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riassunto economia aziendale, Appunti di Economia Aziendale

attività economica, aziende, beni e bisogni, operazioni economiche svolte dalle persone

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 22/03/2020

francesca-zampaglion
francesca-zampaglion 🇮🇹

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Scarica riassunto economia aziendale e più Appunti in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! CAPITOLO 1 Gli uomini si procurano i beni e i servizi di cui necessitano per soddisfare i propri bisogni svolgendo l’Attività Economica. Tuttavia a causa di problemi legati alla scarsità delle risorse, l’uomo interagisce con soggetti diversi detti Operatori Economici, originando un sistema economico. I soggetti che partecipano all’attività economica sono: Famiglie, Imprese, Stato ed Istituti No-profit. Essi sono i protagonisti ed il centro motore del Sistema Economico, nell’ambito dei quali vengono prese decisioni relative alle scelte più adatte per adeguare i mezzi limitati al soddisfacimento dei bisogni della collettività. Le azioni dell’uomo sono determinate dalla necessità di soddisfare i propri bisogni, ossia stati d’insoddisfazione che provocano situazioni di disagio. Distinguiamo i bisogni in:  Naturali, legati alla sfera biologica degli uomini;  Sociali che riguardano la spiritualità, l’etica e l’estetica;  Essenziali, necessari per la sopravvivenza;  Voluttuari, influenzati dalla civiltà ed avvertiti solo dopo aver soddisfatto quelli primari, e variano secondo le abitudini, della moda e del livello sociale e culturale. I bisogni degli uomini si sono modificati con il trascorrere delle epoche e delle evoluzioni sociali. I bisogni delle persone si dispongono in gerarchia, cioè variano in base ai redditi disponibili. Essi si soddisfano attraverso l’impiego di beni o di servizi disponibili in quantità limitata. I beni si distinguono in:  Economici, ossia merci o servizi limitati rispetto al fabbisogno umano e l’individuo sostiene un onere per procurarlo;  Non Economici, sono beni liberamente disponibili in quantità e qualità sufficienti per tutti;  Primari e Voluttuari;  Complementari, che soddisfano un determinato bisogno solo se impiegati congiuntamente;  Fungibili, che possono essere sostituiti ad altri nel soddisfacimento di un dato bisogno;  Differenziabili, sono beni che hanno caratteristiche diverse rispetto a quelli analoghi offerte da altre imprese;  Commodities, sono beni offerti con caratteristiche uguali da tutte le imprese;  Di Consumo, acquistati per soddisfare un determinato bisogno senza subire altre trasformazioni;  Strumentali, utilizzati per produrre altri beni;  Ad utilizzo singolo o durevoli a seconda che esauriscano la loro attività con un solo utilizzo o in più utilizzi;  A consumo individuale o collettivo;  Pubblici o Privati. L’Attività Economica consiste nello svolgimento di operazioni di produzione e consumo dei beni economici, mediante le operazioni di trasformazione tecnica che si svolgono in tutti gli istituti e che riguardano trasformazioni fisiche, spaziali e logiche sulle merci, dati e conoscenze, ed operazioni di negoziazione che caratterizzano gli Istituti ed i sistemi economici nei quali essi operano. Le Negoziazioni si classificano secondo l’oggetto scambiato, che siano beni pubblici, privati, mezzi monetari, copertura di rischi e lavoro. Le negoziazioni si svolgono secondo condizioni di scambio e forme contrattuali, dove spesso si aggiungono cooperazione e competizione fra gli Istituti ed operazioni di configurazione e di governo degli Istituti attraverso la determinazione dell’Assetto Istituzionale, organizzazione, rilevazione e informazione. Le imprese operano all’interno di un mondo molto complesso, con il fine principale di produrre remunerazioni, ossia redditi; ciò è perseguito anche dai lavoratori e dai conferenti di capitale proprio. La produzione economica è un insieme di operazioni attraverso le quali i beni sono trasformati con l’impiego di energie umane e materiali, in modo da renderli idonei a soddisfare i bisogni. I fattori di produzione sono: materie prime, infrastrutture, lavoro, risorse naturali, beni pubblici e liberi. I fattori di produzione sono fondamentali per ogni impresa e suscitano, nelle persone che le conferiscono, interessi economici nei riguardi 1 dell’impresa. I fattori principali sono: il lavoro, inteso come complesso di azioni svolte dagli uomini che dedicano in modo continuo la propria attività lavorativa presso l’impresa, ed il Capitale, destinato ad essere impiegato per originare una produzione. I fattori principali di produzione fanno capo all’impresa, intesa come insieme di persone che hanno interessi economici primari e, di conseguenza, il diritto-dovere di governarla. Per oltre due secoli, i giuristi hanno rappresentato l’essenza economica della persona umana usando la figura dell’Homo Oeconomicus, soggetto egoista, orientato alla massimizzazione dei propri redditi in maniera coerente e previdente nel tempo. Le moderne ricerche economiche tendono, invece, ad adottare la figura di persona umana, membro di una società, che svolge l’attività economica per soddisfare i propri bisogni, che compiono le loro scelte economiche con razionalità limitata e che condividono i valori della solidarietà, della lealtà e del progresso. Nella psicologia delle persone esiste un fattore che influenza il comportamento di ciascuno attraverso esperienze di mercato e le scelte sono dettate da preferenze che, a loro volta, sono influenzate da bisogni fondamentali, da abitudini, dalle caratteristiche dei beni, da esperienze passate, dalle caratteristiche delle persone con cui s’interagisce, con l’obiettivo di massimizzare il proprio benessere individuale. L’Attività Economica comporta una serie di continue scelte e decisioni che le persone seguono attraverso la logica della razionalità assoluta o limitata. Il soggetto che prende una decisione, adottando la razionalità assoluta, è in grado d’identificare il problema da affrontare, gli obiettivi da raggiungere saranno perfettamente chiari, tutte le informazioni sono disponibili, compirà un esame esaustivo di tutte le conseguenze legate alle diverse scelte, le alternative saranno confrontabili ed il decisore sceglierà l’alternativa migliore. Acquisire informazioni perseguendo razionalità assoluta, comporta costi e tempi, poiché essendo disponibili solo in parte, si possono presentare contrasti fra le alternative ed il decisore, dovrà tener conto anche delle preferenze della collettività. Per questi motivi la razionalità assoluta, in realtà è un modello autoptico poiché limitato. Secondo l’economista Herbert Simon, gli individui, più che fare scelte ottimali fanno scelte soddisfacenti, per i vincoli svolti dalle organizzazioni e per i limiti imposti dal sistema cognitivo umano. Il decisore parte da attese iniziali, una prima ricerca porta ad individuare qualche possibile soluzione, la valuta e si potranno avere caratteristiche inferiori, pari o superiori rispetto alle attese. In seguito avviene la correzione delle attese, attraverso cui il decisore esamina altre possibili soluzioni, valuta le alternative ed infine avviene la scelta. Per perseguire i loro fini, le persone interagiscono tra loro sia occasionalmente sia in maniera più o meno stabile. L’azione individuale nell’ambito di una società produce benefici individuali e collettivi, l’ottenimento di tali benefici richiede comportamenti appropriati che sono influenzati dall’appartenenza dei singoli a gruppi sociali ed a collettività. Il gruppo sociale è composto da un piccolo numero di componenti che condividono valori di fondo, è orientato al perseguimento di obiettivi comuni, si forma spontaneamente, ha una struttura sociale interna, sviluppa norme che tutti i membri devono rispettare, è coeso e permane nel tempo se si raggiunge un equilibrio tra quello che ciascun membro fornisce al gruppo e quello che si ottiene, decade quando si rompe quest’equilibrio. Ogni gruppo sociale deve avere un leader che lo guidi, una debole leadership porta al declino del gruppo. Attorno ad ogni persona che occupa una certa posizione in una collettività si forma un sistema di attese di comportamento, ossia un ruolo. Un gruppo è in equilibrio quando i ruoli sono coerenti e complementari, se le attese sono incoerenti ed incompatibili si originano tensioni di ruolo che compromettono l’efficacia e l’esistenza del gruppo. Ogni giorno le imprese prendono svariate decisioni, e per sostenerle al meglio devono essere fra loro coordinate, coerenti ed in concorrenza. Ogni processo decisionale richiede l’impiego di tempo ed energia da parte dei decisori, tali risorse essendo scarse, possono comportare che alcuni processi decisionali inizino ma siano subito conclusi, mentre altri possono arenarsi senza neanche iniziare. Le scelte che scaturiscono dai processi decisionali implicano l’utilizzo di risorse limitate e di conseguenza scelte e soluzioni possono essere in concorrenza fra loro, infatti, uno stesso problema può trovare più soluzioni e spetterà ai decisori scegliere quella più soddisfacente da adottare. Nelle decisioni le persone apportano ai problemi differenti priorità ed attribuiscono un’elevata criticità. Una scelta si compie se viene presentata in modo compiuto e convincente come risposta ad un problema percepito come rilevante ed urgente. I processi decisionali delle imprese sono parzialmente strutturati con meccanismi di razionalità e le loro strutture organizzative sono influenzate da procedure e routine che, si suppone, coerenti con gli stessi obiettivi 2 coordinamento che aumentano quanto sono maggiori i rapporti fra i soggetti che svolgono l’attività economica, i costi di rigidità e gli investimenti specifici, che frenano la flessibilità ed il cambiamento, e la demotivazione che porta ad attribuire alle persone compiti isolati, semplici e ripetitivi che frenano i bisogni della socialità, stima e realizzazione. La specializzazione cresce all’estendersi dei mercati, in modo tale che le imprese possono ingrandirsi e specializzarsi, maggiori sono le dimensioni del mercato e maggiori sono gli incentivi per gli investimenti di ricerca e sviluppo. CAPITOLO 3 L’insieme delle operazioni economiche svolte dalle persone in un istituto forma le combinazioni economiche generali. L’economia aziendale si occupa delle azioni e dei fenomeni che si manifestano nell’azienda e nel suo ambiente, che costituiscono il Sistema degli Accadimenti, nell’ambito del quale una posizione dominante è costituita dalle combinazioni economiche generali. Esse sono costituite dall’insieme delle operazioni economiche svolte delle persone all’interno di un istituto e si articolano in coordinazioni e combinazioni economiche parziali e delle negoziazioni. Le coordinazioni economiche parziali sono insiemi di processi caratterizzati da una funzione, e da un insieme di competenze specialistiche applicate al loro svolgimento. Le coordinazioni parziali delle imprese sono riconducibili alla Configurazione dell’Assetto Istituzionale, all’Organizzazione ed alla Rilevazione, alla Gestione – suddivisa in caratteristica, finanziaria, patrimoniale, tributaria ed assicurativa. Le operazioni di configurazioni dell’assetto istituzionale determinano la nascita, la trasformazione e lo svolgimento dell’impresa, dove si decidono i fini, i campi di attività, le strutture di governo e le alleanze dell’azienda. Per le imprese sono di primaria importanza le scelte di configurazione del capitale proprio, ossia le scelte in merito ai conferenti di capitale di rischio e in quale misura rispetto al fabbisogno monetario dell’impresa. La Gestione è un complesso di operazioni attraverso le quali l’impresa attua la produzione economica. La Gestione Caratteristica è l’insieme delle operazioni di gestioni che identificano la “funzione economico-tecnica” di ciascuna impresa ed origina costi e ricavi e, per differenza, un risultato operativo della gestione caratteristica. Nelle imprese manifatturiere la gestione caratteristica si articola nelle operazioni di: ricerca e sviluppo, acquisto di merci e servizi destinati alla produzione, fabbricazione, commercializzazione e logistica. La Gestione Finanziaria è l’insieme delle operazioni volte a coprire il fabbisogno finanziario, ossia dei mezzi monetari necessari per avviare l’impresa e per sostenerne lo sviluppo. Il fabbisogno finanziario nasce perché nelle imprese gli incassi derivanti dalle vendite si manifestano dopo ai pagamenti derivanti dagli acquisti. Esso può essere coperto ricorrendo al capitale proprio o di rischio e a quello di prestito. La gestione finanziaria è una gestione passiva, poiché comporta interessi passivi sul capitale di terzi e remunerazione del capitale proprio. Può accadere che, per un certo periodo, l’impresa abbia mezzi monetari eccedenti rispetto al fabbisogno della gestione caratteristica; in questi casi si attiva la Gestione Patrimoniale che consiste nell’investimento di tali mezzi monetari al fine di trarne un reddito. L’investimento può consistere, nell’acquisto di titoli di Stato o di azioni di altre imprese. La gestione patrimoniale è, in linea di principio, una gestione attiva. La Gestione Assicurativa consiste nella copertura dei rischi d’impresa mediante la sottoscrizione di contratti di assicurazione. Questa è una gestione tipicamente passiva, in quanto comporta il costo di premi assicurativi e indennizzi a fronte di danni equivalenti. La Gestione Tributaria consiste nella liquidazione e nel pagamento di una vasta gamma di tributi che le imprese corrispondono allo Stato a fronte dei beni pubblici ricevuti; per tanto è una gestione tipicamente passiva poiché comporta solo oneri. Tutte le gestioni, con i loro costi e i ricavi concorrono a determinare il risultato dell’impresa. Analogamente, tutte le gestioni, con i loro pagamenti e riscossioni, determinano i flussi monetari dell’impresa e la sua solvibilità. Analizzare la gestione secondo il profilo reddituale significa indagare i costi ed i ricavi, mentre secondo il profilo monetario significa studiare i flussi delle entrate e delle uscite. Le operazioni di organizzazione comprendono attività riconducibili alla progettazione dell’assetto organizzativo dell’impresa e alla gestione dei prestatori di lavoro. La progettazione dell’assetto organizzativo consiste nella progettazione della struttura organizzativa dell’impresa, mentre la gestione dei prestatori di lavoro consiste nell’attuazione dei sistemi operativi di gestione del personale. Tra le 5 operazioni di organizzazione, di particolare rilevanza sono le negoziazioni di lavoro, che si sostanziano in contratti che l’impresa stipula con i prestatori di lavoro. Queste hanno un’evidente criticità al livello di assetto istituzionale e dei sistemi economici locali, nazionali e sopranazionali. Le operazioni di Rilevazione sono svolte dalle imprese per predisporre dati e informazioni. Molte imprese attuano più combinazioni economiche parziali, ossia operano in più aree d’affari. Una combinazione economica parziale è definita da una combinazione prodotto-mercato, ossia una gamma di prodotti destinata ad un certo mercato. Le imprese che attuano più combinazioni economiche parziali si dicono Imprese Diversificate. Le combinazioni economiche delle imprese possono riguardare: operazioni per acquisire e trasformare gli input necessari per la produzione, per cedere i beni offerti dall’impresa, operazioni d’impostazione e di governo dell’attività aziendale. Lo svolgimento delle combinazioni economiche si attua attraverso insiemi di operazioni interne ed esterne. Tra le operazioni di gestione esterna rivestono primaria importanza le Negoziazioni, ossia le operazioni attraverso le quali l’impresa acquisisce da terzi le condizioni di produzione e cede i propri prodotti o condizioni di produzione. Le grandi classi di negoziazione svolte dall’impresa sono: la negoziazione di beni privati, pubblici, di lavoro, di capitale di rischio, di prestito e di rischi particolari. Quando si svolge una negoziazione, i soggetti coinvolti sostengono dei costi di attivazione e di gestione della negoziazione, denominati Costi di Transazione. Ciò significa che il compratore sostiene 2 costi, il costo d’acquisto della merce al quale si devono sommare i costi di transazione, ma anche il venditore che ottiene un ricavo, deve decurtare i costi sostenuti per attivare e gestire la transazione. Le negoziazioni reali non si svolgono mai in condizioni di perfetta trasparenza, conoscenza, lealtà ed equilibrio di potere delle parti, ossia non si svolgono in condizioni di razionalità assoluta e di mercati perfetti. Lo Stato svolge un ruolo essenziale nei sistemi economici, intervenendo attraverso la produzione diretta o indiretta di alcuni beni pubblici o privati, regolamentando la produzione ed il consumo di altri beni, imponendo tributi e ridistribuendo le ricchezze. Alcuni Stati intervengono in molti settori, altri restringono le proprie aree d’intervento lasciando spazio alle famiglie, alle imprese, agli istituti no-profit alimentando dibattiti sempre aperti. Lo Stato interviene nella produzione e nel consumo dei beni economici quando è considerato politicamente critico o quando giudica che lasciando la produzione di un bene ad imprese private si otterrebbero esiti negativi dal punto di vista politico. Le ragioni di possibile inefficacia del mercato sono: l’esistenza di beni pubblici puri, beni senza competitività e non escludibili, per questo le imprese private non potrebbero farsi pagare ed interviene lo Stato imponendo tributi; il formarsi di mercati non concorrenziali e di monopoli naturali, senza controlli le imprese private ne trarrebbero vantaggi indebiti, così interviene lo Stato come produttore o regolatore; il fenomeno dell’esternalità positive/negative, l’esistenza di mercati incompleti, ossia spazi di mercato lasciati vuoti dalle imprese giudicati interessanti, ma che invece, secondo lo Stato sono critici; le asimmetrie informative riguardano beni complessi e difficili da giudicare, ed il consumatore potrebbe preferire un fornitore pubblico; la redistribuzione del reddito, lo Stato rende accessibili beni critici a prezzi non di mercato; imporre il consumo di beni di merito, lo Stato incentiva il consumo di beni che i cittadini non percepiscono come tali, ed infine garantire uno Stato di diritto, in modo tale che intervenga con leggi per far sì che l’attività economica si svolga correttamente. Le aree tipiche d’intervento dello Stato sono: la difesa nazionale, giustizia, sicurezza pubblica, relazioni internazionali, istruzione e cultura, assistenza e previdenza, sanità, trasporti, comunicazioni e sviluppo economico. La Gestione Caratteristica dello Stato si svolge attraverso: l’emanazione di leggi e regolamenti, il trasferimento di mezzi monetari e la produzione di beni pubblici. La Gestione Tributaria si compone dei processi di definizione delle caratteristiche dei tributi, di accertamento, prevenzione e repressione dall’evasione fiscale e di riscossione. L’imposizione dei tributi può essere vista come il corrispettivo della produzione ed erogazione dei servizi pubblici. La Gestione Patrimoniale dello Stato si compone di operazioni d’investimento e disinvestimento in beni da reddito e rivalutazione finalizzate alla produzione di ricavi addizionali a quelli della gestione caratteristica. La Gestione Finanziaria è molto rilevante, poiché spesso lo Stato e gli istituti pubblici non riescono a coprire i loro costi con le entrate tributarie e devono coprire i loro deficit ricorrendo all’indebitamento. Il fabbisogno finanziario dello Stato può essere soddisfatto con varie forme di debiti di finanziamento, che si configura con l’emissione di titoli. La Gestione Assicurativa si svolge secondo modalità analoghe a quelle dell’impresa 6 dovendo coprire numerosi rischi particolari. In alcuni casi lo Stato diviene anche l’assicuratore di famiglie, imprese, istituti non-profit, quando sorgono particolari eventi dannosi come le calamità naturali. La progettazione dell’assetto istituzionale dello Stato evolve quando si decide: in quali aree intervenire, quali rapporti configurare con i prestatori di lavoro, con quali forme realizzare per la produzione e l’erogazione di beni pubblici, quanto e come interagire con altre pubbliche amministrazioni, come impostare il sistema fiscale e come strutturare le relazioni con i cittadini attraverso organi elettivi ed amministrativi. Le operazioni di organizzazione e di gestione del personale dello Stato, riguardano l’impostazione della struttura organizzativa e dei sistemi operativi in modo da assicurare buoni livelli di efficienza, motivazione e flessibilità organizzativa. Le operazioni di rilevazione e d’informazione sono più complesse rispetto a quelle delle imprese poiché devono rappresentare anche le dimensioni politiche e sociali degli obiettivi e dei risultati dello Stato. La Famiglia è l’istituto nel quale si compie gran parte dell’attività economica di consumo e dove si predispongono le condizioni necessarie per soddisfare i bisogni delle persone. Nei sistemi economici evoluti, le famiglie esternalizzano molte attività di produzione, al di fuori di quelle considerate critiche, come l’educazione, l’assistenza e quelle che comportano diseconomie di specializzazione e di dimensione. La Gestione Caratteristica delle aziende familiari si compone dall’attività di produzione di redditi mediante il lavoro esterno ed interno alla famiglia, e l’attività di consumo. La Gestione Patrimoniale, consiste nell’impiego del risparmio d’investimenti destinati a produrre redditi addizionali rispetto a quelli derivanti dal lavoro esterno ed influisce sulle scelte di consumo/risparmio. La loro Gestione Finanziaria è formata dalle operazioni di negoziazioni, di credito e di prestito che fanno sorgere debiti di finanziamento, pagamenti di quote capitale ed interessi. La Gestione Tributaria delle famiglie consiste nella liquidazione e nel pagamento delle imposte, tasse e contributi a fronte del diritto di accedere ai beni prodotti dallo Stato. La Gestione Assicurativa incide sulla vita dei membri e sulla copertura di danni. La progettazione dell’assetto istituzionale della famiglia attiene al regime patrimoniale tra i coniugi, le relazioni economiche con parenti, eventuali affidamenti ed adozioni, suddivisione del lavoro interno ed esterno e le relazioni con i prestatori di lavoro domestico. Gli Istituti no-profit nascono quando soggetti privati ritengono che sia utile e doveroso che certe persone dispongano di beni che gli altri istituti non offrono nei modi opportuni, inoltre godono di alcuni vantaggi normativi e fiscali. La Gestione Caratteristica degli istituti non-profit è molto eterogenea poiché essi sono molto vari. Esistono istituti no-profit nei quali avvengono processi di acquisto, trasformazione e cessione a clienti che pagano dei corrispettivi, altri nei quali i destinatari della produzione sono gli stessi membri dell’istituto ed Istituti non-profit di pura erogazione come enti di beneficenza. La Gestione Tributaria degli Istituti no-profit è fortemente collegata con quella caratteristica. La loro presenza riduce l’intervento da parte dello Stato e, per questo, le agevolazioni fiscali vanno a compensare i costi che altrimenti lo Stato dovrebbe sostenere. La Gestione Patrimoniale degli Istituti non-profit può essere del tutto trascurata in quanto difficilmente generano risparmio. L’incertezza dei redditi costanti limita molto la loro capacità di assumere debiti di finanziamento che richiedono rimborsi, per questo anche la Gestione Finanziaria risulta limitata. La Gestione Assicurativa assume varia rilevanza in relazione all’attività da essi svolta. La progettazione del loro assetto istituzionale è un’attività molto critica, soprattutto nei casi in cui chi fornisce contributi non usufruisce dei servizi erogati. La progettazione deve poter costruire e proteggere l’immagine dell’istituto e garantire una buona autonomia, prevista anche per la realizzazione delle operazioni di organizzazione. Infine le operazioni di rilevazione e d’informazione devono tener conto della dimensione sociale degli obiettivi e dei risultati raggiunti. CAPITOLO 4 L’istituto è un insieme soggetti che offrono contributi, ricevono ricompense o traggono benefici. Per l’istituto è essenziale un governo unitario poiché si muove in contesti dinamici, i contributi di tutti i soggetti devono essere combinati ed organizzati in modo che assicuri il perseguimento del bene comune, ed un solo organo ha la responsabilità delle ultime decisioni, ossia l’Unità del comando. Per realizzare un governo d’istituto efficace occorre delineare il Soggetto d’istituto, di soggetti ossia il soggetto al quale assegnare il diritto- 7 pericolosa per l’impresa poiché è iniqua. Lo Stato è costituito da istituti pubblici, come Regioni, Province e Comuni, sono istituti di tipo politico-sociale caratterizzati da fini e processi di tipo economico e definite Azioni Composte Pubbliche. I loro fini economici istituzionali sono: il soddisfacimento dei bisogni pubblici e la remunerazione dei prestatori di lavoro. Anche nello Stato possono crearsi soggetti economici impropri quando l’azienda pubblica diventa strumento delle organizzazioni politiche o di particolari categorie di utenti anziché strumento di realizzazione del bene comune. Le prerogative di governo economico negli istituti pubblici si esercitano attraverso organi collegiali. Negli istituti no-profit il soggetto d’istituto può far capo a: gli associati che si aggregano per soddisfare bisogni comuni coprendo i costi con quote e tariffe, ai donatori pubblici e privati ed ai prestatori di lavoro. Sono interessi istituzionali economici: le attese di soddisfacimento dei bisogni comuni degli associati e le attese di remunerazione dei prestatori di lavoro non volontario, mentre gli economici non istituzionali sono quelli dei donatori. CAPITOLO 5 L’equilibrio istituzionale si ha quando tutti i membri del soggetto d’istituto condividono i valori, gli obiettivi, le strutture, le modalità dell’istituto e le logiche organizzative, e quando ricevono ricompense e benefici equi rispetto ai contributi forniti. L’equilibrio istituzionale è caratterizzato dalla durabilità e dall’autonomia. Si ha equilibrio istituzionale, ossia Economicità quando l’istituto è in grado di attrarre risorse sufficienti per remunerare tutte le condizioni di produzione e di consumo utilizzate per svolgere le combinazioni economiche. Essa è la capacità dell’istituto di operare senza accumulare perdite. L’economicità è una condizione necessaria per la vita duratura di un istituto, poiché è un principio ed un obiettivo essenziale per un buon governo d’istituto. L’azienda deve svolgersi secondo condizioni di vita e di funzionamento tali da consentire di durare nel tempo in un ambiente mutevole. La continuità e lo sviluppo di un istituto hanno un valore per i suoi membri attuali ma anche per quelli futuri e per tutta la collettività. L’autonomia si verifica quando non vi è un ricorso sistematico ad interventi di sostegno o di copertura delle perdite da parte di altri istituti. Il principio di economicità si concretizza attraverso: il perseguimento di fini economici istituzionali e nel rispetto delle condizioni di svolgimento dell’attività economica. Quest’ultimo principio si suddivide in: equilibrio reddituale, monetario, efficienze, flessibilità e congruità delle remunerazioni. L’equilibrio reddituale, ossia l’equilibrio tra componenti positivi e negativi di reddito, esprime l’attitudine della gestione di rimunerare tutti i fattori produttivi compresi il capitale di prestito e quello di rischio. Esso deve essere valutato in funzione del tempo e all’ oggetto di riferimento, infatti potrebbe fare riferimento oltre che alla singola azienda anche ad un gruppo aziendale. Nel primo caso si tratterà di Equilibrio Aziendale, nel secondo di Equilibrio di Gruppo. Si ha economicità quando è presente un buon livello di efficienza, espressa in termini di rendimento fisico-tecnico dei processi produttivi. Solo in particolari condizioni le inefficienze possono essere trasferite all’esterno, senza danneggiare l’equilibrio reddituale dell’azienda, penalizzando altre aziende. Per efficienza s’intende la relazione che intercorre tra i risultati conseguiti e i mezzi impiegati. Essa si persegue applicando metodi di lavoro che consentano di svolgere le operazioni senza sprechi di risorse e tempi, ma ricercando l’innovazione dei processi. L’economicità d’azienda ricerca la flessibilità, ossia la predisposizione di strutture e combinazioni produttive efficienti in grado di adeguarsi all’ambiente. Inoltre è data dalla congruità dei prezzi-costi sostenuti e del capitale-risparmio e del lavoro, viene perseguita anche da aziende familiari o di produzione. Il giudizio di adeguatezza o di congruità comporta l’esame delle condizioni di ambiente che caratterizzano i diversi mercati in cui le imprese operano. Per affermare che un’azienda è economica occorre che rimuneri in modo soddisfacente il capitale proprio. L’economicità è strettamente correlata al conseguimento dell’equilibrio monetario, ossia alla capacità di far fronte agli impegni di pagamento. Le diverse manifestazioni temporali dei costi e ricavi e dei flussi di redditi monetari si traduce in fabbisogno finanziario. È compito della gestione finanziaria ricercare la copertura di tale fabbisogno, provvedendo alla raccolta dei mezzi finanziari sufficienti per consentire lo svolgimento dell’azienda. Il fluire del tempo è l’elemento cruciale che determina e giustifica la necessità di considerare attentamente il rispetto dell’equilibrio monetario. Tale vincolo può spingere l’azienda a ricorrere eccessivamente 10 all’indebitamento pregiudicando il suo equilibrio reddituale e sua stessa sopravvivenza. Il principio di economicità non s’identifica con il criterio della massimizzazione del profitto, esso si traduce nel rispetto delle condizioni favorevoli al durevole mantenimento e allo sviluppo dell’azienda, intesa come mezzo per conseguire i fini dell’istituto. Nell’azienda familiare l’economicità viene conseguita se la produzione dei redditi da lavoro e da gestione patrimoniale consente di coprire i consumi in misura adeguata alla posizione sociale e al tenore di vita della famiglia. Questa produzione di redditi può generare risparmio in grado di alimentare il patrimonio. L’equilibrio monetario può giocare un ruolo importante, che si risolve con la creazione di un fondo di mezzi liquidi sufficienti a fronteggiare le uscite monetarie concentrate in dati periodi dell’anno. Si ha economicità dello Stato e degli istituti della PA se si realizzano i fini e se: la produzione e il consumo di beni pubblici siano soddisfacenti per il funzionamento e lo sviluppo sociale ed economico di una collettività, la corresponsione di remunerazioni adeguate ai collaboratori e ai finanziatori, l’elevata efficienza delle combinazioni economiche realizzata mediante l’adozione di buone tecniche di gestione, di organizzazione e rilevazione, l’imposizione di tributi ripartiti secondo equità, l’attuazione di una gestione patrimoniale che produca redditi convenienti e la realizzazione di un risultato di risparmio o di un disavanzo contenuto. In molti istituti no-profit solo una parte dei costi è coperta da ricavi provenienti da cessione di beni a terzi; l’equilibrio reddituale si realizza su donazioni volontarie provenienti da soggetti privati o pubblici. Il difficile equilibrio reddituale rende fragile anche l’equilibrio monetario e ciò può mettere a rischio la vita dell’istituto e la sua autonomia. Gli istituti no-profit, visto il divieto di distribuire il profitto ai suoi membri, sostituiscono alla massimizzazione del profitto, quella della qualità del bene prodotto. Tutti gli istituti no-profit economicamente non autosufficienti, sono tra loro in competizione per l’acquisizione delle donazioni, che rappresentano il prezzo che i donatori disposti a pagare per i beni che saranno goduti da altri. CAPITOLO 6 Per una consapevole partecipazione alla vita dell’impresa, tutti i soggetti coinvolti hanno il diritto-dovere di conoscere le condizioni del suo svolgimento, ed i risultati e le prospettive in termini di economicità. Questa esigenza è condivisa da tutti i soggetti che forniscono contributi e che si attendono ricompense come: i prestatori di lavoro, i conferenti di capitale di rischio, fornitori, clienti e Stato. Inoltre esigenze di conoscenza fanno capo a chi esercita il governo economico dell’impresa e a tutte quelle persone che devono prendere decisioni costantemente per assicurare lo svolgimento dell’azienda secondo economicità. Sono: gli amministratori, direttori generali, commerciali, di produzione ed amministrativi. Per le esigenze di conoscenze, le imprese costituiscono dei sistemi informativi, ossia strutture e procedure che raccolgono, elaborano, conservano e distribuiscono i dati e le informazioni aziendali. Essi forniscono dati ed informazioni utili per valutare l’economicità dell’impresa, attraverso i modelli: di equilibrio reddituale, monetario, istituzionale, della competitività, delle competenze e delle risorse, del valore del patrimonio, ma soprattutto il modello del bilancio d’esercizio, che coglie gli elementi essenziali dell’economia di un’impresa. La sua utilità è massima se lo si integra con altri modelli che evidenziano gli aspetti cruciali della vita d’impresa. Ogni modello di rappresentazione dell’economicità è utile per varie analisi e gli amministratori li usano per l’adeguato svolgimento del ruolo di governo economico. Il modello di bilancio fornisce indicazioni se l’attività economica svolta sta producendo gli utili attesi e di quali beni l’impresa dispone e quali diritti vanta. Il corretto governo delle imprese richiede continui supporti d’informazione e la misurazione periodica delle performance ad interventi temporali non troppo lunghi. Tutte le imprese stilano un bilancio, per ragione di ordine pratico e giuridico, almeno una volta l’anno. In questo modo la vita continuativa dell’impresa viene spezzata in sezioni annuali e ciò richiede particolari accorgimenti per l’efficace rappresentazione del reddito e del capitale. La costruzione del bilancio d’esercizio si fonda su: l’esercizio generale, gli esercizi particolari e annuali, il principio di competenza, i costi, i ricavi ed i componenti positivi e negativi di reddito, il reddito d’esercizio, il capitale di funzionamento e l’unitarietà del sistema dei valori di bilancio. La continuità dei processi economici d’impresa fa sorgere valori comuni a 2 o più esercizi annuali e che devono essere spezzati quando si redige il bilancio d’esercizio, come le condizioni produttive pluriennali e le rimanenze d’esercizio. 11 Le rimanenze finali sono le produzioni in corso con le quali si apre l’esercizio del periodo amministrativo successivo che, rispetto all’esercizio precedente, entrano come input e denominate rimanenze iniziali. Nella costruzione del reddito d’esercizio il problema del frazionamento di valori comuni a più esercizi, si risolve applicando il principio di competenza. In sua mancanza devono essere rappresentati solo i valori prodotti nell’esercizio e i valori utilizzati per produrre. La tavola del reddito è costituita da componenti positivi e negativi di reddito. Ma solo alcuni componenti positivi sono ricavi e solo alcuni componenti negativi sono costi. Il costo è il prezzo pattuito per ottenere la disponibilità di un fattore produttivo, che è quindi un componente negativo di reddito. L’acquisto di un bene pluriennale è un costo, ma si attua il processo di ammortamento e nel reddito d’esercizio entrerà la quota di ammortamento di competenza dell’esercizio. Il reddito d’esercizio è l’insieme dei valori dei componenti positivi e negativi di reddito suscitati dagli accadimenti che si sono svolti in un certo periodo di tempo e coerenti secondo il principio di competenza. Il risultato reddituale è quel valore che si configura come utile o perdita ed è la remunerazione di una condizione di produzione. Il capitale di funzionamento è l’insieme dei valori delle attività, passività e del capitale netto determinato alla fine di ogni periodo d’esercizio, il bilancio d’esercizio è un sistema unitario di valori. Nella struttura del reddito d’esercizio occorre disporre in buon ordine i componenti negativi di reddito, ossia il valore delle condizioni di produzione secondo il principio di competenza, ed i componenti positivi di reddito, ossia i valori ottenuti dall’attività economica. I tipici input ed i componenti negativi di reddito sono: Materie prime, Servizi, Immobili, Impianti, Macchinari, Attrezzature dell’impresa a cui corrispondono le Quote di ammortamento, le immobilizzazioni di terzi che originano Canoni di Locazione o Fitti Passivi, il lavoro fornito dai prestatori di lavoro come Stipendi, Contributi e Quote T.F.R., i beni pubblici statali sotto forma di Tributi vari e Imposte sul Reddito, i mezzi monetari apportati a titolo di capitale di prestito da terzi che originano Interessi Passivi, la copertura dei rischi garantite a fronte di Premi Assicurativi, le Rimanenze Iniziali e il capitale di rischio che è remunerato con l’Utile o la Perdita d’esercizio. Tipici output sono: i prodotti finiti e venduti che danno origine ai Ricavi di Vendita, la produzione in corso ossia le Rimanenze Finali d’esercizio, gli Interessi Attivi della gestione patrimoniale, i dividendi, le plusvalenze e i fitti attivi. Per la costruzione del capitale di funzionamento, le tipiche attività sono: disponibilità monetarie sotto forma di cassa o c/c, crediti di regolamento verso clienti, rimanenze finali, immobilizzazioni materiali ed immateriali, crediti di prestito, quote di capitale di rischio di altre imprese e partecipazioni. Le tipiche passività sono: i Debiti di Regolamento verso fornitori, di Finanziamento, Obblighi nei confronti dei prestatori di lavoro e dello Stato, inoltre i componenti al netto sono: il Capitale Sociale e gli utili maturati ma non distribuiti, ossia le Riserve. Riguardo ai processi di redazione del bilancio d’esercizio, devono svolgersi secondo logiche e tecniche che permettano di redigere il bilancio in modo efficiente e corretto. È un processo che comporta la registrazione dei valori che si svolgono lungo l’intero periodo amministrativo. Tutte le imprese tengono nota degli accadimenti economici rilevanti, e per redigere efficientemente il bilancio d’esercizio occorre selezionarli e registrare periodicamente a fine anno i relativi valori. Il sistema degli accadimenti è l’insieme di azioni e fenomeni che si manifestano nell’azienda e nel suo ambiente. Il sistema delle operazioni, ossia le combinazioni economiche, è formato dalle attività di produzione economica svolta dalle persone che compongono l’organismo personale dell’azienda. Il sistema delle quantità economiche è l’espressione del sistema delle operazioni. L’utilizzazione delle quantità economiche ed i calcoli che comportano danno origine a stime e congetture di quantità economiche. Le stime sono determinazioni approssimate ad un fenomeno che non si conosce in modo definitivo. Per la stima ci si avvale di ipotesi che attengono al grado di probabilità della differenza tra il dato stimato ed il dato effettivo. Le congetture sono valori immaginati, frutto di calcoli fondati su ipotesi-finzione, utili a scopi d’investigazione economica. Se le ipotesi-finzione sono molteplici si avranno più dati congetturali ciascuno con un suo significato e una specifica utilità. Sono esempi di dati congetturali le quote di ammortamento. Le quantità economiche e le qualità stimate e congetturate sono il fondamento di tutte le misurazioni, calcoli e previsioni che si compiono in azienda. Nell’ambito del sistema delle quantità economiche d’azienda e delle quantità stimate e congetturate si individuano vari sottosistemi, il più importante è il sistema dei valori di azienda, che offre le basi per impostare modelli di valutazione e di rappresentazione dell’economicità. Esso accoglie la 12 più le immobilizzazioni tecniche risultano inutilizzate e difficilmente realizzabili. Gli indicatori utilizzati per la liquidità sono il Quoziente di disponibilità, che si ottiene rapportando l’attivo corrente al passivo corrente; il Quoziente di liquidità espresso come rapporto tra le liquidità, immediate e differite ed il passivo corrente. Nel passaggio dal ROA al ROE ha un ruolo fondamentale l’effetto leva finanziaria che si produce dalla differenza tra il ROA ed il costo medio del capitale di terzi. Se il ROA rende più di quanto costa il capitale di terzi, l’impresa aumenta la propria redditività del capitale proprio. L’effetto leva finanziario è tanto più potente quanto maggiore è la differenza tra ROA e capitale di terzi e quanto maggiore è la quota di ROA finanziata da mezzi di terzi anziché dal capitale netto. Esistono tre principali nozioni di capitale: il Capitale di Funzionamento che è l’insieme dei valori delle attività, delle passività e del capitale netto determinato al termine di ciascun periodo costruito in ipotesi di continuità di funzionamento dell’impresa; il Capitale di Liquidazione, ossia il valore delle attività, delle passività e del capitale netto determinato in ipotesi di liquidazione; ed il Capitale Economico, ossia il valore complessivo dell’azienda in ipotesi di cessione. Determinare il capitale economico significa esprimere un apprezzamento sull’attitudine del patrimonio di un’impresa a produrre redditi futuri. La sua determinazione si realizza mediante l’attuazione dei flussi di redditi attesi futuri, ad un adeguato tasso per un periodo di tempo illimitato, ed è necessario formulare alcune ipotesi sui flussi di reddito futuri e sul tasso di attualizzazione, che tenga conto del tempo e del rischio connesso allo svolgimento della gestione futura. CAPITOLO 8 Per svolgersi in modo consapevole, la gestione e l’organizzazione hanno bisogno di utilizzare dati e informazioni sia rinvenienti dall’intero dell’azienda sia provenienti dall’ambiente in cui essa opera. I processi che stanno a fondamento delle rilevazioni, gli oggetti delle rilevazioni e i diversi utilizzi dell’informazione all’interno dell’azienda di produzione. Il termine rilevazione ha significati molto diversi, come ad esempio: la determinazione qualitativa e quantitativa, la classificazione, l’elaborazione, la rappresentazione e l’interpretazione dei fenomeni aziendali. Altri riservano al termine rilevazione un’accezione più ristretta, intendendo solo la raccolta o la rappresentazione ordinata di dati che quantificano determinati caratteri dei fatti o fenomeni oggetto di osservazione. Si parla di rilevazioni elementari quando si ha riguardo ai documenti originari di raccolta (fattura, nota di accredito), rilevazioni contabili quando si utilizza il conto (tavola a due sezioni che accoglie valori con segno), rilevazioni statistiche quando si utilizzano altri strumenti di raccolta diversi dal conto: tabelle, grafici, diagrammi, schede, ecc. Le rilevazioni elementari e quelle statistiche vengono denominate nel loro insieme rilevazioni extra-contabili. I processi di rilevazione sono una serie di processi di raccolta di valori derivati dallo scambio: emissione di fatture, registrazione dei loro estremi in appositi registri, rilevazioni dei valori in un libro giornale dove vengono raccolti cronologicamente, e in un libro mastro dove vengono raccolti in modo sistematico i singoli conti. Si individuano così tre insiemi di informazioni che sono di supporto rispettivamente all’attività di pianificazione strategica, all’attività direzionale e all’attività operativa ed esecutiva. Nel primo caso si tratta di informazioni prevalentemente esterne, di dati previsti e approssimati che servono ad orientare l’azienda nelle decisioni sul posizionamento strategico. Nel secondo caso si rilevano dati e informazioni in prevalenza interni che servono per impostare il processo di programmazione e controllo. Nel terzo caso si tratta di informazioni analitiche necessarie per lo svolgimento dell’attività corrente: dall’anagrafe dei clienti ai caratteri degli ordini di vendita. Una seconda distinzione del sistema delle informazioni da riferimento alle arre funzionali in cui queste sorgono e vengono utilizzate. Si hanno così il sottosistema delle informazioni logistiche (riguardante il flusso fisico dei materiali e dei prodotti), il sottosistema delle informazioni commerciali (risultati di vendita variamente classificati), il sottosistema delle informazioni di produzione (dati sulla capacità produttiva), sottosistema delle informazioni per la ricerca lo sviluppo e così via. In termini più precisi possiamo dire che nell’azienda di produzione le finalità perseguite con la rilevazione sono essenzialmente le seguenti: 1 informative o indicative, 2 prescrittive o decisorie, 3 valutative o di controllo. La prima si tratta di attirare l’attenzione degli operatori aziendali sui fenomeni e sui fatti aziendali. La seconda evoca l’utilizzo dell’informazione per 15 intraprendere una scelta, per indicare una via da percorrere che in base alle informazioni disponibili viene giudicata più conveniente o più opportuna. La terza finalità richiama un’ultima fase caratterizzante l’attività di gestione: facciamo riferimento alla rilevazione dei risultati. In questo caso l’informazione assolve ad una funzione di apprezzamento dell’attività svolta. La contabilità generale è un sistema informativo che si fonda sul conto, quale strumento elementare di raccolta dei valori e che ha per obiettivo principale la misurazione di quantità complesse come il reddito di esercizio e il capitale funzionamento. Il conto è una tavola a due sezioni che accoglie valori di segno opposto. Nato come strumento di informazione per rapporti di debito e di credito. Sorge così il metodo contabile della partita doppia che è il risultato della realtà del funzionamento dell’azienda. I supporti della contabilità, che si avvale del metodo della partita doppia, sono il piano dei conti e le regole di registrazione dei fenomeni. Il piano dei conti è lo strumento di attuazione della contabilità e consiste in un elenco di conti, ordinati e collegati tra loro. Gli accadimenti si registrano sul giornale e sul maestro. Il giornale accoglie gli accadimenti e i relativi valori in ordine cronologico mentre il mastro li accoglie in modo sistematico per classi di fenomeni. Nella contabilità generale sono compresi altri sottosistemi contabili come la contabilità finanziaria che rileva i movimenti monetari e i rapporti di debito e di credito con le banche, la contabilità clienti che regola i rapporti di credito con i clienti e la contabilità fornitori rapporti di debito con i fornitori e così via. Nel conto economico del bilancio di esercizio i componenti negativi di reddito sono classificati per condizioni di produzione inserite nei processi economici aziendali. La nozione di costo di produzione è un insieme di motivi quali: conoscere il costo di un prodotto per accertare se il suo prezzo di vendita è conveniente, valutare qual è il prodotto più redditizio tra quelli che compongono la gamma offerta alla clientela. Il costo di produzione può essere inteso come la somma dei valori attribuiti ai fattori produttivi impiegati o utilizzati in una data attività produttiva. Il concetto di attività economica produttiva è volutamente generico per tener conto delle più svariate coordinazioni produttive che possono costituire oggetto di riferimento dei costi elementari. I costi elementari si riferiscono ai processi o ai risultati produttivi tra i quali vengono ripartiti si distinguono in costi speciali o diretti e in costi comuni o indiretti. I costi speciali sono relativi a fattori produttivi che partecipano in modo esclusivo alla coordinazione produttiva oggetto di determinazione del costo di produzione. I costi comuni sono invece quelli relativi a fattori che concorrono allo svolgimento di più coordinazioni produttive. Il costo di produzione presenta una molteplicità di configurazioni in relazione all’ oggetto di riferimento e ai criteri di calcolo adottati. Si dividono in due grandi classi di costi di produzione: 1. I costi di processi produttivi che riguardano sia operazioni e processi elementari (costo diretto di fase produttiva) sia operazioni e processi svolti da un centro operativo (costo di centro operativo) sia coordinazioni di operazioni e processi rivolte alla produzione e talvolta anche alle vendite di merci e servizi (costo di commessa o costo di lotto di produzione). 2. I costi di prodotti ce riguardano risultati parziali di attività produttiva (costo unitario medio di prodotto, costo di prodotti tecnicamente congiunti). La contabilità analitica nasce come naturale sviluppo delle rilevazioni extra-contabili dei costi di produzione, si parla di contabilità dei costi per indicare i costi di produzione. La contabilità analitica può essere inserita nella contabilità generale (sistema unico) oppure svolta in stretto collegamento con la contabilità generale (sistema duplice contabile). L’impostazione di una contabilità secondo il sistema duplice contabile precisa i seguenti aspetti: 1. la scelta del periodo di tempo infrannuale, 2. la trasformazione dei valori contabilizzati in valori di competenza, 3. la definizione della dimensione di costo di produzione da impiegare, 4. la definizione dei centri di costo espressione della struttura organizzativa dell’azienda, 5. definizione delle combinazioni produttive. 16 Lo scopo primario di questa contabilità è quella di fornire una serie di informazioni gestionali periodiche. Nel caso in cui nella contabilità analitica vengano inseriti i costi standard si ottiene una contabilità analitica a costi standard. Il costo standard è un costo ipotetico che ammette una certa ipotesi di funzionamento della gestione. Il costo standard quindi è un costo obiettivo utile per valutare alternative di azione ma nel tempo è anche un termine di confronto dei costi consuntivi. La gestione di un’impresa per realizzarsi in modo consapevole ha bisogno di utilizzare in modo integrato i diversi sistemi. Tale contabilità è formata da: 1. contabilità generale, 2. contabilità analitica, 3. sottosistema di budget e standard, 4. sottosistema delle variazioni tra costi e ricavi effettivi e costi e ricavi standard, 5. sottosistema d rilevazioni elementari ed extra-contabili volte a misurare dati e informazioni sia ambiente competitivo. Una volta definita la contabilità direzionale passiamo a considerare il flusso informativo prodotto e l’ambito impiego. Dalla contabilità direzionale si ottiene un flusso di output chiamato reportin che consente di soddisfare tre fabbisogni direzionali: 1. stabilire le tendenze evolutive del rapporto impresa-ambiente, per cogliere in via anticipata le minacce e le opportunità, 2. verificare se si stanno realizzando gli obiettivi reddituali, competitivi e sociali prestabiliti, 3. disporre di una base dati che mediante le moderne tecnologie di informazione e di interazione tra utente e calcolatore consenta di creare e richiamare archivi di dati che interessano. L’importanza dei sistemi di autoregolazione per la consapevole conduzione delle aziende risiede nel fatto che essi costituiscono un modello di comportamento gestionale. L’anticipazione degli accadimenti interni ed esterni aziendali, la definizione d i obiettivi di breve e lungo termine collegati con il reperimento e l’assegnazione di adeguate risorse il continuo confronto tra obiettivi e risultati, sono i principi su cui impostare l’azione manageriale in qualsiasi azienda e che coinvolgono i diversi livelli organizzativi. La pianificazione strategica e la programmazione e il controllo sono per l’appunto i sistemi operativi che consentono la concreta applicazione di questi principi. La pianificazione strategica è il processo mediante il quale vengono definiti gli obiettivi, le politiche e gli assetti delle combinazioni economiche dell’azienda. La pianificazione strategica può ispirarsi a tre finalità: 1. la finalità più evidente e quella di elaborare obiettivi e piani di medio e lungo periodo, 2. connessa alla prima e la finalità di decidere l’assegnazione delle risorse strategiche alle varie coordinazioni e combinazioni parziali attivando anche processi di contrattazione tra le corrispondenti unità organizzative, 3. va anche messa in evidenza la finalità di produrre condizioni organizzative quali l’orientamento all’innovazione, al lungo periodo, all’integrazione e così via. In chiave organizzativa il processo di pianificazione può coinvolgere direttamente un insieme più o meno vasto di persone operanti in aziende e può svolgersi con contenuti di contrattazione. Il sistema di programmazione si manifesta sotto forma di processi che portano a correlare tre variabili: le unità organizzative, gli obiettivi e le risorse. I sistemi di programmazione e controllo coprono il breve periodo tipicamente un anno. La programmazione va distinta dalla previsione, la previsione è un termine che indica una posizione per così dire passiva da parte del soggetto che la compie mentre la programmazione ha un atteggiamento attivo. Programmare significa pensare al futuro in modo attivo tentando di anticipare i problemi da risolvere e le attività da svolgere, definendo i responsabili dei vari compiti e le risorse da utilizzare. Strettamente connesso con la programmazione è il controllo. Un modello oggi diffuso nelle 17 ricavo a livelli più alti di quelli giudicati equi dalla collettività. In alcuni casi, l’analisi può portare ad un eccessivo frazionamento del settore o si possono provocare eccessive forme di concorrenza. L’analisi di economia industriale porta a formulare interventi di politica economica che tendano a ridurre concentrazioni monopolistiche e proteggere o rafforzare un settore. L’analisi delle interdipendenze settoriali riguarda i flussi di produzione, di consumo e dei mezzi monetari, è una tipica analisi dell’economia politica e della politica economica. Attraverso lo studio del contesto competitivo delle aziende di produzione si concentra l’attenzione sul comportamento competitivo delle aziende che compongono il settore, concorrenti in uno stesso mercato. Nell’ambito degli studi del contesto competitivo, particolare importanza ha il modello struttura-comportamento-risultati, tipico delle analisi economia industriale. I settori di aziende concorrenti sono insiemi di aziende di produzione che producono beni equivalenti e che indirizzano la loro offerta ad insiemi di aziende clienti e potenziali. La struttura del settore si analizza secondo il suo grado di concentrazione, la struttura dei costi delle aziende ed il livello delle barriere all’entrata, ossia il livello degli ostacoli che dovrebbero essere superati da un’azienda esterna al settore per potervi entrare. Il grado di concentrazione si spiega dalla struttura dei costi che è rilevante quando sono maggiori le economie di scala. Tipici esempi di struttura-comportamento-risultati sono: la struttura di concorrenza perfetta, dove si presentano bassi livelli di economie di scala, di concentrazione e di differenziazione dei prodotti, le imprese si concentrano sull’efficienza tecnica ed i prezzi-ricavo sono dettati dal mercato; nella struttura di oligopolio non differenziato, sono possibili forti economie di scala, le aziende concorrenti sono poche ed offrono prodotti molto simili e tendono a concordare politiche di prezzi uniformi e quanto più possibile alti ma limitati che scoraggino l’ingresso di concorrenti nel settore; nella struttura di oligopolio differenziato, si presentano alti livelli di economia di scala, di concentrazione e di differenziazione dei prodotti, vi sono elevate barriere all’entrata che mantengono basse la competitività nel settore che è alimentata dalla pubblicità, dalla ricerca e dallo sviluppo come strumenti per rinnovare la differenziazione dei beni. La redditività è maggiore quanto alte sono le barriere all’entrata, la concentrazione del settore e la differenziazione dei prodotti. I settori sono configurati da relazioni di concorrenza, ma anche di cooperazione. Ciascuna azienda partecipa a tanti settori quanti sono i mercati in cui opera, quindi a ciascun mercato corrispondono uno o più settori di aziende in posizione di offerta o domanda. Le persone che operano nelle aziende mostrano una varietà di modalità d’interpretazione dinamiche tra le aziende e l’ambiente. Le diverse visioni delle relazioni dinamiche sono modelli cognitivi che spiegano i comportamenti delle aziende e rappresentazioni schematiche di valori, atteggiamenti e comportamenti che caratterizzano i contesti economici, politici e sociali differenti nel tempo e nello spazio. Le principali visioni sono: dell’efficienza economica relativa, della pressione economica reciproca, dell’interazione multicentrica. Per l’azienda, l’ambiente è una variabile rispetto cui adattare la propria configurazione ed il proprio comportamento, ed essa opera nei confronti dell’ambiente ricercando innovazioni atte a realizzare le proprie finalità. Una parte fondamentale dell’ambiente economico delle imprese è rappresentata dal sistema competitivo, uno spazio economico popolato di clienti, fornitori e concorrenti, dove l’impresa presenta i suoi sistemi di prodotto. Il sistema competitivo è rappresentabile in termini di aziende e relazioni interaziendali. La scelta del sistema competitivo nel quale operare è una scelta di governo economico e la sua analisi si realizza attraverso il modello della concorrenza allargata, dove il termine settore indica le imprese in concorrenza ma anche i clienti, i fornitori, i potenziali entranti nel settore ed i produttori di beni sostitutivi. La concorrenza indica le forze esercitate sulle imprese dalle relazioni di competizione, come: la rivalità tra i concorrenti, il potere contrattuale dei fornitori, dei clienti, le minacce d’ingresso e di sostituzione. La rivalità tra i concorrenti è tanto più accesa quanto il settore è frammentato, il tasso di crescita della domanda dei prodotti è basso, i prodotti sono indifferenziati, i costi fissi e le barriere all’uscita sono elevati, cioè è molto difficile cambiare settore a causa della specificità degli investimenti effettuati, per i costi di dismissione delle strutture e per i costi degli accordi sindacali. Un’accesa rivalità implica forti pressioni sui risultati reddituali e sui prezzi. I fornitori hanno un forte potere se il loro settore è più concentrato di quello della concorrenza, se rappresenta dei potenziali entranti e se i beni offerti sono specifici. Il potere dei clienti è maggiore se si tratta di clienti importanti, se il loro settore è particolarmente concentrato, se sono bassi costi di passaggio da un 20 fornitore ad un altro e se si dispongono di informazioni approfondite sui beni e sui potenziali entranti; e la sensibilità al prezzo che dipende dalla sostituibilità dei beni acquistati, dal rapporto costo-qualità e dall’intensità della competizione. Le minacce d’ingresso di nuovi concorrenti e di sostituzione rappresentano un freno alla redditività del settore. Esse dipendono dalla solidità delle barriere all’entrata e dai suoi determinanti quali: il fabbisogno di capitale, le economie di scala, i vantaggi di costo assoluti, le differenziazioni dei prodotti, l’accesso ai canali distributivi, le politiche pubbliche di regolamento e controllo e i rischi di ritorsione da parte dei concorrenti nel settore. La configurazione delle forze determina la redditività media di un settore. Ogni settore può essere segmentato per raggruppamenti strategici, ossia da insiemi d’imprese concorrenti caratterizzate da strategie simili. I principali cambiamenti che possono avvenire in un sistema competitivo sono: le dinamiche congetturali, ossia mutamenti reversibili nel tempo; le dinamiche strutturali interne ad un sistema competitivo, ossia i fattori che determinano cambiamenti permanenti, come: il ciclo di vita, che rappresenta l’evoluzione delle vendite di un prodotto o di un settore nel tempo. Fasi tipiche di questo modello sono: introduzione, sviluppo, maturità e declino. Inoltre, il grado di concentrazione e di frammentazione, che si presenta quando più imprese concorrenti su uno stesso mercato si uniscono. L’internalizzazione ed esternalizzazione, l’internazionalizzazione, che aumenta con l’espansione del raggio d’azione delle imprese, ed il ciclo di sostituzione di un bene, che può ridurre lo spazio operativo dei concorrenti di un sistema competitivo fino a causare il declino del sistema con necessità di riconversione. Le dinamiche di ricomposizione di più sistemi competitivi, attraverso cui si assiste alla nascita di nuovi sistemi competitivi. Il successo strategico delle imprese non è garantito dal solo fatto di operare di un sistema competitivo debole, ma dipende anche dalle competenze distintive possedute dall’impresa e dalla capacità di utilizzarle e rinnovarle per sollecitare la domanda dei clienti e per distinguersi dai concorrenti. CAPITOLO 11 I caratteri dell’impresa moderna sono: la meccanizzazione e standardizzazione dei processi, dei componenti e dei prodotti, parcellizzazione del lavoro e la produzione in grandi volumi. La standardizzazione è uno dei pilastri dell’efficienza delle economie moderne, che rende possibili e convenienti le produzioni di massa ed è la base per la realizzazione delle economie di scala, di saturazione della capacità produttiva e di apprendimento. La standardizzazione riguarda prodotti, attraverso cui si producono molti beni con caratteristiche identiche per lunghi periodi; processi, che permettono di ottenere riduzioni dei costi unitari di produzione; e componenti, che consentono la riduzione dei costi di fabbricazione e di uniformazione dei componenti. Modularizzare significa articolare un bene complesso in più sottosistemi che possono essere prodotti e progettati indipendentemente, ma che devono poter funzionare insieme, formando un bene complesso. Perché questo avvenga, occorre che un’entità stabilisca le regole che devono essere rispettate da coloro che progettano e producono i singoli moduli. In molti casi i fenomeni di standardizzazione sono rilevanti non solo per la singola azienda che riduce i propri costi, ma anche per la generalità degli utenti che traggono vantaggio dal fatto che sul mercato siano presenti prodotti standardizzati e tra loro compatibili. Una manifestazione di questi vantaggi collettivi è rappresentata dell’esternalità di rete che derivano dal fatto che numerosi utenti utilizzano gli stessi strumenti di comunicazione e l’utilità per ciascuna persona aumenta con il crescere del numero di utenti collegati alla stessa rete. In presenza di forti esternalità, le imprese competono fra loro per l’affermazione per proprio standard, che quando diventa dominante impone a tutti gli utenti di adeguarsi. Alcuni settori si caratterizzano dalla presenza d’imprese di grandi dimensioni, mentre in altri convivono grandi e piccole imprese. Diventa importante capire quando e perché le grandi dimensioni sono necessarie per essere efficienti e competitivi. Quando si parla di scelte di dimensionamento delle attività aziendali, si fa riferimento alla Capacità Produttiva(CP), che è il numero massimo dei prodotti producibili in un certo periodo. La CP si applica a tutte le attività che si svolgono nelle aziende. La CP nominale è il valore massimo atteso dall’output, senza interruzioni o soste, mentre la CP teorica è il valore massimo dell’output ottenibile. La produzione effettiva spesso risulta inferiore alla CP teorica ed il mercato non è in grado di assorbire tutta la produzione realizzabile da un’azienda. Le Economie di Scala (EdS) sono le 21 riduzioni dei costi unitari che si ottengono installando ed utilizzando capacità produttive maggiori. Spesso più le dimensioni delle imprese sono maggiori, più sono in grado di realizzare le produzioni con costi più bassi rispetto alle imprese più piccole. Le Economie di Scala si misurano confrontando i costi medi unitari di due diverse capacità produttive e si calcola dividendo i costi totali di produzione per la produzione effettiva, ipotizzando per entrambe uno stesso grado di utilizzo. Le condizioni che rendono possibile le EdS sono: indivisibilità di alcuni componenti, maggior produttività degli input per effetto della specializzazione, proprietà geometriche dei contenitori, maggiore efficienza degli impianti di maggiori dimensioni, minori costi unitari all’acquisto derivanti da una maggiore forza contrattuale. I costi delle aziende si suddividono in costi fissi, che non variano al variare dei volumi di produzione per un dato periodo, e variabili, poiché variano al variare dei volumi della produzione. I costi variabili (CV) sono i costi sostenuti per l’acquisto di materie prime, delle provvigioni e dei diritti d’autore; mentre i costi fissi (CF) sono i costi di campagne pubblicitarie, di affitto, delle polizze assicurative, di manodopera, delle manutenzioni, delle consulenze legali ed amministrative e le quote di ammortamento. Tipici di questa categoria sono i costi di ricerca e sviluppo, di formazione del personale e una buona parte dei costi di marketing. Le Economie di Assorbimento della CP determinano minori costi unitari all’aumentare del grado di utilizzo di una CP e sono maggiori quanto maggiori sono i CF totali. Per realizzare grandi EdS occorre istallare grandi capacità produttive, mentre le economie di saturazione comportano maggiori volumi in un certo impianto. Un altro importante fenomeno è quello delle Economie di Apprendimento, che sono delle riduzioni di costo unitario dovuto ad un accumulo di esperienza, che si realizzano ogni volta che si producono quantità addizionali di beni. Man mano che si accumula esperienza sono possibili riduzioni di costo, a parità di qualità e miglioramenti qualitativi del prodotto a parità di costi. Le Economie di Esperienza sono riduzioni regolari e prevedibili dei costi unitari del prodotto, che si realizzano al crescere del volume della produzione. L’ottenimento di riduzione dei costi ed il mantenimento della velocità di apprendimento richiedono uno sforzo mirato ed un impegno costante, altrimenti i costi potrebbero lievitare e la velocità di apprendimento ridursi. Pertanto se l’azienda vuole ottenere nuove e sostanziali riduzioni sui costi, deve realizzare innovazioni di prodotto e di processo, che consentano di velocizzare la produzione, ridurne la complessità e gli scarti ed aumentarne la qualità. Le Economie sono dovute a: crescente abilità nello svolgimento delle attività, poiché la capacità delle persone d’imparare ad adottare nuovi e migliori modi di lavorare e che consentano di svolgere meglio e velocemente le attività, si acquisisce solo con l’esperienza; migliore selezione delle risorse produttive, poiché l’esperienza consente di comprendere meglio quali siano le risorse produttive più opportune e convenienti per lo svolgimento di un’attività; coordinamento più efficiente, poiché le persone nello svolgimento delle attività devono interagire ed utilizzare impianti ed attrezzature varie; inoltre una più elevata programmabilità dell’attività, l’esperienza accresce la prevedibilità degli accadimenti e la capacità di dare risposte rapide ed efficaci alle eccezioni, cosi è possibile programmare meglio l’attività attribuendo alle operazioni tempi e risorse effettivamente necessari; le semplificazioni dei prodotti e dei processi, poiché, quando cresce l’esperienza si riesce a comprendere se vi è la possibilità di semplificare i processi ed i prodotti per ottenere costi più bassi e prodotti migliori. Le Economie di Esperienza sono legate all’apprendimento delle persone che lavorano in azienda, e possono dare luogo a: minori costi per riduzioni di sprechi nell’uso delle risorse, miglioramenti qualitativi dei prodotti a parità di costi, e un migliore sfruttamento delle risorse a disposizione. La conoscenza dei risparmi e dei costi ottenibili per effetto dell’esperienza, serve a: comprendere quale potrebbe essere l’andamento dei costi nell’azienda per un lungo periodo, decidere le politiche di prezzo, comprendere i vantaggi di costo ottenibili rispetto ai concorrenti ed assumere decisioni sulla divisione del lavoro aziendale. Le strategie di replicazione puntano a sfruttare competenze presenti nel patrimonio aziendale, applicandole a più combinazioni parziali uniformi. Il risultato economico è influenzato da molteplici fattori, tra cui la struttura dei costi, ossia il peso relativo dei costi fissi e dei variabili. I fattori che lo determinano sono: gli elementi strutturali, come la CP, l’esperienza, la specializzazione, la modularizzazione e l’estensione verticale ed orizzontale. Sono costi strutturali poiché determinano la struttura e la modalità di funzionamento dell’azienda. L’analisi costi-volumi–risultati consente d’illustrare e modellizzare le relazioni che esistono fra i volumi di beni prodotti e venduti da un’impresa ed i risultati conseguiti. Gli effetti che si 22
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