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Riassunto-E saremo tutti ricchi. Lavoro, mobilità sociale e conflitti nelle città dell'Italia medievale- Franco Franceschi, Schemi e mappe concettuali di Storia

Riassunto del libro di Franco Francesci, corso di storia economica e sociale del Medioevo europeo, UNIMI.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2017/2018
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Scarica Riassunto-E saremo tutti ricchi. Lavoro, mobilità sociale e conflitti nelle città dell'Italia medievale- Franco Franceschi e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia solo su Docsity! Franco Franceschi: E saremo tutti ricchi lavoro, mobilità sociale e conflitti nell'Italia medievale. I. Spazi e strutture dell'attività produttiva in età comunale • Sviluppo economico grandezza cittadina: le dimensioni, le tipologie e le forme organizzative dell'attività produttiva costituivano una componente essenziale della realtà urbana bassomedievale; condizionavano la percezione e la rappresentazione delle città e dei suoi abitanti→ Spesso queste attività erano finalizzate al soddisfacimento della domanda interna e di quella della regione circostante, altre volte i manufatti divennero oggetto di traffici su lunghe distanze. in questo secondo caso la produzione assunse forme più articolate, un grado più elevato di specializzazione e divisione del lavoro e stabilì un rapporto di interazione con la mercatura che ne garantì il successo sui mercati sovraregionali internazionali. Tra il XIII e il XIV secolo diverse innovazioni favorirono un aumento della produttività: ben documentate dalla cronistica cittadina, dalle liste di mercanzie e dei numeri delle artes o degli artefices→ Obiettivo di questo libro è quello di mostrare come l’attività economica connotasse sempre di più il territorio urbano delle città comunali attraverso un insieme di emergenze materiale di relazioni spaziali: la creazione e la gestione degli spazi produttivi in area urbana e suburbana interessava una molteplicità di settori diversi es. attività edilizia, lavorazione delle pelli, manifatture tessili ecc. • Botteghe: la bottega ( apotecha, statio, volta, stallum) era la cellula base dell'attività economica cittadina, per questo motivo assumeva connotazioni diverse e abbracciava realtà assai distanti tra loro→ tre tipologie: 1. bottega in cui operava un artigiano indipendente, proprietario dei mezzi e degli strumenti di lavoro, che produceva e vendeva il risultato materiale della sua quotidiana fatica o un determinato servizio es. calzolai, fabbri, pittori/ 2. Bottega che funzionava da officina ( mestieri della manifattura tessile e della metallurgia) dove le esigenze di un ciclo di produzione articolato in più fasi avevano determinato la nascita di un sistema che collegava varie sedi di lavoro, in ognuna delle quali veniva svolta una sola operazione/ 3. bottega intesa come spazio in cui si muovevano coloro che prendevano in carico l'intero processo di produzione- imprenditori, mercanti- imprenditore, artigiani-imprenditori. In base alle diverse esigenze, diverse erano le sedi, le attrezzature e gli spazi di lavoro: il caso più frequente però era quello di un locale situato al piano terra dell'edificio che lo ospitava, talvolta diviso da tramezzi in legno per ricavare un retrobottega, dotato di un soppalco da utilizzare come deposito delle merci e degli attrezzi o come ricovero degli apprendisti+ Apertura sul fronte stradale delimitata da un muro continuo o da due muretti che potevano essere utilizzati come banco di lavoro o vetrina dei manufatti. Tra XI e XII secolo non esistevano edifici civili che non comprendessero spazi per l'abitazione e spazi destinati alla produzione o al deposito e alla vendita di prodotti commerciali; spesso le botteghe artigiane disponevano di annessi situati nella corte retrostante nei quali si trovavano strutture produttive: forni da pane, da vasi, da vetro, pile per tenere in ammollo cuoio, lino, per tingere lana e tessuti → questi laboratori si aprivano sulle vie e sulle piazze dove gli artigiani proiettavano la loro attività. queste abitudini creavano disagi alla circolazione, assai ambito era lo spazio delimitato da loggiati e portici che permettevano agli artigiani di esporre e vendere i loro articoli ma anche di lavorare fuori dall'officina sfruttando al massimo la luce naturale in qualsiasi periodo dell'anno. • Tipografia Economica: vi è una forte relazione tra la dinamica economica e la costruzione della forma urbis. In diverse città italiane es Genova, Pisa, Bologna numerose erano le contrade segnate dalla concentrazione degli esercenti la stessa arte, per questo motivo si rafforzò la definizione di alcune aree urbane sulla base delle professioni. In un primo momento si pensò che il concentramento artigiano fosse dovuto alla sola volontà dei singoli artieri di tenersi vicini x reciproco aiuto o controllo MA in realtà questo era principalmente dettato da motivi tecnico produttivi es presenza di un un corso d’acqua indispensabile x lavorazione delle pelli, del ferro. Questo fenomeno subì inoltre delle evoluzioni- Verona: qui da inizio XII secolo esisteva una rua calegaria, negli anni seguenti sono attestate una rua testorum, una rua fornariorum→ spesso non vi era corrispondenza tra il nome della strada dedicata ad una specifica attività e la concentrazione in qll strada delle abitazioni degli esercenti quel mestiere, questo significava che luogo di residenza e luogo di lavoro degli artigiani erano spesso separati o che le aree toponomasticamente connotate in base a funzioni produttive avevano assunto la loro denominazione nell'epoca precedente. Quadro cambiò nei primi decenni del Trecento, qnd le famiglie più eminenti si stabilirono intorno alla piazza principale; qui allora si concentrarono i titolari delle professioni più prestigiose, mentre i mestieri più artigianali cominciarono ad addensarsi fra la prima e la seconda cerchia per espandersi lungo le vie principali di accesso alla città. All'epoca le attività produttive rappresentavano un elemento fortemente caratterizzante del paesaggio urbano al punto da influenzarne l'immagine collettiva dello spazio e il meccanismo di attribuzione dei nomi alle strade alle piazze e alle piazze. • Tra il XII e inizio XIV Espansione delle città comunali- si assistette alla proliferazione dei cantieri, il lancio dell'edilizia impresse un'accelerazione all'industria dei materiali da costruzione + in questa situazione i governi locali si impegnarono a controllare la produzione e la commercializzazione dei laterizi con le stesse modalità che riservavano ai generi di prima necessità→ In particolare nei centri toscani: Siena, Siena, Lucca, dove il mattone rimpiazzo quasi totalmente la pietra, le fornaci vennero impiantate in città presso i cantieri delle cattedrali, solo successivamente si diede vita ad una politica pubblica volta ad allontanare questi impianti pericolosi ed inquinanti dagli abitati; lo stesso valeva per la produzione di oggetti d'uso in ceramica e per quella dei manufatti in vetro. Ma non tutti i comuni presero provvedimenti a riguardo, in molti casi alle norme sembrava prevalere un certo pragmatismo: es Siena, Cuneo- ai Fornaci venne imposto di coprire le loro strutture con voltature mattonate per evitare la propagazione di fiamme libere; San Gimignano- il comune incarica una commissione di esperti di verificare con sopralluoghi il livello di sicurezza delle fornaci e di tutte le strutture la cui attività poteva generare incendi. Spesso l'ubicazione urbana poneva qualche problema riguardo al reperimento delle materie prime e all'organizzazione del lavoro→ le argille dovevano essere trasportate sui luoghi di lavorazione e quindi sì ipotizza che i siti non venissero scelti ad una eccessiva distanza dalle aree di scavo; per l'acqua quando non vi erano fiumi o canali si ricorreva alle fontane o ai pozzi. documenti romani dei secoli XI-XIII alludono alla pratica di utilizzare come luoghi di lavoro le criptae, gallerie cimiteriale sotterranee scavate nel tufo, o ruderi delle arenee. I vetrai si insediavano vicino ai fabbri e calderai dal momento che si servivano degli ossidi metallici risultanti dagli scarti di lavorazione di questi artigiani per colorare il vetro (complementarietà produttiva). • La città dei tessuti: secoli XII e XIII la lavorazione dei tessuti di cotone si concentrava nelle città della pianura padana e di alcuni territori a questa limitrofi; in seguito attraverso la migrazione di artigiani specializzati questa attività conquistò nuove città. Rilevante era il peso della manifattura nelle città lombarde specializzate nella realizzazione dei fustagni. Sfortunatamente pochi sono gli elementi che ci permettono di ricostruire una mappa dei luoghi e delle strutture produttive: dagli statuti relative all'uso delle acque del Nirone, 1262- Sappiamo che su questo Torrente gravitavano gli azaroli (produttori delle trame di lino), i tintori, i dealbatores (sbiancatori di tessuti). la manifattura nelle mani di un gruppo di artigiani imprenditori prevedeva in alcune fasi concentrazioni di lavoratori. Molto importante era anche la produzione dei panni di lana- punto di forza dei centri lombardi, veneti, più tardi toscani. Firenze→ Qui l'industria laniera segnò la vita economica, sociale e lo stesso territorio urbano; un via vai continuo di uomini, merci ed animali da trasporto affollava le strade disegnando percorsi che univano le due rive e le sedi di produzione urbane con i sobborghi e la campagna circostante, in cui si trovavano lavoratori domestici dei tessitori, delle tessitrici e delle filatrici. Le botteghe dei lanaioli erano distribuite in quattro distretti o conventi, 3 sulla riva destra e uno nell’Oltrarno; Molte tintorie erano installate presso il fiume nella strada lungo l'Arno, altre si trovavano nel cuore della città. Anche i tiratori costruiti nel corso del XIII secolo potevano trovare posto in settori urbani molto popolati→ dai tiratori piani si passo a quelli retti perpendicolari al terreno, questi occupavano uno spazio minore e assicuravano un asciugatura più rapida, inoltre ora vennero collocati in appositi edifici a pianta rettangolare a due piani che avevano fondamenta e tetto in muratura ma strutture lignee. Anche macchine complesse rumorose come le gualchiere che servivano per conferire resistenza e compattezza e tessuti furono dislocate sul tratto Urbano dell'Arno fino alle sesto decennio del XII secolo. Numerosi furono coloro che decisero di investire capitali in strutture per la lavorazione della lana, persino case umiliate (Umiliati=ordine religioso) • arte della lana: nel settore laniero la configurazione più diffusa era quella di una Corporazione unica per tutti i mestieri del settore, un Arte della lana che includeva dal lanifex più facoltoso all'ultimo degli apprendisti, i corpi di mestiere erano insieme di lavoratori dominati dal ristretto gruppo dei manifattori e dei mercanti imprenditori; solo questi ultimi erano gli artefices pleno iure tra i quali si reclutava l'elite che governava la Corporazione monopolizzando la totalità dei poteri deliberativi esecutivi e giudiziari. Corporazione Laniera Fiorentina : al di sotto dei lanaioli vi era un secondo livello comprendente i maestri delle professioni aggregate alla principale + maggioranza degli artigiani provvisti di bottega (tintori, purgatori,..) → elemento che caratterizzava questo personale specializzato era l'iscrizione a elenchi distinti da quelli riservati ai lanifices che garantiva loro solo il diritto di esercitare l’attività propria di ogni specializzazione (vera matricola dell’Arte invece aveva accesso a tutti i mestieri in essa compresi)+ limitate prerogative riguardo al governo della Corporazione (solo tintori potevano essere eletti agli uffici dll’Arte) /terzo livello: accoglieva tutti i dipendenti dei differenti mestieri- il gruppo più numeroso era costituito dagli operai addetti alle manipolazioni sul fiocco della lana e alle prime operazioni di rifinitura del panno ( Firenze: CIOMPI); qst erano privi di matricola e di qualsiasi diritto e prerogativa all’interno della Corporazione. Qst gerarchia si trovava anche in altre città, non solo a Firenze. Però bisogna dire che nei centri tessili toscani non vi era come altrove la possibilità per artigiani e salariati di restare fuori dall'arte, dal momento che la condizione necessaria per svolgere una qualsiasi delle occupazioni relative alla produzione dei panni era proprio la sottomissione alla giurisdizione corporativa, espressa nel giuramento imposto a tutte le categorie di produttori di osservare le leggi, di obbedire ai Consoli e soprattutto di non congiurare contro l'arte della lana. Vietata la creazione di qualsiasi forma di associazione diretta alla tutela dei propri interessi, in alternativa all'arte della lana vi erano corporazioni separate per le principali categorie di produttori di panni MA anche queste erano sottoposte o ai Lanifices o a un organismo mercantile connotato dalla forte presenza di imprenditori tessili. • Fuori dall'Italia: sul piano del diritto di associazione le principali categorie di lavoratori tessili conservavano la possibilità di auto organizzarsi; soprattutto in Francia e nella penisola Iberica la formazione di organismi riconducibili al modello delle Arti italiane rappresentò un processo lento e talvolta mai completato entro il medioevo. Secondo lo schema evolutivo proposto da Chevalier l'affermazione della corporazione sì realizzò solo dopo il 1350. Esempio in FR: I Consoli delle città persero dopo la metà del XIV secolo il controllo sui gruppi professionali, i cui capi cominciarono ad essere scelti dai confratelli; dall'inizio del Quattrocento si moltiplicarono le fraternitates i cui statuti presentavano elementi caratterizzanti delle corporazioni: divieto di adesione a chi non esercitava l'attività comune, elezione dei funzionari addetti all'ammissione dei nuovi maestri, giuramento degli iscritti prestato alla associazione (METIER o MINISTERIUM). Stesso avvenne nei regni iberici (CONFRADIAS, OFICIOS, GREMIOS). Alcuni studi evidenziano la debolezza del sistema corporativo urbano in Castiglia, tendenze associative si manifestarono a partire dal XIII secolo ma queste non ebbero una diffusione generale, non si modellano adattandosi in maniera sistematica ai progressi della divisione del lavoro o perlomeno lo fecero solo nel Quattrocento. In Catalogna invece si assiste nel XIII secolo a uno sviluppo delle unioni artigiane→ nel successivo mezzo secolo si ha la trasformazione degli oficios in Corporazioni (3 principi fondamentali: autonomia amministrativa/ gestione monopolistica della manodopera/ controllo del mercato) a partire dai mestieri tessili di città come Barcellona ma il processo non portò alla formazione di organismi dotati di autonomia completa (1308 Barcellona regolamentazione riguardo la manifattura laniera: Tessitori, Tintori, follatori- tutti artigiani facenti parte di un'unica organizzazione giurata legata all'autorità Municipale e a quella regia governata da 5 consoli-2 tessitori, 2 cardatori e 1 tintore- con compiti di controllo qualitativo della produzione e imposizione di ammende ai contravventori degli ordinamenti corporativi). Nei Paesi Bassi le unioni artigianali tessili ottennero un riconoscimento legale tardi in seguito ad agitazione violente nel corso del 200 in cuii tessitori, follatori, cimatori furono protagonisti di episodi di ribellione nei confronti dei patriziati cittadini→ in qsta fase definita preindustriale emerge lo sviluppo della coscienza che essi avevano del loro essere corpo. Negli ultimi anni del secolo gli artigiani fiamminghi, prima fra tutti qll del settore laniero, riuscirono ad assicurarsi inediti spazi di autonomia e dopo la battaglia di Courtrai il loro ruolo nella società urbana mutò- es nel 1303 le unioni dei follatori e dei cimatori di Burges furono riconosciute come Corporazioni: i loro statuti mostrano che esse avevano anche autonomia giurisdizionale con propri tribunali. A Gand I membri delle quattro principali corporazioni ottenere l'accesso ai governi cittadini (tessitori, follatori, tintori, cimatori) → evoluzione grazie alla quale gruppi di artigiani tessili organizzati ebbero la possibilità di gestire il potere con gli altri esponenti del mondo dei mestieri e il vecchio ceto dirigente; evidente la differenza con le città italiane. Altra differenza tra le città italiane e i paesi nordici fu il fatto che spesso qui sorsero scontri anche fra le maggiori categorie di produttori per la delimitazione dei rispettivi ambiti di iniziativa, per la definizione dei rapporti di forza, per questioni economiche. • Conclusioni: In Italia si assistette al mancato o ridotto assorbimento delle maestranze tessili nelle strutture corporative dei mercanti, però bisogna anche sottolineare che i gruppi artigiani che abbiamo incontrato fuori dall'Italia e di cui si è parlato, rappresentavano solo una parte della manodopera tessile: erano i più specializzati, quelli che operavano le trasformazioni produttive più rilevanti, gli addetti alle fasi finali del ciclo- posizioni che li mettevano in grado di estendere il loro controllo sulla totalità degli stati di fabbricazione o su un consistente segmento di questi. Delle forme associative proprie dei lavoratori che svolgevano operazioni situate a monte della Tessitura non sappiamo quasi nulla vista la loro sorte di salariati, di ausiliari, di subordinati, vista la loro impotenza organizzativa e bassissima considerazione sociale. • III.Stoffa per ricchi e per diventare ricchi • Inizio XIV secolo i due settori trainanti dell'economia urbana erano- commercio di raggio internazionale +industria tessile d’esportazione: quella dei panni di lana di qualità medio-alta i cui poli più importanti erano le città lombarde, Firenze e Prato e quella dei tessuti di cotone radicata principalmente a Milano e Cremona. Due secoli più tardi anche Genova e Venezia divennero poli industriali di rilievo, qui accanto ad occupazioni quali la cantieristica o la produzione di saponi e cordami, erano cresciute forti manifatture tessili i cui articoli erano destinati all'esportazione. Nel Quattrocento, in seguito alla tragedia della peste nera e la crisi del 300, crebbe di importanza la manifattura serica, specialmente negli anni 30 e 40 del XV secolo il settore entra in una fase di espansione rafforzandosi dove già esisteva (Genova, Firenze, Venezia) e guadagnando nuove sedi- Milano, Siena, Mantova,.. In questo processo di diffusione furono decisivi gli spostamenti di imprenditori e maestranze specializzate; importante anche il ruolo dell’imitazione basata sull'osservazione e riproduzione degli articoli di successo. Prima fase di sviluppo del setificio italiano si colloca fra tre e Quattrocento, ossia nell’'epoca che è stata identificata allungo dai demografi e dagli storici con la crisi di fine Medioevo. Oggi gli studiosi sono orientrati a considerare la crisi tardo medievale come una temporanea contrazione delle attività economiche dovuta al crollo della popolazione, seguita da un periodo di assestamento all'interno del quale maturarono poi diversi fenomeni positivi che consentirono una nuova fase secolare di crescita agricola, Industriale, commerciale; quello che si aprì per i superstiti fu periodo di crescita, teoricamente ognuno poteva disporre di una quantità di beni superiori rispetto al passato teoricamente- non fu così in pratica. i ricchi divennero più ricchi e questo favori lo sviluppo della domanda di beni di lusso, in particolare di tessuti di pregio→ la richiesta di velluti,damaschi ,tessuti broccati si accrebbe decenni fra il XIV e XV secolo per lievitare nel periodo successivo. Questi erano articoli che per le loro qualità materiali e simboliche esprimevano il desiderio di bellezza, distinzione ed ostentazione tipico dei vecchi e nuovi ricchi. Il comparto serico in Europa aveva scarsi centri di lavorazione dunque era al riparo dal pericolo della sovrapproduzione+ presenta tratti peculiari: ciclo produttivo più breve e veloce, numero minore di addetti, diversa struttura dei costi (retribuzioni dei setaioli più elevate però incidevano in misura molto minore sulle spese generali). • Italia: in questa nuova avventura gli italiani furono in prima fila, in Italia si trovava il maggior polo di produzione Europea del tempo Lucca + Il setificio pote beneficiare della rete commerciale e finanziaria costruita a partire dal XII secolo dagli uomini d'affari della penisola nei più importanti centri di scambio internazionali. La produzione dei drappi di seta, compenetrandosi con il commercio a largo raggio e la banca, fece registrare nel corso del Quattrocento una vera e propria mutazione di natura imprenditoriale e organizzativa→ Sorsero imprese capitalistiche dotate di ampie disponibilità finanziarie e dirette da personale conoscitore dei meccanismi dei circuiti mercantili internazionali. A VENEZIA queste figure si reclutavano fra i mercatores Lucchesi; vi erano due diversi tipi di circuiti: 1- sfruttava sia la presenza diretta di operatore Lucchesi in piazze strategiche come Bruges, Londra e Parigi, sia l'universo delle relazioni terrestri e marittime che Venezia intratteneva con l'Europa centrale e con il Levante/ 2. basato sulla possibilità che singoli imprenditori o gruppi familiari aprissero contemporaneamente botteghe di seta in più centri beneficiando in ciascuno di essi delle specializzazioni locali e utilizzando volta a volta le soluzioni più convenienti→ tra 300 e 400 le compagnie erano in grado di acquistare sete orientali o spagnole sia a Venezia che a Genova e di farle poi lavorare in loco oppure a Bologna o a Lucca. FIRENZE- La prima metà del Trecento qui operarono setaioli Lucchesi ma nei secoli successivi furono gli esponenti dell'imprenditoria cittadina a investire i propri capitali nell'industria; la manifattura della seta suscitò l'interesse di esponenti di rilievo dell'ambiente mercantile-bancario es Medici- investirono in un'impresa per la produzione dei drappi che rimase in esercizio fino al 1494. Alla fine del 400 il mondo dell'imprenditoria serica si arricchì di un gruppo di grandi mercanti banchieri che operavano come titolari di botteghe di battiloro, Aziende uccidevano i drappi auroserici che trovarono il loro mercato pricipale nelle fiere di Lione. La seta ebbe un grande successo anche in città come Genova e Milano. • artigiani di successo: lo sviluppo della manifattura serica offri ad un certo numero di lavoratori fortemente specializzati occasioni di ascesa economica e sociale. Importante fu la funzione sociale delle attività manifatturiere: creare occupazione. FIRENZE: l'attivita tintoria assicurava ai proprietari delle botteghe redditi molto elevati / LUCCA:testimoniate sin dal 300 aziende per la lavorazione dei metalli preziosi con 3, 6 e perfino 11 dipendenti/ FIRENZE: esperienza del veneziano Jacopo di Niccolò, arrivato in città nel 1433 come battiloro di foglie da filare per broccato->il lavoro era così redditizio che decise di stabilirsi definitivamente nel centro toscano, vi trasferì la madre e sposò una fiorentina. La possibilità di salire i gradini della scala socio professionali non era preclusa alle donne- MILANO: gli statuti dei tessitori di seta del 1472 prevedevano che potessero operare al telaio sia magistri che magistrae e questo implicava l'esistenza di un percorso al femminile socialmente riconosciuto per l'acquisizione della maestranza+ dalla documentazione notarile emerge che negli ultimi decenni del Quattrocento la filatura dell'oro e dell'argento per la confezione delle stoffe auroseriche veniva effettuata da maestre riunite in piccole società capaci di accogliere anche parecchie apprendiste che si fermavano presso di loro l'intera giornata e la cui posizione era fissata da contratti scritti/ VENEZIA: alle donne erano affidate operazioni come la filatura dei metalli preziosi, l'incannatura e l'orditura della seta→ l’incannatura era svolta in abitazioni dove vivevano e lavoravano insieme donne appartenenti a famiglie e a generazioni diverse all'interno di questi gruppi si instavano una divisione di compiti e una gerarchia basata in parte sul grado di anzianità e di esperienza. • All'interno della categoria dei tessitori di drappi consisteva una minoranza di lavoratori privi di mezzi di produzione, un folto gruppo di possessori di due telai, una ristretta cerchia di maestri titolari di piccole manifatture dove erano in attività fino a 6 o 7 strumenti- lo stesso valeva per tutte le principali categorie artigiane. Se molti artigiani erano indebitati, alcuni erano in grado di prestare somme di denaro ai propri compagni (che legavano a se con vincoli di dipendenza) e persino ad esponenti delle oligarchie. Questo la produzione serica offrì ai più intraprendenti fra gli artefices nuove opportunità. la manifattura della seta era un affare redditizio e per questo fu al centro degli interessi delle elites politiche ed economiche→ i poteri pubblici ne favorirono in ogni modo la crescita, i detentori di patrimoni ed estese connessioni mercantili e bancarie internazionali ne fecero uno dei loro terreni privilegiati di attività- la capacità di adattare le proprie strategie ai nuovi orientamenti del mercato fu uno dei principali punti di forza degli uomini d'affari della penisola e uno dei fondamenti della superiorità economica italiana. IV. L’’Impresa tessile e la trasmissione dei saperi: XIII-XV quelli del drappiere e del lanaiolo si tramandassero in ambiente familiare attraverso l'insegnamento del padre e degli zii senza ricorrere all’apprendistato. • La circolazione delle conoscenze tecniche, organizzative e merceologiche attraverso lo spostamento di maestranze specializzate è stato un argomento evocato più che studiato dagli studiosi; molte le città- Bologna Firenze Milano Venezia Genova soprattutto- che furono interessate da un'emigrazione selettiva: da Firenze e Milano partivano soprattutto tessitori di drappi auroserici e battilori, da Genova tessitori di Velluti, da Bologna velettai. Ad essere poco indagati sono i meccanismi attraverso i quali la presenza di determinati gruppi professionali ha modificato il bagaglio di conoscenze preesistenti, a riguardo importante è la vicenda della diffusione del Mulino da seta- molti sono i manuali di storia della Tecnica che prendono per buona la versione secondo cui questa importante macchina, concepita a Lucca, venne clandestinamente ricostruita a Bologna nel 1272 da un tale Borghesano che ne aveva trafugato il modello. In realtà i primi documenti che attestano l'esistenza del Filatoio sono Lucchesi MA non rimontano più indietro del 1330, mentre a Bologna questo è segnalato nel 1335 e a Venezia nel ‘37→ L'ipotesi è che il congegno abbia percorso la stessa strada seguita dai setaioli e dagli artigiani di Lucca che emigrarono in seguito alla difficile situazione creatasi nel 1314 con la conquista della città da parte dei Ghibellini di Uguccione della Faggiola divenuto signore di Pisa; considerazioni analoghe valgono per il telaio largo per la tessitura dei panni di lana. Spesso l'arrivo di specialisti forestieri era il risultato di iniziative di attrazione- ambizioso il programma di attrazione di lavoratori specializzati intrapreso dal Comune di Bologna negli anni 1230-1231 per potenziare sia il settore laniero che quello serico;Il trasferimento fu voluto dai procuratores del comune che assicurarono ad ognuno dei nuovi venuti un prestito di 50 lire senza interessi da rimborsare dopo 5 anni, l'uso gratuito di un abitazione con annesso laboratorio per 8 anni, la disponibilità di un tira tiratorium ed di due telai, l'esenzione per 15 anni da ogni imposizione fiscale, la concessione della cittadinanza→ questi privilegi avrebbero dovuto assicurare all'industria cittadina uno sviluppo futuro basato sulla realizzazione delle tipologie di tessuto più collaudate e richieste dal mercato. La produzione dei panni conobbe a Bologna una rapida e fortunata estensione, quella dei drappi di seta fece progressi solo dopo il 1314 grazie ad un afflusso di specialisti Lucchesi. Come Bologna anche a Milano la scena è dominata dall'iniziativa dei governi ( la figura ideale per dare avvio all'impresa a Milano fu individuata nel setaiolo Pietro Di Bartolo fiorentino, filo Visconteo). A Firenze invece fu l'Arte della Lana a perseguire dal 1418 l'introduzione in città della produzione di quelle leggere e poco costose stoffe di lana originale della Francia meridionale e della Spagna catalano-aragonese: panni perpignani. Il tramite delle operazione avviata dai mercati imprenditori fiorentini fu Bernardo di Ortolano da Perpignano che secondo gli accordi stipulati con i consoli dell'arte si impegnava a condurre a Firenze una piccola squadra composta da due tessitori, un battitore, due fabbricanti di strumenti con il compito di istruire i lavoratori della città Toscana sui principali momenti della lavorazione. Gli artigiani del centro pirenaico avrebbero dovuto insegnare a Firenze per almeno un anno dietro un compenso di 50 Fiorini d'oro ciascuno, un identica somma con i rimborsi spesa sarebbe stata data a Bernardo; il progetto andò in porto e venne nominata un'apposita commissione di controllo nel 1421→ Nel 1422, 60 botteghe cittadine ricevettero la prescrizione di produrre entro il successivo mese di maggio almeno due panni perpignani, nel 1424 il finanziamento maestre fuori. S metà degli anni trenta a Firenze appare un nuovo personaggio: maestro Pietro Jacopo Serrati, originario della cittadina pirenaica a cui il governo fiorentino assicurò l'esenzione da ogni imposizione fiscale, questa volta gli accordi con il maestro forestiero vennero presi riguardo la tecnologia dei telai e del loro appropriato uso da parte dei tessitori fiorentini, nel 1437 il vertice corporativo, visto che pochi approfittavano del sapere di Pietro, impose di nuovo la fabbricazione di uno o due panni perpignani all'anno a seconda della capacità produttiva dell'azienda. • Prodotti: la trasmissione di saperi avvenne anche attraverso i prodotti, spesso si assistette all’imitazione degli articoli di successo fondata su una analisi dei materiali; nell'Italia bassomedievale gli inizi di una produzione tessile su larga scala risultano, in tutti i principali settori, legati all’imitazione dei prodotti provenienti da altre regioni: fenomeno reso possibile dalla circolazione degli uomini ma anche delle merci→ es. nel caso del cotone i modelli e arrivavano soprattutto da Levante e dai paesi musulmani dell'Africa, per la lana dell'Europa nord occidentale in particolare dalle Fiandre,.. L’imitazione era uno degli elementi più dinamici nell'evoluzione delle Industrie locali perché spesso si univa alla capacità degli Imprenditori e delle maestranze di modificare in maniera originale alcune caratteristiche dei modelli utilizzati creando manufatti nuovi a loro volta suscettibile di essere imitati. Il cotone è una fibra adatta a trattamenti molto differenziati, può essere utilizzata pura o in associazione con il lino, canapa, seta, lana e dalla quale si può ricavare tessuti leggeri per fodere, biancheria da letto e abiti estivi ma anche i più pesanti fustagni. Questi panni, che ricordavano per l'aspetto morbido e compatto quelli di lana pregiata ma costavano molto meno, rappresentavano l'articolo di punta della manifattura delle città padane. Numerose furono le sperimentazioni di soluzioni tecniche nuove ed ebbero larga diffusione! Il caso di Firenze: qui si imitavano nel 200 I panni santellari di Verona e stoffe provenienti dalla Spagna e dall'Inghilterra; nel Trecento varie tipologie di tessuti fiamminghi, cent'anni dopo i panini perpignani, le rasce di provenienza balcanica, i suantoni provenienti dalla regione di Southampton→ i tessuti Fiorentini a loro volta divennero modelli per le altre città manifatturiere. Per le stoffe di seta il fenomeno era ancora più marcato tanto che per gli stessi specialisti di reperti serici conservati è oggi assai difficile pronunciarsi con certezza sul luogo di origine di un tessuto; Dei tessuti si riproduceva tutto: densità, larghezza,, lunghezza,disegni, colori,.. Nel campo della circolazione dei disegni importante il caso del cosiddetto “motivo della melagrana”, etichetta con la quale si indicano composizioni costituite da forme simili alla melagrana, al fiore del cardo, alla pigna e al fiore di loto- tra il 1420 il 1550 questa struttura compositiva risulta la più diffusa in tutti i maggiori poli serici italiani. Tornando a Firenze nella città Toscana l'inizio della realizzazione di “panni alla francesca”, “a modo di Borsella”, “a modo di Doagio”, cioè a quella rivoluzione qualitativa iniziata verso il 1320 con l’imitazione delle stoffe provenienti dalle città delle Fiandre e del Brabante e che nell'arco di un cinquantennio avrebbe trasformato i fiorentini nei maggiori produttori ed esportatori di manufatti di lusso d'Europa, non fu sostenuta dal contributo di specialisti forestieri ma fu il risultato della volontà e delle scelte di mercato degli Imprenditori locali. Gli uomini arrivarono solo più tardi; i successi del lanificio fiorentino coincisero con una stagione di difficoltà x la grande draperie dell’Eu nord-occidentale. PARTE SECONDA:il lavoro e la rivolta V: Imprese familiari, famiglie al lavoro • Figli di artigiani e salariati: Un elemento su cui convergono le testimonianze relative alle città dell'Italia centro-settentrionale è la discrepanza nella dimensione media fra le famiglie dei lavoratori e quelle degli appartenenti ai ceti più elevati; indipendentemente dalle città artigiani e salariati appaiono strutturati in unità familiari più piccole→ analisi di un campione di testamenti Veneziani del 300 mostra che i media le coppie avevano meno di 2 figli: lo stesso vale per i lavoratori della manifattura laniera di Firenze, se i dati 1420 il tipo di famiglia più diffusa era quello che vedeva convivere sotto lo stesso tetto due soli membri- una coppia senza figli. Le famiglie dei ceti inferiori erano più piccole, più isolate perché sprovviste delle vaste reti di parentela che contraddistinguevano gli aristocratici;La scarsa estensione dei legami di parentela si può dedurre dalle scelte che gli esponenti del Popolo minuto compivano quando dovevano nominare degli esecutori testamentari o dei fiduciari in atti quali riconoscimenti di debiti e promessa di pagamento→ Dall'esame di 50 testamenti stilati fra il 1297 1423 di artigiani Veneziani risulta che l'80% di loro nominò la moglie come sola esecutrice o co-esecutrice.Tra i parenti presi in considerazione vi erano i figli, i fratelli, i cognati e a volte zii e cugini. Sul versante delle fideiussioni emerge dalla documentazione fiorentina che la maggior parte delle figure dei garanti era composto da lavoratori della manifattura laniera, individui connotati da mestieri differenti o per nome di famiglia è solo il 10% da congiunti del garantito ( figli, madre, padre,..). la mancanza di estesi i rapporti parentali trovava compensazione nel l'importanza delle relazioni di mestiere, di vicinato, di amicizia e inoltre molto importante era il legame coniugale. Quest'ultimo definiva il gruppo familiare dell'Artigiano; il matrimonio era una società che le donne grazie alla dote contribuivano a creare e gestire, il matrimonio, più specificatamente le entrate di due partner che lavoravano entrambi,era la migliore assicurazione del Popolo minuto contro le difficoltà economiche→ la fine del matrimonio poteva significare il disastro economico per i poveri e per le vedove. Molti indizi sono a favore della tesi secondo la quale le mogli degli artigiani collaboravano con i coniugi nel quadro di un assetto societario dell'impresa familiare, vi erano casi di donne che sostituivano nella loro attività mariti deceduti- casi documentati ovunque: Genova Venezia Vercelli- se le donne possedevano le capacità tecniche ed organizzative per proseguire in modo indipendente il lavoro è logico supporre che precedentemente lo avessero svolto insieme al coniuge. Tuttavia la famiglia non era sempre il centro della organizzazione del lavoro, il numero di aziende che non hanno legame con la comunità familiare tende a crescere negli ultimi secoli del Medioevo. la donna che lavora a casa può anche essere libera dalla tutela professionale del marito ed esercitare un mestiere del tutto differente da quello del capofamiglia,questo è abbastanza frequente quando il lavoro del marito non assicura al nucleo familiare un reddito sufficiente. Durante l’età comunale si assistette a trasformazioni e i cambiamenti dell'organizzazione produttiva che portarono al declassamento di molti Artigiani trasformati in laboratori a fase- addetti ad una sola operazione fra le molte del lungo ciclo laniero + Alla diffusione del Lavoro salariato in tutte le sue forme. Con lo sviluppo dei rapporti basati sul lavoro dipendente anche le famiglie la cui sopravvivenza era legata al salario del capofamiglia aumentarono e questo modifico il contesto in cui si scriveva l'attività economica delle donne e dei figli giovani→ La necessità di introiti supplementari e la nuova fisionomia del mercato della manodopera spingevano tutti i componenti del nucleo familiare a ricercare occasioni di lavoro retribuito. Le donne praticavano il piccolo commercio porta a porta, in strada e nei mercati; vendevano cibi cotti, verdura, frutta,prodotti da pollaio, panni vecchi; facevano le lavandaie, le lavatrici,le erboriste; erano serve nelle case dei più abbienti ,negli ospedali; nelle città marinare rammendavano le reti da pesca, nei cantieri edili portavano l'acqua→ Molte di queste attività le conducevano fuori dalla loro abitazione, spesso anche all'interno di altre pareti domestiche. Nel mondo tessile la presenza delle donne era massiccia: impegnate soprattutto nella filatura della lana o nella tessitura dei drappi di seta, nella filatura del loro destinato ai tessuti auroserici o nella Tessitura delle coperte di lino. La casa talvolta era un vero e proprio laboratorio. • Le attività economiche dei bambini rientravano nella categoria del “lavoro nascosto”, di questo la documentazione italiana fornisce talvolta indizi→ disciplina ed estrema divisione del Lavoro contraddistinguevano l'utilizzazione della forza lavoro infantile. FIRENZE: traccia dell'attività dei piccoli lavoratori nei settori più importanti della produzione e del commercio: dallo statuto dell'Arte del Cambio di fine XIII secolo sappiamo che molti ragazzi alle dipendenze dei banchieri venivano da questi inviati in giro per la città ad offrire i cambi; Da quello dell'Arte della lana che i padroni delle botteghe mandavano i fanciulli all'alba ad occupare i luoghi più favorevoli per tendere i panni lavati. All'inizio del Quattrocento i pueri si incontrano nella contabilità del cantiere della cattedrale di Santa Maria del Fiore e si ha il sospetto che dietro certi salari giornaliere si nascondano adolescenti assunti come manovali e apprendisti. Questo fenomeno era diffuso in molte città e informazioni a riguardo si possono ricavare dai contratti di apprendistato→ Questo sembra subire a partire dai decenni tra il XIII e XIV secolo un'evoluzione a rapporto di lavoro nel quale il discipulus percepiva una retribuzione- evoluzione evidente in città come Venezia Genova Bologna. Ora era diffusa la pratica di dare una retribuzione in denaro ai discipuli mentre non si hanno indizi dei tradizionali versamenti effettuati ai maestri come contropartita per il loro impegno nella trasmissione del sapere; Ora si giunse a ricondurre il contratto di tirocinio nell'ambito della locatio-condutio utilizzata per i normali rapporti di lavoro salariato. Nella normativa del 200 comparve la distinzione fra i fanticelli ad discendum e i fanticelli de mercedibus→ i primi erano assunti per non meno di 4 anni e non ricevevano alcun corrispettivo, i secondi si legavano al maestro per almeno un anno con un compenso anno e non poteva accedere i 24 soldi Piacentini; i primi erano avviati all'apprendimento del mestiere mentre i secondi venivano utilizzati in compiti ausiliari. solo ai veri apprendisti era consentito al termine del tirocinio di accedere alla maestranza e alle cariche del paratico. Verso la fine del secolo però si assistette ad un’ulteriore evoluzione: la normativa comprendeva sempre più spesso in un'unica categoria le due tipologie di fanticelli + nel linguaggio degli atti notarili i due tipi di contratti si andarono assimilando→ anni 70 del 300 e 40 del 400 si assistette alla trasformazione dell'apprendista in un discipulum ad salarium; questi fenomeni presero condizioni: che vi fossero famiglie disposte a mandare i propri figli ad imparare il mestiere presso figure non giuridicamente riconosciute come maestri, che questi ultimi riuscissero a loro volta credibili in un ruolo del genere e fossero in possesso di qualche grado di specializzazione. Per salire di qualche grado La scala socio-professionale decisivo poteva risultare un matrimonio vantaggioso: accresceva la disponibilità finanziaria del sottoposto e la sua capacità produttiva perché gli poteva aggiungere alle sue braccia quelle della moglie; questa possibilità esisteva anche per le donne. Altrettanto vantaggioso era il caso in cui ad esercitare la stessa attività fossero il marito e il padre della sposa, tanto più se quest'ultimo possedeva già un'azienda indipendente, sia perché i due potevano mettere in comune risorse e contatti, sia perché la morte del secondo senza eredi maschi avrebbe permesso al primo di ereditarne gli attrezzi, il materiale e i clienti. L'avanzamento sociale poteva derivare anche dal fatto di assumere compiti di controllo e supervisione del lavoro su coloro che invece svolgevano solo attività puramente manuali; tra lavoranti e fattori sopra i lavoranti esistevano disparità salariali e sfumature di status legate alla migliore situazione economica ma anche al più stretto rapporto che i fattori intrattenevano con il titolare dell'impresa. • declassamento: a condizionare la mobilità sociale era l'andamento delle retribuzioni e del loro potere d'acquisto ma anche il profilo individuale dei lavoratori: età, essere celibe o sposato, avere o meno dei figli, situazione familiare. Oogni mutamento che alterasse questi fattori-base poteva avere conseguenze profonde sia in positivo che in negativo: scendere nella gerarchia sociale professionale significava rinunciare a vestiti migliori, adottare una dieta meno ricca e un rischio serio era quello di finire tra coloro che vivevano di impieghi saltuari. ma ancora più rischioso era quello di finire tra chi soffriva la fame e non aveva altra scelta che quella di affidarsi alle diverse forme di assistenza Urbana, situazione che implicava anche l'allontanamento e rescissione di legami sociali prima attivi e fondanti. Dinanzi a questi processi si registravano reazioni di adattamento: nei primi decenni del Trecento a Marsiglia e Palermo lavoratori salariati professionalmente già formati tornavano a fare gli apprendisti con una retribuzione minore ma con maggiori garanzie di stabilità dell'impiego ( strategia di sopravvivenza)/ Casi di artigiani costretti a cedere ad altri i propri apprendisti perché non avevano lavoro. Per contrastare la tendenza all'impoverimento e difendere i pochi spazi di miglioramento di cui disponevano i salariati potevano intraprendere anche la strada delle rivendicazioni collettive. A partire dagli anni 40 del 300 eventi simili sono segnati in Italia: primo lo sfortunato tentativo del fiorentino Ciuto Brandini di formare un organismo corporativo che raccogliesse i lavoranti della lana e ne sostenesse le rivendicazioni anche attraverso forme di autofinanziamento. • mobilità sociale congiuntura: 1300- la condizione di salariato non era tipica soltanto dei Lavoratori senza specializzazione o con scarsa qualificazione ma era propria anche di chi non disponeva dei mezzi economici o delle opportunità per iniziare un'attività autonoma. Donata Degrassi, sulla base di una serie di casi italiani ha concluso che nel corso del XIV secolo l'accesso alla produzione indipendente si fece più difficile per tutti coloro che non erano parenti stretti di maestri e conseguentemente i tempi di permanenza nel limbo del lavoro salariato si allungano; alle stesse conclusioni è arrivato Steven Epstein analizzando oltre a casi italiani alcuni casi fiamminghi, francesi, inglesi sostenendo come epoca iniziale di questo processo i decenni a cavallo fra 200 e 300. Altro fenomeno da tenere in considerazione era la trasformazione dell'apprendistato in rapporto di lavoro retribuito, fenomeno diffuso anche fuori dalla Penisola- Parigi, città della Borgogna, della Linguadoca (valet-apprenti= assimilazione tra apprendisti e lavoranti). Un altro elemento importante è l'emergere di percorsi differenziati di tirocinio per futuri maestri e lavoranti, una pratica già diffusa per i mestieri tessili Ma che Fra 200 e 300 venne adottata anche in altri settori produttivi→ il prolungamento dei tempi di accesso alla maestranza, la salarizzazione dell'apprendistato, la diffusione di percorsi differenziati di tirocinio inducono a ritenere che fra 200-300 la mobilità sociale ascendente fosse in una fase di rallentamento. Nelle città italiane Il tempo dello scontento e delle rivendicazioni collettive sarebbe arrivato più tardi negli anni Settanta del XIV secolo. VII:I Ciompi a Firenze, Siena e Perugia ( riassunti sul quaderno) VIII: Il sogno di una vita più bella- aspirazioni e obiettivi dei rivoltosi. • Nella medievistica europea lo studio delle rivolte ha avuto un momento significativo soprattutto negli anni Settanta del Novecento con la pubblicazione di sintesi su scala continentale esempio quelle di Michel Mollat, Philippe Wolff e di lavori più settoriali. successivamente, con poche eccezioni ( la Jaquerie francese del 1358,..) tematica ha conosciuto un certo oblio. Per quanto riguarda l'Italia se si escludono gli studi sul tumulto dei Ciompi e le altre rivolte scoppiate a Firenze o in Toscana l'interesse per questi fenomeni è stato discontinuo; negli ultimi tempi però si sono registrati segni di risveglio e tra il 2004 e il 2008 sono usciti tre importanti volumi→ due dedicati a Italia, Francia, Fiandre sono di Samuel Chon, frutto di una ricerca imponente condotta soprattutto sulle fonti cronistiche relativa ad un arco cronologico che va dal 1200 al 1425 e che ha portato all'identificazione di oltre 1100 episodi insurrezionali; Il primo è un antologia di documenti corredata da preziose introduzioni, il secondo utilizza le fonti raccolte per sviluppare un'analisi su una serie di questioni chiave es .differenze tra città e campagna, molteplicità delle tipologie insurrezionali, la fisionomia dei leaders, ruolo della componente femminile,... Il terzo volume è rappresentato dagli atti di un convegno sulle rivolte urbane e rurali nell'Europa del Trecento nel quale l'intento comparativo si dispiega sul piano della geografia della fenomenologia. • Radici del malessere: chi si ribella lo fa in risposta ad uno stato di malessere reale o percepito come tale; Giuliano Pinto in un saggio pubblicato nel volume su Rivolte urbane e Rivolte contadine ha messo in evidenza come la diffusa povertà che sembra contraddistinguere i ceti sociali inferiori in Italia tra il 1250 e 1350 corrisponda ad episodi insurrezionali non particolarmente fitti e di breve durata→ senza dubbio il fenomeno delle crisi alimentari, la disoccupazione, la sottoccupazione, il peso della tassazione, le politiche annonarie, fiscali e monetarie, erano fattori di potente infelicità e agitazione sociale quando venivano avvertite come lesive degli interessi individuali e collettivi. Così come anche la paura della perdita dello status economico e sociale, il Timore di tornare a condizioni di vita ancora più dure di quelle vigenti. Ma le rivolte affondavano le loro radici nel magma della conflittualità urbana, nelle lotte fra famiglie e clan, nello scontro tra nobiltà e popolo, nelle divisioni che opponevano-fra gli stessi populare- i detentori della ricchezza e del potere al popolo minuto dei piccoli mestieri indipendenti e soprattutto dei salariati. Assumeva forme diverse ma tutte riconducibili ed alcuni elementi comuni: l'esilio, la mancanza di diritti politici e corporativi, l'esclusione dal ceto di governo o una partecipazione politica e ritenuta insufficiente, la distanza tra Lo Status Sociale acquisito e la sua traduzione in termini di peso politico. Uno degli obiettivi fondamentali era quello di mutare la propria condizione personale o di gruppo, e questo significava quasi sempre abbracciare la scelta della violenza. la sconosciuLo documentazione però ci mostra che non erano del tutto sconosciute, negli ultimi secoli del Medioevo, forme di contestazione pacifica. Bisognava scegliere tra La rassegnazione alla condizione presente e la speranza del cambiamento futuro,U tra una quieta povertà e un pericoloso guadagno. • assicurarsi il pane: le rivolte per il pane sono state quelle più associate alla protesta in età preindustriale; talvolta etichettate dalle fonti come semplici rumores, sono state viste soprattutto come moti incomposti, esplosioni di rabbia. Esempio- 1313, Rivolta del Pane a Bologna→ in questo caso la protesta trovo immediato ascolto come testimoniano i provvedimenti varati dal Consiglio del Popolo nei giorni successivi/ Siena, 1329→ il tuo molto si trasforma rapidamente in battaglia e provocò la morte di tre birri del Podestà, solo l'intervento dei Frati dell'ospedale di Santa Maria della Scala con buone parole e con la promessa di distribuire pane a tutti spense la rivolta/ Gaeta, 1353→ il tumulto costrinse il nuovo Re di Napoli a intervenire personalmente per riportare l'ordine in città con la volontà di punire esemplarmente coloro che erano stati identificati come responsabili della penuria di generi alimentari. Un esame attento delle fonti però mostra che questo tipo di eventi era raro; Piuttosto è vero che la scarsità di cibo e l'alto prezzo dei generi alimentari rappresentarono in diversi casi il detonatore e lo sfondo di rivendicazioni di natura differente→ es. in alcuni casi la penuria di cereali fu un pretesto per mettere in difficoltà l’élite al potere e magari ottenere un cambiamento di governo. Anche la fame e la paura di doverla affrontare costituivano un potente incentivo a ripristinare condizioni di vita più male e spesso arrivavano a determinare mutamenti nei rapporti di forza tra i ceti sociali e la ridefinizione degli schieramenti politici. => Sottolinea William Kent- È troppo facile liquidare le rivolte per il pane come impolitiche. • Il miraggio della ricchezza: nel settembre del 1343, dopo la Cacciata di Gualtieri di Brienne, si riaccese a Firenze il conflitto tra Magnati e popolani ed i primi vennero espulsi dal Priorato- ebbe così inizio quello che è stato definito il tumulto dei Ciompi→ spostandosi nell'ultima fase del tumulto, Firenze era piena di voci che accusavano i tempi di voler correre la città, derubarla e cacciare e uccidere tutti ricchi per poi rubare la loro roba. Il miraggio della Futura ricchezza appare come una costante anche negli episodi insurrezionali degli anni successivi e in documenti diversi es. negli atti giudiziari→ in questi documenti le dichiarazioni hanno sempre una paternità, sono riferibili ad individui identificabili-es. a raccontare la loro verità sono es. personaggi come Giacomino Nelli, Antonio Ricca. Questi uomini parlano a nome del gruppo MA talvolta esprimono convinzioni e speranze del tutto individuali; nelle loro parole c’è la certezza di cambiare la propria condizione economica, la società ribaltando le gerarchie sociali. I Ciompi sognavano un mondo alla rovescia, l’anticipazione sulla terra della promessa di un aldilà che premi la povertà e umili la ricchezza, la fine di tante pene, tristezza, miseria. • partecipare o essere signori: la volontà di essere parte del ceto di governo era al centro di tutte le rivolte che trovavano alimento nella lotta politica ; L'esclusione dalle cariche pubbliche e dalle prerogative che questo privilegio comportava era una condizione insopportabile. VENEZIA: 1297, durante il dogato di Pietro Gradenigo fu emanata una riforma passata alla storia come “serrata del Maggior Consiglio”- lo stato d'animo degli esclusi è raccontato in un passo della Cronaca Veneta di Daniele Barbaro; Il risentimento esplose nel 1300 su iniziativa del popolare Marino Bocconio che con un numero di seguaci cercò di fare irruzione nel Palazzo Ducale dove era riunito il Maggior Consiglio per ottenere il riconoscimento dei suoi diritti e di quelli dei compagni. Le porte resistettero all'attacco dei ribelli ma la situazione rischiava di precipitare, così Il doge e i consiglieri ricorsero ad uno spietato espediente: furono eliminati 150-160 rivoltosi e loro capi, i cui cadaveri furono poi esposti, gli altri tumultuanti furono dispersi/ FIRENZE: a rivendicare con le armi in mano i loro diritti politici furono i promotori del Tumulto dei Ciompi- è opportuno richiamare due aspetti: 1.il temporaneo successo degli insorti sembrò davvero materializzare il loro più grande desiderio: per la prima volta coloro che fino ad allora erano stati privati di qualsiasi forma di rappresentanza ebbero Corporazioni proprie ei fecero ingresso nel governo e nelle principali magistrature cittadine/ 2.Il cambiamento di prospettiva determinato dalla difficoltà di attuazione del programma di riforme stilato, dalla reazione del vecchio ceto dirigente, dalla fine dell'Alleanza tra i salariati della lana e gli artificies minori. Il percorso del tumulto del 1378- dall'iniziale scopo di assicurare la rappresentanza politica ad una vastissima schiera di esclusi, alla redistribuzione delle cariche di governo a favore del popolo minuto, alla lotta condotta dei lavoratori dipendenti per ottenere il monopolio del potere- rappresenta una testimonianza dell'evoluzione di interessi, volo e aspirazioni connaturata allo svolgimento delle rivolte e non solo di quelle medievali. La chiarezza con cui gli insorti fiorentini misero a fuoco la loro condizione di sfruttamento economico e di discriminazione politico-sociale e la lucidità con cui formularono i loro obiettivi non trovano riscontro in nessun’altra sollevazioni italiano del tardo medioevo.
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