUOGHI DI ORIGINE E TEMPI Nessun fenomeno e mai completamente globale, almeno non dal suo inizio, quindi dovremmo dare un’identica rilevanza anche alla ricerca del luogo dei luoghi dei quali la rivoluzione dell’Anthropocene iniziato a espandersi. Sappiamo di tracce dell’attività mineraria di epoca romana, diffuse dei venti, che sono state trovate nei carotaggi polari, e recentemente è stata scoperta Las Medulas, una serie di miniere d’oro che i romani sfruttarono nel I secolo d.C. Se identifichiamo l’inizio dell’Anthropocene con le capacità dell’attività umane di trasformare in modo irreversibile il paesaggio terrestre rendendo impossibile una distinzione assoluta tra ciò che ho permane ciò che non lo è, quella della regione spagnola potrebbe essere uno dei più antichi luoghi limite dell’Anthropocene, ma continuando ad indagare altri luoghi potrebbero rivaleggiare con questo, come le tracce rinvenute in Sudafrica di una civiltà scomparsa che hai estratto l’oro da miniere e modificato in modo irreversibile il paesaggio già intorno ad un periodo datato tra 70.000 e 100.000 anni fa. Capitolo 1.15 LUOGHI Se per un geologo il racconto dell’Anthropocene comincia dalla datazione dei cambiamenti impressi dall’uomo alle rocce, per un geografo potrebbe o dovrebbe basarsi sui cambiamenti dei luoghi. L’abbondanza di segni di relazioni è uno dei tratti che rendono i luoghi unici fondamentali per lo spazio terrestre. Ad esempio Chernobyl, sito dove l’impatto geologico dell’azione umana è più rilevabile, vede in tutta l’area, senza più presenza umana a causa delle radiazioni, che sta venendo uno straordinario fenomeno di rinaturalizzazione, con ritorno di grandi animali e sviluppo di specie vegetali oltre ogni previsione, però in un luogo in cui piante animali sono contaminati dalle radiazioni e predisposti a mutazioni genetiche. Figura 12. in quest'immagine delle pitture rupestri antiche, le prime tracce di storia dell'uomo CARDONE MATTIA 929960 7 Il timore è quello di un cambiamento così rapido da mettere in difficoltà tutti i sistemi umani, fino ad inserire anche la nostra specie fra quella rischio di estinzione se non saper adattarsi velocemente ai cambiamenti da essa stessa causati. Figura 13. la grande carcassa costruita intorno al reattore della centrale nucleare di Chernobyl Capitolo 1.16 NARRAZIONI/DATE In geografia l’Anthropocene iniziato prima che in geologia, i geografi fanno riferimento alle modifiche dell’ambiente della superficie terrestre e quindi all’uomo come agenti modificatori ristrutturatore del territorio. Prendendo in considerazione questo aspetto l’inizio dell’Anthropocene può essere retrodatato almeno fino al 1492, data simbolica della scoperta dell’America con le sue successive conseguenze. Quella geologica è una reazione che soddisfa molti bisogni di conoscenza, ma la sfida per la geografia è quella di costruire nuove rappresentazioni e allo stesso tempo decostruire, mostrando il potere euristico e predittivo, ma anche la pericolosa tendenza a sostituirsi alla realtà che si vuole interpretare. Capitolo 1.17 OSSERVATORE L’idea che non sia possibile osservare un fenomeno senza influenzare il cambiamento viene dalla fisica, secondo cui ogni misurazione, operazione preliminare alla creazione di conoscenze, presuppone la possibilità di entrare in contatto con il mondo, sia che questo contatto avvenga direttamente attraverso i nostri strumenti. Anche la geografia e in parte è una scienza di misurazioni, in quanto distanza, quantità, distribuzione sono tenute in considerazione. Questo contatto con il mondo cambia il modo di interpretare il mondo stesso, ma il mondo è da tempo oggetto della riflessione geografica. Superata l’idea che gli oggetti geografici siano stabili, se non addirittura immutabili, cioè che la geografia sia essenzialmente una scienza dell’invarianza della superficie terrestre, l’Anthropocene spinge verso un ulteriore cambiamento dal punto di vista geografico. Il concetto di Anthropocene ci chiede di cambiare il modo in cui consideriamo il richiamo alla nostra posizione di osservatori. Lo fa rivelandoci non solo che la natura è dinamica, ma anche che questo cambiamento non è più completamente separabile dall’azione umana, cioè che i due oggetti dell’osservazione sono ad un certo livello composti della stessa sostanza, e che i cambiamenti che osserviamo sono il risultato di una coevoluzione e di una relazione reciproca. In questa relazione l’osservatore è parte attiva. Figura 14. osservare è anche alla base del metodo scientifico CARDONE MATTIA 929960 8 Capitolo 1.18 REALTÀ/FICTION Per alcuni l’Anthropocene è un dato di fatto, cioè il sistema terra è completamente alterato dall’azione umana, con conseguenze sono tutti i suoi cicli geologici, chimici, tematici e biologici, con un conseguente approccio scientifico operativo al fine di garantire un futuro migliore e la specie umana al pianeta, nella consapevolezza che il destino dell’uno dipende mai dal comportamento dell’altro. Per altri l’Anthropocene è una fiction, un azzeccato Storytelling che connette fatti e situazioni disparate individuando un attore principale, l’uomo, e un insieme di scenari globali e locali nei quali ambientare la sua affascinante vicenda. Infine è comparsa anche una visione molto politica, che vede l’Anthropocene come una conseguenza del capitalismo e del suo braccio armato, la globalizzazione. Non basta dire che l’uomo è l’agente .Maggiormente implicato nel cambiamento, ma bisogna scendere nei dettagli dell’abitare il pianeta, cioè vedere come pensiamo la natura, quali sono i nostri sistemi di valori, quali tecnologie utilizziamo, quando ci riproduciamo e puliamo il pianeta, come prendiamo decisioni per regolare la vita della comunità e come utilizzare le risorse materiali e simboliche per realizzare progetti di vita individuali sociali. L’approccio letterario sembra trovare nella rappresentazione la mediazione fra approccio scientifico interpretazioni filosofiche, politiche ed economiche. Il suo rischio è quello di spostare troppo l’attenzione sulla narrazione sui suoi meccanismi, mettendo in secondo piano il fatto che le foreste stanno bruciando, ghiacciai si sciolgono, barriera corallina muore e il mare si sta riempiendo di microplastica. L’Anthropocene è certamente anche una metafora, una denominazione della territorializzazione, una rappresentazione che come la carta geografica tende a sostituirsi a ciò che dovrebbe rappresentare, trasformando progressivamente il mondo in ciò che vorrebbe invece ridurre a segno. Figura 15. 'defending Jacob', il mio lavoro su realtà e finzione Capitolo 1.19 TERRITORIO/TERRITORIALIZZAZIONE Problemi diversi legano uomini ambienti a scala differenti su tutto il pianeta. La geografia fornisce il dibattito sull’AN troppo ce ne due categorie indispensabili: quella di luogo e quella di sistema territoriale.se proviamo a chiederci dove si verifica tutto ciò che l’Anthropocene ci fa vedere, ci accorgiamo che fermarci a discorsi generali planetari e spesso metaforici non basta, in quanto il pianeta non è affatto omogeneo. Un termine più generico e umanistico è nato proprio per esprimere il senso della relazione fra le persone e le tante uniche compartimentazioni dello spazio terrestre.l’Anthropocene a una dimensione globale, ma si differenzi migliaia di diversi contesti locali. Se vogliamo spostare CARDONE MATTIA 929960 2 Si può dunque ipotizzare che pensare all’Antropocene come una nuova era geologica sia una ricaduta fortissima sul paesaggio, che permetta di evitare due posizioni estreme che impediscono di coglierne la specificità, cioè da un lato l’idea che l’Antropocene è un qualcosa che c’è sempre stato, dall’altro l’idea che l’Antropocene consiste nella rottura di un equilibrio che per secoli ha conservato intatti gli ecosistemi terrestri. Ciò che accomuna queste due visioni e che entrambi negano il carattere storico del paesaggio, con la sua natura dinamica e in continuo divenire. Capitolo 2.2 APPUNTI PER UN REPERTORIO ESSENZIALE DI PAESAGGI ANTROPOGENICI Chiedere al paesaggio di darci una testimonianza esemplare dell’Anthropocene significa sforzarsi di dare forma, visibilità e concretezza alle profonde trasformazioni innescate sugli ecosistemi terrestri dall’attuale modo di produzione del mondo. Così facendo trattiamo il paesaggio come un indice capace di tradurre una serie di processi ad alta complessità in un’icona immediatamente riconoscibile. La traduzione in termini paesaggistici dell’Anthropocene non può in alcun modo esaurirne la problematizzazione e non si può pensare che una galleria di immagini, più o meno efficaci, basti a chiudere il discorso mettendo a tacere ogni inquietudine. È utile individuare un certo numero di modelli e tipologie paesaggistico-territoriale contrassegnati da specifici processi di modellamento e produzione dello spazio terrestre, che per la loro forza e pervasività possono essere definiti “tipicamente Anthropocenici”: ⁃ il primo gruppo presenta paesaggi a carattere urbano-industriale con megalopoli, metropoli e altre strutture insediative ⁃ Il secondo gruppo mostra paesaggi di monoculture biotica e adibiti al trattamento della materia vivente, con funzioni di approvvigionamento alimentare ⁃ Terzo gruppo denota paesaggi di monoculture a biotica, adibiti al trattamento della materia inanimata Capitolo 2.3 PAESAGGI ANTROPOCENICI E PAESAGGI METABOLICI L’Anthropocene trova le sue essenziali fondamenta spaziali in due complementari pilastri strutturali che abbiamo chiamato megalopoli e monoculture. La colonizzazione della biosfera da parte della technosfera è lungamente avvenuta secondo modalità agonistiche e antagonistiche che si sono ripercosse anche sugli assetti paesaggistici. Sono stati di fatto i prodotti sistemi di utilizzo dell’ambiente globale le cui conseguenze controproducenti si manifestano sempre più chiaramente in concomitanza con riconoscimento dei caratteri antropogenici del mondo attuale. Guardando al passato per rendersi conto del impressionante mole di trasformazioni che per iniziativa di agenzie pubbliche private hanno mutato le fattezze il nostro paese conformemente al dogma sociali dello sviluppo della crescita economica è limitata, ingenti radicali trasformazioni neo-ecosistemi che sono stati storicamente accompagnati da grandi acquisizioni in termini di redditi monetari e relativo benessere materiale. È mancata la consapevolezza dei prezzi da pagare sul lungo termine per l’innovazione effettuate, ed a Figura 2. megalopoli di Tokyo CARDONE MATTIA 929960 3 causa della loro elevata impronta ecologica e di loro di stabilizzante impatti socio- demografici, molti cambi di posto nell’agire territoriale costituito altrettante sconfitte subite dal vivente planetario di innumerevoli comunità umane. Figura 3. immagine molto esemplificativa e chiara secondo me: da un lato un unica grande roccia il cui peso bilancia quello di altre 4 rocce più piccole, così avviene anche con le città dove alcune sbilanciano gli equilibri ecologici, climatici ed economici CARDONE MATTIA 929960 1 Capitolo 3 EDUCARE ALL’ANTROPOCENE Capitolo 3.1 UOMO-AMBIENTE Il concetto di Antropocene non rappresenta più una novità ed esiste ormai un universo di progetti ed iniziative artistiche e culturali che ha contribuito ad alimentare ed affermare il dibattito sul tema e costruire un’articolata immaginario su di esso. Tale premessa ci è utile per riconoscere un dato di fatto apparentemente banale: i geografi non sono i primi a trattare di Antropocene e anzi arrivano con un certo ritardo a prendere posizione sull’argomento. Questa consapevolezza porta con sé è un corollario, cioè discutere di Anthropocene oggi significa confrontarsi con l’universo di opinioni riflessioni di natura multidisciplinare che ne hanno già esplorato ampiamente i principali limiti e potenzialità. Il risultato di tale dibattito è che il concetto di Anthropocene costituisce perlopiù un termine-ombrello, o una parola chiave, dai caratteri vasti necessariamente indefiniti, sotto il quale trovano spazio molte diverse letture del complesso rapporto umanità- ambiente. La sfida posta dal concetto di Anthropocene si definisce nei termini di una provocazione culturale, coincidente nel riportare al centro dell’attenzione la domanda fondamentale su cosa significhi abitare un mondo in cui l’uomo partecipa pienamente nei processi di trasformazione del pianeta e quali siano le implicazioni etiche, politiche, sociali, economiche e ambientali di tali processi. In altri termini il concetto di Anthropocene o per nella direzione di provocare un risveglio della coscienza, gettando la luce nel navata sulle sfide prioritaria che il mondo contemporaneo si trova ad affrontare. Geografia e Antropocene Uomo, ambiente, educazione A cura di Cristiano Giorda Figura 1. questa immagine raffigura Baby Groot, uno dei personaggi de 'I guardiani della galassia', che altro non è che una pianta umanizzata CARDONE MATTIA 929960 4 connotati di un genere letterario che non trascura le implicazioni etiche legate al ruolo che l’uomo, attraverso la tecnologia, ha assunto nei confronti delle trasformazioni planetarie. Il tema dell’Antropocene o fra la geografia la possibilità di recuperare e valorizzare le capacità di pensare al futuro attraverso l’analisi del presente. Confrontarsi sul futuro dei luoghi che abitiamo è un campo di riflessione pienamente geografico, che sviluppa importanti capacità progettuali, creative e di immaginazione. Capitolo 3.3.4 COSTRUIRE AZIONI DI CITTADINANZA ANTROPOCENICA Abitare l’Anthropocene costituisce una sfida non solo sul piano culturale, legata al ripensamento del ruolo dell’uomo come principale agente del cambiamento globale, ma anche delle soluzioni concrete che possono consentire di migliorare la qualità della vita sul pianeta a tutte le scale geografiche. Il quarto e ultimo principio alla base di un’agenda per l’educazione geografica all’Anthropocene evoca quindi una competenza di natura strettamente progettuale, consistente nell’ideazione, nella condivisione nell’implementazione di azioni sul territorio. L’idea alla base di questo principio si fonda sulla convinzione che qualsiasi percorso formativo in ambito geografico non possa rimanere un esercizio intellettuale ma debba necessariamente tradursi in azioni.educare alla cittadinanza antropocentrica significa sviluppare consapevolezza del ruolo che ciascuno svolge all’interno della società e adottare atteggiamenti e comportamenti rispettosi, inclusivi e dialoganti nei confronti degli altri, della collettività e dei beni comuni. Capitolo 3.4 CONCLUSIONI Il successo che ha investito il concetto di Anthropocene lo ha reso un termine ombrello, in grado di significare molte cose diverse non necessariamente coerenti tra loro. Tale concezione aperta costituisce allo stesso tempo un limite un opportunità, un limite in quanto il concetto rischia di diluirsi un ventaglio troppo ampio e vago di significati, ma un’opportunità in quanto può essere adattato a contesti, problemi e situazioni molteplici e quindi essere impiegato per mettere al centro la moltitudine delle sue possibili declinazioni nei diversi contesti territoriali. Figura 5. cittadinanza antropocenica, non solo come abitante cosmopolita del mondo CARDONE MATTIA 929960 1 Capitolo 4 L’ANTROPOCENE, OVVERO IL RIAVVICINAMENTO FRA GEOGRAFIA FISICA E UMANA Il tema dell’Antropocene irrompe come un deus ex macchina in grado di cambiare improvvisamente la trama del confronto, aprendo inaspettate prospettive di incontro. Nella sua accezione originaria, il concetto di Antropocene è stato introdotto per definire il tempo in cui l’uomo assume un ruolo preponderante nel condizionare la forma e i processi del nostro pianeta. I modi e le fasi in cui questo ruolo viene acquisito sono strettamente correlati con la storia dell’umanità, ma i luoghi in cui si sviluppa il nuovo scenario e gli effetti che ne derivano appaiono invece ancora fortemente legati alla natura e la storia della terra. Capitolo 4.1 LA SCIENZA DEL SISTEMA TERRA Secondo un approccio scientifico la terra viene definita come un sistema complesso di processi fisici, chimici e biologici che interagiscono fra loro. In questa visione la terra viene rappresentata attraverso una serie di sfere di influenza nei processi terrestri che si sovrappongono interagiscono in specifiche aree, caratterizzate dall’occorrenza di fenomeni in grado di determinare l’aspetto del nostro pianeta. All’interno di questa visione può essere collocato il concetto della scienza del sistema terrestre, la quale trascende i confini disciplinari per trattare la terra come un sistema integrato e cercare una comprensione più Geografia e Antropocene Uomo, ambiente, educazione A cura di Cristiano Giorda Figura 1. alcuni dei tantissimi ambiti della geografa, anche se in questo schema manca la branchia della geografia umana CARDONE MATTIA 929960 2 profonda delle interazioni fisiche, chimiche, biologiche e umane che determinano gli Stati passati, attuali e futuri. In questo modo, la scienza del sistema terrestre promuove la sintesi e lo sviluppo di un modello olistico in cui il processo e l’azione disciplinare conducono a una sinergica interdisciplinarietà. In particolare i progressi dell’informatica, la nascita della geomatica e lo sviluppo dei sistemi informativi territoriali hanno fornito gli strumenti indispensabili per effettuare sempre più sofisticata analisi multidimensionale. Con questi strumenti a disposizione è oggi possibile raccogliere ed elaborare con sempre maggiore precisione i dati sui cambiamenti climatico-ambientali e interpretare a varie scale spazio- temporali le possibili relazioni fra uomo e natura. I risultati delle indagini locali possono essere estrapolati per interpretare gli effetti regionali del cambiamento, definito retrospettivamente con precisione su area vasta anche grazie all’analisi di serie storiche di dati. In questo quadro multidimensionale si può affermare che la geomorfologia svolge un importante ruolo all’interno della scienza del sistema terra perché fornisce le basi per comprendere la natura delle diverse forme che condizionano l’ambiente superficiale in cui si sviluppa la biosfera. Capitolo 4.2 CRONOLOGIA DELL’UOMO E DELLA NATURA Per descrivere in modo univoco la storia della terra, di scienziati si servono della scala dei tempi geologici prodotte dalla commissione internazionale di stratigrafia.si tratta di uno strumento in continuo aggiornamento per effetto dei progressi nella ricerca geologica e della formalizzazione di nuovi nomi e intervalli cronologici. La scala dei tempi geologici è suddiviso in unità geo cronologiche: esse descrivono lo scorrere del tempo in modo astratto, ma coerente per tutto il pianeta. Queste suddivisioni del tempo geologico astratto sono materializzate in particolare i corpi rocciosi definiti unità cronostratigrafiche: esse sono riconoscibili per il loro contenuto e per le discontinuità che le delimitano, rendendole correlabili dalla scala locale a quella globale. Fra i ricercatori è sempre più diffusa la consapevolezza che per affrontare in modo corretto il dibattito sull’Anthropocene sia cruciale discutere il problema dell’esistenza di una continuità o meno fra la storia dell’uomo e quella della natura. Figura 2. il sistema Terra è uno dei più complessi e affascinanti sistemi che ci siano Figura 3. l'evoluzione e le aree in cui si è evoluto l'uomo CARDONE MATTIA 929960 2 8-9 mila anni fa, agli inizi dell’agricoltura, la pratica di tagliare e bruciare le foreste per far posto ad appezzamenti coltivabili avrebbe portato ad un aumento di biossido di carbonio pari a circa 40 ppm. A partire da questa riflessione si propone una nuova periodizzazione articolata in tre momenti distinti: ⁃ L’Anthropocene caratterizzato da una massiccia influenza antropica sull’ambiente, che viene fatto iniziare con la rivoluzione industriale dal 1850 circa in poi ⁃ Il PALEOANTROPOCENE, che va dalla comparsa dei primi ominidi e dalla rivoluzione agricola fino a quella industriale ⁃ Una fase ancora precedente in cui non si riscontra un’influenza umana. In tutte le proposte precedenti, il cambiamento climatico gioca un ruolo centrale per l’estensione temporale e spaziale del fenomeno. Da un punto di vista temporale si tratta infatti di uno degli impatti derivanti da azioni umane che risalgono più indietro nel tempo e che, per questo, è stato utilizzato in molte delle proposte di datazione dell’inizio dell’Anthropocene. Anche dal punto di vista spaziale, il cambiamento climatico si presenta come un fenomeno particolarmente esteso, che può essere definito intrinsecamente globale, perché le dinamiche alla base del funzionamento del clima terrestre dipendono dal bilancio energetico globale. Infine il cambiamento climatico può essere pensato come un fenomeno particolarmente esteso e complesso perché può essere causata da numerosi fattori che hanno all’origine una grande varietà di azioni umane.a differenza di altri impatti ambientali alla base del riscaldamento globale vi sono molti comportamenti quotidiani differenti. Capitolo 5.2 IL CAMBIAMENTO CLIMATICO La retorica negazioniste nei confronti del cambiamento climatico va progressivamente diffondendosi, ma può essere utile ricapitolare brevemente ciò che la comunità scientifica compreso su questa problematica. Il più recente rapporto dell’IPCC afferma che il riscaldamento del pianeta terra e inequivocabile. In generale il cambiamento climatico può essere provocato sia da cause naturali sia da cause antropiche. Gli scienziati riconoscono però che i fattori di origine umana sono le cause dominanti del riscaldamento globale oggi in atto. I più importanti gas serra presenti nell’atmosfera terrestre sono il biossido di carbonioCO2 , il Figura 2. rivoluzione industriale come causa dei danni più ingenti causati dall'uomo? Figura 3 un immagine quasi catastrofica legata al surriscaldamento globale CARDONE MATTIA 929960 3 metano CH4, il protossido di azoto N2O e altri presenti in concentrazioni più basse. Alcuni di questi gas hanno una capacità di esercitare un effetto serra molto maggiore della CO2. Il quadro papale brevemente tratteggiato finora non evidenzia le numerose e profonde differenze di responsabilità tra paesi per l’emissione dei gas clima alteranti. Esiste infatti un grande divario emissivo tra gli Stati a più alto è quelli più basso reddito. Capitolo 5.3 LE POLITICHE PER IL CAMBIAMENTO CLIMATICO Per riflettere sulle relazioni che legano il cambiamento climatico e l’Anthropocene è necessario affrontare un ulteriore aspetto che riguarda le politiche a contrasto del riscaldamento globale. In generale si è soliti distinguere tra politiche di mitigazione e adattamento, con le prime che mirano a eliminare le cause alla base del riscaldamento globale, mentre le seconde puntano a limitarne gli effetti. Ripercorrendo le tappe principali dello sviluppo delle politiche di mitigazione è possibile distinguere cinque periodi: ⁃ fine degli anni 80 e primi anni 90, in cui viene istituito nel 1988 l’IPCC (INTERGOVERNMENTAL PANEL on CLIMATE CHANGE) ⁃ La ratifica e l’entrata in vigore del protocollo di Kyoto costituiscono la seconda tappa del percorso di costruzione delle politiche di mitigazione ⁃ La terza fase è quella del post-Kyoto, un periodo caratterizzato da un forte rallentamento dell’azione sul fronte della mitigazione ⁃ La quarta fase è quella dell’accordo di Parigi, che ha l’obiettivo dichiarato di mantenere il riscaldamento planetario entro il limite massimo di 2 °C, ma chiedendo ai governi di impegnarsi per puntare limitarlo a 1,5 °C ⁃ La quinta fase riguarda le possibili implementazioni future delle azioni di mitigazione. Accanto le politiche di mitigazione si stanno progressivamente sviluppando che quelle di adattamento al cambiamento climatico. La necessità di adattarsi deriva anzitutto dal fatto che le concentrazione atmosferica di gas clima alteranti sono ormai così elevate da rendere inevitabile effetto di riscaldamento a livello planetario. Inoltre, anche se tutte le missioni venissero farmacia azzerate, la lunga permanenza di gas serra e l’inerzia termica degli oceani indurrebbero comunque dei cambiamenti nel sistema climatico per i prossimi secoli. Oggi l’adattamento è inteso come un processo dinamico in cui le società rispondono continuamente a cambiamenti di varia natura. La variabilità delle risposte che ne scaturiscono dipende anche dalle capacità di azioni collettive che vedono coinvolti istituzioni, settore pubblico e privato e società civile. Capitolo 5.4 LE FUTURE AZIONI DI MITIGAZIONE Diversi studi sostengono che gli impegni di tipo volontario presso dei singoli paesi in base all’accordo di Parigi non sono sufficienti a mantenere la temperatura al di sotto dei 2 °C. Figura 4. il logo della conferenza di Parigi 2015 CARDONE MATTIA 929960 4 L’IPCC sottolinea inoltre che per limitare il riscaldamento a 1,5 °C sopra livelli pre industriali servirebbero trasformazione senza precedenti nella maggior parte dei settori economici, dall’energia all’industria. A tal fine il report ribadisce la pressante necessità di adottare politiche di mitigazione e adattamento che siano realmente efficaci i voli dall’impiego di approcci innovativi ad elevato contenuto tecnologico, per uscire comunque raggiungere gli obiettivi. La comunità scientifica raccolta sotto l’egida dell’IP CC, apre quindi a due possibili strade: la prima riguarda la via già conosciuta e sperimentata delle politiche di mitigazione tradizionali, strada potenzialmente molto virtuosa per l’ambiente, in quanto la riduzione delle emissioni non comporta ricadute negative sugli equilibri climatici ma solo positive, mentre la seconda strada non punta solo a ridurre le emissioni, ma anche modificare direttamente alcuni aspetti del funzionamento del sistema climatico terrestre attraverso tecniche di tipo geoingegneristico. Si tratterebbe di mettere in atto soluzioni ad alto contenuto tecnologico, in alcuni casi molto futuristiche, che possono essere suddivise in due categorie: ⁃ CARBON DIOXIDE REMOVAL, che comprende una serie di tecniche che possono contribuire a limitare il riscaldamento mediante la sottrazione di CO2 direttamente dall’atmosfera, e ne esistono diversi metodi che sono: la afforestazione e riforestazione, la soil Carbon sequestration, la enhanced weatering e la ocean alkalinization, la ocean fertilization, il bioenergy with Carbon capture and storage ed infine la direct air carbon dioxide capture and storage; ⁃ SOLAR RADIATION MODIFICATION, , Che punta ad abbassare direttamente la temperatura terrestre sia diminuendo l’energia globale in entrata, sia aumentando quella in uscita dal sistema terra, e i cui metodi più conosciuti sono quattro: la stratospheric aerosol injection, la marine cloud brightening, la cirrus cloud thinning e la ground-based albedo modification In generale si tratta di metodologie che puntano ad obiettivi estremamente ambiziosi e difficili da raggiungere. Figura 5. un esempio del funzionamento di alcune tecniche della carbon dioxide removal Figura 6. interrogativi riguardanti la solar radiaton modification e la sua reale applicabilità CARDONE MATTIA 929960 2 leggere l’immigrazione e quella della sicurezza. La condizione di insicurezza, infatti, che essa sia sociale, economica e politica è troppo spesso rimossa nel dibattito sulla sicurezza degli Stati di arrivo anche in termini di profilo culturale, pur essendo elementi fortemente correlati. Capitolo 6.2 DISASTRI AMBIENTALI E MIGRAZIONI Se osserviamo le ripercussioni dell’azione dell’uomo sulle migrazioni, un elemento indiscutibile è rappresentato dal ruolo svolto nell’accelerazione della mobilità internazionale della tecnologia. Non è tuttavia l’unica prospettiva dalla quale si legge l’impatto sulle migrazioni dell’azione dell’uomo, in quanto al centro della riflessione sull’Anthropocene c’è anche la connessione tra cambiamento climatico e migrazione. Un filone di studi molto accreditata ritiene che i principali fattori ambientali che possono causare spostamenti e diventeranno più significativi nei prossimi anni a causa del cambiamento climatico antropogenico sono la maggiore potenza e frequenza di tempeste inondazioni, oltre a siccità, desertificazione e innalzamento del livello del mare. L’innalzamento del livello del mare, a cui è stata destinata molta attenzione negli ultimi anni, può rendere le zone costiere e le passi isole in abitabili. Tuttavia i modi in cui questi cambiamenti ambientali interagiranno con i movimenti della popolazione le migrazioni individuali restano ancora ipotetici. In tal senso, il cambiamento climatico in generale, può essere imputato di una discreta quantità di migrazioni, o meglio di mobilità. Tuttavia è bene sottolineare che la mobilità di tipo ambientale climatica non è chiaramente definita terminologicamente né giuridicamente. Sul tema si sono distinti pertanto due gruppi di studiosi della mobilità ambientale che possono essere ricondotti agli allarmisti da una parte e gli scettici dall’altra. Secondo un filone di studi minimalista il tema delle migrazioni internazionali dovrebbe essere letto come un fenomeno sociale, economico e segnatamente geopolitico, non esclusivamente legato alla dimensione ecologica o della protezione umanitaria. Capitolo 6.3 LA NATURALIZZAZIONE DELLA CATEGORIA DI ANTROPOCENE Secondo l’International Displacement monitoring center, I conflitti, i disastri ambientali, le tempeste e gli alluvioni, sono tra le cause principali che costringono famiglie e comunità ad abbandonare le proprie abitazioni. I rapporti di istituzioni, organizzazioni e organismi che si sono susseguiti in questi anni hanno progressivamente definito meglio i caratteri delle migrazioni ambientali. Nel suo Figura 2 disastro ambientale di Bhopal, al quale è dedicato uno dei miei approfondimenti CARDONE MATTIA 929960 3 quinto rapporto il gruppo di lavoro IPCC, ha sottolineato la pluricausalità e la natura complessa della migrazioni ambientali. L’IPCC prevede un aumento dello sfollamento di persone e definisce le regioni del mondo più colpite dai cambiamenti climatici: l’artico, l’Africa, le piccole isole e i Delta asiatici e africani. Innanzitutto il cambiamento climatico i disastri in generale a ben vedere fa riferimento mobilità forzata interni ad alcuni paesi. Da questo possiamo desumere almeno due considerazioni: più frequentemente di quanto si possa pensare o raccontare la prima scelta delle persone non è allontanarsi dal proprio paese, e chi invece paga il vero prezzo è colui il quale, in condizioni di estrema fragilità, non riesce a muoversi. Un altro elemento implicito in questa analisi è che, sempre più spesso, le migrazioni sono considerati una minaccia o un problema. Guardare con preoccupazione agli effetti del cambiamento climatico nella prospettiva migratoria significa rimuovere il ruolo e la responsabilità del sistema dominante di produzione e consumo, che può assumere un nome geologico differente: CAPITALOCENE. Capitolo 6.4 SONO TUTTI MIGRANTI AMBIENTALI? Le migrazioni sono un processo storico caratterizzante della vicenda umana sulla terra che ha assunto aspetti e connotazioni sempre più articolati. Il dibattito sul rapporto tra cambiamenti climatici migrazione iniziato negli anni 80 del secolo scorso, benché le sue radici risalgono alle letture del primo ‘900. La combinazione di queste criticità, segnatamente dei cambiamenti climatici, con l’accelerazione massiccia dei flussi migratori in uscita dai paesi più fragili, è un elemento di proiezione non privo di ambiguità. Piuttosto che guardare alla mera mobilità internazionale delle persone, in connessione con gli studi sullo sviluppo, si dovrebbe inquadrare l’impatto dei cambiamenti climatici sulle società più fragili in termini di adattamento, vulnerabilità ed elasticità. Pur assumendo che stia vivendo in una nuova era a cui diamo il nome di Anthropocene, chiunque micro si sposta in quest’epoca può essere considerato un migrante ambientale. Il problema, quindi, non è solo quello di valorizzare la dimensione politica e quella della distribuzione delle ricchezze che possono sottolineare i nessi tra le diverse scale di governo del territorio, ma anche quello di rendersi conto che è proprio l’osservazione del fenomeno Anthropocene tramite la chiave della mobilità può essere utile per comprendere Figura 3 scena tratta dalla serie tv 'Breaking Bad', capolavoro in cui Walter White da professore di chimica diventa milionario vendendo metanfetamina Figura 4 un alluvione, fonte Greenpeace CARDONE MATTIA 929960 4 quanto in realtà ci si trovi al cospetto del capitanocene. Questo mette in rilievo ancor più gli aspetti degenerativi della struttura capitalistica contemporanea che in modo sempre più classista polarizza le vulnerabilità non solo intergenerazionali ma soprattutto Inter infracomunitarie. CARDONE MATTIA 929960 3 Tale opera di produzione delle risorse naturali non è soltanto materialmente percepibile e rilevabile quantitativamente, ma produce anche un forte impatto sulla qualità della vita e sulla cultura che permette di apprezzare le componenti di tale qualità. L’educazione ad un comportamento più responsabile non può più avvenire soltanto attraverso una prospettiva catastrofica che mette di fronte a scenari minacciosi apocalittici, ma deve attraversare anche una pars costruens che ponga le basi per un apprezzamento e una valorizzazione consapevole nei confronti delle forme di vita non umane e dell’equilibrio ecologico dell’ecosistema terrestre. Capitolo 7.4 PROSPETTIVE DIDATTICHE PER L’UTILIZZO DELLA LETTERATURA NELLO STUDIO DELL’ANTROPOCENE La fonte letteraria rappresenta un proficuo luogo di riflessione per pensare le caratteristiche dell’Anthropocene. L’utilizzo congiunto di geografia e letteratura costituisce un promettente strumento di comunicazione riguardo alla complessità delle questioni in gioco nelle discussioni su queste tematiche. La profondità storica della produzione letteraria permette di indagare da un ulteriore punto di vista la questione relativa all’inizio dell’Anthropocene. In ultimo la dimensione comparatistico offerta dalla letteratura, che permette uno sguardo sintetico rivolto a più contesti geografici, linguistici e culturali di produzione, permette un’analisi a largo spettro delle aree sociali e culturali il cui pensiero legato all’Anthropocene si è consolidato e diffuso. Capitolo 7.5 CONCLUSIONI Il successo del termine Anthropocene risiede in un’accresciuta comprensibilità del termine stesso, correlata anche alla formazione di una cultura in grado di comprendere le coordinate di fondo che hanno reso necessario l’introduzione di questo termine nel dibattito scientifico. È auspicabile che il termine entri nel linguaggio linguaggio giornalistico, attraverso i diversi mass media di diffusione, e nel linguaggio politico, all’interno delle sedi istituzionali dove si possono e si devono prendere decisioni di contrasto ai fenomeni di inquinamento che sono alla base dei cambiamenti climatici globali contemporanei. Figura 4. l'antropocene vede 7,7 miliardi di attori protagonista che molto presto diventeranno prima 8 e poi 9 Figura 3. copertina del famosissimo libro di Jules Verne 'ventimila leghe sotto i mari' CARDONE MATTIA 929960 1 Capitolo 8 FIGURE DELL’ANTROPOCENE NEGLI OLIVI IN PUGLIA Andiamo a vedere una manifestazione pratica di alcuni caratteri fondamentali del dibattito attorno all’Anthropocene, che ha raggiunto diversi campi di studi approcci, uno dei quali è la proliferazione del batterio XYLELLA FASTIDIOSA in Puglia. Capitolo 8.1 LA PUGLIA COME GIARDINO. LA PIANTAGIONE, FORMA E DISTANZA ESTETICA La Puglia è ben nota per la quantità di olive che caratterizzano il suo paesaggio, in quanto in Puglia l’olivo caratterizza l’economia, l’identità, le tradizioni e permea molte altre forme della vita sociale e della storia. In particolare a partire dal settecento riscontriamo l’interesse nei confronti delle malattie dell’olivo e delle tecniche per incrementarne la produzione, anche con l’obiettivo di combattere la misera condizione bracciantile. Carlo III di Borbone si fece promotore di una intensificazione della coltivazione di ulivo in Puglia, durante il periodo di accumulazione materiale finanziaria del capitale, che si riconduce anche l’attività industriale inglese, la quale richiedeva olio per lubrificare le macchine per la filatura del cotone della nascente industria tessile nord europea. In questo contesto frastagliato, dal 2008 inizia notare diversi fenomeni di disseccamento, nel 2013 ricercatori del CNR riscontrano la presenza del batterio XYLELLA FASTIDIOSA al quale viene attribuito nel 2017 il carattere patogenetico relativo ai disseccamenti. Geografia e Antropocene Uomo, ambiente, educazione A cura di Cristiano Giorda Figura 1 uno degli insetti che veicola il batterio CARDONE MATTIA 929960 2 Capitolo 8.3 IBRIDI SULLE ROVINE DEL CAPITALE Uno degli elementi che più introducono l’Anthropocene e la distruzione dei rifugi nei quali si possono conservare gruppi di specie diverse. Una conseguenza di questo processo e l’emergere di forme di vita nomadi che si adattano a condizioni diverse e si insinuano in ciò che rimane di gruppi di specie stravolgendoli. Nel contesto che abbiamo cercato di introdurre si inserisce un nuovo attore, un’entità invisibile se non attraverso il microscopio, un batterio che viene da lontano lo. Xylella fastidiosa, un organismo da quarantena nei confronti del quale si attiva un iter legislativo comunitario per limitarne la proliferazione. Dal 1940 al 1945 si comprese che l’ipotetico virus si muoveva attraverso degli insetti vettori, che si limitava ad abitare lo xylema delle piante che era presente il numerose altre piante senza che queste presentassero sintomi, ma nel 1987 fu isolato il genoma di quello che era erroneamente considerato un virus, dandogli il nome di xylella fastidiosa, un batterio il cui nome deriva dal corredo batterico della pianta, Xylella, e dalla difficoltà incontrate per isolare e coltivare il batterio, fastidioso. Questo batterio dimostrato un rapido e veloce adattamento alle condizioni che cambiano, passando attraverso climi diversi e ibridandosi geneticamente a seconda delle relazioni ecologiche in cui si inserisce tra piante e insetti vettori. La diffusione di questo batterio molto legato ad alcune aree climatiche all’interno delle quali rientra tra anche il bacino mediterraneo, dove sono state individuate quattro subspecie del batterio. Insieme ai movimenti di esseri umani e dei loro prodotti si muovono anche i batteri e un numero imprecisato di entità, che in gran parte dei casi non attirano il nostro interesse se non quando la loro presenza diviene manifesta e controversa. Capitolo 8.5 CONCLUSIONI La storia del batterio che produce questa malattia di disseccamento ci ha permesso di introdurre un’altra serie di condizioni dello spazio globalizzato e della selezione che ne compie il capitale globale. In questo contesto le conoscenze che abbiamo non sembrano essere sufficienti alla mole dei problemi che si intende gestire: non basterà sapere che vi sono alcune specie di olivo residenti resistenti al batterio per risolvere il problema. La malattia ha messo i riflettori sulle politiche della vita e su quelle della morte in relazione alle pratiche che interessano questo territorio. Non è una novità che nell’Anthropocene e si noti la relazione tra umanità e olivi in Puglia che ha dato forma alla natura e la cultura di questo territorio. Comprendere queste relazioni che si innestano nelle pratiche quotidiane e nelle conoscenze che lo costituiscono giro nei processi di produzione della conoscenza in quelli di attribuzione di valore, ci permette di Figura 2. Puglia, terra di turismo, etnie, culture e buon cibo Figura 3 Xylella Fastidiosa vista al microscopio CARDONE MATTIA 929960 2 Articolo de ‘la repubblica’ del 1 giugno 2018 che mappa le foreste più antiche in Europa —> https://www.repubblica.it/ambiente/2018/06/01/news/la_mappa_delle_foreste_piu_antiche_d _europa-197676791/ Capitolo 9.1 CENNI TEORICI SULL’ANTROPOCENE Da quando termine Antropocene è stato proposto come concetto utile per studiare i cambiamenti avvenuti nelle relazioni tra l’uomo e il pianeta terra, il suo significato è stato più volte rielaborato. Alcuni sostengono che l’avvio dell’attività agricole umane abbia più gradualmente modificato la concentrazione, segnando di fatto un fortissimo impatto antropico sulle dinamiche chimiche terrestri. Si tratta di una posizione molto interessante dal nostro punto di vista, in quanto permette di approcciare lo studio del rapporto tra l’uomo e i boschi non tanto in termini di impatto ambientale, quanto piuttosto di relazione tra entità naturali che interagiscono biologicamente e culturalmente.al tempo stesso pone un problema fondamentale in quanto le conseguenze epistemologiche di un approccio fisso di questo tipo, rischiano di svuotare il significato e il concetto stesso di Anthropocene, dilatandolo fino a farlo coincidere di fatto con l”olocene e quindi con tutti i processi di interazione tra uomo e terra. Capitolo 9.2 LE FORESTE E L’ANTROPOCENE 10.000 anni fa la terra era con tutta probabilità in gran parte coperta da una fitta foresta naturale. A partire dalla rivoluzione neolitica l’uomo avviato un processo di graduale frammentazione della superficie forestale, che oggi si presentano con una distribuzione regolare sul pianeta. È evidente che si tratta di un fenomeno correlato con il graduale processo di perdita di biodiversità che è caratterizzato tutto Lollo ce ne.possiamo quindi considerare la deforestazione del pianeta come uno dei più evidenti segni del fatto che da lungo tempo ci troviamo nell’Anthropocene. A partire dall’avvio della rivoluzione industriale l’uomo ha quindi aumentato la propria necessità di spazi per attività economiche e abitative, in linea con l’aumento della popolazione e l’allargamento alla scala globale dell’attività economiche. La deforestazione non è tuttavia un processo inevitabile e irreversibile. La rinascita delle foreste ha numerose cause, che trovano specifiche declinazioni nei diversi contesti regionali, in relazione con fattori di natura politica, economica, sociale e culturale. Si possono individuare alcune cause principali: è stata resa possibile la crescita e la messa a dimora di nuovo legname perché le vecchie foreste erano state rimosse, incendi boschivi sono stati maggiormente controllati, i terreni agricoli sono stati abbandonati riportate la foresta e la domanda di legname di prodotti derivanti dal legname diminuita. La transizione in atto in alcune regioni compensa in parte la generale perdita di foreste e contribuisce a mantenere una sorta di equilibrio. Tuttavia le nuove foreste derivanti dall’abbandono dell’agricoltura non hanno la medesima forza di quelle originarie, e i nuovi ecosistemi impiegheranno molto tempo per raggiungere una condizione di stabilità interna tale da consentir loro di superare momenti critici con incendi o siccità. Figura 2. figura relativa agli incendi in Australia lo scorso gennaio 2020 CARDONE MATTIA 929960 3 Al contrario le attività agricole tradizionali hanno contribuito per molto tempo a preservare i boschi e foreste, che erano parte integrante dei sistemi rurali su cui si è basata il sostentamento delle comunità umane per gran parte della loro storia. A lungo gli uomini hanno quindi deforestato, ma hanno anche interagito in maniera costruttiva con gli ecosistemi forestali. Le sfide ambientali che i boschi e le foreste si trovano oggi a dover affrontare a causa degli esseri umani sono molte. Capitolo 9.3 LE FORESTE PLUVIALI DI LATIFOGLIE TROPICALI E SUBTROPICALI: L’AMAZZONIA NELL’ANTROPOCENE L’amazzonia è stata a lungo descritta come una sorta di paradiso terrestre, uno dei pochi luoghi sulla terra nel quale la natura regna incontrastata da sempre, libera dalla mano predatrice dell’uomo. Le ragioni di tale atteggiamento possono essere attribuite a numerosi fattori, ma probabilmente il principale riguarda il persistente interesse per datore nei confronti delle risorse di questa regione. Lo straordinario sistema ecologico scoperto dei colonizzatori europei non era quindi il residuo di un mondo primitivo, al contrario era la prova del fatto che l’uomo può modificare l’ambiente senza distruggerlo. Sulla base di molte prove scientifiche la Mazzone può essere tutti gli effetti è descritta come una foresta antropica. L’Amazzonia non è un’unica foresta, bensì è l’insieme di molte foreste che presentano numerose differenziazioni regionali, tuttavia vi sono alcuni elementi di fondo che le rendono tutte simili tra loro. Capitolo 9.4 LE FORESTE DI LATIFOGLIE E LE FORESTE MISTE TEMPERATE: I BOSCHI EUROPEI NELL’ANTROPOCENE Concentrando l’attenzione sulle foreste temperate abbiamo l’occasione di ragionare su regioni che nell’olocene hanno conosciuto processi di deforestazione massiccia, ma che al contrario negli ultimi anni stanno attraversando una fase di riforestazione. Con riferimento all’Europa, i forti tassi di urbanizzazione raggiunti a seguito della conclusione della transizione demografica e della terziarizzazione dell’economia hanno portato all’abbandono di molte regioni montuose e collinari, che in passato sono state fortemente sfruttate per scopi agrosilvopastorali. Fin dall’antichità, l’economia delle civiltà europea ha intessuto un importantissimo legame con i boschi. Figura 3. area boschiva devastata da un incendio Figura 4 Immagine suggestiva dell'Amazzonia CARDONE MATTIA 929960 4 Capitolo 9.4.1 IBRIDAZIONI: IL BOSCO COME ELEMENTO DEL TERRITORIO Emerge con chiarezza un dato di fatto fondamentale, ovvero che gli ambienti forestali europei sono nella quasi totalità ibridi, risultati dall’interazione pluri secolare tra uomo e natura. Dal punto di vista della geografia l’interazione uomo natura è già implicita nel concetto di ambiente, perciò l’introduzione del termine paesaggio nello studio dei boschi è utile soprattutto a sottolineare il peso delle variabili sociali, culturali e soggettive nel processo di attribuzione di significato a determinati contesti spaziali. Il semplice rilevamento del fatto che i boschi europei sono ibridi non è sufficiente, ma occorre notare che il processo di riforestazione in atto non è possibile in senso assoluto, al contrario molti casi esso causa una perdita di biodiversità. Si rivela pertanto come un ennesimo segno delle crescenti criticità ambientali derivanti dei cambiamenti contemporanei relativi alle pratiche antropiche. Non solo quando toglie spazio alla natura l’uomo dimostra la capacità di esercitare un impatto negativo sulla terra, bensì anche quando estromette se stesso dalla natura, abbandonandola dopo che per secoli la trasformate e resa indipendente da sé. Capitolo 9.4.2 NARRAZIONI: IL BOSCO E LA RAPPRESENTAZIONE DEL TERRITORIO Tutto questo ci permette di riflettere su un terzo e ultimo elemento relativo allo studio dei boschi nell’Anthropocene, ovvero il valore narrativo che si assumono nella contemporaneità. I significati attribuiti ai boschi nell’attualità sono al contrario derivanti dall’abbandono. Si tratta di un processo iniziato già nel XX secolo, con la nascita dei primi parchi nazionali in Nord America e in Australia e l’affermazione di una retorica della wilderness ancora a valori romantici e trascendentali. Occorre però sottolineare come in passato si cercasse di tutelare spazi che si apprestavano entrare nell’ultima grande fase predatoria e deforestante, mentre oggi le rappresentazioni idealizzate riguardano in gran parte boschi che crescono sempre più e ai quali si cerca di attribuire valore in virtù del loro allontanamento dall’uomo. L’idea di riserva integrale è interessante per la nostra riflessione in relazione al tema della wilderness, in quanto anche le zone wilderness sono oggi zone di protezione per la normativa italiana, dando un’idea di riserva integrale che sia più efficace dal punto di vista dell’Anthropocene. In quest’ultimo caso non c’è nessuna volontà di costruire una narrazione volta nascondere un eventuale passato sfruttamento, molto semplicemente si prende atto che determinate zone possiedono alti valori ecologici in virtù di un debole sfruttamento antropico storico si decide di intervenire dal punto di vista normativo per preservarne i valori a scopo scientifico. L’istituzione di una riserva integrale implica un progetto territoriale molto particolare in quanto all’interno di essa l’uomo si impegna volontariamente a non intervenire per avere un terreno nel quale studiare i meccanismi che regolano gli ecosistemi forestali. Tutto questo offre l’occasione perfetta per ribadire l’importanza della forma ibrida dei fenomeni terrestri nell’Anthropocene, sottolineando come la ricerca in questo ambito debba Figura 5 densità di copertura di alberi in Europa, dati del 2018 CARDONE MATTIA 929960 2 ⁃ La trasformazione dello strato di sedimenti, suolo, che ricopre le terre coltivabili, ridotto in estensione e spessore dall’erosione e fortemente degradato da pratiche di coltivazione e allevamento che non rispettano i cicli naturali di rigenerazione; ⁃ Gli effetti sulla qualità e quantità delle risorse idriche a scala locale e globale; ⁃ Gli impatti dell’agricoltura intensiva sull’atmosfera, attraverso la diffusione di agenti inquinanti e le emissioni di gas serra; ⁃ I sistemi del cibo contemporanei, causa di importanti impatti sulla biosfera. L’impatto del sistema alimentare globale sulla biosfera si è spinto tanto in profondità da modificare la stessa struttura costitutiva di alcune specie animali e vegetali, ovvero il loro DNA. Nonostante in Europa la comunità scientifica e l’opinione pubblica siano ancora divisi sugli effetti degli OGM sulla salute umana e sull’ambiente e il loro utilizzo sia fortemente limitato, le filiere agro industriali globale dei mercati nordamericani sono già ampiamente occupati da prodotti geneticamente modificati. Capitolo 10.2 CIBO, CAPITALISMO E ANTROPOCENE: UNA LETTURA CRITICA La coincidenza tra la descrizione delle caratteristiche dell’Earth system e degli impatti del food system nell’Antropocene porta a concludere che i sistemi del cibo abbiano avuto un ruolo rilevante nel trasformare la terra fino alle soglie di questa possibile nuova era geologica, soprattutto attraverso agricoltura e allevamento. Alcuni ritengono tanto determinante la produzione di cibo in queste dinamiche da far coincidere l’avvio dell’Antropocene con la scoperta dell’agricoltura e la diffusione di insediamenti umani stanziali. Un’analoga accelerazione è riconosciuta dalle scienze economiche e sociali anche ai sistemi di produzione distribuzione di cibo, che a partire dal secondo dopoguerra si sono trasformati in maniera radicale dalla diffusione globale di un approccio produttivista dall’industrializzazione dei sistemi produttivi. La teoria dei regimi mette in luce la pervasività dell’economia capitalista globalizzata del plasmare i sistemi del cibo. Una delle principali critiche che vengono mosse è quella di non tenere sufficientemente conto della diversità con cui tali sistemi si articolano nelle diverse parti del globo e della numerosità di pratiche che si pongono in opposizione al sistema dominante. I sistemi del cibo contemporanei sono infatti caratterizzati da geografie diseguali, con alcune regioni pienamente inserite nelle dinamiche globalizzata di produzione intensiva agro-industriali, altre maggiormente caratterizzate da sistemi produttivi di piccola scala più rispettose degli equilibri locali. Analogamente anche il concetto di Antropocene è criticato, soprattutto dalle scienze sociali, per un’assenza di lettura socio politica degli impatti dell’uomo sugli equilibri planetari. Se è vero che l’uomo come specie sta trasformando la terra come nessuna specie aveva mai fatto prima prima d’ora, è altrettanto vero che non tutti i sistemi sociali non tutti i modelli economici impattano sull’ambiente allo stesso modo. Alla radice della grande accelerazione della seconda metà del novecento ce l’affermazione dell’economia industriale e finanziaria di stampo capitalista ed è la concezione utilitaristica delle risorse ambientali che essa veicola. Anche la produzione, la trasformazione, la distribuzione e il consumo di cibo veicolano la relazione con la natura descritta come base delle trasformazioni dell’Anthropocene quando questi si fondano sulle logiche delle economie capitaliste globalizzata e, caratterizzata dalla Figura 2. ciclo del cibo CARDONE MATTIA 929960 3 concentrazione del potere nelle mani di pochi attori economici. È possibile quindi immaginare sistemi economici, sociali e politici alternativi a quello attuale, che riducono la pressione sui limiti planetari che permettono alla specie umana di agire in uno spazio d’azione sicuro nel futuro prossimo. Capitolo 10.3 COME SI MANGIA NELL’ANTROPOCENE Senza un cambiamento radicale dei sistemi del cibo su scala globale, le pressioni sugli equilibri ambientali legate alimentazione umana sono destinate a crescere ulteriormente, spingendo il sistema terra ben oltre i limiti della sostenibilità.ammettere l’esistenza di una nuova epoca planetaria, caratterizzata da equilibri inediti tra l’uomo, le altre specie viventi sistemi ambientali e da un’evoluzione ancora imprevedibile, significa inevitabilmente porsi il problema di come gestire questi nuovi equilibri evitando di superare in maniera irreversibile pericolosa i miti della sostenibilità. Figura 3. i principali cibi sulle nostre tavole Figura 4.impatto sull'ambiente del cibo che mangiamo CARDONE MATTIA 929960 1 Capitolo 11 PERCHÉ UN MUSEO DELLE TECNOLOGIE NELL’ANTROPOCENE? Capitolo 11.2 CENNI STORICI E FILOSOFICI Ci sono tante istituzioni della modernità, che tendono a descrivere il nostro tempo e il nostro mondo come ordinato e sotto controllo, o almeno propongono continuamente ricette per renderlo ordinato e sotto controllo. In realtà è sotto gli occhi di tutti il fatto che viviamo in un mondo complesso e caotico. Questa non è necessariamente una visione negativa e pessimistica, ma è chiaro che c’è comunque una quantità crescente di problematiche. Il concetto di modernità è esso stesso complesso, e parlare di modernità, storia moderna, pensiero moderno cultura moderna non è sempre la stessa cosa. La modernità si è ipotizzato essere soltanto una costruzione teorica che in pratica debba essere resettata e in parte rimessa con i piedi per terra, per meglio gestire i nostri problemi collettivi, la vita pratica, e continuare a produrre cose problematiche complicate ibride che successivamente vengono razionalizzate depurate per diventare oggetti puri e problemi risolvibili. Capitolo 11.4 SIAMO STATI MODERNI? SÌ E NO. La cultura moderna si basa fondamentalmente sulla separazione tra natura e uomo. Questa separazione è connessa all’idea che la natura sia infinita, nonostante essa sia più grande di noi, e noi possiamo fare quello che vogliamo senza preoccuparci di lei. La cultura moderna si basa anche sulla separazione tra scienza e politica, cioè l’apparato scientifico-tecnologico, finché libero, produce conoscenze e potenzialità ma è la politica che decide come e se usarle. Geografia e Antropocene Uomo, ambiente, educazione A cura di Cristiano Giorda Figura 1. proiezione di una città moderna
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