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Riassunto El buscòn di Quevedo, Sintesi del corso di Letteratura Spagnola

Si tratta del riassunto capitolo per capitolo del buscòn, dal libro 1 al libro 3, sintetizzati tutti in italiano.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 09/09/2023

Emmaursino
Emmaursino 🇮🇹

4.2

(18)

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Scarica Riassunto El buscòn di Quevedo e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! AL LETTORE Dedica al lettore a cui si rivolge ci informa del nome del buscòn, un certo Don Pablos, di cui tutti noi lettori abbiamo curiosità nel conoscere le sue peripezie. LIBRO 1 Capitolo 1: Ha origini di Segovia, figlio di CLEMENTE, umile barbiere (ormai defunto), e di ALDONZA DI SAN PIETRO, considerata non vecchia cristiana (si consideravano vecchi cristiani coloro che discendessero da almeno tre generazioni di famiglia cristiana) nonostante lei si ostinasse a sostenere che discendeva da queste generazioni. Fin da sposati i suoi genitori non ebbero una buona fama perché il padre veniva considerato un ladro, questo perché tutti coloro che andavano da lui a sbarbarsi perdevano sempre qualcosa, complice un suo fratellino di sette anni. Poverino in prigione morì di frustrate e il padre se ne dolette molto essendo molto amato da tutti quell’angioletto. Si dice che per queste burle e per altre entrò in prigione e riuscì ad uscire con 200 lividi per la precisione, che gli permisero di essere ammirato ancora di più dalle donne del paese che uscivano fuori dalle finestre per ammirarlo quando passava a piedi oppure a cavallo. Ovviamente anche sua madre non ebbe una buona fama all’interno della società del suo paese; infatti, era considerata una fattucchiera (Il caprone era simbolo del demonio, che si dice appaia alle streghe sotto questo aspetto). Diciamo che veniva considerata in un certo senso la fotocopia o quasi della Celestina, colei che riusciva a risolvere i problemi di ogni pulzella. Per alcuni era una mezzana per altrI primiera. Ci spiega quello che vedeva dentro casa sua, ed erano oggetti che avevano l’aria di essere proprio proprietà di una strega (Le corde degli impiccati erano amuleti molto apprezzati dalle streghe, che se ne servivano anche per preparare filtri amorosi; il rosario di denti di morti è un altro particolare che si riferisce all’attività di strega della madre di Pablos). Suo padre gli diceva che l’arte della truffa era essenziale, perché chi non rubava non avrebbe vissuto a lungo in quel mondo. (L’astuzia ci libera da ogni male, i delinquenti condannati venivano trasportati sul dorso di un asino). Riuscì a fargli fare pace e gli disse che avrebbe voluto imparare a leggere e a scrivere, quindi iniziare la scuola, e dopo svariato borbottamenti decisero che sarebbe stata la scelta più giusta. Capitolo 2: Il giorno dopo andò a comprare il sillabario e già avevano parlato con il maestro. Il maestro lo prese subito a cuore tant’è che lo fece sedere accanto a lui. Ogni giorno riceveva un premio per essere arrivato prima degli altri e se ne andava per ultimo per dare una mano alla moglie del maestro. Il problema è che ciò permetteva agli altri ragazzini di vederlo con occhi maligni e ad esserne invidiosi. Cercava sempre di dilettarsi con i figli di gentiluomini e se la faceva soprattutto con il figlio di un certo Don Alonso Coronel de Zuniga con il quale faceva la merenda. Ma le malelingue continuavano e iniziarono ad insultarlo, inizialmente dandogli nomignoli che riguardavano il mestiere del padre “Sor Rasoio” e “Mignatta”, altri addirittura andavano sul pesante, chiamandolo “gatto” che è sinonimo di ladro. Un giorno un ragazzo lo chiamò hijo de puta e disse che la madre era una strega. A quel punto Pablos agguantò un sasso e gli ruppe la testa. Sconvolto da quello che era successo, una volta tornato a casa chiese alla madre se fosse giusto ciò che aveva fatto e se fosse stato suo diritto replicare alle accuse che gli erano state fatte, e lì la madre gli disse che era vero, ma nessuno ha il diritto o il permesso di dire determinate cose. A sentire quelle parole si sentì morire e decise che dalla vergogna sarebbe voluto scappare via da quella casa. In compenso però aveva acquistato l’amicizia del figlio di Don Alonso, DON DIEGO, gli voleva bene spontaneamente. Un giorno tornando da scuola per le feste di Natale passeggiando vedono un uomo ebreo convertito e Don Diego gli disse di chiamarlo Ponzio Pilato e lui lo fece, e quell’uomo si imbestialì che lo rincorse con un coltello in mano. Pablos scappò a casa del maestro che lo salvò, infatti promise all’uomo di punirlo e gli diede 20 frustate. Venne il tempo di carnevale, e i suoi collegiali decisero di eleggere il re dei galli. Tirarono a sorte in dodici e toccò a lui. Chiese ai suoi genitori di comprargli un bel vestito e arrivato il giorno della sfilata anche qui un altro incubo incombe. Mentre era sul cavallo, di aspetto risico e privo di forze, con tutti gli altri ragazzi mascherati per la città, vede che il cavallo azzannò una verza e se la mette in bocca, la fruttivendola infuriata cerca di fargli del male, e così lo fece cadere come appunto era caduto anche lui prendendo una forte botta. I suoi compagni cominciarono a tirare le pietre. Arrivati i generali chiesero a tutti dove fossero le loro armi per toglierle via e lui non ne aveva essendo che lo avevano svestito per far asciugare i panni e alla domanda rispose di non averne. Al suo cappello erano attaccate delle piume e fu lì che ebbe l’incubo di essere scambiato per sua madre. Si giustificò dicendo che non era sua madre. La guardia non lo mise in carcere solo perché era sporco da tutti i lati. Tornato a casa racconta l’accaduto ai suoi genitori, i quali vedendolo in quello stato si arrabbiarono e gliene avrebbero date tante di botte. Vedendo che non si calmavano decise di andare via dal suo amico Don Diego. Lo trovò con la testa rotta, ed è per questo che i genitori non lo mandarono più a scuola. Decise dunque di non tornare più in quella casa, scrisse una lettera ai suoi genitori dove diceva che anche se non sapeva scrivere bene aveva deciso di restare dal suo amico (cosa ben accettata dalla famiglia avendo visto la fedeltà che portava nei suoi confronti) e che non gli sarebbe più servito andare a scuola perché un buon gentiluomo non ha bisogno di scrivere bene, sarebbe ritornato a casa a fare visita solo dopo la loro licenza. Capitolo 3: Don Alonso decise di mandare suo figlio ad un pensionato di studenti dove c’era un certo dottor Capra che allevava i figli dei gentiluomini, e vi mandò il suo con Pablos compreso così da potergli fare compagnia e servirlo (era a Segovia). È proprio la prima domenica dopo la Quaresima che caddero in potere della fame fatta persona, quest’ultimo offriva ai suoi studenti molto poco per cui nutrirsi e ricordava loro che il cibo in abbondanza era un peccato sacramentale. Era generoso solo in altezza, il suo aspetto non era dei migliori ed indossava una sottana che a parer degli altri era così rovinata perché fatta di pelle di rana, ma chi più arguto non credeva affatto a questa storia, ma solo che fosse un poveretto con dei vecchi stracci. In casa non c’era niente, basti pensare che nella camera del dottore non ci stavano nemmeno i ragni. Esorcizzava i topi per paura che gli rubassero pezzetti di pane per non parlare delle condizioni del letto. Arrivarono lì con don Diego e rimasero per alcuni mesi sotto le sue grinfie, fece una breve predica per risparmiare anche il tempo e si sedettero per il pranzo molto misera. Era servito il brodino di cui non si sapeva di carne fosse. (C’è una metafora con Narciso perla scodella troppo limpida). Prima di andare a dormire, Pablos si mangiò i due tozzetti di pane che erano rimasti e quel po' di pelle rosicchiata e si mise a letto. Pensò all’inizio che per qualche settimana sarebbe potuto sopravvivere, ma a vedere quei poveretti messi molto peggio di lui si scoraggiò. Non c’era nemmeno un bagno per poter andare a fare i propri bisogni e parlando con gli altri gli dissero che non ce ne sarebbe stato bisogno essendo che non mangiando nulla non avevano nulla da togliere dal proprio stomaco, forse solo le budella. Le cose non cambiarono per un mese intero l’unica cosa era che si metteva del lardo dentro al brodino così da sembrare più sostanzioso. Non riuscendo più a stare in piedi e non sapendo come fare decisero di escogitare un piano, la mattina per non alzarsi dal letto: dicevano di essere indisposti, o con febbre o mal di pancia, e stavano male perché non riuscivano ad andare di corpo. Il maledetto per non sprecare soldi aveva deciso di attuare il metodo di suo padre che era stato farmacista, vale a dire il clistere. Don Diego gridò dal dolore, Pablos sperava di non farlo entrare ma una volta fatto restituì il favore al farmacista che aveva chiamato Capra, il quale si arrabbiò tanto, con la speranza di Pablos che li cacciasse via, ma non fu così. Don Diego e don Pablos si lamentavano con don Alonso, ma Capra gli fece credere che erano loro che non volevano studiare. Licenziò un servitore e prese una vecchia in casa come padrona che fece passare ai ragazzi le pene dell’inferno tra tutti i capelli che trovavano nei loro piatti. Patirono questi travagli fino alla Quaresima quando un loro compagno si sentì male e Capra pur di non spendere soldi non chiamò il dottore, e il poveretto fu costretto a chiedere di confessarsi prima di morire. Gli si fece un funerale molto povero perché era forestiero e tutti loro ne rimasero esterrefatti. L’atroce notizia venne alle orecchie di don Alonso che a questo punto decise di andarli a trovare. Li aveva davanti ma non si rese conto che erano loro. Quando li riconobbe trattò male il Dottor deriso sia dall’oste che dal suo accompagnatore stesso, Pablos. Iniziò una discussione con un altro uomo nella quale era coinvolto il suo compagno spadaccino e iniziò una sorta di combattimento dove tutti quanti si fecero una grossa risata. Il giorno dopo fecero in modo di fare la pace, ma l’altro se ne andò dicendo che il libro del suo amico poteva andare ma faceva più matti che spadaccini. Pagarono il conto e Pablos continuò con il suo viaggio. Capitolo 2: Riprese il suo cammino per Madrid ma prima di andare via del tutto lo spadaccino si riavvicinò a lui chiedendogli se per favore non avesse mai raccontato a nessuno del suo ingegno, glielo promise e andò via ridendo. Si scontrò con un chierico vecchissimo che era su una mula e stava andando verso Madrid, e parlando con lui iniziò a canticchiare certe canzoncine e a quel punto non potette trattenersi e iniziò a ridere a crepapelle. Decise di non ascoltare più il genere religioso e gli chiese qualcosa di differente ed iniziò a leggergli una commedia “L’arca di Noè”, e anche qui rise. Continuò per tutto il tragitto a recitargli dei suoi scritti ed infine arrivarono in un certo posto dove dice che avrebbe dovuto riscuotere del denaro da dodici ciechi. Nel termino del capitolo ci viene detto come sia maledetta la vita e di come possa essere possibile che dei pazzi possano riscuotere compensi e guadagni da altri pazzi (intellettuale visto come pazzo). Capitolo 3: l’uomo si ritirò a leggere e fare qualcosa di prammatica per i suoi ciechi (probabilmente è una operetta dello stesso Quevedo che criticava proprio alcuni stereotipi di scrittori). Tema dell’intertestualità, questo perché Quevedo o meglio Pablos inizia a leggere le righe di quella prammatica e il vecchio si innervosisce e dice che era stata scritta sicuramente per autori di poco conto e che non era vero tutto quello che si stava leggendo (questo perché i suoi testi rispecchiavano ciò che era scritto nella prammatica) però poi Pablos gli spiegò che era un testo scritto a sé e che non avrebbe avuto nessuna valenza. Si incamminarono poi abbandonando l’alloggio e le loro strade si separarono. Dopo poco si imbatté in un militare e iniziarono a parlare. Il militare chiese se stesse venendo dalla capitale ma Pablos gli disse che in realtà c’era stato solo di passaggio. Vide come era rovinato dalla guerra e lo elogiò molto. Incontrarono poi un mendicante su una mula e i tre alloggiarono in una locandina dove Pablos e il militare persero i loro soldi giocando a carte con il mendicante. Il mattino seguente entrò nella città per incontrare suo zio, e chiedendo di questo Alonso Ramplòn si accorse che era circondato da persone e lui lo chiamò nipote a squarciagola. Sarebbe voluto morire dalla vergogna, non salutò nemmeno colui con chi stava parlando e seguì lo zio con il quale avrebbe passato la giornata. Capitolo 4: Va a pranzo a casa dello zio e arrivano anche dei suoi amici, tutte persone al quanto particolari che non facevano sicuramente al caso di Pablos. Inizia il pranzo e c’era anche del vino del quale i commensali ne fecero abuso tant’è vero che alcuni di loro si addormentarono subito dopo il pranzo essendo già mezzi ubriachi. Uscì allora di casa mente gli altri riposavano, fece due passi, passò per la casa di Capra e scoprì che era morto, non chiese nemmeno il motivo perché sapeva bene di che male si soffrisse la fame e lo poteva ben immaginare. Alla fine, tornò a casa dello zio e si mise a dormire accanto a lui. Il giorno dopo chiese il suo denaro, tutto per intero, cosa quasi improbabile per un uomo che aveva perso il lume della ragione come suo zio. Gli diede dei buoni consigli per diventare un uomo dabbene e di successo perché i danari oramai non gli mancavano. Arrivò la notte e mentre lo zio dormiva gli scrisse una lettera dove gli spiegava i motivi per i quali se ne andava, chiedendogli di non cercarlo mai più. Si nascose in una locanda dove aspettava il mattino per mettersi in cammino verso la capitale. Capitolo 5: Quella mattina incontrò un mulattiere che aveva un mulo disponibile da dargli per partire verso la capitale. Sperava di non incontrare nessuno durante il suo viaggio, ma vede un gentiluomo vestito per bene, e inizia la conversazione. all’inizio non crede ai possedimenti e alle parole del buon signore perché tutti quelli che erano vestiti bene in un modo o nell’altro lo avevano ingannato. Di conseguenza mentre stavano per entrare nella capitale, l’uomo gli disse che una volta entrati lì non avrebbe mai vissuto un giorno senza avere in tasca 100 reali, ed è lì che don Pablos si incuriosì e chiese maggiori informazioni e costui. Gli spiegò che nella capitale c’era chi faceva quello stile di vita perché poteva permetterselo e chi invece provava a farlo ma in maniera completamente diversa. Capitolo 6: Durante il viaggio gli spiega che nella capitale c’è sempre il più sciocco e quello più arguto come quello più povero e quello ricco. Il modo per sopravvivere nella capitale per loro è l’astuzia, perché è un gran lavoro strappare il cibo da mani altrui. Quando vanno in giro sembrano degli uomini altolocati, ma la verità è che erano dei vestiti rattoppati, e grazie al mantello non si vedeva che magari dietro erano bucati, e grazie agli stivali che i pantaloni erano troppo corti e poi il cappello dava sempre un’aria da gentiluomo. Spiegava lui che, se chiedevano se avessero mangiato e loro non lo avevano ancora fatto e nemmeno coloro che glielo stavano chiedendo dicevano di no così da potersi accomodare nella loro tavola imbandita, se invece i commensali stavano già mangiando e rimaneva qualcosa e la domanda era sempre la medesima rispondevano di sì, solo che riuscivano sempre a rattoppare qualcosa da quello che erra rimasto in tavola. Inoltre, gli comunica che una volta al mese devono farsi vedere a cavallo, anche a costo che sia un mulo per non far destare sospetti, fanno di tutto per non farsi beccare dai lumi la notte affinché dal mantello non si vedessero i rattoppi o i buchi e che dalla loro bocca non sarebbe mai uscita senza ombra di dubbio la verità, solo menzogne. Per ultimo dice che non si innamorano mai. Gli piacque molto lo stile di vita di quel gentil uomo che finì per camminare a piedi invaghito dalle sue parole fino a las Rosas, dove si fermarono quella notte. Il gentiluomo cenò con lui perché non aveva soldi in tasca ed era un modo anche per essergli riconoscente di quello che aveva appena appreso, vale a dire l’arte dello scrocco. Andarono a dormire e l’indomani arrivarono alla capitale, Madrid. LIBRO 3 Capitolo 1: Quando arrivarono nella capitale, andarono a casa degli amici di don Toribio. Lì gli aprì una vecchietta e rimasero soli fino alle 12, quando arrivò uno degli amici. Più tardi ne arrivò un altro, e Don Pablos si mise a ridere alla vista di quest’uomo che portava un giubbotto con un panno grigio davanti e di tela bianca dietro. Egli gli spiegò che era per distogliere l’attenzione dal fatto che mancava un pezzo di tessuto. Dopodiché uscì dalla tasca venti lettere con altrettanti reali. Ingannava le persone scrivendo lettere con notizie false per chiedere soldi e ritirava l’importo. Arrivarono altri due signori che litigarono per i reali da dividere e don Pablos e il suo amico dovettero dividerli. Andarono a dormire e spiega che dormirono con gli stessi vestiti con cui escono perché “si trovano in regola con l’uso che vuole che si vada a letto nudi”. Capitolo 2: In casa tutti cominciano a sistemarsi i vestiti con ago e filo. Don Pablos gli da 100 denari in cambio di un vestito, e loro gli danno anche un cappello. Dopo escono di casa e lui e il suo amico cominciano ad andare in giro a cercare denari. Quando arriva l’ora di pranzare l’amico di don Pablos gli dice che lui andrà a mangiare gratis dai frati, mentre don Pablos che è troppo affamato, va via per la sua strada. Incontra lì un su vecchio amico e con la scusa di parlare si autoinvita a pranzo dalla sorella di lui. Dopo aver ripulito la tavola, don Pablos fa finta che qualcuno lo stia chiamando dalla strada e scappa. Lo incontrò diverse volte dopo quell’incontro e gli raccontò molte bugie. Si recò alla porta di Guadalajara dove con tre signore si finse mercante e per dargli “un pezzo di tela che veniva da Milano” si fece lasciare come pegno un rosario rilegato in oro, dicendogli che il valletto glielo avrebbe portato a casa. Si inventò un nome e gli indicò come casa sua la più grande che vide e vi entrò davanti a loro per non destare sospetti. Tornò a casa e vi trovò Magazo (uno dei signori che viveva con lui) con una torcia che gli era stata data per accompagnare un morto, ma se ne scappò. Poi tornò il suo amico con il naso rotto perché dai frati chiese la doppia porzione per alcuni amici in difficoltà, ma fu beccato a mangiarla e venne picchiato. Capitolo 3: entrarono altri due di loro. Il primo che aveva scambiato il suo mantello con quello di un signore che era decisamente in condizioni migliori del suo; il secondo entrò con dietro tutti ragazzi malati e gi promise di guarirli in cambio di soldi. Infine, don Pablos raccontò la sua truffa e la vecchietta prese il rosario per venderlo. Quando uscì per farlo qualcuno la riconobbe e chiamò la polizia. Lei disse subito la verità e condusse la polizia a casa loro dove tutti vennero arrestati, compreso don Pablos. Capitolo 4: Per non farsi mettere nella segreta con i suoi compagni, Don Pablos diede del denaro al carceriere, supplicandolo di metterlo nella sala dei nobili. Ad un certo punto uno dei suoi compagni di stanza andò in bagno e c'era talmente tanta puzza che egli si svegliò per dir loro di spostare il vaso. Cominciarono a prendersi a pugni e il compagno per scappare rovesciò il vaso. Arrivò il carceriere e tutti i compagni accusarono don Pablos, che fu messo nelle segrete con i suoi compagni. La mattina seguente li obbligarono ad uscire i soldi per la pulizia ma l'unico che pagò fu don Pablos. La sera entrarono nella segreta altri carcerati e cominciarono a picchiare e prendere a sassate i compagni di Pablos perché non avevano dato i soldi per la pulizia e per farli smettere gli promisero di dargli i propri vestiti. Don Pablos diede altri tre reali al carceriere e riuscì ad ottenere di vivere nella casa di quest'ultimo. Quando arrivò il momento di dare la sentenza i suoi compagni furono esiliati per 10 anni, mentre lui uscì per cauzione. Capitolo 5: Uscito dal carcere, don Pablos andò in un albergo dove la figlia dei proprietari era una bellissima ragazza bionda. Era una casa per tre inquilini, insieme a lui vi erano un portoghese e un catalano. Tutti e tre corteggiavano la ragazza, ma don Pablos che si fingeva ricco e diede anche un nome falso, la conquistò. Una notte la ragazza invitò don Pablos a parlarle passando dal tetto dove affacciava la finestra della sua camera. Egli cadde e si svegliarono tutti credendo che fosse un ladro. Egli si nascose dietro il camino ma i due servi e il fratello della ragazza lo presero a legnate. Chiamarono la polizia e lo legarono. Capitolo 6: Arrivarono il catalano e il portoghese che liberarono don Pablos. Per non tornare in quella casa si mise d'accordo con un certo dottor Brandalagas e con altri suoi amici affinché lo andassero a prendere. Questi gli fecero presente il vantaggio di un matrimonio. Si recarono ad aste pubbliche e don Pablo comprò un corredo di nozze. Dopodiché si mise di fronte a un negozio di armature dove due cavalieri si misero a parlare con lui. Li accompagnò al Prado e noleggiò un cavallo. Incontrarono delle signorine e si fermarono a parlare con loro i due cavalieri, mentre don Pablos si ingraziava la madre e la zia che rimasero affascinate dalle sue bugie. I due cavalieri, stupiti da don Pablos lo invitarono a cena il giorno seguente. Capitolo 7: il giorno dopo va a questa merenda con i due cavalieri e le signorine incontrate il giorno prima e ad un certo punto si ritrova don Diego, il quale dice di essere cugino delle ragazze. Inizialmente gli dice che è uguale a don Pablos, sia nella statura che nel modo di fare, (infatti era lui) ma lui si presenta come don Filippo. Don filippo (ovvero don Pablos) vuole come sposa donna Anna, e la madre e la zia sono d’accordo. Si mette a giocare a carte con i due cavalieri e vince 300 reali. Torna a casa e il dottore e i suoi amici lo convincono a
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