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Riassunto "Economia Politica" di Samulson- Unitn, Appunti di Economia

Riassunto completo del libro di Samuelson "Economia Politica" per l'esame di Economia Politica del corso di Studi Internazionali e Sociologia dell'Università di Trento

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 20/06/2018

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Scarica Riassunto "Economia Politica" di Samulson- Unitn e più Appunti in PDF di Economia solo su Docsity! COSA E’ L’ECONOMIA? (cap. 1) Definizione di economia: l’economia è lo studio del modo in cui la società utilizza risorse scarse per produrre beni utili e di come tali beni vengono distribuiti tra i diversi soggetti. I concetti che la definizione introduce sono: scarsità di risorse e necessità di utilizzarle in modo efficiente. Cosa è la scarsità? Una società in cui le risorse sono illimitate sarebbe una società utopistica, infatti il nostro mondo dominato dalla scarsità e pieno di beni economici. Si ha una situazione di scarsità quando i beni sono limitati rispetto ai desideri. Non esistono beni e servizi sufficienti per soddisfare anche solo una piccola parte del desiderio di consumo di ciascuno. Dunque è necessario che un sistema economico utilizzi al meglio le proprie risorse limitate e questo porta al concetto di efficienza ovvero il miglior utilizzo possibile delle risorse economiche al fine di soddisfare i bisogni e i desideri degli individui. Si dice che un sistema economico produce in modo efficiente quando è in grado di migliorare le condizioni di un individuo senza peggiorare quelle di un altro. L’essenza dell’economia consiste nel riconoscere la realtà della scarsità e quindi pensare a come organizzare la società in modo da organizzare le risorse nel modo più efficiente possibile. Quali sono i compiti dell’economia? • Indaga sul comportamento dei mercati finanziari • Esamina la distribuzione del reddito e indica come si possono aiutare i poveri senza compromettere l’efficienza del sistema economico • Studia il ciclo economico e l’impiego della politica monetaria per attenuare oscillazioni di disoccupazione e inflazione • Si chiede come le politiche pubbliche possano influenzare la crescita economica La tecnica che gli economisti utilizzano per l’applicazione dei metodi statistici ai problemi economici è detta econometria. Nel ragionamento economico ci sono 3 errori comuni: • Errore del POST HOC: si verifica quando supponiamo che un fenomeno che si verifica dopo un altro sia una conseguenza del primo • Ignorare l’ipotesi di parità: tutti i fattori, ad eccezione di quello considerato, devono essere mantenuti uguali o costanti • Errore di AGGREGAZIONE: quando si suppone che ciò che è valido per un sistema sia valido anche per tutti gli altri. MICROECONOMIA E MACROECONOMIA 1 Analisi economica moderna costituita da due rami che convergono per formare il nucleo dell’economia politica. Adam Smith Fondatore della microeconomia, branca dell’economia che si occupa della del comportamento delle singole entità, quali mercati, imprese e famiglie. “The Wealth of Nations” studia i meccanismi di determinazione dei prezzi di terra, lavoro e capitali e analizza i punti di forza e debolezza dei singoli mercati ma soprattutto identifica il meccanismo di efficienza dei mercati, la “mano invisibile” che produce un bene comune. “mano invisibile”: a essa Smith fa riferimento quando spiega che, seguendo le loro preferenze egoistiche, i possessori di capitale preferiscono investire in attività localizzate nel proprio Paese, creando in tal modo benefici a esso e alla società, anche se non era questa la loro intenzione. Secondo Smith, gli individui sarebbero spinti da una ‘mano invisibile’ a operare in modo da assicurare tali benefici, pur perseguendo null’altro che vantaggi individuali. Dunque, la metafora della m. i. rimanda ai meccanismi per i quali il corpo sociale si trova a godere di benefici che nessuno ha posto come fine delle proprie azioni. MICROECONOMIA: Parte della teoria economica che si propone di analizzare il funzionamento dell’economia attraverso il comportamento dei singoli agenti. Si differenzia quindi fortemente dalla macroeconomia, che invece investiga sugli aggregati economici. In m. si assume che gli individui siano dotati di una piena razionalità, siano cioè consci del funzionamento dell’economia, conoscano le loro preferenze ed effettuino quindi scelte ottimali per il raggiungimento dei loro fini egoistici, quali la massima utilità per il consumatore e il massimo profitto per il produttore. La m. è basata sul concetto di unità marginale (➔ marginalismo), cioè sull’ultima quantità decisionale, sia essa un bene di consumo sia un fattore della produzione. Il consumatore e il produttore rappresentano i due lati del mercato; la domanda e l’offerta. La libera contrattazione tra queste parti in un mercato caratterizzato da una moltitudine di imprese di pari dimensione producenti un bene omogeneo dà origine al prezzo di equilibrio, il prezzo cioè che mette d’accordo la valutazione privata del consumatore e del produttore. John Keynes Fondatore della macroeconomia moderna 1936, “General Theory of Employment, Interest and Money” periodo della Grande Depressione degli anni ’30. Sviluppa l’analisi dei cicli economici in cui si alternano fasi di alta disoccupazione e inflazione. MACROECONOMIA: Parte della teoria economica (detta anche macroanalisi economica) che ha per oggetto l’individuazione dei valori di equilibrio dei grandi aggregati (reddito nazionale, livello dell’occupazione complessiva, livello generale dei prezzi ecc.), e il loro andamento nel tempo, in contrapposizione alla microeconomia, intesa come studio che tiene conto il più possibile anche dei particolari. La m. studia l’economia attraverso l’analisi delle variabili aggregate, spesso coincidenti con le poste di contabilità nazionale. A differenza della microeconomia, dove al centro dell’analisi viene posto il comportamento del singolo agente economico (consumatore/produttore), nella m. si rinuncia a fondare l’analisi positiva nei comportamenti individuali perché troppo complessi e di difficile rappresentazione mediante un sistema di relazioni matematiche. 2 Sacrificando il consumo presente e producendo maggiori quantità di capitale l’economia di uno Stato può crescere più rapidamente, rendendo possibili la produzione di quantità maggiori di entrambi i beni in futuro. Attraverso la FPP si può esaminare il COSTO OPPORTUNITA’, cioè il costo della migliore alternativa alla quale si ha rinunciato nel momento in cui si prende una decisione. In un mondo dominato dalla scarsità, la scelta di un bene implica la rinuncia ad un altro. Il costo opportunità della decisione è il valore del bene o servizio a cui si è rinunciato. Il concetto di efficienza Efficienza significa che le risorse dell’economia vengono utilizzate al meglio per soddisfare bisogni e desideri degli individui. L’efficienza produttiva si ha quando la società non può aumentare l’output di un bene senza ridurre quello di un altro bene. Un sistema economico efficiente si trova sulla frontiera delle possibilità produttive. Se i limiti della frontiera delle possibilità produttive non fossero noti si potrebbe pensare di incrementare la produzione di un bene senza diminuire quella di un altro. In realtà la FPP è utile per capire che in un’economia di piena occupazione la SOSTITUZIONE è una regola e illustra tutte le possibili scelte di una società. Il concetto di inefficienza Le frontiere delle possibilità produttive illustrano numerosi processi economici fondamentali la crescita economica spinge la frontiera verso l’esterno ma talvolta le società si trovano all’interno della frontiera. Quando il tasso di disoccupazione è elevato o l’attività economica è ostacolata da rivoluzioni o da conflitti politico-sociali, il sistema è inefficiente e opera all’interno della frontiera di possibilità. Esempio: fonti di inefficienza si trovano nei periodi di recessione economica (Great Depression) o si sono verificate all’inizio degli anni ’90 con il passaggio di alcuni Paesi da un sistema comunista a favore di un’economia di libero mercato. (riassunto del capitolo sul libro a pag.11) MERCATI E STATO IN UN ECONOMIA MODERNA (cap.2) In un’economia di mercato gran parte delle decisioni economiche vengono prese dai mercati, meccanismi che permettono ad acquirenti e venditori di incontrarsi per scambiare beni e fissarne i prezzi e la quantità. Adam Smith affermò che la “mano invisibile” dei mercati avrebbe portato a risultati economici ottimali pur consentendo ai singoli individui di perseguire i propri interessi. Adam Smith scoprì un importante proprietà dell’economia di mercato concorrenziale. In una situazione di concorrenza perfetta e in assenza di fallimenti del mercato, i mercati produrranno, con le risorse a loro disposizione, la massima quantità di beni e servizi utili. Ma quando prevalgono monopoli, esternalità o altre forme di fallimento di mercato, le caratteristiche di efficienza della mano invisibile possono venire meno. I mercati non sono affatto perfetti, ma si sono dimostrati adatti a risolvere i problemi relativi al cosa, al come e al per chi produrre. 5 Il meccanismo di mercato funziona nel seguente modo per determinare il come e il cosa: i voti con il portafoglio degli individui influenzano i prezzi dei beni, i quali, a loro volta, indicano quale dovrà essere la quantità di beni prodotta. Se la domanda di un bene aumenta, le imprese possono incrementare i loro profitti aumentando la produzione di quel bene. In una situazione di concorrenza perfetta è necessario che un’impresa individui il miglior metodo di produzione e utilizzi in modo efficiente il lavoro, la terra e egli altri fattori; in caso contrario essa produrrà perdita e sarà espulsa dal mercato. I prezzi coordinano le decisioni dei produttori e dei consumatori di un mercato. Prezzi più elevati tendoni a ridurre gli acquisti e ad incrementare la produzione, prezzi più bassi incoraggiano il consumo e frenano la produzione: nel meccanismo di mercato i prezzi fungono da equilibratori. L’equilibrio di un mercato è il punto in cui la quantità offerta è uguale alla quantità richiesta. Mentre i problemi del cosa e del come produrre vengono risolti dai prezzi, si trova una risposta anche alla domanda per chi. La distribuzione dei redditi è determinata dalle proprietà dei fattori di produzione (terra, lavoro e capitale) e dai prezzi dei fattori: i proprietari di terreni fertili o le persone dotate delle caratteristiche richieste sul mercato del lavoro disporranno di molti voti con il portafoglio, che potranno essere utilizzati per acquistare beni di consumo. Chi invece non ha proprietà o non è richiesto dal mercato riceverà redditi inferiori. Scambi, moneta e capitale Lo sviluppo dei sistemi economici determina una maggiore specializzazione degli stessi. La divisione del lavoro consente di suddividere un compito in numerosi sottocompiti, che possono essere eseguiti più rapidamente da un solo lavoratore. La specializzazione nasce dalla crescente tendenza all’utilizzo di metodi di produzione indiretti che richiedono vari tipi di capacità professionali. L’aumento della specializzazione di individui e Stati fa si che essi si concentrino su particolari beni e scambino il loro surplus con beni prodotti da altri. Gli scambi volontari basati sulla specializzazione rappresentano un vantaggio per tutti. I beni capitali (macchinari, impianti e scorte) consentono metodi di produzione indiretti che aumentano notevolmente l’output di uno Stato. Inizialmente tali metodi richiedono tempo e risorse e comportano un sacrificio temporaneo del consumo presente al fine di incrementare il consumo futuro. Le regole che stabiliscono come acquistare, vendere e utilizzare il capitale e altre attività patrimoniali costituisce il sistema dei diritti di proprietà. Il ruolo economico dello Stato Benchè il meccanismo dei mercati sia efficiente per la produzione e l’allocazione di beni, a volte i fallimenti del mercato conducono a risultati economici inefficienti, che possono essere corretti con l’intervento pubblico. Il ruolo dello Stato in un’economia moderna è garantire l’efficienza, correggere una distribuzione del reddito non equa e promuovere crescita e stabilità economica. In presenza di concorrenza imperfetta o di esternalità il mercato non riesce a garantire un’efficiente collocazione delle risorse. La concorrenza imperfetta (e. monopolio) produce prezzi elevati a bassi livelli di output; per combattere questa situazione lo Stato regola l’operato delle imprese emanando leggi antitrust. La esternalità si hanno quando determinate attività comportano costi o benefici per altri soggetti al di fuori delle relazioni di mercato; in questi casi lo Stato può decidere di intervenire per regolamentare tali effetti collaterali o fornire beni pubblici. I mercati non producono necessariamente una distribuzione equa del reddito, anzi, è possibile che determinino una disuguaglianza in termini di reddito e consumo. Quando si verificano situazioni di 6 questo genere lo Stato può ridistribuire i redditi (per chi) generati dai salari, rendite, interessi e dividendi di mercato. Gli stati moderni utilizzano l’imposizione fiscale con l’obbiettivo di incrementare le entrate necessarie per i trasferimenti o per i programmi di supporto del reddito. Negli anni Trenta, con lo sviluppo della macroeconomia, lo Stato ha assunto un terzo ruolo: l’utilizzo dei poteri fiscali (imposizione fiscale e spesa) e monetari (interventi sul credito e sui tassi di interesse) per promuovere la crescita economica e la produttività nel lungo periodo e per attenuare gli eccessi di inflazione e disoccupazione dei cicli economici. Gli strumenti dell’economia sono necessari per aiutare la società a trovare un equilibrio tra meccanismi di mercato lassaz-faire e norme di condotta democratiche. ELEMENTI FONDAMENTALI DI DOMANDA E OFFERTA (cap 3) Per prevedere i prezzi e gli output dei singoli mercati è necessario padroneggiare l’analisi della domanda e dell’offerta. La teoria della domanda e dell’offerta spiega i mutamenti di prezzi. Il principio alla base è che le preferenze dei consumatori determinano la domanda di consumo dei beni, mentre i costi sostenuti dalle imprese sono alla base dell’offerta dei beni. Le curve di domanda e di offerta consentono di dimostrare che il prezzo di mercato viene fissato nel punto di intersezione delle due curve, ovvero nel punto in cui le curve di domanda e di offerta sono in equilibrio; sono infatti le variazioni di prezzi a far si che domanda e offerta si bilancino perfettamente. SCHEDA DI DOMANDA O CURVA DI DOMANDA Il principio fondamentale è che la quantità acquistata di un bene dipende dal suo prezzo. A parità di ogni altra condizione, maggiore è il prezzo di un bene, minore sarà la quantità di quel bene che i consumatori desiderano acquistare mentre minore è il prezzo di mercato, più numerose saranno le unità acquistate. Esiste una precisa relazione tra il prezzo di un bene e la quantità che viene acquistata chiamata scheda di domanda o curva di domanda. La curva di domanda è la rappresentazione grafica della scheda di domanda in cui il bene si trova sull’asse orizzontale e il prezzo su quello verticale. La quantità e il prezzo sono in relazione inversa. 7 • DETERMINANTI PARTICOLARI: es. la possibilità per i consumatori di confrontare prezzi su internet spinge fuori dal mercato gli offerenti con prezzi svantaggiosi NB differenza tra spostamenti “lungo” le curve e spostamenti “delle” curve di offerta EQUILIBRIO DI DOMANDA E OFFERTA Domanda e offerta interagiscono per produrre un prezzo e una quantità di equilibrio. L’equilibrio di mercato si verifica al prezzo al quale la quantità domandata eguaglia la quantità offerta. Al livello di equilibrio non vi è alcuna tendenza la ribasso e al rialzo del prezzo. Il prezzo di equilibrio di mercato indica che le quantità domandate e le quantità offerte si eguagliano e sia i produttori che i consumatori sono soddisfatti. Equilibrio delle curve di domanda e di offerta Il prezzo di equilibrio è dato dall’intersezione delle curve di domanda e di offerta. Eccesso di offerta: eccedenza della quantità offerta rispetto alla quantità richiesta. I prezzi tendono a scendere Eccesso di domanda: eccedenza della quantità richiesta rispetto alla quantità offerta. La concorrenza tra gli acquirenti di un bene disponibile in quantità limitata provoca un aumento del prezzo. Il prezzo e la quantità di equilibrio si trovano a quel livello in cui la quantità offerta corrisponde alla quantità domandata. In un mercato concorrenziale l’equilibrio è dato dall’intersezione delle curve di domanda e di offerta. Al prezzo di equilibrio non si verificano eccessi di domanda o di offerta. Effetti provocati da uno spostamento della curva di domanda o di offerta Supponendo che un fattore esterno provochi l’aumento del prezzo di un bene la cui domanda e offerta si trovavano in equilibrio. Se il prezzo aumenta la curva di offerta subisce uno spostamento verso sinistra (aumenta la quantità offerta) ma la curva di domanda resta invariata, in quanto non influenzata dal fattore esterno. 10 Dunque se il prezzo del bene sale, stimolando la produzione e provocando in tal modo un aumento della quantità offerta, contemporaneamente il consumo si riduce e la quantità domandata diminuisce. Il prezzo continuerà a crescere fino a quando, al nuovo prezzo di equilibrio, la quantità richiesta e quella offerta si incontreranno nuovamente. Il nuovo punto di equilibrio si trova nel nuovo punto di intersezione tra domanda e offerta. La variazione degli elementi che influenzano la domanda o l’offerta comporta spostamenti delle curve di domanda o di offerta, e dunque cambiamenti dell’equilibrio di mercato relativamente a prezzo e quantità. NB. In economia l’equilibrio indica che le diverse forze operanti in un mercato si bilanciano in modo che il prezzo e la quantità che ne derivano soddisfino hi desideri di acquirenti e fornitori. Un prezzo troppo basso implica che le forze che influiscono sulla domanda sono maggiori di quelle che influiscono sull’offerta, quindi domanda o offerta sono in eccesso. Se il prezzo è troppo basso l’eccesso di domanda lo farà salire fino al nuovo equilibrio. Variazione di domanda e offerta Effetto su prezzo e quantità Se la domanda aumenta… La curva di domanda si sposta verso destra Il prezzo aumenta la quantità aumenta Se la domanda diminuisce… La curva di domanda si sposta verso sinistra Il prezzo diminuisce la quantità diminuisce Se l’offerta aumenta… La curva di offerta si sposta verso sinistra Il prezzo diminuisce La quantità aumenta Se l’offerta diminuisce… La curva di offerta si sposta verso destra Il prezzo aumenta la quantità diminuisce L’ELASTICITA’ DI DOMANDA E OFFERTA Lo studio empirico del funzionamento del mercato inizia con la misurazione della reattività della domanda e dell’offerta al prezzo. Per trasformare la curva di domanda e di offerta in strumenti utili è necessario capire in che misura la domanda e l’offerta rispondono alle variazioni di prezzo. Per analizzare il rapporto quantitativo tra prezzo e quantità acquistata si ricorre al concetto dell’elasticità. Considerando la risposta della domanda dei consumatori alle variazioni di prezzo: L’elasticità della domanda rispetto al prezzo è la variazione percentuale della quantità domandata divisa per la variazione percentuale del prezzo. I beni differiscono molto l’uno dall’altro in quanto ad elasticità, o sensibilità alle variazioni di prezzo. 11 Quando l’elasticità rispetto al prezzo di un bene è elevata, si dice che la domanda di quel bene è elastica, cioè che la quantità domandata di un bene è fortemente dipendente dalle sue variazioni di prezzo. Quando l’elasticità rispetto ad un bene è scarsa, la domanda è anelastica per cui la domanda non subisce modifiche di rilevo in seguito all’alterazione dei prezzi. Per i beni di prima necessità come cibo, vestiti, carburante, la domanda tende ad essere anelastica, si tratta infatti di beni essenziali a cui non si può rinunciare. Al contrario, i beni di lusso possono essere facilmente sostituiti se i loro prezzi aumentano. La domanda di beni facilmente sostituibile tende ad essere più elastica di quella di beni che non presentano tali caratteristiche. Anche il periodo di tempo che gli individui hanno a disposizione per rispondere alle variazioni di prezzo riveste una funzione importante. Per molti beni la capacità di adattamento dei modelli di consumo comporta che l’elasticità della domanda aumenti nel lungo termine piuttosto che nel breve termine. L’elasticità rispetto al prezzo dei singoli beni dipende da fattori economici tende a essere più elevata per i beni di lusso, quando sono disponibili beni sostitutivi e quando i consumatori hanno più tempo per adattare il loro comportamento alla nuova situazione. L’elasticità della domanda rispetto al prezzo corrisponde a: Ed= variazione percentuale della quantità domandata variazione percentuale del prezzo Esistono diverse categorie di elasticità rispetto al prezzo: • Quando una variazione di prezzo dell’1% genera una variazione della quantità domandata superiore all’1%, si ha una domanda elastica rispetto al prezzo. • Quando una variazione di prezzo dell’1% provoca una variazione della quantità domandata inferiore all’1%, si ha una domanda anelastica rispetto al prezzo. • Quando una variazione di prezzo dell’1% provoca una variazione della quantità domandata pari all’1% si parla di domanda ad elasticità unitaria. Nel calcolo dell’elasticità è importante ricordare che: • L’elasticità è sempre positiva anche se prezzi e quantità si muovono nella direzione opposta • Una variazione dell’unità di misura non influenza l’elasticità • Nel caso di variazioni di percentuali significative si utilizza sempre il prezzo medio come prezzo base per il calcolo delle variazioni di prezzo. Analogamente la quantità media viene utilizzata come base per misurare la variazione percentuale della quantità. La formula quindi la seguente: Ed= Dove P1 e Q1 rappresentano il prezzo e la quantità iniziale, mentre P2 e Q2 indicano il nuovo prezzo e la nuova quantità. 12 determini un’offerta indefinitamente ampia, il rapporto tra prezzo e quantità è molto elevato, si parla di offerta perfettamente elastica e si rappresenta con una curva di offerta orizzontale. Nei casi compresi tra questi due estremi, l’offerta viene definita elastica o anelastica a seconda che la variazione percentuale dell’offerta sia maggiore o minore della variazione percentuale del prezzo. Nel caso limite dell’offerta ad elasticità unitaria, l’aumento della quantità offerta è uguale all’aumento del prezzo. NB. Le definizioni di elasticità rispetto alla domanda e all’offerta sono uguali, l’unica differenza è che per l’offerta la risposta quantitativa alle variazioni di prezzo è positiva, mentre per la domanda negativa. 3 casi di elasticità dell’offerta: • Curva di offerta verticale= offerta perfettamente anelastica • Curva di offerta orizzontale= offerta perfettamente elastica • Linea retta che attraversa l’origine= offerta ad elasticità unitaria Tra i fattori che determinano l’elasticità dell’offerta: • La facilità con cui è possibile aumentare la produzione in un determinato settore. Se gli input sono facilmente reperibili a prezzo di mercato correnti è possibile incrementare notevolmente la produzione di quel bene con un aumento limitato di prezzi. Se la capacità produttiva è strettamente limitata, anche un aumento rilevante del prezzo del bene non produrrà grosse variazioni alla produzione. • Periodo di tempo preso in considerazione. Una determinata variazione di prezzo tende ad avere un effetto maggiore sulla quantità offerta man mano che aumenta il tempo a disposizione die produttori per far fronte a tale cambiamento. Un aumento del prezzo in breve tempo non permette ai produttori di adeguarsi ad aumentare input, servizi e capitali, per cui l’offerta sarà particolarmente anelastica. Con il passare del tempo è più facile che l’offerente si adegui, aumentando l’elasticità dell’offerta. 15 LE SCELTE DEL CONSUMATORE (cap. 4) Ogni giorno ciascuno di noi deve prendere innumerevoli scelte su come utilizzare il tempo e il denaro a disposizione. Nel cercare un equilibrio tra necessità e desideri ciascun individuo prende decisioni che formano la sua vita quotidiana. TEORIA DELLE SCELTE E DELL’UTILITA’ La spiegazione del comportamento del consumatore si basa sulla premessa che gli individui tendono a scegliere qui beni e quei servizi ai quali attribuiscono un valore maggiore. Per descrivere il modo in cui i consumatori scelgono tra le diverse possibilità di consumo gli economisti hanno introdotto il concetto di utilità. Utilità significa soddisfacimento, ovvero intensità con la quale determinati beni e servizi vengono preferiti dai consumatori. L’utilità è un concetto scientifico utilizzato dagli economisti per capire il modo in cui i consumatori razionali ripartiscono le loro risorse limitate tra i beni che consentono di soddisfare i loro bisogni. Nella teoria della domanda si diche che gli individui massimizzano la propria utilità, scelgono cioè i beni di consumo che preferiscono. Utilità marginale In economia l’espressione “marginale” viene sempre usata con il significato di “aggiuntiva”. Supponiamo che il consumo di un certo bene sia al consumatore un certo livello di soddisfazione o utilità. Supponendo ora che l’individuo consumi una seconda unità di quel bene: l’utilità totale aumenterà, in quanto la seconda unità fornisce utilità aggiuntiva. Ma se egli consumasse una terza e una quarta unità, quel bene non trarrà più utilità quanto la prima unità. L’incremento dell’utilità per il consumatore si definisce utilità marginale. L’osservazione del comportamento economico ha portato alla formulazione della legge dell’utilità marginale decrescente. Tale legge afferma che l’utilità marginale, o aggiuntiva, diminuisce se un individuo consuma quantità sempre maggiori di un certo bene. In altre parole: la legge dell’utilità marginale decrescente afferma che all’aumentare del consumo di un bene l’utilità marginale (cioè aggiuntiva) di quel bene tende a diminuire. Se si consumano quantità sempre maggiori di un bene, l’utilità totale cresce sempre più lentamente, perché l’utilità marginale (utilità aggiuntiva apportata dall’ultima unità di bene consumata) diminuisce all’aumentare del consumo di quel bene. L’utilità totale aumenta con il consumo ma in modo decrescente, il che indica che l’utilità marginale è decrescente. (vedi grafici a pag. 72) Relazione tra utilità totale e utilità marginale: l’utilità totale è data dalla somma di tutte le utilità marginali. 16 CONDIZIONI DI EQUILIBRIO La teoria dell’utilità serve per spiegare la domanda dei consumatori e per capire come si costruiscono le curve di domanda. La condizione essenziale per ottenere la massima soddisfazione o utilità è che di fronte ai prezzi di mercato dei beni, un consumatore con un dato reddito ottenga il massimo soddisfacimento quando l’utilità marginale dell’ultimo euro speso per un bene è esattamente uguale all’ultimo euro speso per qualsiasi altro bene. L’utilità marginale di tutti i beni nell’equilibrio del consumatore è definita utilità marginale del reddito e misura l’utilità aggiuntiva che il consumatore otterrebbe se potesse spendere un euro in più per il consumo. La condizione essenziale per l’equilibrio dl consumatore può essere scritta come: UM del bene 1/prezzo1 = UM2/prezzo2 = UM3/prezzo3 = UM per euro di reddito Gli economisti ritengono che i consumatori distribuiscano i loro redditi limitati in modo tale da ottenere il massimo soddisfacimento, o la massima utilità possibile. Per massimizzare l’utilità un consumatore deve soddisfare la condizione di equilibrio, cioè deve eguagliare le utilità marginali dell’ultimo euro speso per ciascun bene. Soltanto quando l’utilità marginale di ciascun euro è uguale per qualsiasi bene, il consumatore ricava il massimo soddisfacimento dal proprio reddito monetario. Anche se due beni hanno prezzi molto diversi, la loro utilità marginale divisa per il prezzo unitario è uguale nella distribuzione ottimale del consumatore. Questo significa che la loro utilità marginale per ultimo euro speso, UM/P, è uguale. L’uguaglianza dell’utilità marginale per unità di risorsa è una regola logica fondamentale per effettuare le proprie scelte. Con una risorsa scarsa come il tempo se si vuole massimizzarne il valore o l’utilità bisogna essere certi che il vantaggio marginale per unità sia uguale in tutti gli utilizzi possibili. Le curve di domanda hanno pendenza negativa La regola fondamentale del comportamento del consumatore consente di spiegare il motivo per cui le curve di domanda hanno pendenza negativa. Poiché l’aumento del prezzo di un bene riduce il consumo desiderato di quel bene le curve di domanda hanno pendenza negativa. L’EQUILIBRIO DEL CONSUMATORE Gli elementi importanti della teoria di mercato possono essere analizzati senza ricorrere al concetto di utilità utilizzando le curve di indifferenza. Una curva di indifferenza rappresenta combinazioni di consumo ugualmente desiderabili. In genere la curva di indifferenza è convessa rispetto all’origine (a forma di ciotola) in base alla legge dell’utilità marginale relativa decrescente. La pendenza della curva di indifferenza è la misura dell’utilità marginale relativa dei beni, o del saggio marginale di sostituzione al quale il consumatore sarebbe disposto a scambiare un po' di un bene per ottenere in cambio un po' di più di un altro bene. 17 La domanda di tabacco per un fumatore o di eroina per un tossicodipendente oltre ad essere molto elevata rispetto a quella di tutti gli altri individui sarà anche anelastica rispetto al prezzo in quanto sostanze che creano dipendenza. Per le droghe leggere esistono beni sostituitivi dunque la la limitazione della vendita provocherebbe un aumento della domanda dei beni sostitutivi, la domanda è molto elastica. Al contrario la domanda di droghe pesanti è anelastica perché beni non sostituibili. La rendita del consumatore Il concetto di rendita del consumatore evidenzia il fatto che è l’utilità dell’ultima unità acquistata a influenzare i prezzi e le quantità del mercato. Il consumatore, per esempio, paga lo stesso prezzo per ciascun litro di latte che acquista sul mercato, e tale prezzo corrisponde all’utilità marginale dell’ultima unità acquistata. Dato che i consumatori acquistano tutte le unità consumate al prezzo dell’ultima, essi beneficiano di un eccesso di utilità sul costo. La rendita del consumatore misura l’utilità aggiuntiva che il consumatore riceve sul prezzo pagato per un determinato bene. Questo significa che il consumatore riceve un eccesso di utilità sul prezzo di tutte le unità precedenti in quanto, per la legge dell’utilità marginale decrescente, l’utilità marginale delle prime unità acquistate è maggiore di quella dell’ultima. L’eccesso di utilità totale sul prezzo di mercato è la redita del consumatore; essa riflette il vantaggio derivante dal fatto di poter acquistare tutte le unità al medesimo prezzo. Nei casi più semplici è possibile misurare la rendita del consumatore quale area compresa tra la curva di domanda e la linea del prezzo. Questo è un concetto importante per numerose decisioni di interesse pubblico. Gli economisti si occupano dell’analisi costo-benefici per cui consigliano di costruire una strada o, in generale, di realizzare un’opera pubblica se la rendita totale del consumatore supera i costi. PRODUZIONE E TECNOLOGIA (cap. 5) Le imprese sono organizzazioni specializzate che si dedicano alla gestione del processo produttivo. La produzione è organizzata in imprese: una parte in piccole imprese individuali; un'altra in società di persone, e il grosso dell’attività economica in società per azioni. • L’impresa individuale è la classica piccola impresa a conduzione familiare. Sono molto diffuse ma presentano volumi di vendite totali limitate. • La società di persone: tutti i soci accettano di fornire parte del lavoro e del capitale, di suddividere i profitti derivati dall’attività, e naturalmente di ripatirsi gli eventuali debiti e perdite. Il principale svantaggio è costituito dalla responsabilità illimitata: i soci sono infatti responsabili senza limitazioni di tutti i debiti contratti dalla società. 20 • La società per azioni: è dove si svolge gran parte dell’attività economica. Una moderna società per azioni è una forma di organizzazione statale istituita mediante statuto e appartenente a numerosi azionisti. Tale società gode di responsabilità limitata quindi gli investimenti nella società di ciascun proprietario sono strettamente limitati ad una determinata somma. Le principali caratteristiche sono: • Le società per azioni di grandi dimensioni sono quotate in borsa. Sui mercati azionari vengono scambiati i titoli delle società per azioni e viene investito gran parte del capitale a rischio dello Stato • Sono in grado di reperire ingenti capitali tramite prestiti presso le banche e l’emissione si azioni e obbligazioni, spesso quotate in borsa • In linea di principio gli azionisti controllano la società di cui sono proprietari. Le società per azioni predominano nelle economie di mercato poiché costituiscono un modo molto efficace di entrare in affari. Inoltre, avendo una responsabilità limitata, gli azionisti non corrono il rischio di incorrere in debiti o subire perdite al di la del loro investimento iniziale. Per produrre in modo efficiente sono spesso necessarie imprese su vasta scala che necessitano di capitali nell’ordine delle migliaia di euro. Le società per azioni, grazie alla responsabilità limitata e a un adeguata struttura manageriale sono in grado di attrarre grandi quantità di capitale privato, fornire numerosi prodotti correlati e ripartire i rischi degli investitori. In un sistema economico moderno sono le imprese a produrre la maggior parte di beni e servizi, in quanto le economie della produzione in serie necessitano che l’output sia prodotto in grandi quantità. La tecnologia produttiva richiede molto più capitale di quanto un singolo individuo sarebbe disposto a rischiare, e per produrre in modo efficiente si richiede un’attenta gestione e coordinazione dei compiti dell’impresa da parte di un ente a direzione centrale. Cap.6 Costo totale: Costo sostenuto dall'imprenditore per l'acquisto dei fattori produttivi e dei beni strumentali necessari per lo svolgimento del ciclo produttivo. Più precisamente, il costo totale è dato dalla somma del costo variabile (v.) e dal costo fisso (v.). Il primo varia al variare della quantità totale prodotta mentre il secondo rimane costante. Nel lungo periodo (v.) tutti i costi diventano variabili in quanto anche gli impianti dell'impresa necessitano di adattamenti. Nel breve periodo (v.), invece, l'impianto dell'impresa rimane inalterato, per cui un aumento della produzione può essere ottenuto solo mutando la quantità degli altri fattori produttivi. La differenza fra costo fisso e costo variabile può essere esemplificata da un grafico in cui sull'asse delle ascisse è riportata la quantità prodotta e sull'asse delle ordinate i costi. La curva del costo fisso (Cf) è rappresentata da una retta parallela all'asse delle ascisse poiché non varia al variare della produzione. La curva del costo variabile (Cv) parte dall'origine e cresce all'aumentare della produzione ad un ritmo prima decrescente e poi crescente a causa delle economie interne. 21 Costo medio unitario: Costo medio Il costo medio ( Average Cost ) è il costo unitario della produzione. Il costo medio è determinato dal rapporto tra il costo totale ( C ) della produzione e la corrispondente quantità di unità prodotte ( Y ). Il costo medio indica il costo di Costo marginale: Il costo marginale Il costo marginale è il costo aggiuntivo per incrementare la quantità di produzione. È il costo dell'ultima unità prodotta. Il costo marginale esprime in maniera infinitesimale la variazione dei costi della quantità aggiuntiva di prodotta. EQUILIBRIO DEI MERCATI CONCORRENZIALI (cap.7) Il comportamento delle imprese in un mercato perfettamente concorrenziale La concorrenza perfetta è una forma di mercato (concorrenza) in cui i produttori e i consumatori non sono in grado di influenzare i prezzi di mercato dei beni e dei servizi. La concorrenza perfetta è inoltre un mondo costituito da imprese atomistiche che accettano i prezzi, cioè imprese che hanno una dimensione così piccola da non poter influenzare il prezzo di vendita del prodotto (pricetaker). Ogni azienda desidera massimizzare i profitti. Perché? I profitti rappresentano l’utile netto di una società per azioni e sono la somma che un’impresa può pagare sotto forma di dividendi ai proprietari, reinvestire in nuovi impianti o attrezzature o impiegare in investimenti finanziari. Per massimizzare i profitti è necessario che l’impresa gestisca le proprie attività interne in modo efficiente e prenda decisioni giuste sul mercato. Dato che i profitti sono legati sia ai costi sia ai ricavi è necessario che l’impresa conosca la struttura dei propri costi. Un’impresa perfettamente concorrenziale vende un prodotto omogeneo, cioè un prodotto identico a quello venduto dai suoi concorrenti e non è sufficientemente grande da poterne influenzare il prezzo, per cui lo considera come un elemento dato. Dato che le imprese concorrenziali non sono in grado di influire sul prezzo, il prezzo di ciascuna unità venduta costituisce il ricavo aggiuntivo (marginale) che l’impresa incasserà. E’ importante ricordare che 22 Nel modello di mercato a concorrenza perfetta ciascuna delle imprese vuole massimizzare il profitto, puntando ad un profitto positivo, ma le forze della concorrenza nel lungo periodo tendono a spingere le imprese verso uno stato di profitto economico pari a zero. Quando un’industria è in grado di ampliarsi senza provocare un aumento dei prezzi di produzione, la risultante curva di offerta nel lungo periodo sarà orizzontale. Se un’industria utilizza fattori specifici, la sua curva di offerta nel lungo periodo sarà crescente. CASI PARTICOLARI DI MERCATI CONCORRENZIALI Le regole della domanda e dell’offerta in generale affermano che, nel primo caso, se la domanda di un bene aumenta e la curva di offerta rimane invariata, il prezzo e la quantità domandata del bene subiscono un incremento, mentre la diminuzione della domanda avrà l’effetto opposto quindi il prezzo scende e la domanda diminuisce. Nel secondo caso, se l’offerta di un bene aumenta e la curva di domanda rimane costante, in genere il prezzo diminuisce e la quantità acquistata e venduta aumenta. Una diminuzione dell’offerta avrà effetto contrario. Offerta completamente anelastica e rendita economica La quantità di alcuni beni o fattori di produzione è fissa e indipendente dal prezzo. Quando a ciascun prezzo la quantità disponibile non varia, il pagamento per l’utilizzo di questo fattore di produzione viene definito rendita economica pura. In tutti questi casi la curva di offerta è verticale in quanto un prezzo più elevato non comporta un aumento dell’output. Un aumento della domanda di un fattore fisso si ripercuote esclusivamente sul prezzo, mentre la quantità offerta non subisce variazioni e l’aumento del prezzo corrisponde allo spostamento verso l’alto della curva di domanda. Quando si introduce un’imposta su un bene fisso, il prezzo ottenuto dal produttore si riduce di un ammontare pari all’imposta, che grava esclusivamente sul produttore sottraendola alla rendita economica, mentre il consumatore acquista la stessa quantità al medesimo prezzo. Variazioni dell’’offerta Consideriamo un mutamento dell’offerta mantenendo la domanda costante. Un aumento dell’offerta provoca una diminuzione del prezzo e un incremento della quantità. Un aumento dell’offerta provoca una diminuzione del prezzo maggiore quando la domanda è anelastica. Un aumento dell’offerta provoca un aumento della quantità minore quando la domanda è anelastica. 25 IL MONOPOLIO (cap.8) Nel moderno sistema economico il mercato concorrenziale perfetto viene raramente raggiunto. Numerosi mercati all’interno del sistema economico sono infatti dominati da poche grandi imprese. Il mondo in cui viviamo è regno della concorrenza imperfetta. La concorrenza imperfetta Esistono tre tipi di concorrenza imperfetta che sono: monopolio, oligopolio, e concorrenza monopolistica. Sono tutte situazioni di mercato in cui, con varia intensità l’impresa riesce a controllare il prezzo di vendita del prodotto sul mercato. Queste situazioni si definiscono di concorrenza imperfetta e hanno in comune un risultato: dato un certo livello di tecnologia, in concorrenza imperfetta i prezzi superiori e l’output è inferiore rispetto alla concorrenza perfetta. A loro vantaggio le imprese si avvalgono della produzione su vasta scala e a loro si deve gran parte delle innovazioni che stimolano la crescita economica nel lungo periodo. Dato che alcune imprese possono influenzare il prezzo di mercato variando la quantità offerta, dispongono di un certo controllo sul prezzo della propria produzione. La concorrenza imperfetta prevale in un’industria quando i singoli venditori hanno un determinato controllo sul prezzo del loro prodotto; in alcune industrie il potere monopolistico o di mercato è molto limitato, altre, che detengono il monopolio, hanno un enorme discrezione sul prezzo di un prodotto. Impresa a concorrenza perfetta curva di domanda orizzontale possono decidere che quantità al prezzo di mercato vendere Impresa a concorrenza imperfetta curva a pendenza negativa La differenza tra concorrenza perfetta e imperfetta può essere analizzata anche sulla base dell’elasticità rispetto al prezzo Per un’impresa in concorrenza perfetta la domanda è perfettamente elastica, mentre per un’impresa a concorrenza imperfetta l’elasticità è limitata. Definizione di monopolio Monopolio= solo un venditore è il caso più estremo di concorrenza imperfetta. Esiste un solo venditore nella sua industria e nessuna altra impresa può produrre un bene sostitutivo. Ma nell’attuale sistema economico fondamentalmente e fortemente concorrenziale anche i monopolisti perfetti devono fare i conti con la concorrenza: nel lungo periodo nessun monopolista può sentirsi al sicuro dagli attacchi della concorrenza. CAUSE DI IMPERFEZIONE DEL MERCATO 26 Quasi tutti i casi di concorrenza imperfetta possono essere fatti risalire a due cause principali. In primo luogo le industrie tendono ad essere caratterizzate da pochi venditori in presenza di importanti economie di produzione su vasta scala e di costi decrescenti: in queste condizioni si hanno economie di scala, talchè le grandi imprese possono produrre a costi inferiori e quindi applicare prezzi più bassi di quelli delle piccole imprese, impedendone la sopravvivenza. In secondo luogo i mercati tendono alla concorrenza imperfetta quando l’ingresso di nuovi concorrenti nell’industria è ostacolato. Le cosiddette barriere di ingresso possono derivare da leggi o regolamentazioni che limitano il numero di concorrenti, mentre in altri casi l’ingresso in un mercato è troppo costoso per un nuovo concorrente. Economie di scala La tecnologia e la struttura dei costi di un’industria contribuiscono a determinare quante imprese possano sopravvivere in una particolare industria e quali devono essere le loro dimensioni. Quando prevalgono le economie di scala una o poche imprese incrementano il livello di output fino a produrre una parte significativa dell’output totale dell’industria e si verifica dunque una situazione di concorrenza imperfetta. Barriere all’ingresso Sebbene le economie di scala siano un importante fattore alla base delle strutture di mercato con poche imprese, anche le barriere all’ingresso contribuiscono ad incrementare la concentrazione. Le barriere sono fattore che ostacolano l’ingresso di nuove imprese nell’industria: quando sono molto elevate è probabile che ci siano poche imprese e un livello di concorrenza limitato. Restrizioni legali: • Brevetto: concesso ad un inventore per garantirgli il monopolio del prodotto protetto da brevetto. I governi concedono brevetti per incoraggiare l’attività inventiva • Restrizioni all’ingresso: l’impresa riceve il diritto esclusivo di fornire servizi e un cambio si impegna a limitare i profitti e a rifornire tutti i clienti della zona. • Restrizioni alle importazioni: per tenere i concorrenti stranieri fuori dal mercato Costi di ingresso elevati: barriere economiche imposte per legge che spesso costringono a grandi campagne pubblicitarie, molto costose e che non garantiscono il successo. Pubblicità e differenziazione dei prodotti: sono mezzi che consentono alle imprese di ostacolare i rivali perché fungono da barriere di ingresso. La pubblicità fornisce ai paesi informazioni e fa si che i clienti rimangano fedeli alle marche più note. Anche la differenziazione dei prodotti costituisce una barriera all’ingresso nel mercato perché una grande varietà di prodotti e modelli attira un maggior numero di consumatori e allo stesso tempo scoraggia gli eventuali concorrenti. Processo decisionale dell’impresa nel breve periodo Ciascuna impresa in un mercato in concorrenza monopolistica è, in qualche misura, monopolista: il suo prodotto è diverso da quello delle altre imprese attive nel medesimo mercato, quindi la sua curva di domanda ha pendenza negativa; dunque, per massimizzare il profitto, l’impresa in concorrenza monopolistica – come il monopolista – determina la quantità prodotta in modo che il costo marginale sia uguale al ricavo marginale e definisce il prezzo sulla base della domanda, in modo che sia coerente con quella quantità. Equilibrio di lungo periodo In un mercato in concorrenza monopolistica, se le imprese realizzano profitti, nuove imprese entrano nel mercato e la curva di domanda delle imprese esistenti si sposta verso sinistra; analogamente, se le imprese subiscono perdite, alcune escono dal mercato, facendo spostare verso destra la curva di domanda delle imprese che rimangono; a causa di tali spostamenti della curva di domanda, l’impresa in concorrenza monopolistica viene condotta verso un 27 • Imposte: tasse ai monopoli per ridurre i profitti. Se l’imposta incrementa il costo marginale, è probabile che allontani ulteriormente il monopolista dal livello di output efficiente, provocando un aumento di prezzo e una diminuzione dell’output. Considerazioni economiche conducono all’importante principio marginale, in base al quale gli individui massimizzano i loro redditi, profitti o soddisfazioni calcolando soltanto costi e benefici marginali derivanti da una determinata decisione. Nel prendere una decisione economica dunque occorre considerare i costi e i benefici marginali ed ignorare i costi passati o non recuperabili, cioè tenere in conto i futuri vantaggi e svantaggi marginali, ignorando i costi non recuperabili sostenuti in precedenza. EFFICIENZA ECONOMICA E MERCATI (cap.11) 30 Sia le grandi imprese monopoliste sia le piccole imprese in concorrenza devono approvvigionarsi di fattori produttivi. La domanda di fattori è diversa da quella di beni di consumo per due ragioni: le domande di fattori sono domande derivate e interdipendenti. Le domande derivate Tra le domande dei consumatori e le domande dei fattori delle imprese esiste però una differenza sostanziale: i consumatori richiedono beni finiti mentre un’impresa acquista input, perché il loro impiego permette di produrre e guadagnare. Il concetto di soddisfacimento è quindi legato agli input, anche se in modo indiretto perché il soddisfacimento ottenuto dai consumatori che utilizzano un determinato bene determina la quantità che l’impresa dovrà produrre, il numero degli impiegati necessari e, di conseguenza, gli uffici che si dovrà affittare. Un’analisi accurata della domanda degli input deve pertanto tenere presente che le domande dei consumatori determinano in ultima analisi la domanda di spazio degli uffici delle imprese. Questo ragionamento non vale solo per gli uffici, la domanda dei consumatori determina la domanda di tutti i fattori di produzione. La domanda di fattori di produzione da parte dell’impresa deriva indirettamente dalla domanda di prodotto finito da parte dei consumatori. Gli economisti definiscono domanda derivata la richiesta di fattori di produzione. Questo significa che le imprese richiedono un input perché questo consente loro di produrre un bene che i consumatori desiderano in quel momento o che richiederanno in futuro. Domande interdipendenti La produttività di un fattore, come per esempio il lavoro, dipende dalla qualità degli altri fattori produttivi che interagiscono con il primo, per cui è spesso impossibile stabilire la quantità di output prodotta da uno dei diversi input considerato singolarmente, in quanto gli input interagiscono l’uno con l’altro. E’ proprio l’interdipendenza della produttività di terra, lavoro e capitale che rende l’analisi della produttività dei fattori un argomento complesso. In un processo produttivo non è possibile stabilire quanto prodotto è attribuibile ad una data quantità di un singolo fattore di produzione. Il prodotto marginale in termine di valori Per comprendere il legame fra le domande dei diversi fattori di produzione e il prodotto che l’impresa vuole vendere sul mercato per massimizzare il profitto, introduciamo il concetto di prodotto marginale in termini di valore PMV. Il prodotto marginale consente di calcolare gli euro aggiuntivi apportati da ciascuna unità addizionale di input. Il prodotto marginale in termini di valore di un input è il ricavo aggiuntivo generato da un’unità addizionale di tali input. Concorrenza perfetta Quando i mercati dei prodotti sono perfettamente concorrenziali, è facile calcolare il prodotto marginale in termine di valore. 31 In questo caso ciascuna unità del prodotto marginale di un lavoratore può essere venduta al prezzo concorrenziale dell’output, in condizioni di concorrenza perfetta inoltre il prezzo dell’output non è influenzato dall’output dell’imprese per cui il prezzo è uguale al ricavo marginale. Concorrenza imperfetta In concorrenza imperfetta, dove la curva di domanda della singola impresa ha pendenza negativa, il ricavo marginale ottenuto da ciascuna unità addizionale di output venduto è inferiore al prezzo, in quanto l’azienda deve abbassare il prezzo delle unità precedenti per vendere l’unità aggiuntiva. Il prodotto marginale in termini di valore rappresenta il ricavo aggiuntivo che un’impresa ottiene dall’impiego di un’unità addizionale di un tipo di input, mantenendo costanti gli altri input, e viene definito come il prodotto marginale dell’input moltiplicato per il ricavo marginale ottenuto dalla vendita di un’unità aggiuntiva di output. La domanda di fattori di produzione Regola per la scelta della combinazione ottimale di input: per massimizzare i profitti occorre aumentare l’impiego degli input fino a quando il prodotto marginale in termini di valore di ciascun input supera il costo marginale o il prezzo dello stesso. Nel caso dei mercati dei fattori in concorrenza perfetta la regola è più semplice: la combinazione di input che permette di massimizzare i profitti di un’impresa in concorrenza perfetta si ha quando il prodotto marginale moltiplicato per il prezzo dell’output è pari al prezzo dell’input. Regola del costo minimo La regola del costo minimo stabilisce che i costi sono massimizzati quando il prodotto marginale per euro di input è uguale per tutti gli input. Questo vale sia per le aziende che operano in mercati dei prodotti in concorrenza perfetta, sia per quelle che si trovano di fronte a condizioni di concorrenza imperfetta Quindi l’impresa che mira a massimizzare i profitti sceglie quantità di input tali che il prezzo di ciascun input sia uguale al prodotto marginale in termini di valore dello stesso input: la scheda del prodotto marginale in termini di valore di ciascun input fornisce la scheda di domanda dell’impresa per quel dato input. Dall’impresa alla domanda di mercato: Il passaggio finale per determinare la domanda di lavoro e di altri fattori consiste nell’aggregazione delle curve di domanda di diverse imprese. Come per tutte le curve di domanda, la domanda di mercato concorrenziale è sempre la somma orizzontale delle curve di domanda di tutte le imprese. Quindi la domanda concorrenziale di fattori di produzione è determinata dalla somma delle domande di tutte le imprese per ogni livello del prodotto marginale in termini di valore del lavoro Regola della sostituzione Una conseguenza della regola del costo minimo è la regola della sostituzione per cui se il prezzo di uno dei fattori sale mentre quello degli altri fattori rimane invariato, di solito all’impresa conviene sostituire il fattore più costoso con quantità maggiore di altri fattori. L’OFFERTA DEI FATTORI DI PRODUZIONE In economia di mercato la maggior parte dei fattori di produzione sono di proprietà privata. Le decisioni relative all’offerta di lavoro dipendono da numerosi fattori. Gli elementi che caratterizzano l’offerta di lavoro sono il prezzo del lavoro (salario) e fattori demografici quali età, 32 I mercati degli input e degli output sono collegati all’interno di un sistema interdipendente, che è definito equilibrio generale. Nell’equilibrio economico generale esiste una struttura logica che sta alla base dei milioni di mercati che determinano i prezzi e gli output: le famiglie, che intendono massimizzare la propria soddisfazione, offrono fattori e acquistano prodotti, mentre le imprese, spinte dal desiderio di realizzare i profitti, trasformano i fattori acquistati dalle famiglie in prodotti da vendere alle famiglie stesse. La struttura logica di un sistema di equilibrio generale è così completa. L’equilibrio generale è interconnesso in un flusso circolare da una rete di relazioni tra prezzi: le famiglie offrono fattori di produzione e richiedono prodotti finiti; le imprese acquistano i fattori di produzione e li trasformano e vendono sotto forma di beni finiti. Il risultato principale dell’analisi dell’equilibrio generale è il seguente: dato che i prezzi hanno la funzione di indicatori della scarsità economica per i produttori e dell’utilità sociale per i consumatori, un meccanismo di prezzi concorrenziali consente di produrre il massimo livello di output e di soddisfacimento utilizzando le risorse e la tecnologia a disposizione della società. Il primo teorema del benessere afferma che in una condizione ideale come quella di concorrenza perfetta il sistema economico si trova sulla frontiera delle possibilità di utilità. Il secondo teorema del benessere afferma che, date certe condizioni, qualsiasi allocazione di efficienza si può ottenere mediante un sistema di mercato concorrenziale, a patto di ridistribuire le dotazioni iniziali. EFFICIENZA ED EQUITA’ NEI MERCATI CONCORRENZIALI Un sistema economico concorrenziale raggiunge l’efficienza allocativa in condizioni ideali, cioè quando fra tutte le imprese vi è concorrenza perfetta, un’efficiente circolazione delle informazioni e non esistono esternalità come l’inquinamento. Nei mercati l’efficienza può venire a mancare per tre ragioni: 1. si possono avere esternalità che si verificano quando alcuni degli effetti della produzione o del consumo non sono inclusi nel prezzo di mercato 2. può verificarsi una situazione di concorrenza imperfetta, ovvero i singoli produttori possono influenzare il prezzo dell’output 3. possono esistere problemi relativi alla circolazione di informazioni o altri elementi che allontanano i mercati dalla concorrenza perfetta. L’uguaglianza indice del prezzo=indice del costo marginale=indice dell’utilità marginale non è così soddisfatta e viene a mancare l’efficienza Anche in situazioni di concorrenza perfetta i risultati dei mercati concorrenziali possono essere socialmente insoddisfacenti in quanto non corrispondono agli ideali della società rispetto ad un’equa distribuzione del reddito e del consumo. Per questo gli stati possono modificare l’equilibrio per ridistribuire il reddito e correggere la mancanza di equità delle preferenze espresse con la domanda. 35 Cap.13.2 ESTERNALITA’ E BENI PUBBLICI Si è di fronte ad un’esternalità quando l’attività di una persona o impresa influisce sul benessere di un’altra persona o impresa in modo diretto e non attraverso una variazione dei prezzi di mercato. Un’esternalità può essere negativa (quando il comportamento di un soggetto economico procura dei costi ad altri) oppure positiva (quando il comportamento di un soggetto procura dei benefici ad altri). Strettamente collegato al concetto di esternalità c’è il concetto di bene pubblico, ovvero quei particolari tipi di bene per i quali l’utilizzo è indivisibile e non esiste rivalità nel consumo. L’assenza di rivalità significa che l’utilizzo di uno di questi beni da parte di un individuo non riduce la possibilità di consumo per un altro. (es. pubblica illuminazione). Dunque per un bene pubblico il consumo da parte di una persona in più ha un costo marginale pari a zero. Uno dei principali fallimenti del mercato riguarda il crescente impatto delle esternalità. Le esternalità si hanno quando i costi (o i benefici) di un’attività si ripercuotono su altri senza che questi ultimi ricevano un pagamento (o paghino) per i costi (o i benefici) sostenuti (o ricevuti). L’esempio più evidente di esternalità è fornito dai beni pubblici, come la difesa nazionale, il cui consumo viene ripartito equamente tra gli individui di un gruppo, nessuno dei quali può esserne escluso. Esempi meno evidenti sono la sanità pubblica, le invenzioni, i parchi, le dighe. Tali beni si contrappongono ai beni privati, che possono essere suddivisi e forniti ad un singolo individuo. I problemi ambientali sono provocati dalle esternalità derivanti dalla produzione o dal consumo. Un’economia di mercato non regolamentata produce eccessive quantità di inquinamento e riduzioni insufficienti. Le imprese non regolamentate prendono decisioni relative alla riduzione delle emissioni (e altri beni pubblici) confrontando i benefici marginali privati e i costi marginali privati. L’efficienza invece si raggiunge quando i benefici marginali sociali sono uguali ai costi marginali sociali della riduzione. Lo Stato dispone di vari strumenti con i quali correggere le inefficienze derivanti dalle esternalità. Tra le varie alternative vanno ricordate le soluzioni decentralizzate (come le negoziazioni e le regole di responsabilità civile) e gli approcci imposti dallo Stato (standard di emissione di sostanze inquinanti o imposte sulle emissioni). L’esperienza mostra che non esiste un approccio ideale per tutte le circostanze, ma molti economisti ritengono che un ricorso maggiore ai sistemi analoghi al mercato incrementerebbe l’efficienza delle regolamentazioni. MERCATI DEI FATTORI DELLA PRODUZIONE (cap. 12) I sistemi economici del mondo occidentale sono detti capitalisti. Questo significa che gran parte dei fattori necessari per la produzione (capitali, terra, attività patrimoniali) sono di proprietà privata. I lavoratori sono persone con famiglie, desideri e bisogni, ed è per questo che si preoccupano della qualità e della quantità dei posti di lavoro. DETERMINAZIONE DEI SALARI Così come per qualsiasi altro fattore di produzione, la domanda di lavoro è determinata dal prodotto marginale di tale fattore. Il livello generale dei salari nei Paesi industrializzati è cresciuto notevolmente grazie alla maggiore specializzazione e istruzione dei lavoratori, alla disponibilità di quantità di capitale decisamente superiore e a tecniche di produzione più avanzate. 36 Data una certa popolazione l’offerta di lavoro dipende da tre fattori chiave 1. dimensione della popolazione 2. numero medio di ore lavorative 3. partecipazione della forza lavoro e tasso di immigrazione L’aumento dei salari produce due diversi effetti sull’offerta di lavoro: l’effetto di sostituzione induce ciascun lavoratore a lavorare un numero maggiore di ore, in quanto ogni ora viene pagata di più, l’effetto reddito opera invece nella direzione opposta, in quanto salari più elevati indicano che i lavoratori possono permettersi più ore di svago e di agi. Ad un certo livello salariale dunque la curva di offerta può quindi presentare una pendenza all’indietro. L’offerta di lavoratori con doti particolari è anelastica e i salari che percepiscono corrispondono in larga misura ad una pura rendita economica. Nella situazione di equilibrio di concorrenza perfetta, se gli individui e le occupazioni fossero esattamente uguali, i differenziali salariali non esisterebbero e tutti i tassi salariali di equilibrio determinati da domanda e offerta sarebbero gli stessi. Ma se si abbandona l’utopia dell’uniformità degli individui e delle occupazioni, si riscontrano notevoli differenze salariali anche nei mercati del lavoro perfettamente concorrenziali. I differenziali salariali compensativi, che compensano le differenze non monetarie nella qualità delle occupazioni, spiegano alcuni di questi differenziali, mentre la differenza nella qualità del lavoro ne chiarisce molti altri. Il mercato del lavoro inoltre è costituito da molti gruppi non concorrenti e parzialmente concorrenti. (vedi parte 1 del capitolo) CAPITALE E INTERESSE Un altro fattore di produzione è il capitale, costituito da quei beni durevoli che risultano da un processo produttivo e che a loro volta vengono utilizzati come input per la produzione successiva. La caratteristica di un bene capitale è che costituisce allo stesso tempo input e output. Esistono tre categorie principali di bene capitale: strutture, attrezzature, scorte di input e output Tasso di rendimento del capitale: Uno dei compiti più importanti di un sistema economico, di un’industria, di una famiglia è quello di distribuire il capitale tra i diversi investimenti possibili. Per scegliere l’investimento più conveniente è necessario disporre di una misura del rendimento capitale, detto tasso di rendimento del capitale, che indica il rendimento monetario netto annuo di ogni capitale investito. Il rapporto tra il rendimento annuo e il costo monetario costituisce il tasso di rendimento del capitale: esso indica la quantità di denaro ottenuta per ciascun euro di investimento. Il tasso di rendimento del capitale è il rendimento netto annuo (ricavi monetari meno spese) per euro di capitale investito ed è una semplice percentuale annua. Definizioni: AFFITTI: rendimenti monetari annui dei beni capitali. Se si dividono i rendimenti netti (affitti meno costi) per il valore monetario del capitale che genera affitti, si ottiene il tasso di rendimento del capitale 37 INTRODUZIONE ALLA MACROECONOMIA E CONTABILITA’ NAZIONALE (cap.18) CONCETTI FONDAMENTALI DELLA MACROECONOMIA Principali problemi di cui si occupa la macroeconomia: 1. Tutte le economie di mercato presentano fasi di espansione e contrazione dette cicli economici. Durante le fasi di contrazione del ciclo, la produzione dei beni e dei servizi diminuisce e milioni di persone perdono il lavoro. Di tanto in tanto i Paesi attraversano fasi elevata disoccupazione che persistono per lunghi periodi, a volte addirittura per decenni (es. La Grande Depressione). 2. In un’economia di mercato si utilizzano i prezzi come misuratori dei valori economici e come criterio per condurre gli affari. Quando i prezzi aumentano rapidamente, ossia in presenza di inflazione da prezzi, tale criterio perde valore. Nei periodi di inflazione elevata, le persone perdono l’orientamento sui prezzi relativi e commettono errori di investimento e nelle decisioni di spesa. Il carico fiscale può aumentare e i cittadini perdono molto tempo preoccupandosi dell’inflazione che erode i loro redditi. La macroeconomia può suggerire quale ruolo debbano svolgere la politica fiscale e monetaria, il sistema dei tassi di cambio e una Banca Centrale indipendente per il contenimento dell’inflazione. 3. La macroeconomia si interessa in particolare della crescita economica, che riguarda l’aumento potenziale produttivo di un sistema economico, l’elemento fondamentale per determinare l’aumento dei salari e del tenore di vita. E’ importante sapere quali fattori determinano un’effettiva crescita: tra quelli fondamentali si possono includere la prevalenza dei mercati liberi, tassi elevati di risparmio e investimento, una politica commerciale orientata all’esterno e un governo onesto unito a diritti di proprietà di beni ben definiti. Tutti i sistemi economici attuano inevitabili compromessi tra i diversi obbiettivi. Obbiettivi e strumenti fondamentali della macroeconomia: 40 Gli obbiettivi fondamentali sono un livello elevato e una crescita rapida della produzione, una disoccupazione bassa e prezzi stabili. Principali termini della macroeconomia: Produzione: obbiettivo ultimo dell’attività economica è produrre beni e servizi richiesti dai cittadini. La misura più completa della produzione totale di un’economia è il PIL che stima il valore di mercato di tutti i prodotti finiti e dei servizi, realizzati da un paese nel corso dell’anno. PIL nominale: valutato secondo gli effettivi prezzi di mercato PIL reale: calcolato in base ai prezzi costati o invariati. E’ la misura di produzione che viene seguita più da vicino, perché serve a controllare accuratamente l’andamento dell’economia di un Paese. Nonostante le fluttuazioni di breve periodo del Pil individuate nei cicli economici, le economie avanzate presentano generalmente una crescita costante a lungo termine del PIL reale e un miglioramento del tenore di vita; tale processo è definito crescita economica. PIL potenziale: livello massimo sostenuto di output di lungo periodo e rappresenta la capacità produttiva a lungo termine dell’economia o la quantità massima che l’economia può produrre, quando la forza lavoro e lo stock di capitale presentano condizioni di elevato impiego. Quando un’economia opera al di sotto del suo potenziale genera inflazione, se opera al di sotto crea un’elevata disoccupazione. La produzione potenziale è determinata dalla capacità produttiva del sistema economico, che a sua volta dipende dagli input disponibili e della sua efficienza tecnologica. Il PIL potenziale tende a crescere progressivamente perché fattori come lavoro, capitale e livello tecnologico variano con lentezza. Al contrario il PIL reale è soggetto ad ampie oscillazioni se si verifica un repentino mutamento dei modelli di spesa. Durante le fasi discendenti del ciclo economico il PIL reale è al di sotto del livello potenziale e la disoccupazione aumenta. Dunque il Pil reale dovrebbe essere elevato rispetto al Pil potenziale, che è il livello massimo sostenibile in condizioni di elevata occupazione. Diffuse contrazioni nei settori dell’economia: recessione Situazione protratta: depressione Alta occupazione, bassa disoccupazione: il tasso di disoccupazione si ottiene calcolando la percentuale dei disoccupati sulla forza lavoro, che comprende tutte le persone occupate e quelle disoccupate in cerca di impiego, mentre esclude i disoccupati che non cercano lavoro. Il tasso di disoccupazione tende a riflettere il ciclo economico: quando la produzione scende, la domanda di manodopera diminuisce e il tasso di disoccupazione aumenta. Stabilita dei prezzi: un altro obbiettivo macroeconomico è mantenere i prezzi stabili: il livello generale dei prezzi deve rimanere invariato o crescere molto lentamente. Per monitorare i prezzi, i responsabili pubblici costruiscono indici dei prezzi, ossia misure del livello generale dei prezzi. Un esempio è L’Indice dei Prezzi al Consumo (IPC). Gli economisti rilevano la stabilità dei prezzi osservando il tasso di inflazione, ovvero la variazione percentuale del livello generale dei prezzi da un anno all’altro. 41 Si parla di deflazione quando i prezzi diminuiscono, all’altro estremo c’è l’iperinflazione, un aumento del livello dei prezzi estremamente rapido. Sia l’inflazione che la deflazione comportano costi per lo Stato, le famiglie e le imprese. Obbiettivi della politica macroeconomica: • Un livello di produzione nazionale elevato e in crescita • Alta occupazione e bassa disoccupazione • Un aumento dei prezzi stabile oppure leggermente in aumento Gli strumenti della politica macroeconomica: uno strumento di politica macroeconomica è una variabile sotto il controllo del governo che può influire su uno o più obbiettivi macroeconomici. Modificando le politiche fiscali, monetarie ecc. i governi possono scongiurare le fasi peggiori dei cicli economici o aumentare il tasso di crescita della produzione potenziale. Politica fiscale (o di bilancio): indica le modalità di impiego delle imposte e della spesa pubblica. La spesa pubblica influisce sulle dimensioni relative del consumo collettivo rispetto a quello privato, mentre la tassazione riduce i redditi e la spesa privata e indice sul risparmio privato, oltre ad avere un effetto negativo sugli investimenti e sulla produzione potenziale. La politica di bilancio aiuta a determinare la distribuzione delle risorse tra enti pubblici e privati, influisce sui redditi e sui consumi dei cittadini e fornisce incentivi all’investimento e per altre decisioni economiche. La politica monetaria, gestita dalla Banca Centrale, determina l’offerta di moneta (soprattutto la regolamentazione della massa monetaria da parte della BC per agire sui tassi di interesse e sulle condizioni creditizie) e indice sui settori dell’economia che sono sensibili ai tassi di interesse, cioè principalmente sull’edilizia abitativa, sugli investimenti delle imprese e sulle esportazioni nette. I rapporti internazionali: uno Stato è solo una piccola parte dell’economia globale integrata, in cui i Paesi sono legati tra loro mediante lo scambio di beni e servizi, mediante i flussi finanziari. Un sistema economico internazionale che funziona bene contribuisce alla rapida crescita economica, ma l’economia internazionale può causare danni al motore della crescita quando i flussi di scambio si interrompono o il meccanismo internazionale si blocca. Occuparsi del commercio internazionale è una priorità per tutti i Paesi. Gli Stati controllano attentamente i flussi di scambio con l’estero. Un indice particolarmente importante è rappresentato dalle esportazioni nette, la differenza numerica tra il valore delle esportazioni e quello delle importazioni. Con la diminuzione dei costi di trasporto e di comunicazione i rapporti con l’estero sono diventati più stretti. Il commercio internazionale non è fine a se stesso, anzi, gli Stati se ne preoccupano seriamente in quanto serve a raggiungere l’obbiettivo ultimo di migliorare il tenore di vita. I principali aspetti oggetto di preoccupazione sono le politiche commerciali e la gestione della finanza internazionale. Le politiche commerciali consistono in dazi doganali, nei contingentamenti e in altre normative che limitano o favoriscono le importazioni e le esportazioni. Un'altra categoria di politiche è la gestione della finanza internazionale. Il commercio internazionale di uno Stato è infatti influenzato dal tasso di cambio, che costituisce il prezzo della sua valuta rispetto a quello di altri Paesi. 42 queste variazioni della domanda aggregata determinano brusche contrazioni l’economia attraversa periodi di recessione o persino di depressione. Una brusca espansione dell’attività economica può portare invece all’inflazione. Gli economisti hanno elaborato strumenti di previsione in grado di anticipare le variazioni dell’economia, rivolgendosi a modelli computerizzati di previsione economica. Un modello econometrico è un insieme di equazioni che rappresentano il comportamento dell’economia stimato utilizzando dati storici. IL CONSUMO E L’INVESTIMENTO (cap.22) Il consumo è la spesa delle famiglie per beni finali e servizi, mentre il risparmio è la parte del reddito disponibile non destinata ai consumi. Tra le categorie più importanti del consumo ci sono casa, veicoli a motore, generi alimentari e abbigliamento ma ricoprono un ruolo sempre più importante anche i servizi. Non esistono due famiglie che spendano il proprio reddito nello stesso modo, ma le statistiche mostrano che esiste una prevedibile regolarità nel modo in cui i cittadini ripartiscono le proprie spese tra gli articoli importanti. Le famiglie con un reddito molto basso spendono molto per i 45 bisogni primari mentre all’aumentare del reddito anche la spesa per i prodotti alimentari aumenta ma in proporzione la spesa totale di generi alimentari diminuisce all’aumentare del reddito. Le spese per vestiti, attività ricreative e automobili aumenta in modo proporzionale al reddito fino a quando si raggiungono redditi elevati; la spesa per articoli di lusso aumenta in proporzione maggiore rispetto al reddito. Se si considera uno spaccato delle famiglie si nota che il risparmio cresce molto rapidamente man mano che il reddito sale: il risparmio è il maggior lusso che una famiglia si possa concedere. Consumo reddito e risparmio: il reddito, il consumo e il risparmio sono strettamente collegati. Il reddito personale è la parte del reddito disponibile che non viene consumata; è pari al reddito meno il consumo. Il reddito è il principale fattore che determina il consumo e il risparmio: i ricchi risparmiano più dei poveri, chi è poverissimo tende ad attuare un risparmio negativo, cioè a spendere più di quanto guadagni. Per comprendere come il consumo influisca sul prodotto nazionale è necessario capire quale sia l’incremento del consumo e del risparmio per ogni aumento unitario del reddito. Questo rapporto è indicato da due funzioni: • La funzione di consumo, che mette in relazione consumo e reddito • La funzione di risparmio, che mette in relazione risparmio e reddito La funzione di consumo: mostra il rapporto tra il livello delle spese per beni di consumo e quello del reddito disponibile tra le famiglie. La funzione di risparmio mette in relazione il livello di risparmio con il livello di reddito disponibile. La propensione marginale al consumo (PMC) è l’importo aggiuntivo di consumo determinato da un euro in più di reddito disponibile. A livello grafico è data dalla pendenza della funzione di consumo La propensione marginale al risparmio (PMR) è il risparmio aggiuntivo determinato da un euro in più di reddito disponibile. A livello grafico è data dalla pendenza della curva di risparmio. Graficamente la PMC e PMR sono rappresentate rispettivamente dalla pendenza della curva di consumo e di risparmio. Poiché quello che si risparmia è uguale a quello che non si consuma le due curve sono speculari. Quindi PMR= PMC-1 Sommando le singole funzioni si ottiene la funzione di consumo nazionale. Nella sua forma più semplice la curva di consumo nazionale mostra le spese per consumi totali in funzione del reddito disponibile; anche altre variabili, quali il reddito permanente e l’effetto del ciclo di vita, la ricchezza e l’età hanno un impianto significativo nei modelli di consumo. GLI INVESTIMENTI La seconda componente principale della spesa privata è costituita dagli investimenti che hanno un duplice ruolo: • Determinano una variazione della domanda aggregata e influiscono sul ciclo economico • Portano all’accumulo di capitale 46 L’aumento della capacità produttiva incrementa la produzione potenziale dello Stato e favorisce la crescita economica a lungo termine. Gli investimenti svolgono perciò un ruolo duplice perché agiscono sia sulla produzione di breve periodo, mediante l’impatto sulla domanda aggregata, sia sulla crescita economica del prodotto di lungo periodo, mediante l’incidenza della formazione di capitale sulla produzione potenziale e sull’offerta aggregata. Le determinanti degli investitori: la seconda componente principale della spesa sono gli investimenti interni privati lordi nell’edilizia abitativa, negli impianti, nei software e nelle attrezzature. Le aziende investono per ricavare profitti: le principali forze economiche che determinano gli investimenti sono quindi i ricavi prodotti dagli investimenti (influenzati soprattutto dal ciclo economico), il costo degli investimenti (determinato dai tassi di interesse e dalla politica fiscale) e lo stato delle aspettative sul futuro. Poiché i fattori che determinano gli investimenti dipendono da eventi futuri altamente imprevedibili, gli investimenti sono la parte più instabile della spesa aggregata. Per mostrare il rapporto fra tassi di interesse e livello della spesa per investimento gli economisti utilizzano la cosidetta curva di domanda di investimento. Poiché la redditività degli investimenti varia in modo inversamente proporzionale al tasso di interesse, che influisce sul costo del capitale, si può ricavare una curva di domanda di investimento con pendenza negativa. Un tasso di interesse più elevato porterà infatti le aziende a dover annullare alcuni dei progetti di investimento. Man mano che diminuisce il tasso di interesse i progetti di investimento diventano redditizi dimostrando così che la scheda di domanda di investimenti ha pendenza negativa. IL MODELLO DEL MOLTIPLICATORE (cap.23) Il modello del moltiplicatore è il primo modello completo di determinazione del prodotto di breve periodo. Esso è basato sul ruolo fondamentale delle variazioni degli investimenti e della spesa pubblica come fattori che determinano le oscillazioni del prodotto nazionale. Il modello del moltiplicatore è una teoria economica usata per spiegare come si determina il prodotto nel breve periodo, deriva dalla constatazione che ogni variazione di 1 euro di determinate spese porta ad una variazione del PIL maggiore di 1 euro. Il modello del moltiplicatore spiega perché variazioni degli investimenti, delle esportazioni e delle politiche di bilancio possano incidere sul prodotto e sull’occupazione in un’economia. Il modello del moltiplicatore fornisce un modo semplice per comprendere l’impatto della domanda aggregata sul livello del prodotto. Nell’approccio più semplice, il consumo delle famiglie è una funzione del reddito disponibile mentre gli investimenti sono fissi, i desideri di consumo dei cittadini e la disponibilità delle imprese a investire sono bilanciati mediante variazioni del prodotto. 47 Una seconda classificazione delle spese è basata sull’incidenza economica fra spese correnti e spese in conto capitale. Le spese correnti terminano la loro funzione in breve tempo in quanto sono destinate a soddisfare bisogni attuali. Quindi rappresentano l’impiego di risorse per consumi. Le spese correnti per beni e servizi assicurano il normale svolgimento delle funzioni pubbliche e dei servizi di pubblica utilità (spese per la manutenzione degli uffici, stipendi per il personale), mentre le spese correnti per i trasferimenti assegnano immediate disponibilità di reddito ai beneficiari costituendo un incentivo ai consumi privati (assegni famigliari, pensioni). Le spese in conto capitale svolgono la loro funzione in periodi di tempo medio-lungo, in quando sono destinate a incrementare le risorse produttive. Esse servono a costruire infrastrutture pubbliche (scuole, caserme), oppure opere utilizzate da privati (strade statali). Le spese per beni e servizi sono finalizzate alla costituzione di capitali fissi (acquisto di beni strumentali durevoli), mentre i trasferimenti in conto capitale costituiscono incentivi o sovvenzioni agli investimenti privati (partecipazioni azionarie). Per il modello keynesiano semplificato gli investimenti determinano il prodotto, mentre il risparmio risponde passivamente alle variazioni di reddito. Il prodotto sale o scende fino a quando il risparmio previsto si è adeguato al livello degli investimenti programmati. Gli investimenti producono un effetto di moltiplicatore sul prodotto. Quando variano, il prodotto inizialmente salirà dello stesso importo ma, a mano a mano che i percettori di reddito delle industrie produttrici di beni capitali incrementano le proprie entrate, mettono in moto un’intera catena di spesa aggiuntiva per il consumo. Il modello semplificato del moltiplicatore è numericamente uguale al reciproco della PMR o, il che è equivalente, a 1/(1-PMC). Il moltiplicatore opera in entrambe le direzioni, amplificando gli aumenti o le riduzioni degli investimenti. Questo si verifica perché è sempre necessario più di un euro di reddito aggiuntivo per far crescere il risparmio di un euro. I punti fondamentali sono: • Il modello di base del moltiplicatore mette in rilievo l’importanza delle variazioni della domanda aggregata nell’influire sul prodotto e sul reddito • Si applica principalmente a situazioni caratterizzate da risorse inutilizzate. Quando aumentano gli investimenti o altre spese in un sistema economico caratterizzato da capacità in eccesso e lavoratori disoccupati, buona parte della spesa aggiuntiva si tradurrà in prodotto reale aggiuntivo, con incrementi solo limitati dal livello di prezzi. Man mano che l’economia raggiunge il livello di piena occupazione però, non sarà possibile indurre una maggiore produzione dei prezzi correnti; pertanto, in condizioni di piena occupazione una spesa maggiore si tradurrà in livelli più alti dei prezzi anziché in prodotto reale o occupazione più elevata. Il modello del moltiplicatore spiega il funzionamento della domanda aggregata mostrando come interagiscono il consumo, gli investimenti, e altre variabili per determinarla; rappresenta quindi un caso particolare del modello della domanda e dell’offerta aggregata. 50 Il moltiplicatore è sempre l’inverso o il reciproco della propensione marginale al risparmio, perciò è pari a 1/(1-PMC). La formula elementare del moltiplicatore è dunque: variazione del prodotto= 1/PMR x variazione di investimenti= 1/1-PMC x variazione di investimenti LA POLITICA FISCALE Nell’analisi della politica di bilancio viene elaborato il modello del moltiplicatore keynesiano che mostra come un aumento della spesa pubblica (con imposte e investimenti invariati) abbia un effetto espansionistico sul prodotto nazionale del tutto analogo a quello degli investimenti. La curva C+I+G si sposta verso l’alto per raggiungere un’intersezione di equilibrio più elevato con la bisettrice degli assi. Una riduzione delle imposte (con investimenti e spesa pubblica invariati) fa salire il livello di equilibrio del prodotto nazionale. La curva CC del consumo, tracciata rispetto al PIL, viene spostata verso l’alto e verso sinistra da una riduzione delle imposte ma, dato che ogni euro aggiuntivo di reddito disponibile vengono in parte risparmiati, l’aumento del consumo in termini monetari non sarà grande quanto quello del nuovo reddito disponibile; il moltiplicatore delle imposte è quindi inferiore a quello della spesa pubblica. Utilizzando le tecniche statistiche e la teoria macroeconomica, gli economisti hanno sviluppato modelli realistici per stimare i moltiplicatori della spesa. Nei metodi classici tendono a indicare moltiplicatori tra i e ½ per periodi fino a 4 anni. L’analisi del moltiplicatore è stata incentrata principalmente sulla politica di bilancio come strumento di stabilizzazione dell’economia, ma per gli economisti keynesiani la politica di bilancio è solo uno degli strumenti utili nella gestione del ciclo economico. Lo Stato dispone di uno strumento altrettanto potente: la politica monetaria che, agendo in modo del tutto diverso, presenta molti vantaggi per combattere la disoccupazione e l’inflazione. Una volta compreso come la Banca Centrale determini l’offerta di moneta, si comprende come i governi siano in grado di controllare i cicli economici, che per buona parte della storia del capitalismo hanno potuto godere di libertà incontrollata. IL SISTEMA FINANZIARIO E LA MONETA (cap.24) Uno degli elementi più importanti di un’economia moderna è il suo sistema finanziario. Esso è costituito da una serie di istruzioni e di strumenti che formano il sistema vitale attraverso il quale le decisioni di risparmio di un gruppo di individui e di Stati vengono incanalate verso gli investimenti di altre imprese e Stati. IL SISTEMA FINANZIARIO MODERNO Tra i settori che assumono un’importanza sempre maggiore nell’economia moderna vi sono la finanza e il sistema finanziario. Per finanza si intende il processo attraverso cui gli agenti economici richiedono e concedono prestiti ad altri agenti per consumo o investimento. 51 Le attività che riguardano la finanza si svolgono all’interno del sistema finanziario, costituito dai mercati, dalle imprese e da altre istituzioni che eseguono le decisioni finanziarie assunte dalle famiglie, dalle imprese e dalle amministrazioni pubbliche, a livello nazionale e internazionale. Tra le componenti più importanti del mercato finanziario ci sono il mercato monetario, i mercati di attività a tasso fisso (come obbligazioni e mutui), i mercati azionari per l’acquisto di aziende e i mercati valutari dove si scambiano le monete di diversi Paesi. Il sistema finanziario statunitense è prevalentemente costituito da entità operanti a scopo di lucro, ma gli organismi pubblici come la Federal Reserve sono particolarmente importanti al fine di garantire la stabilità e l’efficienza del sistema finanziario. Anche in Europa il sistema finanziario è in gran parte privato, mentre la BCE è l’organismo pubblico di regolazione, al vertice di un sistema complesso. La richiesta e la concessione di presiti avvengono sui mercati finanziari e attraverso intermediari finanziari. I mercati finanziari funzionano come gli altri mercati, ma i loro prodotti e servizi consistono in strumenti finanziari quali azioni e obbligazioni. I più importanti sono i mercati azionari, i mercati obbligazionari, e i mercati valutari. Le istituzioni che offrono servizi e prodotti finanziari prendono il nome di intermediari finanziari, che si occupano principalmente delle attività finanziarie. Gli intermediari finanziari più importanti sono le banche commerciali, che prendono a deposito i fondi delle famiglie e di altri gruppi e li prestano alle imprese e ai soggetti che hanno bisogno; le banche inoltre “creano” lo speciale prodotto che prende il nome di “moneta”. Altri intermediari importanti sono le compagnie assicurative e i fondi pensione, che offrono prodotti specializzati, polizze assicurative e investimenti finanziari alla pensione. Il terzo gruppo di intermediari che raggruppa e ripartisce i titoli sono i fondi comuni (che detengono azioni e obbligazioni per conto di piccoli investitori) e le società finanziarie (che acquistano i mutui dalle banche e li ridistribuiscono ad altri investitori). Le funzioni del sistema finanziario: • Il sistema finanziario trasferisce risorse nel tempo, tra i settori e tra le regioni. Questa funzione consente agli investimenti di essere impiegati nel modo più produttivo, invece di restare bloccati dove servono meno. • Gestisce i rischi dell’economia. Si fa carico cioè dei rischi delle persone o dei settori che hanno maggiormente bisogno di ridurre i propri rischi e li trasferisce o ridistribuisce ad altri che sono maggiormente in grado di sopportarli. • Raggruppa e ripartisce i fondi a seconda delle necessità del singolo risparmiatore o investitore. • Funzione di compensazione, che agevola le operazioni tra i soggetti paganti e i beneficiari. Riassumendo: 1. I sistemi finanziari moderni trasferiscono risorse nello spazio, nel tempo fra i diversi settori. 2. Sono i mercati finanziari e gli intermediari finanziari a consentire il flusso di fondi nei sistemi finanziari 52 All’orizzonte c’è la moneta elettronica o e-money, che trasferisce il potere di acquisto su una carta dotata di chip elettronico incorporato. Componenti dell’offerta di moneta: M1= moneta in senso stretto (o moneta per transazioni), che consiste di elementi effettivamente usati per le transazioni. In particolare si parla di: • Monete metalliche che non sono in possesso delle banche • Monete cartacee Moneta metallica e moneta cartacea sono “monete a corso legale” che deve essere accettata in pagamento di qualsiasi debito, pubblico o privato. Note nel loro insieme come “valuta”, costituiscono la metà della moneta in senso stretto (M1). • Conti correnti: terza componente della moneta per transazioni. Sono costituiti da fondi depositati nelle banche o in altri istituti. M2= moneta in senso ampio, tal volta definito “quasi moneta”. M2 comprende M1 e altri succedanei stretti di M1 e • conti di risparmio • fondi comuni monetari. Si parla di quasi-moneta perché si tratta di strumenti sicuri che possono essere rapidamente convertiti in M1. Il concetto fondamentale è quello di moneta in senso stretto (per transazioni) o M1, che è la somma delle monete metalliche e cartacee in circolazione fuori dalle banche, più i depositi in conto corrente. Un altro aggregato importante è la moneta in senso ampio, detta M2, che comprende M1 più le quasi-monete rappresentate da depositi di risparmio e dai fondi comuni monetari. LA DOMANDA DI MONETA Funzioni della moneta: • Mezzo di scambio • Unità di conto con cui si misura il valore delle cose • Riserva di valore La moneta consente transazioni facili e veloci, una determinazione del valore delle merci priva di ambiguità, un più facile mantenimento del valore nel corso del tempo, ma questi servizi non sono gratuiti: se la ricchezza fosse conservata sotto forma di attività patrimoniali che rendono un interesse, anziché di moneta, avrebbe un rendimento più elevato. La domanda transazionale di moneta è la necessità di avere denaro per pagare gli acquisti, o le transazioni di beni, servizi e altri articoli. La disponibilità monetaria è molto sensibile anche ai tassi di interesse: a parità di altre condizioni, all’aumento dei tassi di interesse diminuisce la quantità di moneta richiesta. La domanda speculativa di moneta: il principale motivo per cui si detiene la moneta in senso stretto M1 è la domanda di transazioni, cioè la necessità di un mezzo di scambio generalmente accertato per acquistare beni e pagare conti; all’aumento dei redditi il valore monetario dei beni 55 che si acquistano sale ed è necessario più denaro per le transazioni, il che fa crescere la domanda di moneta. La domanda transazionale sarà sensibile al costo insito nel detenere moneta. Quando i tassi di interesse su attività patrimoniali alternative alla moneta salgono, i cittadini e le aziende terranno a ridurre la disponibilità monetaria. A volte le persone detengono moneta come attività o deposito di valore, per finalità speculative; anche in questo caso la domanda di moneta speculativa è inversamente correlata al tasso di interesse. Riassumendo: la moneta è qualsiasi cosa venga usata come mezzo di scambio o di pagamento comunemente accettato; funge anche da unità e riserva di valore. A differenza di altri beni economici; la moneta viene valutata per convenzione sociale: si apprezza il denaro indirettamente, per ciò che può comprare, non per la sua utilità diretta. Oggi si usano comunemente due definizioni di moneta: la prima è la moneta per transazioni (M1), costituita dalla valuta e dai depositi in conto corrente; la seconda è la moneta in senso ampio (M2), che comprende M1 più la “quasi-moneta” altamente liquida come i depositi a risparmio. Negli ultimi dieci anni le definizioni di M sono cambiate in seguito alla rapida innovazione dei mercati finanziari. La domanda di moneta differisce da quella delle altre merci. La moneta si detiene per il proprio valore indiretto invece che diretto, ma la disponibilità monetaria è limitata, in quanto tenere fondi sotto forma di moneta anziché di altre attività patrimoniali presenta un costo-opportunità: quando si accumula moneta si sacrificano i proventi dati dagli interessi. I cittadini detengono moneta principalmente perché ne hanno bisogno per pagare conti o acquistare beni. Queste esigenze di moneta per transazioni sono soddisfatte per M1 e sono strettamente connesse al valore delle transazioni stesse, ossia al PIL nominale. La teoria economica prevede che la domanda di moneta è sensibile ai tassi di interesse; questi quando sono più elevati, determinano una domanda inferiore di M. L’ATTIVITA’ BANCARIA E L’OFFERTA DI MONETA Le banche sono imprese commerciali che cercano di ottenere profitti per i loro proprietari. Una delle funzioni principali consiste nel fornire conti correnti ai clienti. Alle banche viene richiesto per legge di tenere riserve obbligatorie sui depositi in conto corrente, che possono assumere la forma di contanti o di depositi presso la Banca Centrale, che non fruttano interessi. Si dice che un sistema bancario con il 100% di riserve ha un effetto nullo sulla moneta e sulla macroeconomia perché non incide sull’offerta di moneta. 100% di riserva = 100% di moneta depositata Il processo di creazione dei depositi: il processo per trasformare le riserve in moneta bancaria consiste in due fasi: • La Banca Centrale determina la quantità di riserva del sistema bancario • Usando queste riserve come input il sistema bancario le trasforma in una quantità molto maggiore di moneta bancario che, insieme ai contanti, costituisce l’offerta di moneta M1. Alla base della moltiplicazione dei depositi vi è il concetto di riserva parziale: oggigiorno le banche non detengono il 100% dei depositi come riserve, sono tenute a mantenere una quota fissa dei loro 56 depositi in conto corrente, cioè della moneta bancaria, come riserva. La quota è garantita dalla Banca Centrale per garantire che i depositanti siano sempre in grado di ritirare moneta contante dalla propria banca. Quando vengono inserite nuove monete nel sistema bancario la banca tiene come riserva soltanto il 10% del deposito, mentre il restante 90% viene prestato o investita e sarà depositata in un'altra banca per poi tornare con interessi. Anche la seconda banca in cui verrà depositato il prestito, non sapendo di essere seconda in una catena di depositi, tratterà il 10% di riserva facendo circolare il 90% della cifra in questione. Chi prende in prestito il denaro della seconda banca li depositerà presso una terza banca. In questo modo il primo importo prelevato ha prodotto un totale di moneta molto più elevato; il totale della moneta M è aumentato e il processo continua. L’equilibrio del sistema bancario si raggiungerà nel punto in cui il 10% dei nuovi depositi è uguale alle nuove riserve moneta. Nuovo modello di moltiplicatore: per ogni euro aggiuntivo di moneta introdotta nel sistema bancario, gli istituti di credito alla fine creeranno 10 euro di depositi aggiuntivi o moneta bancaria. Il moltiplicatore della moneta è il rapporto tra la nuova moneta creata e la variazione nelle riserve. Il rapporto tra i nuovi depositi e l’aumento delle riserve viene definito moltiplicatore dell’offerta di moneta; nel semplice caso analizzato qui, la definizione è Moltiplicatore dell’offerta di moneta: variazione della moneta/ variazione delle riserve = 1/ frazione di riserva richiesta Riserva richiesta= 10% = 1/0,1 Il moltiplicatore di moneta riassume la logica della creazione della moneta da parte delle banche. L’intero sistema bancario può trasformare un aumento iniziale delle riserve in un importo moltiplicato di nuovi depositi o moneta bancaria. Il processo di creazione di moneta può funzionare anche al contrario, quando un deflusso delle riserve riduce la moneta bancaria. NB. Finchè il tasso di interesse sugli investimenti è superiore a zero, le banche hanno un notevole incentivo a evitare di tenere qualsiasi riserva in eccesso quindi non avrebbe senso per le banche, che non percepisce interessi sulle riserve, non concedere in prestito le nuove riserve e arrestare il processo di creazione di moneta. LA BORSA Le attività patrimoniali hanno diverse caratteristiche. Le più importanti sono il tasso di rendimento e di rischio. Il tasso di rendimento è il guadagno monetario totale derivante da un titolo. Il tasso di rischio si riferisce alla variabilità dei rendimenti di un investimento. Poiché gli individui sono avversi al rischio, richiedono investimenti sempre più alti per essere indotti a comprare attività patrimoniali più rischiose. I mercati azionari, tra cui il NYSE è il più importante al mondo, sono luoghi in cui vengono acquistati e venduti titoli di proprietà delle maggiori imprese. La storia delle quotazioni azionarie è piena di cambiamenti drammatici e repentini, come la Grande Depressione del 1929. Le tendenze 57 3. Nel mercato monetario una riduzione dell’offerta di moneta determina uno spostamento lungo la curva invariata della domanda di moneta, che fa aumentare i tassi di interesse restringendo il credito e contraendo la quantità di moneta. 4. La moneta scarsa riduce gli investimenti e altre voci della spesa sensibili ai tassi di interesse quali i beni di consumo durevoli e le esportazioni nette. 5. La riduzione degli investimenti e di altre spese fa scendere la domanda aggregata attraverso il noto meccanismo del moltiplicatore. Il livello più basso di domanda aggregata fa diminuire il prodotto e il livello dei prezzi o l’inflazione. Il mercato monetario è influenzato dalla combinazione del desiderio dei cittadini di detenere moneta (rappresentato dalla curva di domanda di moneta DD) e dalla politica monetaria della BC. L’interazione di questi due fattori determina il tasso di interesse di mercato, i. Una politica monetaria più restrittiva fa spostare il diagramma OO verso sinistra facendo salire i tassi di interesse di mercato. L’aumento del prodotto nazionale o del livello dei prezzi fa spostare la curva DD a destra e fa crescere i tassi di interesse. L’espansione monetaria o la diminuzione della domanda di moneta hanno l’effetto opposto. Benchè il meccanismo monetario sia spesso spiegato in termini della moneta che influisce sugli investimenti, in effetti è un meccanismo estremamente complesso mediante il quale variazione dei tassi di interesse e dei prezzi delle attività patrimoniali influiscono su una grande varietà di fattori di spesa. Questi settori comprendono: l’edilizia abitativa, influenzata dai tassi di interesse e dai prezzi delle case, gli investimenti delle imprese, su cui coincidono i tassi di interesse e i prezzi delle azioni, la spesa per i beni di consumo durevoli, influenzata dai tassi di interesse e dalla disponibilità del credito, la spesa pubblica locale e statale, su cui influiscono i tassi di interesse, e le esportazioni nette, determinate dagli effetti dei tassi di interesse sui tassi di cambio. In un’economia aperta il legame con il commercio internazionale rafforza l’influsso interno della politica monetaria. In un regime di cambio flessibile le variazioni della politica monetaria influiscono sul tasso di cambio e sulle esportazioni nette, aggiungendo un’altra sfaccettatura al meccanismo monetario. Il legame rappresentato dal commercio tende a rendere più forte l’impatto della politica monetaria operando sulle esportazioni nette in modo analogo e nella stessa direzione in cui agisce sugli investimenti interni. La politica monetaria può avere effetti diversi nel breve e nel lungo periodo: a breve termine, con una curva OA relativamente piatta, la variazione DA inciderà prevalentemente sul prodotto e solo minimamente sui prezzi. A lungo termine mentre a curva OA si avvicina maggiormente alla verticalità, le variazioni monetarie portano principalmente a modifiche del livello dei prezzi e molto meno a cambiamenti dei prodotti. Nel lungo periodo quando i prezzi e i salari diventano più flessibili, l’effetto di una variazione di offerta di moneta si esplica sempre più sui prezzi e sempre meno sul prodotto. Nel caso estremo in cui variazioni dell’offerta di moneta incidono solo sulle variabili nominali non abbiano effetti su quelle reali, si dice che la moneta è neutrale. La maggior parte delle variazioni delle offerte monetarie del mondo reale ha avuto conseguenze anche sul prodotto. 60 L’EQUILIBRIO MACROECONOMICO NEL MODELLO IS-LM (cap.26) La domanda aggregata La domanda aggregata (DA) è a relazione tra la quantità di prodotto domandata e il livello aggregato dei prezzi; in altre parole la domanda aggregata è la quantità di beni e servizi che gli individui desiderano acquistare per ogni dato livello dei prezzi. L’equazione quantitativa come domanda aggregata Ricordiamo che, secondo la teoria quantitativa della moneta MV = PY e che l’equazione quantitativa può essere riscritta in termini di domanda e offerta di saldi monetari reali. M/P = ( M/P )d = kY dove k = 1/V (parametro che misura quanta moneta gli individui vogliono detenere per ciascun euro di reddito). Per ogni data offerta di moneta (M) ed ogni data velocità di circolazione (V), l’equazione quantitativa identifica una relazione inversa tra il livello dei prezzi P e la produzione Y. Tale grafico traccia il diagramma delle combinazioni dei valori di P e di Y che soddisfano l’equazione quantitativa, tenendo M e V costanti; questa curva con pendenza negativa è detta curva di domanda aggregata. Perché la curva di domanda aggregata ha pendenza negativa? Poiché abbiamo ipotizzato che la velocità di circolazione della moneta sia costante, l’offerta di moneta determina il valore monetario di tutte le transazioni in una economia. Se il livello dei prezzi per qualche ragione aumenta, ciascuna transazione richiede una maggiore quantità di moneta, quindi a parità di offerta di moneta, deve diminuire la quantità di beni e servizi acquistati. La pendenza negativa della curva di domanda aggregata è spiegabile anche prendendo in considerazione domanda e offerta di saldi monetari reali: se il livello di produzione è più alto, gli individui eseguono più transazioni ed hanno necessità di più saldi monetari reali M/T. Per ogni dato livello di offerta di moneta M, un livello più elevato di saldi monetari reali, implica un livello inferiore dei prezzi. Se il livello dei prezzi è più basso, i saldi monetari reali sono più elevati; ciò permette un maggior numero di transazioni e quindi implica una maggiore domanda di produzione. Gli spostamenti della curva di domanda aggregata. La curva di domanda aggregata è tracciata per un dato livello di offerta di moneta. Essa mostra cioè tutte le combinazioni possibili di P e di Y dato un livello fisso di M. Se la banca centrale modifica l’offerta di moneta, le possibili combinazioni di P e Y cambiano e la curva di domanda aggregata si sposta. A) Riduzione dell’offerta di moneta M: l’equazione quantitativa MV = PY ci dice che ad una riduzione dell’offerta di moneta corrisponde una riduzione proporzionale del valore nominale della produzione PY ( per ogni dato livello di prezzi P, la quantità di prodotto Y è inferiore, e per ogni 61 data quantità di prodotto il livello dei prezzi è inferiore) -> la curva si sposta verso sinistra (da DA1 a DA2). B) Aumento dell’offerta di moneta M: l’equazione ci dice che un aumento di M genera un aumento proporzionale di PY (dato livello di prezzi, quantità di prodotto maggiore e per ogni data quantità di prodotto livello dei prezzi maggiore) -> la curva si sposta verso destra. (da DA1 a DA2). L’offerta aggregata La curva di domanda aggregata non è in grado di farci capire quale sia il livello dei prezzi o il volume della produzione. Per definire il valore delle due variabili abbiamo bisogno di associare alla curva di domanda aggregata un’ulteriore relazione tra P e Y con cui quest’ultima si intersechi: una curva di offerta aggregata. Insieme la curva di domanda aggregata e la curva di offerta aggregata definiranno il livello dei prezzi e la quantità della produzione. L’offerta aggregata (OA) è la relazione tra la quantità di beni e servizi offerti e il livello dei prezzi. La relazione descritta dalla curva di offerta aggregata dipende dall’orizzonte temporale Il lungo periodo: la curva di offerta aggregata verticale. Il modello classico descrive il comportamento dell’economia nel lungo periodo. La quantità di prodotto dipende dalla quantità di capitale e lavoro, che è fissa, e dalla tecnologia produttiva disponibile. In termini algebrici Y = F (K, L) = Y Secondo il modello classico la produzione non dipende dal livello dei prezzi. L’intersezione della curva di domanda aggregata con questa curva di offerta aggregata verticale determina il livello dei prezzi. Se la curva di offerta aggregata è verticale, variazioni della domanda aggregata influenzano il livello dei prezzi, ma non la produzione. Lo spostamento della domanda aggregata ha effetto solo sui prezzi. La curva di offerta aggregata verticale soddisfa la dicotomia classica, implicando che il livello di produzione è indipendente dall’offerta di moneta. Il livello di produzione di lungo periodo Y, è detto livello di pieno impiego, o livello naturale della produzione, e corrisponde al livello di produzione per il quale le risorse dell’economia sono impiegate completamente. Il breve periodo: la curva di offerta aggregata orizzontale Il modello classico e la curva di offerta aggregata verticale descrivono rapporti economici di lungo periodo. L’equilibrio di breve periodo di un’economia si determina nel punto di intersezione della curva di domanda aggregata con la curva di offerta aggregata di breve periodo orizzontale; in questo caso, variazioni della domanda aggregata influenzano solo il livello della produzione. Una diminuzione della domanda aggregata riduce la produzione nel breve periodo, poiché i prezzi non si aggiustano istantaneamente. Dal breve al lungo periodo. 62 La curva IS si sposta verso sinistra quando: (a parità di i) • diminuisce la spesa pubblica • diminuiscono i consumi • diminuiscono gli investimenti • aumentano le imposte • INCLINAZIONE DELLA IS L'inclinazione della curva dipende dalla misura in cui la produzione di equilibrio varia al variare del tasso di interesse. Se, a seguito di una piccola variazione del tasso di interesse, la produzione deve variare di molto per riportare in equilibrio il mercato dei beni, la curva IS sarà poco inclinata. La variazione di Y è grande se c 1 e d 1 hanno un valore elevato, ossia il moltiplicatore (1 - c 1 - d 1 ) è alto. Dal punto di vista economico, quanto maggiore è la sensibilità dell'investimento al tasso di interesse (d 2 è alto) tanto più grande sarà l'effetto diretto del tasso di interesse sulla domanda aggregata. Questo effetto diretto è poi amplificato attraverso il moltiplicatore. L'effetto totale di una variazione del tasso di interesse sulla produzione dipende dunque dalla sensibilità dell'investimento al tasso di interesse e dal moltiplicatore della domanda aggregata. Il tasso di interesse è determinato dall'eguaglianza tra domanda e offerta di moneta: La curva LM (liquidità e moneta) La curva LM rappresenta tutte le possibili combinazioni fra tassi di interesse e reddito che mantengono in equilibrio il mercato monetario (offerta di moneta uguale a domanda di mercato), a parità del livello dei prezzi. L'offerta di moneta è data dalla retta verticale M/P, indicata con Ms . La domanda di moneta, per un dato livello di reddito Y, è una funzione decrescente del tasso di interesse. Essa è disegnata come una curva negativamente inclinata, indicata con M d . L'equilibrio è nel punto A, dove l'offerta di moneta è uguale alla domanda di moneta ed il tasso di interesse è pari a i. Consideriamo ora un incremento del reddito da Y a Y', che induce gli individui ad aumentare la loro domanda di moneta per ogni livello del tasso di interesse. La domanda di moneta si sposta verso destra, in M d' . Il nuovo equilibrio è in A', con un tasso di interesse più alto, i'. Quindi un aumento del reddito provoca un aumento del tasso di interesse . L'equilibrio nei mercati finanziari comporta che quanto maggiore è il livello della produzione, tanto maggiore sarà la domanda di moneta, e quindi tanto più alto sarà il tasso di interesse. Questa relazione tra produzione e tasso di interesse è rappresentata dalla LM, curva positivamente inclinata. Sotto la LM ho un eccesso di domanda di moneta. Sopra la LM ho un eccesso di offerta di moneta. • ANALITICAMENTE Domanda reale di moneta: M d / P = f 1 Y - f 2 i f 1 , f 2 >0 65 f 1 = sensibilità della domanda di moneta al reddito, se è alto una piccola variazione del reddito provocherà un grande spostamento della curva di domanda di moneta. f 2 = sensibilità della domanda di moneta al tasso di interesse, se è elevato la domanda di moneta è piatta. POSIZIONE DELLA LM La posizione dipende da M/P. Se M/P vi è uno spostamento a destra della LM; infatti si verifica un eccesso di offerta di moneta e il tasso di interesse si riduce per ogni livello del reddito Y UNA POLITICA ESPANSIVA PROVOCA UNO SPOSTAMENTO A DESTRA DELLA LM e VICEVERSA UNA POLITICA RESTRITTIVA PROVOCA UNO SPOSTAMENTO A SINISTRA. INCLINAZIONE DELLA LM La curva LM è tanto più piatta quando, a seguito di una piccola variazione del tasso di interesse, la produzione deve crescere tanto per riportare in equilibrio il mercato monetario. Se il rapporto f 2 / f 1 è alto la curva si appiattisce. Ad esempio, se la domanda di moneta è molto sensibile al tasso di interesse ( f 2 è alto) un piccolo aumento del tasso di interesse è sufficiente a provocare una forte riduzione della domanda di moneta. A sua volta, se la domanda di moneta è poco sensibile a variazioni del reddito ( f 1 è piccolo) la produzione deve aumentare tanto per garantire una crescita sufficiente della domanda di moneta necessaria a riequilibrare il mercato monetario. L’EQUILIBRIO MACROECONOMICO Utilizzando simultaneamente le due curve si può determinare l’equilibrio macroeconomico, nel senso di ottenere una soluzione di Y e i che mantenga in contemporaneo equilibrio il mercato reale e monetario. (dove Y reddito e i tasso di interesse) Per determinare la combinazione di i e Y che simultaneamente determinino l’equilibrio dei due mercati basta trovare il punto di intersezione delle curve. NB. L’aumento di domanda crea nuova domanda, quindi nuova produzione che si traduce in aumento di reddito e il reddito maggiore dei consumatori si traduce in una maggiore domanda di moneta. Se aumenta l’offerta di moneta, la curva LM si sposta verso destra e il nuovo equilibrio implica un reddito più elevato e un tasso di interesse più basso. Il tasso di interesse diminuisce una maggiore offerta di moneta rende più facile detenere moneta e quindi che il costo opportunità in equilibrio debba ridursi: si ha dunque una diminuzione del tasso di equilibrio nel mercato monetario. A questo punto, poiché gli investimenti sono sensibili al tasso, un minore livello del tasso di interesse comporta necessariamente che l’equilibrio reale si sposti verso un aumento del livello degli investimenti e quindi del reddito. La curva di domanda aggregata del modello IS-LM: la soluzione simultanea delle curve IS LM determina la combinazione di Y e i che mantiene in equilibrio il mercato reale e il mercato monetario, per un dato livello di prezzi. La domanda aggregata in funzione dei prezzi si ottiene modificando il livello dei prezzi nell’equilibrio del mercato monetario. 66 La diminuzione dei prezzi comporta un aumento del reddito di equilibrio, poiché l’offerta reale di moneta aumenta perché la quantità data di moneta ha un maggiore potere di acquisto. LE POLITICHE MONETARIE FISCALI Le politiche economiche si distinguono in politica monetaria e politica fiscale. Se il sistema si trova in una situazione di reddito inferiore al massimo possibile, allora una politica economica “espansiva” potrebbe portare ad un aumento del reddito di equilibrio. Al contrario se un sistema si trova in una situazione di eccesso di domanda, con pressione sul livello dei prezzi e quindi sull’inflazione (con reddito superiore al potenziale) è possibile disegnare una politica economica “restrittiva” che determina una riduzione del reddito di equilibrio e quindi elimina l’inflazione. Variazione dell’offerta di moneta della BC: • Acquisto d titoli: aumento dell’offerta di moneta e spostamento della curva LM verso destra. Il nuovo equilibrio si trova a un livello di reddito più elevato e tasso di interesse più basso Fase I l’aumento dell’offerta di moneta determina uno squilibrio, perché ci si trova con più moneta e meno titoli, che sono stati acquistati dalla BC. La gente tenta dunque di acquistar titoli. Facendone aumentare i prezzi. Ciò si traduce in una riduzione dei rendimenti. Fase II la riduzione dei tassi di interesse genera uno squilibrio in quanto il tasso di interesse troppo basso provoca eccesso di domanda. Si genera un impulso agli investimenti, che sono sensibili ai tassi di interesse e un aumento quindi della domanda aggregata. Il sistema procede lungo la curva LM fino a raggiungere il nuovo equilibrio, in cui il tasso di interesse è minore e il reddito maggiore. Analisi dell’efficacia della politica monetaria: Casi estremi… Caso I: la trappola della liquidità a tassi di interesse molto bassi, il pubblico è disposto a detenere qualsiasi ammontare di moneta. In questo caso la domanda di moneta ha elasticità quasi infinita ai tassi di interesse e quindi LM è talmente piatta da essere quasi orizzontale. In questo caso una variazione dell’offerta di moneta non ha effetto sull’equilibrio macroeconomico: un aumento dell’offerta di moneta dovrebbe determinare lo spostamento verso destra della curva LM che, essendo orizzontale, scivola su se stessa, rimanendo invariata. Il meccanismo di trasmissione della fase I e II non funziona, in questo caso la politica monetaria è totalmente inefficace perché il reddito non aumenta. Caso II: caso classico ipotizzando che la domanda di moneta sia insensibile al tasso di interesse. La conseguenza è che la domanda di moneta è totalmente anelastica ai tassi e dunque la LM è talmente ripida da essere verticale: esiste un unico livello di reddito da essere compatibile con qualsiasi livello di tasso di interesse per mantenere il sistema in equilibrio. In questo caso la variazione dell’offerta di moneta ha l’effetto massimo possibile sull’equilibrio macroeconomico: nel grafico la LM si sposta completamente verso destra. LA POLITICA FISCALE Ipotizziamo l’aumento della spesa pubblica che, a parità di tassi di interesse, comporta un aumento desiderato della spesa e quindi la curva IS si sposta verso destra. Fase I lo spostamento della IS comporterebbe un reddito superiore a quello compatibile con il tasso di interesse esistente per mantenere l’equilibrio. 67 Nell’età dell’oro a raddoppiare della popolazione, la frontiera delle possibilità produttive si sposta in ogni direzione, mostrando che non vi sono limiti alla crescita dipendenti dalla terra o dalle risorse. Il caso pessimistico di Malthus invece mostra che il raddoppio della popolazione determina un aumento meno che doppio della produzione di generi alimentari e di abbigliamento: diminuisce dunque il prodotto pro capite mentre un numero crescente di persone affolla una terra che scarseggia. In assenza del progresso tecnologico infatti la popolazione crescente alla fine esaurisce l’offerta di terra libera; l’aumento di densità di popolazione fa entrare in azione la legge dei rendimenti decrescenti. L’equilibrio malthusiano si ottiene quando il salario è sceso al livello di sussistenza, al di sotto di cui la popolazione non può sostenersi. La previsione di Malthus era sbagliata perché egli non aveva tenuto conto di come l’innovazione tecnologica e gli investimenti di capitale potessero ovviare alla legge dei rendimenti decrescenti. Dopo la rivoluzione industriale l’accumulo di capitale e le nuove tecnologie divennero la forza dominante dello sviluppo economico, non più limitato solamente alla terra. Per comprendere come l’accumulazione di capitale e il progresso tecnologico incidano sull’economia è necessario comprendere il modello neoclassico della crescita economica di Solow. Gli ingredienti del modello di crescita neoclassico sono il capitale e il progresso tecnologico. Posto K il capitale e L il numero di lavoratori K/L è pari alla quantità di capitale per ogni lavoratore o rapporto capitale/lavoro. Possiamo riscrivere la funzione di produzione aggregata senza progress tecnologico come Q=F (K,L) Per quanto riguarda la crescita economica è necessario aumentare l’intensità di capitale, processo mediante il quale ogni lavoratore aumenta la sua quantità di capitale nel corso del tempo. L’aumento di intensità di capitale si verifica quando il capitale aumenta più rapidamente della forza lavoro. In assenza di progresso tecnologico, tale processo produrrà un aumento del prodotto per lavoratore, del prodotto marginale de lavoro e dei salari; porterà inoltre a rendimenti decrescenti del capitale e a una conseguente diminuzione del tasso di rendimento del capitale. L’aumento di capitale porta a rendimenti decrescenti di tale fattore, perciò il relativo tasso di rendimento e tasso di interesse scendono. Inoltre, poiché ogni lavoratore ha più capitale con cui lavorare, la produttività marginale dei lavoratori sale, come anche il tasso salariale. Si verificherebbe il contrario se per qualche motivo, come una guerra, dovesse diminuire l’entità di capitale per lavoratore. L’equilibrio di lungo periodo nel modello neoclassico della crescita senza sviluppo tecnologico: a lungo termine l’economia entrerà in uno stato stazionario in cui l’aumento di capitale si blocca, la crescita dei salari si arresta e i rendimenti del capitale e i tassi di interesse sono costanti. Senza progressi tecnologico il prodotto per lavoratore e i salari finiscono per ristagnare, il che è certamente un risultato migliore del mondo dei salari di sussistenza di Malthus, ma l’equilibrio di lungo periodo del modello neoclassico indica chiaramente che, se la crescita economica consiste unicamente nell’accumulazione di capitale mediante la moltiplicazione degli stabilimenti e dei metodi di produzione esistenti, il tenore di vita alla fine cesserà di salire. 70 L’importanza dell’innovazione tecnologica: l’innovazione tecnologica, aumentando il prodotto potenziale realizzato da un dato insieme di fattori, sospinge verso l’alto la funzione della produzione aggregata, rendendo disponibile un maggiore prodotto con gli stessi inputi di lavoro e capitale. l’innovazione tecnologica, che aumenta il prodotto di un paniere dato di input, è una componente fondamentale della crescita degli Stati. La nuova teoria della crescita economica tenta di scoprire i processi che determinano l’innovazione tecnologica e mette in rilievo come questo processo sia soggetto a gravi fallimenti di mercato perché la tecnologia è un bene pubblico costoso da produrre ma conveniente da riprodurre. Gli Stati cercano di assicurare sempre maggiori diritti di proprietà intellettuale a colore che sviluppano nuove tecnologie (brevetti). MODELLI DI CRESCITA NEI PAESI SVILUPPATI Nei dati relativi al XX secolo e ai primi anni del XXI secolo si notano numerose tendenze di crescita economica. Una delle principali scoperte riguarda l’aumento costante dei salari reali e del prodotto per ora lavorata. Contemporaneamente, il tasso di interesse reale non ha mostrato tendenze evidenti e il rapporto capitale-prodotto è sceso. Le principali tendenze sono coerenti con il modello di crescita neoclassico cui è stata aggiunta l’innovazione tecnologica. La teoria economica conferma pertanto quanto dice la storia economica, cioè che il progresso tecnico aumenta la produttività dei fattori e migliora salari e tenore di vita. L’ultima tendenza, la crescita continua del prodotto potenziale a partire dal 1900, solleva l’importante quesito delle fonti della crescita economica. Applicando metodi quantitativi gli economisti hanno utilizzato la contabilità della crescita per stabilire quali fonti “residue”, come l’innovazione tecnologica e l’istruzione, controbilancino l’aumento di intensità del capitale nell’impatto sulla crescita del PIL o della produttività del lavoro. Dopo il 1970 la crescita della produttività è rallentata sotto il peso degli aumenti dei prezzi dell’energia, di una sempre maggiore regolamentazione ambientale e di altre modifiche strutturali. Alla fine degli anni 90 però l’esplosione della produttività e degli investimenti nell’informatica, insieme a miglioramenti nella misurazione, hanno determinato un’impennata nella crescita della produttività misurata. MODELLI DI SVILUPPO NEL RESTO DEL MONDO L’economia mista di mercato non è l’unico modello di sviluppo economico. Strategie alternative comprendono l’approccio al mercato amministrativo dei Paesi dell’Est asiatico, il socialismo e l’economia pianificata di tipo sovietico. L’approccio del mercato amministrativo delle tigri asiatiche (Corea del Sud, Giappone, Taiwan, Thailandia…) ha avuto notevole successo negli ultimi 25 anni. Tra i suoi ingredienti essenziali vi sono la stabilità macroeconomica, alti tassi di investimento, un solido sistema finanziario, rapidi miglioramenti dell’istruzione e un orientamento verso l’esterno nelle politiche commerciali e per ciò che concerne la tecnologia. Il socialismo è a metà tra il capitalismo e il comunismo: pone l’accento sulla proprietà dei mezzi di produzione e sulla pianificazione da parte dello Stato sulla ridistribuzione del reddito e sulla pacifica transazione verso un nuovo mondo. Storicamente, il comunismo si è realizzato nella Russia semifeudale. Uno studio del “cosa”, “come” e “per chi” dell’economia pianificata di tipo sovietico mostra una pianificazione centrale dettagliata di vaste componenti dell’allocazione delle risorse (soprattutto il rilievo dato alla difesa, un alto 71 tasso di investimenti e la rapida industrializzazione). L’economia sovietica crebbe rapidamente nei primi decenni, ma la stagnazione e il crollo odierno pongono la Russia e gli altri Paesi ex comunisti a livello di reddito ben inferiori al Nordamerica, al Giappone e all’Europa occidentale. Di fronte alla crescita economica sempre più lenta e al desiderio di riforma economica, i Paesi ex comunisti stanno cercando di adottare il sistema di mercato. La transazione incontra molti ostacoli, tra cui prezzi distorti e una struttura giuridica inadeguata. Le due principali strategie di transazione sono l’approccio delle “terapia d’urto” costituita da misure più simultanee, e il più cauto approccio “passo a passo”, secondo il quale le riforme vanno effettuate in sequenza per evitare traumi violenti. TASSI DI CAMBIO E SETTORE ESTERO (cap.28) 1914-1945 concorrenza distruttiva, commercio internazionale in contrazione, crescente isolamento finanziario, conflitti commerciali, dispotismi e repressioni 1945-2001 cooperazione economica, ampi scambi e mercati finanziari, espansione della democrazia e rapida crescita economica, 11 settembre 2001 maggiore instabilità sfociata nella crisi del 2008 I legami economici tra gli Stati si possono ricondurre al commercio di beni e servizi e alla finanza internazionale. Il primo consente agli Stati di innalzare il tenore di vita specializzandosi in settori di cui godono di un vantaggio, esportando beni e servizi. Il sistema finanziario internazionale è il lubrificante che facilita il commercio, consentendo la compravendita di beni mediante pagamenti in dollari, euro e altre valute. Un economia che si impegna in modo significativo nel commercio internazionale si dice economia aperta. Una misura utile dell’apertura è il rapporto tra le esportazioni o importazioni e il PIL. LA BILANCIA DEI PAGAMENTI INTERNAZIONALI Nell’ambito dell’economia internazionale i conti fondamentali consistono nella bilancia dei pagamenti di uno stato. La bilancia dei pagamenti internazionali è un rendiconto sistematico di tutte le transazioni economiche tra un Paese e il resto del mondo; le sue principali componenti sono le partite correnti e i movimenti dei capitali. La bilancia dei pagamenti registra ogni transazione con segno positivo o negativo: se una transazione determina l’afflusso di valuta estera viene definita un credito e registrata con segno positivo. Se una transazione prevede una spesa in valuta estera consiste in un debito e ha segno negativo. In generale le esportazioni sono crediti e le importazioni debiti In termini più generali le voci di credito di uno Stato sono transazioni che rendono disponibili valute estere, mentre i debiti sono voci che riducono le scorte di valute estere. Le principali componenti della bilancia dei pagamenti sono: • LE PARTITE CORRENTI: commercio di beni e servizi, reddito da investimenti, trasferimenti • CONTI PATRIMONIALI: (pubblici privati e variazioni delle riserve ufficiali) la norma della contabilità della bilancia dei pagamenti vuole che la somma di tutte le voci sia uguale a zero. 72 3. Tassi di cambio: il sistema finanziario deve assicurare un flusso regolare di valute per non correre il rischio di un blocco di commercio. Il principio del vantaggio comparato, alla base del commercio internazionale, afferma che ogni Paese avrà un vantaggio se si specializza nella produzione e nell’esportazione dei beni che può produrre a un costo relativamente basso (nei quali è più efficiente degli altri); al contrario, ogni Paese avrà un vantaggio se importerà i beni che produce a un costo relativamente elevato (nei quali è meno efficiente degli altri). Lo scambio si verifica a causa di differenze di condizioni di produzione o diversità di gusti. Il fondamento del commercio internazionale è il principio ricardiano del vantaggio comparato, peer cui il commercio fra due regioni è vantaggioso se ciascun paese si specializza nella produzione e nell’esportazione di quei beni che è in grado di produrre a costi relativamente bassi. Allo stesso tempo ciascun paese trae beneficio anche dall’importazione di quei beni che produce a costi relativamente elevati. Il principio vale anche se la produttività di una regione è maggiore o minore di un’altra nella produzione di tutti i beni in termini assoluti. Fino a quando ci sono differenze nell’efficienza relativa o comparata fra paesi ognuno deve godere di un vantaggio o di uno svantaggio per alcune merci. La legge del vantaggio comparato dimostra anche che i paesi si arricchiscono e che i salari reali migliorano grazie al commercio e alle maggiori quantità di produzione mondiale che ne derivano. Contingenti di importazioni e dazi doganali proibitivi, concepiti per proteggere i lavoratori o le industrie, ridurranno il reddito totale e le possibilità di consumo di uno stato. Il libero scambio nei mercati concorrenziali consente al mondo di spostarsi sulla frontiera delle possibilità produttive. Nonostante i suoi limiti la teoria del vantaggio comparato è una delle più profonde verità dell’economia. Gli stati che ignorano il vantaggio comparato pagano un caro prezzo in termini di tenore di vita e crescita economica. Importanti precisazioni: • Principale difetto: la teoria prevede un’economia concorrenziale regolarmente funzionante non considerando problemi ambientali. Inoltre la presenza di salari e prezzi inflessibili, cicli economici e disoccupazione potrebbe determinare l’inefficienza e spingere un paese all’interno della sua FPP. • Distribuzione del reddito. Se attraverso le importazioni il libero commercio aumenta l’offerta di beni in particolari regioni, tali fattori o regioni possono finire per avere redditi minori rispetto a quando il commercio era limitato. IL PROTEZIONISMO Lo scambio completamente libero uniforma i prezzi nazionali con quelli dei mercati mondiali. In presenza di commercio internazionale, in condizioni di libero scambio, i beni affluiranno dalle regioni con prezzi bassi a quelle con prezzi alti. Un dazio doganale aumenta i prezzi interni dei beni importati determinando una diminuzione del consumo e delle importazioni e un aumento della produzione nazionale. Un dazio doganale tenderà a far aumentare il prezzo, a ridurre le quantità consumate e importate e ad incrementare la produzione nazionale. I contingenti di importazione hanno effetti molto simili e inoltre possono abbassare le entrate dello stato. Costi economici e dazi doganali hanno tre effetti: 75 • I produttori nazionali, operando al riparo dell’alto prezzo causato dal dazio, possono espandere la produzione • I consumatori, di fronte a prezzi più elevati, diminuiscono il consumo • Lo stato ottiene entrate doganali. I dazi doganali determinano l’inefficienza economica: la perdita economica per i consumatori supera le entrate ottenute dallo stato più i profitti aggiuntivi dei produttori; un dazio provoca sprechi economici. Tre argomentazioni a favore dei dazi sono: • La manipolazione delle ragioni di scambio mediante dazi ottimali può aumentare il reddito di un grande paese a svantaggio e a spese dei partner commerciali • A volte le industrie nascenti possono aver bisogno di protezione temporanea per realizzare i loro vantaggi di lungo periodo • In presenza di disoccupazione i dazi possono spingere l’economia presso la piena occupazione. N.B. Le politiche monetarie e fiscali potrebbero raggiungere lo stesso obiettivo senza andare a scapito dei partner commerciali. L’EQUILIBRIO DELL’ECONOMIA APERTA (cap. 30) La macroeconomia dell’economia aperta è lo studio del comportamento dell’economia quando si prendono in considerazione i legami commerciali e finanziari tra gli stati. Importazioni: beni e servizi prodotti all’estero e consumati nel paese. Esportazioni: Beni e servizi di produzione interna acquistati all’estero. Si definiscono esportazioni nette le esportazioni meno le importazioni. Quando un paese registra esportazioni nette positive accumula attività estere, perciò la controparte sono gli investimenti esteri netti che indicano gli investimenti netti all’estero. Quando si introduce il commercio estero la domanda interna può differire dal prodotto nazionale. 76 La domanda interna comprende il consumo, gli investimenti e la spesa pubblica (C+I+G) per ottenere il PIL si devono aggiungere le esportazioni e detrarre le importazioni. PIL = C+I+G+X Le importazioni sono determinate dal reddito e dal prodotto nazionale insieme ai prezzi dei beni nazionali rispetto a quello dei prodotti esteri. Le esportazioni sono l’immagine speculare determinate dal prodotto estero insieme ai prezzi relativi. L’aumento delle importazioni per ogni euro di incremento del PIL è definito PROPENSIONE MARGINALE ALLE IMPORTAZIONI. La PMI è strettamente connessa alla propensione margina al risparmio. La PMR ci dice quale frazione aggiuntiva di reddito non viene spesa ma risparmiata. La PMI indica invece la frazione di prodotto e di reddito aggiuntivo utilizzata per le importazioni. Il commercio estero ha un effetto sul PIL simile a quello degli investimenti o della spesa pubblica. All’aumento delle esportazioni nette si verifica una crescita della domanda aggregata. Le esportazioni nette hanno quindi un effetto di moltiplicatore sul prodotto ma il moltiplicatore della spesa in un’economia aperta sarà inferiore a quello di un’economia chiusa a causa delle dispersioni di spesa delle importazioni. Il moltiplicatore dell’economia aperta è = 1/PMR+PMI Ovviamente a parità di condizioni il moltiplicatore dell’economia aperta è inferiore a quello dell’economia chiusa, dove il PMI = 0 LA POLITICA MACROECONOMICA E I SISTEMI DI CAMBIO Il funzionamento della politica monetaria ha nuove implicazioni per un’economia aperta. Un esempio importante riguarda il funzionamento della politica monetaria in una piccola economia aperta che ha un grado elevato di mobilità del capitale. Il Paese deve allineare i tassi di interesse con quelli degli altri Stati ai quali aggancia il proprio cambio. Ciò significa che i Paesi che operano in base a un cambio fisso in sostanza rinunciano alla politica monetaria come strumento di politica macroeconomica indipendente. Al contrario, la politica fiscale diventa uno strumento potente, perché lo stimolo fiscale non è compensato da variazioni dei tassi di interesse. Un’economia aperta che opera con tassi flessibili può utilizzare la politica monetaria per la stabilizzazione macroeconomica che opera indipendentemente da altri Paesi. In questo caso il legame internazionale aggiunge un altro canale importante al meccanismo monetario interno. Una restrizione monetaria determina tassi di interesse più elevati attirando capitale finanziario straniero e portando ad un aumento del cambio, che tende a ridurre le esportazioni nette, tanto da accentuare la riduzione dei tassi di interesse sugli investimenti interni. Un’economia aperta che opera con tassi di cambio fissi non può utilizzare efficacemente la politica monetaria, mentre la fiscale si rivela uno strumento efficace. INTERDIPENDENZA DELL’ECONOMIA GLOBALE L’effetto di breve periodo del commercio internazionale e delle variazioni di politica dell’economia aperta sono problemi fondamentali per le economie aperte che combattono disoccupazione e l’inflazione. Ma i Paesi devono anche controllare le implicazioni delle loro politiche per la crescita economica di lungo periodo. L’aspetto più importante riguarda il risparmio e gli investimenti, che sono molto mobili e reagiscono agli incentivi e al clima degli investimenti nei diversi Paesi. Il settore estero costituisce un'altra fonte di risparmio e un altro sbocco per gli investimenti. Un risparmio interno più elevato, a prescindere dal fatto che sia realizzato mediante il risparmio privato o l’avanzo fiscale pubblico, aumenterà il totale degli investimenti interni e delle esportazioni nette. 77 rallentare la crescita del prodotto e del consumo a causa dei costi di servizio del debito estero, delle inefficienze che derivano dalla tassazione per pagare gli interessi sul debito e della minore accumulazione di capitale provocata dallo spiazzamento. LA STABILIZZAZIONE DELL’ECONOMIA Le politiche volte a stabilizzare il ciclo economico devono operare principalmente incidendo sulla domanda aggregata. Lo strumento principale dello stato per contrastare l’inflazione consiste nell’utilizzo delle leve monetarie e fiscali per rallentare o accelerare la crescita della domanda aggregata. La migliore combinazione tra politiche monetarie e fiscali dipende da due fattori : la necessità di gestione della domanda e il mix fiscale monetario desiderato. LA GESTIONE DELLA DOMANDA Quando l’economia ristagna si possono utilizzare politiche fiscali e monetarie per stimolarla e promuovere la ripresa; quando incombe l’inflazione le politiche possono contribuire a rallentare l’economia e a smorzare l’inflazione. Questi sono esempi di gestione della domanda che riguarda l’uso delle politiche fiscali e monetarie per fissare la domanda aggregata al livello desiderato. La politica fiscale è efficace? I difetti della politica fiscale derivano da i tempi, dai problemi politici e dalla teoria macroeconomica. Spesso l’intervallo che intercorre tra il riconoscimento del problema e la reazione è troppo lungo e il provvedimento si rivela inefficace. L’efficacia della politica monetaria: rispetto a quella fiscale la politica monetaria opera in modo molto più diretto sull’economia. Mentre una politica fiscale espansionistica mette più denaro in mano ai consumatori e alle imprese, la politica monetaria influisce sulla spesa modificando i tassi di interesse, le condizioni creditizie, i tassi di cambio e i prezzi delle attività patrimoniali. Grazie alla loro autonomia politica e a una rapida capacità decisionale le banche centrali offrono ottimi requisiti per una difesa in prima linea dell’economia dagli shock del ciclo economico IL MIX FISCALE MONETARIO E’ il secondo fattore che incide sulla politica fiscale monetaria e si riferisce alla relativa efficacia delle politiche fiscali e monetarie e al loro effetto sui diversi settori dell’economia. La variazione del mix fiscale monetario è un metodo di restrizione di una politica e di agevolazione dell’altra in modo che la domanda aggregata e il prodotto totale rimangano costanti. DILEMMI DELLA POLITICA ANTIINFLAZIONISTICA Una fondamentale preoccupazione dei responsabili politici è il costo insito nella riduzione dell’inflazione inerziale. Le stime attuali indicano che una sostanziale recessione è necessaria per rallentare l’inflazione inerziale. Gli economisti hanno avanzato molte proposte per abbassare il tasso naturale di disoccupazione; tra le più notevoli vanno ricordate : il miglioramento delle informazioni sul mercato, il miglioramento dei programmi di addestramento e istruzione e la ristrutturazione dell’azione pubblica in modo che i lavoratori abbiano più incentivi a lavorare. I critici ritengono che la disoccupazione elevata, che persiste talvolta nell’America settentrionale e in Europa, sia un problema centrale del capitalismo moderno. In realtà a volte la disoccupazione deve essere mantenuta al di sopra del suo livello socialmente ottimale per garantire la stabilità dei prezzi. In effetti la tensione tra la stabilità dei prezzi e la bassa disoccupazione è uno dei dilemmi più crudeli della società moderna. 80 UNIONE MONETARIA EUROPEA (cap. 32) La creazione delle istituzioni europee dopo la seconda guerra mondiale ha assicurato un aumento degli scambi commerciali e ha favorito l’avvicinamento delle politiche economiche. Il sistema monetario europeo dal 1979 al 1992 ha creato un sistema di cambi fissi per promuovere la stabilità monetaria nell’area. Il trattato di Maastricht nel 1991 ha stabilito le basi per la creazione della moneta comune, l’euro. Ma libera circolazione dei capitali, libera circolazione delle merci, cambi fissi e autonomia della politica monetaria non possono contemporaneamente coesistere. L’analisi di questo quartetto è alla base della creazione della moneta unica e di un’unica politica monetaria. I tassi di cambio fissi sono fonte di instabilità in un mondo caratterizzato da capitale finanziario altamente mobile. Un paese non può avere infatti contemporaneamente un tasso fisso ma aggiustabile, movimenti finanziari e di capitale liberi e una politica monetaria interna indipendente. i paesi europei hanno scelto di passare all’unione monetaria europea UME affidandosi ad una moneta unica e ad una singola banca centrale BCE. La UME è uno dei grandi esperimenti economici della storia. Mai in passato un gruppo di paesi ha affidato le proprie sorti economiche ad un organo multinazionale come la BCE. Mentre gli ottimisti sottolineano i benefici microeconomici di un mercato più ampio e dei minori costi di transazione, gli scettici temono invece che la moneta unica, come qualsiasi sistema di cambi fissi, possa portare stagnazione e disoccupazione per la mancanza di flessibilità di prezzi e salari e per l’insufficiente mobilità di lavoro tra i paesi. Gli obiettivi della BC in Europa e in Usa sono diversi; la BCE ha come obiettivo solo la stabilità dei prezzi, la FED ha il duplice obiettivo di stabilità dei prezzi e di crescita economica. 81 82
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