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Riassunto economia aziendale, Sintesi del corso di Economia Aziendale

Riassunto di economia aziendale, molto utile per apprendere velocemente gli argomenti più importanti

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 20/07/2021

Alessiagagliano1
Alessiagagliano1 🇮🇹

4.3

(3)

4 documenti

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Scarica Riassunto economia aziendale e più Sintesi del corso in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! RIASSUNTI ECONOMIA AZIENDALE PRIMA PARTE: FONDAMENTI PER IL GOVERNO DELLE AZIENDE CAPITOLO 1: LA NOZIONE DI AZIENDA E DI ECONOMIA AZIENDALE Il termine economia fu usato per la prima volta nel V secolo a.C da Senofonte, in un libro che prende il nome di Economico. La parola economia deriva dalla fusione di due termini della lingua greca: “oikos" che significa casa, e “nomos’ che significa governo, norma, legge. Il primo significato del termine è dunque di carattere domestico e vuol dire governo della casa. Senofonte nel trattato ci fornisce non solo il significato del termine economia ma anche alcune nozioni fondamentali che riguardano i principi da osservare per governare la casa. Nella prima parte del libro viene riportato un dialogo tra Socrate e Critobulo, un giovane desideroso di apprendere l'ars imprenditoriale. Socrate non era certamente esperto in questo campo ma lo era nell’ars maieutica e riferisce così un dialogo con un imprenditore agricolo affermato di nome Iscomaco. Secondo Iscomaco alla base del successo non ci sono solo denaro e patrimonio ma ci sono le qualità delle persone: l’uomo è essenziale per l'impresa, non solo in quanto è forza lavoro ma anche perché è portatore di qualità e virtù insite nella natura umana. Il vero segreto dell'imprenditore sta nell'essere creativi trasformare cose all'apparenza inutili in utili. Socrate chiede a Iscomaco se imprenditori si nasce o si diventa: egli afferma di aver preso dal padre che aveva una smania che non lo faceva mai stare fermo. Il padre infatti amava il proprio lavoro: acquistava campi abbandonati e trascurati per lavorarli e rivenderli a un prezzo più alto. Un bene poi dice Iscomaco è il risultato tra le risorse esterne e le proprie capacità e il guadagno che ne deriva è una conseguenza, e non un fine. Il problema della nostra società è infatti che si parla troppo di economia finanziaria, ovvero un economia che genera denaro e non più come un mezzo di realizzazione dell'uomo. Gino Zappa è il fondatore dell'economia aziendale in Italia e ha lasciato due importanti definizioni di azienda: e la prima vede l'azienda come oggetto, ovvero come strumento in sé. Secondo questa definizione “l'azienda è una coordinazione economica in atto, istituita e retta a soddisfacimento dei bisogni umani’. Questa coordinazione economica è coordinazione di azioni e operazioni. e la seconda vede l'azienda come soggetto, ponendo l'attenzione sul carattere strumentale di essa. Secondo questa definizione “/’azienda è un istituto economico destinato a perdurare che svolge in continua coordinazione operazioni rivolte al soddisfacimento dei bisogni umani” Da entrambe le definizioni si evince che la ragione d’essere dell'azienda è il soddisfacimento dei bisogni umani. L'azienda è quindi sia un istituto che un sistema. Da qui nasce lo studio dell'economia aziendale intesa come scienza del governo o dell’amministrazione dell'azienda. Viene definita così perché si prende in considerazione sia il significato di Economia inteso come governo della casa lasciato da Senofonte, sia il significato del termine Azienda lasciato da Gino Zappa. L'azienda invece assume un significato diverso nelle discipline giuridiche. Secondo il Codice Civile infatti “azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l'esercizio dell'impresa”. || Codice predilige così una concezione più statica dell'azienda rispetto quella dinamica prediletta dagli economisti. CAPITOLO 2: PRINCIPI DI GOVERNO PER LA CONTINUITÀ E LO SVILUPPO | principi di governo per la continuità e lo sviluppo dell'azienda sono: il principio di progresso, il principio di unità, il principio di economicità, il principio di solvibilità, il principio di autonomia, il principio di efficacia e il principio di efficienza. 1. PRINCIPIO DI PROGRESSO: è un principio fondamentale di vita e di governo delle aziende. Per definizione è /a tensione all’accrescimento della disponibilità di beni utili al soddisfacimento dei bisogni. || progresso però non è solo materiale ma coinvolge la realizzazione della personalità dell'uomo. Infatti bisogna sempre associare il progresso economico al progresso dell’uomo, essenziale per la vita dell'azienda. Infatti l'uomo non è semplicemente un fattore della produzione: quando lavora egli deve trovare un senso a ciò che compie. Se l’uomo vede nel lavoro un'opportunità per crescere e realizzarsi si sottopone più volentieri ai sacrifici, avviene il contrario quando si sente sfruttato. 2. PRINCIPIO DI UNITÀ: consiste nel fatto che nell'azienda tutte le operazioni devono essere collegate, controllate e coerenti. Devono convergere verso un unico obiettivo che è quello del soddisfacimento dei bisogni umani. Le aziende che non applicano questo principio sono divise al loro interno, vi domina il caos, l'incoerenza e le contraddizioni e in genere raramente sopravvivono nel tempo. Il principio di unità è collegato al finalismo aziendale: per questo possiamo affermare che l'azienda è un'entità teleologica che si muove in relazione ad un fine. Alla base di tale principio vi sta anche una forte e coesa cultura aziendale che è fondamentale per superare i periodi difficili. 3. PRINCIPIO DI ECONOMICITÀ: per definizione esprime la capacità dell’azienda di reintegrare in un periodo anche non breve i suoi investimenti. Il principio di economicità si configura nella relazione esistente tra il valore delle risorse impiegate nella gestione dell'azienda e il valore delle risorse generate da essa. Ciclo gestionale: Per svolgere qualsiasi attività servono dei mezzi finanziari. Spesso però il capitale proprio non risulta abbastanza per svolgere l'attività e occorre attingere ad altre fonti finanziarie facendo ricorso all'indebitamento e quindi a terze economie che concedono prestiti determinando tempi, modalità di rimborso e la misura del tasso di interesse che si vuole applicare. Il ciclo tipico della gestione aziendale si compone di 4 fasi: 1. finanziamento: base per gestire l'azienda 2. investimenti: i mezzi finanziari devono essere spesi per acquistare i fattori produttivi materiali e non, necessari per svolgere l'attività. 3. trasformazione: i mezzi finanziari da liquidi si trasformano in risorse investite che vengono utilizzate e impiegate, mediante processi di trasformazione, per la produzione di beni e servizi. 4. realizzi: sono i prodotti o servizi ottenuti dal processo di trasformazione che vengono immessi nel mercato allo scopo di essere venduti. Le risorse finanziarie tornano così in forma liquida e si possono ripristinare i finanziamenti e così continua il ciclo gestionale. CAPITOLO 3: RELAZIONI TRA ECONOMICITÀ E SOLVIBILITÀ Tra economicità e solvibilità vi è una fitta serie di relazioni che attengono principalmente ai tempi delle scadenze dei debiti, a quelli delle manifestazioni dei flussi, ai livelli dell'economicità e alla dimensione della capacità di credito. 1. scadenza dei finanziamenti e reintegro degli investimenti: e le IV situazioni armoniche perché le operazioni avvengono nello stesso tempo e Il eccedenza di risorse finanziarie e Ill difetto di risorse finanziarie che può portare a crisi nel breve e alla insolvenza anche se esistono buone prospettive di successo 2. capacità di credito ed economicità I la capacità di reddito comporta anche capacità di credito Il la capacità di reddito non riesce a tradursi in capacità di credito Ill capacità di credito si fonda non sull'economicità ma su garanzie esterne IV la negatività della gestione e la sfiducia dei finanziatori aggravano la crisi 3. bilancio ed economicità e lelevate prospettive di economicità anche se insoddisfacenti risultati di bilancio e IV prospettive ridotte anche se soddisfacenti risultati di bilancio 4. relazioni tra solvibilità e tempo di reintegro degli investimenti: situazioni finanziarie di bilancio soddisfacenti non sempre corrispondono a prospettiche condizioni di solvibilità e viceversa. 5. economicità e solvibilità e scarsa economicità ma elevata solvibilità: situazione disarmonica che nel breve periodo porta a esuberi di liquidità. In questo caso si tratta di un'azienda il cui prodotto è in fase di declino e quindi dal punto di vista economico dal breve periodo i risultati saranno positivi, ma le prospettive economiche di lungo periodo sono ridotte e serve un restyling. e elevata economicità ma scarsa solvibilità: può portare a crisi finanziarie. E' il caso di un'azienda in fase di sviluppo. CICLO DI VITA DEL PRODOTTO 1. Fase di avviamento: il prodotto appena lanciato offre prospettive di economicità ma ancora non si conosce l'esatta risposta del mercato. Le vendite sono esigue e per questo motivo R<1 + 2. Fase di sviluppo: il prodotto dimostra di conquistare i favori del mercato e infatti le vendite crescono, tuttavia i realizzi sono ancora di poco inferiori agli investimenti più il costo dei finanziamenti: R£I+i 3. Fase di maturità: buona parte degli investimenti sono stati recuperati e vi sono buone prospettive di economicità. E' il momento per rinnovare il prodotto: R>1+i 4. Fase di declino: non provvedendo ad effettuare spese a favore del prodotto i realizzi superano gli investimenti ma il tasso di crescita delle vendite è negativo, quindi le prospettive sono ridotte. Solo in caso di restyling si può evitare che il prodotto esca dal mercato. CAPITOLO 4: LE VARIE TIPOLOGIE DI AZIENDA Le aziende vanno classificate in due categorie: e aziende dirette: soddisfano in modo immediato i bisogni dei soggetti che ne fanno parte attraverso i consumi o l'utilizzo dei beni acquisiti mediante attività di spesa. A questa categoria appartengono le famiglie, le fondazioni, gli istituti vari (religiosi, sportivi, culturali, sociali) e gli istituti pubblici territoriali (associazioni). Queste tipologie di aziende vengono anche chiamate “aziende a consumo proprio" o aziende di erogazioni. e aziende indirette: soddisfano indirettamente i bisogni dei partecipanti attraverso le remunerazioni monetarie provenienti dai mercati ai quali si rivolgono i loro prodotti o servizi. A questa categoria appartengono le imprese. Per tutte le aziende vale sempre il principio di solvibilità. La dinamica della relazione investimenti-realizzi si presenta diversamente a seconda del tipo di azienda che si considera. Vi sono diversi tipi di azienda: 1. Aziende bancarie: i realizzi si identificano con gli interessi attivi che remunerano le somme date in prestito. A fronte di tali realizzi si trovano i costi degli interessi passivi e delle spese di gestione. La dinamica si presenta quindi costante. 2. Aziende assicurative: i realizzi sono dati dalla riscossione dei premi che precedono di norma il verificarsi di eventi dannosi causa del pagamento degli indennizzi. Nel lungo periodo i premi dovranno essere superiori agli indennizzi. 3. Aziende industriali: nella fase di impianto vi saranno elevati investimenti a fronte di limitati realizzi. Soltanto con la produzione a pieno regime i realizzi cresceranno fino a superare stabilmente gli investimenti. La dinamica si presenta dunque irregolare. 4. Aziende stagionali: svolgono un'attività produttiva legata ai cicli della natura (agricoltura, turismo) o alla moda (abbigliamento). Queste aziende concentrano i realizzi solo in determinati periodi dell'anno mentre l'attività di investimento viene concentrata nei periodi antecedenti il realizzo, ed è in questo periodo che si ha una dinamica negativa. 5. Aziende della grande distribuzione: si caratterizzano per investimenti iniziali di piccola entità rispetto al volume dei realizzi che vengono prodotti sin dall'apertura, generando ingenti risorse finanziarie. La relazione si stabilizza dopo qualche mese con l'inizio del pagamento ai fornitori. 6. Aziende ad alta tecnologia: sono caratterizzare da elevati investimenti iniziali per ricerca e sviluppo che saranno recuperati dopo molto tempo ma con notevole guadagno. La dinamica è caratterizzata da risultati negativi iniziali ma molti positivi successivamente. CAPITOLO 5: IL SUCCESSO DELLE AZIENDE Il successo per un'azienda consiste nella piena realizzazione della propria ragione d'essere che è il soddisfacimento dei bisogni umani. | bisogni che l'azienda è in grado di soddisfare possono essere: e bisogni legati alla funzione d’uso dei prodotti o dei servizi che l'azienda produce e bisogni legati alle esigenze ed aspettative di coloro che collaborano direttamente e non alla vita dell'azienda stessa 1. Bisogni legati alla funzione d’uso dei prodotti o dei servizi che l'azienda produce: Questi bisogni determinano delle richieste da parte dei clienti e quindi una domanda di mercato. L'azienda deve essere in grado di offrire prodotti e servizi il più possibile rispondenti alle esigenze, gusti, necessità dei clienti, ovvero dei segmenti di mercato. Occorre che l'azienda colga i bisogni dei propri clienti, attuali e potenziali, e individui sistemi e modi per soddisfarli meglio rispetto alla concorrenza: offrire il prodotto a un prezzo più basso, offrire un miglior rapporto qualità prezzo, una migliore distribuzione per rendere più facile e immediata la disponibilità ... La capacità dell'azienda di competere con i concorrenti è chiamata COMPETITIVITÀ: essa ha radici nelle competenze di coloro che collaborano all'onterno dell'azienda. Per competenza si intende “saper fare" in modo migliore, economico, inedito e conveniente rispetto i concorrenti. Competenze distintive determinano fattori critici di successo e conferiscono ai prodotti consistenti vantaggi concorrenziali. Questo determinerà un certo livello di dominanza del mercato da parte dell'azienda in questione. La prima dimensione del successo = COMPETITIVITÀ’ 2. Bisogni legati alle esigenze e aspettative di coloro che collaborano direttamente e non alla vita dell'azienda stessa, ovvero gli shareholders e gli stakeholders. e gli shareholders sono i soggetti che partecipano direttamente alla vita dell'azienda e si dividono in chi conferisce capitale e chi conferisce lavoro. Chi conferisce capitale si accolla il rischio aziendale e si aspetta di vedere accresciuto il valore del capitale. Vi sono anche altri tipi di bisogni non materiale che possono costituire il movente dell'attività come il desiderio di realizzare una propria idea o proseguire una tradizione di famiglia, o assicurare un futuro ai propri figli ... Chi invece conferisce lavoro ha invece il bisogno di trarre il sostentamento per sé e per la propria famiglia e lo stipendio è il modo in cui l'azienda soddisfa tale bisogno. Vi sono poi altri bisogni secondari quali la stabilità del posto di lavoro, la possibilità di auto realizzarsi che se soddisfatti determinano una buona coesione tra azienda e dipendenti. e gli stakeholders sono i soggetti esterni che collaborano indirettamente alla vita dell'azienda come ad esempio banche, sindacati, autorità amministrative. In cambio essi richiedono ricompense. Migliori ricompense attireranno migliori risorse, migliori tecnici, managers, condizioni. La seconda dimensione = COESIONE FRA AZIENDA E COLLABORATORI E' possibile individuare una terza dimensione del successo che è l'’ECONOMICITÀ, che è ovviamente la soddisfazione di un bisogno dell'azienda stessa. Le tre dimensioni del successo dipendono l'una dall'altra: buoni risultati ottenuti su ogni dimensione portano a sviluppo, viceversa a crisi. 10 VALUTAZIONE DELLA FORMULA IMPRENDITORIALE SOTTO IL PROFILO SOCIALE Relazione tra: 1. successo sociale: valutare il livello di soddisfazione dei partecipanti successo reddituale: valutare la redditività netta dei mezzi propri (ROE) SUCCESSO SOCIALE ALTO E SUCCESSO REDDITUALE ALTO: economicità della gestione e soddisfazione dei partecipanti si alimentano a vicenda. L'azienda è competitiva e spende bene i suoi soldi. SUCCESSO SOCIALE BASSO E SUCCESSO REDDITUALE ALTO: il successo economico è stato ottenuto con un sacrificio di una più categorie di partecipanti. SUCCESSO SOCIALE ALTO E SUCCESSO REDDITUALE BASSO: il successo sociale è ottenuto a scapito del ruolo economico dell'impresa. Si ha un occhio disattento all'economicità, i clienti non sono soddisfatti. SUCCESSO SOCIALE BASSO E SUCCESSO REDDITUALE BASSO: diseconomicità della gestione e insoddisfazione dei partecipanti si alimentano a vicenda. L'azienda non è né competitiva né economica. Successo sociale, successo reddituale e successo competitivo dipendono gli uni dagli altri. CAPITOLO 6: VALORI IMPRENDITORIALI Numerosi sono oggi gli studi in tema di valori imprenditoriali. Vi sono diversi filoni di pensiero. istituzionalista-aziendale: i valori evocati sono espressi dall'azienda stessa che è vista come un istituto unitario destinato a perdurare, con un'economia fondata sull'efficienza ed efficacia rivolta a soddisfare i bisogni. Questa concezione prettamente zappiana esprime dei valori base, permanenti e universali: conservazione e sviluppo. dell’etica dell’impresa: viene focalizzata l'attenzione sulla dimensione morale delle decisioni, essenziale per evitare il degrado degli affari. | valori proposti sono: vita e benessere di ogni uomo, onestà, lealtà, giustizia che sono detti meta valori, stanno alla base dei valori di impresa ma non possono dirsi fattori della produzione. della strategia sociale: evoca come valore quello della ricerca del consenso sociale attraverso l'attuazione di strategie aziendali. dell’innovazione imprenditoriale: l'innovazione è il valore cardine intorno a cui costruire la cultura aziendale. delle imprese eccellenti: la forza delle aziende di successo risiede in una cultura caratterizzata dall'adesione a valori considerati fondamentali e vissuti con partecipazione emotiva quali: amore per il prodotto, dedizione al cliente, rispetto e cura per le persone, auto responsabilizzazione per il bene dell'azienda. Possiamo distinguere tre categorie di valori: 1. meta valori aziendali 2. valori istituzionali 3. valori organizzativi e di business 11 Per capire l'importanza dei valori all'interno dell'azienda occorre capire cosa rappresenta l'azienda per l'imprenditore. a) azienda = mucca da mungere: tutti o quasi tutti i guadagni vengono prelevati dall'imprenditore, mentre quando c'è bisogno di soldi si ricorre all'indebitamento. Ciò ha effetti negativi sull'economicità: sarebbe infatti corretto mettere da parte i guadagni senza sottrarre continuamente denaro all'azienda per fini personali ed egoistici. b) azienda = fonte di occupazione per tutti i membri della famiglia: quando in azienda si trovano numerosi famigliari dell'imprenditore c'è la possibilità che vi siano alcuni che sono stati assunti a prescindere delle loro capacità. Così facendo l'imprenditore mostra debolezza e delinea regole che non sono uguali per tutti con il rischio di creare un clima teso e poco collaborativo. c) azienda = mezzo per realizzare la propria carica imprenditoriale: sviluppò e innovazione fortemente presenti. d) azienda = bene da possedere gelosamente come cosa propria: è il caso dell'imprenditore che rifiuta l'apporto di nuovi capitali e l'ingresso di nuovi soci che comporterebbe una riduzione del potere . Così facendo si antepone il desiderio di possesso al bene dell'azienda. e) azienda = fonte di ricchezza che richiede cure e va migliorata nelle sue potenzialità Per quanto riguarda invece il rapporto con i lavoratori, i creditori e gli altri attori sociali, in questo caso i valori hanno a che vedere con la fiducia, il dialogo, le convergenze di interessi, la trasparenza delle informazioni. Quando nell'azienda la consapevolezza della missione è alta e condivisa altri valori vengono coinvolti come il valore del lavoro, dell'innovazione, dell'apprendimento, della trasmissione di conoscenza e la voglia di lavorare insieme. CAPITOLO 7: CONTINUITA’ E RICAMBIO GENERAZIONALE NELL’AZIENDA Nelle imprese ha un peso preminente colui che detiene il massimo potere di governo all'interno di essa, ovvero l'imprenditore, il soggetto economico. Il rinnovamento di tale soggetto si presenta con contenuti e forme diverse a seconda delle dimensioni dell'azienda, della struttura del settore, del sistema di cultura e valori. Le motivazioni di fondo degli imprenditori non solo determinano lo sviluppo dell'impresa ma stanno alla base delle scelte dei successori. Non sempre però il ricambio generazionale viene realizzato, anteponendo i propri interessi egoistici al bene dell'azienda. Riprendendo i dialoghi di Senofonte, racconta Iscomaco che suo padre non comprava mai delle terre già coltivate perché non riuscivano a dare una vera soddisfazione, ma soltanto quelle improduttive e trascurate. Questo metodo ha un valore molto importante ed è facile da apprendere. Iscomaco poi spiega che il padre non teneva per sé le terre migliorate ma le vendeva per poi comprarne di altre, improduttive. L'essenza dell’imprenditorialità è proprio questa: prendere a poco prezzo cose che altri trascurano (aziende, idee, opportunità) e con il lavoro, il talento e la tenacia, trasformarle da improduttive a produttive, da idee a realizzi, da perdite a utili. 1 successori vanno innanzitutto scelti per questa capacità. La seconda cosa importante è ricercarvi anche la capacità di leadership: guidare, animare e motivare. I nuovi vertici solitamente vengono formati attraverso apprendistato sul campo, frequenza di scuole di business, facendo esperienze. 12 CAPITOLO 8: L'ORGANIZZAZIONE L'azienda può essere vista: e sotto un profilo oggettivo come sistema di operazioni = oggetto della disciplina della gestione e sotto un profilo soggettivo come sistema di azioni = oggetto della disciplina dell'organizzazione L'organizzazione è il modo in cui gli uomini all'interno dell'azienda decidono di lavorare per raggiungere uno scopo. Non ci sarebbe organizzazione se non ci fossero la divisione dei compiti e l'assegnazione dei ruoli. Si fa così riferimento ad una struttura in cui vengono definiti dei rapporti gerarchici tra i diversi soggetti che lavorano all'interno dell'azienda, stabilendo cosa fare e chi deve fare. Il funzionamento della struttura organizzativa presuppone il potere e i meccanismi operativi. Tutte le organizzazioni si reggono sulla concezione del lavoro e sulla concezione della persona umana. Vi sono diverse teorie: 1. TAYLOR: propone un'organizzazione scientifica del lavoro, una ripartizione dei compiti che si basa su due ipotesi fondamentali: e l’uomo è un essere pigro ma anche dotato di grande razionalità economica che lo porta a lavorare di più se guadagna di più e il mercato può assorbire tutto ciò che l'azienda produce L'obiettivo di Taylor è produrre al minimo costo e per far ciò occorre definire i compiti dei lavoratori e realizzare grandi volumi di produzione per ridurre il livello dei costi unitari. La struttura che però ne deriva è di tipo gerarchico-funzionale, rigida e con il rischio che gli uomini siano considerati delle macchine. 2. TEORIA KEYNESIANA: dopo la crisi del ’29 l'impresa comincia a essere vista come una variabile dipendente del mercato, e non più come variabile indipendente. Si concepiscono delle strutture divisionali. Le divisioni sono organizzate in funzione delle diverse combinazioni prodotto-mercato. Ogni ASA è rappresentata da una divisione che ha i suoi uffici, la sua produzione e lavora in piena autonomia affinché possa rispondere meglio alle esigenze del mercato. 3. SIMON: la teoria di Simon è meglio conosciuta come teoria sulla razionalità limitata dell’homo administrativus. Questi limiti secondo Simon discendono da tanti fattori: abilità, attitudini, valori, concezioni, conoscenze. | decisori sono limitati perché non conoscono tutte le alternative tra cui scegliere la migliore, e inoltre non vi è un unico decisore ma tanti, per questo la decisione potrebbe essere distorta. E' necessario quindi ridurre il numero dei decisori. Simon considera dunque l'uomo come soggetto che deve essere messo nella condizione di decidere. Distingue due tipi di decisione: le decisioni tout court (vere e proprie) e le decisioni di routine (affidate alle macchine). 4. SCUOLA DELLE RELAZIONI UMANE: dopo la guerra si è rivalutato il contributo dell'uomo prestato all'azienda. Si è avuto il pieno riconoscimento della dignità del lavoratore come persona. Ciò diede spunto agli studi di McGregor e Andersen. 15 CAPITOLO 9: | GRUPPI Secondo Fabio Besta nell'amministrazione aziendale possono evidenziarsi tre sfere di competenza: e autorità eminente: gli compete il dominio dell’azienda, ha libertà di deliberare, la potestà assoluta di far sì che abbiano effetto le decisioni prese. e mente direttiva: propria degli organi direttivi a cui compete il coordinamento e la direzione del lavoro amministrativo in modo che l'azienda raggiunga i suoi scopi. e lavoro esecutivo: relativo agli organi esecutivi che devono compiere le operazioni. Occorre distinguere tra: e soggetto economico: colui nell'interesse del quale è svolta l'intera azienda. Bisogna sempre distinguere tra soggetto economico reale e apparente perché non sempre i soggetti detentori dell'autorità formale corrispondono ai detentori dell'autorità sostanziale. e soggetto giuridico: è il titolare dei diritti e dei doveri che derivano dall'attività aziendale. Può essere sia una persona fisica che un soggetto creato dal diritto che per la legge è titolare di diritti e doveri, come ad esempio l'impresa collettiva. E' dotato di personalità giuridica cioè della capacità di assumere obbligazioni. La tipologia giuridica dell'impresa collettiva è: SOCIETA’ DI PERSONE si dividono in: 1. società in nome collettivo SNC: tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni assunte 2. società in accomandita semplice SAS: si trovano soci accomandatari che detengono il potere di amministrare e soci accomandanti che rispondono nei limiti delle quote conferite. SOCIETA’ DI CAPITALI si dividono in: 1. società per azioni SPA: le quote dei diversi soci sono rappresentate da azioni, e per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il proprio patrimonio. 2. società in accomandita per azioni SAPA: ci sono accomandatari e accomandanti e le quote di partecipazione di ogni socio sono rappresentate da azioni. 3. società a responsabilità limita tata SRL: tutti i soci sono responsabili limitatamente alle quote conferite che non sono rappresentate da azioni. SOCIETA’ COOPERATIVE: si distinguono per le finalità perseguite che non sono di lucro ma di tipo mutualistico, in cui i soci possono avere responsabilità limitata o illimitata. Dalle società vanno distinte le ASSOCIAZIONI IN PARTECIPAZIONE in cui un associato conferisce lavoro o capitale ad un'iniziatica promossa partecipando agli utili o alle perdite connesse. Sono dotate anche di personalità giuridica gli enti: 1. ENTI MORALI: riconosciuti dalla legge per il raggiungimento di finalità benefiche, culturali, religiose, sportive ... 2. ENTI PUBBLICI: come lo Stato, le regioni, le province, i comuni e quelli a cui essi conferiscono personalità giuridica. 16 Per migliorare la propria capacità economico-funzionale l'azienda dà origine a scambi e legami con altre aziende dando luogo a forme di gruppi aziendali che possono avere carattere transitorio o duraturo. Un gruppo non può esistere senza i seguenti elementi: e esistenza di più aziende giuridicamente distinte e struttura societaria delle aziende componenti il gruppo e legame derivante dal possesso, da parte della “capogruppo”, della maggioranza delle azioni che formano il capitale sociale e unitarietà economico-finanziaria delle società del gruppo che anche se hanno distinti soggetti giuridici, hanno lo stesso soggetto economico allocato nella capogruppo A seconda delle attività svolte dalle varie aziende di un gruppo si possono avere: 1. GRUPPI ECONOMICI: sono costituiti da aziende che si integrano a vicenda formando un'unità economica. L'integrazione può essere: - orizzontale: le aziende svolgono attività simili o affini e si collocano sullo stesso piano del ciclo produttivo. Così o vendono lo stesso prodotto sotto marchi diversi o si rivolgono a diversi consumatori - verticale: se le aziende svolgono un'attività riferita a fasi diverse dello stesso ciclo produttivo (aziende tessili) 2. GRUPPI FINANZIARI: nascono per ragioni finanziarie tra aziende che svolgono attività diverse tra loro non collegate. All’interno del gruppo vi è un coordinamento nella gestione finanziaria ma non in quella produttiva e commerciale. 3. GRUPPI MISTI: sono costituiti da aziende collegate in parte tecnicamente o economicamente e in parte distinte. Accade spesso che la società controllante assuma la forma di holding, cioè di società finanziaria. Un gruppo può sorgere per: e concentrazione quando una società acquista partecipazioni in società già esistenti e decentramento quando un'impresa scorpora determinati rami aziendali dando vita a nuove società delle quali possiede in tutto o in parte il capitale con partecipazioni più o meno totalitarie. La configurazione più semplice di gruppo è quella piramidale in cui al vertice vi è la capogruppo. Possono esserci anche altri gruppi di natura radiale-circolare con sottogruppi legati ad altri gruppi. STRUTTURE DI GRUPPO 1. struttura semplice: è caratterizzata da un rapporto diretto di partecipazione. In questo caso la capogruppo attraverso la proprietà di una quota del capitale soiale controlla una o più società. 2. struttura composta: caratterizzata da un rapporto diretto e indiretto di partecipazione. In questo caso la società capogruppo A, controlla la B la quale ne controlla un'altra C. La prima controlla direttamente la seconda e indirettamente la terza. Può anche esserci il caso in cui A, B e C controllano il capitale di D che è detta società finanziaria che a sua volta controlla E, F e G possedute indirettamente da A, BeC. 3. struttura complessa: caratterizzata da rapporti reciproci di partecipazione di tipo semplice o composto. La prima società controlla una seconda, che ne controlla una terza e a sua volta la terza controlla la prima. 17 SECONDA PARTE: GLI STRUMENTI DI VERIFICA DELLE CONDIZIONI GENERALI DEL SUCCESSO DEL SISTEMA DI AZIENDA IL BILANCIO Il rispetto dei principi di economicità, solvibilità, progresso, efficienza, efficacia, unità sarebbero soltanto delle enunciazioni astratte senza la giusta predisposizione di appositi strumenti conoscitivi volti a verificare le condizioni generali del successo dell'azienda e quelli particolari. >» condizioni generali: stato patrimoniale, conto economico, analisi dei flussi e prospetto dei fondi e degli impieghi. » condizioni particolare: configurazione dei costi, preventivi flessibili e margini lordi per le scelte economiche. LO STATO PATRIMONIALE E' volto al controllo della solvibilità, ovvero la capacità dell'azienda di far fronte ai propri debiti in scadenza senza compromettere la sua economicità. Se ciò non si verifica l'azienda va incontro a ulteriore indebitamento e la sua prospettiva di sopravvivenza diventa minima. La situazione patrimoniale è un prospetto formato da due serie di elementi ed evidenzia gli elementi patrimoniali e finanziari dell'azienda. INVESTIMENTI A LENTO CICLO DI FINANZIAMENTI A LENTO CICLO DI REINTEGRO ESBORSO INVESTIMENTI A BREVE CICLO DI FINANZIAMENTI A BREVE CICLO DI REINTEGRO ESBORSO INVESTIMENTI = ATTIVITA’ : beni o diritti che fanno capo all'azienda in un determinato momento. Distinguiamo tra: e beni materiali = macchinari, impianti, terreni, mobili, prodotti finiti ... e beni immateriali = brevetti, marchi, concessioni ... Gli elementi degli investimenti vanno distinti in: e economici = beni in attesa di realizzo, di trasformazione in moneta e finanziari = investimenti già sottoposti a trasformazione ma in una fase “pre-finale” rispetto l'ultima trasformazione in moneta Tali elementi sono le previsioni di realizzo. FINANZIAMENTI = PASSIVITA’ + NETTO : sono i debiti che l'azienda ha in un determinato momento e il capitale proprio. | debiti rappresentano i valori presumibili di esborso nel momento in cui bisognerà restituire i finanziamenti ottenuti, sono detti infatti previsioni di esborso. Per trarre dall'esame di una situazione patrimoniale giudizi sul livello di solvibilità occorre tenere distinte le attività e le passività in una classificazione che si basa sulla maggiore o minore rapidità del ciclo finanziario di reintegro per gli investimenti e sulla maggiore o minore rapidità del ciclo di rimborso per i finanziamenti. STATO PATRIMONIALE ANALITICO SECONDO IL CODICE CIVILE ATTIVO PASSIVO A. Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti A. Patrimonio netto — parte richiamata I. Capitale — parte non richiamata II. Riserva da sovrapprezzo delle azioni B. Immobilizzazioni Immobilizzazioni immateriali costi di impianto e diampiamento costi ricerca, di sviluppo e di dit di brevetto industriale e dirti di lizzazione opere delligegno concessioni licenze, marchi e riti simili avviamento immobilizzazioni in corso e acconti altre pRapna z Totale Il Immobilizzazioni materiaf: 1 terreni è fabbricati 2. impianti emacctinario 2 attrezzature industriali è commerciali 4 altribeni 5. immobilzzazioniin corso e accon Totale Il1 immobilizzazioni finanziarie: ‘1 partecipazioni in: a. imprese controllate b. imprese collegate c. imprese contollrti di altre imprese 2 crediti a. Verso imprese controllate b. verso imprese collegate è verso contralanti diverso ati 2 altftoli 4 azioni proprie (di cul valore nominale complessivo) Totale Totale immobilizzazioni C. Attivo circolante |. Rimanenze: ‘materie prime, sussidiarie e d consumo 2. prodotti in corso di lavorazione e semilavorati 2 laveriin corso su ordinazione AL_ prodotti fini e merci 5. acconti Totale Il Credi: 1 verso denti 2. verso imprese controllate 11. Affivatà finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni Î IV. Disponibiltà qui: 1 depositibanceri e postali 2 assegni 3 denaro e valorin cassa Totale Totale attivo circolante D. Ratei e risconti — disagio supresiiî nali Ill. Riserva da rivalutazione IV. Riserva legale V. Riserva per azioni proprie in portafoglio — Riserva per azioni della controllante in portafoglio VI. Riserve statutarie VII. Altre riserve (distintamerte indicate) VIII. Utili (perdita) portati a nuovo IX. Utle (perdita) dell'esercizio Totale B. Fondi per rischi ed oneri Totale C. Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato D. Debiti 13. debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale 14. alti debiti Totale E. Ratei e risconti — aggio suprestiti — alri Totale Attivo Totale Patrimonio netto e Passivo 20 21 Attivo: le immobilizzazioni e l'attivo circolante vengono classificate in base al criterio della destinazione. Passivo: le fonti di finanziamento sono classificate per natura per distinguere i mezzi di terzi (debiti) dai mezzi propri (patrimonio netto). RICLASSIFICAZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE: per la rielaborazione dello stato patrimoniale si utilizza il criterio finanziario. Con il criterio finanziario, gli impieghi vengono riclassificati secondo il loro grado di liquidità. Lo schema viene organizzato partendo dai mezzi più liquidi per arrivare a quelli meno liquidi. Gli impieghi si distinguono in attivo corrente e attivo immobilizzato. 1. L'attivo corrente è composto dall'insieme degli elementi del patrimonio che possono trasformarsi in mezzi liquidi entro i 12 mesi successivi alla chiusura del bilancio. Le attività a breve si dividono in base a un grado decrescente di liquidità, in: e disponibilità liquide: valori in cassa, c/c attivi bancari/postali, assegni e cambiali; e disponibilità finanziarie: crediti verso clienti; e altre disponibilità: partecipazioni, ratei, risconti; e rimanenze: materie prime, sussidiarie e di consumo, prodotti in corso di elaborazione, semilavorati, prodotti finiti e merci, gli acconti corrisposti ai fornitori con segno positivo e gli acconti ricevuti dai clienti con segno negativo. 2. L'attivo immobilizzato è composto dall'insieme degli elementi del patrimonio che si trasformano in mezzi liquidi in modo graduale. Sono elementi di utilizzo durevole e rimangono a disposizione dell'impresa per più esercizi. L'attivo immobilizzato si divide in: e immobilizzazioni immateriali: beni immateriali, costi pluriennali, avviamento, disaggi di emissione e quote di risconti con competenza pluriennale; e immobilizzazioni materiali: beni utilizzati per svolgere l'attività produttiva; e immobilizzazioni finanziari: finanziamenti concessi a terzi, partecipazioni azionarie e altri titoli. Le fonti vengono riclassificate secondo il grado di esigibilità. Con questo criterio, le fonti si dividono in: e passività correnti: fonti con scadenza a breve termine; e passività consolidate: fonti con capitale di debito che hanno scadenza superiore a 12 mesi; e patrimonio netto: se non si tiene conto della delibera, l'utile viene inserito sotto questa voce. e capitale proprio: se si tiene conto della delibera, l'utile viene diviso in due parti la prima incrementa il capitale proprio, l’altra viene destinata agli azionisti e verrà pagata sotto forma di dividendi ATTIVITA’ PASSIVITA’ Attività non correnti (oltre 12 mesi) Patrimonio netto (mezzi propri) Attività correnti (entro 12 mesi) Passività non correnti (oltre 12 mesi) Passività correnti (entro 12 mesi) 22 IL CONTO ECONOMICO E' volto al controllo dell’economicità, ovvero della differenza tra attività e passività, da cui si ricava il patrimonio netto, che si ottiene a seguito della gestione aziendale e quindi la differenza tra realizzi, investimenti + il costo dei finanziamenti. Il conto economico evidenzia gli aspetti economici e reddituali. Il conto economico è necessario per sapere quali sono le cause per cui si è guadagnato o perduto. Esso studia l'apporto di costi e ricavi alla formazione del reddito. Viene utilizzato un metodo analitico. Per la redazione del conto economico è necessario fare il confronto tra investimenti e realizzi. Il ciclo processuale aziendale dà luogo a tre tipi di flussi: 1. flussi economici: attengono al consumo dei fattori produttivi, ovvero ai costi, e alla valutazione dell'utilità conseguita, cioè ai ricavi. 2. flussi fisici: riguardano l'entrata degli investimenti e l'uscita dei realizzi. 3. flussi finanziari: riguardano l'entrata relativa alla riscossione dei realizzi e l'uscita relativa al pagamento degli investimenti. Nella determinazione analitica del reddito viene presa in considerazione la dinamica dei flussi economici, quelli che riguardano costi e ricavi. Bisogna tenere conto del fatto che il risultato economico corretto si può conoscere soltanto alla fine della vita aziendale, quando ogni operazione è conclusa e si ha esatta contezza di costi e ricavi. Per necessità comunque si determina periodicamente la misura del reddito prodotto dividendo la gestione aziendale in esercizi amministrativi (insieme delle operazioni effettuate durante il periodo amministrativo) della durata minima di un anno. Ciò può creare numerose difficoltà per due motivi: e il momento contrattuale (nel quale è possibile misurare in moneta costi e ricavi) non coincide con quello dell'effettivo sostenimento di costi e ricavi e alcunicostie ricavi riguardano operazioni non ancora concluse e dovranno essere temporaneamente sospesi dalla determinazione del reddito. PRINCIPIO DI COMPETENZA ECONOMICA: dato che determinati costi e ricavi non si manifestano nello stesso esercizio, per determinare il reddito è necessario seguire il principio di competenza economica, inteso come relazione tra costi e ricavi all’interno dello stesso periodo amministrativo. L'applicazione di questo principio impone di sospendere operazioni non concluse. Esso si basa su tre corollari: 1. si devono imputare al conto economico costi e ricavi per i quali si sono conseguiti i relativi ricavi e costi. 2. si rinviano ad esercizi successivi costi e ricavi che si sono già manifestati finanziariamente ma di cui non si sono sostenuti i relativi costi e ricavi (rettifiche) 3. è necessario inserire costi e ricavi non ancora manifestatasi finanziariamente ma per i quali si sono sostenuti i relativi ricavi o costi (integrazioni) Per manifestazione finanziaria s'intende la ricezione di un qualsiasi documento che attesti l'esistenza di un credito/debito di incasso/pagamento (fattura, assegno, lettera contabile etc.). 25 2. INTEGRAZIONI: riguardano costi e ricavi presunti la cui manifestazione finanziaria avverrà in futuro ma che sono di competenza dell'esercizio in esame. Possono riguardare: » INTEGRAZIONI DI COSTI relativi a: e eventialeatori nell’an e nel quantum: riguardano rischi attuali ma di incerta manifestazione an e incerta incidenza nei costi quantum come ad esempio rischi su cambi, svalutazione magazzino, obsolescenza prodotti ... e eventi certi nell’an ma incerti nel quantum: sono eventi di certa manifestazione ma di incerta incidenza nei costi come: - TFR è la quota che spetta al lavoratore per ogni anno di contributi nell'azienda. Si determina alla fine di ogni esercizio e viene pagata soltanto alla fine del rapporto di lavoro. - manutenzioni straordinarie - imposte: la tassazione avviene di norma dopo la chiusura dell'esercizio ma bisogna sempre farne una previsione. - perdite presunte su crediti: presumono minori realizzi sui ricavi legati ad insolvenze. * fattori presi in uso ma di futura manifestazione. Riguardano i ratei passivi. » INTEGRAZIONI DI RICAVI relativi a: ® fattori dati in uso riguardano i ratei attivi. RATEI: i ratei sono valori finanziari presunti che misurano quote di costi e ricavi che si manifestano monetariamente in via posticipata ma che sono di competenza dell'esercizio. e rateiattivi: il rateo attivo è la quota di ricavo di competenza dell'esercizio, la cui manifestazione finanziaria avverrà in un esercizio successivo. Un tipico esempio di rateo attivo è la quota di interessi attivi maturati a fine esercizio su un finanziamento erogato, il cui incasso effettivo avverrà nell'esercizio o negli esercizi successivi. e ratei passivi: il rateo passivo è la quota di costo di competenza dell'esercizio, che avrà la propria manifestazione finanziaria in un esercizio successivo. Un tipico esempio è il caso di un pagamento posticipato di una locazione passiva, il rateo passivo è la quota maturata entro la fine dell'esercizio, il cui pagamento effettivo avverrà nell'esercizio o negli esercizi successivi. FORMA CIVILISTICA DEL CONTO ECONOMICO: si seguono le regole date dall'art. 2425 del Codice Civile. La struttura ha una forma ad esposizione scalare che mette in evidenza risultati ritenuti significativi. La classificazione dei costi è fatta per natura, cioè in base alla causa economica che ha determinato il costo e non per destinazione. CONTO ECONOMICO (art. 2425 C. C.) anno n |A) VALORE DELLA PRODUZIONE 11) Ricavi delle vendite e delle prestazioni |2) Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti |3) Variazione dei lavori in corso su ordinazione [4) Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni |5) Altri ricavi proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio Totale (A) |B) COSTI DELLA PRODUZIONE |6) Per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci |7) Per servizi ) |8) Per godimento beni di terzi 9) Per il personale a) Salari e stipendi b) Oneri sociali c) Trattamento di fine rapporto d) Trattamento di quioscionza c simili e) Altri costi 10) Ammortamenti e svalutazioni a) Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali b) Ammortamento delle immobilizzazioni materiali ©) Altre svalutazioni delle immobilizzazioni d) Svalutazione dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle disponibiltà liquide 11) Variazione delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci 12) Accantonamenti por rischi 113) Altri accantonamenti 14) Oneri diversi di gestione Totale (B) [DIFFERENZA TRA VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE (A-B) |C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI 115) Proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli da imprese controllato 0 collegato 116) Altri proventi finanziari a) Da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti b) Da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscoro partecipazioni ©) Da titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni d) Proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e collegate e ci quelli da controllarti 117) Intorossi cd altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso improso controllate e collegate e verso controllanti |17-bis) Utili e perdite su cambi +_—_ Totale (15+16-17+-17-bis) [D) RETTIFICHE DI VALORE DI ATTIVITÀ' FINANZIARIE 18) Rivalutazioni: ) di partecioazioni a) b) di immobilizzazioni finanziario che non costituiscono partecipazioni ©) di titoli iscritti all'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni 19) Svalutazioni: a) di partecipazioni b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni ©) di titoli iscritti all'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni Totale cele rettitiche (18-19) |E) PROVENTI E ONERI STRAORDINARI [20) Proventi con separata indicazione dells plusvalenze da alienazione I cui ricavi non sono iscrivibili al n. 5) |21) Oneri con separata indicazione delle minusvalenze da alienazione, i cui ettetti contabili non sono iscrivibili al n. 14), e delle imposte relative a esercizi precedenti [Totale dele pariite straordinarie (20-21) [RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE (A-B+CtD+E) |22) Imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate | [UTILE (O PERDITA) DELL'ESERCIZIO 26 RICLASSIFICAZIONE DEL CONTO ECONOMICO: Ricavi netti di vendita +/- variaz.riman.prodotti finiti e in lavoraz. + altri ricavi = VALORE DELLA PRODUZIONE - COSTO BENI E SERVIZI - acquisti materie e merci GESTIONE - costi per servizi car pila +/- variaz.riman.materie e merci = VALORE AGGIUNTO - costo del personale = MOL (margine operativo lordo) - ammortamenti - accantonamenti - svalutazione crediti = REDDITO OPERATIVO GESTIONE - Oneri finanziari FINANZIARIA + proventi finanziari GESTIONE - oneri gestioni accessorie ACCESSORIA + proventi gestioni accessorie = RISULTATO GESTIONE ORDINARIA GESTIONE + proventi straordinari STRAORDINARIA | - Oneri straordinari = RISULTATO PRIMA DELLE [ GESTIONE FISCALE | - imposte = REDDITO NETTO La riclassificazione del conto economico mira ad evidenziare una serie di margini intermedi che presentano un contenuto informativo e segnaletico più elevato rispetto alla struttura prevista dall'articolo 2425. In particolare, le metodologie proposte mirano innanzitutto a suddividere i componenti positivi e negativi di reddito in relazione all'area gestionale di appartenenza: operativa, accessoria, finanziaria e straordinaria. Le diverse riclassificazioni proposte dagli analisti si basano sulle diverse possibili articolazioni dei costi legati all'area operativa. il modello di riclassificazione a valore aggiunto è sicuramente quello maggiormente utilizzato, anche perché i margini che ne derivano sono 27 proprio quelli utilizzati nell'analisi della redditività. Tale modello si basa sulla suddivisione dei costi tra costi legati alle risorse esterne, ovvero acquisite da terze economie (costi d'acquisto di materie prime, semilavorati, ..., costi per servizi, per godimento di beni di terzi, ...), e costi relativi alle risorse interne (personale e attività materiali ed immateriali). Il valore aggiunto, quale differenza tra ricavi operativi e costi operativi sostenuti per l'acquisto di risorse esterne, esprime la capacità dell'azienda di creare ricchezza per remunerare i fattori produttivi e i diversi portatori di interesse. In particolare tale margine deve essere in grado di remunerare: e il personale + costo del personale; e gli investimenti + ammortamenti e svalutazioni; e finanziatori esterni > componenti finanziarie; e gli eventi straordinar\\i + componenti straordinarie; e l'Amministrazione finanziaria > imposte. Deve infine garantire un'adeguata remunerazione, tramite la distribuzione del risultato d'esercizio, ai soci e permettere con l'utile residuo non distribuito un adeguato autofinanziamento. Il MOL (margine operativo lordo) è invece la ricchezza che residua dopo aver retribuito il personale e rappresenta una prima misura dell’autofinanziamento operativo, mentre il MON (margine operativo netto) è il margine depurato dei costi non monetari (ammortamenti e accantonamenti) e rappresenta il risultato ottenuto dall'impresa a prescindere dalle modalità di finanziamento adottate, dal livello di tassazione e da eventi di natura straordinaria, ed è per questo il margine più utilizzato per il calcolo degli indicatori di redditività,. 30 MATRICE DUPONT: è un metodo che serve per analizzare le determinanti causali della redditività e si basa su una serie di prodotti tra quozienti definiti. Ha le sue origini nell'America degli anni '20. 1. ROE: è determinato dalla moltiplicazione di tre fattori: e ROI Li . CAPITALE INVESTITO e grado diindebitamento= ——_________ CAPITALE PROPRIO e tasso di incidenza oneri e proventi extra-gestione = REDDITO NETTO REDDITO OPERATIVO 2. ROI: è così scomponibile: ROS x ROTAZIONE DEL CAPITALE ANALISI PER INDICI: l’analisi delle determinanti causali del ROE e del ROI attraverso quozienti può anche avvalersi di tre indicatori utili a seconda delle finalità conoscitive. 1. LEVA FINANZIARIA: il termine leva finanziaria o rapporto di indebitamento (talvolta sostituito dal termine inglese leverage) è un indicatore utilizzato per misurare l'indebitamento di un'azienda. Più il rapporto di indebitamento è elevato, più l'impresa e la sua attività economica sarà considerata rischiosa: questo in casi estremi possa portare al fallimento dell'azienda. L'indebitamento risulta conveniente fino a quando il rendimento atteso dall'investimento dei capitali raccolti è maggiore del costo dei capitali stessi, cioè se il ROI > costo dell’indebitamento. Se così fosse si verificherebbe un indice di leva positivo (ROI - i), al contrario non conviene finanziare lo sviluppo aziendale ricorrendo all'indebitamento. ROE = [ROI + (ROI-i) x DICN] x (1 -t) [ROI + (ROI — onerosità dei debiti) x debiti/capitale netto] x (1 — imposizione fiscale) 2. SVILUPPO SOSTENIBILE: tale modello deriva dalla leva finanziaria e individua il tasso di crescita internamente sostenibile attraverso il reinvestimento dei mezzi autogenerati dall'azienda. Il tasso di crescita g è pari a: AUTOFINANZIAMENTO 9= CAPITALE NETTO DI FUNZIONAMENTO g = [ROI+(ROI - i) x DICN] x(1-t)x(1-d)=ROEx(1-d) dove (1 — d) è il tasso di ritenzione degli utili netti e d è il tasso di prelievo degli utili netti per la distribuzione dei dividendi. SVILUPPO GLOBALMENTE SOSTENIBILE: si ottiene facendo ricorso sia all'autofinanziamento che all'indebitamento. In questo caso il tasso di sviluppo sostenibile g* è dato da: ._ROEx(1-d)+ ACN; (DEBf - CNf) 9 = CN; + Cl; dove ACN; / CN; è il tasso di variazione degli investimenti grazie al capitale netto e (DEBf — CNf) / Cl;è il tasso di variazione degli investimenti grazie all’indebitamento. 31 3. LEVA OPERATIVA: individua la variazione subita dal reddito operativo in conseguenza di una variazione nel volume di produzione venduto. L Mc Vx(p-cv) °=Ro "Vx(p-cv)-Cî Margine di Volume venduto x (prezzo unitario ___contribuzione _ di vendita — costo unitario variabile) INDICE LEVA OPERATIVA = Reddito operativo ” V x (p — cv) — capitale di funzionamento una elevata leva operativa dà incrementi al reddito ma comporta il rischio che la quota di mercato non sia sufficiente a raggiungere il punto di pareggio. AI contrario una bassa leva operativa comporta la realizzazione di modesti tassi di incremento del reddito operativo al variare di vendita, quindi elevati limiti alla crescita che possono essere rimossi mediante due strategie: e crescita interna: incremento dei costi fissi (Nuovo personale, nuovi fattori della produzione). Occorrono mezzi finanziari sufficienti. e crescita esterna: accordi di collaborazione con altre aziende Tali metodi aiutano a comprendere come migliorare il ROE e il ROI individuando degli obiettivi intermedi (tasso di redditività, delle vendite, di rotazione dell'attivo, rapporto di indebitamento). Questi quozienti sono facilmente disponibili a seguito di ogni bilancio o dalla contabilità generale. 32 LIMITI NELLA DETERMINAZIONE DEL REDDITO D’ESERCIZIO: INCERTEZZA ARBITRARIETA’, RELATIVITA’ PRINCIPIO DI PRUDENZA: i ricavi incerti e non ancora realizzati non devono essere contabilizzati (non vanno imputati all'esercizio) mentre tutti i costi di competenza, anche se non ancora sostenuti, devono essere considerati in bilancio. Il risultato economico della gestione è un risultato incerto anche se è stato determinato correttamente. Tale incertezza deriva dalle previsioni sul futuro aziendale, e quindi da rettifiche e integrazioni. Il risultato economico è infatti tanto più incerto quanto maggiore è il peso delle componenti negative e positive di reddito inserite nel primo e nel terzo settore del conto economico, quelli relativi a passato e futuro. Le previsioni sono caratterizzate da: e incertezza: fattore oggettivo = non si può conoscere con certezza il futuro e arbitrarietà: fattore soggettivo = la previsione è influenzata dalle caratteristiche del soggetto che le formula e relatività: in base agli interessi del soggetto che redige il bilancio emergono risultati che possono essere differenti se è un altro soggetto a svolgerlo Anche le attività e le passività dello stato patrimoniale sono delle previsioni (di realizzo e di esborso) e sottoposte a incertezza e arbitrarietà. Ne deriva che anche i costi e i ricavi non sono certi, ma apparenti e di anche il reddito prodotto diventa apparente. >» STATO PATRIMONIALE: se Aapp > Aeff oppure Papp < Peff > Napp > Neff Le attività sono sopravvalutate e le passività sottostimate, si verifica il fenomeno dell’ANNACQUAMENTO DEL CAPITALE. Al contrario invece, se il netto patrimoniale apparente > netto patrimoniale effettivo si avrà il fenomeno della COSTITUZIONE DELLE RISERVE OCCULTE. >» CONTO ECONOMICO: se Capp > Ceff oppure Rapp < Reff — Rapp < Reff Nella redazione del bilancio è dunque di fondamentale importanza rispettare il principio di prudenza poiché è ritenuto imprudente e inopportuno gonfiare i valori del netto o del reddito effettivo per evitare il fenomeno dell’annacquamento del capitale. Secondo il Codice Civile è consentita la creazione di riserve occulte ma è vietato l'annacquamento del capitale. PRINCIPIO DI LIQUIDITA': riguarda la valutazione di costi e ricavi da inserire in bilancio. Si valutano in particolare i futuri realizzi derivanti dalla vendita presunta di: e prodotti finiti: se presunto realizzo > costo allora si calcola la differenza tra valore di presunto realizzo e costi sostenuti. Si divide tale differenza per il tempo intercorrente tra la data di bilancio e la data di presunto realizzo e si sottrae per il valore del presunto realizzo. Se presunto realizzo < costo allora la valutazione viene fatta al valore del presunto realizzo non ridotto. e materie prime e semilavorati: dal valore del futuro realizzo vengono dedotti i costi ancora da sostenere per trasformare questi prodotti in prodotti finiti. e crediti verso i clienti: bisogna valutare la possibilità del loro realizzo effettivo tenendo conto del tempo che intercorre tra la data di bilancio e il momento del realizzo effettivo. 35 L’AUTOFINANZIAMENTO L'autofinanziamento è la capacità che ha l'azienda di produrre al suo interno risorse finanziario — monetarie. Per definizione è il flusso netto originato dai ricavi che residua dopo la copertura dei costi che comportano un esborso finanziario. Tale capacità di produrre risorse è fondamentale per l'azienda perché così facendo si evita di far ricorso all'indebitamento, o comunque si cerca di ridurre il più possibile tale ricorso. La gestione aziendale chiede infatti continuamente risorse finanziarie per poter funzionare, sia dal punto di vista economico (sostenimento costi esercizio), sia dal punto di vista patrimoniale (acquisto investimenti). Occorre distinguere tra risorse finanziarie (entrata finanziaria) e risorse monetarie (entrata monetaria). Possiamo affermare che una risorsa finanziaria si trasforma in monetaria nel momento in cui diventa denaro contante. Un credito per esempio è un'entrata finanziaria ma finché non viene incassato rimane solo un pezzo di carta. L'autofinanziamento serve proprio ad aumentare il fabbisogno finanziario senza ricorrere a indebitamento o al versamento di capitale dei soci. Si calcola: AUTOFINANZIAMENTO = UTILE + AMMORTAMENTI + QUOTE FONDI RISCHI + QUOTE FONDI SPESE FUTURE Si sommano agli utili delle componenti non monetarie che si trovano nel conto economico. Si distingue infatti tra: e costirilevanti: materie prime, lavoro, costi di produzione ulteriori, costi di vendita e costi generali. Hanno manifestazione nell'esercizio. e costi non rilevanti: non comportano esborso finanziario nel periodo (ammortamenti, TFR, quote fonti, perdite presunte) Quindi per esempio i costi di ammortamento sono inseriti nel conto ma l'imprenditore non ha tirato fuori dalla gestione i soldi per pagarlo. Se la quota di ammortamento è 20.000€, e sono effettivamente disponibili nell'impresa, questi entrano appieno nel calcolo dell’autofinanziamento e possono essere usati per finanziare investimenti senza indebitarsi. Conoscere l'autofinanziamento è utile affinché l'azienda possa determinare il suo sviluppo compatibile, potendo rispondere alle domande quanto posso ridurre i debiti? quanto posso investire? PROSPETTO DELLE FONTI E DEGLI IMPIEGHI Impieghi ‘incrementi di attività immobilizzato - Impianti, brevetti, licenze software Prospetto Im pieghi e fonti Fonti (Cash Flnw da CE {Autofinanziamenta) Inerementi di attività correnti - banche Inerementi di Patrimonio Netto |- apporti da soci =» Magazzino = contributi a fperduto - crediti Riduzione di passiwità correnti Riduzione di attività correnti » fornitori - banche - banche |- magazzino |- crediti Riduzione di passività consolidate Riduzione di attività immobilizzata - finanziamenti |- impianti - brevetti - licenze software Decrementi di Patrimonio Matto » f'imborsi ai soci - pagamento di utili ai soci) Incrementi di passività consolidate - finanziamenti Pagamento di dividendi Incrementi di passività commenti - fornitori |- banche Gli IMPIEGHI sono attività che assorbono risorse. Comprendono: eccedenza delle perdite su costi non rilevanti e aumento attività e riduzione passività Le FONTI sono passività che generano risorse. Comprendono: risorse finanziarie da autofinanziamento provenienti dalla gestione reddituale (utile non distribuito e costi non rilevanti) e aumento passività e riduzione attività Il prospetto può essere redatto: a consuntivo: esprime quale sia stata la politica finanziaria dell'azienda partendo da un bilancio a preventivo: in questo caso si chiama Budget delle fonti e degli impieghi e consiste nel programma degli investimenti da fare. Il budget è utile nella programmazione di breve periodo, il piano invece in quella di lungo periodo. 36 37 IL BILANCIO PREVISIONALE Alla valutazione dei risultati conseguiti attraverso il bilancio di esercizio si affianca un altro tipo di analisi di carattere prospettico e preventivo che configura in anticipo quale sarà il probabile andamento futuro della gestione e che riflessi avrà sulla situazione economica e finanziaria. Questo è l'ambito della programmazione aziendale. Vengono così redatti dei bilanci prospettici o di previsione che consistono in conti economici e stati patrimoniali relativi a uno o più esercizi futuri. Sono accompagnati da indicazioni sulle ipotesi cui sono fondati e degli obiettivi che si intendono raggiungere. In fase programmatica la dinamica del ciclo aziendale ha un andamento orario. Soltanto dopo aver identificato il risultato prospettico dell'attività programmata si potrà passare alla fase esecutiva. Relazione da verificare: R>I+i 1. CONTO ECONOMICO PREVISIONALE bisogna individuare il probabile volume e mix idi produzione nel periodo preso in considerazione valutando: e VOLUME E MIX PRESUNTO DELLE VENDITE: per stabilire la quantità che deve essere venduta occorre conoscere il mercato di riferimento e analizzare domanda e offerta per capire quali sono i bisogni dei clienti. Solo così si potrà mettere a punto un'offerta di prodotto competitiva. Spesso le ricerche di mercato sono lunghe e costose e perciò vengono sostituite con analisi storiche sui trend di vendita. Per determinare i prezzi di vendita: - se il prodotto è sconosciuto si utilizza l'analisi della verosimiglianza mettendo a confronto il costo di produzione e il guadagno atteso con il grado di appetibilità del bene. - se il prodotto è conosciuto o ci si adatta al prezzo dei concorrenti o si applica una politica di rottura. e CAPACITA’ PRODUTTIVA DISPONIBILE: prima di stimare l'entità dei ricavi l'azienda deve fare delle previsione sulla futura capacità produttiva perché potrebbe non produrre tutto quello che pensava di vendere e viceversa. e RIMANENZE INIZIALI DISPONIBILI E QUELLE CHE VANNO MANTENUTE A FINE ESERCIZIO: maggiori rimanenze aumenteranno i volumi da produrre e viceversa. e RICAVI PREVISTI: volume di vendita prevedibile x prezzo stimato e COSTI DI PRODUZIONE: volume produttivo x costi di produzione Alla verifica della relazione R > 1 + i manca il valore degli interessi passivi che si può desumere considerando la situazione finanziaria prospettica dell'azienda. Non può essere prevista un'area straordinaria che si riferisce a oneri e proventi straordinari perché essi non sono prevedibili. 2. STATO PATRIMONIALE PREVISIONALE: per completare il quadro del conto economico previsionale con l'individuazione di oneri e proventi finanziari occorre affrontare la programmazione finanziaria redigendo lo stato patrimoniale previsionale. Vengono messi in evidenza gli immobilizzi finanziari necessari per attuare la programmazione e le fonti finanziarie a copertura degli immobilizzi. Voci più significative dello S.P.P: 40 3. DESCRIZIONE DEL PROGETTO E DEL PRODOTTO/SERVIZIO DA OFFRIRE: vanno riportate le caratteristiche distintive del prodotto o servizio che si vuole offrire e il modo in cui esso soddisfa i bisogni dei clienti. 4. ANALISI DEL SETTORE E DEL MERCATO: bisogna includere dati riguardo la domanda, l'offerta e i competitors. Si vuole comprendere il livello di economicità del mercato, le sue dimensioni, la competizione, le barriere di entrata e uscita, i principali clienti e fornitori ... 5. PIANO DI MARKETING E DELLE VENDITE: bisogna prevedere il modo in cui l'azienda intende agire sul mercato. Le strategie di marketing riguardano: e prodotto/servizio: contenuto, packaging, immagine e prezzo: se è nuovo ci si chiede quanto il cliente sarebbe disposto a pagare, altrimenti ci si basa su prodotti simili e distribuzione: può avvenire tramite web, rete di vendita, affidandosi a un distributore e promozione e pubblicità 6. PIANO DI INVESTIMENTO: contiene l'analisi dettagliata del processo di produzione del prodotto/servizio da offrire con una particolare attenzione alle risorse impiegate e ai tempi relativi agli investimenti. 7. PIANO ECONOMICO FINANZIARIO: traduce in cifre il progetto imprenditoriale descritto nelle sezioni precedenti. La sua costruzione è simile a quella del bilancio di previsione solo che il suo contenuto è molto più ampio. Contiene: e ipotesi del piano e prospetto degli investimenti da realizzare: indica per ciascun anno oggetto di previsione gli: - investimenti lordi: inseriti nel prospetto delle fonti e degli impieghi - ammortamenti relativi: inseriti tra i costi del conto economico e nel prospetto - valore delle immobilizzazioni e piano di ammortamento dei finanziamenti: indica per ciascun anno oggetto di previsione dettaglio del piano di ammortamento dei finanziamenti da ricevere. Il debito residuo va iscritto in “Finanziamenti bancari” dello stato patrimoniale previsionale, mentre gli interessi annui vanno tra gli “Oneri finanziari” del conto economico previsionale. e contoeconomico previsionale: illustra la previsione del risultato d'esercizio. La sua struttura è flessibile infatti può essere articolato nel modo ritenuto più opportuno seguendo o la forma civilistica o quella logica. E' utile nel calcolo della capacità finanziaria dell’azienda a portare avanti il progetto. e stato patrimoniale previsionale: illustra la dinamica delle attività, delle passività e del patrimonio netto nell'arco temporale oggetto di previsione. Anche la sua struttura è flessibile - immobilizzazioni: vanno iscritte al loro valore calcolato secondo il prospetto fondi e investimenti - immobilizzo finanziario: viene calcolato attraverso la formula prevista per il bilancio di previsione relativo ai crediti - 41 - disponibilità liquide: sono calcolate attraverso il prospetto delle fonti e impieghi - rimanenze: vanno stimate ogni anno - finanziamento della gestione: deriva dalla dilazione concessa dai fornitori e viene calcolato secondo la formula vista per il bilancio di previsione - ratei e risconti attivi e passivi vanno stimati ogni anno in base al principio di competenza - fondi TFR, svalutazione e rischi: vanno stimati sulla base degli accantonamenti effettuati - debiti verso banche devono riportare il capitale residuo da pagare calcolato in base al piano di ammortamento dei finanziamenti - debiti verso i soci devono riportare la quota residua da rimborsare alla fine di ogni esercizio di previsione - capitale sociale va riportato all'interno del patrimonio netto e deve includere eventuali aumenti e diminuzioni prospetto fondi e impieghi: è articolato in 3 sezioni: . gestione reddituale : utili + costi non rilevanti capitale netto circolante: bisogna fare la differenza tra il valore dell'esercizio oggetto di previsione e quello precedente. La differenza positiva va nelle fonti quella negativa negli impieghi. valore di cassa: per ogni esercizio deve essere riportato nello stato patrimoniale previsionale e nell'esercizio successivo nel prospetto fonti e impieghi. Un flusso di cassa (fonti — impieghi) è indice di solvibilità se è positivo. - indice di un valido progetto nel caso della gestione reddituale - indice di buone condizioni operative nel caso del capitale circolante - indice di coerenza tra investimenti e finanziamenti nel caso del patrimonio netto indici di bilancio: bisogna calcolare il ROE e il ROI 42 CAPITALE DI ESERCIZIO, DI LIQUIDAZIONE ED ECONOMICO In economia aziendale è necessario soffermarsi sul concetto di capitale inteso come fondo astratto di valori. Il capitale esprime la potenzialità operativa dell'azienda in un determinato momento, funzionale ad uno scopo conoscitivo. La dottrina fa riferimento ai concetti di: 1. CAPITALE DI FUNZIONAMENTO O DI BILANCIO: si determina in sede di bilancio. Il capitale di funzionamento può essere considerato un fondo astratto di valori che scaturisce da un complesso di valutazioni che riguardano stime e valori: - sugli investimenti di cui non sono ancora stati conseguiti i relativi realizzi - sui finanziamenti in attesa di rimborso Ogni elemento deve essere stimato i relazione del presunto realizzo. Quanto più si tende a comprimere l'ammontare dei componenti negativi di reddito o ad aumentare quelli positivi, tanto più sarà il valore del capitale di funzionamento e viceversa. Occorre però prudenza perché comprimendo le componenti negative si possono creare fenomeni di annacquamento del capitale e aumentando quelle positive fenomeni di costituzione di riserve occulte entrando in contrato con i principi di competenza e prudenza. Per gli studiosi il Cf è idealmente compreso tra due limiti: e Capitale di liquidazione = limite inferiore e capitale economico = limite superiore. 2. CAPITALE DI LIQUIDAZIONE: si riferisce ad azienda in cui alla prospettiva di funzionamento si è sostituita quella di liquidazione, in cui si vogliono vendere gli elementi dell'attivo per estinguere le passività. La liquidazione può essere forzata o volontaria e consiste nella valutazione dei singoli elementi patrimoniali (a differenza del Cf che ha una visione di insieme) e del realizzo che si farebbe vendendoli. Dalla differenza tra entrate e uscite (realizzi e rimborsi) scaturisce il capitale di liquidazione. Generalmente CI < Cf perché il Cf fa riferimento a un sistema di elementi patrimoniali mentre il CI considera questi elementi in modo disaggregato. Potrebbe però succedere che in presenza di riserve occulte CI > Cf. 3. CAPITALE ECONOMICO: esprime il valore dell'azienda come complesso funzionante considerato oggetto di negoziazione. Esprime il valore di scambio di un'azienda funzionante e avviata. L'azienda attraverso la sua attività non produce soltanto prodotti e servizi ma anche sé stessa, La valutazione del capitale economico deriva in occasione della cessione, fusione o trasferimento dell'azienda e richieda la stima delle potenzialità che l’im presa può offrire, cioè dei risultati di cui potrà beneficiare il nuovo soggetto acquirente. Generalmente Ce > Cf perché l'arco temporale delle stime è maggiore, infatti si considerano non solo le combinazioni gestionali iniziate ma non finite ma anche tutte quelle operazioni non avviate ma che possono essere comprese nell'arco temporale. La differenza tra Ce e Cf, ovvero tra il prezzo di cessione e il valore aggiunto che acquisisce l'azienda negli anni, si chiama AVVIAMENTO. AVVIAMENTO: si parla di avviamento nel momento dell'acquisto di un complesso di beni funzionanti e complementari. L'avviamento è espressione della stabilizzata attitudine del sistema aziendale a generare redditi, e quindi in genere risultati positivi, e a remunerare congruamente il capitale investito. La misura dell'avviamento si determina mediante una previa valutazione del Ce. 45 2. RIPARTIZIONE SU BASE MULTIPLA D’AZIENDA: il procedimento è simile a quello precedente con la differenza che si scelgono più basi di ripartizione. Si usa infatti proprio quando non si riesce a trovare un'unica base idonea. Si dividono i costi in gruppi omogenei e a ogni gruppo corrisponde una base di ripartizione comune agli elementi del gruppo. Per determinare le quote di costi indiretti occorre: e > costi indiretti / base gruppo = coefficiente di ripartizione e (coefficiente x uso del fattore comune) + (coefficiente x uso del fattore comune) = quota costi indiretti e costidiretti + quote di costi indiretti = costo complessivo Questi due procedimenti sono poco obbiettivi e se usati impropriamente possono condurre a scelte sbagliate. 3. RIPARTIZIONE CON CRITERI COMMERCIALI: si sceglie come base di ripartizione il margine di contribuzione di ciascun prodotto. Il margine esprime il contributo che il prodotto dà alla copertura dei costi indiretti. Occorre: ricavi — costi primi = margine di contribuzione Y costi indiretti / margine di contribuzione = coefficiente di ripartizione margine di contribuzione x coefficiente di ripartizione = quota costi indiretti costi diretti + quota di costi indiretti = costo complessivo 4. RIPARTIZIONE CON CRITERI DI LOCALIZZAZIONE: con questo metodo si suddivide l'azienda in aree di attività omogenee in modo da localizzare i costi relativi a ciascuna area. Per determinare i costi complessivi di prodotto distinguiamo infatti: e centri diretti di lavorazione: rivolti alla realizzazione del prodotto e centri indiretti di lavorazione: rivolti in maniera indiretta alla produzione (direzione, amministrazione, magazzino ...) Questo criterio è caratterizzato dal tentativo di eliminare il problema costituito dalla ripartizione dei costi indiretti sulla produzione, prendendo a base del ragionamento l'attività globale dell'azienda, divisa in aree omogenee, facendo diventare tutti i costi diretti o rispetto al prodotto o rispetto ai centri di attività. Il metodo si articola in sei fasi: 1. prima fase: si costruisce una mappa dell'azienda che rappresenti quali sono le aree di attività della gestione aziendale. Le aree devono essere omogenee così che non vadano confuse tra loro e sotto la guida di un unico responsabile. 2. seconda fase: consiste nella predeterminazione del volume di produzione nel periodo preso in considerazione. - se l'azienda produce in serie: stima del volume previsto — rimanenze iniziali + rimanenze finali - se l'azienda produce su commessa non è possibile determinare a priori quali saranno le richieste dei clienti. Si ha una produzione eterogenea per cui però si deve esprimere il volume di produzione in termini omogenei, con un'unica unità di misura. Per farlo si deve esprimere la produzione in unità di capacità produttiva riferita al fattore di produzione raro o limitativo (ad es. numero di operai di un reparto, un macchinario, materia prima ...). L'unità di capacità da scegliere è quella del centro con fattore raro più piccolo. Per calcolare la capacità produttiva: coefficiente della capacità del reparto usato x ore di lavoro x giorni lavorativi 46 3. terza fase: si devono imputare i costi ai centri. Dopo aver stabilito il volume di produzione è possibile stabilire cosa bisogna fare per realizzarlo e quali costi bisogna sostenere. | costi vanno suddivisi in base ai fattori assegnati ai centri. Alla fine di questa fase tutti i costi daranno diretti e si avranno: costi diretti di prodotto, costi diretti di centro diretto e costi diretti di centro indiretto. 4. quarta fase: se si vuole pervenire alla determinazione del costo complessivo di prodotto bisogna redistribuire i costi dai centri indiretti a quelli diretti. 5. quinta fase: si deve determinare il coefficiente di centro unitario. Coefficiente di centro unitario = COSTI DIRETTI DEI CENTRI DIRETTI + QUOTE COSTI DIRETTI CENTRI INDIRETTI NUMERO PRODOTTI O UNITA CHE RAPPRESENTANO LA PRODUZIONE 6. sesta fase: si deve determinare il costo complessivo del prodotto. Costo complessivo del prodotto = COSTI DIRETTI + (COEFFICIENTI UNITARI DI CENTRO x NUMERO ORE DI LAVORO NECESSARIE) METODO ABC = ACTIVITY BASED COSTING Il criterio della localizzazione dei costi, nonostante sia ancora un modello di riferimento, non è più un modello valido nei sistemi economici contemporanei. A partire dagli anni '80 sono infatti state mosse molte critiche ed è stato proposto un nuovo metodo: l'Activity Based Costing ABC. E' stato significativo il passaggio da una produzione di massa allo scopo di minimizzare i costi unitari, ad una produzione volta a rispondere alle esigenze dei clienti. Il metodo ABC si caratterizza per l'abbandono della tradizionale distinzione tra costi fissi e costi variabili in funzione del volume di produzione. Viene invece individuata una variabilità dei costi legata alla complessità. Due concetti principali: >» ATTIVITA’: insieme di operazioni elementari e omogenee tra loro indispensabili per la realizzazione di un prodotto. Ogni attività si distingue per input (risorse impiegate) e output (risultato ottenuto). » COST DRIVER: rappresenta il fattore causale che spiega il sostenimento del costo di un'attività. E' in grado di individuare: e resource driver: quanta parte delle risorse viene consumata per svolgere l'attività e activity driver: quanta aprte di un'attività è stata assorbita per realizzare un prodotto Il metodo è composto da 4 fasi: 1. INDIVIDUARE IL COST OBJECT: singolo prodotto, linee di prodotti, canali distributivi, interi processi aziendali ... Nuovi cost object emergono continuamente. 2. INDIVIDUARE LE ATTIVITA’ ATTRAVERSO CUI SI REALIZZA IL COST OBJECT: bisogna effettuare una mappatura dell'azienda. Per farlo bisogna comprendere cosa fanno i soggetti che lavorano all'interno dell'azienda utilizzando input per ottenere output. Esistono diversi criteri per classificare l’attività di un'azienda: 47 catena del valore di Porter: permette di identificare le attività in grado di generare valore percepibile per il cliente. Si dividono le attività in: - attività primarie: logistica interna, esterna, marketing, vendite, servizi ... - attività di supporto: infrastruttura dell'impresa, gestione delle risorse umane, sviluppo della tecnologia, approvvigionamenti. grado di riferibilità del prodotto: si dividono le attività in base al legame che hanno con il prodotto funzioni aziendali: si dividono le attività in base alle funzioni aziendali a cui si riferiscono 3. ATTRIBUZIONE DEI COSTI INDIRETTI ALLE ATTIVITA’ TRAMITE L’INDIVIDUAZIONE DI APPOSITI RESOURCE DRIVER: per ripartire i costi tra le varie attività è necessario valutare la quantità di resource driver consumata dall'attività. Questa valutazione va fatta o attraverso una semplice misurazione oppure con una stima magari facendo interviste e ricerche. 4. ATTRIBUZIONI DEI COSTI DELLE ATTIVITA’ AL COST OBJECT TRAMITE L’INDIVIDUAZIONE DI APPOSITI ACTIVITY DRIVER: due sottofasi: Costo unitario delle attività = individuazione degli activity driver: si effettuano delle interviste ai responsabili con lo scopo di ottenere informazioni riguardo il modo in cui viene svolto il lavoro all'interno delle singole attività. Per la scelta degli activity driver è necessario considerare alcuni fattori: - costo della misurazione: non deve superare il vantaggio che genera - correlazione: deve riuscire a spiegare il livello di utilizzo dell'attività - aspetti comportamentali: deve essere coerente con la gestione determinazione dei costi: bisogna attribuire i costi delle attività ai vari cost object. Si devono calcolare: COSTO TOTALE ATTIVITA' NUMERO ACTIVITY DRIVER RIFERIBILI ALL'ATTIVITA' Costo del prodotto = QUANTITA’ A.D DI OGNI PRODOTTO x COSTO UNITARIO 50 PREVENTIVI FLESSIBILI Sono preventivi che vengono articolati per volumi di produzione successivi. Il primo passo per la redazione del budget è la determinazione del probabile volume futuro di produzione. Questa quantità dipende da due stime: la quota di mercato e la capacità produttiva interna. | preventivi flessibili permettono di paragonare risultati effettivi con quelli preventivati e riguardano due aspetti: e programmazione economica: le componenti di costo fisso vanno considerate interamente nel preventivo, mentre le componenti variabili si adeguano (valore unitario x quantità prodotta). Per la programmazione si usa una matrice dove a ogni livello di percentuale di sfruttamento della capacità produttiva si associa la percentuale di costo o ricavo da considerare. Occorre: a) determinare il grado di capacità produttiva da sfruttare b) costo a pieno sfruttamento x percentuale indicata nella matrice e programmazione finanziaria: i preventivi flessibili servono a determinare il fabbisogno finanziario del capitale circolante netto. Si deve rintracciare per ogni grado di sfruttamento della capacità il relativo fabbisogno. Per calcolarlo occorre che le componenti fisse si inseriscano interamente e che le variabili si adeguano. 51 IL BUDGET E L’ANALISI DEGLI SCOSTAMENTI Il budget permette di verificare le condizioni particolari del successo aziendale. La formazione del budget avviene prima del periodo di cui si vuole programmare la gestione Durante questo periodo è necessario verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi prestabiliti, cioè confrontare il budget con i dati effettivi della gestione durante il suo svolgimento.. Esso è un programma annuale accompagnato da una periodica analisi degli scostamenti tra preventivo e consuntivo. Il budget consente di: e definire gli obiettivi per ciascuna attività e individuare le azioni da porre in essere nell'esercizio successivo e valutare costi, ricavi e fabbisogni finanziari Il processo di budgeting ha una natura ciclica: inizia con la definizione degli obiettivi e finisce con la rilevazione dei risultati conseguiti. CICLO DI BUDGETING: 1. NEGOZIAZIONE E ALLOCAZIONE DELLE RISORSE TRA LE DIVERSE ATTIVITÀ 2. DEFINIZIONE E CONDIVISIONE DEGLI OBIETTIVI CON CIASCUNA AREA 3. PROGRAMMAZIONE DELLE ATTIVITÀ E VALUTAZIONE PREVENTIVA DI COSTI E RICAVI, FABBISOGNI E COPERTURE FINANZIARIE NECESSARIE CON RIFERIMENTO A CIASCUNA AREA: per valutare i valori da inserire nel budget bisogna calcolare i fabbisogni standard che si riferiscono a condizioni operative normali di svolgimento della gestione. e determinazione costi variabili standard: si fa riferimento al volume programmato di produzione, allo standard di consumo della risorsa e al costo unitario standard di ciascun prodotto. e determinazione costi fissi standard: si stimano le risorse corrispondenti alla capacità produttiva acquisita o da acquisire e la loro valutazione economica e determinazionericavi standardi si fa riferimento al prezzo unitario di vendita, al volume di vendita atteso e al mix di vendita atteso. 4. VALUTAZIONE PREVISIONALE DEGLI INVESTIMENTI: si fa riferimento a dati passati 5. ANALISI DEGLI SCOSTAMENTI TRA BUDGET E CONSUNTIVO 6. VALUTAZIONE RISULTATI CONSEGUITI Il ciclo di budgeting è accompagnato dal reporting, ovvero una raccolta di informazioni interne ed esterne. 52 ANALISI DEGLI SCOSTAMENTI SCOSTAMENTO = variance: è la differenza tra un importo consuntivo e uno preventivo (standard), ovvero la differenza tra dati ipotetici e dati effettivi. COSTI VARIABILI ——__» COSTO DI BUDGET =VxSxP e materie prime V = volume di produzione programmato S = consumo standard unitario della risorsa P = prezzo standard unitario della risorsa E' possibile calcolare: scostamento globale = budget preventivo — budget consuntivo scostamento di volume = budget preventivo — budget flessibilizzato scostamento di efficienza = budget flessibilizzato — consuntivo a prezzi standard scostamento di prezzo = consuntivo a prezzi standard - consuntivo puro pON- ! Lo scostamento globale può anche essere determinato attraverso la somma degli scostamenti elementari (volume, efficienza e prezzo) e costi di manodopera diretti MOD V = volume di produzione programmato S = consumo di manodopera diretta: ore di lavoro necessarie per ottenere l'unità di prodotto P = costo orario della manodopera E' possibile calcolare gli scostamenti precedenti facendo le opportune sostituzioni ad Se a P. COSTI FISSI —__» COSTO DI BUDGET - COSTO CONSUNTIVO In questo caso non è possibile utilizzare la formula precedente che riguarda i costi variabili. | costi fissi infatti sono costanti a prescindere dal volume di produzione. Tuttavia è possibile individuare una dimensione dinamica nei costi fissi perché si può determinare lo scostamento tra l’incidenza unitaria dei costi fissi prevista a budget e quella effettivamente misurata a consuntivo. E' possibile calcolare: 1. scostamento globale = costo previsto — costo effettivo Se invece di ottenere la quantità programmata si realizza una quantità maggiore allora sarà possibile calcolare lo scostamento di volume. 2. scostamento di volume o assorbimento = costo fisso previsto costo fisso previsto - ——_______—_—=— x volume effettivo si ha: volume programmato e sotto-assorbimento se: volume effettivo < volume previsto e costi fissi unitari > costi previsti e sopra-assorbimento se: volume effettivo > volume previsto e costi fissi unitari < costi previsti RICAVI DI VENDITA: si considerano il volume di vendita e il prezzo di vendita. Si può calcolare lo scostamento globale, di volume e di prezzo per l'azienda mono prodotto e anche lo scostamento di mix per l'azienda multi prodotto. 55 IL MODELLO A MARGINI LORDI L'analisi dei costi, oltre a essere utilizzata nel sistema di controllo dell'attività aziendale, è necessaria anche nei processi decisionali per mettere a confronto alternative diverse e verificare quali tra esse sia quella economicamente migliore. Occorre individuare la configurazione di costo più ridotta a tali finalità conoscitive e identificare un modello semplificato della complessa realtà aziendale. Per MODELLO ECONOMICO AZIENDALE si intende uno schema logico che accoglie per classi costi e ricavi riferibili ad un esercizio amministrativo per cogliere le relazioni che esistono tra tali classi in funzione del miglioramento di un risultato economico. Affinché il modello scelto sia più efficace occorre che sia semplice e concreto, in modo da individuare subito la soluzione dei problemi facendo ricorso al minor numero di relazioni tra costi e ricavi. Alla scelta del modello è essenziale lo scopo conoscitivo che si intende perseguire. A ogni modello corrisponde un fine conoscitivo: 1. REDDITO NETTO: conto economico a generale contrapposizione di costi, ricavi e rimanenze relativo a tutte le operazioni svolte in un esercizio e finalizzato alla determinazione di un risultato. 2. EXTRA REDDITO NETTO: deriva dalla contrapposizione tra costi e ricavi dell’intera produzione e finalizzato al controllo del livello di remuneratività dei ricavi. 3. MARGINE LORDO DI CONTRIBUZIONE: è espresso dalla differenza tra ricavi e costi ed è finalizzato alla valutazione delle scelte di convenienza economica. In generale con margine lordo si intende qualsiasi margine non netto. Esistono però diverse nozioni a seconda del numero di componenti negative che si sottraggono a quelle positive. La nozione più adatti per la formulazione di problemi di convenienza economico è legata alla distinzione tra: e CDV =COSTI DIRETTI VARIABILI: variano al variare del volume di produzione e sono riferibili direttamente a un prodotto in quanto il sostenimento di questi costi è motivo dall'ottenimento del prodotto stesso. e CDF = COSTI DIRETTI FISSI: sono costi fissi che si sostengono se si realizza il prodotto x e CIV = COSTI INDIRETTI VARIABILI: sono costi che pur essendo relativamente variabili al variare della produzione, non risultano tali con riferimento diretto al prodotto x. e CIF = COSTI INDIRETTI FISSI: non variano al variare della produzione e si supportano per realizzare l'intera produzione. I RICAVI sono riferibili a singoli oggetti di riferimento e variano al variare del volume di vendita. 56 MARGINE SEMI LORDO: (RICAVI RELATIVI A N OGGETTI) - (COSTI DIRETTI FISSI E VARIABILI) = UTILE OPERATIVO + COSTI FISSI E VARIABILI INDIRETTI Se i CDF e i CIV sono trascurabili o possono essere aggiunti ai CIF allora il modello si semplifica e diventa: MARGINE LORDO: (RICAVI RELATIVI A N OGGETTI) - (COSTI DIRETTI VARIABILI) = UTILE OPERATIVO + COSTI INDIRETTI FISSI Il margine lordo esprime come ogni variazione del primo membro si traduce in una variazione dell'utile operativo. Il margine permette di valutare il contributo economico di una scelta. Il modello è molto utilizzato nelle scelte di breve periodo per la sua semplicità, ma non è consigliato nelle scelte di lungo periodo perché più incerte. IPOTESI SU CUI SI FONDA IL MODELLO A MARGINI LORDI e ipotesi generali: riguardano la divisione in classi dei costi in base al loro carattere di variabilità e costanza al variare del volume produttivo e ipotesi specifiche: si riferiscono al modello in oggetto e riguardano la trascurabilità dei CIV. La loro presenza infatti inficia il risultato del modello perché per loro effetto un qualsiasi aumento del primo membro non corrisponderebbe ad un aumento dell'utile operativo. L’INCERTEZZA Le stime dei margini lordi, dato che si basano sulla previsione di costi e ricavi, sono incerte. E' possibile infatti che i ricavi e i costi a consuntivo non si manifestino e di conseguenza neanche i margini e il mix. L'incertezza che grava sui ricavi è maggiori a quella dei costi perché essi vengono influenzati da fattori imprevedibili come le abitudini del consumatore, il rapporto tra azienda e mercato, la pubblicità ... Questi fattori vengono considerati costanti anche se essi non hanno mai la stessa intensità che avevano in passato. Per trattare l'incertezza si usa la SPERANZA MATEMATICA che si ottiene sommando i prodotti tra i margini lordi globali e le rispettive probabilità statistiche. A volte però si utilizzano delle probabilità soggettive, perché la speranza presuppone serie storiche di dati che non è sempre possibile trovare. Chiaramente sono soggette a maggiore incertezza perché legate alle esperienze personali e alla previsione di eventi. SCELTE DI BREVE PERIODO Le scelte a supporto delle quali può essere utilizzato il modello a margini lordi possono essere di breve periodo o di lungo periodo a seconda dell'orizzonte temporale che l'azienda si pone. La differenza fondamentale sta nel diverso grado di incertezza, che è chiaramente maggiore nelle scelte di lungo periodo. Il modello può anche essere d'aiuto alle scelte che riguardano le ASA per quanto riguarda prodotti e mercati di sbocco. Le scelte di breve periodo non influenzano la capacità produttiva e vanno distinte in tre grandi categorie perché si comportano in modo diverso a seconda del tipo di azienda: e aziende che producono in serie e aziende che producono su commessa e azienda con produzioni tecnicamente congiunte. 57 1. AZIENDE CHE PRODUCONO IN SERIE: sono aziende che fabbricano prodotti in genere tutti uguali tra loro, per il magazzino e non su richiesta dei clienti. Il problema di queste aziende è dovuto all'accumulazione delle scorte, poiché se rimangono prodotti non venduti in magazzino si determina un immobilizzo finanziario e gli investimenti non giungono rapidamente alla fase di realizzo. In questo tipo di aziende si può avere: e CAPACITA’ PRODUTTIVA ANCORA DA SFRUTTARE - NON SATURA. In questo caso ci sono ancora dei margini di fattore della produzione raro da utilizzare. Si pongono tre problemi: 1. definire il volume di produzione relativamente ottimale: se infatti l'azienda opera in condizioni non sature è possibile che non si ottengano risultati migliori sfruttando la capacità produttiva al massimo. 2. stabilire come sfruttare al meglio la capacità produttiva residua: questo è un modo per capire se conviene vendere lo stesso prodotto in nuovo mercato. Se dovesse rimanere capacità produttiva non sfruttata si apre il terzo problema: 3. capire se è conveniente realizzare un nuovo prodotto e CAPACITA’ PRODUTTIVA PIENAMENTE UTILIZZATA - SATURA: in questo caso le scelte che bisogna fare sono relative al miglioramento dell’uso della capacità produttiva cercando di produrre maggiori quantità dei prodotti con cui si guadagna di più a scapito di quelli meno remunerativi. In entrambi i casi il modello risulta utile nelle scelte che riguardano: 1. L'individuazione del volume di vendita più rimuneratore: si deve e calcolare il margine semilordo = (ricavi — costi diretti) e scegliere il margine più alto corrispondente a un volume 2. L'introduzione di un nuovo prodotto o spostarlo in un altro mercato: in questo caso le fasi da applicare per determinare la convenienza di un nuovo prodotto sono: e si calcola il volume più remunerativo del prodotto A con i margini semilordi se rimane capacità produttiva non usata da A si introduce il prodotto B si calcola il volume più remunerativo del prodotto B con i margini semilordi e si sceglie il margine semilordo di B più alto. 3. Modificare il mix di vendita: quando si arriva alla saturazione della capacità produttiva bisogna trovare il modo di migliorare la performance aziendale nel breve periodo. Per ottimizzare il mix occorre: 1. AVERE DUE PRODOTTI A e B CHE USANO LO STESSO FATTORE RARO: è possibile effettuare delle variazioni all'interno del mix tenendo conto del volume sensibile, cioè quella quantità che se spostata da un mercato all’altro non fa variare i prezzi di mercato. 2. IL PRODOTTO B HA UN MARGINE LORDO UNITARIO MAGGIORE DEL MARGINE LORDO UNITARIO DI A. Il margine lordo unitario di B è detto MARGINE APPARENTE che si calcola prendendo come riferimento l'unità di prodotto. In questo senso il prodotto B sembra più conveniente. 60 2. gli impianti possono ancora produrre ma non risulta più conveniente: in questo caso si presentano due possibilità: 1. a) b) 0) gli impianti nuovi hanno una durata presunta pari a quella residua dell'impianto da sostituire: nel caso in cui si sostituisce l'impianto con uno con la stessa durata (magari per importanti cambiamenti tecnologici) bisogna capire se i ricavi derivanti dall'investimento siano in grado di coprire: il costo dell’impianto gli ammortamenti l'utile operativo non più recuperabile dal vecchio impianto Si suppone che i ricavi restano invariati e che si ottiene un risparmio sui costi variabili. Occorre calcolare: MARGINE DI GUADAGNO = RICAVI - COSTI REDDITO OPERATIVO COMPLESSIVO R.0 = Y RISPARMI SUI COSTI VARIABILI —- COSTO NUOVO INVESTIMENTO REDDITO OPERATIVO COMPLESSIVO RENDIMENTO ANNUO = N° ANNI NUOVO IMPIANTO SI CONFRONTA IL RENDIMENTO ANNUO CON IL RENDIMENTO DEI CAPITALI A MEDIO TERMINE IN ASSENZA DI RISCHIO: SE RENDIMENTO NUOVO IMPIANTO > RESA DEI CAPITALI N ASSENZA DI RISCHIO ALLORA LA SOSTITUZIONE RISULTA CONVENIENTE gli impianti nuovi hanno una durata superiore a quelli da sostituire: per la durata residua dei vecchi impianti si avranno minori costi variabili. Esaurita la durata, ai minori costi variabili si aggiunge il valore dell'utile e degli ammortamenti del vecchio impianto. Si deve calcolare la convenienza economica. Occorre: SI ATTUALIZZANO OGNI ANNO | MARGINI LORDI DIFFERENZIALI MARGINE LORDO TOTALE ATTUALIZZATO = X MARGINI LORDI DIFFERENZIALI REDDITO OPERATIVO = MARGINE LORDO TOTALE ATTUALIZZATO - COSTO NUOVO IMPIANTO REDDITO OPERATIVO REDDITIVITA’ CAPITALE = COSTO NUOVO IMPIANTO REDDITIVITA' CAPITALE REDDITIVITA’ ANNUALE CAPITALE INVESTITO = DURATA NUOVO IMPIANTO SI CONFRONTA LA REDDITIVITA’ ANNUALE CON IL RENDIMENTO DEL MERCATO DEI CAPITALI IN ASSENZA DI RISCHIO 61 Il valore di realizzo del vecchio impianto può coincidere o meno con quello residuo allo stesso impianto per calcolare il relativo ammortamento. e AMMORTAMENTO = VALORE RESIDUO ALLA DISMISSIONE COSTO ORIGINARIO - — VOLUME TOTALE PRODUZIONE — X VOLUME REALIZZATO NEL PERIODO Le dismissioni provocano costi se: 1. realizzo = costi si verifica una corrispondenza tra valore di realizzo contabile e valore di realizzo effettivo SOMMA ML - COSTO NUOVO INVESTIMENTO COSTO NUOVO INVESTIMENTO e REDDITIVITA’ TOTALE = REDDITIVITA' TOTALE * REDDITIVITA' ANNUALE = DURATA NUOVO INVESTIMENTO 2. realizzo > costi si ha una differenziale positivo che va a ridurre il costo del nuovo investimento (sopravvenienza attiva) SOMMA ML - (CNI - DIFFERENZA SUL REALIZZO) * REDDITIVITA' TOTALE = CNI - DIFFERENZA SUL REALIZZO REDDITIVITA' TOTALE * REDDITIVITA' ANNUALE = DURATA NUOVO INVESTIMENTO 3. realizzo < costi si ha un differenziale negativo che porta ad aumentare il costo del nuovo investimento. SOMMA ML - (CNI + DIFFERENZA SUL REALIZZO) CNI + DIFFERENZA SUL REALIZZO e REDDITIVITA’ TOTALE = REDDITIVITA' TOTALE * REDDITIVITA' ANNUALE = DURATA NUOVO INVESTIMENTO 2. SCELTE DI INVESTIMENTO PER AUMENTARE LA CAPACITÀ PRODUTTIVA: in questo caso oltre ai costi bisogna prevedere anche il modello dei ricavi- Alla base di queste scelte vi è la prospettiva di produrre di più, magari a causa dell'espansione della domanda o della relativa quota di mercato. Tuttavia capita che l'azienda vuole produrre di più ma all'aumento dell'offerta i prezzi si abbassano. Si deve valutare il contributo al reddito che si avrebbe dall’ampliamento della capacità produttiva. L'ampliamento può avvenire con sostituzione di impianti o senza. 1. con sostituzione: i vecchi impianti hanno una struttura monolitica, sono cioè programmati per realizzare un definito modulo di produzione e non possono essere ampliati. E' necessario sostituire il vecchio impianto e bisogna: 62 e STIMARE: VOLUME DI VENDITA, PREZZO DI VENDITA, COSTI VARIABILI E COSTI FISSI AL NETTO DEGLI AMMORTAMENTI e STABILIRE IL MODELLO DEI RICAVI E DEI COSTI ESCLUSI GLI AMMORTAMENTI E SI OTTIENE IL RISULTATO DELL’INVESTIMENTO e CONFRONTARE RISULTATO DELL’INVESTIMENTO PREVISTO CON IL RISULTATO ANTECEDENTE ALL’INVESTIMENTO e CONTRIBUTO DELLA SCELTA = REDDITO CHE SI OTTERREBBE APPLICANDO LA SCELTA - REDDITO CHE SI OTTEREBBE SENZA APPLICARE LA SCELTA e REDDITO = MARGINE LORDO TOTALE X TASSO CAPITALE LUNGO TERMINE - CNI REDDITO e RESA NUOVO INVESTIMENTO = N Gli ampliamenti con sostituzione vengono effettuati in luoghi diversi per permettere al vecchio impianto di continuare l’attività. 2. senza sostituzione: i vecchi impianti hanno una struttura differenziata ed è possibile produrre di più di ciò per cui erano stati programmati, ampliandoli. In questo tipo di impianti è solo l'aumento di reddito lordo inerente alla capacità aggiuntiva che si considera nei calcoli di redditività. Gli impianti differenziati sono tipici delle aziende che non raggiungono la saturazione. Non essendoci sostituzione non è necessario confrontare il nuovo investimento con il vecchio. Bisogna: e MARGINE DI CONTRIBUZIONE NUOVO INVESTIMENTO = RICAVI ADDIZIONALI — COSTI VARIABILI e REDDITO OPERATIVO + AMMORTAMENTI = MARGINE DI CONTRIBUZIONE N.I — COSTI DI STRUTTURA e REDDITO OPERATIVO AGGIUNTIVO NUOVO INVESTIMENTO = VALORI UTILE SUPPLETIVO - COSTO NUOVO IMPIANTO REDDITO OPERATIVO AGGIUNTIVO e RENDIMENTO NUOVO INVESTIMENTO = CNI e SI CONFRONTA IL RENDIMENTO CON LA RESA DEI CAPITALI IN ASSENZA DI RISCHIO 3. SCELTE DI INSTALLAZIONI DI REPARTI O STABILIMENTI DESTINATI A PRODURRE PRODOTTI NOTI SUL MERCATO: quando si vuole installare un impianto dedicato alla produzione di prodotti noti occorre confrontare il tasso di produttività del nuovo investimento con il tasso di rendimento offerto dal mercato. Relativamente al nuovo investimento l'azienda deve stabilire cosa produrre e quanto produrre. Si procede: 65 IL CONTROLLO DI GESTIONE COME SISTEMA Gli strumenti volti alla verifica delle condizioni generali e particolari del successo aziendale vanno considerati all'interno del SISTEMA DI CONTROLLO DI GESTIONE, strumento che mira ad aiutare i diversi responsabili delle attività nella valutazione del proprio contributo al successo aziendale. Il sistema può infatti essere considerato come uno strumento al servizio delle persone. Esso è una attività di guida che ha lo scopo di: definire obiettivi da perseguire programmare le attività da svolgere per perseguire gli obiettivi valutare l'efficienza e l'efficacia nell’impiego delle risorse valutare le prestazioni attraverso reporting apportare eventuali modifiche Tale processo si basa su un meccanismo di FEEDBACK = attività di programmazione + controllo effettuato a consuntivo. Il sistema si compone di tre componenti: struttura organizzativa, struttura tecnico-contabile e processo di controllo. 1. STRUTTURA ORGANIZZATIVA: è l'elemento soggettivo del sistema e riguarda le aree di responsabilità delineate come centri di attività. Un centro di attività è un'unità operativa in cui si realizzano processi produttivi omogenei ed è composto da: e soggetto responsabile: al quale riferire le attività del centro e levedirezionali: sono nelle mani del responsabile del centro, rappresentano le variabili sulle quali è possibile agire per perseguire gli obiettivi assegnati al centro in sede di budget. e fattori produttivi: l'acquisizione e l'impiego delle risorse attribuisce ai centri il costo del fattore produttivo usato. | fattori possono essere controllabili (si può decidere di avvalersi o meno del fattore interessato, come materie prime ed energia) oppure non controllabili (fattori acquisiti in passato per i quali il responsabile del centro si ritrova attribuito un componente di reddito negativo indipendentemente dall'impiego). e condizioni operative standard: ipotesi che riguardano i fabbisogni dei fattori produttivi in situazioni di normale svolgimento. e relazioni con altri centri. Ci sono 5 tipologie principali di centro: 1. centri di costo: definisce una relazione parametrica tra costi sostenuti e risultati ottenuti. Le leve a disposizione del responsabile riguardano la capacità di variare le risorse utilizzate e aumentarne l’efficienza. 2. centri di spesa discrezionale: i costi sostenuti conseguono risultati che riguardano la gestione globale. Essi non possono essere stimati in sede di budget perché è difficile stabilire un loro rendimento normale (formazione del personale, promozioni e pubblicità). Per valutarli bisogna considerare il loro effetto a lungo termine sulla gestione globale. Le leve dipendono dai risultati dei centri che usano i servizi del centro. Si è orientati alla professionalità e al rispetto di spesa a budget. 3. centri di ricavo: esprime i risultati in termini monetari. L'obiettivo è il ricavo di vendita. Le leve sono volte all'aumento del volume di vendita e riguardano prezzi, promozioni, dilazioni, servizi post-vendita ... 4. centri di profitto: accolgono i risultati globali. Possono dare ordini ai centri di costo e ricavo. Per valutarli si guarda al reddito operativo e al margine di contribuzione. 5. centri di investimento: riguardano il grado di remunerazione del capitale investito. | suoi risultati vengono valutati calcolando il ROI. 66 Esistono diverse configurazioni di struttura organizzativa. In ogni tipo di struttura i centri di attività vengono collocati in luoghi diversi: STRUTTURA FUNZIONALE: è una struttura di tipo gerarchico che presenza al proprio vertice la direzione generale. Alla direzione fanno capo gli organi raggruppati in base alle loro funzioni, detti organi di linea perché si trovano all'interno di una linea gerarchica di responsabilità. Vi sono poi gli organi di staff che non fanno parte della linea gerarchica. Articolazione tipica: centri di costo = organi acquisti e produzione centri di ricavo = organo commerciale centri di spesa discrezionale = organi di staff centri di profitto o di investimento = direzione STRUTTURA DIVISIONALE: struttura tipica di aziende maggiormente articolate come le banche. Le divisioni fanno riferimento a combinazioni prodotto-mercato-tecnologia o aree geografiche diverse. Ogni divisione ha al suo interno una struttura funzionale e ciascuna di esse si pone come livello intermedio tra direzione e singole funzioni. Tipica articolazione: centri di costo = organi acquisti e produzione di ogni divisione centri di ricavo = organo commerciale centri di spesa discrezionale = organi di staff centri di profitto o di investimento = direzione e responsabili delle divisioni STRUTTURA A MATRICE: struttura tipica delle aziende che producono su commessa, come ad esempio le imprese edili. Queste strutture sono divise in progetti autonomi e ogni responsabile del progetto dovrà utilizzare le risorse che vengono mobilitate dalle diverse aree di responsabilità di linea. Articolazione tipica: centri di costo = organi acquisti e produzione centri di ricavo = organo commerciale di ogni progetto centri di spesa discrezionale = organi di staff centri di profitto o di investimento = ogni progetto 2. STRUTTURA TECNICO-CONTABILE: è la componente oggettiva del controllo di gestione, ovvero gli strumenti di cui il controllo si avvale per aiutare le persone a svolgere le proprie attività. Tale struttura si traduce nella contabilità direzionale, che parte dalla contabilità generale e dai risultati del bilancio di esercizio e consente di analizzare costi e ricavi per processo o prodotto, attraverso strumenti come la contabilità analitica (budget e scostamenti). Il controllo di gestione utilizza anche strumenti extra-contabili che non si avvalgono del conto. Definizione “conto”: raccolta di scritture che riguardano un oggetto semplice (acquisti, vendite, crediti, debiti) il cui scopo è quello di rilevarne la variabile e grandezza nell’ambito di un più ampio sistema di valori costituito dalla contabilità aziendale. LIVELLI DI CONTROLLO (incrocio tra aspetto soggettivo e aspetto oggettivo) 1. CONTROLLO OPERATIVO: è orientato all'esecuzione di compiti e attività svolte dalle unità organizzative di livello inferiore per perseguire gli obiettivi stabiliti a budget. | dati e le informazioni che il controllo operativo deve fornire sono gestiti dai sistema transazionali. | dati raccolti sono la fonte principale dalla quale attingono i sistemi di livello superiore. 67 2. CONTROLLO DIREZIONALE: riguarda l'attuazione della strategia definita dal middle management che rappresenta le unità organizzative di primo livello all'interno delle quali sono individuati i responsabili di centro. Analizza i dati provenienti dai sistemi transazionali per formulare gli obiettivi da intraprendere, attuare le scelte e controllare periodicamente i risultati. Il controllo direzionale è prevalentemente orientato a promuovere l'efficienza gestionale. 3. CONTROLLO STRATEGICO: costituisce il terzo livello su cui si articola il sistema di controllo della gestione. E' orientato a favorire l'efficace conseguimento degli obiettivi aziendali valutando continuamente la coerenza della formula imprenditoriale con il sistema ambientale in cui opera l'azienda. Si basa su un meccanismo di FEEDBACK e FEEDFORWARD, il quale consente di valutare in itinere la plausibilità delle strategie e casomai modificarle. 3. PROCESSO DI CONTROLLO: consente di attivare la struttura organizzativa e muovere quella tecnico-contabile consentendo di svolgere la loro attività. Ciò avviene mediante reporting, cioè attraverso la diffusione periodica di informazioni sull'andamento della gestione. Il processo è quindi il meccanismo che consente al controllo di gestione di funzionare effettivamente attraverso una serie di attività consequenziali: v definizione degli obiettivi vY_ svolgimento delle attività v verifica dei risultati v_ azioni correttive Questo processo si realizza attraverso il feedback e il feedforward ed è costantemente supportato da un responsabile che si chiama controller. Il suo ruolo è quello di progettare o riconfigurare il sistema di controllo e di far coincidere gli obiettivi aziendali con quelli dei singoli gruppi. Egli deve essere un comunicatore abile a mediare tra le diverse esigenze dei centri di attività. 70 I PROCESSI A SUPPORTO DELLO SVILUPPO Secondo Zappa la caratteristica fondamentale dell'azienda è che essa è un sistema dinamico che si rinnova continuamente. Nelle aziende è necessario soffermarsi sulle motivazioni di fondo delle operazioni, cioè i valori, le conoscenze e le volontà degli uomini di raggiungere risultati migliori di progresso professionale e personale. E' importante identificare quali sono i fattori aziendali suscettibili di ostacolare o promuovere l'affermazione di conoscenze e valori superiori. Secondo moderne teorie (Kuhn e Schon) il successo delle aziende deve innanzitutto essere inteso come orientamento a migliorare la capacità di apprendimento per migliorare i processi di scambio e di sviluppo: e processi di scambio: sono processi già maturi che generano risorse finanziarie e processi di sviluppo: caratterizzano quello che ancora deve avvenire nella vita dell'azienda e solitamente precedono i processi di scambio Queste teorie sono focalizzate sulla creatività e l'innovazione. In alcuni sistemi sociali la conoscenza esistente può vivere una situazione di: e omeostasi: tendenza a resistere ai cambiamenti attraverso un feedback negativo che considera le nuove conoscenze come azioni sovversive e morfogenicità: indica un sistema aperto alla conoscenza e caratterizzato da feedback positivo. FATTORI CHE CONDIZIONANO L’APPRENDIMENTO: a) formazione dell’imprenditore: la business idea ha origine nell'imprenditore. - Imprenditore specialista: ha una formazione monolitica finalizzata alla realizzazione di una certa idea - imprenditore generale: è in grado di elaborare un progetto in base all'ambiente b) struttura organizzativa: per ogni struttura si ha apprendimento diverso. Per esempio in una struttura burocratica l'attività dell'uomo è molto rigida perché dominata dai regolamenti, in questo tipo di strutture vi è poca libertà e quindi un basso livello di apprendimento che porta ad un pessimismo generalizzato vedendo la missione dell'impresa come un insieme di norme da rispettare. In strutture aperte invece, con canali di comunicazione ottimali, vi è la capacità di trasformarsi e adattarsi a diverse situazioni. c) sistemi di controllo: sono fondati sull'esame degli scarti tra risultati previsti e ottenuti. Possono condurre a scelte sbagliate se applicati in forma rigida. d) sistema dei compensi: comprende i premi concreti, le opportunità di carriera ... Se l'imprenditorialità è premiata allora l'azienda è aperta all'apprendimento con buone possibilità di sviluppo. 71 LO SVILUPPO INTEGRALE Lo sviluppo integrale è il movimento da una posizione di un sistema ad un’altra ritenuta migliore. Non ogni movimento implica sviluppo. Possiamo distinguere tra sviluppo integrale dell'uomo e dell'azienda, anche se entrambi camminano di pari passo. Lo sviluppo integrale dell'uomo non è unidimensionale ma avviene lungo tutte le dimensioni dell'atto che egli compie. La qualità dell'atto dipende dal significato che la persona dà all'atto stesso. Non tutti gli atti hanno la stessa intensità a seconda del soggetto che li compie. Lo sviluppo integrale dell'azienda è pluridimensionale infatti ogni decisione deve passare al vaglio di un quadruplice orientamento che riguarda: raggiungimento di un risultato economico riflesso che il risultato può avere sul sistema dei valori riflesso sui soggetti destinatari dell’attività aziendale, cioè i clienti riflesso nei confronti del sistema socio-economico e ambientale L'azienda infatti non può avere come unica preoccupazione quella di fare soldi ma deve anche preoccuparsi di porsi come promotrice di sviluppo integrale a beneficio della società. Lo scopo principale dello sviluppo integrale è infatti la creazione di valore condivisibile con tutti coloro che hanno un rapporto diretto e indiretto con l'azienda. Si può verificare lo sviluppo integrale delle aziende tramite il bilancio sociale delle istituzioni. Le aziende possono pervenire alla consapevolezza dell'esigenza di uno sviluppo per vie diverse. Vari casi: a) aziende che sorgono per motivi puramente economici: sono quelle aziende che raggiungono risultati economici significativi sin da subito e che concepiscono il loro ruolo successivamente. Dopo un po' di tempo infatti capiscono di dover accrescere il grado di soddisfazione interno e il proprio ruolo sociale. b) aziende che hanno origine da particolari concezioni di dignità del lavoro: sono aziende che si sviluppano in seguito ma che sono caratterizzate da una certa filosofia del lavoro che consolida una forte cultura interna. c) aziende che nascono con una chiara consapevolezza della quadridimensionalità dello sviluppo: sono quelle aziende straordinarie che vedono chiaramente il loro sociale e caratterizzate da sistemi originali per risolvere gravi problemi. 72 CRISI DI IMPRESA E STRATEGIE DI SUPERAMENTO Nell'azienda non ci sono solo processi di sviluppo ma anche processi involutivi dovuti ad incapacità insite nel sistema che ne impediscono lo sviluppo. Questi processi possono derivare da iniziative incompatibili con le risorse finanziarie disponibili o essere più di natura economica legate a uno squilibrio di lungo periodo tra costi e ricavi. Le crisi economiche diventano presto crisi finanziarie se non vengono affrontate tempestivamente innescando processi di sfiducia che compromettono l'economicità del sistema. Le crisi devono essere risolte generando autonomia finanziaria, patrimoniale e finanziaria. | processi di crescita possono avvenire solo in presenza di una classe dirigente responsabile e autonoma. PROCESSI DI RISANAMENTO: possono essere caratterizzati da momenti essenziali 1. RICERCA DELLE CAUSE DELLA CRISI: le cause spesso non si ritrovano nella mancanza di risorse finanziarie ma nell'incapacità dei soggetti di assumersi le loro responsabilità. Il primo passo è allontanare questi soggetti e riassettare il governo dell'impresa. 2. INVESTIMENTO NELLE RISORSE PRIMARIE sui dirigenti e sul capitale. Il nuovo vertice aziendale deve diffondere un clima positivo, di fiducia e di ottimismo sulla possibilità di superare la crisi. 3. AFFERMAZIONE DI UN NUOVO CLIMA ORGANIZZATIVO: effetto della fase precedente. Occorre ricreare un buon clima sia interno che esterno riscattando l'immagine dell'impresa attraverso un nuovo clima di opinioni. 4. CAPOVOLGIMENTO DELL’ANDAMENTO REDDITUALE si devono verificare nel breve termine possibilità di miglioramento e recupero di margini di redditività. 5. RIORIENTAMENTO DELLE RISORSE: si devono infine fissare degli obiettivi nel lungo termine volti a ricostruire l'immagine aziendale. E' in questa fase che occorre investire in tecnologia, prodotti e mercati. Per crisi di azienda si intende il venire meno della coordinazione economica delle operazioni. Per analizzare la crisi: e approccio sistemico allo studio della crisi: individua le cause della crisi e analisi sulla coordinazione aziendale: verifica i livelli di economicità e solvibilità e consente solo di individuare gli effetti della crisi sull'azienda. Secondo Vergara la crisi può avere origine nell'inadeguato adattamento: e degli obiettivi al sistema aziendale e delle scelte agli obiettivi e dell'azione concreta alle scelte aziendale In relazione all'origine della crisi può prospettarsi un intervento di revisione degli obiettivi, delle scelte e delle azioni. Bisogna anche considerare lo stadio di avanzamento della crisi cioè la gravità raggiunta dal fenomeno, che dipende dal ritardo della presa di coscienza di essa. Quanto più grave è la crisi e diffusa e profonda tanto maggiore si presenta il caos. L'INTERVENTO IMPRENDITORIALE: vi è la prassi diffusa di ricercare l'equilibrio economico perduto attraverso il ricorso a energie imprenditoriali esterne ai sistemi dissestati. Questa prassi è spesso adottata dallo Stato e da Enti pubblici, ma anche in aziende non in crisi. 75 OBSOLESCENZA Nel passato, per obsolescenza si intendeva l' invecchiamento economico e il deprezzamento dei fattori tecnici poliennali della produzione per effetto del progresso tecnico. Tale visione classica si concentrava sul lato “hardware”, ovvero gli impianti, i macchinari, le infrastrutture. In realtà l'obsolescenza può riguardare anche il modello organizzativo e di gestione delle imprese, quindi l'organigramma aziendale, i meccanismi operativi, quelli di leadership. | fenomeni che favoriscono o attenuano il manifestarsi dell'obsolescenza sono: e evoluzione tecnica e fenomeni di aziende che stimolano l'innovazione e fenomeni di aziende che fungono da remora all'innovazione e fenomeni di mercato che alterano la situazione dei prezzi Tutti questi possono distinguersi in endogeni ed esogeni. e endogeni = fenomeni che hanno origine all'interno dell'azienda e esogeni = fenomeni esterni che riflettono sulle scelte aziendali e impongono trasformazione. Quindi possiamo definire l'obsolescenza come /a minor durata effettiva, rispetto a quella programmata, dei fattori la cui capacità produttiva viene acquisita per periodi poliennali. Per RISCHIO DI OBSOLESCENZA si intende l'eventualità che la durata effettiva di una struttura tecnico-organizzativa sia minore di quella programmata. Ciò si traduce in un danno che consiste nella non soddisfacimento della reintegrazione dei costi e nell'anticipato sostenimento di oneri di ristrutturazione. Il rischio non è identico in ogni istante della durata della struttura per il fatto che l'obsolescenza diventa maggiormente prevedibile man a mano che ci si avvicina alla fine della vita utile della struttura, pertanto il rischio ha un andamento decrescente: il rischio cresce a partire dalla fase di avviamento fino a quando gli investimenti cominciano a trovare reintegro attraverso i realizzi. Poi decresce quando i realizzi coprono i costi di struttura e i costi di esercizio e si annulla nel momento in cui si riescono a coprire tutti i costi. Procede decrescendo nel momento di realizzazione degli utili fino a quando si raggiunge la redditività massima della struttura. Da questo momento in poi la redditività dell'investimento diminuisce fino a quando i ricavi non saranno più in grado di coprire i costi. E opportuno sostituire il fattore produttivo nel momento in cui gli utili iniziano a decrescere e il costo della sostituzione sarà in parte coperto dagli utili derivanti dalla precedente struttura. Non è sempre detto che la struttura riesca a raggiungere gli obiettivi che ci si era posti, quindi i costi sostenuti non riescono a essere reintegrati dai ricavi. In tal caso è necessaria una ristrutturazione in itinere. Può accadere che la struttura non venga mai sfruttata in modo soddisfacente e che quindi perduri in una condizione di redditività negativa. L'OBSOLESCENZA TOTALE è quella determinata dalla differenza tra la durata effettiva e quella programmata di una struttura tecnico-organizzativa e si riferisce all'intera vita di essa. 76 L'OBSOLESCENZA DI PERIODO si calcola per l'esigenza di determinare la quota di obsolescenza da attribuire ad ogni singolo esercizio amministrativo per esigenze di valutazioni di bilancio. La definizione di tale quota è caratterizzata da incertezza (decrescente con il passare del tempo) e arbitrarietà in riguardo all'entità della quota da ripartire (crescente proporzionalmente al numero di esercizi considerati). Per calcolare l'obsolescenza di periodo si possono utilizzare vari criteri: e Criterio che ripartisce i costi in proporzione alla produzione realizzabile in ciascun esercizio: X = (C/P)x p Dove: C è il valore netto dei costi di struttura da ripartire; P è la produzione totale; p è la produzione nel periodo. e Criterio che riguarda l’incertezza. Viene attribuita una maggiore quota agli esercizi iniziali per la presenza di una elevata incertezza sulla manifestazione dell'obsolescenza. Tale quota va via via decrescendo con il susseguirsi del tempo e quindi degli esercizi amministrativi. e Criterio che riguarda il grado di sfruttamento della struttura. Si attribuisce una quota inferiore all'inizio e alla fine del ciclo di vita della struttura, una quota massima nella fase di affermazione a causa dell'andamento campanulare del grado di sfruttamento. e Criterio che considera sia l’incertezza sia lo sfruttamento. Il costo della struttura viene diviso in due parti: in quella che riguarda l'incertezza, si segue quel criterio. La rimanente parte viene ripartita secondo l'altro criterio.
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