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Riassunto Economia e politiche dello sviluppo sostenibile, Schemi e mappe concettuali di Economia Dello Sviluppo

Riassunto dei temi chiave trattati nelle lezioni di Economia e politiche dello sviluppo sostenibile tra cui: GVC, Povertà, Kalecki, il FMI, le tappe di Rostow ecc..

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 21/01/2022

NoemiDiPaolo
NoemiDiPaolo 🇮🇹

4.4

(30)

10 documenti

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Scarica Riassunto Economia e politiche dello sviluppo sostenibile e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Economia Dello Sviluppo solo su Docsity! RIASSUNTO ECONOMIA E POLITICHE DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE POVERTÀ La povertà è un concetto complesso e difficile da tradurre in termini economici; non esiste, infatti, una sola definizione di povertà, in quanto ogni istituto di ricerca e di statistica nazionale ne può fornire una sua propria definizione. L’ISTAT indica come povertà assoluta il mancato accesso ad un paniere di beni che si considera essenziale. Questo paniere varia in base al nucleo familiare, all’area geografica di riferimento, alla tipologia di città, ecc.… La povertà relativa, invece, fa riferimento ad un indicatore monetario: si è poveri o meno in base al valore di tale indicatore. La linea di povertà per una famiglia di due persone è pari alla spesa media mensile per una sola persona nel Pease di riferimento. Sono da considerare, inoltre, altri due indicatori relativi alla povertà che permettono di inquadrarla meglio e di contestualizzarla; tali indicatori sono l’incidenza e l’intensità. Con incidenza indichiamo quanti individui o famiglie povere ci sono rispetto agli individui e famiglie residenti nella stessa area geografica di riferimento; con intensità andiamo ad indicare quanto poveri sono i poveri, ovvero quanto dista il loro valore di povertà relativa rispetto alla linea di povertà indicata come limite. GVC [Global Value Chians] – Le catene globali del valore (GVC) sono quelle attività in cui la produzione do un bene o un servizio è ripartita in diverse nazioni o anche continenti. (es. Apple che ha un design realizzato in USA, con microchip fabbricati in China e Taiwan e assemblati in China). Le GVC possono esistere e continuare a lavorare grazie alla digitalizzazione che permette continui contattai tra la casa madre e le diverse filiali dislocate in tutto il mondo; per un corretto funzionamento occorre quindi una perfetta mobilità internazionale di capitali tra Paesi. Con il ’71 e la fine di Bretton Woods si avvantaggiarono alcuni Paesi asiatici (Cina, Giappone, Hong Kong, Singapore e Corea del sud) che attuarono sforzi per produrre merci a forte valore aggiunto (settore tecnologico). Tale scelta si dimostra ottima in quanto si generarono ingenti risorse: in 30 anni quelle economie passarono da economia a basso reddito ad economie a medio-alto reddito. Il problema principale che si è verificato con le GVC è stato l’aumento delle disuguaglianze nelle società che beneficiavano delle GVC. Con la pandemia da Covid-19 l’offerta ha subito uno shock di proporzioni rilevanti, con un aumento dei costi delle spedizioni e numerosi lockdown in vari paesi che hanno paralizzato il continuo svolgimento del lavoro. Le soluzioni attuabili per migliorare la situazione delle GVC sembrano essere tre: - RE-SHORING, ovvero lo scenario considerato peggiore, in cui si riportano in sede le varie aziende delocalizzate. Questo trasferimento farebbe perdere tutti i progressi di integrazione commerciale che negli anni numerosi Paesi hanno sperimentato. - DIVERSIFICAZIONE, scenario intermedio, in cui i PVS (paesi in via di sviluppo) dovrebbero specializzarsi nella produzione di materie prime/alimenti e focalizzare il loro commercio su quell’area, andando così però a far aumentare il gap tecnologico già sufficientemente ampio. - REGIONALIZZAZIOME, ad oggi lo scenario più auspicabile, in cui ogni il modello delle GVC si ripropone ma su base geografica più ristretta. INDICE DI GINI – L’indice di Gini permette di calcolare la distribuzione del reddito e, in base al valore ottenuto, è possibile dedurre il livello di disuguaglianza presente nella distribuzione del reddito in quella zona. L’indice di Gini è un valore che può essere compreso tra 0 e 1: il valore 0 indicherebbe una ipotetica situazione in cui non sono presenti disuguaglianze nella distribuzione del reddito, viceversa il valore 1 indicherebbe una società la cui ricchezza è nelle menai di una singola persona e il livello di disuguaglianza sarebbe massimo. DOLLARO – In seguito al 1971 con la fine degli accordi di Bretton Woods voluta da Nixon, il dollaro diventa valuta internazionale di riserva, ovvero l’unica moneta perfettamente liquida a livello mondiale. Pertanto, solo il dollaro è: - Unità di conto, ovvero è l’unità di misura per il valore die beni e servizi; - Mezzo di scambio, ovvero gli affari e le transazioni internazionali devono essere pagate in dollari; - Riserva di valore, ovvero gli unici risparmi sicuri sono in dollari, essendo ipoteticamente illimitata l’emissione monetaria in USA. VISIONI DELL’ECONOMIA Universalista – Si crede che tutte le economie dei vari Paesi funzioni in egual modo e che i meccanismi economici funzionino in maniera uguale under any circumstances debbano necessariamente passare attraverso delle fasi determinate dette “fasi evolutive”, che sono in tutto 5: 1. Società tradizionale - la stragrande maggioranza della popolazione opera nel settore primario in un'economia di sussistenza e autoconsumo basata su rapporti di reciprocità e ridistribuzione, in cui manca un uso adeguato della tecnologia ed un suo sviluppo scientifico. 2. Fase preliminare per il decollo - È un periodo dove l'istruzione elementare diventa obbligatoria, le persone hanno bisogno di essere formate, le tecnologie sono ancora semplici ma si pensa sempre di più a svilupparle. Nel settore agricolo si ha una rivoluzione nelle tecniche produttive, resa necessaria dall'aumento della popolazione. 3. Decollo - c'è una vera e propria trasformazione sociale e culturale. Gli investimenti sono mirati e programmati in modo scientifico. Compare un apparato politico sociale capace di favorire e garantire uno sviluppo sociale costante e cospicuo. 4. Fase della maturità - è caratterizzato dalla crescita massiccia dell'industrializzazione e dalla formazione del settore terziario che porta ad un miglioramento gli standard di vita, ad un aumento demografico e nuovi servizi. 5. Età del consumismo e della produzione di massa: sono disponibili nuovi servizi terziari per i bisogni delle persone ma che garantiscono un valore aggiunto alle attività già esistenti, garantendo un alto livello di benessere. Le 4 tappe della dipendenza - La teoria della dipendenza utilizza il binomio centro- periferia e le teorie sul sistema mondiale per sostenere che l'economia mondiale è portatrice di un disegno diseguale e pregiudiziale per i paesi non-sviluppati, a cui viene assegnato un ruolo periferico di produzione delle materie prime con basso valore aggiunto, mentre le decisioni fondamentali sono adottate dai paesi centrali, a cui viene assegnata la produzione industriale ad alto valore aggiunto. 3. le politiche economiche internazionali non hanno saputo far prevalere le forze progressive rispetto a quelle regressive 4. La carenza di capitale umano 1- Il difetto della globalizzazione a cui si allude riguarda l’assenza di una autorità legale sovranazionale in grado di far rispettare i contratti; quindi, qualora un Paese risulti inadempiente verso i propri doveri, deciderò di dare un prestito solo a chi posso essere certo che me lo ridarà. 2- Asimmetrie informative, ovvero quelle caratteristiche strutturali dei mercati finanziari in base alla quale il prezzo di equilibrio di una attività finanziaria non riflette in modo completo e continuo tutta l'informazione disponibile, posseduta in modo disomogeneo dai diversi agenti del mercato. Si potrebbe arrivare ad una situazione di debt overhang, in cui la situazione migliore per creditori e debitori sarebbe quella di cancellare parzialmente il debito: per il creditore una parziale cancellazione porterebbe ad un’elevata probabilità che il debito restante venga ripagato, per il debitore la cancellazione ridurrebbe il costo da pagare. Queste asimmetrie informative in un mercato dalle vaste dimensioni come il mercato internazionale odierno porta alla necessità di governarli, per questo si ritiene utile stabilire “una nuova architettura finanziaria internazionale”; un altro modo potrebbe essere quello di imporre sanzioni attraverso la WTO per ridurre i vantaggi statici din alcuni Paesi rispetto ad altri. 3- Il progresso tecnico va individuato in tutto ciò che costituisce nuova conoscenza su come produrre in modo più efficiente qualcosa attraverso il know-how necessario ad utilizzarlo nei processi produttivi. Le politiche commerciali e industriali attive possono spingere un’economia in via di sviluppo a specializzarsi in settori nei quali vi siano maggiori potenzialità di learning, come accaduto con le cosiddette “tigri asiatiche”. 4- Considerando la globalizzazione come un processo che sostituisce tante piccole economie e le converge in un’unica grande economia, concludiamo che un aumento del tasso di crescita avverrà per tutti nel mondo. Ma essendo la “conoscenza esistente” già suddivisa, si potrebbe pensare che la globalizzazione favorisca la cosiddetta “fuga di cervelli” da un paese con un’economia povera ad un paese con un’economia ricca. Queste due conseguenze non sono vere ma neanche sbagliate, bisogna capire quale delle due prevarrà. Una conclusione comune a tutti i modelli di crescita è che per sperimentare crescita sostenuta c’è bisogno di accrescere in maniera continuativa il proprio stock di conoscenze, perciò: un paese ricco già operativo sulla frontiera della conoscenza dovrà continuamente inventare nuova conoscenza, mentre ad un Pease arretrato tecnologicamente basterà copiare tecnologie già preseti nei paesi ricchi. Di base copiare è meno costoso di inventare ed è per questo che ad un Paese povero conviene investire i propri soldi nel copiare e non nell’inventare; ma anche per “copiare” si ha bisogno di strumenti, di capitale umano da investire nei processi e anche una struttura manageriale che diriga e controlli i processi stessi. Copiando le imprese ricche, le imprese povere spingono il nord ad inventare sempre di più per non uscire dal mercato, in quanto le tecnologie copiate al sud sono uguali a quelle del nord ma a prezzi più vantaggiosi. Più il sud copia, più progresso tecnico si avrà al nord, ma è vero anche che più il nord crea più il sud ha possibilità di copiare, per questo è fondamentale il free trade, ossia il libero commercio tra Nord e Sud. In ciascun momento del tempo, la frontiera tecnologica è rappresentata non da infinte ma da una combinazione di input produttivi che rappresentano il metodo migliore per realizzare un dato prodotto, in un preciso momento storico e in un dato luogo. È chiaro quindi che tale frontiera non sia uguale ovunque e in qualunque momento. Dopo aver prodotto dei dati beni ad essi viene applicato un prezzo che consiste nel prezzo di produzione sommato al costo dei beni intermedi necessari per realizzarlo; ad essi va aggiunto un “margine di ricarico”, ovvero il profitto per chi ha realizzato quei prodotti. Qui si aprono due strade: se il prodotto che andiamo a realizzare è un prodotto insostituibile, come vestiti, cibo, ecc… allora il margine di ricarico sarà elevato, in quanto è merce che le persone sono obbligate a comprare per vivere; se, invece, il prodotto che realizziamo è sostituibile e superfluo, qui il margine di ricarico sarà basso, in quanto le persone posso decidere di non comprarlo se il prezzo viene ritenuto eccessivo. CAP. 11 Il metodo Kalecki come benchmark per comprendere che in alcuni casi la politica macroeconomica deve sottostare a limiti di natura strutturale. Kalecki crede che il ruolo delle istituzioni sia importante per i processi economici. Le decisioni di investire non dipendono dal risparmio, ma dalle aspettative degli imprenditori e nel caso in cui esse siano pessimistiche, non esiste un meccanismo di mercato che riporti il sistema alla piena occupazione, servirà quindi che lo stato si sostituisca agli imprenditori privati, investendo ed aumentando le proprie spese. Kalecki aveva trovato così una base di partenza utile a spiegare il problema del ciclo economico (cioè dell’andamento oscillatorio e irregolare delle economie capitaliste). Grazie ad essa, il polacco poteva contrapporre alla visione romanzata degli economisti neoclassici – che concepivano il capitalismo come un assetto di potere stabile che tende spontaneamente all’equilibrio – un piano conflittuale e dialettico dell’analisi economica in cui le fluttuazioni economiche diventano una manifestazione della soggiacente lotta tra le classi sociali per contendersi reddito e potere. Se per Keynes il problema della piena occupazione era essenzialmente un problema tecnico e dipendeva dalla fallacia della teoria economica neoclassica e della sua eccessiva enfasi sulle rigidità del mercato, per Kalecki il pieno impiego è essenzialmente un problema politico, determinato dall’incompatibilità tra istituzioni (economiche e sociali) capitaliste e l’obiettivo della buona e piena occupazione. Il problema del pieno impiego è un banale esercizio: si tratterà infatti di aumentare la spesa pubblica, al limite ricorrendo al deficit di bilancio, e il conseguente stimolo sull’economia sarà di per sé sufficiente a riassorbire i disoccupati. Una volta raggiunto il pieno impiego, i lavoratori vedranno poi aumentare la propria forza negoziale (perché verrà meno la concorrenza al ribasso esercitata dai disoccupati) e i salari aumenteranno vigorosamente: la piena occupazione diverrà così anche buona. Tuttavia, Kalecki avverte che, lungi dal rappresentare una soluzione duratura ai problemi del mercato del lavoro, un simile scenario costituirebbe l’inizio di un periodo di crescente instabilità e fortissime tensioni sociali. Il fronte dei capitalisti, infatti, vedrebbe minacciata la propria supremazia, legata a doppio filo alla fragilità e dunque alla ricattabilità dei lavoratori, e reagirebbe con l’arma più potente nelle proprie mani: il potere di fissare i prezzi delle merci. Gli aumenti dei prezzi si tradurrebbero così in una spirale inflazionistica che finirebbe con l’annullare l’effetto degli aumenti salariali, determinando il rallentamento dell’economia (o la recessione) e quindi il ripristino di un livello “soddisfacente” – per il capitale – della disoccupazione. Ciò che merita di essere sottolineato è che, adottando un punto di vista rigidamente analitico, una simile condotta da parte dei capitalisti non troverebbe alcuna spiegazione “razionale”. Se è infatti vero che l’aumento dei salari determinerebbe una diminuzione del margine di profitto su ogni singolo prodotto venduto, sarebbe altrettanto vero che l’aumento del potere d’acquisto dei lavoratori determinerebbe un fortissimo aumento della quantità totale di prodotti venduti. In altre parole, in virtù dell’aumento dei salari aumenterebbero i profitti totali pur in presenza di una diminuzione del tasso di profitto e ci si troverebbe in uno scenario win-win, cioè vantaggioso per tutte le parti coinvolte. Per Kalecki discutere di pieno impiego significa discutere della stabilità (o meglio, instabilità) dei rapporti di classe che presiedono a uno specifico ordine sociale. Per Keynes invece si trattava di una questione meramente tecnica e distributiva, che non intaccava i rapporti di potere su cui si fonda la società capitalista ma al massimo li ridefiniva all’interno della classe dominante, dove i rentier perdevano protagonismo a vantaggio dei capitalisti. Per Kalecki, il capitalismo sarà compatibile col pieno impiego solo in presenza di stati autoritari (come l’Italia fascista e la Germania nazista o, successivamente, la Corea del Sud ed il Giappone) che garantiscono la disciplina e la stabilità sociale attraverso la moderazione salariale, la repressione dei lavoratori e lo scioglimento dei sindacati. Viceversa, come confermarono gli eventi del maggio francese e dell’autunno caldo italiano vent’anni dopo l’articolo di Kalecki, il pieno impiego sarà foriero di crescenti tensioni sociali e violenti conflitti distributivi in tutti gli altri casi.
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