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Riassunto Emilio, Rousseau, Prove d'esame di Pedagogia

Riassunto di tutti i cinque libri di Emilio Di Rousseau

Tipologia: Prove d'esame

2017/2018

Caricato il 25/06/2018

elena-lo-passo-1
elena-lo-passo-1 🇮🇹

4.3

(12)

1 documento

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto Emilio, Rousseau e più Prove d'esame in PDF di Pedagogia solo su Docsity! EMILIO O DELL’EDUCAZIONE INTRODUZIONE: L’EDUCAZIONE NATURALE COME PRINCIPIO PEDAGOGICO Rousseau afferma di aver scritto l’Emilio in “vent’anni di meditazione e tre di lavoro”, affermando così la natura riflessiva della sua opera. Quando compose l’ultima parte (quella dove si narra dell’incontro tra Sofia e Emilio, concludendo il percorso formativo del ragazzo) si trovava ospite nella residenza del maresciallo Luxemburg, nel 1759, e il contesto bucolico e sereno consentì a Rousseau di terminare il suo lavoro senza interruzioni. L’interesse per il tema educativo è presente in molte delle sue opere e nasce dal suo riconoscersi un limite come precettore. L’Emilio rappresenta così la distanza che intercorre tra l’esperienza e la riflessione teorica. Rousseau è consapevole della difficoltà di applicare un modello teorico nella pratica, permeata da svariate possibilità e diverse relazioni educative, infatti lo definisce uno scritto di carattere filosofico che evince il principio che l’uomo è di natura buono. Leggendo però, si può osservare l’intero progetto educativo della vita di Emilio, riconoscendo il principio della bontà originaria e analizzando le situazioni educative che il ragazzo vive. Gli anni successivi alla pubblicazione dell’Emilio non furono facili per Rousseau (come si legge nella sua opera “Confessions”) poiché il testo non fu subito applaudito ma venne addirittura condannato: si pensava che le idee di Rousseau avrebbero sviluppato un sistema criminale, promuovendo un’educazione portata a diffondere idee anarchiche e distruttive per la società. Anche la chiesa si schierò contro l’autore, affermando che il concetto di educazione naturale abbasserebbe la condizione umana ad animale e la condannerebbe a vivere senza religione. Rousseau finì i suoi giorni come un esule e perseguitato. Anche gli illuministi non colsero l’importanza dell’opera, ma la videro come un tentativo di non riconoscere il progresso scientifico lasciando così gli uomini a uno stato primitivo. Vennero addirittura pubblicati dei testi anti Emilio, portando a credere che l’educazione naturale sia un processo formativo senza regole, finalizzato a formare un uomo privo di cultura e incapace di rispettare le norme sociali. Nei primi decenni dell’Ottocento, gli autori del Romanticismo tedesco, iniziano ad apprezzare le teorie rousseauiane sulla percezione positiva dell’uomo, sulla responsabilità della società e sull’idea di uguaglianza. L’opera viene riconosciuta anche in ambito psicologico, a partire dai primi decenni del Novecento, dove l’importanza che Rousseau attribuisce alla prima infanzia viene sottolineata e considerata il primo dovere di un educatore. Gli autori cattolici dell’inizio del Novecento non accolsero ancora del tutto la validità dell’opera, pensando che vedendo l’uomo come un essere della natura, si perdeva la sua specificità come essere anche morale e religioso. Nella seconda metà nel Novecento l’idea dell’uomo buono per natura di Rousseau viene utilizzata in ambito politico e non solo: i principi dell’educazione negativa e naturale, l’importanza dell’infanzia nel processo educativo e l’educazione progressiva che rispetta le fasi di sviluppo dell’allievo, vengono considerati tra i contributi più significativi che Rousseau ha dato allo sviluppo della pedagogia e delle scienze umane moderne. È importante anche accennare come sia stato importante chiarire cosa Rousseau intendesse con certi termini, dato che le varie traduzioni dell’opera possono portare a fraintendimenti (come afferma lui stesso nel secondo libro “non esiste una lingua così ricca di termini da poter esprimere tutti gli aspetti che le idee possono assumere”). Al vocabolo “natura” Rousseau ha attribuito un significato di contesto ambientale, luogo primitivo, materia, percorso soggettivo. Un altro dibattito fu scaturito dal termine “habitude”: quando Rousseau parla del comportamento che l’uomo ha mentre subisce le norme sociali, è stato utilizzato il termine consuetudine, mentre quando parla di azioni libere svolte dall’uomo, si utilizza il termine abitudine. Per il termine “esprit”, che indica la parte razionale dell’uomo che lo differenzia dagli altri esseri viventi, si è utilizzato il termine “spirito”. Altri vocaboli sono stati invece volutamente lasciati in lingua originale, data l’impossibilità di trovare dei termini che traducessero in modo veritiero quanto l’autore volesse esprimere (per esempio “gouverneur”, il precettore, l’educatore). In definitiva l’Emilio risulta essere un tentativo di cogliere la dimensione autonoma e trasformativa della riflessione pedagogica. La scelta di immaginare un allievo e di contestualizzare la narrazione in campagna, è uno sforzo che Rousseau compie per descrivere un percorso educativo privo di vincoli e consuetudini sociali che lo alterano. Questo ci fa rendere conto della difficoltà della pedagogia che, per quanto sia una riflessione teorica, deve proporre metodi e teorie che si possano realizzare in un’esistenza concreta piena di norme e consuetudini proprie di ogni essere umano. La proposta educativa rousseauiana sa di non essere pura, di non poter proporre strategie universali e di non poter formare un allievo che mostri sempre la sua bontà originaria, ma spinge alla consapevolezza dei limiti umani e favorisce una riflessione sulla propria essenza, utile nel sviluppare così le proprie capacità e creare relazioni autentiche. Nell’opera il gouverneur rousseauiano assume il compito complesso di condurre gradualmente l’allievo fin dai primi mesi di vita, evitando impostazioni o insegnamenti precoci. Utilizzando l’educazione negativa e osservando il fanciullo, l’educatore crea le condizioni per sviluppare autonomia e responsabilità. La razionalità dell’uomo e il suo agire secondo il bene sono sempre sottoposti alle trasformazioni della realtà e ai limiti della condizione umana, ma il metodo educativo utilizzato consente di riconoscere e utilizzare i dispositivi esistenti per agire bene; quando questo si concretizza viene mostrata la vera forza innovatrice dell’educazione. L’Emilio è riuscito così a sintetizzare il paradigma educativo in una narrazione che ha influenzato numerose strategie educative nel corso degli anni. Rousseau nel testo si rivolge direttamente ai lettori e questi assumono diversi ruoli. A volte sono interlocutori polemici che pongono le obiezioni dei contemporanei, a volte rappresentano la speranza, cioè coloro che colgono il vero significato dell’ ”Emilio” e ne mettono in pratica gli insegnamenti essenziali. generale, esposto a tutti gli accidenti della vita umana. L’educando apprende questo sin dai primi momenti di vita. Tuttavia, data la mobilità delle cose umane, tale metodo è insensato: se il bambino fa un solo passo sulla terra ne risulterebbe inevitabilmente perduto e ciò, per Rousseau non significa sopportare il disagio, ma esercitarlo a sentirlo. Preoccuparsi di conservare il proprio bambino non è sufficiente: bisogna insegnare al bambino di conservarsi da sé quando sarà uomo e sopportare i colpi del destino. Ci si preoccupa che il bambino non muoia, bisognerà però pure che un giorno muoia: non si tratta di impedire che muoia, ma di farlo vivere, inteso come agire. Per Rousseau l’uomo civile nasce, vive e muore nella schiavitù ed è prigioniero delle istituzioni. “...alla nascita viene imprigionato nelle fasce, da morto viene inchiodato in una bara e, finché conserva l’aspetto umano, è incatenato dalle nostre istituzioni.” La prima infanzia e i bisogni dei neonati Rousseau critica l’antica usanza di avvolgere i neonati, nei primi istanti di vita, in fasce, in modo da abituare il giovane corpo a una posizione unica; egli sostiene che il piccolo ha bisogno di distendersi e muoversi proprio perché le sue membra hanno bisogno di crescere e facendo così, si ostacola questo impulso naturale. Al bambino viene impedito di crescere e rafforzarsi; inoltre egli compie invano sforzi per liberarsi, sprecando così energie preziose. Questa pratica ha origine dall’affido dei bambini, da parte delle loro madri, alle nutrici, in modo da potersi dedicarsi ad altro e non al faticoso compito di crescere i figli; il bambino viene semplicemente nutrito dalla balia e poi fasciato in modo da non arrecare fastidio e infine abbandonato in un angolo. Questo perché tale donna deve crescere qualcuno a lei estraneo e non sente la necessità naturale di ciò. La soluzione sarebbe l’allattamento del bimbo da parte della propria madre, ma il piccolo non ha bisogno solo di cure fisiche, perciò la cura materna è insostituibile; un possibile rimedio dopo l’allevamento da parte della nutrice è allontanare il bambino da questa e farla dimenticare. Così però si insegna il disprezzo e a non amare nemmeno la madre stessa, generando così effetti inaspettati: il male mina le inclinazioni naturali sino a distruggere la stabilità della famiglia. Solo la crescita del fanciullo da parte della madre può porre rimedio a questa condizione e a migliorare anche la società (influenzata da quella trasformazione che in origine ha interessato il nucleo familiare). Se il bambino non viene allevato dalla madre, si troverà poi fuori della natura, perché le inclinazioni naturali si spengono. Egli può trovarsi lontano dalla condizione naturale anche per un altro motivo, ovvero l’eccesso di cure (il piccolo che è stato protetto estremamente, cresce debole e soffrirà maggiormente una volta adulto). Bisogna quindi seguire l’operato della natura, ovvero temprare il carattere e insegnare che cosa sia il dolore (denti che spuntano e provocano febbre, coliche che provocano convulsioni, tossi che soffocano), in modo che le giovani forze risultino rinvigorite e il loro uso successivamente, sia proficuo; questa operazione deve essere attuata finché il corpo del giovane è plasmabile, perché una volta adulto, l’individuo difficilmente si abituerà ai cambiamenti. “Se il prezzo della vita aumenta fino al momento di utilizzarla, quale sciocca follia è il vo ler risparmiare qualche male all’infanzia a prezzo di moltiplicarli durante l’età della ragione?” 1. La vera NUTRICE è la madre; 2. dalle mani della madre il bambino deve passare a quelle del padre 3. Il vero PRECETTORE è il padre. Il padre come educatore: l’uomo fuori della natura viene così cresciuto: da bambino, da un lato si tende ad assecondare la sua volontà, dall’altro a esigere da lui ciò che piace all’adulto; così egli cresce apprendendo le idee di autorità e soggezione, prima di agire impara ad obbedire. Dopo questo periodo di cure, della durata di 6-7 anni, viene affidato a un precettore che continua l’opera di sviluppo di ciò che è artificiale, senza però insegnare a conoscersi. Una volta adulto, dotato di scienza ma debole nel corpo e spirito, è soggetto al compianto. Affinché nel bimbo si possa conservare la natura originaria, bisogna occuparsi di lui fin dalla nascita; mentre la madre è la vera nutrice, il padre è il vero educatore ed entrambi devono alternarsi nelle loro funzioni. Il padre stesso deve svolgere il proprio compito anche per un altro motivo, ovvero dare uomini all’umanità e cittadini allo Stato. Se la madre ha poca salute per essere nutrice, il padre avrà troppi affari per fare il precettore, quindi i figli potranno essere allontanati nei conventi, nei collegi, dirigendo altrove il naturale amore per la casa, prendendo l’abitudine di non essere attaccati a niente. I fratelli e le sorelle si tratteranno come degli estranei. Il gouvernour e l’arte di educare Il pedagogo deve avere caratteristiche precise:  non deve essere venale;  deve essere padre in modo da formare un uomo;  deve avere ricevuto una buona educazione in modo da formare correttamente l’allievo. Rousseau si rende conto di non essere in grado di svolgere il delicato compito di educare qualcuno, perciò preferisce dedicarsi alla scrittura di un libro che possa essere un trattato sull’educazione leggibile da chi deve educare; egli si immagina un allievo di nome Emilio, del quale si occuperà fino all’età adulta, applicando nella formazione di questo tutti i principi del suo pensiero. “Ho dunque deciso di crearmi un allievo immaginario; e di supporre di avere io stesso l’età, la salute, le conoscenze e tutte le doti convenienti per lavorare alla sua educazione e di condurre questa dal momento della sua nascita fino a quando, uomo fatto, non avrà più bisogno d’altro guida che di sé stesso.” Emilio è un ragazzino che ha bisogno di un’educazione adatta a lui, viene sempre controllato dal suo insegnante, il quale deve essere giovane, possibilmente un fanciullo come Emilio, poiché solo tra coetanei possono nascere interessi comuni. Se nel processo educativo consueto, i fanciulli hanno diversi maestri o ne conoscono di nuovi e apprendono da questi quando già hanno ricevuto insegnamenti elementari, Emilio avrà un pedagogo presente ancor prima di nascere, tale da rimanere unico per tutto il processo di formazione. Ai fanciulli si deve insegnare una sola scienza, quella dei doveri umani, e di conseguenza anche l’educazione è una sola; il maestro è detto pedagogo perché il suo compito è guidare il ragazzo, al quale deve far trovare le regole anziché imporle. Sia la scelta dell’educando, così come del pedagogo, è importante: non deve essere influenzata dall’intelligenza o dal carattere del bambino (questi sono visibili al termine dell’opera educativa). La scelta migliore è un allievo di intelligenza media, poiché è l’uomo comune che deve essere educato, essendo poi di esempio per i suoi simili. “Non si ha bisogno di educare che gli uomini comuni” Nell’educazione ha importanza anche il paese nel quale l’uomo abita; dal momento che l’allievo deve crescere armoniosamente, deve provenire da una zona temperata, e l’educazione deve renderlo adatto a tutte le condizioni umane. Emilio è un bambino nobile, perché nell’educare un uomo ricco, si ha la certezza di sottrarre un uomo in più dalla corruzione della società, mentre il povero si educa da sé; inoltre il fanciullo è orfano, non importa se ha oppure no i genitori, dal momento che i compiti sono assunti dal pedagogo, e non deve essere separato da quest’ultimo senza il consenso reciproco. Educatore ed educando devono considerarsi inseparabili, solo in questo modo nasce affetto reciproco; per questo accordo è necessario che il bambino sia ben formato e sano (nel caso in cui è il padre stesso ad essere pedagogo dei figli, non deve fare distinzioni tra di loro, mentre nella situazione in cui una persona esterna ha il compito di educare, deve scegliere bene i mezzi per adempiere il suo dovere), dal momento che curarne uno malato, sottrae tempo prezioso nella formazione di una vita di valore, e di conseguenza, il corpo deve essere forte per poter obbedire. “più il corpo è debole, più comanda; più è forte, più obbedisce” La medicina è necessaria per curare un corpo debole, il quale indebolisce l’anima; coloro che praticano la medicina sono considerati negativamente perché insegnano la paura e soffocano il coraggio. A tal proposito bisogna imparare a distinguere la scienza che istruisce da quella che inganna. Se si vuole crescere un uomo coraggioso, bisogna crescerlo secondo natura, perché diventerà tale solo imparando a sopportare il dolore e la fatica; il bambino perciò deve imparare a guarire dai mali da solo, e solo in occasioni estreme è necessario l’intervento del medico. Le uniche medicine utili all’uomo sono il lavoro e la temperanza: il primo favorisce l’appetito, la seconda controlla l’appetito stesso; accanto a ciò sono utili i lavori manuali e l’esercizio fisico per rafforzare la salute. La nutrice e le cure durante la prima infanzia Poiché con la vita iniziano i bisogni, il neonato ha bisogno di qualcuno che lo nutri; è meglio che sia la madre a soddisfare il suo primo bisogno e a lei il pedagogo scelto deve dare istruzioni, le quali vengono seguite volentieri se la madre stessa ha interesse per il bambino e ha stima per il precettore che lo seguirà successivamente. Se invece è una nutrice che deve svolgere questa mansione, deve essere scelta con cura; ella deve essere sana sia fisicamente che caratterialmente e ciò è fondamentale perché il bambino deve essere allattato da una sola nutrice, così come poi cresciuto ed educato da un solo pedagogo. Se riceve insegnamenti da persone diverse, non viene educato bene; il fanciullo non deve avere altri maestri fuorché i genitori e in mancanza di questi, deve conoscere solo la nutrice e il pedagogo (la figura della nutrice è eccedente, ma è necessaria; considerando ciò, ella e il pedagogo devono accordarsi circa l’agire in modo da operare in vista di un solo scopo). differente nel parlare: ai primi si suggeriscono le parole, mentre i secondi imparano a farsi capire e a misurare la voce sullo spazio che li separa dalla persona con la quale vogliono comunicare, imparando così a pronunciare bene le parole. I fanciulli dovrebbero correggere i difetti del linguaggio nelle scuole, ma il vero ostacolo al parlare è il fatto di farfugliare e il pronunciare senza voglia; devono imparare a parlare in modo da essere capiti; le difficoltà del linguaggio possono essere risolti con facilità. Allevati in campagna, essi avranno un modo di parlare più sciolto e devono ascoltare solo le parole che possono capire e pronunciare quelle che riescono ad articolare. Se stimolati a parlare precocemente, non hanno il tempo di imparare a pronunciare bene né di comprendere quanto si fa loro dire; se apprendono spontaneamente, si esercitano prima nelle sillabe più semplici e poi in quelle più complesse e alla fine comunicano quanto imparato. I progressi dell’infanzia si verificano contemporaneamente: nello stesso periodo, il bambino impara a parlare, nutrirsi e a camminare, iniziando così a vivere. Nel grembo materno, egli non ha consapevolezza della propria esistenza. LIBRO SECONDO: il termine dell’infanzia Con la comparsa del linguaggio, il bambino utilizza di meno il pianto, confinato all’espressione di dolori forti; se però egli piange molto spesso, ha ricevuto qualche influenza negativa da parte delle persone che vivono con lui. La soluzione per allontanare il pianto è non avvicinarsi al bambino sino a quando non ha smesso di piangere, quando si sarà calmato, ci potrà avvicinare, in modo che impari una modalità diversa di espressione per chiamare l’adulto. In caso di caduta o ferimento, bisogna evitare di avvicinarsi a lui allarmati, perché ciò lo renderà più sensibile e timoroso verso il dolore. In questa età si impara a sopportare il dolore minore, per poi arrivare a tollerare quello maggiore; è altresì fondamentale che Emilio viva le cadute, per imparare a sopportare la sofferenza. “Anziché stare attento che Emilio non si ferisca, mi dispiacerebbe che non si ferisse mai e che crescesse senza conoscere il dolore. Soffrire è la prima cosa che deve imparare e quella che avrà maggior bisogno di sapere” Emilio non sarà sostenuto da girelli o strumenti simili, non appena avrà imparato a mettere un piede davanti all’altro, lo si lascerà libero di camminare, e sorretto solo su terreni impervi; è importante che abbia la possibilità di correre nei prati e, anche se si farà male molte volte, sarà comunque felice, a differenza di quei bambini protetti costantemente che finiscono con l’essere scontenti. Il fanciullo e la condizione umana Lo sviluppo delle forze è un altro fattore che porta alla limitazione del pianto; potendo di più da sé stessi, i bimbi hanno meno bisogno dell’aiuto altrui. Con la forza si sviluppa anche la conoscenza, che permette di dirigere la prima. In questo periodo dell’esistenza, il soggetto diventa consapevole di sé e capace di sentirsi felice o no; bisogna iniziare quindi a considerarlo essere morale. L’identità dell’uomo per Rousseau si forma con il formarsi della memoria (facoltà che per l’autore si sviluppa subito dopo i sensi), poiché ci consente di prendere consapevolezza delle nostre azioni. Non si sa di preciso quando termina la vita dell’uomo e, ai tempi di Rousseau, pochi bambini raggiungevano l’età adulta. Considerando questa condizione, Rousseau stesso critica la necessità di un’educazione che porta il fanciullo ad essere infelice e a vivere nell’infanzia il maggior numero di dolori in modo da evitarne una parte considerevole durante l’età adulta; bisogna essere umani verso tutte le età, prendersi cura dell’infanzia e favorirne la gioia e i giochi, così come insegnare al bambino a godersi il piacere di esistere. Questo aspetto accompagna la necessità di considerare ogni età per quello che è, e il bambino al proprio posto, così come mantenerlo nel posto giusto, seguendo la natura dell’uomo. L’uomo non può sapere in maniera assoluta cosa siano la felicità e l’infelicità, non può rimanere nello stesso stato per due momenti consecutivi; a tutti gli individui sono comuni il bene e il male, ma ciascuno li vive in diversa misura (il più felice soffre di meno, mentre il meno felice soffre di più), ma ciò che accomuna tutti quanti è il fatto che la felicità è la presenza di un numero minore di mali. Si può raggiungere la felicità diminuendo l’eccesso dei desideri in rapporto alle facoltà possedute ed equilibrare potere e volontà; la natura ha dato origine all’uomo prima fornendogli le forze necessarie a soddisfare i desideri legati alla conservazione, mentre altre si sviluppano quando è necessario (in questa condizione, l’uomo non è infelice). E’ l’immaginazione che causa infelicità all’uomo, poiché rende maggiori le cose possibili e ravviva il desiderio con la speranza di soddisfarlo. Si cerca così di arginare l’immaginazione senza ampliare la realtà, in modo da evitare la sproporzione tra i due aspetti. Si può dire che un uomo è debole quando vuole andare oltre il proprio stato naturale, mentre è forte quando si accontenta di quest’ultima e vive felice. L’uomo di natura, inoltre, impegna le proprie forze per mantenersi in vita sino a quando dispone dei mezzi per farlo, ma si rassegna e si placa quando questi vengono meno e accetta la morte; questa rassegnazione è stata soppiantata da quella artificiale che è la previdenza, col quale si guarda oltre ciò che si è, mirando a un futuro che di rado si realizza, senza prestare attenzione al presente giungendo così a trascurarlo. La libertà e potere dell’uomo si trovano entro i limiti delle sue forze naturali e non oltre; colui che è davvero libero vuole ciò che può e fa ciò che gli piace (da questa massima hanno origine tutti i principi dell’educazione). L’uomo è stato privato delle proprie forze dalla società, che le ha rese inoltre insufficienti; l’uomo è forte mentre il bambino non lo è, perché può naturalmente bastare a sé stesso. Nel primo imperano atti di volontà, mentre nel secondo i bisogni del capriccio, i quali vengono eliminati dall’affetto provato per il fanciullo dai genitori; l’amore per il figliolo può però essere dannoso quando essi lo educano in modo da inserirlo nella società, aumentando così la debolezza tramite la creazione di bisogni che il piccolo ha bisogno di soddisfare, in più rispetto a quelli naturali. L’adulto è in grado di mantenere il proprio posto nella natura, mentre il fanciullo non lo è facilmente, si allontana dalla condizione originaria a causa delle numerose opportunità offerte dalla società; è quindi compito dell’educatore mantenervelo, operando in modo che dipenda e non obbedisca (essendo sottomesso a causa dei suoi bisogni, che non conosce), senza imporre ciò che non gli è utile. La felicità, degli uomini di natura e del fanciullo, consiste nell’uso della libertà, prima che fosse cancellata dalla società; l’intervento delle istituzioni umane ha reso gli adulti, di nuovo fanciulli. Il fanciullo, i bisogni e la ragione L’uomo può dipendere: 1. dalle cose (dipendenza propria della natura): non nuoce la libertà e non genera vizi, non ha carattere morale; 2. dagli uomini (dipendenza propria della società): essendo disordinata genera vizi. Grazie ad essa il padrone e lo schiavo si depravano scambievolmente. Per fortificare i corpi e farli crescere, la natura ha dei mezzi che non bisogna contrariare. Se la libertà non è viziata da noi, quello che vogliono i bambini è reale. Tutti i loro movimenti rappresentano dei bisogni: bisogna distinguere con cura il vero bisogno: bisogno naturale o bisogno di fantasia (terza categoria di bisogni: il bambino necessita di essere attivo in forme estremamente varie e volere qualcosa senza uno scopo o un’utilità precisa; può essere considerato capriccio o bisogno di attività). La sofferenza può essere cancellata dalla società ponendo al posto dell’uomo la legge, e introdurre una volontà generale capace di superare quella particolare, in modo da aggiungere ai vantaggi dello Stato, quelli della natura. Il fanciullo deve vivere la dipendenza dalle cose, seguendo l’ordine naturale, il quale deve essere rispettato nella sua educazione. Ai capricci bisogna opporre punizioni: è sufficiente impedire a Emilio di compiere il male, così come è necessario supplire nelle forze mancanti, in misura di cui ne ha bisogno per soddisfare le esigenze naturali.  Non bisogna ostacolare l’operato della natura nella crescita, così come insegnare comportamenti cortesi vani che possano essere utilizzati poi da Emilio stesso per comandare. (parole come per piacere vanno sostituite con un “fate questo” con annesso un significato).  Bisogna evitare l’eccesso di severità e di indulgenza: nel primo caso, lasciando i bambini soffrire, si mette in pericolo la loro vita, nel secondo, evitando ogni malanno, non si abituano ad affrontare le prove della vita. La libertà concessa a Emilio compensa i piccoli dolori che vive, e così si opera per il suo bene non solo nel presente lasciandolo libero, ma anche per il futuro, dotandolo delle strategie per affrontare i problemi; si godono i beni più grandi affrontando i mali più piccoli. Se l’essere umano non conosce la sofferenza, non può provare sentimenti di tenerezza, e lo si rende infelice abituandolo ad avere tutto sin da piccolo (il fanciullo chiede ogni cosa e la ottiene e, quando si vede rifiutare quello che vuole, inizia ad arrabbiarsi e diventa sempre di più scontento); questa condizione è puramente artificiale.  E’ necessario che il bambino viva spensieratamente e senza costrizione la fanciullezza, poiché con l’età della ragione inizierà a essere sottoposto alla società; egli deve ottenere le cose non per il semplice capriccio, ma in virtù del bisogno, e deve agire non per obbedienza ma per necessità. Prima dell’età della ragione, Emilio non è in grado di conoscere la morale e le relazioni sociali; bisogna perciò evitarne la spiegazione prematura per evitare che lui si crei idee negative difficili poi da estirpare. eccessivamente la situazione. Per dominare il ragazzino, è necessario che l’adulto domini sé stesso. L’idea di proprietà a partire dall’esperienza E’ impossibile crescere il fanciullo sino a 12 anni, nella società, senza trasmettergli nozioni circa i rapporti tra esseri umani e la moralità delle loro azioni; bisogna trasmettere questi insegnamenti il più tardi possibile e quando sono necessari, limitarli all’utilità del momento. I sentimenti e doveri originari si rivolgono alla persona e al suo benessere; il primo sentimento della giustizia nasce da quella dovuta a noi stessi. Il ragazzo si relaziona principalmente con le cose e l’esperienza gli insegna il rispetto per chi lo supera in età e forza, ma le cose sono inanimate e perciò è necessario trasmettergli il significato di proprietà: singolare il dialogo riportato da Rousseau in cui Roberto, il giardiniere, rivendica i suoi meloni, rovinati dal lavoro fatto da Emilio con delle fave. Il giardiniere concede un pezzo di terra a Emilio e al suo maestro senza condizioni, se non quella di non toccare i suoi meloni. Vivendo in campagna, Emilio ha l’occasione di conoscere i lavori agricoli e avrà il desiderio di creare e sperimentarsi. Il pedagogo deve favorire questo desiderio e lavorare con l’allievo: aiutandolo a coltivare qualcosa, gli si può trasmettere l’appartenenza di quanto si sta curando. In questo modo, il fanciullo capisce che quanto sta facendo crescere, è il frutto del suo impegno e fatica, e che può rivendicare contro qualsiasi individuo. L’idea della proprietà ha così origine dal diritto del primo occupante per mezzo del lavoro. Gli insegnamenti del maestro devono basarsi sull’azione piuttosto che sulle parole, poiché il ragazzo dimentica facilmente quanto udito, ma non quanto ha fatto. L’allievo guasta tutto ciò che tocca: bisogna mettere fuori dalla sua portata ciò che può guastare e deve, inoltre, sperimentare il danno di esserne privo. “Se infrange le finestre bisogna lasciare che soffi nella sua stanza senza curarsi di possibili raffreddori. Nel caso in cui avvenga nuovamente, il bambino verrà chiuso in una stanza senza finestre e infine gli verrà proposto un accordo quasi sacro e inviolabile per mezzo del quale a lui verrà resa la libertà e lui non romperà più i vetri.” Circa quando iniziare ad insegnare i primi rudimenti della morale, bisogna cominciare a seconda della sua indole. Il vizio, la menzogna e la trasparenza della coscienza Come già detto, la punizione non deve essere impartita in quanto tale, ma deve essere la conseguenza naturale delle azioni del giovane, il quale ad esempio, se ha mentito, deve vivere le conseguenze della bugia. La menzogna è di due tipi: 1. quella di fatto che riguarda il passato (ha luogo quando si nega di aver fatto ciò che si è fatto); 2. quella di diritto che riguarda il futuro (si verifica quando si promette ciò che non si vuole portare a termine o quando si ha un’intenzione diversa da quella reale). Entrambe sono innaturali, ancor di più la seconda perché gli impegni assunti dal fanciullo non hanno valore, essendo la sua immaginazione ancora incapace di protendersi oltre il presente. In questo contesto, quindi, egli non sa quello che fa nell’assumere impegni e di conseguenza non può mentire; le menzogne, quindi, sono il frutto dell’opera dell’adulto che, avendo fretta di educarlo, preferisce impartirgli lezioni morali piuttosto che impegnarsi in modo tale che il ragazzo non diventi falso. Bisogna invece trasmettere solo lezioni pratiche, non esigere da lui la verità: Emilio solo più tardi scoprirà meravigliato che cosa sia la bugia e non avrà interesse a mentire in virtù della crescita indipendente dalla volontà altrui. Il buon pedagogo, allora, non deve avere fretta di pretendere da lui, ma esigere, al tempo opportuno, ciò che è adatto, in modo che il suo allievo cresca senza corrompersi. Un discorso simile vale anche per le pratiche caritatevoli, che non devono essere svolte da Emilio bensì dal suo educatore, in quanto opera solo di uomini adulti che conoscono il valore di quanto danno e di cosa hanno bisogno gli altri, poiché in questa età il fanciullo non è ancora pronto per ciò; bisogna operare in modo che gli esempi si fissino nella memoria dell’alunno, e poi nel cuore, e preferire che l’elemosina sia imitata osservando il precettore, che deve impedirgli di farlo almeno apertamente, (è meglio l’elemosina fatta in segreto). In questa età, quando i sentimenti non sono ancora ben formati, è comunque necessario far imitare al fanciullo ciò che si vuole trasmettere come abitudine, in modo che in futuro diventi opera eseguita col cuore; l’imitazione è propria della natura umana, ma diventa pericolosa in società, perché incita l’uomo ad allontanarsi dalla propria condizione originaria (Emilio, se ben educato, non sentirà questa necessità). L’unica lezione di morale necessaria è non far del male a nessuno, e il principio del bene deve discendere da questa; in alcuni casi, è necessario educare precocemente alla morale l’allievo in modo da allontanarlo dalla corruzione, ma Emilio, se educato in modo naturale, sfuggirà da questa necessità. Secondo Rousseau, può capitare che un fanciullo sia maggiormente dotato rispetto a un altro, ma l’adulto, molte volte, interpreta in maniera sbagliata quei segni che in realtà rivelano la tipica vivacità di uno spirito giovane. Può capitare che i pensieri più insoliti siano formulati dal ragazzino, ma non gli sono propri; ciò che egli dice, ha per lui un valore diverso rispetto a quello che noi attribuiamo. Emilio deve essere trattato secondo la sua età, bisogna sì esercitare le sue forze ma non esageratamente per evitare di esaurirle; se egli si mostra acuto di intelletto, dapprima bisogna lasciarlo libero in modo da esercitarsi ma successivamente, è meglio tenere a freno gli entusiasmi più complessi perché da adulto, si avranno solo intuizioni deboli. E’ necessario rispettare l’infanzia, senza giudicarla precocemente in bene o in male; bisogna lasciare la natura agire liberamente prima che sia l’uomo a intervenire, in modo da non guastare l’operato della prima. Comunemente si dice che a non impiegare il tempo, questo è perso, ma non c’è nulla di negativo del tempo usato male che di quello non adoperato. Se la memoria e il ragionamento sono diversi, è pur vero però che non possono svilupparsi davvero l’una senza l’altro. Nella fanciullezza, il ragazzo non possiede idee, ma immagini: queste ultime sono rappresentazioni di oggetti, mentre le prime sono concetti di cose uniti in rapporti; la capacità immaginativa è una sorta di vedere, mentre concepire idee significa operare confronti. Le sensazioni umane sono passive, mentre le percezioni discendono da un principio attivo che giudica. Emilio, non essendo capace di giudicare, non è dotato di vera memoria, e ricorda raramente suoni e figure, ma ciò non implica che non possieda una forma di ragionamento propria, bensì il fatto che egli è abilissimo nel giudicare circa tutto quanto appartiene al suo interesse immediato e concreto. “Anche senza studiare sui libri, la memoria tipica di un bambino non rimane passiva. Egli rimane colpito da tutto ciò che vede e che sente e che se ne ricorda, registra dentro di sé le azioni e i discorsi degli uomini e tutto ciò che lo circonda…” Gli insegnanti comuni sbagliano nell’attribuire al fanciullo la capacità di acquisire conoscenze di cui in realtà egli non ne è dotato, e lo si vede di conseguenza costretto a imparare discipline circa cose che non appartengono naturalmente al suo spirito. Essi scelgono di insegnare ai fanciulli quelle materie che in realtà non sono adatti a quest’ultimi, ma che invece sono favorevoli ai maestri stessi perché non sono concrete e si possono ottenere risultati facilmente (si pensi a quelle dotate di nomenclatura come la geografia, le lingue). Il ruolo delle favole e dei libri Lo studio delle lingue è inutile sino ai 12 anni, e Rousseau è convinto che pochi fanciulli siano capaci di apprenderne due. Lo studio delle lingue sarebbe adatto ai ragazzi solo se limitato alle parole, ovvero ai segni e suoni che le esprimono: ma esse vanno oltre ciò, perché ognuna è portatrice di idee che cambiano, così come danno vita a forme di spirito sempre diverse; si insegna una forma di spirito al fanciullo, l’unica conservata sino all’età della ragione, ma non si può insegnarne due per il fatto che egli non è capace né di confrontare diverse idee, né di averne. Per nascondere questa inabilità, si insegnano allora le lingue morte (greco, latino) per le quali non vi sono più uomini che le possono giudicare. Lo stesso discorso vale per la geografia: si pensa di far imparare al giovane nomi di città, di catene montuose ecc., ma egli conosce solo le carte e non riesce a immaginare l’esistenza reale di tali elementi. E’ sbagliato insegnare la storia: comunemente si ritiene che sia adatta allo studio in quanto raccolta di fatti; bisogna però conoscere il vero significato dei “fatti”, il quale non è costituito da semplici azioni ed eventi compiuti dai personaggi, ma da rapporti più complessi che, ancora una volta, Emilio non riesce a cogliere. Così come non esiste una disciplina composta da sole parole, non può esservi uno studio appropriato ai ragazzini, i quali, non avendo vere idee, non hanno una vera memoria (non è memoria vera e propria quella che raccoglie semplicemente sensazioni), perciò è inutile imprimere nelle giovani menti un insieme di segni che non hanno senso per loro; questa inutilità è motivata dal fatto che la natura ha dotato il fanciullo della duttilità del cervello necessaria per acquisire per tempo quelle idee che gli serviranno un giorno a comportarsi in maniera adatta al proprio essere, non soggette a mutamento. Anche se Emilio non si impegna nello studio dei libri, la sua memoria è pur sempre in attività, poiché tutto ciò che lo colpisce, viene ricordato; spetta perciò al maestro il compito di scegliere quegli oggetti che può presentare all’educando, con lo scopo di creare conoscenze, nella giovane mente, utili per l’educazione successiva, crescendo così un uomo adulto robusto in tutti i sensi. Anche le favole (esempio quelle di La Fontaine, definite ingenue e affascinanti) non devono essere imparate a memoria, perché queste possono istruire gli uomini, ma non il ragazzino, al quale bisogna spiegare per davvero cosa vi è contenuto; egli non può comprenderle perché contengono idee che la sua mente non è capace di elaborare, ma solo concetti che se appresi in tenera età, portano ad avere una morale confusa. Al massimo si può insegnare a lui, in maniera semplice, che alle loro funzioni, così come imparare a conoscere i rapporti sensibili tra sé stessi e l’ambiente. La prima forma di ragione umana è quella sensitiva, dal momento che ciò che giunge all’intelletto penetra attraverso i sensi, e tale forma è la base sulla quale si costruisce poi la ragione intellettuale; di conseguenza, i primi “maestri” sono le mani, gli occhi, i piedi. Un bambino, cominciando a camminare, esplora, guarda, osserva, non resta un momento inattivo: non si fida di nulla che dopo aver esaminato tutto, proprio come un gatto. Diversamente dal gatto, aggiunge, per osservare, le mani, che gli dona la natura. Per imparare a pensare bisogna tenere in forma il corpo e i sensi, strumenti dell’intelligenza : la ragione non si sviluppa indipendentemente dal corpo, ma la salute di questo favorisce l’operato della prima; in virtù di ciò, il fanciullo deve indossare vestiti che gli permettano un movimento libero, di colore accessi che sono quelli che egli gradisce di più, così come la comodità dei primi (il suo primo desiderio è sentirsi a suo agio). Se il corpo è in movimento oppure no, bisogna seguire alcune regole fondamentali: 1. Se il corpo è in movimento, si deve utilizzare un abbigliamento che permette all’organismo di abituarsi ai cambiamenti veloci del caldo e freddo, 2. Se è inattivo, deve essere coperto in modo da mantenere una temperatura costante. Bisogna però abituare il fanciullo a sopportare il freddo: questo, a differenza del caldo, non nuoce esageratamente, ma anche al secondo Emilio deve essere abituato. In entrambi i casi, il processo deve essere graduale. La sete deve essere soddisfatta per tempo, con acqua pura, senza neanche il bisogno di intiepidirla. Rousseau spiega solo come sia meglio lasciare un po' a prendere aria l’acqua derivante dalle sorgenti, per quanto riguarda quella del fiume invece non ci sono precauzioni da prendere. Per quanto riguarda la fame l’autore è convinto che i nostri primi appetiti siano sregolati che anche senza soddisfarli sempre non si rischi la morte. Emilio necessita di un lungo sonno, essendo sempre in movimento; sia il moto che il riposo sono fondamentali a una buona salute. L'abitudine più salutare consiste nell'alzarsi e coricarsi col sole, ma vivendo in società ciò non è sempre possibile; bisogna però applicare la regola di natura non appena è possibile. E' altresì fondamentale che il fanciullo, gradualmente, impari a sopportare i bruschi risvegli, il fatto di coricarsi tardi, a svegliarsi presto; essendo in movimento tutto il giorno, non avrà difficoltà nell'addormentarsi. Anche in questo ambito bisogna far leva sul desiderio del ragazzino, anziché usare la forza (esempio: per svegliarlo presto gli si propone ad Emilio un’attività di suo gradimento o per farlo dormire, una mattinata alquanto noiosa). L’uomo è costretto a sopportare il dolore, la malattia nella propria vita, e non può sfuggire a questi; se il fanciullo viene abituato sin da subito a questi, si eviterà di aggiungere al peso del dolore stesso, l’incapacità di sopportarlo originata da un’eccessiva sensibilità. La stessa cosa vale per il pericolo: familiarizzando con questo, si eviteranno turbamenti eccessivi. “La costanza e la fermezza, come le altre virtù, si esercitano durante l’infanzia. Tuttavia, non si può insegnargliele facendo imparare al bambino il loro nome, ma praticandole senza sapere che cosa siano.” Il tatto e la vista Le prime facoltà che si sviluppano nell’uomo sono i sensi e di conseguenza, bisogna iniziare ad esercitare proprio questi: non è sufficiente solo il loro uso, ma è necessario anche imparare a giudicare bene per mezzo degli stessi. Se Emilio sarà abituato a prevedere gli effetti dei propri movimenti e a correggere gli errori con l’esperienza, il giudizio si svilupperà velocemente. I sensi umani non sono sviluppati tutti allo stesso modo; quello più attivo è il tatto, che agisce anche quando la persona è a riposo, permettendole di conoscere i vari stimoli provenienti dall’ambiente. Questo senso può sostituire la vista nel caso dei ciechi, ma può essere utile anche ai vedenti: il tatto può arricchire la conoscenza delle cose, non piena se limitata alla vista. Rousseau afferma che Emilio deve imparare ad avere occhi nelle dita, poiché il tatto può aiutare in situazioni in cui non è possibile vedere: se siamo in una stanza buia battendo le mani capiamo se è grande o piccola, se siamo su un’imbarcazione dal modo in cui il vento colpisce la faccia si capisce la direzione. Emilio deve essere abituato anche al buio; un valido metodo è coinvolgerlo in giochi con altri fanciulli che, come lui, devono essere avvicinati all’oscurità. Questi giochi devono svolgersi serenamente e distrarre i partecipanti dalla paura del buio (originata dall’impossibilità di distinguere perfettamente gli oggetti, e resa sempre più viva dall’immaginazione che porta a vedere cose che in realtà non esistono). I giochi che propone sono volti a non rendere i bambini ancora più timorosi del buio (come invece l’effetto sorpresa provoca). Rousseau creerebbe dei labirinti nel buio con degli oggetti, come sedie e tavoli, che i bambini devono evitare; oppure in una stanza farebbe cercare ai bambini degli oggetti appesi a un muro appena imbiancato (così che se il bambino si sporca vorrà dire che avrà usato poca concentrazione). Arriverà a queste soluzioni per dimostrare come i bambini normalizzando il buio non ne avranno paura. Nonostante il tatto sia il senso più esercitato rispetto gli altri, le sue sensazioni sono le più imprecise, poiché esso è accostato sempre alla vista, con la quale si colgono più velocemente le cose e la mente elabora le percezioni visive scartando quelle tattili; le percezioni visive sono però imprecise perché si estendono su un raggio molto esteso, a differenza di quelle tattili, ben precise perché limitate. Il tatto quindi è forse il senso che favorisce più di altri la conservazione della persona e può anche sostituire l’udito (le onde sonore producono su un corpo vibrazioni che possono essere colte col tatto stesso); è perciò importante che la pelle si abitui all’azione dell’aria, essendo suo il compito di proteggere il corpo. Le sensazioni provenienti dal tocco sono concentrate attorno a noi, mentre quelle visive si allontanano velocemente; da ciò si può capire come la vista non faciliti il giudizio, anche a causa dell’esistenza di diversi metodi di misura da parte dell’occhio. Per avere una conoscenza esatta della realtà, bisogna integrare le percezioni della vista con quelle del tatto; è facile motivare il fanciullo alle attività di misurazione, che implicano il movimento (ad esempio: entrambi abbiamo fame, davanti a noi vi sono due strade che conducono ai rispettivi villaggi; quale strada sarà la più corta, in modo da arrivare prima in un luogo ove sfamarsi?). “Poiché la vista, tra tutti i sensi, è quello più difficile da separare dai giudizi della ragione, occorre molto tempo per imparare a vedere; bisogna confrontare a lungo la vista con il tatto per abituare il primo di questi due sensi a farci un rapporto fedele sulle figure e sulle distanze.” L’occhio non fornisce una misurazione corretta di un oggetto, e in ciò viene in aiuto il tatto: manipolando e palpando l’oggetto in questione, ci si può fare un’idea delle sue corrette dimensioni. Per saper valutare l’estensione e le dimensioni dei corpi, bisogna conoscere le forme geometriche e saperle imitare; il bambino è predisposto all’imitazione, si dedica spontaneamente al disegno e deve coltivarlo in modo da affinare la vista e la precisione della mano. Emilio non deve abituarsi a disegnare le cose a memoria, ma a riprodurle partendo dall’oggetto reale; egli inizialmente produrrà degli scarabocchi, man mano la sua mano si abituerà a un tratto delineato, acquisendo non la capacità di imitare quanto visto nella realtà ma di conoscere come realmente un oggetto è fatto. L’arte del disegno viene esercitata sia dall’allievo che dal suo maestro; i disegni diventano poi abbellimenti della camera stessa di Emilio che, osservandoli, sarà incitato a fare di meglio. La geometria non è adatta al fanciullo perché viene insegnata male dal maestro: il precettore deve essere consapevole che il ragazzino non è dotato dell’arte di ragionare (tipica dell’adulto), bensì di quella del vedere, ed è necessario che accetti il metodo di quest’ultimo anziché imporre il proprio. Il pedagogo deve cercare assieme al fanciullo le proprietà delle varie figure, ma lasciare che sia quest’ultimo a trovarle (se il primo traccerà linee non ugualmente lunghe con una penna legata, tramite un filo, a un perno, Emilio arriverà a capire che queste non possono essere di diversa lunghezza, e lo farà presente al maestro stesso). E’ più importante conoscere la precisione delle figure che dimostrarla: ci si deve preoccupare di tracciare, ad esempio, linee eguali e, per verificare la precisione delle figure, ci si concentrerà sulle loro proprietà sensibili. In generale, l’esercizio aiuta a capire come servirsi delle proprie capacità e come adoperarle meglio. L’udito, la voce e il gusto Per poter udire, è necessario che qualcosa si muova attorno a noi; all’udito corrisponde la voce, della quale l’uomo possiede tre tipologie: 1. parlante o articolata; 2. cantante o melodica; 3. patetica o accentuata. Anche il fanciullo ne è dotato, ma non è ancora capace di accostarle, così come non lo è nell’impiegare le esclamazioni in tutte le tipologie; egli di frequente grida, ma non è capace di modulare il tono della voce. Bisogna quindi insegnargli a parlare in modo chiaro, a pronunciare correttamente le parole e nel canto, a rendere la voce stessa intonata. Non è necessario insegnare molto presto a leggere la scrittura, e la stessa cosa vale per la lettura della musica: meglio evitare alla giovane mente forme di attenzioni troppo faticose. La musica stessa può essere ascoltata e viene imitata in maniera maggiormente corretta che attraverso la lettura stessa; iniziando ad accostare Emilio alla musica, bisogna prima insegnargli la composizione di frasi regolari, poi il collegamento con una semplice modulazione. Rousseau giunge alla conclusione che si può insegnare la musica in qualsiasi modo, a patto che non sia altro che un divertimento. Sollecitare il gusto del fanciullo è uno dei modi più semplici per ottenerne l’attenzione; gli esercizi fisici possono essere accompagnati da una ricompensa costituita da cibo. La golosità è tipica della fanciullezza e per facilitare la fame in Emilio, non è necessario languire quest’ultimo, è sufficiente far leva sull’appetito naturale del giovane. Il senso del gusto è quello che più di altri offre le sensazioni che ci colpiscono di più; la sua attività è puramente materiale e difficilmente è collegata all’elaborazione da parte dell’intelletto. Nella distinzione di quanto può essere assunto dal corpo e di ciò che invece è dannoso, non ci è utile l’esperienza dei vari cibi ma il piacere, attraverso il “Vi è una sete di conoscenza che si fonda soltanto sul bisogno di essere considerati dotti, ne esiste un’altra che nasce dalla curiosità naturale dell’uomo… il principio originario della curiosità è il principio naturale del cuore umano che, però, si sviluppa solo in proporzione alle nostre passioni e ai nostri lumi.” Bisogna escludere dal sapere quelle conoscenze che non provengono dal desiderio naturale, limitandosi invece a quelle che l’istinto spinge a ricercare. In questo paragrafo Rousseau riprende l’importanza della geometria, già analizzata nel secondo libro (e da Platone ne “la Repubblica”), in cui l’osservazione e la riproduzione delle forme permette di passare dalla necessità all’utile. Una nuova didattica che parte dall’esperienza Pochi anni prima il pedagogo si è limitato a insegnare al fanciullo solo ciò che lo riguardava immediatamente, mentre ora si spinge oltre; questo progresso deriva dallo sviluppo delle forze e della mente. Durante il periodo di debolezza, la necessità della conservazione concentra l’interesse all’interno dell’individuo, mentre in quello di potenza, egli si spinge oltre la realtà che lo circonda, rimanendo però il pensiero della mente ancora limitato allo spazio che si può vedere e misurare. Nel passaggio dalle idee sensibili a quelle mentali, la mente, nelle sue operazioni, deve essere ancora guidata dai sensi: le uniche fonti di conoscenza devono essere la natura e i fatti. Emilio deve essere abituato ad osservare attentamente i fenomeni naturali, solo così diventerà curioso; per alimentare la curiosità, non bisogna affrettarsi a soddisfarla. Quando egli vede un nuovo oggetto, lo esamina a lungo riflettendo senza dir nulla e, solo quando è assorto nello studio di quanto ha davanti, gli si può porre qualche breve domanda in modo da avviarlo alla soluzione. Circa l’insegnamento della geografia, bisogna iniziare col mostrare direttamente la realtà. Il fanciullo si limita a scorgere gli oggetti poiché non è ancora in grado di elaborare relazioni mentali di questi; egli non può ancora comprendere i discorsi complessi della poesia e dell’eloquenza, perciò è necessario continuare ad essere chiari e semplici. In modo da abituare il ragazzo ad essere attento, la ricerca della soluzione ai problemi deve continuare per un po’ di tempo, prima di scoprirla. Se l’allievo pone una domanda (dove passa il sole da quando tramonta a quando sorge?) bisogna chiarirla con un’altra (osserva come passa da quando sorge a quando tramonta tramite l’osservazione): questa è cosmografia, non si necessitano di carte globi o sfere, basta dimostrare un oggetto partendo dall’osservazione. Circa le scienze, si discute se utilizzare il metodo analitico o quello sintetico; Rousseau sostiene che non è sempre necessario scegliere, perché alcune volte l’uso dell’uno e dell’altro sono la stessa cosa, mentre in altre occasioni uno può fungere da correttivo per l’altro. Non è importante insegnare le scienze al ragazzo, ma il gusto di apprenderle e i metodi giusti per impararle. Emilio costruirà la propria carta geografica da solo: prima segnando la città in cui abita e la casa di suo padre, poi i luoghi intermedi e gli elementi fisici che li circondano, sino ad arrivare ad altri man mano che conosce la distanza e la posizione (a ciò servivano gli esercizi per rendere la vista precisa); in questa attività, egli deve essere seguito un poco dal maestro, ma se sbaglia, deve essere libero di correggere i suoi errori, in modo da imparare. Non è importante conoscere esattamente la geografia di un paese, ma sapere come apprenderla; il fanciullo deve continuare ad avere idee chiare e semplici. Questa parte di vita, successiva all’infanzia, è molto breve, e sembra che il tempo a disposizione non basti per fare quanto è necessario, poiché ben presto l’attenzione di Emilio sarà distolta dalle passioni nascenti. Bisogna abituarlo a porre attenzione a lungo su un oggetto: si può procedere in questa attività gradualmente e, se il fanciullo pone delle domande, bisogna prima analizzare i motivi che lo portano a formularle, e poi rispondere solo per alimentare la sua curiosità; il metodo d’insegnamento corretto è quello basato su un ordine di connessioni ove un elemento particolare richiama il suo precedente in modo da poter giungere al successivo. “La curiosità è legata a tutti gli oggetti sensibili, ma in realtà è anche quelli che si connettono ad altri oggetti nel formare un’esperienza più ordinata e armonica.” Per esempio Emilio giungerà a conoscere la bussola attraverso una lunga serie di esperienza con la calamita. Queste vicende si svolgono insieme al maestro che diventa un modello e una guida: l’allievo prende consapevolezza di ciò e vede il gouvernour intervenire, in modo sempre più diretto e riconoscibile nell’attività del fanciullo. L’educazione negativa utilizzata da Rousseau orienta il comportamento di Emilio. Per spiegare questo concetto utilizza un esempio in cui lui e il ragazzo hanno cercato di ripetere un gioco sostenuto da un prestigiatore, rischiando di svelarne il trucco e facendo adirare il prestigiatore stesso. Quest’ultimo scusa Emilio ma non Rousseau, che con la sua esperienza avrebbe dovuto essere più autorevole e consigliare il giusto comportamento. “Si avvicina il momento in cui i nostri rapporti dovranno cambiare, la severità del maestro deve sostituire la compiacenza del compagno. Questo cambiamento deve avvenire per gradi, occorre prevedere tutto con molto anticipo.” Rousseau sostiene la necessità, da parte dell’uomo, di costruire da sé le macchine, e ciò deve avvenire dopo l’esperienza; solo dopo aver vissuto casualmente l’esperienza conoscitiva, ci si può cimentare man mano nella realizzazione dello strumento che deve verificarla. In questo modo, le conoscenze apprese autonomamente risultano più solide e non si abitua la mente alla pigrizia, ma la si rende attiva nello scoprire rapporti e somiglianze. Queste occupazioni permettono a Emilio di mantenersi in movimento anche se apprende lezioni teoriche, e di rendere abile la manualità; gli strumenti creati per guidare l’uomo nell’esperienza, trascurano l’esercizio dei sensi. Le conoscenze teoriche non giovano alla mente del giovane, anche se egli è adolescente; il maestro deve operare in modo che le esperienze discendenti dalla teoria siano collegate, così da facilitare un’ordinata memorizzazione. Quando il ragazzo arriva a conoscere in cosa consiste davvero il suo interesse e riesce a cogliere le relazioni tra pensieri circa cosa gli conviene o no, arriverà a capire la differenza tra lavoro e divertimento, e a capire che quest’ultimo è il riposo dal primo. Non è importante che il bambino abbia tante conoscenze ma che comprenda l’utilità di ciò che conosce. Questo lo renderà adulto poiché sarà abituato a dipendere dal suo giudizio e dalle sue capacità (il tema dell’utilità è utilizzati da diversi autori del Settecento: esempio, Diderot). “Il vantaggio di queste lente e laboriose ricerche è mantenere il corpo in attività, le membra agili e di formare continuamente le mani al lavoro e agli usi utili all’uomo. Fabbricando tali macchine, guadagniamo, senza nulla perdere, aggiungendo l’arte alla natura e diveniamo più ingegnosi senza divenire meno accorti. Invece di inchiodare il fanciullo ai libri, questo viene tenuto occupato in laboratorio, le mani lavorano a profitto dello spirito.” A che serve ciò? L’uomo aspira alla felicità, ma per poter essere tale deve conoscerla: questa consiste nel non soffrire e le condizioni che lo portano al benessere sono la libertà, salute e lo stretto necessario. Il fanciullo è interessato solo da oggetti fisici; quando egli diventa abile nel prevedere il bisogno prima che questo appaia, inizia a conoscere il valore del tempo e il maestro deve quindi guidarlo nell’impiego in qualcosa di utile per la sua giovane età. Non bisogna forzare Emilio ad andare oltre a ciò che può comprendere: diventerà altrimenti dipendente da un’altra persona in grado di guidarlo ovunque. Una volta che il ragazzo avrà compreso il significato della parola “utile”, gli si potrà insegnare man mano l’utilità di ogni cosa, tramite la domanda “a che serve ciò?”. Emilio imparerà velocemente a porre di frequente questa domanda di fronte a quanto il precettore gli chiederà di fare, e se quest’ultimo avverte la difficoltà nel rispondere, capendo che egli vuole semplicemente trarlo in inganno, non dovrà rispondergli. Non è compito del maestro proporre al fanciullo quanto deve apprendere, ma deve essere quest’ultimo a desiderare cosa imparare; il primo dovrà collocarlo nelle condizioni adatte all’apprendimento. Inoltre, non è importante che Emilio impari una cosa piuttosto che un’altra, ma deve capirla bene, così come la sua utilità. Anche se vicino all’adolescenza, non bisogna accompagnare l’insegnamento con discorsi difficili perché, se il fanciullo non li comprenderà, distoglierà l’attenzione impiegandola su altro; bisogna rendere una prova, adatta alle sue capacità. Riporta in esempio il momento in cui Emilio si rese conto dell’importanza dell’astronomia: il maestro e l’allievo si erano persi dopo una passeggiata e al posto di dare a lui la soluzione, Rousseau sprona il fanciullo a raggiungerla in autonomia. Per farlo utilizza la posizione della foresta a nord di Montmorency, osservata qualche giorno prima, le osservazioni fatte precedentemente di luoghi vicini e i punti cardinali. Questo esempio sottolinea la differenza tra il metodo rousseauniano e quello tradizionale: gli insegnamenti, come quello della geografia e dell’astronomia, devono essere considerati utili dall’allievo ed è quindi necessario partire dall’esperienza concreta, così da comprendere l’importanza di alcune nozioni astratte come il movimento del sole e i punti cardinali. Al precettore verrà naturale dire ad Emilio che i suoi insegnamenti gli saranno utili, ma non riuscirà nel proprio intento se non sarà capace di convincerlo totalmente; egli deve mostrare al ragazzino solo ciò che può vedere, e non appena Emilio sarà capace di ragionare, il pedagogo stesso non dovrà fare paragoni con altri ragazzini, ma confrontarne le capacità attuali con quelle del passato, in modo da spronarlo a migliorarsi. “Non mostrare mai nulla al bambino che non sia in grado di vedere.” Il Robinson Crusoe Rousseau odia i libri e riprende l’episodio in cui Ermes dona gli uomini la scrittura condannandoli a restare lontani dalla verità. “I cervelli ben preparati sono i monumenti sui quali le conoscenze umane possono essere impresse in modo più duraturo.” L’autore riprende Platone il quale pensava che i segni scritti indebolivano la memoria e che l’eccessivo utilizzo della scrittura nelle pratiche educative allontanassero dall’esperienza diretta. Se il fanciullo si dedicasse a un lavoro esercitato frequentemente dagli uomini di società, come ad esempio l’artista, si troverebbe a dover soddisfare la volontà di numerosi ricchi in cambio di denaro, preoccupandosi così anche di ottenere ricchezza; operando così, egli si troverebbe schiavo di questi uomini e soprattutto del denaro, e in breve si sentirebbe infelice; se invece si dedicherà a un’attività nella quale possa adoperare le proprie mani e le conoscenze possedute, eviterà questa spiacevole condizione e padroneggerà un’arte utile nel momento del bisogno. Le attività lavorative da evitare sono, ad esempio, attore di teatro, ricamatore, verniciatore; Emilio deve sentirsi libero nella scelta di una professione tra quelle rimaste, tenendo conto della necessità, relativa ad essa, di non pretendere dal lavoratore qualità negative che arrivino ad abbruttire l’animo limpido e giovane. Rousseau, nella scelta del mestiere per il suo allievo, segue il pensiero di un noto pensatore del suo tempo (Locke), sostenitore del fatto che è dovere del cittadino darne altri allo Stato e tramite questo tributo così pagato, arricchire la società di artigiani; non appena i suoi figli avranno raggiunto l’età adatta, sceglieranno da soli l’occupazione preferita, tralasciando quelle che conducono all’ozio. Questo esempio, accanto all’educazione ricevuta, porta Emilio a disprezzare quanto esiste di inutile e a dedicarsi invece a quanto, secondo lui, vale la pena investire in tempo e forze; il precettore, mostrando le opere della natura e dell’arte al ragazzo, ne alimenta la curiosità e ha la possibilità di studiare i suoi gusti e seguirlo dove la curiosità stessa lo porta, senza però scambiare l’imitazione per un’inclinazione propria del suo animo. E’ necessario quindi osservare attentamente le capacità del giovane per accettarle e conoscere i suoi gusti. Per Emilio, scegliere un lavoro manuale non è difficile perché sin da fanciullo ha acquisito le abilità che possono essere impiegate in qualsiasi occupazione; egli è pronto a tutto, deve solo affinare la prontezza e scioltezza nell’uso dei vari strumenti. Grazie all’educazione che ha ricevuto, il ragazzino è in vantaggio rispetto agli altri: essendo agile e flessibile dal punto di vista fisico, è capace di assumere qualsiasi posizione e di resistere alle fatiche di qualsiasi movimento, i suoi sensi sono precisi e ben esercitati. Bisogna assegnare un mestiere adatto al sesso dell’uomo e, nel caso del fanciullo, adatto alla sua età; bisogna scartare i lavori malsani, ma non quelli faticosi o che possono generare pericoli, poiché questi ultimi costituiscono un importante esercizio per rinforzare il coraggio e temprare l’animo. Il ragazzo deve svolgere la propria mansione con forza e decisione. Il lavoro che Rousseau individua per Emilio come adatto a lui è quello del falegname (può essere svolto in casa, mantiene allenato il corpo, sveglie le mani, è utile ma rende possibile anche l’eleganza e il buon gusto), così come non è disdegnato il fatto di dedicarsi alle scienze speculative (il giovane potrà costruire strumenti di precisione come i telescopi). “Se si ha la possibilità di scegliere e nulla ci costringe, perché non tenere conto del piacere, dell’inclinazione e della convenienza tra mestieri dello stesso livello?” L’occupazione scelta verrà imparata anche dal maestro, perché secondo Rousseau, Emilio imparerà bene solo quanto farà assieme al suo precettore. Entrambi non possono dedicare tutto il loro tempo alla pratica del lavoro scelto: la soluzione migliore è dedicarvisi due volte alla settimana, seguendo non solo le direttive di chi insegna loro, ma anche le sue abitudini (si sveglieranno entrambi alla sua stessa ora, mangeranno con lui e a fine giornata, torneranno alla propria dimora in campagna). Ciò per avere la possibilità di dedicarsi anche ad altre occupazioni vicino casa. Attraverso l’esercizio fisico e il lavoro manuale, il giovane impara a riflettere e a meditare: mentre lavorerà, avrà anche la possibilità di pensare, in modo che gli esercizi del corpo e della mente siano utili reciprocamente. Emilio, lavorando, sperimenta ben preso le disuguaglianze sociali e, vedendo il precettore quale uomo ricco, gli farà osservare che anche lui, come sé stesso, deve impegnarsi nella società; il maestro lascerà l’affermazione priva della propria risposta e lo invoglierà a continuare il lavoro, dicendogli che anch’egli si metterà a lavorare per essere utile. Le sensazioni, le idee e i giudizi Emilio, dopo essersi esercitato a livello fisico e poi nella capacità di giudicare, nonché nell’usare armoniosamente corpo e intelletto, è pronto per diventare un essere sensibile e capace di amore, ma prima di ciò deve imparare a ragionare davvero in modo giusto, anche se in parte già lo sa fare “Inizialmente il nostro allievo provava solo sensazioni, ora possiede idee; prima si limitava a percepire, ora giudica.” Il modo di formare idee conferisce un carattere allo spirito umano; chi forma idee in base a rapporti reali, possiede un’intelligenza solida. L’intelligenza umana è dotata della maggiore o minore capacità di confrontare idee tra loro e stabilire tra queste dei rapporti. Circa le sensazioni, il giudizio è passivo, mentre non lo è riguardo le idee o percezioni poiché opera confronti e accostamenti; la facoltà del giudizio, se si limita a quanto si vede e si sente, non causa inganno, mentre se si giudica un fenomeno fermandosi alla sua apparenza, è facile sbagliarsi. La soluzione a questo problema è l’esperienza. L’errore umano deriva solo dal giudizio: se l’uomo non avesse bisogno di giudicare, non imparerebbe come farlo correttamente, e non si ingannerebbe (questa è una delle leggi della natura), costruendo rapporti solo riguardo alle cose che lo circondano rimanendo indifferente al resto. Questa condizione era sufficiente al fanciullo nei primi anni di vita, ma ora non è più adatta, poiché la sua curiosità si amplifica assieme ai suoi bisogni; Emilio, vivendo ora in società e trovandosi tra nuovi rapporti dai quali dipende, avrà bisogno di giudicare e compito del precettore è insegnargli come farlo efficacemente. Il metodo migliore di giudizio è quello che semplifica le esperienze e procede così: 1. Verifica i dati dei sensi 2. Confronta quelli di un senso con quelli degli altri 3. Verifica i dati di ciascun senso, senza ricorrere agli altri, in modo che ogni sensazione diventi un’idea conforme alla verità. Questo metodo è visibile nel seguente esempio: se il ragazzo vede un bastone in acqua, e pensa che sia spezzato, solo dopo alcuni ragionamenti concluderà che in realtà è intero ed è il fatto di essere conficcato nel letto del fiume, a farlo sembrare spezzato (anche perché si vede solo una parte del legno stesso). “Ecco lo spirito di tutto il mio metodo educativo in questa frase. Se il fanciullo fa rotolare una pallina tra due dita incrociate e crede di sentirne due, non gli permetterò di vedere prima che sia convinto che c’è n’è una sola.” Emilio non ha fretta di trovare la soluzione, ma riflette circa quanto vede e poi esamina le proprie deduzioni prima di rispondere. Quando la mente diventa capace di giudicare, ogni sensazione viene tradotta in un giudizio, e dal confronto di diverse sensazioni nasce un ragionamento. Egli, inoltre, imparando da solo, utilizza solo la propria ragione, e l’attività di ragionare tiene allenata la sua mente; solo così egli fa proprie le conoscenze prima di memorizzarle, senza impararle a memoria senza un senso. Il ragazzino elabora pochi ragionamenti, ma questi sono il frutto solo dell’attività della sua mente, che è ormai pronta ad acquisire sempre più conoscenze; per il momento, a Emilio è sufficiente capire qual è lo scopo di quanto fa e perché crede ciò che crede. Egli conosce i rapporti tra gli uomini e le cose, non ancora quelli morali tra i suoi simili, ed è poco incline ad astrarre, è laborioso e paziente; considera sé stesso senza darsi pensiero degli altri, conta solo su sé stesso, ha vissuto sinora felice e libero, ma sempre quanto la natura gli ha permesso. Gli manca solo di conoscere veramente le relazioni sociali. “Egli considera sé stesso senza riguardo agli altri e accetta tranquillamente che gli altri non pensino affatto a lui. Non esige niente da nessuno e crede di non dover niente a nessuno. È solo nella società umana. L’amore di sé ancora non traspare.” Questo è un ritratto di Emilio al primo approssimarsi delle passioni. Ma, questo quindicenne senza affetti e senza vita del cuore, non ha sicuramente sprecato gli anni precedenti a questo, essendo diventato agile sia fisicamente che mentalmente. Emilio è a questo punto in grado di affrontare quella che per Rousseau è la prova più difficile della sua formazione: la nascita delle passioni e la necessità di costruire legami con gli altri, ossia una specie di seconda nascita. LIBRO QUARTO: adolescenza Il capitolo inizia con una discussione sul tempo che passa velocemente sulla Terra. Rousseau dice che nasciamo due volte l'una per vivere l'altra per esistere. Egli parla di come fino all'età nubile non c'è niente che distingue tra maschi e femmine, tutto è uguale: stessa voce, stesso colorito, stesso aspetto. L'uomo non è fatto per rimanere nell'infanzia, è destinato a crescere, e il momento dell'adolescenza è un continuo fermento di emozioni. Il suo umore si altera e anche le parole che prima lo rendevano docile non hanno più lo stesso effetto. Oltre all'umore cambia anche l'aspetto, la fisionomia: la peluria che cresce in fondo alle guance e la voce muta (ne il fanciullo ne l'uomo riescono a individuarsi all'interno della figura dell'adolescente). Emilio è entrato nella pubertà, che segna la fine della fanciullezza; anche le azioni del gouvernour dovranno modificarsi, dialogando con lui in modo semplice e riportando esempi pratici, impedendo però uno sviluppo smodato delle passioni e la nascita di vizi e cattive consuetudini. Questo processo può avvenire lentamente oppure Rousseau delinea dei cambiamenti per cui si può comprendere come il fanciullo sia ormai animato da un fuoco nascente:  Il suo impeto diventa furore  Si irrita subito e dopo si intenerisce  Può versare lacrime senza motivo  La mano di una donna può farlo tremare. Le nostre passioni sono i principali strumenti della nostra conservazione: non devono essere distrutte, Dio non vorrebbe. Chi dicesse di impedire alle nostre passioni di nascere sarebbe considerato da Rousseau un folle tanto quanto chi le vorrebbe annientare. Questo è il secondo nascere di cui parla, nell'epoca in cui finiscono le educazioni ordinarie e l'uomo nasce veramente alla vita (Rousseau fa riferimento a se stesso quando, a 16 anni, incontrò Madame de Warens). Le passioni sono gli strumenti della conservazione ed è inutile distruggerle. Le passioni naturali sono quelle che rendono liberi e invece quelle che soggiogano arrivano dall'esterno. L'amore di sé è visto come la sorgente di tutte le passioni perché nasce con l'uomo e morirà con lui. Rousseau afferma che per conservarci è necessario amare noi stessi e tutto ciò che ci conserva (amore del fanciullo per la nutrice e di Romolo per la lupa che lo ha allevato). “L’amour de soi” è sempre buono e conforme all’ordine naturale.” 3. La pietà che proviamo per i mali altrui non si misura sulla quantità di questo male, ma sul grado di sensibilità che attribuiamo a quelli che lo sopportano. Si compatisce un infelice solo nella misura in cui crediamo che sia consapevole della situazione. Infatti ci si sente più vicini al dolore che è patito dagli animali che dagli uomini. Si diventa quindi più insensibili alla sorte degli uomini; è ovvio che si stimi poco la felicità delle persone che si disprezzano. Rousseau fa l’esempio dei politici che parlano con disprezzo del popolo, e dei filosofi che giudicano l’uomo malvagio. Emerge qui l’idea di uguaglianza rousseauiana in cui tutti gli uomini hanno la stessa dignità ed essenza positiva. Bisogna dare il tempo al tempo per far nascere e sviluppare le passioni. Non occorre portare esempi e questo è il periodo in cui il maestro riesce a leggere negli occhi e nel cuore dell’allievo. Non occorre giudicare gli allievi se non sono abbastanza sensibili alla morte e alla sofferenza altrui, in quanto alcuni di questi sentimenti non sono mai stati provati da loro. Emilio ha avuto buon senso e semplicità nell’infanzia e sarà altrettanto compassionevole nella giovinezza. Al giovane deve essere concesso tutto e deve essere sempre apprezzato. Deve avere molto spirito ed essere amabile cosi da essere ricercato dalle donne per amarlo. Il ragazzo per non essere sopraffatto dalla vita vera deve sapere cosa avviene nel mondo e non vivere avvolto dalle cure della famiglia: questa per Rousseau è la felicità reale, poiché si assume la consapevolezza dei mali del mondo. L’ordine morale: la vita, l’esempio e le azioni Rousseau fa notare come Emilio, essendo cresciuto secondo un’educazione naturale, non ha bisogno di indossare una maschera per adeguarsi alle convenzioni sociali, ma è sempre pronto a mostrare la sua vera natura. La felicità viene usata per non mostrare che si sta soffrendo in realtà. L’uomo del mondo è chiuso nella maschera che usa per mostrarsi alla società e quindi è straniero a sé stesso. Quando si abituano i bambini ad avere tutto quello che vogliono quando saranno adulti non riusciranno a placare i propri bisogni e saranno invidiosi di quello che gli altri possiedono. In più il suo allievo ha sviluppato una tale sensibilità che lo rende felice realmente (per Rousseau chi è insensibile è infelice perché non può rivolgere nessuna pietà agli altri). Anche la fisionomia crescendo risulta diversa: il bambino cresciuto senza il metodo di Rousseau è impertinente, che allontana le persone sincere, mentre Emilio ha dei lineamenti semplici che rivelano la felicità dell’anima. La fisionomia del volto per Rousseau è data dall’abituarsi a un certo tipo di affezioni (nel fanciullo sono gioia o dolore) ecco perché dice che si può capire un carattere dalla fisionomia del volto. Il suo giovane sarà magari meno amabile rispetto agli altri perché non è in grado di fingere dei sentimenti. Conoscendo le passioni prima del tempo ed essendo stato abituato ad avere tutto, le donne desidereranno il fanciullo cresciuto con un’educazione naturale, ma lui non sarà in grado di amarle. Infatti secondo l’autore, quando si arriva all’età critica bisogna mostrare al giovane degli spettacoli che lo aiutino a frenare le proprie passioni carnali, deve dedicarsi alla vita campestre e allontanarsi quindi dalla città che è fonte di peccato. Occorre sempre seguire le inclinazioni del giovane ma mettendo dei paletti per evitare l’avanzare della natura. Bisogna che l’allievo diventi sensibile e non indifferente alle miserie umane (esempio: i preti ei medici perdono la loro pietà vedendo così spesso le persone morire). Rousseau riporta qui un esempio in cui un militare racconta lui una lezione datagli dal padre, avendo notato nel figlio un comportamento molto temperato attratto dalle donne: cercò di contenere le sue passioni fino all’età adeguata ma notando una propensione verso il genere femminile lo portò in ospedale, così osservo come venivano curati i malati di sifilide. “..non c’è bisogno di grandi discorsi, ma imparate a scegliere i luoghi, i tempi, le persone, poi impartite tutte le vostre lezioni attraverso esempi e stiate certi che avranno efficacia.” È inutile che i maestri si lamentino dell’ardore che è presente nei giovani in quanto è proprio colpa dei maestri che a tempo debito non hanno portato abbastanza esempi e modi per ridurre le inclinazioni più animalesche. Rendere libero l’adolescente per fare in modo che cerchi il proprio pèòàmaestro è il modo per instillare in lui il senso di riconoscenza: il rapporto tra allievo ed educatore si basa su reciprocità e gratuità. Emilio quando era un fanciullo e non amava nulla, dipendeva da sé stesso e dai suoi bisogni, cominciando ad amare dipende dai suoi affetti: i primi legami dell’allievo sono rivolti, innanzitutto verso il gouvernour, e verso le persone che si considerano più simili. Diventando capace d’affetto diventa sensibile a quello degli altri. Cosa può portare il metodo:  Se viene allevato diventando troppo osservatore si compiacerà nel vedere i perversi che vivono nell’orrore senza provare sdegno.  Allevandolo seguendo i principi gli verranno mostrate delle lezioni che rimarranno ben impresse nella mente del giovane. La relazionalità, i principi morali e le azioni umane Finalmente entriamo nell’ordine morale, facendo un secondo passo nell’età adulta: Emilio non ha mai avuto modo di essere in contatto con ragazzi della sua età quindi la prima cosa che fa è comparsi a loro. Da qui l’amore per sé diventa amor proprio ed è in questa occasione che si andrà a formare il carattere di Emilio. Tuttavia bisogna distinguere se le passioni che domineranno il suo carattere saranno umane e dolci, oppure crudeli e volte ai mali. Per Rousseau i sentimenti che nascono dal cuore umano sono fondamentali per la formazione di principi morali. Per studiare gli uomini occorre studiare la società in cui vivono (non si possono trattare separatamente politica e morale). Nello stato di natura il rapporto tra gli uomini è tale da non creare un rapporto di dipendenza l’uno dall’altro, cioè esiste un’eguaglianza di fatto, mentre nello stato civile esiste sempre una persona forte che opprime il debole. Serve vedere in azioni gli uomini per capire se le parole e i fatti vanno sulla stessa lunghezza d’onda. Da qui ne deriva la considerazione dell’ineguaglianza e il quadro dell’ordine sociale in cui la massa è sacrificata alla minoranza e l’interesse pubblico a quello privato. Se fino ad adesso Rousseau sconsigliava lezioni morali troppo complesse per il suo allievo, ora è necessario mostrargli come le azioni delle cause esterne mutano le nostre inclinazioni in vizi. Per fare ciò ora sarà utile studiare storia: così studierà gli uomini come un semplice spettatore senza dare giudizi o accusandoli. Gli storici infatti dovrebbero raccontare alla lettera i fatti così come sono avvenuti. Per il giovane lo storico peggiore è chi giudica i fatti. Ma lo studio della storia porta a dei pericoli:  ci sono purtroppo alcuni autori che intorno a fatti storici narrano e aggiungono elementi anche inventati per facilitare la lettura; esempio “Cleopatra” o “Cassandra” (letti dall’autore con il padre all’età di sei anni);  alcuni raccontano le vicende umane sottolineandole la malvagità;  anche per Emilio risulta difficile mettersi da un punto di vista che consenta di giudicare i propri simili con equità. Non bisognerebbe allontanare i lettori da una corretta interpretazione dei fatti. Rousseau propone delle letture che raccontano le vite di alcuni personaggi storici (riporta degli esempi di “Vite parallele di Plutarco, considerandolo un autore capace di descrivere al meglio i personaggi mostrandone anche gli aspetti positivi). “Ecco l’arte di narrare. La fisionomia non si rivela nei tratti principali, né il carattere nelle grandi azioni, è nelle piccole cose che si scopre il temperamento.” Si vuole fare l’esempio del signore di Turenne, le cui piccole cose lo resero grande amabile: un giorno il domestico lo scambia per un altro servitore, tirandogli una gran pacca sul sedere. Riconosciuto il padrone ne implora il perdono, affermando di averlo confuso per un domestico. Mail signore di Turenne sottolineò che non fosse necessario comunque colpire così forte. Rousseau dimostra come i giovani, abituati a leggere fin dalla fanciullezza senza pensare, non rimangono più colpiti da ciò che leggono, perché hanno già assimilato le passioni e i pregiudizi della vita degli uomini e ciò che fanno sembra normale. Si giudicheranno gli altri in base a ciò che sembra loro naturale non in base a ciò che lo è veramente. Emilio invece, che ha seguito 18 anni di educazione naturale, ha mantenuto uno stato d’animo integro e nel momento in cui lancia la prima occhiata sul mondo vede tutto quello che avviene come se si trovasse dietro le quinte di un teatro. Egli rimarrà sconvolto da quello che gli si mostrerà alla lettura, mentre i ragazzi cresciuti in maniera diversa e avvezzi a leggere libri con queste storie particolari non verranno toccati da questa situazione. Sarà in grado di bloccare tutte le passioni che potrebbero generarsi dentro di lui in quanto sa cosa è bene e cosa non lo è. I filosofi non conoscono bene gli uomini in quanto li leggono solo attraverso i pregiudizi della loro materia. Un selvaggio è invece capace di comprendere quello che avviene dentro l’uomo in quanto vede i difetti dell’uomo come suoi. “Le passioni che condividiamo con gli altri ci sembrano seducenti, quelle che urtano i nostri interessi ci disgustano e, per una incongruenza che deriva da queste stesse passioni, critichiamo negli altri ciò che vorremmo imitare. L’avversione e l’illusione sono inevitabili quando si è costretti a sopportare, da parte degli altri, il male che si commetterebbe se si fosse al loro posto.” Rousseau si chiede cosa occorre fare per poter conoscere bene gli uominiì. Occorre essere interessati, essere imparziali e sensibili alle passioni altrui (proprio il momento in cui si trova Emilio). L’allievo di Rousseau non è un genio, è stato preso tra i più rozzi per mostrare come l’educazione può fare molto. Viene esposto anche ad eventi che vanno a intaccare la “purezza” di Emilio (lo lascia andare a giocare d’azzardo, lo lascia adulare dai seduttori etc.). Il maestro e l’allievo devono essere sullo stesso livello così ci sarà fiducia reciproca, il linguaggio usato deve essere veritiero e semplice. Il vero talento dell'istruire è far si che l'allievo sia compiaciuto dalla sua istruzione, il maestro deve farsi capire ma non deve dire tutto, qualcosa deve essere lasciato sottointeso per essere immaginato dall'allievo. Bisogna avvertirlo dei suoi errori prima che li commetta e non rimproverarlo successivamente, così da accendere il suo amor proprio (una lezione che provoca ribellione è totalmente inutile: “te l’avevo detto”). È fondamentale avere anche esperienza e non solo avere conoscenze apprese tramite lo studio (per esempio il modo in cui l’allievo viene consolato è motivo di apprendimento. appartengono e le sono inseparabili, per giungere successivamente alla conclusione che il movimento è stato donato alla materia da una volontà superiore ed esterna ad essa. Il vicario savoiardo parla quindi di tre articoli di fede:  Io credo che una volontà muova l’universo e animi la natura.  Se la materia in quanto mossa mi rivela una volontà, la materia mossa secondo precise leggi mi rivela un’intelligenza.  L’uomo è dunque libero nelle sue azioni e, come tale, animato da una sostanza immateriale. Il vicario sottolinea che la sua non è una dimostrazione razionale e nemmeno un tentativo di persuadere l’allievo sull’esistenza di Dio. Al contrario, la professione rappresenta l’esposizione del suo sentire nei confronti della dimensione trascendente e descrive il modo in cui è giunto a convincersi dell’esistenza di Dio, buono e assoluto. Non si può però andare oltre con la ragione nell’avvicinamento a Dio. Anche Rousseau insiste sui limiti della ragione umana per comprendere queste cose spirituali. Volere andare oltre i limiti umani di comprensione è un atto di arroganza che può portare solo all’errore e alla falsità. L’uomo deve riconoscere la giusta posizione dell’ordine divino indicatogli dalla natura, rispettandola con le proprie azioni. L’essenza metafisica dell’uomo coincide con la sua libertà, che lo può portare a scegliere il bene e a manifestarlo nelle proprie azioni. La libertà umana non è, però, assoluta e, di conseguenza, l’essere umano, anche scegliendo il male, non è in grado di modificare l’ordine naturale divino. L’essenza di Dio è buona perché nella sua onnipotenza coincide con l’rodine naturale e con il desiderio di mantenere questo ordine. Il vicario ipotizza anche che la condanna per chi sceglie di compiere azioni malvagie avvenga già nella vita terrena attraverso il rimorso, negando la loro condanna per l’eternità; ma scegliendo di compiere il bene, p inutile interessarsi di questo. Rousseau riprende la critica nei confronti dell’eccessivo astrattismo e complicazione della filosofia, che non riesce a dimostrare nulla in modo evidente, ma riesce solo a costruire sistemi di parole complesse che generano dispute tra i filosofi. In particolare i filosofi materialisti negano tali fenomeni attribuendo, per esempio al suono la dimostrazione che siano le corde che si muovono. Attraverso le parole del vicario Rousseau critica la filosofia in quanto sapere eccessivamente astratto e slegato dall’esperienza concreta dell’uomo. “Le mancanze della religione naturale, se ve ne sono, consistono nell’incapacità di chiarire le grandi verità che ci insegna: spetta alla rivelazione insegnarci queste verità in modo adeguato per la ragione umana, metterle alla sua portata e fargliele comprendere affinché possa crederle.” Viene affrontato il complesso rapporto tra fede e ragione cercando una soluzione di mediazione. Per fare questo ipotizza un dialogo tra l’ispirato, la fede, e il ragionatore, la ragione: Dio è buono e ci ha fatto dono della ragione affinché l’umanità possa utilizzarla per cogliere l’ordine naturale, almeno parzialmente. Ciò che bisogna evitare sono gli eccessi, rappresentati dai due personaggi del dialogo. Il razionalismo abusa delle possibilità della ragione e presume di poter dimostrare Dio stesso con la razionalità; il fanatismo religioso invece umilia le potenzialità della ragione. L’autore dimostra anche come sia difficile scegliere a quale rivelazione credere utilizzando semplicemente gli strumenti della ragione (il confronto tra le tre religioni monoteiste, ebraica, cristiana e islamica, era molto diffusa tra i teologi e gli intellettuali del settecento), anche perché hanno tutte una dimensione storica e quindi fraintendibili dall’uomo. Viene sottolineata anche la difficoltà del dialogo religioso, che si può realizzare solo a partire dal pieno e libero riconoscimento della dignità delle diverse forme di religione. Ancora una volta Rousseau dimostra che leggere troppi libri allontana dall’esperienza sensibile e non permetterebbe al fanciullo di ascoltare la voce della coscienza, unico modo per avvicinarsi a Dio. L’educazione naturale non si basa solo su precetti ma sull’esempio e sulle azioni dell’educatore che deve rappresentare un modello per il suo allievo. Se prendiamo come esempio l’esperienza di fede del vicario, che viene narrata come una condivisione della sua esperienza personale, essa consente al giovane di potersi immedesimare negli avvenimenti narrati dal gouvernour e confrontarli coi propri sentimenti. La profession si conclude con un invito alla tolleranza e all’equilibrio tra il fanatismo religioso e l’eccessivo razionalismo filosofico, paragonati da Rousseau a due partiti che si comportano come due branchi di lupi arrabbiati che non sembrano vogliano illuminarsi a vicenda. Il dialogo educativo Conclusa la professione Rousseau sostiene che la condizione di orfano di Emilio lo porterà a scegliere, solo secondo la sua coscienza, la religione da professare e il luogo in cui vivere. L’educazione naturale che gli è stata indotta lo ha portato a differenziarsi dagli latri giovani e a nutrirsi, lavorare e giocare usando la ragione. Al contrario degli altri Emilio è stimolato e incuriosito dai discorsi di riflessione: “Al contrario i vostri giovani rifiutano un’attività intellettuale che voi avete reso così estenuante, annoiati e stanchi dai vostri catechismi e le vostre insulse prediche morali.” Quando sopraggiunge questo momento l’allievo si è fatto uomo e bisogna cambiare metodo: non è più un fanciullo, è adulto e bisogna trattarlo come tale. Però non bisogna abbandonarlo proprio ora e neanche farlo schiavo delle sue passioni nascenti: Rousseau propone di farlo sposare, ma solo quando ha veramente raggiunto la maturità. È difficile distinguere le contraddizioni che ci sono tra la natura e le nostre leggi sociali, ma bisogna essere abili per non trasformare l’uomo in completamente artificiale. Per l’autore l’ignoranza dei desideri e la purezza dei sensi si possano estendere fino ai venticinque anni, se si sono utilizzati gli strumenti da lui esposti. Per esempio presso i Germani, un giovane che perdeva la verginità prima dei 25 anni, era considerato diffamato. Finita l’adolescenza il giovane però dovrà rendersi responsabile delle sue azioni e il gouvernour non potrà più dirigerle secondo la sua intenzionalità, Emilio approfitterà se no del maestro fino a perdersi; l’educazione passa da negativa a positiva, in cui si crea armonia tra le intenzioni del giovane uomo e del maestro, in modo che Emilio possa scegliere come agire in baso all’orizzonte etico che gli è stato precedentemente offerto. Bisogna trovare per Emilio un’occupazione nuova, che lo agganci per la sua novità, per riuscire così a ritardare le sue passioni e parlargliene, senza eccitarlo, mentre è impegnato in altro: Rousseau parla della caccia. Non si voglia però che lui la pratichi per tutta la vita, ma solo in questo momento delicato in cui è fondamentale insegnargli come gestire le sue passioni, poiché gli sarà utile per tutta la vita. L’importanza della chiarezza dei suoi discorsi con l’allievo ritorna anche in questo momento, in cui l’autore sottolinea come utilizzerà immagini ed esperienze sensibili per arrivare al cuore di Emilio, senza annoiarlo con massime fredde e distaccate che non risulterebbero costruttive. Rousseau parlare anche dei suoi sentimenti, rendendosi umano e sensibile agli occhi dell’allievo: il loro rapporto si basa sui sentimenti e sull’affetto reciproco. Questo momento educativo è fortemente delicato e sottolinea l’importanza della reciprocità nella relazione educativa, per poterne apprendere l’importanza. C’è una digressione qui sulla lingua francese, considerata volgare. Emilio ha un cuore puro, è casto e onesto, deve sviluppare il suo gusto estetico attraverso letture piacevoli (la Bibbia è il libro in cui tutto viene detto con ingenuità). Il gusto estetico è l’ammirazione verso una cosa avendone una conoscenza. Non bisogna bloccare la sua immaginazione su certi argomenti, ma guidarla perché non generi mostri, bisogna parlargli delle donne e dell’amore e farlo fidare del maestro e delle sue lezioni. Così si stipula una sorta di patto tra allievo e gouvernour (che ricorda quello de il “Contrat social”, tra popolo e legislatore) dal quale Rousseau mette in guardia, poiché molte volte si odia chi invece compie determinate azioni perché ci ama. Per spiegare questo porta l’esempio di Ulisse che, prima di essere soggiogato dal canto delle sirene, quindi ai suoi marinai di legarlo. “..lo disgusterò del libertinaggio e lo renderò virtuoso facendolo innamorare.” Per spiegare e regolare le passioni del giovane Emilio è utile servirsi delle stesse, per guidarle e combattere la loro tirannia. Rousseau ricorda che anche in questo caso, per fare tutto questo, bisogna servirsi degli strumenti offerti dalla natura. Emilio, i legami sociali e l’amore Emilio è nella prima virilità, non potrà sempre starsene in solitudine e quindi entra a far parte della società. Le energie del giovane vengono incanalate in attività come la caccia o esercizi fisici, ma non basteranno. Rousseau dipingerà una compagna ideale, Sofia. Il gouvernour guiderà il cuore dell’allievo descrivendo una compagna che si avvicina all’intenzionalità di Emilio e le quali mancanze siano adatte a lui, che gli piacciano o servano a correggere le sue. Sofia è modesta, semplice. Essendo stato educato secondo i principi dell’educazione naturale, Emilio non si farà trascinare da ciò che è vizioso nella società, ma ragionerà in modo corretto e mostrerà una volontà sana come la sua ragione. La società può portare però a un cambiamento repentino, poiché per vergogna si mostrano opinioni lontane dalle nostre; è la seconda educazione di cui parla Rousseau, indotta dalla società in cui impariamo a stimare ciò che disprezziamo. Quando si entra in società il maestro deve preservare l’allievo dalla vanità più che dalla sensualità, è l’amor proprio che genera libertini. Emilio è però sicuro di sé e compie le sue azioni con criticità e consapevolezza; anche se si instaurerà in lui qualche pregiudizio la sua educazione lo ha portato ad essere buono e a fidarsi, decidendo se seguirle o meno, delle lezioni del suo maestro. Su questo tema anche Bertagna (pedagogista) afferma che il giovane è libero di agire seconda la sua ragione e la sua eticità, è proprio quando le intenzionalità del maestro e dell’allievo si incrociano che vediamo il miracolo dell’educazione. Come abbiamo già affermato precedentemente, il maestro deve anche mostrare le sue debolezze per avvicinarsi ancora di più al ragazzo e aiutarlo a superare le sue difficoltà in questo periodo di crescita. È meglio che l’allievo annunci i suoi errori piuttosto che mentire; Emilio non ha una propensione a mentire, e in questo periodo la menzogna è ancora più dannosa poiché si ha la distinzione tra cosa è giusto e cosa è sbagliato. Emilio mostra tutte le caratteristiche del giovane cresciuto secondo un’educazione naturale: ha un forte amour de soi che lo porta ad amare se stesso, senza però manifestare le possibili degenerazioni dell’amour propre. Il giovane, nonostante abbia gli strumenti per non cadere nelle tentazioni portate dalla società, non disprezzerà gli altri ma sarà mossa da un sentimento di pietà. Rousseau sottolinea ancora una volta come il suo allievo sia diverso da tutti gli altri, ma in senso positivo, lo presenta come un’amabile straniero: farà parte della società e ne accetterà le regole, ma non in modo passivo. Sarà un esempio per i suoi concittadini grazie alla capacità di mostrare la sua essenza positiva e ai suoi tentativi di costruire nuovi legami sociali e politici tramite le sue azioni. L’educazione naturale femminile Le donne non avendo collegi adibiti alla loro istruzione vengono allevate dalle madri a loro piacere. Gli uomini sono attratti dalla loro bellezza ecco perché risulta importante che sappiano anche come agghindarsi per attirare gli sguardi. “La donna e l'uomo sono fatti l'uno per l'altro, ma la lor mutua dipendenza non è eguale: gli uomini dipendono dalle donne in forza dei loro desideri; le donne dipendono dagli uomini in forza dei loro desideri e dei loro bisogni; noi sussisteremmo piuttosto senz'esse ch'elle senza di noi.”. Tutto quello che le donne fanno è per compiacere gli uomini. La donna e l’uomo sono complementari e le differenze tra loro se ben guidate, possono essere utili tra loro per colmare le mancanze reciproche. Sicuramente i ragionamenti dell’autore sono permeati di alcuni stereotipi settecenteschi e anche di alcuni spunti di misoginia che pongono la donna in una posizione di inferiorità rispetto l’uomo, ma mettono comunque in evidenza le caratteristiche specifiche del sesso femminile. È importante non dimenticarsi del ruolo che la natura ci ha affidato; tra le colpe della società c’è infatti quella di non considerare a sufficienza la diversità dei compiti e delle potenzialità dei due generi. Le due educazioni devono essere per forza differenti poiché le giovani sono sensibili alle opinioni altrui proprio per un’inclinazione personale: amano gli ornamenti sin da piccole e vogliono essere considerate graziose da tutti. Le donne devono anche essere robuste per dare alla luce a loro volta degli uomini forti. Secondo Rousseau l'educazione femminile spartana è quasi esagerata, anche se il principio base era proprio quello di far fare loro dei giochi di guerra per trasmettere quella stessa forza ai figli. Devono risultare molto naturali per quanto riguarda l'aspetto fisico e non ingannare l'uomo con corpetti contenitivi per nascondere dei difetti. La bambina dedica tutto il suo tempo ad agghindare la sua bambola, cambiarle continuamente vestiti, dimenticandosi quasi di mangiare. Questo avverrà fino a quando non diventerà lei stessa la sua bambola. Dalla bambola passa poi al cucito e al ricamo. Più che imparare a leggere la bambina deve essere in grado di contare. Le fanciulle non devono oziare ma devono essere sempre vigili e laboriose, il buon rapporto con chi le è accanto a lavorare le farà passare più velocemente il tempo e sarà ripagata dal chiacchierare con le compagne di lavoro. Le donne devono essere sottomesse ma non completamente soggiogate al loro ruolo, così da aver la possibilità di continuare ad influenzare il proprio marito. I punti di forza della donna sono la bellezza o l'arte, non possono essere accresciuti entrambi in quanto la bellezza sfiorisce con il passare degli anni o i vizi. Le fanciulle devono sentirsi belle soprattutto quando sono poco adornate in quanto solitamente un bel vestito è usato per oscurare una donna brutta. “La vera bellezza consiste nel brillare per sé stessa.” PER ISTRUIRE LE BAMBINE SERVONO MAESTRE O MAESTRI? Per Rousseau non serve né uno né l’altro in quanto pensa che siano in grado di imparare tutto naturalmente. Per quanto riguarda le arti chiunque può far da maestro alle fanciulle: madri, padri, fratelli, sorelle. Devono essere le bambine stesse a chiedere di imparare non si deve imporre una lezione. Le fanciulle devono assolutamente apprendere ad avere una buona dialettica per poter mantenere una conversazione con chiunque così potrà sempre farsi notare dagli altri. Non bisogna bloccare la chiacchiera delle bambine come si fa per i maschi, in quanto scatenerà l’effetto contrario in quanto cercheranno ogni modo per scoprire cosa le si nasconde. La curiosità riguardo al sesso è da soddisfare il prima possibile cosa da non fare con i ragazzi. Questo perché le bambine sono predisposte ad essere più astute dei maschi e il processo educativo non deve inibire questo aspetto: l’astuzia femminile è diversa da quella maschile perché permette alle giovani donne di raggiungere i propri scopi. Per l’autore questo è positivo perché permette alle donne di guidare gli uomini, e se queste non ne abusano si genereranno benefici per tutti i componenti della famiglia facilitandone l’armonia. La cosa importante per Rousseau è che l’educatore si ricordi che la finalità di ogni processo educativo è la persona: bisogna osservare, cogliere le caratteristiche del singolo e fare in modo che possa manifestare la sua essenza positiva; è per tale motivo che non si può insegnare in modo omologo e meccanico. Questa è l’educazione naturale, che vale sia per uomini che per donne. La religione deve essere la stessa della famiglia e Rousseau non ritiene le donne in grado di essere giudici di loro stesse, quindi sono i mariti o i padri a decidere per loro e loro devono accettare le decisioni come se fossero imposte dalla Chiesa. La religione deve essere spiegata in maniera diretta per evitare che si generino nella mente della ragazza delle idee oscure che porteranno poi a comportamenti oscuri. L’insegnamento della religione non deve essere sul rapporto domanda risposta perché genera solo dubbi nei bambini. Per spiegare quale sia il metodo migliore per insegnare certi argomenti, l’autore propone un dialogo tra l’aia e una bambina, in cui si discute del fatto che tutti nascono, crescono e muoiono. Per far comprendere qualcosa bisogna far ragionare l’educando non servirgli la risposta. Ancora una volta viene sottolineata l’inutilità di una metodologia in cui bisogna imparare le nozioni a memoria, ma viene favorito l’esempio come principio pedagogico fondamentale. I dogmi da spiegare sono quelli che riguardano la morale e vanno ignorati gli altri in quanto non servono a formare la bambina. “Non fate delle vostre figlie delle teologhe e delle ragionatrici; non insegnate, loro di quanto riguarda le cose del cielo se non ciò che serve alla saggezza umana: accostumatele a sentirsi sempre sotto gli occhi di Dio, ad averlo per testimonio delle loro azioni, dei loro pensieri, della loro virtù, del loro piacere; a fare il bene senza ostentazione, perché egli lo ama; a soffrire il male senza mormorare, perché egli le ricompenserà: ad essere, insomma, in tutti i giorni della lor vita, ciò che saranno ben felici di essere state quando compariranno dinanzi a lui.” La ragione che conduce la donna alla conoscenza è molto più semplice, sa di dover stare a regole ben definite da tempi addietro. Una donna che non viene allevata secondo questi dettami rischia di essere corrotta dal male che è presente nelle città. Alcuni ritengono le donne false ma non è il termine giusto per definirle è meglio dire che sono accorte nelle loro azioni. Rousseau pone il caso di un uomo messo tra due donne con cui ha una relazione e di una donna messa nella stessa situazione; la donna non si sentirà a disagio e mostrerà ai due uomini le differenze che ci sono tra di loro. Esempio di Ninon De Lenclos (1620-1705) è stata una mecenate importante che evitò di sposarsi e ebbe molti amanti. Mantenne e sviluppò tutte le caratteristiche che erano proprie dell’uomo. Gli studi della donna devono riguardare cose pratiche ma devono comunque essere in grado di leggere i sentimenti dell’uomo. In Francia le figlie sono chiuse in conventi mentre le madri girano il mondo; nell’antichità era il contrario ed era una cosa giusta in quanto la civetteria è una cosa accettabile dalle ragazze in età da marito e non dalle madri di famiglia. I conventi però sono le scuole di civetteria quelle che generano capricci cosi quando si troveranno nel mondo vero sapranno già come viverci. Mentre per amare la vita di casa bisogna averla vissuta da fin dall’infanzia. La castità è una virtù che eleva la donna in quanto vede tutti ai suoi piedi e lei è distaccata. Una donna giovane e bella non disprezza il proprio corpo e non piangerà se qualcuno commetterà qualche peccato per colpa sua. Bisogna però darle altre ragioni per cui lei sarà in grado di adorare il suo corpo come se fosse la casa di Gesù. “Dipingete l'uomo dabbene, l'uomo di merito: insegnate a conoscerlo, ad amarlo e ad amarlo per esse; provate loro che amiche, mogli, o amanti, quell'uomo solo può renderle felici. Conducetele alla virtù mediante la ragione: fate loro sentire che l'impero del sesso e tutti i suoi vantaggi non dipendono soltanto dalla buona condotta, dai buoni costumi, ma anche da quelli degli uomini, che non hanno da temere il biasimo delle anime vili e basse, e che non si sa onorar l'amato se non si sa onorar la virtù. Siate allora certi che descrivendo i costumi dei nostri giorni, ne inspirerete loro un disgusto sincero; mostrando le genti alla moda, le farete da lor disistimare; infonderete in esse indifferenza per le costoro massime, avversione per i costoro sentimenti, sdegno per le costoro galanterie; le renderete curanti di un' ambizione più nobile, quella di regnare sulle anime grandi, sulle anime forti, quella delle donne di Sparta, la quale consisteva nell'imperar sugli uomini. Una donna ardita, sfacciata, intrigante che non sa attirare gli amanti se, non per mezzo di civetteria, né conservarseli se non per mezzo di favori, li riduce tanti valletti nelle cose servili e comuni: nelle cose importanti e gravi ella è senza autorità su di loro. Ma la donna onesta, amabile e saggia, quella che induce i suoi a rispettarla, quella usa alla riservatezza e alla modestia, quella in una parola che sostiene l'amore in virtù di stima, li manda con un cenno in capo al mondo, alla pugna, alla gloria, alla morte; li manda insomma dove le attalenti. Questo impero è bello, mi sembra, e merita il conto d'essere acquistato.” Ecco come è stata allevata Sofia, un educazione attenta che ha assecondato le sue inclinazioni e non le ha ostacolate. Sarà la donna che farà felice Emilio. Il ritratto della giovane Sofia La ragazza ha un cuore sensibile e tanta immaginazione, uno spirito penetrante e una fisionomia che trasmette sicurezza, sa trarre profitto dai suoi difetti. Sofia non è bellissima ma molto leggiadra ecco perché incanta senza fare molto. Le piace acconciarsi bene ma non usa abiti ricchi, sa però che colore le sta bene. Ha tanti talenti naturali che sa ben mostrare: sa cantare e ballare grazie agli insegnamenti dei suoi genitori. È in grado di confezionarsi da sola i propri vestiti, sa cucinare ma non ama sporcarsi ecco perché non le piace stare in giardino. È un difetto che sicuramente le ha trasmesso la madre perché anche lei era fissata per la pulizia. Era ghiotta da bambina ma la madre la punì per evitare che diventasse grassa e che le si guastassero i denti per i troppi confetti, adesso fa della ghiottoneria una virtù mangia tutto con moderazione. È una ragazza allegra, ha uno spirito piacevole ma senza essere brillante, piace a tutti e sa parlare bene. Se viene sgridata si allontana per piangere e se viene richiamata torna con un sorriso asciugandosi le lacrime. È una ragazza religiosa ma è conoscenza dei dogmi di base, tutto il resto sa che glielo insegnerà suo marito. Ama la virtù ed è la sua passione dominante, sarà una donna casta e onesta fino al suo ultimo respiro. Non teme la solitudine e non è come le classiche ragazze francesi che cercano di farsi notare e continuare a festeggiare per ogni occasione. Il giudizio nelle donne si forma prima ed è il temperamento che le fa agire. Sofia è istruita sui diritti e doveri dell’uomo e della donna. La donna e l’uomo sono giudici l’uno per l’altro. Non parla di chi non è presente e parla solo bene delle donne. Non conosce molto cosa succede nel mondo ma è cortese e fa tutto con molta grazia. Sa porsi con tutte le persone, giovani o vecchie che siano.
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