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Riassunto - Economia dell'audiovisivo, Dispense di Teoria Del Cinema

riassunto del testo "Economia dell'audiovisivo – Politiche e struttura del mercato" di Federica D’Urso

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 20/05/2023

Erika-Procaccino
Erika-Procaccino 🇮🇹

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Scarica Riassunto - Economia dell'audiovisivo e più Dispense in PDF di Teoria Del Cinema solo su Docsity! 1 Economia dell’audiovisivo – Politiche e struttura del mercato Federica D’Urso Economia e cultura L’audiovisivo è un settore ibrido, che si colloca all'intersezione fra cultura ed economia. Riguarda infatti contenuti che sono indubbiamente dotati di una componente creativa e culturale, per la cui realizzazione e diffusione è altresì necessario un sistema piuttosto complesso di natura industriale. Questa duplicità del settore è alla base di tuto i sistema di governo, di regolamentazione e di sostegno pubblico di cui l'audiovisivo è oggetto. Cos’è l’audiovisivo La prima regola a cui fare riferimento è quella che definisce cosa si intende per "audiovisivo": la si può rintracciare nell'incipit della Legge di riferimento del settore, la n. 220/2016. Definendo l'opera audiovisiva, la norma disegna i confini del proprio ambito di applicazione e di conseguenza delimita il settore. L'audiovisivo è composto dall'insieme di tutte le opere costituite da immagini e suoni che abbiano per oggetto la narrazione di una storia. Sono invece esclusi dal perimetro, quindi non appartengono all'audiovisivo così definito, tutti i programmi di informazione e approfondimento giornalistico, i programmi di intrattenimento, i quiz, i talk show, i reality, le dirette di eventi, anche sportivi. Protagonisti e strumenti di lavoro Il processo di lavorazione che caratterizza l'audiovisivo comprende competenze di natura sia artistica che imprenditoriale. Gli attori coinvolti in questo processo sono molteplici, ciascuno impegnato nello svolgimento di una o di più attività che contribuiscono all'ideazione, alla realizzazione e alla commercializzazione delle opere. Tutti gli imprenditori che agiscono nel settore audiovisivo, e in particolare i produttori, utilizzano due strumenti fondamentali nello svolgimento del loro lavoro, che devono sempre essere tenuti sotto controllo e aggiornati durante le attività: il budget, composto dall'elenco dettagliato delle spese, la cui somma coincide con il costo totale della lavorazione; e il piano finanziario, composto dall'elenco delle fonti economiche e finanziarie che serviranno a coprire il budget. 2 1 – La struttura del mercato audiovisivo 1.1 I diritti e la filiera 1.1.1 La legge sul Diritto d’Autore L’opera audiovisiva è un’opera collettiva, la cui realizzazione prevede la partecipazione di un significativo numero di soggetti che, con il loro apporto artistico, creativo e tecnico, contribuiscono, ognuno per la sua parte, a realizzarla. La molteplicità dei soggetti coinvolti a vario titolo nella realizzazione della medesima opera genera una complessità che, se non opportunamente governata, renderebbe ingestibile l’effettiva operatività delle lavorazioni. Per questo si rende necessaria una semplificazione gestionale. Questa considerazione è all’origine dell’esigenza di identificare in un soggetto unico la proprietà dell’opera e la sua gestione à il soggetto, per legge, è il produttore. Il testo normativo di riferimento per questi aspetti è la Legge n. 633 del 1941, il cui titolo è Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio. Secondo questa norma sono protette dal diritto d'autore: Le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. Legge n. 633/1941 (e successive modifiche), Art. 1 Il diritto d'autore è quindi applicabile a qualsiasi opera dell'ingegno, ovvero a qualsiasi atto creativo codificato. Fra le opere oggetto di protezione ci sono anche i film e, per estensione, le opere audiovisive. Trattandosi di opere collettive, la Legge specifica che nel caso del settore audiovisivo le componenti oggetto di protezione sono molteplici: Si considerano coautori dell'opera cinematografica l'autore del soggetto, l'autore della sceneggiatura, l'autore della musica e il direttore artistico. Legge n. 633/1941 (e successive modifiche), Art. 44 Ne consegue che gli autori dell'opera audiovisiva riconosciuti dalla Legge sono: - L'autore del soggetto; - L'autore della sceneggiatura; - L'autore della musica; - Il direttore artistico, o regista. La titolarità originaria del diritto d'autore di tutte le opere dell'ingegno, che nel caso dell'opera audiovisiva appartiene ai quattro autori citati, si sostanzia in due componenti, ciascuna delle quali a sua volta è costituita da un elenco di diritti specifici: La componente morale del diritto d'autore, composta da: - Il diritto di paternità dell'opera; - Il diritto all'integrità dell'opera; - Il diritto di inedito, che si esaurisce con la pubblicazione dell'opera; - Il diritto di pentimento, ovvero il diritto a ritirare la pubblicazione. 5 Lo sviluppo e la produzione, presidiate dal produttore, compongono il cosiddetto processo produttivo del film e di tutte le opere audiovisive. Promozione La terza fase della filiera cinematografica è denominata promozione e riguarda le attività di diffusione nei vari festival e mercati del film già realizzato, prima però che questo venga immesso nel circuito commerciale. Si tratta di una fase importante soprattutto per il film, d’autore o per le opere realizzate da esordienti. La reazione degli spettatori ai festival è spesso una variabile utile per valutare il potenziale commerciale del film nel suo successivo percorso di sfruttamento al cinema e sulle altre piattaforme. Distribuzione La quarta fase è la distribuzione à insieme delle attività commerciali, promozionali, legali, esecutive e finanziarie connesse alla negoziazione dei diritti relativi allo sfruttamento economico dell’opera sia in sala cinematografica e poi sui vari canali e piattaforme, in uno o più ambiti geografici di riferimento. Si tratta di una fase cruciale per il mercato cinematografico, perché qui il produttore cerca di rientrare nell’investimento effettuato durante lo sviluppo e la produzione e di generare anche un proprio guadagno. Le attività di distribuzione vengono generalmente affidate dal produttore a una società di distribuzione specializzata. Il distributore si occupa tipicamente della gestione del cosiddetto diritto theatrical, cioè dell’uscita in sala. Il distributore si occupa del marketing à cioè del lancio e la pubblicizzazione del film nel periodo precedente la sua prima uscita, e della movimentazione delle copie del master originale che devono essere fornite ai singoli esercenti che le richiedono. Invece, la gestione della vendita del film sulle piattaforme successive alla sala solitamente è gestita dal produttore, che di volta in volta si relaziona con l’interlocutore interessato. La gestione della commercializzazione del film sui mercati esteri è affidata a una figura specifica denominata distributore internazionale. Il sistema delle Window Il mercato della distribuzione del film è tradizionalmente organizzato in base alle finestre di sfruttamento (Window). Si tratta di un sistema in base al quale i vari operatori del mercato interessati a commercializzare il film sulle diverse piattaforme si autoregolamentano con l’obiettivo di massimizzare i ricavi derivanti dalla distribuzione dell’opera su ciascuna piattaforma. Il presupposto condiviso è che per raggiungere l’obiettivo è necessario riservare a ciascuna piattaforma un periodo dedicato, in cui il pubblico può vedere il film solo in quella determinata modalità. La prassi prevede che venga riservato a ciascun canale di distribuzione un periodo di sfruttamento esclusivo, la cui durata è frutto della contrattazione tra le parti: un film che in un determinato periodo è in sala non può quindi essere disponibile contemporaneamente anche in televisione o su un servizio OTT. Tradizionalmente, fra gli anni 80 e gli anni 10, il percorso di 6 sfruttamento del film sulle diverse piattaforme aveva una durata piuttosto prolungata del tempo, che oscillava complessivamente fra i 5 e i 7 anni. Questo sistema ora è in crisi, a causa delle strategie adottate dagli operatori entrati recentemente nel mercato, come le piattaforme OTT, che in alcuni casi hanno scelto pratiche commerciali diverse, fra cui ad esempio la cosiddetta uscita del film in day and date (in contemporanea su tutte le piattaforme disponibili). In ogni caso, il sistema delle window resta ancora il modello di sfruttamento del film condiviso al mercato nazionale, europeo e internazionale. 1.2.2 La filiera televisiva La filiera che caratterizza il mercato televisivo coincide con quella del cinema per quanto riguarda le prime due fasi, sviluppo e produzione, mentre le fasi successive divergono in modo sostanziale da quanto finora esposto. La causa di questa differenza risiede nel diverso funzionamento dei due mercati. La filiera dei contenuti destinati alle piattaforme OTT che erogano servizi in streaming è ancora in fase di completa definizione, ma nelle sue linee essenziali sembra rispecchiare quanto avviene per la televisione. La somiglianza tra i due modelli è testimoniata anche dal linguaggio normativo comunitario e nazionale, che accorpa le emittenti televisive e gli operatori OTT definendoli Servizi Media AudioVisivi (SMAV) à gli operatori SMAV sono i soggetti che si occupano della fornitura di contenuti audiovisivi all’utente finale, sono titolari della responsabilità editoriale della loro offerta e sono definiti tali indipendentemente dalla piattaforma su cui veicolano i contenuti. I servizi SMAV si suddividono in due categorie: • SMAV lineari à che veicolano i contenuti inserendoli nell’ambito di un palinsesto determinato a monte dall’editore stesso: si tratta ad esempio del broadcasting tradizionale; • SMAV non lineari o a richiesta à che offrono i contenuti inserendoli in un catalogo a cui l’utente finale accede potendo scegliere i titoli da guardare: si tratta dei servizi che propongono contenuti in modalità video-on-demand. Diffusione La fase successiva alla produzione, per quanto riguarda le opere destinati ai servizi SMAV, viene definita diffusione, per distinguerla da quella della distribuzione, tipica del mercato cinematografico. La vita commerciale delle opere televisive è molto più breve di quella dei film per la sala, perché il canale di prima uscita in questo caso ha la capacità di raggiungere un mercato di spettatori molto più alto. Ne deriva che il valore del primo mercato per queste opere è in grado di esaurirne l’intero potenziale commerciale, o quasi. Di conseguenza il valore dello sfruttamento delle opere sugli eventuali mercati successivi non può che essere residuale. Nell’ultimo decennio si è configurata una sempre più significativa eccezione a questo meccanismo: la vendita delle opere sul mercato internazionale, che non è raggiunto mediante la diffusione sul canale di primo sfruttamento, assume un valore economico sempre più rilevante. Per la natura delle opere televisive prodotte in Italia e in Europa va rilevato che lo sfruttamento delle opere sui mercati esteri ha complessivamente un valore commerciale ancora molto più basso rispetto a quello del mercato nazionale interno. 7 A differenza di quanto avviene per il cinema, in questo sistema non c’è spazio per la possibilità di segmentare lo sfruttamento delle opere in base alle piattaforme interessate a distribuirle à non esiste un sistema paragonabile a quello delle window, proprio perché non sussistono sufficienti vantaggi economici per gli operatori di altre piattaforme successive a quella di prima uscita, sia essa la televisione o il servizio OTT. In termini temporali la vita delle opere destinate ai servizi SMAV è molto più corta di quella dei film per la sala à si esaurisce di fatto al suo primo utilizzo. Si dice quindi che quella televisiva è una filiera corta, mentre quella cinematografica è una filiera lunga à se, per esaurire la sua vita commerciale, un film impiega circa cinque anni, la vita delle opere televisive si esaurisce in un giorno, ovvero nel momento della loro prima messa in onda. 1.2.3 I diritti primari e secondari L’oggetto delle transazioni fra il titolare originario e i diversi soggetti che sfruttano l’opera audiovisiva consiste nella compravendita dei diritti, ovvero della possibilità di utilizzarla. Questi diritti si distinguono in due categorie: • Diritti primari: relativi alla piattaforma di primo sfruttamento, cioè il canale per cui l’opera è stata concepita à per il cinema abbiamo dei diritti theatrical; • Diritti secondari: relativi alle piattaforme di sfruttamento successive alla prima, cioè riferiti all’utilizzo su canali diversi da quella per cui l’opera è stata concepita. 1.3 La centralità del produttore Il possesso dei diritti di sfruttamento economico sull'opera audiovisiva, cioè della componente patrimoniale del diritto d'autore, coincide con la piena proprietà dell'opera: essere titolare, cioè proprietario, di un'opera audiovisiva significa possedere la possibilità di utilizzarla, venderla, sfruttarla economicamente. Secondo quanto previsto dalla Legge sul Diritto d'Autore, il soggetto identificato come proprietario dell’opera è il produttore à intorno a questa figura, e quindi alla sua capacità di gestire i diritti di utilizzazione e sfruttamento si sviluppa l’intera architettura dell’economia del settore audiovisivo. 1.3.1 Chi è il produttore? La Legge sul Diritto d'Autore definisce le caratteristiche della figura del produttore, che in questo senso svolge una funzione equiparabile, ad esempio, a quella che nel settore della letteratura è l’editore. Il produttore secondo la legge è: • Colui che detiene i diritti di sfruttamento sull’opera, ovvero ne è il proprietario; • Colui che organizza e produce l’opera; • Colui che si occupa del finanziamento e della commercializzazione dell’opera. Ne segue che le competenze del produttore devono spaziare in ambiti diversi e tutti ugualmente importanti. Il produttore deve avere delle ottime capacità organizzative, per garantire il concreto funzionamento del set, compresa la sua preparazione à questa parte del suo lavoro è particolarmente delicata e complessa, perché prevede il coinvolgimento e il coordinamento di un alto numero di figure professionali che compongono la troupe e il cast artistico. 10 • L'acquisizione o cessione di quote di proprietà dell'opera; • L'acquisizione o cessione della possibilità di usare l'opera. In alcuni casi questi contratti vengono sottoscritti a monte della produzione, ovvero prima della realizzazione dell'opera, in altri casi vengono sottoscritti a valle della produzione, ovvero quando l'opera è già stata realizzata. I contratti che vengono sottoscritti a monte della produzione costituiscono per il produttore una fonte fondamentale di risorse economiche, che garantiscono la liquidità necessaria alla effettiva organizzazione e all'espletamento delle diverse attività di realizzazione delle riprese e della post-produzione. Il finanziamento delle opere prima che queste vengano realizzate è tipico dei mercati presidiati dagli operatori SMAV e viene in parte adottato anche per i film destinati alla sala. I contratti che vengono sottoscritti a valle della produzione prevedono la vendita dell'opera finita e intervengono successivamente alla produzione. Il valore economico di questi contratti è generalmente molto più contenuto rispetto a quelli appartenenti alla prima categoria e non contribuiscono al finanziamento delle attività di produzione. L'adozione di questa seconda categoria di contratti è tipica del mercato cinematografico e della compravendita di tutte le tipologie di opere audiovisive. 1.4.2 Tipologie di contratti I contratti per l'acquisizione di contenuti audiovisivi da parte dei distributori e degli operatori SMAV vedono due contraenti: da un lato il produttore, detentore originario della proprietà dell'opera, dall'altro lato il cessionario, che può essere il distributore, interessato a ottenere la possibilità di immettere il film nel mercato theatrical. Ciò che il produttore cede alla controparte è la possibilità di usare l'opera: questo si sostanzia nella cessione di diritti. I diritti oggetto di cessione possono essere essenzialmente di due tipi: • Diritti di sfruttamento economico à coincidono con la proprietà dell'opera; la cessione di questi diritti può essere riferita all'opera nella sua interezza, oppure a una sua parte (quota); • Diritti di utilizzazione à consistono nella possibilità di utilizzare l'opera entro limiti concordati, senza che avvenga alcun passaggio di proprietà. Generalmente i contratti per la cessione dei diritti di utilizzazione (o licenza) prevedono limitazioni specifiche, riferite ad alcune variabili comuni e presenti in tutti i contratti: - Il periodo di tempo durante il quale il cessionario può utilizzare l'opera; - Nel caso degli operatori SMAV lineari, il numero di passaggi, ovvero il numero di volte in cui, nell'arco di tempo stabilito al punto precedente, l'opera può essere inserita nel palinsesto o nel catalogo catch-up; - Il territorio nell'ambito del quale il cessionario può diffondere l'opera; - La piattaforma su cui più essere diffusa o distribuita l’opera: sala cinematografica, televisione free, televisione a pagamento, home video, piattaforma OTT. Nelle prassi del settore si possono individuare cinque tipologie di contratto fra operatore SMAV e produttore per la fornitura di contenuti audiovisivi, che incrociano le variabili appena elencate: • Appalto: in questo caso, l'operatore SMAV finanzia interamente il produttore per la realizzazione dell'opera, prima che questa venga realizzata; ne consegue, come contropartita, 11 che il produttore cede all'operatore SMAV la totalità dei diritti di proprietà sull'opera. Non è mai utilizzata nel settore cinematografico; • Produzione prevalentemente finanziata: questa fattispecie, introdotta di recente grazie a un intervento normativo, costituisce un tentativo di correggere la pratica dell'appalto e prevede che anche se l'operatore SMAV finanzia interamente l'opera, al produttore resti una quota, pur residuale (il limite minimo è fissato al 5%) dei diritti di proprietà sull'opera, in virtù dell'apporto che garantisce in fase di sviluppo creativo. Negli ultimi anni questa tipologia di contratto si sta effettivamente diffondendo, andando a sostituire il tradizionale appalto; • Co-produzione: questa pratica è tipica del mercato internazionale e prevede che l'operatore SMAV finanzi in quota la realizzazione dell'opera, in cambio dell'acquisizione di una pari quota di diritti di proprietà. In questo caso 1 due soggetti, produttore e operatore SMAV, collaboreranno alla pari alla realizzazione dell'opera e, una volta che questa sarà finita, si divideranno di conseguenza i ricavi derivanti dalla sua commercializzazione; • Preacquisto: questo contratto e quello successivo, a differenza dei casi fin qui elencati, non prevedono la cessione di diritti di proprietà sull'opera, ma soltanto la cessione dei diritti di utilizzazione; la proprietà dell'opera resta quindi interamente in capo al produttore. Nel caso del preacquisto, il contratto fra il produttore e l'operatore SMAV o il distributore viene sottoscritto prima della realizzazione dell'opera e ha un valore più basso rispetto alla co- produzione ma più alto rispetto all'acquisto; • Acquisto: in questo caso, infine, oggetto del contratto è di nuovo i solo diritto di utilizzazione, ma l'accordo viene sottoscritto quando l'opera è già stata realizzata. Il contratto di acquisto ha un valore, in termini economici, decisamente più contenuto rispetto alle altre tipologie contrattuali e per questo non è molto conveniente per il produttore. Viene utilizzato soprattutto per le vendite delle opere all’estero e sulle piattaforme successive a quella di sfruttamento. 1.4.3 Il flusso dei ricavi Si può affermare che il flusso dei ricavi del settore cinematografico diverge da quello tipico del settore presidiato dagli operatori SMAV, in virtù della diversa modalità di consumo dell'opera finita. Nel caso del cinema, i ricavi del produttore derivano in gran parte dalla vendita del film finito sulle diverse piattaforme. Lo sfruttamento dei diritti primari, relativi al mercato sala, genera una porzione minoritaria, che oscilla fra il 20% e il 30%, del totale dei ricavi che il film è in grado di generare, ma questo primo risultato assume un valore cruciale perché determina il prezzo della sua vendita sui mercati successivi; questi ultimi, oggetto della compravendita dei diritti secondari, generano il restante 70-80% del risultato economico del film. La complessità di questo processo rende difficilmente quantificabile a monte il valore effettivo dell'opera sul mercato. Al contrario, nel caso delle opere audiovisive designate agli operatori SMAV, la gran parte dei ricavi del produttore si genera precedentemente alla prima uscita dell’opera e il suo introito è costituito da una quota del budget di produzione. Il costo della produzione viene concordato con il fornitore SMAV anche in base al calcolo del potenziale successo derivante dal suo primo sfruttamento. Il valore dell’opera è allora determinato in fase di contrattazione con l’operatore SMAV, titolare del primo canale di diffusione. A differenza di quanto avviene per il film, la costruzione del valore e le dimensioni del mercato delle opere destinate ai servizi SMAV, sia lineari che a richiesta, si determinano a monte del loro sfruttamento. 12 2 – La regolamentazione del settore audiovisivo Quello dell’audiovisivo è un settore fortemente regolamentato a tutti i livelli territoriali: lo Stato, l’UE, e le Regioni. La regolamentazione prevede sia vincoli sia opportunità per gli operatori che agiscono lungo l’intera filiera. 2.1 La politica pubblica per l’audiovisivo 2.1.1 Area di intervento In Italia l’attenzione delle istituzioni per questa materie risale all’inizio del secolo scorso, quando il regime fascista, intuendo il potenziale di persuasione del mezzo cinematografico, ha inaugurato una forte politica di regolamentazione e finanziamento del settore. Da allora si sono succedute numerose norme, a livello nazionale, che sono variamente intervenute per sostenere e orientare la produzione e diffusione di contenuti presso il pubblico, in base all’osservazione delle esigenze del mercato ma anche in base all’orientamento strategico della politica pubblica nelle diverse epoche. Fino al 2016, la politica dello Stato si è limitata a regolare e finanziare esclusivamente il settore cinematografico, ovvero la produzione, promozione e distribuzione dei film destinati prioritariamente alla sala. Soltanto con la Legge n.229/2016 il perimetro dell’intervento pubblico nazionale è stato esteso all’intero settore audiovisivo che, oltre ai film, include anche alcune opere destinate ai servizi SMAV e alcuni videogiochi. Quando nel 2001 le Regioni italiane intraprendono una attività di regolamentazione e finanziamento all’audiovisivo, il perimetro di riferimento è l’intero settore, comprensivo anche dei contenuti destinati ai servizi SMAV, e non più soltanto quello strettamente cinematografico. 2.1.2 Interazione con il contesto di mercato È evidente che la politica pubblica promossa dalle diverse istituzioni reagisce al contesto di mercato a cui si rivolge nel momento in cui viene inaugurata, per poi auspicabilmente essere aggiornata man mano che il contesto si evolve. La regolamentazione di livello nazionale si è dovuta faticosamente adeguare rincorrendo una realtà in costante e rapida evoluzione: è quindi giunta a un significativo aggiornamento solo nel 2016, con notevole ritardo anche rispetto alle Regioni. Una delle più importanti novità apportate da quell’impianto normativo è proprio l’estensione del perimetro di riferimento della normativa nazionale all’interno del settore audiovisivo. 2.2 Le competenze su cinema e audiovisivo 2.2.1 I livelli territoriali I livelli territoriali che agiscono nel settore sono essenzialmente tre: • Livello sovranazionale: in cui l’UE svolge un ruolo preponderante ma a cui appartengono anche altri enti come ad esempio il Consiglio d’Europa; • Livello nazionale: che coincide con le politiche promosse dallo Stato; • Livello subnazionale: che fa riferimento ai soggetti istituzionali gerarchicamente e territorialmente inferiori allo Stato e che, in funzione dell’attribuzione dei poteri prevista alla Costruzione, coincide con la politica promossa dalle Regioni e dalle Provincie Autonome di Trento e Bolzano. 15 - Materie di competenza esclusiva dello Stato à sulle quali la capacità di legiferare è attribuita in via esclusiva allo Stato centrale; - Materie di competenza concorrente à sulle quali la capacità di legiferare è attribuita sia allo Stato che agli enti regionali, nello specifico le Regioni e le Province Autonome sono incaricate di emanare la legislazione operativa e di dettaglio; - Materie di competenza residuale à sulle quali la capacità di legiferare è attribuita in via esclusiva alle Regioni e alle Province Autonome. La Costituzione non fornisce un elenco esplicito di tali competenze, limitandosi a prevedere che a questa categoria appartengono tutte le materie che non compaiono nelle prime due. Nella suddivisione delle competenze fra Stato e Regioni, quindi, l’audiovisivo, dal momento che rientra fra le attività culturali, è considerato una materia di competenza concorrente. La riforma del 2001 è stata rivoluzionaria per questo settore, perché per la prima volta ha aperto la strada alla possibilità di esprimere una politica regionale per l’audiovisivo. Da quella data si sono succedute esperienze diverse e piuttosto promosse da alcune Regioni, nel tentativo di interpretare questo nuovo ruolo. Le regioni non sono obbligate a intraprendere una politica per l’audiovisivo sul proprio territorio -à se lo fanno è perché ritengono che per loro questo sia in quale modo utile o conveniente. Ne consegue che non tutte le Regioni hanno attuato fin da subito una politica audiovisiva, le iniziative si sono succedute in modo piuttosto scomposto nei primi 10/15 anni di attività. Questo clima sperimentale ha portato nel 2016 a un primo esplicito e dettagliato riconoscimento di questa facoltà degli enti subnazionali da parte dello Stato à la Legge n.220/2016 all’Art.4 riconosce per la prima volta in modo ufficiale una situazione che nel frattempo si era sviluppata in modo quanto disordinato e prevede l’istituzione di un tavolo di coordinamento fra Stato e Regioni in materia di audiovisivo, proprio con l’obiettivo di mettere ordine in un ambiente tanto articolato. La politica regionale per l’audiovisivo è quindi relativamente recente in Italia e ha visto un primo tentativo di razionalizzazione da parte dello Stato soltanto nel 2016: quando viene promulgata la Legge n.220. l’obiettivo dell’intervento normativo nazionale è stato quello di razionalizzare una situazione già esistente, definendo criteri minimi e principi essenziali delle diverse attività implementate dagli enti subnazionali, che devono essere rispettati da tutti i soggetti coinvolti. 2.3 Il principio dell’Eccezione Culturale 2.3.1 Il divieto di erogare aiuti di Stato Una prima e fondamentale ricaduta del complesso e articolato sistema di attribuzione delle competenze nel settore audiovisivo fra i tre livelli territoriali riguarda un tema estremamente concreto: la concessione di aiuti economici delle imprese del settore. Questi devono rispettare vincoli e regole previsti dall’istituzione che ha competenza in materia di economia à questo soggetto è l’UE. L’Unione Europea ha scelto fin dalle sue origini di ispirarsi al modello del libero scambio, che presuppone che un evento lasciato alla libera concorrenza fra operatori è destinato a svilupparsi in modo virtuoso. 16 Per questo, uno dei principi fondamentali della politica economica dell’UE è il divieto agli Stati membri e agli enti subnazionali di erogare i cosiddetti aiuti di stato à cioè le varie forme di sostegno economico o finanziario alle imprese private. Il divieto di erogare aiuti di §stato è rivolto agli Stati membri e alle Regioni, ma non all’UE, che nel suo ruolo di coordinamento si riserva la possibilità di intervenire nel mercato laddove questo si renda necessario ai fini del raggiungimento degli obiettivi comunitari. Tuttavia, da una analitica osservazione del funzionamento del mercato audiovisivo europeo, una rigida attuazione di questo divieto risulterebbe assai pericolosa per la sua sopravvivenza. Un’industria basata su un investimento iniziale piuttosto importante e caratterizzata da un altissimo tasso di imprevedibilità nella fase di composizione dei ricavi, in assenza di un sostegno pubblico, finirebbe per scomparire. Tuttavia, l’altra anima della duplice identità delle opere audiovisive, che fa invece riferimento alla cultura e la cui competenza è attribuita agli Stati Nazionali, rende l’audiovisivo un settore imprescindibile, a cui non ci si può permettere di rinunciare. Ricordiamo le parole cultura e culturale à queste espressioni non fanno riferimento a giudizi di natura artistica o intellettuale, si riferiscono invece, in senso molto più generico ed esteso, alla capacità delle opere di rappresentare l’identità di un popolo, le sue caratteristiche e modalità di auto- rappresentazione. Le istituzioni concordano quindi sul fatto che sia necessario prevedere una correzione alla regola europea che vieta agli stati e alle Regioni di erogare sostegni economici e finanziari agli imprenditori del settore audiovisivo à la risposta a questa esigenza è il principio dell’eccezione culturale. 2.3.2 L’eccezione culturale L’eccezione culturale è allora il principio fondamentale, dettato dall’UE, che permette di erogare aiuti pubblici, a livello statale e regionale, al settore audiovisivo. Ogni aiuto pubblico erogato da Stati membri e Regioni deve rispettare limiti e dettami. Le regole a cui si deroga nel caso del settore audiovisivo, quindi, sono quelle del libero scambio commerciale, previste da trattati internazionali multilaterali. Il trattato generale di libero scambio per le merci è denominato GATT ed è gestito e rivisto periodicamente fin dal 1947 dall’ONU. Il principio dell’eccezione culturale nasce quindi nel 1994, anno in cui l’audiovisivo viene estratto dall’arena dei servizi su cui si sta discutendo il trattato di libero scambio. Il documento ufficiale di riferimento, che interpreta il principio dell’eccezione culturale come perimetro essenziale dell’intervento pubblico a sostegno delle imprese è la Comunicazione Cinema del 2013, che la Commissione Europea ha approvato dopo un lungo periodo di consultazioni, rivedendo la precedente versione del 2001. La Comunicazione Cinema ribadisce che il regime degli aiuti pubblici dell’audiovisivo può essere compatibile con il TUE solo se promuove la cultura. Ne consegue che l’Eccezione Culturale è il principio che legittima l’intervento economico-finanziario degli Stati del settore audiovisivo, al fine di correggere le distorsioni generate dal mercato. 17 L’intervento economico e finanziario dello Stato nell’audiovisivo è quindi ispirato alla funzione fondamentale di promozione culturale e per questo rientra nelle competenze del MiC. Il vincolo all’applicazione del principio dell’eccezione culturale è quindi che le opere e le attività finanziate in quest’ambito rispettino il requisito della culturalità à un’opera audiovisiva è finanziabile soltanto se viene riconosciuta come opera culturale. 2.4 Limiti all’intensità degli aiuti di Stato 2.4.1 Presupposti del concetto di limite all’intensità degli aiuti Un altro principio fondamentale che determina e condiziona in modo concreto l’effettivo funzionamento degli aiuti pubblici all’audiovisivo, e in particolare quelli dedicati alla delicata fase della produzione, è la definizione dei limiti all’intensità degli aiuti di Stato. Trattandosi di una materia di natura economica, ancora una volta è l’UE il soggetto chiamato a definire obiettivi e vincoli di questo principio. Il presupposto è che, se in virtù dell’eccezione culturale è possibile per gli Stati e le Regioni erogare aiuti di Stato a favore delle imprese impegnate nella realizzazione delle opere audiovisive, è comunque necessario incentivare tali imprese a rendersi progressivamente sempre più autonome dal finanziamento pubblico. Alla luce di questo obiettivo l’UE pone dei limiti all’utilizzo degli aiuti di stato nel settore audiovisivo. L’invito alle imprese è quindi quello di sviluppare la propria capacità di accedere a risorse private per il finanziamento delle opere. Quando si parla di risorse private si fa riferimento al nutrito elenco di fonti non derivanti da aiuti pubblici a cui il produttore può accedere per finanziare la propria opera. Le fonti più significative sono à le imprese che agiscono ad altri livelli della filiera audiovisiva, come ad esempio gli operatori SMAV e i distributori, che possono finanziare l’opera già in fase di produzione, e le imprese che non appartengono alla filiera che scelgono di finanziare un’opera, anche attraverso l’inserimento di comunicazioni di natura pubblicitaria. 2.4.2 Definizione dei limiti all’intensità degli aiuti I limiti all’intensità degli aiuti di Stato indicano allora la percentuale del piano finanziario delle opere che l’impresa di produzione o distribuzione può coprire con la somma dei finanziamenti e dei sostegni erogati dallo Stato e dalle Regioni. Sono esclusi da questo conteggio gli aiuti provenienti da enti sovranazionali. Questa regolamentazione è prevista dalla comunicazione Cinema del 2013, poi confluita nel Regolamento UE n.651/2014 della Commissione Europea. Nello specifico, per la copertura dei costi delle opere audiovisive, gli aiuti dello Stato sono cumulabili entro le seguenti misure: • Il limite generale è fissato al 50% del totale del piano finanziario, per la produzione e per la distribuzione di tutte le opere audiovisive; • Il limite è elevato al 60% del totale del piano finanziario, nel caso in cui le opere siano realizzate in regime di co-produzione internazionale; 20 3 – Il finanziamento pubblico nazionale 3.1 La legge n.220/2016 Il principale testo normativo che imposta e attua la politica nazionale per l'audiovisivo in Italia è la Legge n. 220 del 14 novembre 2016, "Disciplina del Cinema e dell'Audiovisivo", promulgata con iter parlamentare ordinario sotto il Governo Renzi, rimasto in carica dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016. Al vertice del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo vi era Dario Franceschini: per questo la norma viene comunemente chiamata "Legge Franceschini". Le previsioni contenute in questa Legge sono entrate ufficialmente in vigore il 1° gennaio 2017. Il nuovo testo si pone l'obiettivo di rivoluzionare il quadro regolatorio di riferimento per il settore, per adeguarlo al contesto globale e multipiattaforma, tenendo conto del sempre più potente valore mediatico e culturale dei contenuti audiovisivi. 3.1.1 Genesi e obiettivi Con questa Legge, il Parlamento ha ideato un sistema di regole concepite con lo scopo di rafforzare l'intero settore à favorirne l'adattamento al mutevole ambiente digitale e promuoverne l'internazionalizzazione. Uno studio aveva evidenziato come l'industria audiovisiva italiana fosse sottodimensionata rispetto a quelle degli altri grandi Paesi europei e realizzasse prodotti con scarsa vocazione internazionale che non raggiungevano tutte le potenziali fasce di pubblico. La filiera che la compone era sviluppata in modo non omogeneo: posizioni dominanti e strozzature alteravano il progresso del settore compromettendo una appropriata valorizzazione delle opere. L'obiettivo di lungo termine dichiarato dalla Legge è dunque potenziare l'industria, rendendola indipendente, competitiva sul mercato globale e capace di offrire una varietà di prodotto che soddisfi i gusti di un pubblico sempre più differenziato ed esigente. Il rafforzamento del settore è inteso come strumento per garantire maggiore sperimentazione creativa nei generi, nei formati e nei linguaggi delle opere ma anche nei modelli di business degli operatori. 3.1.2 Il perimetro La n. 220/2016 è considerata una Legge di sistema: ciò significa che ha come obiettivo quello di intervenire in modo organico su tutta la filiera audiovisiva, regolamentandone ogni aspetto e razionalizzando gli interventi in funzione di una visione coerente e completa, a partire dalla definizione degli obiettivi da raggiungere. La precedente legge che ambiva a una regolamentazione di sistema era stata la n.1615 del 1965, nota come "Legge Corona" dal cognome del Ministro allora competente in materia. Il primo importante spostamento di prospettiva proposto da questo testo è l'inclusione nel quadro normativo di tutti i contenuti audiovisivi indipendentemente dal canale di sfruttamento a cui sono destinati, inclusi quelli realizzati per la televisione e il web, oltre ai videogiochi. Ne consegue che beneficiarie degli interventi non sono più soltanto le opere cinematografiche. Inoltre, la linea di confine tra il cinema e il resto del mondo audiovisivo è ormai sempre più sfumata. Non è più opportuna, quindi, una distinzione di valore culturale tra le varie tipologie di opera, ma restano specificità produttive e finanziarie a cui gli strumenti di intervento si propongono di adeguarsi. 21 La definizione del perimetro è data dalla definizione di "opera audiovisiva", che apre il secondo articolo del testo normativo: Opera audiovisiva à la registrazione di immagini in movimento, anche non accompagnate da suoni, realizzata su qualsiasi supporto e mediante qualsiasi tecnica, anche di animazione, con contenuto narrativo, documentaristico o videoludico, purché opera dell'ingegno e tutelata dalla normativa vigente in materia di diritto d'autore e destinata al pubblico dal titolare dei diritti di utilizzazione. Legge n. 220/2016, art. 2, comma 1, lettera a) Questa definizione riassume le caratteristiche essenziali del settore oggetto di regolamentazione, evidenziandone con precisione i confini. Un'attenta lettura del testo fa emergere l'elenco delle caratteristiche che deve avere un'opera per rientrare nella definizione di "opera audiovisiva"; per accedere a tale status è obbligatorio che ci siano contemporaneamente tutte le seguenti condizioni: - Innanzitutto, a differenza di quanto avveniva in precedenza, la tecnica e il supporto su cui è realizzata, e quindi il canale di distribuzione o diffusione a cui è destinata l'opera non sono rilevanti: non c'è discriminazione, ad esempio, fra i film per il cinema, le fiction per la televisione o le serie per gli OTT; - Per quanto riguarda la natura del contenuto dell'opera, non c'è distinzione fra opere di finzione, documentari e videogiochi; - Sul fronte del contenuto, l’unico e fondamentale vincolo che viene posto è quello della narratività à prevedere il racconto di una storia dal punto di vista dell’autore o del regista. Sono escluse dal perimetro tutte le opere non narrative; - Dal punto di vista autoriale, l'opera audiovisiva deve avere le caratteristiche dell'opera dell'ingegno come definita e tutelata dalla normativa vigente sul diritto d'autore; - L'opera audiovisiva deve essere destinata a un pubblico, cioè deve essere pensata e realizzata nell'ottica di una distribuzione o diffusione sul mercato; sono quindi escluse le opere realizzate a scopo meramente ludico o comunque destinate a una stretta cerchia di spettatori; - Infine, l'opera audiovisiva deve avere un titolare dei diritti di utilizzazione, ovvero un produttore identificabile e definito in base a quanto previsto dalla normativa, che si occupi della sua commercializzazione. Emerge allora con più chiarezza come la Legge disegna il perimetro dell'opera. L'insieme delle opere audiovisive sia concretamente composto da: • Tutti i film prioritariamente destinati alla sala cinematografica; • Le opere destinate agli operatori SMAV lineari e a richiesta, purché abbiano il requisito della narratività; • I videogiochi, purché abbiano il requisito della narratività. La definizione di opera audiovisiva costituisce quindi la principale novità della Legge n. 220/2016, estendendo notevolmente il perimetro di riferimento dell’intervento pubblico. La legge propone anche alcune definizioni che rappresentano dei sottoinsiemi dell’audiovisivo: • b) Film ovvero opera cinematografica à l’opera audiovisiva destinata prioritariamente al pubblico per la visione nelle sale cinematografiche; 22 • d) Documentario: l’opera audiovisiva à la cui enfasi creativa e posta prioritariamente su avvenimenti, luoghi o attività reali, anche mediante immagini di repertorio; • g) Opere di animazione à l’opera costituita da immagini realizzate graficamente, ovvero animate per mezzo di ogni tipo di tecnica e di supporto. 3.1.3 Il Fondo Con la Legge n. 220/2016 il bilancio a disposizione dell'amministrazione pubblica non solo si arricchisce fortemente, ma diventa anche stabile e certo nella sua dotazione minima. L'Art,13 prevede l'istituzione di un fondo permanente, denominato "Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo". La versione originaria del testo stabiliva che il Fondo avesse una assegnazione minima annua di 400 milioni di euro, con un incremento di risorse del 60% rispetto all'ultimo anno in cui era stata in vigore la precedente normativa. Dal 2022 questa soglia minima è stata aumentata in notevole misura, arrivando agli attuali 750 milioni di euro l'anno. Il senso di questa seconda importante innovazione del sistema di sostegno pubblico nazionale all'audiovisivo è dichiaratamente quello di mettere l'industria nella condizione, almeno simbolica, di autofinanziarsi: maggiore è il fatturato delle aziende, maggiore sarà la dotazione del Fondo nell'anno successivo. 3.2 Le procedure per l’accesso agli aiuti 3.2.1 La nazionalità per le opere italiane Un presupposto fondamentale per l'accesso ai benefici di legge è che l'opera audiovisiva ottenga il riconoscimento della nazionalità italiana, secondo quanto previsto dall'Art.5 della Legge e dall'apposito DM di attuazione. Tutte le opere, quindi, prima di essere presentate alla DGCA del MiC per la richiesta dei diversi tipi di finanziamento, devono essere obbligatoriamente sottoposte alla procedura amministrativa che attribuisce loro lo status di "opera di nazionalità italiana". Nel caso in cui le opere siano prodotte al 100% con capitali italiani (opere nazionali), è previsto, ai fini del riconoscimento della nazionalità, che l'opera superi un apposito test: questo consiste nell'attribuzione di punteggi in base a una serie di parametri organizzati in tabelle. Sono disponibili tabelle specifiche per quattro tipologie di contenuto: opere di finzione, documentari, opere di animazione, videogiochi. Le quattro tabelle non differiscono fra loro nella sostanza, ma soltanto nella terminologia. Per acquisire il riconoscimento della nazionalità italiana l'opera deve ottenere almeno 70 punti sui 100 totali previsti. Il punteggio è attribuito sulla base di specifici parametri. 3.2.2 Le co-produzioni e la nazionalità Nel caso di co-produzioni internazionali, invece, il riconoscimento della nazionalità italiana segue necessariamente un iter alternativo. In caso di co-produzioni internazionali, di regola, si applica quanto previsto dagli appositi accordi bilaterali di co-produzione fra l'Italia e l'altro Paese coinvolto nella co-produzione: esistono accordi di coproduzione con numerosi Stati, i cui testi sono disponibili sul sito web della DGCA del MIC. Questi trattati bilaterali definiscono le condizioni in base alle quali a un'opera può essere riconosciuto lo status di "co-produzione". 25 strumento è stato integrato nella Legge di sistema, determinandone così la definitiva conferma, stabilizzazione, oltre che ampliamento. Sono attualmente previsti diversi schemi di Tax Credit, in base alle attività e alle fasi della filiera a cui sono rivolti gli aiuti. Ciascuno schema prevede una aliquota, cioè una percentuale del costo complessivo dell'attività, su cui è possibile chiedere lo sgravio fiscale. Le aliquote sono determinate in sede di DM attuativi e possono variare in base alle esigenze individuate di volta in volta dallo Stato. Gli schemi di Tax Credit e le relative aliquote attualmente in vigore, che ancora beneficiano di un significativo aumento a valle della crisi generata dalla pandemia, sono i seguenti: • Tax Credit Sviluppo à aliquota 40% del costo di sviluppo, rivolto al produttore per la copertura delle spese di sviluppo; • Tax Credit Produzione à aliquota variabile fra il 15% e il 40% del costo di produzione, rivolto al produttore per la copertura delle spese di produzione; • Tax Credit Distribuzione à aliquota variabile fra il 15% e il 40% delle spese di distribuzione nazionale e internazionale, rivolto al distributore nazionale e al distributore internazionale; • Tax Credit Ristrutturazione à aliquota variabile fra il 20 e Il 40% delle spese di rispristino e realizzazione di nuove sale, rivolto all'esercente; • Tax Credit Programmazione à aliquota massima del 20% sugli introiti derivanti dalla programmazione in sala di opere italiane o europee, rivolto all'esercente; • Tax Credit industrie tecniche e di post-produzione à aliquota variabile fra il 20 e il 40% delle spese di adeguamento tecnologico e strutturale, rivolto alle industrie tecniche specializzate nella fase di post-produzione delle opere; • Tax Credit Produzione Esecutiva à aliquota variabile fra il 25% e il 30% della spesa sostenuta in Italia da produzioni internazionali che si affidano a un produttore esecutivo italiano, rivolto al produttore esecutivo; • Tax Credit per Imprese Esterne alla filiera à aliquota massima del 20% (elevata al 30% per le opere che hanno ottenuto i Contributi Selettivi) dell'investimento in produzione e distribuzione in Italia e all'estero, rivolto all'imprenditore esterno, ovvero la cui attività imprenditoriale non rientra nel settore audiovisivo. Questo schema ha svolto fino al 2018 un ruolo cruciale per l'attrazione di investimenti privati per il finanziamento delle produzioni audiovisive per poi essere congelato; • Tax Credit Videogiochi à introdotto nel 2021, prevede un'aliquota fissa del 25% delle spese eleggibili per i produttori di videogiochi che rispettano i requisiti previsti dalla Legge. Rispetto agli schemi previsti in precedenza, le novità del nuovo modello di Tax Credit risiedono nell'adozione di aliquote variabili all'interno della stessa tipologia di Tax Credit, in base a specifiche caratteristiche dell'opera o del soggetto beneficiario. Inoltre, per favorire l'accesso alla misura da parte di tutti gli operatori, si introduce la possibilità di cedere il credito spettante a intermediari bancari, finanziari o assicurativi che, a loro volta, possono cederlo a investitori privati esterni alla filiera audiovisiva. Tale misura, precedentemente prevista solo per lo schema destinato alla ristrutturazione delle sale, allarga l'accesso alle agevolazioni fiscali e quindi la possibilità di finanziamento anche a quelle società che, pur avendo tutti i requisiti, non abbiano sufficiente capienza di debiti fiscali da assorbire la compensazione offerta dal Tax Credit. 26 3.3.2 I Contributi Automatici 1 Contributi Automatici sono regolamentati dagli articoli 23, 24 e 25 della Legge n. 220/2016 e dal relativo DM, la cui ultima revisione è del 15 luglio 2021. Costituiscono il più innovativo dei quattro strumenti di finanziamento ordinario previsti. L'oggetto della misura consiste nell'erogazione di un contributo alle imprese calcolato in base ai risultati che queste hanno ottenuto nell'anno precedente grazie alla distribuzione e diffusione delle loro opere sulle diverse piattaforme e nell'ambito di eventi di settore. Come dice il nome stesso, si tratta di una tipologia di sostegno di natura automatica: non c'è alcuna selezione tramite bando, ma per accedervi i potenziali beneficiari devono presentare adeguata documentazione agli uffici competenti della DGCA; questi ultimi poi, attraverso un complesso sistema di proporzioni, assegnano gli importi a tutti i partecipanti che dimostrino di avere i requisiti richiesti. I Contributi Automatici sono inoltre un sostegno di natura diretta: prevedono una erogazione in denaro a fondo perduto. In questo caso, l'utilizzo delle risorse è però vincolato al reinvestimento dell'importo ottenuto. I Contributi Automatici sono assegnati ex post à successivamente alla realizzazione dell'opera e alla sua immissione nel mercato: tecnicamente, si tratta di aiuti rivolti non alle opere ma alle imprese e costituiscono un premio per la loro attività cumulativa svolta nell'anno precedente. Nel caso delle opere destinate alla diffusione tramite SMAV, l'accesso al contributo è riservato ai soli produttori indipendenti. Nell'ambito di ciascuna delle categorie, l'attribuzione del contributo ai diversi soggetti richiedenti è riferita alla performance ottenuta dalle opere lavorate dalle imprese nell'arco dell'anno solare precedente ed è calcolata in base a tre categorie di parametri oggettivi che misurano per ciascuna opera: • I risultati economici, che consistono in parametri come: - Incasso in sala; - Rapporto fra costo industriale e incasso in sala; - Ricavi dalla vendita di diritti su altre piattaforme in Italia e all'estero; - Durata e costo medio orario di realizzazione. • I risultati artistici, che consistono in parametri, ugualmente validi per tutte le opere audiovisive, che riguardano: - Partecipazione a rassegne e festival internazionali; - Conseguimento di riconoscimenti in rassegne e festival internazionali; • I risultati culturali, che consistono in parametri di varia natura, ugualmente validi per tutte le opere audiovisive, fra questi: - Genere dell'opera; - Età e sesso del regista e dei capi reparto; - Modello produttivo; - Accesso a finanziamenti. 27 I risultati economici pesano per il 50% sul calcolo complessivo, mentre i risultati artistici e culturali coprono il restante 50%. A ciascun parametro viene attribuito un punteggio; la somma dei punteggi attribuiti a ogni impresa rappresenta il risultato delle sue attività. 3.3.3 I Contributi Selettivi I Contributi Selettivi sono regolamentati dall'Art.26 della Legge n. 220/2016 e dai relativi DM, le cui ultime revisioni risalgono al 23 dicembre 2020. Questo strumento ha natura selettiva e diretta, rispecchiando il modello classico e tradizionale del finanziamento pubblico: prevede l'emanazione di un bando annuale per l'assegnazione dei contributi, con tre scadenze l'anno per la presentazione delle domande. Il sostegno consiste in erogazioni in denaro, a fondo perduto, a favore dei soggetti beneficiari che hanno superato la selezione. I Contributi Selettivi prevedono schemi specifici per i vari segmenti della filiera e sono rivolti a tutte le opere audiovisive, pur riservando una particolare attenzione al settore strettamente cinematografico. Prevedono che il finanziamento ai film per il cinema sia disponibile per tutte le fasi della lavorazione, mentre le altre opere audiovisive ne possono beneficiare soltanto nelle fasi della lavorazione precedenti all'inizio delle riprese, oppure quando l'opera per la sua natura avrebbe difficoltà ad accedere al mercato. Attualmente le attività per cui si può chiedere il Contributo Selettivo sono: • Scrittura di opere cinematografiche, televisive e web à questo è l'unico caso, all'interno dell'intero sistema di finanziamento pubblico nazionale, che dispone che il beneficiario sia una persona fisica e non un'impresa; • Sviluppo e preproduzione di opere cinematografiche, televisive e web à le risorse assegnate sono destinate a coprire le spese di sviluppo e preproduzione, che devono essere sostenute tassativamente prima dell'inizio delle riprese o della fase di realizzazione dell'opera; • Produzione di opere cinematografiche, animazione, documentario e cortometraggio à questo schema impegna circa il 90% delle risorse destinate all'intero bando, proprio perché, essendo destinato alle attività di realizzazione vera e propria, interviene nella fase più onerosa e delicata del processo. Il testo della Legge prevede la possibilità di inserire nel bando dei Contributi Selettivi anche aiuti alla distribuzione nazionale e internazionale e all'esercizio; il bando attualmente vigente (nel 2022) non prevede queste linee di intervento, ma non è escluso che in futuro tali misure vengano nuovamente integrate. 3.3.4 I Contributi alla Promozione I Contributi alla Promozione sono regolamentati dall'Art.27 della Legge n. 220/2016 e dai relativi DM, le cui ultime revisioni risalgono ad agosto 2020, e, attraverso appositi bandi annuali, prevedono diversi schemi di intervento rivolti alla fase della filiera denominata Promozione. I Contributi alla Promozione non sono rivolti alle imprese per il sostegno alla lavorazione delle opere, ma a persone giuridiche, non necessariamente di natura imprenditoriale, che si occupano della diffusione delle opere già realizzate, con l'obiettivo generale di promuovere la cultura cinematografica e audiovisiva nazionale. 30 3.5.3 Riforma della normativa sui rapporti di lavoro All'Art.35, la Legge prevede di aggiornare la regolamentazione degli aspetti lavoristici del settore audiovisivo, tenendo conto delle specificità dei rapporti contrattuali e delle figure professionali che lo compongono. Anche in questo caso lo strumento individuato è quello della delega al Governo, che l'ha esercitata emanando il d.lgs. n. 202 del 2017, "Disposizioni in materia di lavoro nel settore cinematografico e audiovisivo". Il testo, nella sostanza, estende la regolamentazione in tema di diritto del lavoro dal settore strettamente cinematografico all'intero settore audiovisivo. Ne consegue che i contratti di lavoro in questo ambito siano chiamati a disciplinare situazioni insolite rispetto ad altri settori industriali. Esiste quindi una tradizionale e consolidata regolamentazione specifica del lavoro nel settore cinematografico, che garantisce la tutela dei lavoratori e dei datori di lavoro in questo contesto. 3.6 Riparto delle risorse disponibili Dal 2022 l'ammontare complessivo del Fondo è di minimo 750 milioni l'anno e viene calcolato sulla base del volume delle tasse versate l'anno precedente allo Stato da parte degli operatori che utilizzano le opere audiovisive. per l'anno 2022, l'ultimo per cui i dati sono disponibili: essendo il primo anno di applicazione della versione appena riformata del testo normativo, la dotazione complessiva del Fondo è stata di circa 746 milioni di euro. I due terzi, pari al 67%, della dotazione complessiva del Tax Credit sono destinati alle imprese di produzione, per un totale di 377 milioni di euro: nell'ambito di questa porzione, la fetta più consistente delle risorse è riservata alle imprese impegnate nella produzione di opere destinate agli operatori SMAV, mentre una quota minoritaria è destinata alla produzione di opere tipicamente cinematografiche. Per l'anno 2022 non è stato finanziato uno degli schemi che negli ultimi anni aveva svolto un ruolo di fondamentale importanza per il produttore in fase di architettura del piano finanziario delle opere: il Tax Credit per le imprese esterne alla filiera audiovisiva. 31 4 – Il contributo pubblico sovranazionale e subnazionale all’audiovisivo In termini di volumi economici, gli strumenti di sostegno nazionali rappresentano la larga maggioranza delle fonti di finanziamento pubblico a cui può accedere il produttore nella sua attività di reperimento delle risorse necessarie alla copertura del piano finanziario dell’opera. A integrazione degli aiuti nazionali, sono disponibili diversi dispositivi erogati sia a livello sovranazionale sia a livello subnazionale, a cui il produttore può accedere se e quando la natura della sua opera e la struttura del suo progetto imprenditoriale lo rendono opportuno. Questi strumenti attuano politiche mirate e per questo sono destinati a fasi specifiche delle filiera o a opere che si dimostrano funzionali al raggiungimento di obiettivi specifici. L’importo effettivamente erogato alle imprese grazie all’insieme degli strumenti sovranazionali e subnazionali è piuttosto contenuto nell’economia delle copertura del piano finanziario e delle opere italiane realizzate negli ultimi anni, andando a contribuire alla loro realizzazione con risorse che mediamente non superano io 5% del budget. 4.1 Le risorse sovranazionali A livello sovranazionale, oltre all'Unione Europea, esistono anche altri enti che hanno deciso di sostenere il settore audiovisivo, in virtù del ruolo che questo può svolgere nell'efficace perseguimento dei loro obiettivi generali. I più rilevanti sono il Consiglio d'Europa e il CACI, ente attivo nell'area territoriale dell'America centrale e meridionale. 4.1.1 Il programma Europa Creativa dell'Unione Europea L'Unione Europea, nell'esercizio della sua competenza in materia di economia sul settore audiovisivo ha anche attivato un sistema di finanziamento diretto. L'obiettivo strategico di questo intervento si inserisce nell'intento generale di ristrutturare l'industria audiovisiva europea in base a principi e orientamenti coerenti con l'attribuzione delle competenze, in un'ottica di interesse collettivo della società europea. Nel 1991 viene proposta la prima versione del Programma MEDIA, acronimo di "Misure per incoraggiare lo sviluppo dell'industria audiovisiva". Si tratta un programma di intervento della durata di sette anni, rivolto all'intero settore audiovisivo, senza distinzione fra cinema, televisione e altre piattaforme, che si sostanzia nell'emanazione di numerosi bandi rivolti ad attività specifiche nell'ambito della filiera, per l'assegnazione di contributi economici diretti alle imprese audiovisive attive sull’intero territorio comunitario. Il Programma è stato rinnovato a ogni scadenza, con ritmo settennale, fino a confluire, a partire dal 2014, come sottoprogramma del più ampio Programma Europa Creativa. La dotazione complessiva di Europa Creativa per il settennio in corso 2021-2027 è di 2,44 miliardi di euro, da distribuire alle imprese di tutti i Paesi appartenenti all'Unione. Gli obiettivi generali di Europa Creativa: - Obiettivo del sottoprogramma Cultura à sostenere la creazione di opere europee e aiutare i settori culturali e creativi a cogliere le opportunità dell'era digitale e della 32 globalizzazione, al fine di raggiungere il loro potenziale economico, contribuendo alla crescita sostenibile, all'occupazione e alla coesione sociale; - Obiettivo del sottoprogramma MEDIA à promuovere la competitività e l'innovazione dell'industria audiovisiva europea e aiutare i settori della cultura e dei media europei ad accedere a nuove opportunità, mercati e pubblico internazionali; - Obiettivo del sostegno alle attività intersettoriali à promuovere azioni innovative che coinvolgano i diversi settori e favorire lo sviluppo di media diversificati, indipendenti e pluralistici. Per quanto riguarda gli operatori dell'audiovisivo il testo di riferimento è denominato Programma Europa Creativa 2021-2027 - Sottoprogramma MEDIA, che per il settennio ha una dotazione complessiva pari a 1.430 milioni di euro. MEDIA si propone di sostenere la filiera audiovisiva in tutte le sue componenti, esclusa quella cruciale della produzione, la cui competenza è invece affidata ai dispositivi di sostegno che ogni Paese è chiamato a impostare in base alle caratteristiche specifiche del proprio mercato. I numerosi schemi di sostegno previsti dal Programma per il settennio in corso possono essere raggruppati in tre categorie o cluster: - Content à che include quattro bandi e si concentra sulle attività imprenditoriali relative alla fase di sviluppo, ispirandosi al principi della collaborazione, dell'innovazione e del sostegno alla capacità dei produttori di mantenere i diritti sulle proprie opere; - Business à che include cinque bandi e finanzia attività relative alle fasi di promozione e distribuzione; ha come obiettivo il sostegno all'innovazione, alla competitività fra imprese e all'ideazione di nuovi modelli di business per il settore; - Audience à che include sei bandi ed è invece dedicato al segmento dell'esercizio e ad altre attività volte a promuovere l'accessibilità e la visibilità delle opere europee, compreso il cosiddetto audience development. La condizione comune a tutti i bandi rivolti alle imprese è che queste siano indipendenti. Per il produttore italiano, il cluster più interessante è il primo, che orienta le risorse al sostegno di una delle fasi più problematiche della filiera, sia dal punto di vista creativo, sia soprattutto dal punto di vista finanziario: lo sviluppo. Trattandosi, infatti, della fase iniziale della lavorazione, è proprio lo sviluppo l'occasione in cui, tramite un aiuto pubblico, l'Europa si propone di intervenire con lo scopo di orientare le strategie produttive delle imprese e delle potenziali opere nascenti. Data la scarsa capacità dimostrata dalle imprese italiane nell'accedere a questi aiuti, anche se negli anni recenti la performance è in leggero miglioramento, probabilmente anche in conseguenza dell'attuazione della Legge nazionale n.220/2016, che nella sua impostazione rispecchia per molti aspetti le finalità e le metodologie che fin dalle origini ispirano il programma MEDIA. 4.1.2 Il programma Eurimages del Consiglio d'Europa Un secondo strumento sovranazionale finalizzato al sostegno al settore audiovisivo è il Programma Eurimages. A differenza di Europa Creativa, non è gestito dall'UE, ma dal Consiglio d'Europa, ente a cui aderisce un numero più esteso di Stati e che è ispirato da obiettivi diversi, di natura più strettamente sociale e culturale. 35 ciascun accordo. Il presupposto dell'intervento è che, per realizzare una co-produzione che realmente rappresenti uno scambio fra i produttori partner, sia necessario prevedere una collaborazione fra le due parti già a partire dalla fase di scrittura e di sviluppo del progetto. Al fine di interpretare questa strategia, sono istituiti i fondi bilaterali di co-sviluppo, che hanno l'obiettivo di sostenere economicamente la fase di sviluppo, vincolando l'erogazione del contributo a una effettiva e concreta collaborazione fra sceneggiatori e autori dei due Paesi partner. 4.2.1 Il fondo bilaterale Italia-Francia In termini sia cronologici che di rilevanza, il primo fondo di co-sviluppo vede coinvolte Italia e Francia. Questo accordo fra i due Stati nasce da un rapporto già stabile e consolidato. Italia e Francia hanno inaugurato il fenomeno degli accordi bilaterali sottoscrivendo il primo Accordo di co-sviluppo nel 2013. L'iniziativa ha avuto un buon successo, al punto che a partire dal 2019 il fondo ha integrato una ulteriore linea di intervento dedicata alla fase di produzione: l'accordo bilaterale Italia - Francia è diventato così un fondo di co-sviluppo e di co-produzione. 4.2.2 Gli altri fondi bilaterali Il successo del primo fondo bilaterale con la Francia ha spinto il Governo italiano a riprodurre l'esperienza sottoscrivendo accordi omologhi con alcuni altri Paesi o aree geografiche con cui si pone l'opportunità di condividere una strategia finalizzata alla crescita dei rapporti di conoscenza e collaborazione fra gli operatori attivi nei rispettivi territori. La seconda esperienza in questa direzione vede coinvolta la Germania come partner di un accordo di co-sviluppo inaugurato nel 2014. Questa esperienza ha avuto una vita meno brillante e si è conclusa nel 2018: successivamente a questa data il fondo non è più stato finanziato. Stesso esito ha avuto un altro fondo bilaterale attivato con il Cile nel 2016 e chiuso nel 2019. In questo caso la scelta di rinunciare all'iniziativa è stata indotta dall'ingresso dell'Italia nel programma Ibermedia, che già rappresenta uno strumento utile per incentivare la collaborazione fra i due Paesi anche nelle fasi di sviluppo delle potenziali co- produzioni. Restano invece attivi altri tre strumenti, attivati successivamente a quelli citati: • Fondo di co-sviluppo Italia - Stati Baltici, ovvero Estonia, Lettonia e Lituania. Istituito nel 2018 con una dotazione davvero modesta di complessivi 30.000 euro, questo strumento è destinato al co-sviluppo delle opere audiovisive di durata superiore a 52 minuti, indipendentemente dal genere e dalla piattaforma di primo sfruttamento; • Fondo di co-sviluppo Italia - Tunisia: istituito nel 2018 con una dotazione annuale rispettabile, pari a 280.000 euro, è dedicato al co-sviluppo esclusivamente delle opere cinematografiche di durata superiore a 52 minuti, indipendentemente dal genere; • Fondo di co-sviluppo Italia - Portogallo: istituito nel 2017 con una dotazione annuale di 100.000 euro, è volto a finanziare il co-sviluppo di lungometraggi di qualsiasi genere, purché siano destinati alla sala cinematografica. • 4.2.3 Sviluppi e prospettive dei fondi bilaterali I fondi bilaterali attualmente attivi sono quattro e coinvolgono la Francia, i Paesi Baltici, la Tunisia e il Portogallo. L'attivazione dei fondi bilaterali ha avuto nei suoi primi anni di applicazione una risonanza importante, soprattutto dal punto di vista concettuale: anticipando principi che poi sono stati integrati a livello nazionale con la Legge n. 220/2016. 36 4.3 Le risorse subnazionali L'attività delle Regioni e delle Province Autonome nel settore audio visivo è consentita, grazie alla revisione dall'Art.117 della Costituzione, dal 2001. Da allora si sono susseguite numerose iniziative promosse dagli enti subnazionali che, dapprima in modo frammentato e scomposto e poi in modo sempre più organico, hanno inaugurato una vera e propria politica regionale nel settore audiovisivo. Un passaggio istituzionalmente fondamentale è stato l'inserimento di una regolamentazione in materia nella Legge n. 220/2016, che dedica al ruolo delle Regioni l'Art.4. L'apporto offerto al settore audiovisivo da parte delle Regioni italiane è già da un ventennio un elemento consolidato, che il produttore prende, in considerazione nel momento in cui inizia a sviluppare un nuovo progetto. Tale apporto si concretizza in due tipologie di offerta: - L'opportunità di effettuare le riprese sul territorio regionale, con l'assistenza e il supporto gratuiti della Film Commission locale; - La possibilità di ottenere un sostegno economico concreto, nei territori dove sono disponibili specifici fondi. Le conseguenze dell'attivazione di politiche regionali si sono riversate in modo sempre più evidente sui modelli imprenditoriali, soprattutto nella fase di produzione. L'opportunità di utilizzare location diverse, dislocate sull'intero Paese, con l'incentivo sia logistico che economico offerto dal singoli territori, è stata colta con crescente reattività da parte di produttori e creativi, al punto che attualmente la scelta del luogo dove realizzare una nuova opera prevede un ventaglio di scelte molto più ampio e variegato rispetto a pochi decenni orsono. 4.3.1 Le Film Commission La prima Film Commission regionale italiana è nata in Piemonte nel 2001. Attualmente quasi tutte le Regioni e le Province Autonome sono dotate di una Film Commission. L'obiettivo istituzionale tipico di questi soggetti è offrire servizi alle produzioni audiovisive che scelgono il loro territorio come location. Questi servizi sono essenzialmente di natura logistica. In Italia alle Film Commission viene anche affidata la gestione dei fondi di sostegno economico messi a disposizione dalla Regione di riferimento. Un'altra peculiarità delle Film Commission italiane è l'eterogeneità della loro natura. Infatti, differiscono fra loro da diversi punti di vista: - La loro natura giuridica è variegata; - La competenza amministrativa a cui fanno riferimento è altrettanto variegata. Questo significa che gli obiettivi strategici per cui viene creata e sostenuta una Film Commission possono essere diversi quanto sono diverse le ventuno Regioni e Province Autonome italiane. Ciò che accomuna tutte le Film Commission, in ogni caso, è che costituiscono il primo e principale interlocutore di riferimento per il produttore che decide di girare tutta o parte della sua opera su un determinato territorio, diverso da quello di residenza. 4.3.2 I fondi regionali Molte Regioni e Province Autonome italiane, accanto ai servizi offerti dalle Film Commission, mettono a disposizione del settore audiovisivo anche dei fondi di sostegno economico, costituiti nella 37 maggioranza dei casi da contributi a fondo perduto di natura selettiva e diretta, destinati alle produzioni che scelgono come location quel territorio. Una delle caratteristiche tipiche dei fondi regionali è il fatto che, sin dalla loro origine, sono destinati a tutte le tipologie di opera audiovisiva, indipendentemente dal genere di appartenenza o alla piattaforma di primo sfruttamento. La maggioranza di questi fondi sono gestiti dalle Film Commission regionali, ma in taluni e sempre più frequenti casi hanno una gestione separata, affidata a enti appositamente istituiti oppure direttamente agli uffici della Regione. I fondi regionali nascono da una volontà politica locale che, a fronte di un investimento, si aspetta di ottenere un ritorno che, di qualsiasi natura sia, deve giustificare l'investimento stesso. Diversamente dallo Stato, infatti, le Regioni non sono tenute a investire nel settore audiovisivo: se lo fanno è perché ne traggono un vantaggio. I fondi regionali rientrano nella categoria degli aiuti di Stato, quindi concorrono, al pari dei sostegni nazionali, al cumulo di aiuti pubblici che deve rispettare i limiti di intensità. Inoltre, in applicazione dei principi posti dall'UE, per essere attivati devono rispettare tutte le regole previste a livello comunitario dalla Comunicazione Cinema del 2013 e dal Regolamento n.651/2014. Il primo fondo regionale italiano è stato istituito nel 2003 in Friuli-Venezia Giulia. Attualmente le Regioni dotate di Fondi economici per il settore sono 14, incluse le Province Autonome di Trento e Bolzano. La consistenza complessiva del sostegno pubblico regionale a favore dell'audiovisivo ha visto importanti mutazioni nel tempo, assestandosi comunque negli ultimi anni su una dotazione complessiva stimata di circa 50 milioni di euro l'anno. Si possono identificare alcuni vincoli tipici, che ricorrono nella maggioranza dei fondi regionali disponibili: • Spesa sul territorio: tutti i fondi chiedono al produttore beneficiario di spendere sul territorio regionale un importo pari o, più spesso, maggiore del sostegno concesso; • Numero minimo di giornate di ripresa sul territorio: in molti casi i beneficiari del fondo sono società di produzione residenti fuori dalla Regione; • Coinvolgimento di professionalità locali: quasi tutti i fondi chiedono alle produzioni che vengono da fuori Regione di impegnarsi a coinvolgere nella realizzazione delle riprese effettuate sul territorio un numero minimo di professionisti locali. • Quest'ultima condizione è molto importante per lo sviluppo locale e i risultati delle iniziative più storiche sono già evidenti. 4.3.3 La riforma del 2016 In questo articolato contesto, la legittimazione del fenomeno delle iniziative regionali da parte dello Stato è giunta solo nel 2016, con la Legge n. 220. Da molti anni gli enti subnazionali attendevano questo intervento, manifestando in particolare l'esigenza di vedere riconosciuta e definita la figura della Film Commission e che venissero chiariti limiti e caratteristiche dello strumento Fondo regionale. Una prima risposta a queste attese si è concretizzata nell'Art.2 della Legge, dedicato 40 • La disponibilità di un sostegno economico diretto alle imprese europee attive lungo tutta la filiera audiovisiva, erogato dall'Unione stessa per correggere e integrare eventuali squilibri del mercato. Nel quadro legislativo generale, a questi elementi si aggiunge la necessità di tutelare la libertà degli Stati membri di incidere più profondamente su un mercato che ha una natura anche culturale. Il terzo dei punti è interpretato attraverso l'ideazione e attuazione del Programma Europa Creativa, che eredita inglobandolo il programma MEDIA, inaugurato nel 1991. Ma la politica europea per l'audiovisivo, impostata proprio alla fine degli anni 80, oltre a MEDIA ha visto l'emanazione di una norma fondamentale per la storia del settore: la Direttiva 89/522/CEE Televisione Senza Frontiere, a cui è affidato il compito di interpretare i primi due punti dell'elenco. 5.1.2 La Direttiva Televisione Senza Frontiere: evoluzioni e recepimento Questa Direttiva costituisce una pietra miliare nella storia della politica pubblica del settore audiovisivo: i suoi principi sono ancora applicati e sono disposti nella Direttiva in vigore. I principi della Direttiva Televisione Senza Frontiere si basano sul presupposto secondo cui le risorse economiche necessarie al raggiungimento dell'obiettivo dichiarato devono derivare dal mercato, riducendo il più possibile le erogazioni di denaro pubblico. Coerentemente con la visione di politica economica che contraddistingue l’UE, i soggetti chiamati a finanziare la produzione non possono che essere quelli che poi ne utilizzano i contenuti: le emittenti televisive. Le modifiche alla Direttiva intervenute nel tempo hanno essenzialmente avuto il senso di estendere il perimetro dei soggetti finanziatori, che attualmente è identificato in tutti gli operatori SMAV, sia quelli che offrono servizi lineari, sia quelli che offrono servizi non lineari. Per indurre gli operatori SMAV a promuovere le opere audiovisive europee e a impegnare risorse per la loro realizzazione, la Direttiva prevede un sistema di definizioni e di obblighi che comprende: - Obblighi di programmazione à gli operatori SMAV che offrono servizi lineari sono obbligati a dedicare alle opere europee almeno la metà del proprio palinsesto, calcolato al netto dei programmi di informazione, dei programmi sportivi e della pubblicità; per i servizi non lineari o a richiesta, la quota è calcolata in percentuale sull'offerta di contenuti presenti in catalogo; - Obblighi di investimentoà tutti gli operatori SMAV sono obbligati a investire nella produzione audiovisiva europea almeno un decimo del proprio fatturato annuo; - Definizione di produttore indipendente à viene inoltre delineata e per la prima volta definita in questo testo la figura della società di produzione indipendente, beneficiaria dei sopra citati vincoli posti agli operatori SMAV. Le Direttive contengono indicazioni vincolanti, che tutti gli Stati membri dell'Unione sono tenuti a recepire nella propria legislazione nazionale, generalmente entro due anni dalla loro emanazione. In questo caso, la Direttiva Televisione Senza Frontiere offriva a ciascuno Stato la possibilità di scegliere quale tipologia di vincolo adottare fra gli obblighi programmazione e gli obblighi di investimento, mentre la definizione di produttore indipendente era e resta imprescindibile. L'impatto che questa norma ha avuto sul mercato è stato di dimensioni considerevoli à delineando un progetto completo e organico, fondato sul principio della autonoma sostenibilità del sistema, ha posto le basi per la creazione di una inedita industria audiovisiva europea, ha generato una importante 41 domanda di contenuti, incentivando così la nascita e lo sviluppo di un significativo numero di nuove imprese indipendenti di piccole e medie dimensioni impegnate nella produzione; parallelamente, attraverso gli obblighi di investimento, ha imposto un nuovo modello di finanziamento al settore. L'Europa ha predisposto tutti gli elementi necessari a strutturare una nuova industria, senza la necessità di prevedere un investimento economico diretto da parte delle istituzioni pubbliche, ma riservandosi la possibilità di orientare il mercato attraverso l'eventuale correzione dei dettagli normativi. Dopo una parziale introduzione nella Legge n. 220/1990 (Legge Mammi), l'Italia ha pienamente recepito la Direttiva Televisione Senza Frontiere, con grave ritardo, nel 1998 con la Legge n. 122, poi variamente modificata e infine confluita nel Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi e Radiofonici, Decreto Legislativo n. 177/2005 e successive modifiche. Il testo relativo all'applicazione degli obblighi in capo agli SMAV è sempre stato, fin dalla sua nascita, oggetto di costanti revisioni, correzioni e aggiornamenti da parte del legislatore italiano. Il testo attualmente in vigore, che contiene e consolida tutte le modifiche intervenute nel tempo è il D.lgs. n. 208/2021, noto come Nuovo TUSMA, acronimo di Testo Unico dei Servizi Media Audio-visivi. L’ordinamento italiano ha scelto di applicare in modo stringente la Direttiva, prevedendo sia gli obblighi di programmazione sia gli obblighi di investimento, mentre la definizione di produttore indipendente ha avuto una genesi più faticosa, a causa della difficoltà a reperire questa figura nel contesto del mercato nazionale. 5.1.3 L'investimento degli operatori SMAV nell'audiovisivo Il quadro normativo attualmente in vigore in Italia, delineato dagli articoli 3 e dal 52 al 58 del nuovo TUSMA, prevede un sistema di obblighi di programmazione e investimento a carico degli SMAV piuttosto articolato, composto da una nutrita serie di sotto-quote e dettagli, finalizzati a favorire lo sviluppo del mercato in direzioni orientate al difficile raggiungimento di un equilibrio che garantisca una effettiva equità nell'offerta di contenuti audiovisivi destinati al pubblico. Gli obblighi di programmazione vigenti prevedono che le emittenti televisive che trasmettono in modalità lineare riservino almeno il 50% del proprio tempo di programmazione alle opere europee. Nell'ambito di questa quota, le previsioni normative divergono fra: - Emittente concessionaria del servizio pubblico (Rai); - Emittenti private. Per quanto riguarda i servizi SMAV non lineari o a richiesta, l'obbligo di programmazione prevede una riserva del 30% del catalogo a opere europee realizzate negli ultimi cinque anni; la metà di questa quota (15% del totale) deve essere composta da opere italiane. Per quanto riguarda le quote obbligatorie di investimento, la norma vigente in Italia prevede che, in base alla tipologia di piattaforma, vengano rispettati i seguenti vincoli: - La concessionaria del servizio pubblico deve riservare il 17% dei propri ricavi netti annui al finanziamento di opere europee prodotte da società di produzione indipendenti; 42 - Le emittenti private che offrono servizi lineari sono tenute a riservare il 12,5% dei propri ricavi netti annui al finanziamento della produzione di opere europee prodotte da società di produzione indipendenti; - I servizi SMAV non lineari o a richiesta sono obbligati a investire il 20% dei propri ricavi conseguiti in Italia nel finanziamento alla produzione di opere europee. Dall'applicazione concreta di queste misure emerge che gli operatori SMAV sono tenuti a investire nella produzione, compresa quella indipendente di opere audiovisive italiane ed europee una somma dalle dimensioni considerevoli à una quota di questo investimento deve essere destinata alle opere a prioritario sfruttamento cinematografico. 5.2 Gli investitori esterni alla filiera Una seconda fonte di risorse private a cui il produttore ha potuto attingere nell'ultimo decennio, in particolare nel settore cinematografico, è quella rappresentata dagli investimenti da parte di imprese che agiscono in un settore diverso da quello audiovisivo. 5.2.1 Nascita e sviluppo del Tax Credit esterno L'apporto di capitali privati è da sempre un obiettivo fortemente auspicato dai produttori, ma le caratteristiche strutturali del settore demotivano l'investimento spontaneo da parte di soggetti esterni al settore. Lo strumento normativo ideato per superare questo stallo è uno specifico schema di Tax Credit, dedicato proprio agli investitori esterni alla filiera audiovisiva, noto come Tax Credit esterno. Questo dispositivo, introdotto in Italia con la Legge n. 244/2007, andato in vigore nel 2011 e poi stabilizzato e perfezionato dalla Legge n. 220/2016, è rimasto attivo fino al 31 dicembre 2018 per poi essere neutralizzato dal DM attuativo tuttora vigente in materia di Crediti d'Imposta. Era rivolto proprio alle imprese non appartenenti alla filiera audiovisiva che, a fronte di un investimento in un'opera, potevano beneficiare di un credito d'imposta sulle loro attività ordinarie. Prima di essere assorbito dalla Legge n. 220/2016, questo Tax Credit era dedicato esclusivamente alle opere cinematografiche, come tutta la normativa dell'epoca, per poi essere esteso anche alle opere audiovisive. Questa misura nei suoi primi anni di applicazione ha riscosso un notevole successo, sia presso i produttori che presso gli investitori, che per la prima volta nella storia iniziavano seriamente a misurarsi con il settore audiovisivo. Nel corso dello scorso decennio si è consolidata una prassi che ha visto emergere, fra le categorie merceologiche di appartenenza degli investitori esterni, quella degli istituti bancari e delle compagnie assicurative. Dal punto di vista dell'industria audiovisiva, e cinematografica in particolare, il Tax Credit esterno ha avuto un impatto molto importante, consentendo un significativo afflusso di risorse private svincolate dalla contrattazione per la cessione dei diritti di proprietà sulle opere. 5.2.2 Crisi e declino del Tax Credit esterno Nel periodo in cui stava andando in vigore la Legge n. 220/2016, il Tax Credit esterno è stato al centro di una grave polemica che ha raggiunto il dibattito pubblico generalista à oggetto dello scandalo era 45 5.4.1 Product placement Il product placement consiste nell'inserimento di un prodotto o di un marchio all'interno di un contenuto audiovisivo a scopo di comunicazione commerciale. Si tratta di una forma di pubblicità indiretta, ovvero inserita in contenuti altri, senza che vengano definiti con precisione l'inizio e la fine della promozione. In cambio di questa tecnica promozionale, l'impresa interessata a promuovere il proprio prodotto offre al produttore un corrispettivo economico che contribuisce al finanziamento dell'opera. In questo caso la contropartita dell'investitore esterno non sono i diritti e nemmeno una quota degli utili, ma è uno spazio di comunicazione. Il product placement era vietato in Italia fino al 2004, perché il rischio di sconfinare nella pratica iniqua della pubblicità occulta era considerato molto alto. Con il Decreto Urbani che ha riformato parzialmente la regolamentazione del settore cinematografico nel 2004, lo strumento viene reso legale, esclusivamente per i film destinati al prioritario sfruttamento in sala. L'attuale utilizzo di questo strumento resta ancora residuale nella composizione dei piani finanziari dei film à I motivi per cui il product placement non è mai decollato in Italia risiedono essenzialmente nella situazione per cui la produzione cinematografica è caratterizzata da una forte imprevedibilità dei risultati che il film può ottenere una volta immesso nel mercato. I contratti di product placement, per la natura dello strumento, devono essere siglati in fase di sviluppo del film, poiché sono funzionali al procacciamento delle risorse per la produzione. In questa fase è molto difficile per il produttore dimostrare con dati quantitativi quale sarà l'effettiva diffusione dell'opera. Ne consegue che gli investitori privati abbiano sviluppato una diffidenza verso questo tipo di investimento, che implica un rischio troppo alto. In sostanza, il problema, non ancora risolto, risiede essenzialmente nel difficile confronto fra culture aziendali espressione di modelli industriali profondamente diversi, che nella maggioranza dei casi non ha portato all'auspicato sviluppo della pratica del product placement nel cinema, relegandolo a una fonte di finanziamento privata dal peso residuale. Va inoltre segnalato che, quando nel 2011 è stata introdotta la misura del Tax Credit esterno, si è posto un problema di compatibilità con lo strumento product placement. Per quanto riguarda il settore della televisione e degli altri operatori SMAV, il product placement è diventato legale in Italia solo nel 2010, con il Decreto Legislativo n. 44/2010, testo di recepimento della Direttiva 2007/65/CEE che modifica in tal senso la Televisione Senza Frontiere: il testo attualmente vigente è inserito nel TUSMA. L'adozione del product placement in questo settore ha avuto un'accoglienza molto meno problematica rispetto a quanto avvenuto nel cinema: oggettivamente il mercato televisivo era molto più preparato al dialogo con le imprese esterne al settore. Il mercato televisivo, finanziato in buona parte dalla pubblicità, è in grado infatti di profilare il proprio pubblico in modo molto più dettagliato e utile per favorire le scelte degli investitori. L'utilizzo del product placement in televisione, esattamente come accade nel cinema, deve essere dichiarato e deve rispettare i divieti relativi alla promozione di prodotti potenzialmente nocivi. 46 Il controllo sul rispetto della normativa relativa all'utilizzo del product placement sia cinematografico che televisivo è affidato a un apposito monitoraggio svolto annualmente da AGCom. 5.4.2 Branded content Un altro modo in cui i produttori possono finanziare le loro opere tramite investimenti di produttori esterni alla filiera audiovisiva in cambio di comunicazione è il branded content. Questa pratica, utilizzata esclusivamente nel settore televisivo, prevede una collaborazione a monte fra il produttore e l'investitore: quest'ultimo finanzia interamente l'opera, in cambio della promozione del proprio brand. Questo strumento risolve, dal punto di vista del produttore, il problema del finanziamento dell'opera, ma è evidente che la contropartita è impegnativa, soprattutto dal punto di vista creativo e artistico. Si tratta in sostanza di creare un'opera audiovisiva finalizzata al raggiungimento degli obiettivi di comunicazione dell'investitore, che possono riguardare i suoi prodotti. I due partner, a differenza di quanto accade per il product placement, lavorano in stretta collaborazione fin dall'ideazione del contenuto, condividendo la strategia di sviluppo, produzione e diffusione dell'opera. L'azienda investitrice può finanziare l'opera interamente, acquisendone quindi la totalità dei diritti di proprietà, oppure solo parzialmente: nel primo caso il contratto che la lega al produttore si configura come un appalto, nel secondo caso come una co-produzione. La pratica del branded content si è diffusa in Italia nell'ultimo decennio ed è ancora in fase sperimentale, alla ricerca di una collocazione stabile all'interno del mercato. Finora ha avuto spazio soprattutto nei palinsesti dei canali tematici, come ad esempio quelli del gruppo Discovery.
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