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RIASSUNTO ECONOMIA AZIENDALE, Schemi e mappe concettuali di Economia Aziendale

RIASSUNTO ECONOMIA E GESTIONE AZIENDALE

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 26/02/2023

NOYYYYY
NOYYYYY 🇮🇹

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Scarica RIASSUNTO ECONOMIA AZIENDALE e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! Economia Aziendale 14-09-2020 LEZIONE 1 CHE COS’É L’ECONOMIA AZIENDALE L’economia aziendale è una scienza social e (soft science, si distingue da quella hard) che considera le azioni umane con i suoi caratteri di variabilità ed imprevedibilità. All’interno delle scienze sociali ci sono le scienze economiche, come la macroeconomia ed economia aziendale. L’ economia aziendale studia l’attività economica svolta all’interno degli istituti, con lo scopo di supportare le scelte, soddisfano i bisogni con una quantità scarsa di risorse, cercando di ottenere il massimo risultato con il minimo spreco delle risorse a disposizionequindi è la scienza che studia il fenomeno del soddisfacimento dei bisogni umani. SCOPO= fornire conoscenze di base necessarie per comprendere le condizioni di esistenza e di logiche di funzionamento delle aziende secondo un’ottica sistematica e di sviluppo sostenibile. SCIENZE EC ONOM IC H E Le scienze economiche studiano le attività di produzione e di consumo dei beni atti a soddisfare i bisogni delle persone (mutabili ed imprevedibili) e si suddividono: • economia politica (macroeconomia – studia l’economia globale delle nazioni) • economia aziendal e (microeconomia). Pian piano, l’economia aziendale ha iniziato a staccarsi dall’economia politica, per poi diventare una materia a parte. La prima definizione di economia viene data da Giuseppe Zappa, definendola come scienza dell’amministrazione economica delle aziende. La scienza ha un metodo . L’innovazione di G. Zappa fu rilevante sotto 3 diversi profili: 1. Scientifico: riordina le discipline, le teorie e le tecniche. 2. Metodologico: momento induttivo (osservando, riesco a capire quali sono i processi che regolano una norma, formando una teoria) o deduttivo (dalla regola, deduco la procedura o il processo es. matematica). L’economia aziendale fonda questi due metodi, studiando le azioni umane e ricavandone poi le varie regole. 3. Concettual e : elabora un nuovo sistema contabile, cioè la partita doppia con il metodo reddituale (la ricchezza non è costituita solo dai beni, ma anche dalla capacità di creare dei valori). L’economia aziendale, perciò, raggruppa tutta una serie di tecniche e trattazione volte a guidare gli operatori economici dal punto di vista pratico. - Ragioneria: (rilevazione, contabilità scienza dei conti) - Tecnica economia e di amministrazione (gestione) - Organizzazione (struttura aziendale e gerarchia, con i suoi reparti) Con l’economia aziendale ho una visione sistemica ed unitaria, cioè pensata come un unico blocco, raggruppando tutti i vari elementi, orientato verso lo stesso fine e scopo. Gino Zappa viene considerato “IL MAESTRO” dell’economia aziendale, il quale definisce l’azienda come una coordinazione economica in atto , svolta in modo coordinato, in continua evoluzione, istituita e retta per il soddisfacimento dei bisogni umani. L’economia aziendale si pone come obiettivo quello di supportare ed indirizzare il comportamento umano nelle scelte caratterizzate dalla scarsità di beni rispetto ai bisogni che le persone intendono soddisfare. CONCETTO DI BISOGNO I bisogni (esigenza di un bene necessario agli scopi della vita) vengono classificati in vari modi, come ad esempio: 1. Bisogno Naturale: dormire, alimentazione, respirazione 2. Bisogni Sociale: sentirsi appartenenti ad una comunità 3. Bisogni Primari: alimenti… 4. Bisogni Secondari: beni superflui 5. Bisogni Individuali: uscire a mangiare una pizza, bere un cocktail… 6. Bisogni Pubblici: la pace, la fine della guerra… Ipotesi alla base dei processi di scelta volti a soddisfare i bisogni: a) Dinamicità: età, reddito, sesso… b) Gerarchia dei Bisogni (vedi piramide di Maslow) c) Razionalità: l’uomo di natura è irrazionale Economia Aziendale 18-09-2020 LEZIONE 2 COSA NON È UN’AZIENDA? Se l’attività e conomica non avviene all’int e rno di un istituto, non vi e ne studiata dall’economia aziendale . Azienda ed Istituto NON sono lo stesso concetto: 9 Concezione istituzionale dell’azienda, rispetto alla quale l’esistenza dell’istituto sociale è un requisito immancabile e qualificante. Tale concezione ha reso possibile separare logicamente i fini dell’uomo – molteplici e misti nella loro natura – propri dell’istituto sociale, dalla funzione economica attribuita all’azienda. L’azienda è strumentale anche al perseguimento di fini non e conomici dell’istituto (es. a livello morale, religioso, culturale) Ad alcuni istituti, possiamo collegare diverse tipolo g ie di attività economi c a :  Istituto “Famiglia”  Azienda familiare: prevalentemente di consumo e di gestione patrimoniale  Imprese: principalmente attività di produzione e vendita di beni  Stato  Impresa Pubblica: attività contemporanea di produzione e di consumo. I soggetti che producono, sono gli stetti che ne usufruiscono (servizio sanitario, trasporto pubblico, sicurezza civile)  Istituto no profit : attività economica di produzione e di consumo, senza scopo di lucro. (ad esempio le associazioni sportive) Il comune fine generale è quello di soddisfare i bisogni umani e di mezzo (atti v ità economica ) . Differiscono nei fini immediati e nella loro struttura: ogni istituto ha i suoi fini specifici e la struttura adatta per raggiungere i tali. I fini immediati per i vari istituti sono : a) Famiglia: il soddisfacimento dei bisogni famigliar i b) Impresa: la remunerazione dei fattori di produzione devo essere in grado di remunerare tutti coloro che mi hanno dato un fattore di produzione (il capitale a rischio, con un dividendo, il lavoro con lo stipendio, i fornitori e il loro pagamento, le banche e i loro prestiti) c) Lo Stato: il fine immediato è quello di garantire ai cittadini il consumo di beni e servizi che non sempre il mercato “privato” mette a disposiz ione (ad esempio la sanità pubblica). Comprende anche attività a fini sociali (progresso, cultura) d) No profit: soddisfacimento dei bisogni dei soci che ne fanno parte (società sportive) A questi fini immediati, sono sempre abbinati delle affinità non economiche (a livello sociale, morale etc…). L’AZIENDA L’azienda è un sistema in quanto costituita da un insieme di parti ciascuna delle quali deputa a svolgere una determinata funzione per il raggiungimento di un risultato comun e (esiste una forte specializzazione all’interno delle varie strutture, ma il fine è sempre lo stesso. Tutto deve funzionare bene e in modo coordinato). Gli aspetti distintivi delle aziende sono :  Le finalità: con finalità dominanti di ordine economico e non economica. Insieme alla mia finalità dominante, può anche esserci una finalità non economica, come il welfare dei lavoratori, la tutela dell’ambiente, la beneficenza etc.  Portatori di interessi  Attività economiche prevalenti. Finalità:  Finalità istituzionali: sono le finalità primarie per la quale un istituto o un’azienda è stata istituita. Ad esempio soddisfare le attese degli Stakeholder (portatori di interessi nei confronti degli istituti)  Finalità Economiche: soddisfare i bisogni con risorse scarse  Finalità NON economiche: socialità, relazione… Portatori di Interessi : nei confronti di ogni istituto, si agganciano una serie di vari interessi (interessi economici, sociali, morali). 9 I vari insiemi di interessi posso essere parzialmente o totalmente in competizione fra loro . (scarsità delle risorse ad esempio io imprenditore pago gli stipendi ai lavoratori o ai fornitori? I lavoratoti hanno una famiglia, perciò devo scegliere bene a chi destinare le risorse) 9 Le varie relazioni sono caratterizzate anche dai rapporti di forza contrattuale fra le parti . Tante volte le scelte non sono guidate solo dalle risorse a disposizione, ma anche in termini contrattuali, dipende dalla forza negoziale. 9 Molte delle attese dei soggetti in gioco sono implicite e non dichiarate, ma sottintese ai valori e alle consuetudini in e ssere. LE CATEGORIE DI STAKEHOLDER SONO MOLTEPLICI. All’interno dell’impresa abbiamo: banche, fornitori, competitors, lavoratori, lo stato, gli azionisti, i clienti, gli assicuratoti, la collettività locale (rispetto dell’ambiente, il progresso del benessere), gli alleati istituzionali (franchising). Il sistema di interessi convergenti nelle famiglie è composto da: membri della famiglia, i prestatori di lavoro presso la famiglia, le aziende di assicurazione, gli istituti bancari, altre famiglie legate da un rapporto di parentela, lo stato (in quanto fornitore di beni pubblici e percettore di tributi) e i fornitori. Il sistema di interessi convergenti nello Stato, invece, è dato dalle imprese di proprietà pubblica, le amministrazioni locali, i fornitori di beni privati, i cittadini e i contribuenti. Il sistema di interessi convergenti negli istituti non profit , invece, è formato dai soci fondatori e dai principali fornitori, i volontari, i fornitori di beni privati, lo stato, la collettività generale e anche dagli altri istituti non profit sia alleati sia concorrenti. All’interno dell’area dei portatori di interessi economici e istituzionali, è presente il soggetto economico: INTERESSI ISTITUZIONALI (fanno parte dell’istituto) NON ISTITUZIONALI (non facenti parte dell’istituto) ECONOMICI PORTATORI DI INTERESSI ECONOMICI ISTITUZIONALI Conferenti capitale di rischio Prestatori di lavoro SOGGETTO ECONOMICO PORTATORI DI INTERESSI ECONOMICI NON ISTITUZIONALI (fornitori, banche, etc..) NON ECONOMICI PORTATORI DI INTERESSI ISTITUZIONALI NON ECONOMICI PORTATORI DI INTERESSI NON ECONOMICI NON ISTITUZIONALI (la comunità) Soggetto Economico  tutti quei soggetti che fanno parte dell’istituto economico, direttamente o indirettamente (ad esempio investendo), guardando al capitale di rischio. Dato che sono quelli che praticamente rischiano di più in termini monetari, hanno il diritto di prendere decisioni per l’istituto. Le attività economiche prevalenti  Aziende di produzione: vengono prodotti beni che hanno valore, ma l’istituto non li consuma. Esso svolge attività di scambio per soddisfare i bisogni del mercato. (SODDISFAZIONE INDIRETTA) ad esempio l’impresa.  Azienda erogativa: il valore creato ha destinazione all’interno dell’istituto. Svolge attività di consumo per il soddisfacimento dei bisogni dei diretti beneficiari (SODDISFAZIONE DIRETTA) ad esempio famiglia.  Azienda Composta: svolge attività di produzione e di consumo. Modello concettuale di riferimento dei rapporti con stakeholder Gli stakeholder interessati ad un certo istituto, danno delle risorse, aspettando qualcosa in cambio da parte dell’azienda stessa. L’istituto prende tali risorse e, attraverso l’attività economica, li trasforma, creandone un valore (remunerazione, le tasse). Questo valore viene riemesso nell’ambiente, e viene sottoposto agli stakeholder. Se quest’ultimi non sono soddisfatti, l’istituto non riceve più risorse. Se il ciclo si interrompe, l’istituto cessa di esistere. I SISTEMI ECONOMICI Nel corso della storia, si sono sviluppati varie tipologie di sistemi e modelli economici: 1) Modello dell’autoconsumo: formato da gruppi primitivi, che esauriscono al proprio interno le attività di produzione e di consumo (AUTOCONSUMO). Vengono anche definite come Economie Primitive. Economia Aziendale 21-09-2020 LEZIONE 3 LA STRUTTURA AZIENDALE – VARIABILI CHE COMPONGONO L’AZIENDA 1. ASSETTO ISTITUZIONALE L’azienda viene sempre rappresentata come un sottoinsieme dell’ambiente, in cui vi è una collaborazione con i soggetti esterni.  Secondo uno schema generale, ogni istituto è visto come un insieme di soggetti. Per far funzionare l’istituto, questi soggetti offrono dei contributi, come materiali e competenze. Per tale motivo, questi ultimi ricevono ricompense o benefici, che possono essere materiali, immateriali o entrambi.  Nel loro insieme tali soggetti configurano i portatori di interessi (ovvero gli stakeholder). Possono essere sia interni che esterni.  L’analisi dell’assetto istituzionale è importante per valutare la capacità di un istituto di durare nel tempo (circolo virtuoso in cui gli stakeholders danno qualcosa, ottenendo un risultato). Per garantire il “circolo virtuoso” è essenziale un governo unitari o , dove i contributi di tutti i soggetti vengono combinati secondo un disegno unitario, tenendo conto che alla base c’è la specializzazion e (con la quale si riesce ad abbattere i costi di transazione) dei singoli soggetti. La specializzazione può, a volte, portare anche ad una situazione di disordine, perciò è necessario un disegno unitario in cui tutti devono aderire. Inoltre, la responsabilità delle decisioni ultime deve essere attribuita ad un solo organo, secondo un principio di unità di comando (responsabilità decisionale in accordo con le finalità istituzionali e basata sulla visione d’insieme contributi-ricompense). Ciò è importante perché l’organo ha una visione completa e congiunta di tutto l’istituto. Se non dovesse esistere, ogni settore dell’azienda farebbe ciò che vuole, seguendo così una logica conflittuale e disordinata, con un conseguente marasma del sistema stesso. L’assetto istituzionale è la configurazione dei portatori di interessi nei confronti dell’istituto, dei contributi che tali soggetti forniscono all’azienda, delle ricompense e dei benefici che ne ottengono, dei fini istituzionali e delle strutture di governo che regolano in equilibrio dinamico in lungo periodo le relazioni. Gli interessi possono essere di varia natura, talvolta in competizione o complementari, caratterizzati da un’eventuale asimmetria contributi/ricompense. Le relazioni con l’azienda possono essere delineate da diversi gradi di forza contrattuale e molte attese restano implicite. Non sempre i soggetti sono interessati solo a livello monetario, ci sono anche condizioni non economiche. Inoltre ci sono interessi impliciti, che non sempre sono chiari, ma che inconsciamente sono comunque richiesti. SHAREHOLDER THEORY  STAKEHOLDER THEORY Negli anni ‘60, gli azionisti (sha r eholders) erano la sezione di stakeholder considerati più importanti, perché investono il capital e di rischi o . Questa logica si è poi rivelata dannosa per gli istituti, dando nascita ad una serie di scandali finanziari e problematiche economiche. (shareholder theory - friedman). Freeman (filosofo) dichiara che è vero che gli azionisti sono importanti, ma bisogna prendere in considerazione anche tutti gli altri stakeholder. Coinvolgendo tutti i gli stakeholder si ottengono benefici non solo a livello sociale-morale-ambientale, ma anche a livello economico. (https:/ /www.youtube.com/watch ?v=VHGTsEwbOJY ) L’integrazione dinamica dei contributi è necessaria per lo svolgimento dell’attività economica, ma non sempre è semplice da realizzare. Infatti ci sono degli ostacoli che impediscono una perfetta integrazione: 1) La specializzazione economica: gli istituti hanno bisogno di soggetti con specifiche risorse e competenze tra loro complementari. La specializzazione, tuttavia, implica obbiettivi differenti e la necessità di un disegno complessivo 2) La remunerazione dei contributi avviene in una situazione di risorse limitate, creando così un’atmosfera di competizione 3) Informazione incompleta ed incertezza, che porta a comportamenti opportunistici 4) Non sempre è possibile determinare il contributo dei singoli (team work) 5) Diversa propensione di rischio: diversa motivazione, impegno, coinvolgimento 6) Chi usufruisce o patisce per i risultati residuali Le leve che favoriscono l’integrazione fra i contributi sono: 1) Soggetti che risolvono i conflitti: organi massimi di governo che, con le loro decisioni, guidano il comportamento di tutti gli appartenenti all’istituto. 2) Soggetti che percepiscono i risultati residuali: chi decide, rischia maggiormente. 3) Assetto organizzativo (struttura): per giudicare e guidare i comportamenti interni. 4) Meccanismi contrattuali, di controllo, alleanza: riducono il rischio di comportamenti opportunistici nelle relazioni esterne grazie ad una gestione preordinata delle relazioni (es. contratto, con le sue regole e norme). Tutte le decisioni vengono prese per tenendo in considerazione gli scopi e i fini dell’istituto. SOGGETTO D’ISTITUTO In linea di principio, quindi, tutti i portatoti di interessi dovrebbero partecipare al governo d’istituto. Questo perché tutti i soggetti partecipano in qualche modo al compimento del fine aziendale. Tuttavia ciò determinerebbe un’altra serie di problematiche: 1) Elevati costi di gove rno e complessità organizzativa tale da impedire qualsiasi decisione: se tutti dovessero intervenire, non si deciderebbe più nulla. 2) Qualità e tempi delle decisioni inadeguati alla vita dell’istituto e alla sua attività. 3) Mancato riconoscimento della maggiore criticità di alcuni contributi: se tutti partecipano, tutti avanzano delle attese che sono legittime. In alcuni momenti di vita dell’istituto, però, ci sono delle attese più importanti di altre ma, naturalmente, colui che deve riceve un “riconoscimento” non è interessato alla situazione. Per tale motivo, una o poche categorie di po rtatori di interessi partecipano direttamente al governo dell’istituto  soggetto d’istituto , mentre le altre categorie partecipano att r averso altri meccanismi indiretti di rappresentanza e controllo. Al soggetto d’istituto fanno capo 2 insiemi fondamentali di diritti e doveri: a) Il diritto-dovere di governar e , ossia guidare l’istituto e di prendere le decisioni ultime. Se le decisioni prese non si rivelano giuste e quindi si ottiene una perdita o una situazione negativa, devo fare a capo di questa situazione e “sopportare” il tutto. b) Il diritto di godere dei residuali positi v i e farsi a carico deg l i eventuali risultati residuali negativ i . Perciò, il soggetto d’istituto porta interessi istituzionali, economici e non economici, e si distingue dal soggetto economico, il quale si fa a capo principale di interessi economici istituzionali. Il soggetto economico ha il diritto-dovere di: P Scegliere chi contribuirà alla vita e conomica dell’istituto (= con quali stakeholder l’istituto entrerà in contatto) P Fissare strategie-obbiettivi-politic he aziendali ovvero le finalità a cui l’istituto si ispirerà 2) Imprese ad Assetto Proprietario Non Capitalisti c o : i diritti di proprietà non sono assegnati ai conferenti del capitale di rischio ma ad altre categorie di soggetti, investendo un'altra tipologia di capitale (conferenti di lavoro, conferenti di prodotti) 3) Imprese ad Assetto Proprietario Misto: diritti di proprietà assegnati a più soggetti (lavoratori + azionisti) 4) Imprese con Diritti Proprietari Limitati: i diritti di governo sono in misura rilevante esercitati da soggetti esterni all’impresa oltra ai proprietari (es. settori fortemente regolamentari come telecomunicazione, trasporti, ma anche i gruppi di istituti, dove si trova un capogruppo che decide le varie linee strategiche).  Una volta c he hai deciso come vuoi gestire quei diritti di pr oprietà ovvero a chi li vuoi dar e, segue la scelta della forma giuridica 1 b) LA FORMA GIURIDICA Generalmente i soggetti che hanno l’idea imprenditoriale sono coloro che si attivano direttamente per realizzarla, mettendo a disposizione o recuperando le risorse necessarie ed assumendo il potere decisionale. La forma dell’esercizio collettivo dell’attività di im presa è chiamata società (= connotazione giuridica, ovvero che la vita di quel istituto è regolata da contratti tra le parti che regolano il conferimento delle risorse da parte dei diritti di proprietà). Alla sua creazione, vi è stipulazione di un contratto plurilaterale (atto costitutivo) che regola i conferimenti delle risorse da parte dei promotori (soci). La forma giuridica suddivide le imprese in: 1) Impresa Individuale: l’imprenditore è l’unico responsabile della gestione d’impresa. Risponde con i propri beni. Esempio: Anna ha l’idea della app, recuperare le risorse e da avvio alla sua attività economica. È lei che mette il capitale di rischio e lei che è responsabile della gestione della sua idea. 2) Società Di Persone: prevale l’elemento soggettivo, rappresentato dai soci, che nell’insieme hanno responsabilità giuridica. Società Di Capitali: l’elemento del capitale prevale concettualmente e normativamente sull’elemento soggettivo dei soci. Hanno proprietà giuridica e autonomia patrimoniale perfetta. Dal punto di vista giuridico, il soggetto giuridico è l’impresa, quindi un’identità non fisica concreta umana. È l’impresa in generale che assume e risponde ad obblighi e doveri legali di legge. Società Cooperative: hanno scopo mutualistico, cioè quello di fornire ai soci delle condizioni più vantaggiose rispetto a quelle fornite sul mercato (es. Coop – Carta Fedeltà “Socio Coop”). Potrei partecipare alle scelte dell’istituto. 1 testa=1 voto. Possiedono una finalità più sociale. Anche in questo caso, è l’impresa ad essere soggetto giuridico. A questo punto, quale tipologia di forma giuridica mi conviene scegliere? Bisogna prendere in considerazione alcune variabili e caratteristich e , come:  Flessibilit à : bisogna coniugare il rischio dell’attività economica e gli interessi degli stakeholders. In questo caso, gli stakeholders potrebbero prediligere, ad esempio, le società di persone, perché possono prendere possesso tutto il capitale personale e i beni anche dei soggetti in caso di bancarotta o fallimento dell’istituto.  Costi di gestione: nelle società di persone sono minori, rispetto a quelle delle società capitali  Riflessi Fiscali: in alcuni casi, possono esserci vantaggi fiscali, come ad esempio nelle società di persone rispetto alle società capitali  Rischio Imprenditoriale  Investimento Iniziale  Compagine Sociale : l’insieme delle persone che hanno deciso di mettersi insieme per costituire una società per svolgere un’attività imprenditoriale Esistono, però, anche società “particolari” :  Le s.r.l semplificate (società a responsabilità limitata), dove il minimo per aprire una società di questo tipo, l’investimento iniziale è di euro 1, fino a 10 000 euro. La responsabilità è, appunto, limitata solamente al capitale versato. È più difficile, però, richiedere capitale da parte degli istituti di credito.  Le “Start Up”: una società con elevate potenzialità di sviluppo in settori economici innovativi. Possono avere un sacco di agevolazioni, ma ad alcune condizioni particolari.  Lo “Spin Off” : società che operano in settori ad alta innovazione, come a livello di ricerca e innovazione (sinonimo) es. affiliazioni centro di ricerca delle università. Deve nascere da un istituto già esistente. 2 a) SCELTA DEGLI ORGANI DI GOVERNO E DI CONTROLLO  ASSETTO DI GOVERNO DELLE IMPRESE In generale, nell’assetto proprietario capitalistico, vi sono stakeholder che sono stabilmente all’interno dell’istituto e che vanno a formare il soggetto d’istituto. Se è costituito da una grande quantità di soggetti, vengono scelti dei soggetti di rappr e sentanza (rappresentanti). L’organo in cui vengono decisi tali rappresentanti si chiama Assemblea Dei Soci. 9 L’assemblea dei soci è il momento in cui vengono scelti i rappresentanti delegati ad effettuare le scelte aziendali. Il soggetto d’istituto va anche a costituire il CdA ( consiglio di amministrazione ) o l’organo di amministrazione, che prenderà le decisioni di governo dell’istituto stesso. All’interno del consiglio di amministrazione possono trovarsi i conferenti di capitali ma anche soggetti che non fanno parte del soggetto economico, che quindi non conferiscono capitale di rischio, come ad esempio i dipendenti e i lavoratori. Quest’organo, nell’effettuare delle scelte aziendali, deve prendere in considerazione non solo i soggetti interni all’azienda, ma deve effettuare decisioni a tutela di tutti gli stakeholder dell’ambiente dell’istituto. Per far sì che tale teoria venga rispettata, il Legislatore ha deciso di istituire gli organismi di controllo, sempre scelti dal soggetto d’istituto, atti a supervisionare le scelte che vengono effettuate nei confronti dell’impresa. Gli organismi di controllo non per forza devono essere interni ad un istituto. Esempio: Banca Italia che controlla banche, Azienda Territoriale Sanitaria– rispetto regole igienico- sanitarie.  Gli organismi di controllo esterni servono per tutelare gli stakeholder e per evitare il fenomeno del soggetto economico improprio . Detto ciò, una volta delineati gli organismi di amministrazione e di controllo, viene delineata la loro organizzazione in modo da risultare efficiente in base alla tipologia di azienda creatasi. In Italia, le imprese possono scegliere fra tre modelli di assetto di governo: MODELLO DUALISTICO ORIZZONTALE (TRADIZIONALE): Viene definito dualistico perché l’organo di amministrazione è separato dall’organo di controll o , e orizzontale perché entrambi vengono nomi n ati dall’ass e mblea dei soci (costituita dai conferenti di capitale di rischio). Il Collegio sindacale (organo di controllo) non ha nessuna responsabilità di tipo strategico, perciò non prende decisioni a livello aziendale. MODELLO DUALISTICO VERTICALE (ES. GERMANIA UNICO MODELLO): In Italia è espressione solo della proprietà, mentre in Germania fanno parte anche i lavoratori dell’assemblea dei soci Questo consiglio di sorveglianza è un organo di controllo particolare perché è un organo di controllo che ha anche altre responsabilità strategiche, vuol dire che non fa solo controllo ma può anche intervenire nelle scelte strategiche dell’organo di amministrazione. Ed è questa la particolarità di questo modello . Dato che il Consiglio di Gestione non viene scelto direttamente dall’assemblea dei soci, l’organo di amministrazione non sempre ha piena libertà in ambito decisionale. Per contenere questa situazione, vengono introdotti anche degli Amministratori Indipendenti che effettuano scelte libere da ogni vincolo, con una visione più morale, oggettiva. Negli istituti in cui viene scelta questa tipologia di modello, se l’organo di controllo non approva le decisioni del consiglio di gestione, tale decisione non si realizza. Esempio: In Italia questo modello è stato utilizzato dalla A2A quando è nata, ha usato questo modello per la fusione del comune di Milano con il comune di Brescia, ma ora sono torni al tradizionale. MODELLO MONISTICO (ANGLOSASSONE): Non si chiama più dualistico perché non c’è più la separazione dell’organo di controllo dall’organo di amministrazione. In questo modello, l’assemblea dei soci decide il Consiglio di Amministrazione (organo di amministrazione) mentre l’organo di controllo ( comitato controllo e rischi “audit committee” ) viene scelto internamente dal Consiglio di Amministrazione stesso. Nonostante possa sembrare un modello non pulito e sicuro, in realtà nelll’Audit Committee fanno parte solo amministratori indipendenti, liberi, perciò, da ogni influenza e conflitto aziendale. Chi controlla che vada tutto bene è il mercato finanziario: se le azioni calano, vuol dire che gli amministratori non stanno lavorando nel modo giusto. Economia Aziendale 28-09-2020 COMBINAZIONE ECONOMICHE LEZIONE 5 Sono parte del sistema di accadiment i : insiemi di azioni e di fenomeni che si manifestano nell’azienda nel suo insieme e che, di conseguenza, l’economi aziendale studia (l’azienda influenza l’ambiente e viceversa). Le azioni e i fenomeni, che possono essere economici e non economic i , formati da relazioni molteplici. Le combinazioni economiche dell’istituto sono un insieme di operazioni economiche svolte all’interno dell’istituto. Per poter capire l’economia degli istituti, è essenziale saper analizzare l’articolazione, spesso complessa, ossia la struttura delle combinazioni economiche. Le combinazioni economiche possono essere suddivise in: 1) Attività di Produzione: ottenere beni dotati di valore (OUTPUT) 2) Attività di Consumo: consumare beni dotati di valore (INPUT)  Le operazioni : sono le unità elementari delle o p erazioni/combinazioni economich e . Tutte queste operazioni sono legate fra loro. L’insieme di tali operazioni danno l’origine al Processo . Il valore di un istituto non è dato solo dai beni, ma anche dalla capacità di portare avanti un flusso continuo di processi. I processi sono dati da operazioni di stessa specie e con stessi oggetti. Da qui la definizione di Coordinazioni economiche parzi a li o funzioni : viene attuato da un insieme di processi economici, cioè operazioni di medesima specie (acquisto) e ma con oggetti different i . Ordino tutti gli accadimenti economici in base al processo. Le Combinazioni economiche parziali o ASA (aree strategiche d’affari) sono date invece da insiemi di processi per specie (ad esempio acquisto, trasformazione e vendita) ma omogenei per oggetto (esempio vestito) è Le coordinazioni economiche parziali : dette anche funzioni, si caratterizzano da processi con una propria funzione , e con competenze specialistiche applicate (fabbricare i prodotti, venderli, acquisire risorse finanziarie, gestire il personale, ecc.) al loro svolgimento (competenze di produzione, di marketing, di finanza, di organizzazione ecc.) Vi sono delle principali classi di coordinazione: • Operazioni Istituzional i : operazioni che determinano la nascita, il disegno di base, le trasformazioni e le cessazioni di un istituto. • Operazioni di gestione : operazioni attraverso le quali viene attuata l’attività economica di produzione e di consumo. Possono essere classificate secondo il loro profilo (reddituale, monetario/patrimoniale) o in macro-aree: gestione caratteristica, gestione finanziaria, gestione patrimoniale, gestione tributaria, gestione straordinaria. • Operazioni di organizzazione: progettazione dell’assetto organizzativo e gestione del personale. • Operazioni di rilevazion e : raccolta, elaborazione, conservazione, diffusione di dati ed informazioni. 1 a) OPERAZIONI DI GESTIONE, le macro-aree: N Gestione Caratteristica: insieme delle operazioni di gestione che indentificano la “funzione economico-tecnica” tipica di ciascuna azienda. Esempio: La gestione caratteristica di una Banca è quella di negoziare capitale di credito, la gestione caratteristica delle Assicurazioni è quella di negoziare il rischio, la gestione caratteristica di un Supermercato è quella di produrre il servizio. N Gestione Patrimoniale: chiamata anche gestione accessoria, impiega le risorse monetarie eccedenti i fabbisogni della gestione caratteristica: produce redditi addizionali rispetto a quelli della gestione caratteristica mediante l’impiego di disponibilità originate dal risparmio. La gestione patrimoniale è in linea di principio una gestione “attiva”, ma talvolta può provocare perdite. Si attua attraverso negoziazioni di capitale di rischio, di capitale di prestito e di beni. Le variabili da tenere in considerazione nella gestione patrimoniale sono: il rendimento, il rischio, il grado di liquidità e il trattamento fiscale. Esempio: prendiamo un’azienda che fa le scarpe, il suo obiettivo è quello di produrre scarpe, venderle e con quei ricavi produrre altre scarpe. Poniamo che ha alto valore di profitto e investa questo denaro e quindi diventa gestione patrimoniale perché invece si investirlo nella propria attività, investe in altro come acquisto/affitto di fabbricato. N Gestione finanziaria: copre il fabbisogno finanziario dell’impresa, ossia il fabbisogno di mezzi monetari necessari per l’attività aziendale mediante negoziazioni di capitale proprio o di prestito (il costo del capitale di prestito è l’interesse calcolato su quest’ultimo). Viene abbinata alla gestione caratteristica per far fronte ai guadagni o alle perdite di un istituto. 9 Gestione finanziaria in senso lato quando comprende le negoziazioni di capitale proprio e di prestito 9 Gestione finanziaria in senso stretto quando comprende le negoziazioni di capitale di prestito La Gestione finanziaria è una gestione “passiva”: comporta interessi passivi sul capitale di terzi e remunerazioni del capitale proprio. Le principali variabili da considerare sono: tempo di permanenza del capitale, impiego e costo del capitale. N Gestione Straordinaria: è legata a dei costi o ricavi estranei all’attività ordinaria di un’azienda (esempio: alto rimborso dell’assicurazione dato da un incidente o da un accadimento alla struttura dell’azienda). Può essere attiva o passiva. È presente anche nel conto economico. N Gestione Tributaria: consiste nella liquidazione del pagamento della vasta gamma di tributi che le aziende devono corrispondere allo Stato e altri enti pubblici, a fronte di beni pubblici ricevuti. La gestione tributaria è tipicamente una gestione passiva. Le varie gestioni sono utili nella formazione del conto economico, utile a valutare i risultati di tali gestioni. Esempio : abbia 3 aziende A, B e C, hanno tutte gli stessi ricavi della gestione caratteristica (il fatturato). I ricavi sono il valore che sono in grado di creare, il costo è invece il valore che io consumo per creare i ricavi. Notiamo che l’azienda C ha più costi per creare il ricavo. La gestione patrimoniale per quando riguarda l’azienda A fa investimenti che rendono +10, l’azienda B non fa investimenti mentre l’azienda C fa investimenti che rendono +90. La gestione finanziaria è data dal costo del capitale che ho preso in prestito. Il risultato prima delle imposte è dato da: ricavi della gestione caratteristica - costi della gestione caratteristica - oneri della gestione assicurativa - oneri della gestione finanziaria + risultato della gestione patrimoniale. GESTIONE CARATTERISTICA NO PROFIT:  Produzione e consumo contemporaneo, raccolta dei contributi (non è finanziaria, perché i fondi sono a fondo perduto).  Gestione tributaria : spesso gli istituti no profit sono soggette ad agevolazioni fiscali.  La gestione finanziaria non è sempre presente perché tecnicamente n o n dovrebbero indebitarsi. LE COMBINAZIONI ECONOMICHE PARZIALI ASA (AREA D’AFFARI) 9 Sono caratterizzate da processi di specie diversa ma con un unico oggetto. Esempio “Mulino Bianco”: Gli alimenti per la prima colazione e del pomeriggio sono due aree strategiche divise e ben definite. Sono tenute distinti perché vi è una differenza di calorie: la colazione solitamente è composta da alimenti più sostanziosi ed equilibrati, mentre nella merenda pomeridiana, i prodotti ha un apporto calorico minore, adeguato al fabbisogno nutrizionale giornaliero. Per l’azienda è importante mantenere queste tipologie di alimenti in due blocchi diversi, per scopi di marketing e pubblicità. Esempio di spot per la colazione della Mulino Bianco: come possiamo notare, in questo caso la pubblicità rappresenta una coppia seduta a tavola che fa colazione. Se dovessimo paragonarla ad un altro spot sempre della Mulino Bianco, ma con un prodotto destinato allo spuntino pomeridiano, l’alimento viene inserito in un contesto più dinamico e vivace. Molte imprese attuano più combinazioni economiche parziali o, con altra espressione, operano in più “aree di affari”. Una combinazione economica parziale è definita da una certa gamma di prodotti destinata a un certo mercato (una combinazione prodotto-mercato). Ad esempio, un istituto editoriale, nella stessa impresa può operare contemporaneamente in più aree di affari • quotidiani di informazione • quotidiani sportivi • riviste di moda • libri di narrativa e saggistica • libri scolastici Per quanto distinte, le combinazioni economiche parziali di una stessa impresa sono sempre strettamente interconnesse Le negoziazioni: le combinazioni economiche si attuano attraverso operazioni di gestione interna (progettazione, produzione, rilevazione) ed operazioni di gestione esterna o negoziazioni (che coinvolgono anche soggetti esterni). Si definiscono negoziazioni ciò che avviene alla presenza di relazioni esterne con altri istituti. Alle negoziazioni sono correlati costi di transizione. Principali classi di negoziazione: • Di beni privati: scambio di beni fra privati • Di beni pubblici: quando lo Stato fa parte di una parte che negozia con l’azienda • Di lavoro • Di capitale di rischi o : proprietario che acquista quote, azioni. Compravendita di proprietà • Di capitale di prestito: con, ad esempio, gli istituti di credito. • Di rischi particolari: con istituti di assicurazione (incendio, furto, rischi di cambio) Le negoziazioni sono caratterizzat e da: costi di transazione, asimmetria informativa, inv e stimenti specifici, forza contrattual e (le negoziazioni reali non si svolgono mai in condizioni di perfetta trasparenza, conoscenza, lealtà ed equilibrio di potere delle parti. In altri termini, non si svolgono in condizioni di razionalità assoluta e di mercati perfetti) A questo punto ci domandiamo, allora, quali criteri si devono seguire per la “corretta” gestione delle risorse scarse?  Ricorreremo al criterio base dell’economicità. Consiste nel perseguire i fini istituzionali remunerando tutte le condizioni di produzione (materie prime, materiali, merci), svolgendo l’attività economia, utilizzate per svolgere le combinazioni economiche. Bisogna sempre cercare di remunerare chi ha prestato un fattore di produzione all’istituto. Nel caso in cui un’azienda non riesca, essa non riceverà più tali risorse, arrivando così ad un punto in cui il “ciclo virtuoso” dell’istituto cessa di esistere, e di conseguenza l’impresa non potrà più soddisfare i bisogni del mercato. Economia Aziendale 02-10-2020 LEZIONE 6 INTRODUZIONE: L’economia aziendale si pone come obbiettivo principale quello di supportare e indirizzare il comportamento umano nelle scelte caratterizzate dalla scarsità di beni rispetto ai bisogni che le persone intendono soddisfare. Secondo quali criteri devono essere svolte le combinazioni economiche di cui abbiamo nella scorsa lezione? Per rispondere, bisogna prima definire due concetti: 1) L’ equilibrio istituzional e 2) L’ economicità EQUILIBRIO ISTITUZIONALE Si realizza quando gli attuali membri e i potenziali dell’istituto sono motivati a far parte dell’istituto ed a permanervi. Condividono i valor i e gli obiettivi che ispirano la vita dell’istituto, le sue strutture e modalità di governo e le logiche organizzative. Inoltre, ricevono ricompense e benefici giudicati equi rispetto ai contributi forniti. Questo equilibrio è caratterizzato per essere a lungo periodo, che sottende la continuità o durabilit à dell’istituto e la sua autonomia . DURABILITÀ ECONOMIC A si intende il perdurare dell’istituto affinché:  Le attese di coloro che si relazionano con l’istituto siano soddisfatte nel lungo periodo (un’attesa eccesiva di breve termine non sempre rende risultati positivi. Es. scandali societari come quello di Eron)  L’istituto continui a soddisfare nel tempo le attese dei nuovi membri. L’azienda è un organismo vitale. Ciò impone che l’istituto si adegui anche alle nuove modalità e dinamiche aziendali.  Non vada perso il patrimonio di competenze e relazioni che l’istituto ha creato nel tempo. Significa che l’istituto deve sopravvivere a prescindere dai membri che di volta in volta ne fanno parte. Fenomeno dell’inclusione parziale  un soggetto può far parte di più istituti. DURABILITÀ AZIENDALE - L’azienda, l’ordine economico dell’istituto, deve svolgersi secondo condizioni di vita e di funzionamento tali da consentire di durare nel tempo in un ambiente m utevole e dinamico . - La continuità e lo sviluppo di un istituto hanno un valor e e i suoi membri attuali, f uturi e per la collettività generale AUTONOMIA Consiste nella libertà di scegliere i propri fin i e le proprie modalità di govern o . Ogni istituto può scegliere le proprie modalità di governo, sempre rispettando norme e leggi. All’interno di certi limiti, un istituto sceglie l’assetto organizzativo dell’istituto . Si verifica in concreto, quando ad esempio un istituto si autoalimenta in termini di risorse, ossia non ricorrere sistematicamente a interventi di sostegno da parte di altri istituti (coperture di perdite e interventi di sostegno realizzati anche per via indiretta, come esenzioni fiscali, manovre di debito pubblico, ecc). Il principio della continuità aziendale è alla base della redazione del bilancio (strumento per gli stakeholder). La nota integrativa, in questo momento, rappresenta un elemento molto importante che gli stakeholder devono prendere in considerazione, perché è qui che si delineano le varie incertezze dell’istituto riguardanti la durabilità e la capacità di continuare a costruire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un arco temporale futuro. Da qui il concetto di standardizzazione: abbattimento dei costi di produzione, ma con una scarsa scelta per il consumatore e, in ambito lavorativo, e basso livello di motivazione del personale di catena. I prodotti o i servizi erogati con una modalità di produzione come questa vengono chiamati prodotti di massa. Esistono, però, altre modalità per perseguire la massima efficienza, come il The Toyota Production System: prima della Seconda Guerra Mondiale la Toyota operava solo nel settore tessile, poi, in seguito ad una riconversione aziendale, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, diventa prettamente meccanica, sfruttando tali tecnologie in ambito automobilistico. La caratteristica del “lavoratore giapponese” e quello di cercare di essere sempre coinvolti nel lavoro che viene svolto. L’attività viene svolta così ché gli sprechi vengano ridotti al minimo. Dal 1991, fu coniato il termine lean (snello), racchiudendo in esso principi e tecniche nate in Giappone. La lean production è un a filosofia volta a massimizzare l’efficienza riducendo gli sprechi. L’obiettivo di tale filosofia è la riduzione degli sprechi per permettere l’aumento del valore aggiunto nel prodotto/servizio offerto al cliente. Secondo questa teoria, il cliente non dovrebbe pagare gli sprechi a causa dell’incompetenza dell’azienda. Gli sprechi non creano valore, perciò il cliente non è costretto a sopportarli.  Percorso lean production:  Per ridurre gli sprechi, prima si evidenzia lo spreco , definisco le priorità di intervent o (parto dal presupposto che gli sprechi sono tantissimi), organizzo gli eventi correttiv i (workshop kaizen), in cui soggetti di ogni gerarchia cercano di lavorare insieme per analizzare gli sprechi, per poi monitorare i risultati. Appena finisci il ciclo, riprende, perché la teoria sancisce che ci sarà sempre un altro spreco. Gli sprechi più i m portant i sono: 1) Sovrapproduzion e : è la produzione o l' acquisizione di un bene prima che esso sia veramente richiesto; (riempio il magazzino, i prodotti non vengono venduti, diventano obsoleti, perciò invendibili e quindi, diventano uno scarto). • Produzione anticipata rispetto alla domand a : la situazione ottimale sarebbe quello di produrre a richiesta. • Creazione di stock per sopperire a difettosità note del processo produttivo: Esempio : Fermo impianti, consiste nel produrre di quantità più elevate per far fronte al fermo impianti. • Lotti di p r oduzione troppo grand i 2) Tempi di attesa : quando viene a mancare un'ottima sincronizzazione tra le varie fasi del processo, oppure vi sono tempi morti di produzione, o ancora tempi di attesa dovuti a problemi di bilanciamento/coordinazione o derivano da: • Mancanza di coordinazione fra le attività • Scarsa manutenzione preventiva • Produzione in grandi lotti • Assenza di ordine e pulizia 3) Trasporto: movimentazioni eccessive di beni non giustificate. Ogni volta che un prodotto viene sottoposto ad un movimento, rischia di essere danneggiato, perso, ecc…, oltre ad essere un'attività di non- valore aggiunto. Il trasporto non comporta alcuna trasformazione al prodotto che il cliente sia disposto a pagare. Le principali cause di trasporto non necessario possono essere: • Non adeguata progettazione del layout. Difficoltà nel movimento nell’ambiente aziendale. • Lotti troppo grandi • Operatori con competenze scarse o non eterogenee 4) Processo inadeguato (over-processing ) : attività del processo non necessarie. Tutto quello che crea rallentamenti del flusso, scarti sui prodotti e incremento dei costi, comporta uno spreco. Ad esempio: • Inadeguata progettazione del processo • Strumenti, macchine, automazioni non adeguate 5) Scorte/Giacenz e : • Lotti troppo grandi • Produzione anticipata rispetto alla domanda • Colli di bottiglia nel processo produttivo • Attività a monte troppo veloci rispetto quelle a valle • Considerazione delle scorte quali necessità fisiologica 6) Movimenti: movimenti all'interno del ciclo di lavorazione ossia riferiti ai macchinari o agli operatori • Errata progettazione del layout • Assenza di ordine e pulizia • Attività svolte in zone isolate • Scarso coinvolgimento dei lavoratori 7) Prodotti difettosi : prodotti con difetti riscontrati lungo il processo o prodotti rigettati dal consumatore. • Risorse produttive difettose • Mancanza/inadeguatezza di procedure/istruzioni • Lavoratori con scarse competenze • Macchine/strumentazione non adeguata LE MODALITÀ OPERATIVE DELLA LEAN PRODUCTION Il processo produttivo è svolto in Work Cell (celle di lavoro). La cella è un'unità di lavoro ben definita e delimitata, con stazioni di lavoro (completi di impianti, attrezzature, ecc…) che permette di produrre il più alto nu m ero di prodotti si m ili , contenendo tutte le attrezzature, impianti e risorse umane necessarie allo scopo. Solitamente, invece, le organizzazioni sono strutturate attraverso layout o reparti funzionali. Il prodotto da realizzare transita, in questo modo, attraverso vari reparti, formando code all'entrata di ogni reparto. Le distanze fra i reparti, inoltre, non sono di solito ottimizzate, così come la comunicazione e il coordinamento fra i reparti stessi. Nelle celle operative, c’è tutto l’occorrente per creare un prodotto finito o semi-finito Il Tempo: il tempo di attraversamento è l’indicatore più importante per un’azienda caratterizzata da una line production. Il tempo di attraversamento è dato dalla somma dei tempi di lavorazione e dai tempi di transito: LT=tl +tt 9 tl: tempi di lavorazione = somma tempi ciclo CTi = Σ CTi (i da 1 a n fasi produttive) 9 tt: tempo di transito = somma tempi di attesa (ta), tempi di giacenza (tg) e tempi di trasporto (tr) “Solo le attività che aumentano il valore dall’ottica del cliente sono attività di creazione di valore. Tutto il resto è spreco. (Muda)” Creazione di valore: attività cha aumentano il valore nell’ottica del cliente Spreco: attività che non aumenta il valore nell’ottica del cliente (il cliente paga soltanto ciò che è valore per sé, non paga lo spreco) Creazione di valore è tutto ciò per il quale il cliente è disposto a pagare Lo spreco causa costi elevati e a lungo termine porta a problemi di competitività. Si deve individuare ed accettare lo spreco per poi poterlo ridurre al minimo o eliminarlo Economia Aziendale 05-10-2020 LEZIONE 7 BILANCIO DI ESERCIZIO Il principale modello di rappresentazione dell’economicit à è il modello del Bilancio di Esercizio. È l’atto a fornire le risposte alle seguenti esigenze conoscitive: 9 “L’attività economica svolta dall’impresa sta producendo gli utili attesi o sta generando perdite? Si possono remunerare adeguatamente tutti i fattori produttivi?”  REDDITO, ovvero capacità di creare valore maggiore rispetto al valore delle risorse che consumo, ed il reddito è la differenza fra i ricavi, creazione di valore e i costi (=consumo di valore o valore delle risorse acquisite)EQUILIBRIO REDDITUALE ovvero equilibri tra ricavi e costi. 9 “In questo momento di quali beni dispone l’impresa? Quali sono i suoi diritti e le sue obbligazioni nei confronti di terzi?”  PATRIMONIO EQUILIBRIO MONETARIO FINANZIARI O Grazie alle varie informazioni e al bilancio di esercizio riusciamo a definire l’attività dell’azienda sotto un punto di vista oggettivo e sintetico. SISTEMI DI RILEVAZIONE Le informazioni sono dati organizzati che servono per soddisfare le esigenze conoscitive di un soggetto.  Per esempio la situazione debitoria di un cliente può essere un’informazione I dati sono la rappresentazione originaria e grezza dei fenomeni aziendali.  Per esempio il numero di una fattura, importo, data di emissione. Per passare dai dati alle informazioni mi servono dei processi  SISTEMA INFORMATIVO È composte da strutture (=Insieme di elementi e di relazioni che rendono possibile la produzione dell’informazione) e processi (=fasi di trasformazione dei dati per ottenere le informazioni) che raccolgono, conservano, elaborano e distribuiscono i dati e le informazioni aziendali. Gli STRUMENTI DI ELABORAZIONE dei dati possono essere suddivisi secondo più prospettive:  Dati quantitativi monetari (o misure economiche) : ovvero quelli espressi in moneta, rappresenta una parte importante dell’economia aziendale, in quanto mi permette di paragonare fenomeni, anche di varia natura, fra loro. Ad esempio: i costi, le vendite, i ricavi, crediti.  Dati quantitativi non monetari : quelli non espressi in moneta. Ad esempio: numero di ore erogate, il numero di beni/servizi consumati o erogati  Dati qualitativi: verificare il livello di soddisfazione da parte di tutti i soggetti dell’ambiente aziendale. Per raccogliere ed elaborare le misure economiche si ha la possibilità di utilizzare: a) Rilevazioni statistiche: vengono utilizzati strumenti di raccolta diversi dal conto, a scelta, ritenuti più opportuni alle diverse esigenze conoscitive, come tabelle, grafici, schemi. b) Rivelazioni contabili: rappresenta l’alternativa più rigorosa, utilizzando le varie scritture contabili. Gli OGGETTI della rilevazione, sono diversi a seconda del livello decisionale a cui è destinato, ed esistono in sostanza 3 macro-livelli decisionali: 9 la pianificazione strategica 9 l’attività direzionale 9 l’attività operativa PIANIFICAZION E STRATEGICA ATTIVITÀ STRATEGICHE  Scelta degli obiettivi aziendali  Scelta delle risorse  Definizione delle politiche di comportamento PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO ATTIVITÀ TATTICHE  Programmazione delle risorse disponibili per un uso efficace ed efficiente  Controllo sul conseguimento degli ATTIVITÀ OPERATIVE ATTIVITÀ OPERATIVE  Conduzione a regime delle attività aziendali 9 La parte più alta è quella degli organi di vertic e , in questo ambito le informazioni servono per prendere delle decisioni strategiche di medio-lungo termine. Esempio: presidiare il mercato americano, semplicemente vendendo dei prodotti o mettendoli nel nostro punto vendita. 9 La parte centrale è l’attiv ità direzionale, ovvero è il “collante” fra la strategia e l’attività operativa, sono sistemi che servono per far sì che le decisioni di vertice passino in qualche modo alla base della piramide. Esempio: controllo del raggiungimento degli obiettivi programmati, rispetto delle politiche aziendali. 9 Alla base della piramide ci sono le attività operative ovvero quelle gestionali (negoziazioni, trasformazioni, la gestione con i clienti) Le FINALITÀ della rilevazione: conoscere il fenomeno  Questa attività di raccolta e organizzazione delle informazioni mi serve, prima di tutto, per conoscere quelli che sono stati gli accadimenti che si sono verificati nell’istituto, una volta che conosco questi accadimenti posso usare le informazioni per decidere. Rilevazione Finalità Informative o indicative  Conoscere Prescrittive o decisorie  Decidere Valutative o di controllo  Valutare Ad esempio: se io non avessi delle registrazioni sulle negoziazioni con terze economie (ovvero acquisto/vendita di prodotti), io non saprei qual negoziazioni si sono realizzate. S C A M B I O S C A M B I O Esempio: “L’andamento del fatturato lo scorso anno si è attestato fui 3 milioni di euro, considerando l’avvio della politica di espansione dei paesi del sud-est asiatico, si auspica un aumento di almeno 5 punti percentuali l’anno prossimo. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi sperati l’azienda intende investire in un rafforzamento della sua presenza commerciale sul territorio avvalendosi di intermediari locali” Finalità informativa Le informazioni in questo caso mi servono a decidere se mi conviene mantenere il mercato in un determinato paese Finalità di valutazione  Strumenti di rilevazione contabili: L A CONTABILITÀ GENERALE (CO.GE.) La contabilità generale è un sistema informativo, che raccoglie ed elabora misure economiche, usa come strumento di raccolta il conto (= modo di raccogliere i dati e ordinarli secondo dei criteri in modo rigoroso) e ha come obiettivo principale la misurazione di quantità complesse, ossia rappresentare l’azienda nella sua globalità (reddito di esercizio e capitale di funzionamento). La contabilità generale documenta gli accadimenti aziendali per costruire una traccia informativa dello svolgimento dell’attività. È il sistema di scritture da cui deriva il bilancio di esercizio, per cui la sua tenuta è obbligatoria per legge. I valori si riferiscono ad accadimenti passati relativi a scambi con terze economie . LA CONTABILITÀ ANALITICA (CO.AN.) È uno tra gli strumenti di rilevazione contabil i , impiegata per la misurazione, la rilevazione, la destinazione e l'analisi dei costi e dei ricavi. Si riferisce ad oggetti particolari (funzioni aziendali, prodotti, clienti, …) o all’azienda nel complesso; può avere orientamento temporale al passato o al futuro (ad esempio i budget), non è obbli g atoria (tranne per la Pubblica Amministrazione) per legge in quanto risponde a specifiche esigenze informative aziendal i . Può essere inserita nel sistema di CO.GE. (sistema unico), essere svolta in stretto collegamento con la CO.GE. (sistema duplice contabile) o essere tenuta in modo extra-contabile. CO. AN. RISORS E TRASFORMAZIONE OUTPUT GESTIONE INTERNA CO. GE.  Per far scattare la rilevazione della contabilità generale è necessario lo scambio con terze economie mentre la contabilità analitica si occupa sia dello scambio con le terze economie e tiene conto anche di quello che succede all’interno dell’istituto ovvero i processi interni. ESEMPI: Ad es. acquisto di materie prime per € 500 gi . D Aspetto numerario —_o__ Variazione Numeraria passiva —s_ Uscita monetaria o Cassa 500 Ad es. vendita prodotti finiti per € 5.000 e 7 Aspetto numerario Variazione Numeraria attiva Er Diritto a riscuotere (entrata futura) os Crediti vs/clienti 5.000 Aspetto economico O rl Variazione economica negativa a Costo MP 500 Aspetto economico O —_ Variazione economica positiva —o_ Ricavo —o_ Vendita prodotti 5.000 ----- Ad es. Riscossione di meta credito vs/clienti Aspetto numerario Variazione Numeraria attiva Entrata monetaria Ca - ssa - + - 2.5 - 00 - Aspetto numerario Variazione numeraria passlva Diminuzione di un'entrata futura (esercizio parziale del diritt - o - a ri - scu - ote - re) Crediti vs/clienti -2.500 NON TUITE LE ENTRATE MONETARIE SONO CORRELATE A RICAVI Ad es. Pagamento debito vs/fornitori 2.000 euro Aspetto numerario Variazione Numeraria passiva Uscita monetaria Aspetto numerario Variazione numeraria attiva Diminuzione/Azzeramento di un'uscita futura (adempimento di un - o - bbl - igo - ) - Cassa -2.000 Debiti vs/fornitori +2.000 Esiste un bilancio vero? La chiusura fittizia dell’esercizio implica che, accanto a grandezze economiche certe – ossia dati incontrovertibili relativi a fenomeni accaduti – si debba procedere a stime e a congetture. Le stime sono approssimazioni ad un fenomeno che non si conosce ancora in modo definito (devono essere credibili). Le congetture sono basate su ipotesi-finzione (si usano convenzioni contabili). Non può e sistere un bilan c io vero, ma VERITIERO (ossia esprimere un quadro fedele della situazione aziendale). Economia Aziendale 09-10-2020 LEZIONE 8 I DOCUMENTI DI BILANCIO (D.Lgs. 139/2015 in recepimento Dir. 34/2013/UE): art. 2423 c.c. Il bilancio di esercizio è un insieme di 4 documenti: a) Stato patrimoniale b) Conto economic o c) Nota int e grativa d) Rendiconto finanziario: dal 2015 su direttiva comunitaria (obbligatorio solo per le società di rilevanti dimensioni) Il bilancio è, inoltre, corredato dalla relazione sulla gestione (non è documento ufficiale del bilancio) ovvero è il contesto in cui l’azienda ha operato o intende operare. a) STATO PATRIMONIALE Lo stato patrimoniale è una sorta di fotografia del patrimonio di un'azienda alla fine di ogni anno, dove figurano le risorse a disposizione, le loro fonti e i loro impieghi. In mezzo ad ogni fotografia vi è la gestione che cambia lo stato patrimoniale ed è rappresentato dalle grandezze f l uss o (=conto economico) ed è il REDDITO, definito come variazione del capitale iniziale per effett o della gest i one . La grandezza dello stato patrimoniale è detta grandezza fond o . b) CONTO ECONOMICO** Il conto economico è quel documento che mostra la variazione del capitale (stato patrimoniale) da un anno all'altro. Per la precisione il conto economico è il prospetto che mostra, in modo dettagliato, i costi d’esercizio (=valore delle condizioni di produzione: input) e i ricavi d’esercizio (=valore dell'output), ossia: 9 I costi per l’acquisto delle materie prime e dei servizi, rettificati in modo da rappresentarne l’effettivo consumo (rimanenze) 9 I costi che esprimono la partecipazione dei beni pluriennali alla formazione del reddito d’esercizio (ammortamento). Si parla di ammortamento quando, per esempio, si acquista un impianto da utilizzare per più anni: il suo acquisto non va a gravare tutto sul bilancio di un anno 9 Gli accantonam enti (es. TFR, trattamento di fine rapporto: soldi accumulati per molti anni) 9 I ricavi per la vendita di prodotti, nonché le rettifiche di costo per i prodotti completati ma non ancora ceduti.  Tali valori si riferiscono alle cosiddette grandezze-flusso.  Il conto economico trattiene quelle grandezze flusso di reddito costi e ricav i  Lo stato pat r imonial e trattiene quelle grandezze fondo che sono relative alla fotografia delle risorse che si hanno, ovvero il patrimonio. **IL CONTO ECONOMICO – ART. 2425 COD.CIV. L’obiettivo del legislatore è quello di far vedere le gestioni (ossia gestione caratteristica, tributaria, finanziaria, accessori ESEMPIO: Confronto delle imprese. A) Situazione equilibrata: una buona redditività della gestione caratteristica è ulteriormente migliorata dalla gestione patrimoniale. La gestione finanziaria non compromette il risultato di quella caratteristica. B) L'utile deriva dalla gestione patrimoniale; senza quest'ultima il reddito netto sarebbe nullo. C) È l'azienda con la migliore gestione caratteristica, ma è fortemente penalizzata dalla gestione finanziaria Le PASSIVITÀ: • Il capitale conferito dai soci (capitale proprio) • I mezzi finanziari (debiti di finanziamento) • I debiti sorti a causa dell’acquisto di materie prime o beni strumentali (debiti di funzionamento) • Le liquidità negative L’utile d’esercizio (ricchezza creata) è una fonte di finanziamento originata dalla gestione; esso costituisce il compenso per i soci, che possono decidere se prelevarlo e in che misura. L'utile d'esercizio va in passivo nello stato patrimoniale in quanto fonte che sostiene l'investimento. La perdita d’esercizio (ricchezza consumata) rappresenta un impiego antieconomico di risorse (va nelle passività ma con segno negativo). IL CAPITALE ECONOMICOIn ipotesi di funzionamento ESEMPIO: In quest’azienda l’attivo immobilizzato, che rimarrà in azienda per tanto tempo, è il 25% (gli impianti sono pochi) Passivo: 15% dato dalle risorse dei soci (capitale sociale), poi il 35% di passivo consolidato (obblighi a lungo termine) e passivo corrente (50% a breve termine). Immobilizzazioni 25% coperte da passivo consolidato del 35%: ottima cosa. Dallo STATO PATRIMONIALE possono trarsi giudizi in merito a:  Composizione e struttura degli impieghi: elasticità strutturale dell’azienda (adattamento al mercato) ed efficienza nell’impiego delle risorse investite  Composizione e struttura delle fonti (rischio finanziario): rischi minori se capitale proprio, maggiori se le fonti sono le banche  Equilibrio strutturale fra fonti e impieghi: acquisto beni durevoli, debito a lungo (es. mutuo); soldi per pagare qualcuno, debito a breve aziendale, il capitale economico (o capitale di funzionamento), è il capitale- valore determinato in corrispondenza della misurazione del reddito di esercizi o , cioè quello che figura nello stato patrimoniale (l’insieme dei valori delle attività, delle passività e del capitale netto determinato al termine di ciascun periodo costruito in ipotesi di continuità di funzionamento dell’impresa). In ipotesi di liquidazione gli elementi del patrimonio si trasformano da condizioni di produzione ad oggetti di scambio (capitale di liquidazione: il valore delle attività, delle passività e del capitale netto determinato in ipotesi di liquidazione). In ipotesi di cessione le condizioni di produzione non si trasformano, ma devono essere valutate in base alla loro capacità di generare reddito in futur o (capitale economico in ipotesi di cessione: il valore delle attività, delle passività e del capitale netto determinato in ipotesi di cessione in blocco dell’impresa). D) IL RENDICONTO FINANZIARIO Art. 2425-ter 9 Deve rappresentare i flussi di disponibilità liquid e (ciò che entra e esce nei prossimi anni), distinti a seconda che si riferiscano all’attività operativa, finanziaria o di investimento. È un documento apposito in cui per ogni voce dello stato patrimoniale viene visualizzato l’incremento o il decremento. C) NOTA INTEGRATIVA È il documento descrittivo-informativo-esplicativo che fa parte del bilancio d’esercizio. La sua funzione consiste nell’illust r are i valori inseriti nelle tavole di sintesi, fo r nendo , se necessario, elementi ulteriori rispetto ai dati contabili. È espressamente richiesta dal legislatore (art. 2427 c.c.), che ne prevede anche il contenuto minimo. ESEMPI: 9 criteri di valutazione 9 movimenti delle immobilizzazioni 9 composizione delle immobilizzazioni immateriali 9 partecipazioni 9 ripartizione delle vendite per aree geografiche 9 numero dipendenti 9 compensi ad amministratori e sindaci LA RELAZIONE SULLA GESTIONE (art. 2428) La relazione sulla gestione costituisce uno dei principali documenti allegati al bilancio d’esercizio, il cui scopo è fornire, attraverso informazioni finanziarie e non, una visione globale che consenta al lettore del bilancio di comprendere la situazione della società e l’andamento della gestione . L’analisi della “situazione della società” dovrà contenere, tra le altre, informazioni circa la posizione della società nell’ambiente in cui opera, l’analisi della struttura patrimoniale e finanziaria e dei risultati della gestione, la descrizione degli indicatori finanziari e non finanziari e informazioni relative ai rischi e alle incertezze. Lo scopo della relazione è fornire ai lettori del bilancio quel quadro “fedele” , necessario alla c omprensione della situazione e della dinamica aziendale e, conseguentemente, all’int e rpretazione dei valori e delle informazioni risultanti dal bilancio . L’analisi dovrà perciò essere condotta in chiave sia attuale che prospettica e dovrà contenere le informazioni utili in considerazione delle esigenze informative dei lettori e della complessità della realtà aziendale. No, poiché si è passati ad un'economia della conoscenza. Il valore del prodotto dipende sempre meno dalle sue caratteristiche fisico- tecniche e sempre più da elementi intangibili ad alto contenuto di conoscenza (design, tecnologia, comunicazione). - 80’: modelli orientati al mercato ed alla creazione di valore. Orientamento verso l'esterno  valore che il consumatore percepisce. - Oggi: economia della conoscenza, catturare le risorse immateriali, quali, fonte di vantaggio competitivo, on-demand economy, tecnologia driver di nuovi business COME MISURARE LA PERFORMANCE di un istituto? Le principali misure di performance sono misure di economicità, perché, l’economicità è quel equilibrio alla base dell’equilibrio istituzionale ed è la capacità dell’azienda di ripagare nel tempo tutti i fattori produttivi impiega. E a sua volta l’economicità si misura attraverso:  Performance economica (reddituale monetaria finanziaria)  Performance di efficienz a : rendimento fisico-tecnico dei processi produttivi (rapporto risultati conseguiti - risorse)  Performance di efficaci a : capacità di raggiungimento di obiettivi prefissati Non tutte le misure di economicità trovano rappresentazione in bilancio (solo quelle afferenti alle dinamiche reddituali e monetario/finanziarie); Anche l’efficacia e l’efficienza (se usano metriche non economiche quali il tempo, la customer satisfaction, la rapidità della consegna) non trovano rappresentazione in bilancio. Le performance possono essere numerose e differenziate, avere un ordine di priorità diverso a seconda del contesto. In generale, per PROGETTARE UN SISTEMA DI MISURAZIONE DELLE PERFORMANCE bisogna conoscere l’ambiente esterno ed interno, sapere della capacità delle unità organizzative di trasferire/ricevere informazioni e la comprensibilità del linguaggio utilizzato. FASI DELLA PROGETTAZIONE: 1) Definire obiettivi di performance 2) Conoscere l’organizzazione 3) Definire gli indicatori di performance I METODI DI ANALISI: I CSF (critical success factor) Nato nel 1979 da Rockart, i fattori critici di successo sono quelle poche aree determin a nti dove l’azienda deve funzionare perfet t amente per avere successo nel business. Il metodo Critical Success Factor individua le aree critiche di successo dell’azienda (in cui cioè, è necessario eccellere per mantenere/raggiungere il vantaggio competitivo) per poi definire gli indicator i strategici più opportuni. quindi abbinato ai fattori critici di successo vi sono gli indicatori (= danno una misura della capacità di eccellere in quel fattore critico). 9 ESEMPIO: i fattori critici di successo di Amazon sono: alto potere contrattuale, elevato livello del servizio, promozioni continue, logistica evoluta (indicatore: tempo ordine-arrivo del pacco), recensioni personali, prodotti consigliati, percorsi guidati. Ed a questi devo abbinare gli indicatori. 9 ESEMPIO 2: i fattori critici di successo di Esselunga sono: qualità e freschezza (il suo indicatore può essere: n. prodotti scaduti e che vengono buttati, rotazione di prodotti su scaffali), linee di prodotto a nome proprio e la possibilità di acquisti on-line. I METODI DI ANALISI: I KPI (Key Performance Indicators) Il metodo Key Performance Indicators individua tutte le attività d e l processo gestional e relative alla creazione di valore per il cliente, collegando gli indicatori ai processi che si realizzano all’interno di quell’area critica. La differenza tra questo CFS e KPI è che con il CFS, prima, abbiamo individuato i fattori critici di successo e poi abbiamo individuato gli indicatori, ma facendo così si andava a perdere la sezione dei processi ossia che cosa io devo fare per realizzare concretamente in quel area critica ed è ciò che fa KPI. Dal punto di vista dei KPI, il processo gestional e è un insieme di attivit à che, utilizzando una serie di risorse, produce un output in risposta a richieste di prodotto/servizi o . L’obiettivo è quello di misurare l’intera gamma di prestazioni di un processo, che nel loro insieme deve quantificare il valore dell’output del processo per il cliente. Migliore è il KPI scelto e misurato, migliore può essere il controllo dei miglioramenti e la regolazione degli obiettivi. I KPI devono essere:  S: Specific  M: Measurable  A: Achievable (raggiungibile = fattibile)  R: Result-oriented or Relevant (orientati al risultato)  T: Time-bound (essere limitati da un tempo prefissato) I METODI DI ANALISI: LA PIRAMIDE SMART (1991) Strategic Measurement & Reporting Technique La Piramide Smart integra misure economiche-finanziare e non economich e -finanziarie , con prospetto interno ed esterno. Si presenta come una piramide a tre livelli di obi e ttivi e misure , orientati verso l’efficacia esterna e l’efficienza interna e al cui vertice trova spazio un ulteriore livello nel quale è presentata la vision dell’azienda.  La piramide smart ha questa forma per via della distribuzione di obiettivi e misure su tre livelli connessi gerarchicamente: ciò che sta più in alto è un vincolo per ciò che sta più in basso. La piramide utilizza obiettivi e misure definiti utilizzando parametri contabili e non contabili e finalizza il monitoraggio al perseguimento della vision aziendale (che vediamo al vertice della piramide) e al controllo della efficacia esterna e della efficienza interna. Questo modello presuppone quindi che le attività gestionali siano finalizzate e coerenti agli obiettivi assegnati e che le misure consentano di migliorarne lo svolgimento. Questa piramide è costruita affinché dalla vision si trasferisca la strategia nelle attività c orrenti dettagliando gli obiettivi strategici in obiettivi operativi e questi in obiettivi delle singole unità organizzative (top down), tenendo conto dei rapporti caus a -effetto che legano obiettivi e risultati di livello inferiore a quelli di livello superior e . Il controllo della coerenza delle attività svolte con gli obiettivi e la strategia segue un percorso dal basso verso l’alto, dai risultati analitici a quelli di sintesi (bottom up ) . Dunque possiamo dire che questa piramide presenti un flusso informativo duplice: scendono obiettivi, salgono risultati. LIVELLO CORPORATE LA PIRAMIDE SMART CORPORAT E VISION (futuro) MONITORAGGIO BOTTOM-UP OBIETTIVI TOP-DOWN 1 LIVEL LO ASA 2 LIVELLO PROCESSI MISURE DI MERCATO SODDISFAZION E DEL CLIENTE STRATEGIC BUSINESS UNIT MISURE ECONOMICO FINANZIARI O SISTEMI OPERATIVI AZIENDALI 3 LIVELLO FUNZIONI QUALIT À FLESSIBILIT À PRODUTTIVITÀ UNITÀ ORGANIZZATIVE TEMPI DI CONSEGNA ATTRAVERSAMENTO EFFICIENZ A ATTIVITÀ AZIENDALI EFFICACIA ESTERNA EFFICIENZA INTERNA ESEMPIO: azienda che vende elettrodomestici  supponiamo che la sua vision (=futuro) sia “il cliente al centro” e la strategia è “essere l’azienda leader per servizi al cliente” e questo obiettivo strategico dovrà essere declinato su vari livelli sia pensando all’efficacia (output) sia all’efficienza (risorse che servono per offrire questo servizio). Obietti ed indicatori di efficacia esterna: a livello dell’ASA tu puoi misurare la tua quota di mercato e la misura economica è il tuo fatturato. A livello di processo si può avere la percentuale di clienti soddisfatti o insoddisfatti, numero di interventi post-vendita, mentre a livello interno riguarda le ore di assistenza post-vendita/costo, orario di lavoro e numero di interventi. A livello di funzione vi è il tempo di consegna e intervallo chiamata-assistenza e dall’altra parte il costo unitario del servizio.  Nella balanced scorecard si possono individuarei Principali Punti di Forza e di Debolezza: Principali punti di forza : 1) Strumento multidimensionale di management strategico 2) Utilizzabile anche per finalità di comunicazione esterna 3) Adattabile flessibilmente alle specifiche esigenze aziendali (posso scegliere il modello a mio piacimento) Principali punti di debolezza: a) Relativa complessità di progettazione ed implementazione b) Richiede il supporto di appropriati e sofisticati sistemi informativi. ESEMPIO: ALBERO DELLE PERFORMANCE, LEBAS 1955 9 Nella sua versione, la sua funzione è quella di includere anche livelli di performance non tangibili, quindi vengono anche verificate le risorse non material i . La metafora dell’albero è stata scelta per illustrare la complessità del processo intrecciato con la crescita e il cambiamento. IL PERFORMANCE PRISMA È un metodo che formula delle domande : per avere una visione completa delle performance bisogna porsi alcune domande, individuando gli stakeholder, le strategie da eseguire per soddisfare le richieste degli stakeholders, i processi da eseguire per mettere in atto le strategie, di quali competenze ho bisogno per realizzare i processi, le risorse di cui abbiamo bisogno per mettere in atto i processi. Questo modello mette in evidenza l’importanza della moltitudine di stakeholder esistenti, e non sono uguali per tutte le aziende. La misurazione della performance in un’ottica sostenibile: la Triple Bottom Line La bottom line, la cui traduzione letterale è “ultima linea”, si riferisce, nel conto economico, il risultato dell’atti v ità economica . Nei giorni nostri, però, si aggiunge, oltre alla capacità economica, quella di svolgere l’attività in modo sostenibile, dando coì la possibilità alle generazioni presenti e future la possibilità di goderne l’integrità. “Triple” perché accanto all’utile/perdita (espressione economica), esistono due righe virtuali: la dimensione sociale e ambiental e . Ai giorni nostri, dove i temi sociali e ambientali rappresentano la quotidianità, è importante che le aziende rispettino degli indicatori incentrati su queste due sfere di sostenibilità. Multidimensionalità della sostenibilità  indicatori della sostenibilità: P Economica: capacità di generare reddito e lavoro in modo duraturo, attraverso l’uso razionale delle risorse P Sociale: capacità di garantire condizioni di benessere alle generazioni attuali e future P Ambientale: capacità di mantenere nel tempo la qualità e la riproducibilità delle risorse naturali Il più organico fra gli standard riconosciuti a livello internazionale è il ‘Sustainability Reporting Guidelines’ (elaborato dal GRI - Global Reporting Initiative). COMPONENTI DELLA GESTIONE DI CONTROLLO STRUTTURA ORGANIZZATIVA DI CONTROLLO (COMPONENTE STATICA) Articolare l’organizzazione in unità operative di responsabilità gestionale (centri di responsabilità). I centri di responsabilità sono dei gruppi di soggetti alle quali è attribuita una specifica responsabilità gestionale: ad una determinata funzione viene dato un obbiettivo da raggiungere. Un’unità che non ha obbiettivi, e quindi risorse, per la struttura organizzativa di controllo è irrilevante. Una volta c he vengono individuat e all’int e rno dell’azienda tutt e le aree e le unità a c ui attribuire le responsabilità, dovranno essere definite dei collegamenti fra le unità stesse. Devo assicurarmi che le aree vadano nella stessa direzione, senza sovrapposizione. Queste responsabilità perciò devono essere condivise e in linea con le altre aree. Occorre, inoltre, attribuire a ciascuna unità un organo di governo (predisporre degli indicatori per raggiungere gli obiettivi). Infine, è necessario determinare i contributi richiesti a ciascuna unità per il raggiungimento degli obiettivi di impresa.  In tutto ciò, vi è una centralità della risorsa umana per l’efficace raggiungimento degli obiettivi di impresa (fiducia e motivazione) SISTEMA INFORMATIVO DI CONTROLLO (COMPONENTE STATICA) Predispone informazioni relative ai parametri collegati alle variabili critiche di successo di impresa (key performance indicators) e suscettibili di monitoraggio . È importante perché nella creazione dell’impianto e della struttura organizzativa, occorre avere un sistema informativo che gestisce tutti i dati. È utile, perciò, anche a tenere sotto controllo gli indicatori di performance.  Ad esempio: Se ho come indicatore di performance ho il costo di produzione, vuol dire che il sistema informativo deve essere in grado dare nelle tempistiche prefissate (una volta al mese, ogni sei mesi) il costo di produzione. Senza questo indicatore, non posso capire se il responsabile di produzione ha realizzato l’obiettivo o meno.  Ad esempio: Se ho come indicatore di performance il fatturato giornaliero di un supermercato, devo avere un sistema informativo che mi permetta di rilevare giorno per giorno i ricavi. Perciò, il management, intervenendo su tali parametri, interviene, di riflesso, sui fattori critici di successo. PROCESSO DI CONTROLLO (COMPONENTE DINAMICA) È un insieme di procedure per mezzo delle quali si verifica il raggiungimento degli obiettivi con un impiego efficiente ed efficace delle risorse. Si fonda sullo sviluppo coordinato degli obiettivi, l’osservazione dei risultati e il confronto tra obiettivi e risultati . 1) Pianificazion e : processo di definizione degli obiettivi aziendali di medio/lungo periodo connessi alla selezione delle linee di sviluppo strategico. 2) Programmazione : processo di perfezionamento e di definizione degli obiettivi aziendali destinati ad orientare la gestione operativa (es. budget). Ha intervalli più brevi e spesso derivano dal processo di pianificazione. 3) Controllo: processo che coinvolge l’intera attività gestionale consentendo una costante verifica dei traguardi raggiungibili. Coinvolge la strategia, la pianificazione, la programmazione e l’azione. Perciò, come funziona e com’è artico l ato il controllo? 1. Verifico la coerenza degli obbiettivi di pianificazione con gli obiettivi della strategia 2. Il controllo budgettario: si riverisce a una verifica gli obiettivi di breve termine siano coerenti con gli obiettivi a lungo termine 3. Il controllo concomitante richiede un confronto tra i risultati intermedi riferiti ad un periodo infrannuale ed esplicitati dal budget ed i risultati, sempre intermedi ma effettivi, rilevati contabilmente o extracontabilmente. Effettuato nel corso del periodo finestra mi posso accorgere di ciò che non va e magari decidere se ho la necessità attuare delle azioni correttive 4. Il controllo consuntivo (stato di avanzamento) è la raccolta dei dati al termine di un periodo finestra. Il vantaggio è quello di avere la totalità di tutti i dati a fine periodo FATTORI CRITICI DI SUCCESSO (FCS) Abbiamo capito che gli indicatori di performance di fatto li ritroveremo dentro i documenti della gestione, perché sono utili per raggiungere gli obiettivi. La funzionalità duratura dell’impresa si connette alla capacità di operare secondo condizioni d i successo. In generale i FCS hanno queste dimensioni:  Successo competitivo: sono fattori che determinano i vantaggi concorrenziali e la dominanza del mercato nelle diverse aree strategiche di attività. Rappresenta la capacità di un istituto di rimanere sul mercato. (es. servizio al cliente)  Successo economico: fattori che influenzano le condizioni di equilibrio reddituale e monetario-finanziario. (es. fatturato e ricavi di vendita)  Successo socio-ambientale: fattori che determinano la coesione di diversi interlocutori sociali ed il consenso sulla proposta progettuale d’impresa anche con riferimento alle politiche ambientali. Rappresenta la capacità di un’impresa di ricevere consensi di tipo sociale e di rispettare l’ambiente. (es. riduzione delle CO2, riduzione dell’inquinamento) Quindi i fattori critici di successo sono da individuare in questi contesti nel momento in l’azienda di pone delle domande per quanto riguarda l’atti v ità delle aree di competenza . Per definire i parametri degli obiettivi (key performance indicators) coerenti in fase di pianificazione e di programmazione è importante aver ben chiari i fattori critici di successo: Bisogna ricordare, però, che il mercato e l’ambiente esterno è in continua evoluzione e cambiamento, e di conseguenza anche i fattori critici di successo e i KPI (key performance indicators). Soprattutto nei giorni nostri, non si dà più valore al prodotto fisico, ma anche ad una serie di variabili immateriali. Allora se la fonte di successo è una variabile immateriale, l’azienda dovrà trovare degli indicatori di performance collegati a un fattore di successo tipicamente immateriale, ma anche gestire gli indicatori correlati. Economia Aziendale 19-10- 2020 LEZIONE 11 L’ORGANISMO PERSONALE L’assetto organizzativo rappresenta un insi e me di variabili c he configurano l’o r ganismo personal e e che definiscono, indirizzano e coordinano i comportamenti delle persone che lo compongono. Ha il compito di c reare una struttura in cui le persone dovranno op e rar e . Sono variabili che creano una struttura, nella quale il sistema operativo organizzativo opererà. Quindi è composto dalle persone, dalle caratteristiche, compiti, obiettivi, modalità e processi, risorse, remunerazione. Comportano efficacia, efficienza, coordinamento verso le finalità istituzionali e capacità di fronteggiare il dinamismo. Occorrono, quindi, strumenti di coordinamento e integrazione poiché i valori, i bisogni e gli schemi cognitivi sono diversi ed esistono anche strutture informali. VARIABILI ORGANIZZATIVE E COMPONENTI DELL’ASSETTO 1) Struttura Organizzativa: 9 Di base: pensare una struttura per le relazioni fra le unità e una struttura per organizza 9 Delle unità organizzative: quando ho creato le varie relazioni, bisogna anche gestire il lavoro all’interno di ogni singola unità 2) Distribuzione dell’autorità : delegare più autorità e responsabilità nel momento in cui l’azienda inizia a diventare più complessa. 3) Sistemi Operativi: di pianificazione, programmazione e controllo, e anche di gestione del personale 4) I sistemi di rilevazione ed informazione I PRINCIPI GUIDA NELLE SCELTE DI ORGANIZZAZIONE a) Coerenza dinamic a : ciascuna impresa dovrà progettare il proprio assetto organizzativo tenendo conto che sta operando in un ambiente dinamico. Ciascuna impresa deve progettare il proprio assetto organizzativo tenendo in considerazione: i bisogni delle persone ed i contenuti delle mansioni; la strategia e la struttura di base: non esistono assetti organizzativi ‘ottimi’ e statici. b) Orientamento alle persone e grupp i : chi farà parte della struttura organizzativa sono le persone, con i loro valori e competenze. Coniugare l’efficienza aziendale con la soddisfazione delle persone/motivazione (le competenze singole e collettive diventano patrimonio dell’impresa). STRUTTURA ORGANIZZATIVA DI BASE È la configurazione coordinata degli organi aziendali, dei compiti e delle responsabilità assegnate a tali organi. In termini formali, la struttura organizzativa si esplicita in:  Organigrammi: quali sono le unità organizzative e le relazioni gerarchiche tra le stesse.  Mansionari: quali insieme di compiti e responsabilità, ossia mansione, la quale deve essere svolta da ciascuna unità organizzativa La struttura organizzativa formale definisce i ruoli uf ficiali in quanto e splicita per ciascuna posizione i comportamenti attesi. Le fasi della creazione della struttura organizzativa sono : 1) Progettazione: consiste nell’individuazione dell’insieme complessivo dei compiti, la scelta di un criterio di divisione del lavoro (configurazioni delle unità operative), aggregazione delle unità operative in livelli gerarchici, definizione delle mansioni, cioè i compiti assegnati alle singole posizioni delle unità operative. 2) Output formali: organigramma, cioè le relazioni delle unità operative, e mansionari, cioè i compiti di ciascuna unità operative. 3) Sistema di ruoli e le attese di comportamento proprie di una posizione STRUTTURA ELEMENTARE Punti di forza:  Garantisce una certa flessibilità, in quanto sono presenti pochi livelli gerarchici  Garantisce una risposta strategica calata sulle reali esigenze della struttura: c’è una conoscenza duretta delle caratteristiche operative  Costi di struttura bassi  Forti rapporti interpersonali Punti di debolezza:  Poca attenzione alla crescita, con un accentramento decisionale  Sbilanciamento operativo a favore delle unità operative STRUTTURA FUNZIONALE PURA  divisione del lavoro per funzioni Punti di forza: - Garantisce un elevata efficienza. - Garantisce economie di scala - Garantisce economie di apprendimento - Maggiore produttività Punti di debolezza: - Scarsa elasticità in lungo periodo per eccessiva specializzazione - Comunicazione fortemente formale, con passaggio delle informazioni top-down Un prodotto o una linea di prodotti omogenei su un mercato o su mercati omogenei STRUTTURA DIVISIONALE Abbiamo una direzione generale sempre al vertice, poi abbiamo vari direttori che non dipendono più direttamente dalla direzione generale, con divisioni, cioè sono combinazioni prodotto/mercato diverse. Sotto ogni divisione, viene replica la struttura, con altre funzioni. Una struttura di questo genere è ottimale nel momento in cui vengono prodotti beni o servizi molto div e rsi fra loro (prodotti diso m ogenei su mercati disomogenei) Punti di forza: - Elevata flessibilità decisionale - Permette lo sviluppo di capacità imprenditoriale Punti di debolezza: - Scarsa efficienza, data dalla duplicazione delle funzioni: bisogna duplicare per ogni settore, altri valori gerarchici - Elevata conflittualità fra le divisioni - Enfasi sui risultati di breve periodo: ogni responsabile essendo indipendente nelle scelte relative alla propria divisione potrebbe prendere scelte che massimizzano i suoi risultati a discapito di quelli di altre divisioni - Elevato fabbisogno di breve periodo LE STRUTTURE ORGANIZZATIVE MATRICIALI E MISTE Quando è necessaria una certa forma di integrazione orizzontale. Gli organi deputati a garantire possono essere: Temporanei/Permanenti Dotati o Meno di autorità gerarchica Economia Aziendale 23-10-2020 LEZIONE 12 In questa lezione tratteremo dell’organismo personale, delle variabili individuali e sociali ed infine della cultura organizzativa come sottoinsieme della cultura aziendale. L’ORGANISMO PERSONALE È l’insieme unitario delle persone che, con il proprio lavoro, partecipano allo svolgimento dell’atti v ità aziendale. Si tratta di uno degli elementi cardine della struttura di ogni impresa. Sono membri dell’organismo di impresa tutte le persone che fanno parte degli organi di governi economico, di direzione e di esecuzione . La configurazione dell’organismo personale di un’impresa si qualifica in 2 aspetti: 1. VARIABILI INDIVIDUALI  caratteristiche delle persone che compongono l’organismo personale 2. VARIABILI SOCIALI  caratteristiche dei gruppi e degli aggregati di persone LE VARIABILI INDIVIDUALI 9 Caratteristiche delle persone che compongono l’organismo personale. le variabili individuali sono riducibili a 3 grandi categorie: le competenze professionali, i valori e i bisogni. Competenze professionali a) Le conoscenze e le capacità tecniche (di ricerca, di trasformazione tecnica, di manutenzione, contabilità, marketing) b) Le conoscenze e le capacità relazionali (leadership, comunicazione, influenza, team work) Valori Le convinzioni e le credenze in generale e, in particolare, relativamente all’attività economica e alle sue modalità di svolgimento, come ad esempio quale significato le persone attribuiscono al lavoro, alla distribuzione gerarchica dell’autorità, all’efficienza ed al cambiamento. Bisogni Sono definiti, in generale, come percezioni di carenza di date condizioni. Dal punto di vista organizzativo, sono di rilievo le categorie di bisogni che direttamente o indirettamente possono essere soddisfatti dalla partecipazione all’azienda in qualità di prestatori di lavoro. LEADERSHIP E MANAGERIALITÀ “La leadership può essere definita come un processo atto a produrre determinati outcome. Tale processo si verifica fra un soggetto che influenza (leader) ed un soggetto che è influenzato (follower) e dipende da: le caratteristiche e il carattere del leader, le caratteristiche e le percezioni del follower ed infine il contesto. La leadership, cioè, è un processo dialettico e proattivo nel quale un individuo persuade altri individui a fare qualcosa che essi non farebbero altrimenti. Esso si basa su motivazioni sociali fra il leader ed i followers all’interno di un contesto specifico”. La leadership è importante per rafforzare i sistemi organizzativi, per accrescere la motivazione e la soddisfazione dei subordinat i e per indirizzare e guidare le risorse umane verso gli obiettivi strategici dell’organizzazione e per assicurare che le funzioni organizzative si a no allineate con l’ambiente esterno .  La leadership può essere indentificata come processo che consiste nell’ispirare le persone e conseguire, attraverso di loro, la realizzazione degli obiettivi propri e dell’organizzazione cui si appartiene. STILI DI LEADERSHIP Nessun tratto o comportamento del leader risulta efficace in ogni contesto, per cui ciò che conta, ai fini della valutazione dell’efficacia stessa, è il livello di performance raggiunto dal gruppo. 1) Autocratico: il leader impone le proprie decisioni. Può creare demotivazione nei followers ed è utile quando le decisioni devono essere prese in fretta e senza indecisioni. 2) Democratico: il leader chiede al proprio team di partecipare alla risoluzione di un problema. Ciò stimola la motivazione, il coinvolgimento e la condivisione delle idee e la comunicazione fra gli individui, e il processo decisionale può essere ritardato. 3) Di delega: il team sa cosa fare e come fare e, pur restando il leader il vero responsabile delle decisioni che saranno prese, è il team che agisce. 4) Paternalistico: il leader agisce come “il buon padre di famiglia”. Il leader prende decisioni ma può aver bisogno di consultarsi con il team e crede nel supporto del team. LE VARIABILI SOCIALI 9 Caratteristiche dei gruppi e degli aggregati di persone e sono composte da: Gruppi sociali: tra le persone che compongono l’organismo personale dell’impresa si formano sempre relazioni interpersonali che con varia intensità e contenuto legano sottoinsiemi multipli di persone influenzando direttamente il comportamento delle persone anche come parti di tali sottoinsiemi e modificano le stesse variabili individuali. Le persone non si comportano soltanto come singoli individui soggetti alle regole dell’organizzazione, ma anche come membri di gruppi sociali. Norme: costituite dalle regole di comportamento che tutti i membri del gruppo devono rispettare. Il conseguimento di benefici derivati dall’attività aziendale richiede comportamenti appropriati. Ruoli: quando una persona fa parte di un gruppo il suo comportamento è fortemente influenzato da tale appartenenza: la persona diventa il centro di un sistema di attese da parte di altri soggetti. Le variabili sociali, come l’intensità e la qualità delle relazioni, impattano sulla vita economica d’azienda. È importante individuarle e studiarle, perché l’attività aziendale è influenzata fortemente dai comportamenti dei singoli individui che operano e collaborano con altri soggetti all’interno dell’istituto, e i benefici sono dati da un corretto comportamento degli stessi. Detto ciò, le variabili aziendali impattano sulla vita economica dell’impresa mediante: • Coerenza, coesione, cooperazione e conflitto fra e nei gruppi formatis i . È importante, a questo punto, che le persone abbiano valori condivisi o almeno compatibili. Inoltre occorre assicurarsi che in ogni gruppo ci sia un leader forte, che controlla e gestisce l’operato, i comportamenti e le relazioni fra i vari soggetti di un team. Nel momento in cui poi vengano fissati degli incentivi, è opportuno adottare degli “incentivi” che premino anche i risultati del gruppo. • Cultura aziendale e cultura organizzativ a : la cultura è definibile come l’insieme o il sistema di idee, di valori, di credenze e di convinzioni condivisi da un insieme di persone, che vanno a creare, all’interno dell’azienda, la cultura aziendale stessa. LA CULTURA AZIENDALE È data dall’insi e me di idee fondamentali (comportamenti, credenze, idee) che un insieme di persone ha sviluppato imparando a governare la dinamica d’azienda e il suo ambient e . Aspetti che vanno a formare la cultura aziendale possono essere:  Manifestazioni visibili della cultura, quali comportamenti, linguaggi, arredamento…  Valori, credenze, convinzioni, dette anche dichiarazioni esplicite  Idee, cioè assunti i m pliciti , i quali sono tipicamente inconsci, i quali determinano i modi di percepire, di pensare e di sentire delle persone. La cultura organizzativ a : LA DINAMICA AZIENDALE Il sistema organizzativo è un sistema dinamico. La progettazione organizzativ a , perciò, deve essere orientata al dinamismo e in particolare deve stimolare il cambiament o e, per quanto possibile, anticiparlo. Il cambiamento organizzativo richiede sempre tempi di analisi, di progettazione e di attuazione molto lunghi, dunque per la sua efficacia è importante adottare anche una logica, oltre di dinamismo, anche di anticipazione: si tratta di compiere analisi e previsioni della dinamica delle variabili di contesto e di avviare i necessari cambiamenti di assetto organizzativo prima che si manifestino gravi incoerenze tra le variabili organizzative e le variabili di contesto. QUALE ASSETTO ORGANIZZATIVO? RIGIDO-MECCANICISTICO: caratterizzato dal prevalere della logica meccanicistica rispetto alla logica organicistica. Presenta i seguenti caratteri:  Separazione dei compiti fra le varie unità lavorative  Massima efficienza interna  Gerarchia e accentramento delle autorità  Obbedienza alle norme dell’istituto e lealtà verso l’azienda stessa  Correlazione del prestigio e dell’autorità delle persone con il rango delle posizioni occupate nella struttura formale. FLESSIBILE-ORGANICISTICO: caratterizzato dal prevalere della logica organicistica rispetto alla logica meccanicistica. Presenta i seguenti caratteri:  Visone dinamica di compiti e funzioni tra le varie unità organizzative  Estensione della funzione dei diversi organi alla finalità di efficacia complessiva  Gerarchia quale sede di competenze ed informazioni e con come autorità formale  Relazioni interpersonali anche al di fuori delle linee gerarchiche  Autorità distribuita, con decisioni soggette a processi di influenza multidirezionali.  Dominanza di valori connessi allo sviluppo e alla razionalità ORGANIZZAZIONE E TECNOLOGIA La tecnologia, intesa come insieme di tecniche, impianti e macchine è assunta nella teoria economica come fattore fondamentale della nascita del lavoro organizzato e della nascita delle imprese in senso moderno. Pertanto la tecnologia determina anche gli assetti organizzativi. a) Per trarre vantaggio dal progresso tecnologico si devono adottare certe forme organizzative, quindi l’assetto organizzativo dipende anche dalla tecnologia b) La necessità di dotarsi di assetti organizzativi coerenti con le attese dei prestatori induce al progresso tecnologico, cioè avviene il processo inverso. Tecnologia  organizzazione  persone  organizzazione  tecnologia GESTIONE DEL CAMBIAMENTO All’interno della gestione del cambiamento, avvengono i processi di cambiamento che includono le attività di analisi e di progettazione già citate nelle righe precedenti, nonché l’attuazione del cambiamento. Molti interventi di cambiamento organizzativo, però, falliscono, perché caratterizzati da complessi processi e strutture. Gli errori da evitare: a) il cambiamento non è legato ai problemi strategici da affrontare b) il progetto di riorganizzazione non coinvolge adeguatamente tutti i soggetti interessati c) il gruppo di lavoro non ha un mandato chiaro d) si ritiene che per migliorare occorra fare tabula rasa dell’esistente e) non si tiene adeguatamente conto delle ripercussioni del cambiamento sul lavoro delle persone f) si punta solo alla soluzione dei problemi specifici, e non al consolidamento di un metodo Principali cause di resistenza al cambiamento :  La resistenza al cambiamento è un fenomeno naturale  Percezione solo degli svantaggi del cambiamento  Adeguata percezione anche dei vantaggi del cambiamento ma mancanza di risorse (tempo, competenze) IL RISCHIO IN AZIENDA È l’insieme dei possibili effetti negativ i , nonché di quelli potenzialmente positivi, che si verificano a causa di un evento inaspettato di natura economica, finanziaria, patrimoniale o di immagine. RISCHI DETERMINANTI Rischio fisico • Strutture • Macchine • Impianti elettrici • Sostanze pericolose • Incendio-esplosioni Rischio chimico • Agenti chimici (pulizia, sanificazione di ambienti e attrezzature;) detergenti, disinfettanti, sgrassanti, disincrostanti Rischio biologico • Agenti biologici (rischio di contrarre in seguito all’esposizione a virus, batteri, miceti: infezioni, intossicazioni, tumori, allergie) Rischio psicosociale • Organizzazione del lavoro • Fattori psicologici • Fattori ergonomici • Condizioni di lavoro I RISCHI PSICOSOCIALI 9 Si originano da una inadeguata progettazione, organizzazione e gestione del lavoro; 9 Possono causare effetti negativi in termini psicologici, fisici e sociali, tra cui lo stress lavoro- correlato Lo stress lavoro-correlato  è un problema organizzativo e non colpa di un singolo, sorge quando le esigenze in termini di prestazioni lavorative vanno oltre la capacità del lavoratore di farvi fronte.  Percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste dell’ambiente lavorative eccedono le capacità individuali per fronteggiare tali richieste. Potenziali indicatori di stress lavoro correlato a livello aziendale:  Assenteismo  elevata rotazione del personale  frequenti conflitti interpersonali  lamentele dai lavoratori Fattori: N inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione e dei processi di lavoro (orari, grado di autonomia, carichi di lavoro...) N Condizioni di lavoro e ambientali (esposizione a comportamenti illeciti, rumore, sostanze pericolose...) N Comunicazione (incertezza in ordine alle prestazioni richieste, incertezza in ordine ai possibili cambiamenti) N Fattori soggettivi (tensioni emotive e sociali) Misure individuali e collettive:  misure di gestione e comunicazione (chiarire gli obiettivi aziendali e il ruolo di ciascun lavoratore, migliorare la gestione dell’organizzazione e dei processi di lavoro, le condizioni lavorative e l’ambiente di lavoro...)  formazione dei dirigenti e dei lavoratori (accrescere la loro consapevolezza e la conoscenza dello stress, delle sue possibili cause e del modo in cui affrontarlo, e/o per adattarsi al cambiamento)  informazione e consultazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti Lo Stress Sindrome generale di adattamento alle richieste dell’ambiente. È la risposta che l’organismo mette in atto quando è soggetto agli effetti prolungati di svariati tipi di sollecitazioni, quali: • stimoli fisici (ad es. fatica) • stimoli mentali (ad es. impegno lavorativo) • stimoli sociali o ambientali Le tradizionali categorie di analisi dei mercati sono la “domanda” e l’offerta il cui incontro determina le quantità ed i prezzi scambiati. MA se analizziamo le negoziazioni (operazioni di combinazioni economiche continue) che compongono i mercati come operazioni d’azienda, che sono parte di combinazioni economiche, dai cui emergono i limiti di tali analisi . Grafico di rappresentazione a livello macro-economico della domanda e della offerta: all’aumentare del prezzo la quantità domandata diminuisce e viceversa aumenta all’aumentare del prezzo. I SETTORI Il settore è un insieme omogeneo di aziende legate da relazioni di interdipendenza, ovvero insiemi di aziende che hanno combinazioni simili e che operano negli stessi mercati o in mercati strettamente correlati. I settori vengono studiati perché: Macro - economi a  Per operare interventi di politica economica e quindi ridurre le tendenze monopolistiche, supportare un settore nelle scelte politiche e altre condizioni.  Per capire le loro interdipendenze  Per capire il contesto competitivo in cui le aziende si muovono. Il settore può influenzare i comportamenti delle aziende e le aziende, a loro volta, concorrono a determinale le caratteristiche del settore L’economia aziendale studia i settori per effettuare le scelte più convenienti all’interno dell’istituto, come il variare del prezzo al variare le condizioni e le caratteristiche del settore. MODELLO STRUTTURA-COMPORTAMENT I -RISULTATI La struttura di un settore è definita dalle seguenti variabili: 1) Grado di concentrazione: data dalla quantità di aziende e istituti . Più è alto il numero di aziende che si spartiscono il mercato, meno è alto il grado di concentrazione. 2) Struttura dei costi: ci sono dei settori che per loro natura implicano alti investimenti costi iniziali, che diventano quindi costi fissi e affondati. Vi sono, però, altrettante attività che non obbligano l’impiego di costi di questa tipologia. 3) Barriera all’entrata: se un soggetto volesse entrare in un mercato diverso dal nulla, bisogna avere a disposizione una grande somma per poter arrivare almeno alla pari delle altre aziende del settore . Ci sono quindi settori in cui è più o meno complicato entrare. Per chi si trova già nel settore, se si vuole uscire ci sono delle barriere di uscita. Queste variabili sono strettamente interrelate. Secondo questo modello, almeno all’inizio, la struttura è la principale variabile indipendente che condiziona i comportamenti delle aziende che fanno parte del settore stesso. MODELLO STRUTTURA-COMPORTAMENT I -RISULTATI rappresentazione Le principali TIPOLOGIE DI RELAZIONI struttura-comportamenti-risultati sono:  Concorrenza perfetta : sono presenti innumerevoli competitors, perciò il focus è sull’efficienza. La preoccupazione dell’azienda sarà quella di essere efficienti al massimo riducendo i costi, ottenendo un margine di guadagno.  Monopolio: è presente un solo produttore. È quello che succede quando una scoperta viene tutelata da un brevetto. In questo caso, l’azienda non avrà concorrenti, perciò le scelte saranno  Oligopolio: è una situazione intermedia, dove le aziende sono un numero medio, che varia al variare del settore. Dipende da quello che sono le condizioni del mercato e dalla tipologia di prodotti. Vengono stabilite delle condizioni “comuni” per non incorrere a risultati negativi. In economia aziendale l’oggetto caratteristico di analisi è l’azienda, quindi il settore è una categoria di osservazione dell’ambiente delle aziende, pertanto: a) L’analisi si compie con riferimento a ogni ordine di azienda, come azienda di consumo, azienda composta pubblica, non solo perciò quella di produzione. La macroeconomia studia quindi il settore e il suo andamento sul mercato. Perciò non tutte le relazioni che intraprendendo con i concorrenti sono solo di concorrenza. b) I settori non sono configurati da sole relazioni di concorrenza, bensì da relazioni complesse e dinamiche (ad esempio la cooperazione) c) Ciascuna azienda opera in tanti mercati e quindi è parte di più settor i Ne consegue che ciascun mercato corrispondono uno o più settori di aziende in posizione di offerta e domanda. spazio economico popolato di cliente Esempio: MTA mercato azionario telematico, insieme di negoziazioni MODALITÀ DI INTERPRETAZIONE DELLE INTERAZIONI FRA AZIENDE E AMBIENTE  Visione focalizzata sull’efficienza economica relativ a : le relazioni seguono i principi di razionalità economica, adattamento all’ambiente, ci si attiene ai confini giuridici, massima efficienza con gerarchia organizzativa.  Visione focalizzata sulla pressione economica reciproca : l’ambiente e l’insieme delle forze che “premono sull’istituto. se la pressione è elevata, allora le azioni del singolo istituto sono messe in atto per contrastare le forse delle altre aziende, perciò vengono intraprese azioni che sono reazioni alle spinte dell’ambiente esterno. Le relazioni di tipo competitivo sono volte a massimizzare efficienza o a ridurre pressione esterna, quindi l’ambiente è modificabile mediante azioni sui confini.  Visione dell’interazione multicentrica : rappresenta la visione più completa che viene adottata ai giorni nostri. Quindi l’ambiente non solo eco ma multidimensionale, come l’innovazione, la flessibilità, logica di progetto che creano relazioni. IL SISTEMA COMPETITIVO Esso è: 9 È parte dell’ambiente economico ed è rappresentabile in termini di aziende e relazioni interaziendali, per cui di scambio, di cooperazione e di competizione 9 Lo , dai fornitori e dai concorrent i e nella quale l’impresa si presenta con i sistemi prodotto risultato dalla sua attività caratteristica In altre parole l’ambiente economico in cui l’azienda agisce con il proprio sistema di prodotto. 9 La scelta del sistema competitivo nel quale operare è una scelta di governo economico. Per l’analisi del sistema competitivo si può utilizzare il modello della concorrenza allargata . POTERE CONTRATTUALE DEI FORNITORI I fornitori hanno un potere contrattuale quando:  Il loro settore è fortemente concentrato, perciò permette ai fornitori ad avere forte potere contrattuale nelle negoziazioni, alzando magari il prezzo.  I beni sono altamente specifici o non convenientemente sostituibili, dati gli alti costi di passaggio.  I fornitori rappresentano dei potenziali entranti, ovvero se decidono di integrarsi a valle (ad esempio settore agroalimentare) POTERE CONTRATTUALE Il potere contrattuale dei clienti dipende da:  Forza negoziale, ovvero clienti importanti, settore concentrato, bassi costi di passaggio se sono potenziali entranti  La loro sensibilità al p r ezzo, ovvero differenziazion e , incidenza dei beni del produttore sui loro costi o sulla qualità dei loro prodotti, intensità e concorrenza nel loro settore. MINACCE DI INGRESSO Le minacce di ingresso di nuovi concorrenti dipendono da:  Intensità delle relazioni delle imprese già esistenti del settor e  Solidità d e lle barriere all’entrata , quindi le economie di scala, cioè legate ai grandi impianti legate alla riduzione del costo di produzione, la differenziazione di prodotto, ovvero chi vuole entrare nel settore deve entrare con un prodotto differenziato da quello standard, fabbisogno di capitale, accesso ai canali distributivi, vantaggi di costo. Minacce di sostituzione: dipende dalla propensione dei clienti alla sostituzione del prodotto, che a sua volta dipende dal rapporto prezzo/prestazione dei prodotti sostitutivi. Esempio: Apple …Riprendendo il concetto di prima, le relazioni fra concorrenti non sono solo di competizione, ma anche di collaborazione  Co-opetition = co-operation + competition The concept of co-opetition was expanded upon by Adam Brandenburger and Barry Nalebuff, professors at the Harvard Business School and the Yale School of Management respectively. In their path-breaking book, titled Co-opetition, Brandenburger and Nalebuff assert that business is simultaneously both competition and cooperation Economia Az iendale 06-11-2020 LEZIONE 14 Riprendendo il concetto della lezione precedente, il sistema competitivo è l’ambiente economico in cui l’azienda agisce con il proprio sistema di prodotto  Un sistema di prodotto è un insieme unitario di beni e di condizioni di scambio avvinti a sistema da relazioni di interdipendenza e in particolare di compatibilità. Esempio: Quando mi reco in un ristorante, cerco dei beni che soddisfino la mia fame, quindi in primo luogo devono esserci alimenti, ma in realtà come clienti consumatori cerchiamo altri beni, come la varietà del menù, il servizio, l’atmosfera, una cucina pulita e in sicurezza, un parcheggio… perciò è un sistema complesso dove accanto ad attributi fisici (alimenti, bevande) sono presenti anche attributi immateriali. In quanto non tutti i ristoranti non offrono sempre lo stesso servizio, perciò andremo ad analizzare l’insieme totale delle caratteristiche di un sistema di prodotto, ovvero non solo le variabili fisiche, ma anche quelle immateriali e implicite. LA FORMULA COMPETITIVA Una parte fondamentale dell’ambiente economico delle imprese è rappresentata dal sistema competiti v o , ossia dallo spazio economico popolato dai c lient i , dai fornitori e dai concorrenti e nei quali l’impresa si presenta con sistemi di prodotto, risultato della sua attività caratteristica Il modello della formula competitiva pone in correlazione tre macro-variabili, che mi consentono di competere su fattori critici comuni di successo: 9 Il sistema di prodotto 9 Il sistema competitivo 9 La struttura e le risorse aziendal i : dato dall’insieme di quelle condizioni che ci mettono in grado di elaborare e di offrire un sistema di prodotto più o meno originale e competitivo, ovvero le condizioni fisiche, patrimoniali, personali, relazionali e organizzative di cui l’impresa dispone per rispondere alle attese dei clienti e per fronteggiare quindi le mosse dei competitors. Tutte queste variabili, che si supportano a vicenda, consentono di mantenere in vita l’azienda e la sua crescita, inoltre garantiscono una posizione di parità o di vantaggio concorrenziale. Cosa fanno i concorrenti? Come posso, con il mio prodotto, avere una posizione di vantaggio rispetto a loro? Il sistema competitivo I fattori critici di successo Quali sono i fattori critici per avere il successo? I vantaggi competitiv i Le competenze distintive Il sistema di prodotto Strutture e risorse aziendali Possiedo o posso sviluppare competenze fonte di un vantaggio economico duraturo e inimitabile? Il modello afferma quindi che il successo di una strategia competitiva dipende dalla consonanza fra le variabili. L’impresa deve comprendere quali sono le attese dei clienti e in particolar modo quali sono le attese decisive per le scelte di acquisto, ovvero i fattori critici di successo, e a fronte delle stesse, qual è l’attual e attesa dei concorrenti. L’impresa, perciò deve possedere dei vantaggi competitivi rispetto agli altri competitors e inoltre deve sviluppare strutture e risorse che contengano competenze distintive in modo tale che i concorrenti possano difficilmente imitarle e che sia possibile offrire un sistema di prodotto coerente con i fattori critici di successo e con adeguati vantaggi competitivi. Esempio di domande da porsi nell’individuare la tre sotto-variabili della formula competitiva. Riassunto tabella soprastante: Il mercato, quindi, può essere ampio o di nicchia. Nel momento in cui viene messa in atto una strategia su un mercato ampio, offriamo ai clienti un prodotto ad un prezzo più basso rispetto alla concorrenza, quindi viene adottata una leadership di costo. Il vantaggio competitivo di differenziazione su un mercato ampio si definisce differenziazione con sistema di prodotto singolo o multiplo, ovvero sottosistemi di prodotto distinti per assortimento, prezzo, qualità, innovazione, servizio ed altre caratteristiche sia materiali che immateriali. Quando invece parliamo di differenziazione su un mercato di nicchia, si definisce focalizzazione basata sulla differenziazione e riguarda soprattutto il settore del lusso, dove i vari brand sono in concorrenza fra loro. Nel momento in cui, invece, viene emesso sul mercato un prodotto molto ricercato e particolare, il quale è destinato a canali di vendita selezionati e specializzati, in cui il prodotto viene venduto ad un prezzo più elevato rispetto alla media del settore, si ha una focalizzazione basata sul costo. STRATEGIE IBRIDE O INTEGRATE Grazie all’innovazione tecnologica e allo sviluppo di nuove conoscenze tecniche, oggi è possibile anche combinare più strategie competitive: è possibile infatti ottenere prodotti differenziati a costi sostenibili. L’insieme di tali programmi e progetti di vendita vengono definiti anche strategie ibride o integrate: combinano le differenti strategie concorrenziali di base . Infatti possono esistere strategie ibride, ovvero che combinano la strategia di costo e di differenziazione. Per implementare una strategia integrata, ovvero sia di leadership di costo che differenziazione, occorre flessibilità strategica, ottenibile attraverso:  Sistemi produttivi flessibili (Lean production, industria 4.0)  Network d’informazioni (IoS, Intelligenza artificiale, alleanze e partnership…)  Sistemi di Total Quality Management (enfasi sul problem solving, responsabilizzazione di team gruppi di lavoro piuttosto che singoli individui o singole funzioni, ecc…) Il sistema di prodotto: IL MODELLO DEL CVP ciclo di vita del prodotto Ogni prodotto e ogni bene che viene messo in vendita sul mercato ha un ciclo di vita, definito ciclo di vita del prodotto: definisce appunto i livelli delle vendite per un certo prodotto nel temp o . Per attuare le strategie e per la creazione del sistema competitivo è importante perciò essere al corrente a che stadio della vita un prodotto si trova, in quanto dopo alcuni esami in base alla fase in cui si trova, si possono attuare scelte volte anche a migliorare l’andamento delle vendite. I vari stadi del ciclo potrebbero avere delle fasi temporanee diverse, perciò non sempre è omogeneo il tempo fra uno stato e l’altro. In sostan z a, le fasi di ciclo di vita di un p r odotto e il suo settore corrispondente sono quelle qui sottostant i : 1. Fase di introduzione del prodotto: il prodotto è nuovo, le quantità sono poche, le vendite sono limitate, la gente non conosce il prodotto. 2. La fase dello sviluppo o di crescita: il prodotto inizia ad essere conosciuto sul mercato, dopo aver accurato che il prodotto è stato accettato dal mercato, si inizia ad aumentare la quantità prodotta, con una conseguente riduzione dei prezzi e il cambiamento tecnologico, dall’innovazione di prodotto all’innovazione di processo. In questa fase gli sforzi di innovazione vengono applicati sui processi produttivi e soprattutto sui costi. 3. Fase di maturità: il mercato inizia a diventare saturo, si sta esaurendo la domanda a disposizione, iniziano a comparire dei prodotti sul mercato che ormai hanno acquisito la tecnologia del prodotto creato, ovvero i cosiddetti prodotti sostitutivi. 4. La fase di declino: entrano sul mercato prodotti tecnologicamente superiori, che arrivano anche magari da settori diversi.  Per contrastare la fase di declino, l’azienda può iniziare un processo di evoluzione del prodott o , innovandolo a livello tecnologico, maga, dando la possibilità al prodotto stesso mantenere il ciclo di vita. Come si può mantenere in vita un prodotto nel momento in cui si trova in una fase di declino? 9 Si può eliminare il prodotto oppure lo si rivitalizza facendo aumentare la frequenza d’acquisto da parte dei clienti attuali, aumentando la copertura di mercato, migliorando la funzionalità o qualità del prodotto e scoprendo nuovi impeghi. Esempio: I L T A S S O D I C R E S C I T A D E L M E R C A T O L O W H I G H Il sistema di prodotto: LA MATRICE BCG Boston Consulting Group LA QUOTA DI MERCATO RELATIVA HIGH STARS LOW QUESTION MARKS CASH COW DOGS È una matrice che venne ideata negli anni 60 da parte del Boston Consulting Group, società americana specializzata nella consulenza strategica delle aziende. È caratterizzata da una matrice organizzata con due parametri: il tasso di c rescita del mercat o e la quota di mercato relativa (=rapporto fra la quota di mercato, quindi il fatturato, e la quota di mercato del mio principale competitor, ovvero il suo fatturato). Questa matrice, quindi, ci permette di individuare la crescita di un mercato o meno. È importante individuare il tasso perché la domanda se cresce sarà in grado di assorbire la mia offerta, mentre dall’altra parte abbiamo la quota di mercato relativa, grazie alla quale è possibile sapere se si riesce a godere di una posizione di parità competitiva o di vantaggio. Mettendo insieme queste due variabili ottengo quattro quadranti, dove è possibile appunto mettere in relazione e in paragone il tasso di crescita e la quota di mercato relativa. I quattro quadranti che si vanno a creare nella matrice sono:  STARS ++: i prodotti che si trovano qua godono di un alto tasso di c rescita di mercato , con un’alta quota correlata . Sono prodotti in c ui si ha un vantaggio c ompetitivo, su un m ercato in forte crescita. Sono prodotti che sono in grado di generare cassa e sui quali può ancora investire, in quanto il mercato è ancora in crescita, per un lungo periodo. Sono prodotti st e lla perché si investe continua m ente sui prodotti per aver sempre un vantaggio competitivo con i competitor s . Possono diventare cash cow, in quanto il mercato non è espandibile “all’infinito” quindi nel lungo termine potrebbero diventare delle cash cow, salvo che non siano continuamente innovati.  DOG --: sono prodotti con una quota bassa in un mercato a basso tasso di crescita. Possono generare profitti appena sufficienti al pareggio, o addirittura perdite, per cui il management potrebbe decidere di disinvestire. Spesso, però, i beni vengono comunque mantenuti nella linea dei prodotti per avere una sorta di completezza di gamma rivolta ai clienti.
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