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Riassunto esame Psicologia Sociale (Prof. Rollero), Prove d'esame di Psicologia Sociale

Riassunto esame Psicologia Sociale

Tipologia: Prove d'esame

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Scarica Riassunto esame Psicologia Sociale (Prof. Rollero) e più Prove d'esame in PDF di Psicologia Sociale solo su Docsity! RIASSUNTO PSICOLOGIA SOCIALE (Prof. Chiara Rollero) Questi i principali argomenti affrontati durante il corso: • Inquadramento generale della disciplina 
 • La cognizione sociale 
 • La percezione sociale: come si arriva a comprendere gli altri 
 • La conoscenza di sé 
 • La dissonanza cognitiva 
 • Gli atteggiamenti 
 • L ’influenza sociale 
 • I processi di gruppo 
 • L’attrazione interpersonale 
 • L’altruismo ed il comportamento prosociale 
 • L’aggressività 
 • Il pregiudizio CAPITOLO 1: Inquadramento generale della disciplina (lezione 1-3) La psicologia sociale è lo studio scientifico del modo in cui i pensieri, i sentimenti e i comportamenti delle persone vengono influenzati dalla presenza reale o immaginaria degli altri (Allport, 1985), che quindi studiano la quotidianità, il modo con cui le persone se la rappresentano e si rappresentano il loro relazionarsi al mondo.
 Lo studio del comportamento sociale ha inoltre uno scopo applicativo: fornire un contributo alla soluzione dei problemi della realtà. (riduzione del pregiudizio etnico, educazione a comportamenti di salute, incremento del benessere psicosociale, ...) • La psicologia della personalità si concentra sulle differenze individuali • Le scienze sociali – sociologia in particolare – si concentrano sulle leggi e sui meccanismi che regolano la società nel suo complesso • La psicologia sociale si concentra sull’individuo nel contesto della situazione sociale Quindi la psicologia sociale... • condivide con la sociologia l’interesse per le influenze del contesto
 • condivide con la psicologia della personalità l’attenzione agli aspetti psicologici dell’individuo • Ma la psicologia sociale cerca di coniugare questi due aspetti, concentrandosi sull’interfaccia tra il mondo psichico e il contesto sociale. La situazione ed il contesto influenzano significativamente il modo con cui ci relazioniamo con gli altri L’errore fondamentale di attribuzione: tendenza a spiegare il proprio comportamento e quello altrui solo in termini di tratti di personalità, sottovalutando l’iinfluenza sociale. Cenni Storici COMPORTAMENTISMO Nasce nel 1911, Stati Uniti (Watson, Skinner).
 E’ una scuola di pensiero per cui il comportamento manifesto è l’unico possibile oggetto di studio.
 Il comportamento umano può essere spiegato facendo riferimento a premi e punizioni (rinforzi positivi e negativi). Apprendiamo che un comportamento è appropriato quando riceviamo un rinforzo positivo (premio), viceversa, non è appropriato quando riceviamo un rinforzo negativo (punizione)
 Limiti del Comportamentismo: le persone interpretano e co-costruiscono il proprio mondo sociale – non si limitano a rispondere meccanicamente agli stimoli GESTALT = Forma Nasce nella prima metà del 900, Germania (Lewin).
 E’ una scuola di pensiero che propone un approccio olisticoqualità di uno stimolo percettivo è data dalla struttura delle parti che lo compongono, non dai singoli elementi.
 L’oggetto di studioquesta scuola è la realtà così come si manifesta approccio fenomenologico. L’esperienza di un fenomeno non è scomponibile né divisibile in parti. Fondamentale occuparsi delle situazioni soggettive e del modo con cui le persone percepiscono, interpretano e cambiano il proprio contesto sociale. COGNITIVISMO Nasce negli anni 60, Stati Uniti (Neisser).
 Si basa sul presupposto che gli esseri umani sono «scienziati ingenui» che cercano di capire e di prevedere il proprio mondo sociale.
 L’oggetto di studio processi cognitivi , motivazioni, modalità di elaborazione delle informazioni provenienti dal mondo sociale. Norman Triplett, psicologo (Usa), nel 1895 realizzò il primo esperimento di psicologia sociale studiando gli effetti della presenza di altre persone sulla performance degli individui  I comportamenti e le performance delle persone risentono dell’influenza esercitata dagli altri. Esperimento: In una gara ciclistica, la velocità dei corridori era maggiore quando pedalavano accanto ad altri. La nascita della psicologia sociale come disciplina fu nel 1908, quando furono pubblicati due testi nel cui titolo comparivano le parole «psicologia sociale»: 1) Introduzione alla psicologia sociale, William McDougall. Si concentra sulla dimensione psicologica e sui processi intrapsichici. La principale unità di analisi della psicologia sociale deve essere la persona. La prospettiva è istintualistica: i comportamenti sociali possono essere interpretati facendo riferimento agli istinti, intesi come disposizioni innate. 2)Psicologia Sociale, Edward Ross. Si concentra sulla dimensione sociologica. L’unità di analisi è il gruppo ed il comportamento collettivo. Il comportamento degli individui è l’esito di fattori sociali: L’influenza della società determina pensieri, opinioni, sentimenti e azioni. Dall’inizio del XX secolo la psicologia sociale ha un notevole sviluppo in USA, si concentrata sullo studio dei processi cognitivi.
 Dagli anni 90 ad oggi si è assistito invece al diffondersi di una prospettiva multimetodologica e pluralismo teorico. In Europa si sviluppa dopo la 2° guerra mondiale. Hanno un ruolo chiave Henri Tajfel: apporto fondamentale allo studio della relazione tra individui e gruppi Serge Moscovici: ha elaborato la teoria delle rappresentazioni sociali ed ha approfondito l’analisi dell’influenza sociale della minoranza Ivan Pavlov e Burrhus Skinner  ruolo fondamentale all’interno del paradigma comportamentista. L’apprendimento è inteso come il modo attraverso cui l’essere umano acquisisce, per mezzo dell’esperienza, un repertorio di comportamenti Ivan Pavlov  condizionamento classico. Un cane salivava (risposta incondizionata) alla presentazione del cibo (stimolo incondizionato). Pavlov aveva dimostrato che può essere indotto a salivare (risposta condizionata) quando un suono di un campanello (stimolo condizionato) sia stato per un certo numero di volte associato preventivamente. Lo stimolo condizionato segnala all’animale che gli verrà presentato lo stimolo incondizionato e la sua reazione si verifica subito dopo la comparsa dello stimolo condizionato e prima di quello incondizionato. Riflessi condizionati permettono dunque all’animale di adattarsi meglio all’ambiente; Impara a reagire in anticipo ad altre sollecitazioni, che segnalano gli stimoli a cui l’animale dovrebbe reagire in un secondo momento. Burrhus Skinner  condizionamento operante. Tra le diverse leve che l’animale può pigiare nella Skinner box, il ricercatore ne
sceglie una a cui fa seguire il cibo (premio/rinforzo positivo). Il comportamento a cui è seguito un rinforzo si presenta con frequenza sempre maggiore, al contrario, se il comportamento è seguito da una scossa (punizione/rinforzo negativo), col tempo esso tende a essere eliminato.
 Il condizionamento operante differisce dunque da quello classico poiché la risposta (pigiare la leva) precede lo stimolo (erogazione di cibo), anziché seguirla Anche il comportamento umano è guidato dagli stessi meccanismi di premi e punizioni (rinforzi positivi e negativi). Kurt Lewin  uno dei padri fondatori della psicologia sociale  studi sui gruppi, teoria di campo e per la ricerca azione. • Il CAMPO: la totalità dei fatti coesistenti nella loro interdipendenza; Nel campo si collocano sia le caratteristiche della persona che le caratteristiche contestuali di quello specifico momento.
 Il comportamento avviene in funzione sia degli elementi personali che degli elementi ambientali. • RICERCA AZIONE: due aspetti fondamentali:
 1. La partecipazione e la collaborazione democratica nei percorsi di ricerca 2. La ricerca deve essere finalizzata alla soluzione di problemi reali per questo non può essere separata dall’azione. CAPITOLO 2: La cognizione sociale (Lez. 4-8) La cognizione sociale è il modo in cui le persone pensano se stesse e il proprio mondo sociale Due tipi: 1. Il pensiero veloce e automatico ci consente di collegare situazioni nuove ad esperienze precedenti, ovvero di utilizzare i nostri schemi 2. Il pensiero controllato processo cognitivo che ci consente di impegnarci in riflessioni concernenti noi stessi ed il mondo, risolvere problemi difficili, chiama in causa anche la questione del controllo ed il libero arbitrio.
 Gli SCHEMI: Sono strutture di dati che organizzano la nostra conoscenza del mondo sociale, ci consentono di identificare nuovi stimoli e di selezionare le strategie più adeguate per la situazione
 Le persone hanno delle aspettative sugli altri che influenzano il modo di agire nei confronti degli altri che cercheranno di aderire a tali aspettative, facendo in modo che si avverino. Lo studio classico di Rosenthal e Jacobson:
i bambini ritenuti più intelligenti vengono trattati in modo diverso dagli altri, al punto che diventano realmente più abili degli altri  Effetto pigmalione Tipi di schemi: - Schemi di persona. Si riferiscono a persone specifiche - Schemi di ruolo. Si riferiscono alle caratteristiche che attribuiamo a chi ricopre un determinato ruolo - Schemi di eventi o script. Si riferiscono agli elementi che consideriamo tipici di una specifica situazione - Schemi di sé. Si riferiscono all’idea che abbiamo di noi stessi e formano parte della nostra identità (più complessi). Le euristiche: sono delle «scorciatoie di pensiero», regole che gli individui adottano per formulare giudizi rapidi in situazioni di incertezza, risparmiando energia cognitiva
 Esistono diverse tipologie di euristiche: Aspetto essenziale dell’esistenza sociale è la presentazione di sé: modo con cui le persone, attraverso i comportamenti, cercano di comunicare agli altri specifiche immagini di sé. Poiché il sé che manifestiamo ha conseguenze sulle reazioni degli altri, cerchiamo di controllarne la presentazione. Tale presentazione è in accordo con gli obiettivi della specifica interazione sociale in cui la persona si trova.
 Fequenti strategie di presentazione di sé sono:
 • l’ingraziamento, ovvero la lusinga nei confronti di un’altra persona, di solito di status superiore. • L’autopromozione, con cui si cerca di persuadere gli altri della propria competenza.
 • L’intimidazione, con cui si cerca di persuadere gli altri circa la propria pericolosità.
 • L’esemplificazione, con cui si cerca di farsi considerare individui dotati di superiorità morale. • La supplica, con cui si mira a impietosire gli altri, presentandosi come indifesi e bisognosi. Tutte le strategie di presentazione di sé presentano un qualche rischio di fallimento. L’automonitoraggio: concetto, coniato da Mark Snyder (1974) si riferisce alla capacità di adattarsi alle situazioni e di orientare il proprio comportamento in modo adeguato al contesto. La persona con una buona capacità di automonitoraggio si definisce anche camaleonte sociale. L’autostima è la valutazione del proprio valore e le persone sono continuamente impegnate ad evitare le sensazioni spiacevoli associate alla bassa autostima
 Una delle strategie utilizzate per preservare l’autostima è l’autosabotaggio o self-handicapping: le persone creano degli ostacoli per giustificare le ragioni di un proprio eventuale fallimento. La dissonanza cognitiva La dissonanza cognitiva si verifica ogni qualvolta si possiedano simultaneamente due cognizioni opposte. Nel momento in cui si compie un’azione incoerente rispetto al proprio modo di pensare si sperimenta uno stato di disagio Leon Festinger (1957)  la dissonanza cognitiva spinge l’individuo a cercare di attenuare il malessere che la stessa ha creato. Ci sono essenzialmente due modi per ridurre la dissonanza:
 - Modificare il proprio comportamento
 - Modificare la propria cognizione, cercando di giustificare il comportamento Poiché, di solito, modificare il proprio comportamento è più difficile, si tende ad «aggiustare» la propria cognizione in modo da giustificare il comportamento.  I processi di riduzione della dissonanza sono in gran parte inconsapevoli.  Sono soprattutto le persone con alta autostima che sperimentano con più disagio gli effetti della loro incoerenza. Giustificare le proprie azioni  dissonanza postdecisionale
si sente la necessità di massimizzare la bontà della propria decisione e di minimizzare i vantaggi delle alternative. Quanto più permanente e irrevocabile è la decisione, tanto più forte sarà il bisogno di ridurre la dissonanza Anche le questioni etiche possono essere l’esito di un processo di dissonanza; quando si assume una decisione legata ad un dilemma morale, la riduzione della dissonanza può influenzare l’adesione ai principi etici in futuro.
 Caso particolare di dissonanza è la giustificazione dello sforzo
 L’incoerenza è esperita quando una persona compie uno sforzo considerevole per raggiungere un risultato al di sotto delle aspettative. Aronson e Mills (1959)  esperimento sugli effetti dell’iniziazione «severa» ovvero di uno sforzo considerevole preliminare al raggiungimento di un obiettivo.
 Quando una persona sperimenta un’esperienza difficile per poter raggiungere uno scopo tale scopo sarà ancor più attraente. In caso di dissonanza, possono essere addotte due tipologie di giustificazione: • Giustificazione esterna legate al contesto e/o alla situazione. • Giustificazione interna legata alle caratteristiche e alle motivazioni della persona Nell’esperimento di Festinger («Venti dollari per una menzogna»), Venti dollari costituirono una giustificazione esterna sufficiente per mentire e quindi per non sperimentare una particolare dissonanza.
Un solo dollaro non fu invece una giustificazione esterna adeguata e dunque non attenuò la dissonanza. Il modo utilizzato dai partecipanti per ridurre la dissonanza fu un cambiamento di opinione nei confronti del compito La deumanizzazione = privare di umanità: quando si deumanizza qualcuno, lo si priva della propria dignità in quanto essere umano. Si tratta di una forma aberrante di pregiudizio: se un gruppo o un individuo è considerato meno che umano, compiere atrocità nei suoi confronti «non sarà poi così grave» L’esperimento delle cavallette di Philippe Zimbardo. Un ufficiale in comando accennò ad alcuni cadetti che avrebbero potuto mangiare cavallette fritte e su di loro fu esercitata una lieve pressione affinché obbedissero. Decisivo dell’esperimento era il modo in cui veniva esplicitata la richiesta di mangiare cavallette: con un gruppo di cadetti, l’ufficiale era informale e permissivo; con un altro formale e rigido.Il risultato più interessante fu che chi gradì maggiormente le cavallette furono quelli nella condizione dell’ufficiale sgradevole poiché adottottarono atteggiamenti più positivi verso le cavallette per poter giustificare un’azione strana che sarebbe stata causa di dissonanza.Chi aveva acconsentito al comando dell’ufficiale simpatico, invece aveva una giustificazione esterna più convincente. Gli atteggiamenti L’atteggiamento: un’organizzazione relativamente stabile di credenze, sentimenti e tendenze comportamentali verso oggetti, gruppi, eventi o simboli socialmente significativi . Modello di atteggiamento a tre componenti: • Una componente cognitiva (pensiero): le credenze sull’oggetto di un atteggiamento 
 • Una componente emotiva (sentimento): i sentimenti positivi o negativi associati all’oggetto di un atteggiamento • Una componente comportamentale (azione): uno stato di prontezza a intraprendere l’azione  Quando un atteggiamento si basa soprattutto su valutazioni e giudizi di pro e contro, si tratta di un atteggiamento a base cognitiva 
  Quando in si fonda più sulle emozioni e sui valori, è un atteggiamento a base emotiva; non derivano da una valutazione razionale e si associano spesso ai sistemi valoriali dell’individuo. Possono essere anche l’esito di processi di condizionamento classico e operante  Infine, quando si basa soprattutto sull’azione, si tratta di un atteggiamento a base comportamentale Inoltre gli atteggiamenti possono essere: - espliciti: quelli di cui le persone sono fortemente consapevoli e che vengono riferiti come proprie opinioni - impliciti: quelli involontari, incontrollati e di cui spesso la persona non è consapevole Gli atteggiamenti sono relativamente stabili, ma possono modificarsi in risposta a un’influenza sociale. In alcuni casi le persone sono target privilegiati: chi vuole modificare i loro atteggiamenti ricorre a forme di comunicazione persuasiva la scuola di Yale, guidata da Carl Hovland, studia come la comunicazione può modificare un atteggiamento, Il focus è racchiuso nell’espressione «chi dice cosa a chi»  Chi è la fonte della comunicazione  Cosa è la comunicazione stessa,il messaggio 
  A chi è il pubblico a cui è destinata la comunicazione Il modello della probabilità di elaborazione
 Petty e Cacioppo (1986), illustra in quali situazioni le persone vengono influenzate dal contenuto del messaggio o dalle caratteristiche più superficiali. Il modello prevede due differenti percorsi: - La via centrale si utilizza quando le argomentazioni del messaggio sono prese in carico in modo approfondito esposti in modo convincente. - La via periferica si concentra sulle caratteristiche superficiali del discorso, ma non contempla la logica del ragionamento in riferimento al contenuto del messaggio Il ruolo delle emozioni nella persuasione: l’attivazione emotiva induce le persone a prestare attenzione. Il ruolo della paura: se si crea una dose moderata di paura le persone ritengono che ascoltare il messaggio sarà utile per ridurla. Se è eccessiva, le persone assumono un atteggiamento di difesa, negano l’importanza della minaccia e cessano di pensare al problema in modo razionale Le emozioni sono utilizzate anche come euristica: quando le persone adottano la via periferica utilizzano l’emozione come scorciatoia per emettere un giudizio (Molti pubblicitari associano sensazioni positive alla presentazione di un prodotto, in modo che le persone attribuiscano tali al prodotto) La teoria dell’azione ragionata  Martin Fishbein e Icek Ajzen (1975), sulla previsione dei comportamenti volontari a partire dagli atteggiamenti, ha trattato in modo specifico le modalità in cui credenze e intenzioni di una persona sono criticamente coinvolte nel modo in cui essa agisce Include le seguenti componenti:  Atteggiamento verso il comportamento, basato su credenze relative al comportamento stesso  Norme soggettive, basate sulle credenze normative  Controllo comportamentale percepito  L’intenzione comportamentale, che media la relazione tra le tre componenti precedenti ed il comportamento effettivo La pubblicità ha un enorme potere di influenza,non funziona su sé stessi, funziona quando fa leva sulle emozioni per modificare un atteggiamento a base emotiva e su argomenti logici per modificare un atteggiamento a base cognitiva.
 La pubblicità ed i mass media più in generale hanno un ruolo fondamentale anche nella costruzione del mondo sociale e dunque nel rafforzamento degli stereotipi socialmente condivisi
 CAPITOLO 4: Il conformismo e l’influenza sociale (Lez.19-21) Il conformismo: cambiamento delle credenze o del comportamento in linea con l’opinione di una maggioranza Ragioni principali: ottenere informazioni ed essere accettati dagli altri Influenza informazionale: le persone accettano le informazioni provenienti dagli altri come prove della realtà. L’esperimento di Sherif sull’effetto autocinetico primi studi sull’influenza informazionale. Sherif decise di utilizzare un effetto ottico per creare una situazione ambigua. I risultati dell’esperimento dimostrano non solo che le persone si considerano a vicenda fonte di informazioni, ma anche che quando si giunge ad una stima di gruppo, essa prevale sulle stime individuali.In altre parole, l’influenza informazionale può condurre all’accettazione privata di quanto stabilito dal gruppo In quali condizioni l’influenza sociale informazionale ha effetto: • l’ambiguità della situazione: quando le persone sono incerte circa un giudizio sono più sensibili all’influenza degli altri e vi si affidano maggiormente.
 • la competenza attribuita agli altri: ci si affida a loro come fonte di informazioni quando ritenuti esperti nell’ambito in questione IL MASSACRO DI MY LAI : Il 16 marzo 1968 un gruppo di soldati americani salì sugli elicotteri per raggiungere il villaggio di My Lai, Vietnam. Un pilota riferì via radio di aver visto dei soldati nemici, il che contribuiva ad aumentare la tensione. 
Quando scesero dagli elicotteri, i soldati avevano i fucili puntati, ma subito si accorsero che di fronte a loro vi erano civili. Il comandante, tuttavia, diede inspiegabilmente l’ordine di ucciderli: i soldati spararono e la situazione si risolse in un massacro di centinaia di civili vietnamiti. L’influenza sociale normativa: Ci si conforma per poter restare nel gruppo, per non essere derisi o rifiutati
 I gruppi, sono caratterizzati da specifiche norma sociali che stabiliscono quali sono i comportamenti, valori e credenze accettabili Chi devia da tali norme può essere respinto dagli altri membri. Asch creò una situazione in cui il compito percettivo non fosse ambiguo. Studenti di sesso maschile, a turno, secondo un ordine fisso, dichiarava quale di tre segmenti messi a confronto fosse della stessa lunghezza di un segmento standard di riferimento. In realtà solo una persona era un partecipante ingenuo (reale), al penultimo posto nell’ordine di risposta. Gli altri erano collaboratori con la consegna di dare risposte errate. Un terzo dei soggetti si confermò alle opinioni della maggioranza L’aspetto più sorprendente è che le persone subivano l’influenza normativa, benché il gruppo di appartenenza fosse privo di importanza per loro, l’influenza normativa spesso comporta acquiescenza ma non un’accettazione privata: le persone, cioè, manifestano esplicitamente il proprio accordo con il gruppo, pur non credendo nella bontà delle opinioni del gruppo Condizioni in cui è più probabile conformarsi all’influenza sociale normativa, da considerare tre fattori (Latanè): 1. L’importanza che il gruppo riveste per il soggetto 
 2. L’immediatezza e la vicinanza del gruppo 
 3. Il numero di persone presenti nel gruppo 
 I gruppi cui le persone manifestano un forte legame sono quelli che esercitano maggiore influenza normativa, Inoltre, l’influenza è più forte quando il gruppo è unanime. Anche l’incidenza di valori della cultura di appartenenza: i soggetti di culture collettiviste mostrano un più altro grado di conformismo. L’obbedienza è una norma sociale che viene interiorizzata sin dall’infanzia: le persone obbediscono alle leggi e alle regole anche quando l’autorità percepita come legittima che veicola tali leggi non è presente
 Dopo la seconda guerra mondiale figurano gli esperimenti di Stanley Milgram presso l’Università di Yale «sugli effetti delle punizioni sull’apprendimento umano»
 Nella situazione sperimentale si trovavano: lo sperimentatore (l’autorità), il partecipante (con il ruolo di insegnante) ed un allievo (complice dello sperimentatore).Il compito era insegnare all’allievo un elenco di parole. Ai partecipanti veniva quindi chiesto di somministrare una scossa elettrica da 15 a 450 volt all’allievo ogniqualvolta sbagliava. Circa due terzi dei soggetti arrivò a somministrare la scossa di intensità massima Quando le persone si trovano di fronte ad un’autorità è probabile che deroghino alle proprie norme per seguire invece quelle dei chi è ritenuto autorevole.
Si trascura la propria responsabilità personale per affidare ad un altro la responsabilità delle proprie azioni. CONFORMISMO IN SINTESI • Il conformismo: cambiamento delle credenze o del comportamento in linea con l’opinione di una maggioranza. • Ci si conforma per sentirsi sicuri delle proprie opinioni, utilizzando il comportamento altrui come prova di realtà  l’influenza sociale informazionale.
Sherif ne ha provato la pervasività, che permane anche quando il gruppo non è più presente. • Le persone possono conformarsi per essere accettate dal gruppo  l’influenza sociale normativa.
 Asch ne ha provato la pervasività, anche quando il gruppo non è particolarmente rilevante per l’identità del soggetto; può condurre ad acquiescenza – ovvero una manifestazione di accordo esteriore – ma non necessariamente ad interiorizzazione della norma del gruppo.
 • L’obbedienza all’autorità: si obbedisce agli ordini di qualcuno tralasciando le proprie norme individuali.
Milgram ne ha provato la pervasività. CAPITOLO 5: Le relazioni sociali (Lez. 20-27) I gruppi I gruppi sociali sono un insieme di due o più persone che interagiscono reciprocamente e sono interdipendenti, è dunque una parte consistente e inevitabile dell’esperienza umana. CAPITOLO 6: Altre modalità di interazione sociale (Lez. 28-33) Comportamento prosociale Il comportamento prosociale: azione compiuta intenzionalmente a favore di qualcun altro.
 Un particolare caso di comportamento prosociale è l’altruismo: un’azione caratterizzata dall’interesse per i propri simili e compiuta senza aspettative di ricompensa.I modelli interpretativi dell’altruismo sono essenzialmente tre: Il modello evoluzionistico:
 Charles Darwin: la selezione naturale favorisce i geni più adatti alla sopravvivenza dell’individuo e della specie. L’altruismo acquista una rilevanza per la sopravvivenza in alcuni specifici casi, In primis la selezione parentale: quando si aiuta un consanguineo la condotta altruistica è a vantaggio di un individuo legato da stretto grado di parentela con il benefattore. Importante anche la norma di reciprocità: si aiutano gli altri quando il benefattore può a sua volta essere oggetto di altruismo da parte di chi è aiutato La selezione naturale viene considerata anche a livello di gruppo: sostenere dei costi per il beneficio del gruppo incrementa le possibilità di sopravvivenza dello stesso La teoria dello scambio sociale: Le nostre condotte sono legate al desiderio di massimizzare i benefici e minimizzare i costi quindi si aiuta qualcuno solo quando i vantaggi superano i costi del comportamento di aiuto  le persone non sono “autenticamente” altruiste, ma lo diventano solo quando è per loro conveniente. L’ipotesi empatia-altruismo:
 Batson, l’altruismo diventa probabile quando l’individuo prova empatia per chi è in difficoltà. Quando le persone provano empatia sono più motivate ad adottare condotte altruistiche per risolvere la sofferenza altrui. * L’empatia: attivazione emotiva suscitata dall’osservare qualcuno in stato di disagio provandone compassione e si associa anche ad un processo cognitivo che consiste nell’assumere il punto di vista dell’altro. Vanno presi in considerazione i fattori personali ed i fattori situazionali che possono promuovere o inibire la condotta altruistica
 Circa le determinanti personali: • La personalità: non esiste un tratto di personalità legato all’altruismo, alcune caratteristiche individuali sono però correlate all’altruismo, quali una buona autostima, un’elevata competenza sociale, un forte senso di responsabilità sociale e senso morale, una buona accettazione di sé e un alto locus of control interno. • La cultura di appartenenza, mediante processi di condizionamento sociale, influenza l’altruismo.In particolare regola le condotte altruistiche di uomini  forme di altruismo più legate al pericolo e all’emergenza e donne alla relazione e alla cura.
 Similmente, la religione può promuovere l’altruismo, anche se i credenti hanno maggiori probabilità di aiutare quando ciò li rende migliori a se stessi o agli altri, ma non in situazioni private. • L’umore delle persone varia continuamente e rapidamente. Si riscontra maggior disponibilità all’altruismo quando si è di buon umore perché favorirebbe un’attenzione selettiva e renderebbe più accessibili alla memoria argomenti coerenti con lo stato d’animo positivo e dunque anche comportamenti sociali positivi. Il cattivo umore può motivare le persone a comportamenti che le facciano sentire meglio  l’ipotesi del sollievo dallo stato negativo, Cialdini: le persone aiutano gli altri per aiutare in realtà se stesse, alleviando la propria sofferenza. Gli studi condotti nel corso di molti anni hanno portato Dan Batson (1994) a concludere che il comportamento altruistico è governato da quattro ragioni fondamentali:
 - egoismo: le azioni prosociali favoriscono una buona immagine di sé. Possiamo aiutare gli altri per assicurarci una ricompensa o per evitare la riprovazione sociale 
 - altruismo: l’altruismo contribuisce al benessere degli altri, anche se non implica che chi viene aiutato contraccambi. - collettivismo: le azioni prosociali contribuiscono al benessere di un gruppo, quale la famiglia, il proprio gruppo etnico o il proprio paese. - riferimento ad un principio: l’altruismo può seguire un principio morale, secondo cui è eticamente corretto promuovere il benessere per il maggior numero possibile di persone Le determinanti situazionali dell’altruismo; bisogna considerare la specificità della situazione entro cui le persone si trovano.
In un ambiente rurale, ad esempio, le persone sono più disposte a prestare aiuto: ciò dipende sia da un maggior senso di fiducia sociale presente nei piccoli centri, sia dalla sovrastimolazione sensoriale. Divenne celeberrimo il caso di Kitty Genovese, una giovane assassinata nel 1964 (NY).
Ciò che destò più stupore fu la scoperta che all’evento sembra avessero assistito almeno 38 testimoni, ma nessuno di loro intervenne. A partire da questo fatto di cronaca gli psicologi Bibb Latané e John Darley dimostrarono l’effetto testimone: è meno probabile che le persone prestino aiuto quando si trovano insieme ad altri.
Al contrario, quando un individuo è consapevole di essere l’unico testimone di un evento, è più propenso ad intervenire. Quando si tratta di valutare se intervenire in aiuto, le persone attraversano cinque fasi di valutazione della situazione: 1. Notare l’evento (capire che sta accadendo qualcosa di strano) 
 2. Interpretare l’evento come un’emergenza (valutare se l’aiuto è indispensabile) 
 3. Assumersi la responsabilità del fornire aiuto (con il rischio della diffusione di responsabilità) 
 4. Valutare la modalità più adeguata di aiuto 
 5. Fornire aiuto 
 Il comportamento prosociale può anche essere appreso o incentivato da altre fonti. I media hanno un ruolo chiave nel promuovere l’altruismo. La psicologia positiva è unn recente campo di ricerca si focalizza sulle virtù e sulle potenzialità degli esseri umani, studia anche i comportamenti prosociali. A partire dal caso di Kitty Genovese, Latané e Darley ricercano le cause dell’inibizione sociale dell’altruismo, ovvero a quel fenomeno per cui le persone sono meno propense a prestare aiuto quando si trovano in presenza di altri potenziali soccorritori.
Sarebbe dovuta a:  diffusione della responsabilità. Quando in un’ emergenza è presente un solo spettatore, egli avverte su di sé l’intera responsabilità del prestare aiuto. La presenza degli altri astanti offre invece l’opportunità di trasferire sugli altri questa responsabilità  inibizione del pubblico (o paura della valutazione). La presenza di altri può mettere a disagio le persone, che non vogliono apparire stupide o fare brutte figure reagendo in maniera eccessiva o errata  influenza sociale. Gli astanti forniscono un modello di azione. Se sono passivi e senza preoccupazioni, la situazione vienei nterpretata come non grave. L’aggressività L’aggressività: comportamento intenzionale volto a infliggere un dolore fisico o una sofferenza psicologica a qualcuno. Centrale il ruolo dell’intenzione. Le azioni aggressive si distinguono a seconda del fatto di fondarsi su: • un’aggressività ostile l’atto aggressivo ha un’intensa attivazione emotiva ed ha come unico fine infliggere sofferenza alla vittima • un’aggressività strumentale non vi è invece alcun coinvolgimento emotivo e l’aggressività è un mezzo per ottenere vantaggi. Esistono due classi principali di teorie sulle origini dell’aggressività, che risaltano le radici biologiche/istintuali e le influenze sociali.
La prima classe di teorie concepisce l’aggressività come un comportamento guidato da istinti; comprende la psicoanalisi, l’etologia e l’approccio evoluzionista Freud afferma che l’aggressività umana nasce da un innato istinto di morte (Thanatos), contrapposto all’istinto di vita (Eros), per evitare l’autodistruzione l’individuo deve rivolgere Thanatos all’esterno. Il comportamento aggressivo devia l’energia distruttiva. Secondo il cosiddetto modello idraulico, l’aggressività fa parte dell’essere umano, ma è “scaricabile” attraverso manifestazioni aggressive socialmente accettabili e non autodistruttive. Anche secondo l’etologia l’aggressività è un istinto funzionale alla sopravvivenza individuale e al mantenimento della specie
 Similmente, la psicologia evoluzionista pone enfasi sui modelli di comportamento determinati geneticamente che sono condivisi dalla specie.
 Il limite di questi modelli: non aver considerato la specificità situazionale ed i fattori culturali che condizionano l’apprendimento e la messa in atto di comportamenti aggressivi.
 La cultura condiziona significativamente i comportamenti, anche quelli aggressivi. Anche all’interno di una stessa cultura una modifica delle condizioni sociali può comportare cambiamenti nei comportamenti aggressivi.
 Altri elementi possono influenzare il grado di aggressività: l’uso di sostanze, fattori climatici. Secondo l’ipotesi della frustrazione-aggressività (Dollard et al.), l’aggressività è sempre l’esito di una frustrazione e viceversa. Modello criticato per l’eccessivo determinismo. Inoltre, se in una situazione è presente uno stimolo aggressivo, ovvero un oggetto solitamente associato a violenza, è più probabile che gli individui adottino comportamenti violenti  effetto arma descritto Berkowitz e LePage (1967). La teoria dell’apprendimento sociale, Albert Bandura (1973), afferma che il comportamento umano non è innato, bensì è appreso da modelli appropriati e significativi. Anche l’aggressività può essere appresa socialmente: si imparano e si imitano i comportamenti violenti altrui quando si osserva che tali comportamenti sono premiati. Gli studi sull’aggressività hanno dimostrato che guardare programmi violenti incrementa la frequenza di comportamenti aggressivi. Ma l’esposizione costante alla violenza conduce a desensibilizzazione: se uno stimolo aggressivo viene ripetuto molte volte, la risposta emotiva finisce per estinguersi Le reazioni psicologiche per cui l’esposizione alla violenza mediatica aumenta l’aggressività individuale: - Vengono indebolite le inibizioni acquisite contro il comportamento violento - Chi si osserva può fungere da modello - Si tende a sovrainterpretare le proprie sensazioni aggressive - Viene soppressa l’empatia e la commiserazione verso le vittime Deprivazione relativa, ovvero la percezione che il proprio gruppo di appartenenza sia deprivato in rapporto a qualche standard desiderato Eventi storici interpretati alla luce della deprivazione relativa; La crescita dell’antisemitismo in Germania - tedeschi non ebrei nel confrontarsi con gli ebrei.Il Potere Nero, movimento degli USA degli anni 70, hanno rilevato che si trattava perlopiù di neri di ceto medio o elevati. In tempi più recenti, riunificazione della Germania - tedeschi della ex Germania Orientale furono in parte spinti a insorgere perché paragonavano il proprio tenore di vita con quello dei tedeschi dell’Ovest La punizione dell’aggressività e una faccenda controversa
Da un lato, la punizione si basa sul presupposto che sanzionare un comportamento aggressivo dovrebbe ridurne la frequenza Dall’altro, però, la punizione è essa stessa un atto aggressivo, chi punisce di fatto fornisce un modello di comportamento improntato all’aggressività. Le statistiche sembrano avvalorare quest’ultima L’ipotesi catartica: agire aggressivamente o anche solo guardare materiale aggressivo riduce i sentimenti di ira e aggressività Questa idea era presente già nella tragedia greca e nell’opera di Aristotele: osservando le tormentate vicende dei personaggi sulla scena le persone danno sfogo alle proprie emozioni ed infine se ne liberano. La soluzione più opportuna consiste nell’esprimere la rabbia a colui che ne è la causa, in modo aperto e non punitivo, utile anche condividere la propria rabbia con una terza persona Anche la promozione dell’empatia è utile per scoraggiare manifestazioni aggressive. CAPITOLO 7: Il pregiudizio e le sue componenti (Lez. 34-38) Il pregiudizio è un atteggiamento – generalmente negativo - nei confronti dei membri di un gruppo basato unicamente sull’appartenenza a quel determinato gruppo.
 Presenta le tre componenti proprie degli atteggiamenti. • La componente cognitiva: lo stereotipo è una generalizzazione condotta su un gruppo di persone, per cui a tutti i membri di un gruppo vengono attribuite le medesime caratteristiche.È dunque un’immagine semplificata dei membri di un gruppo, uno schema applicato a gruppi sociali Gordon Allport (1954) «la legge del minimo sforzo»: le persone, poiché non possono analizzare dettagliatamente ogni aspetto della vita quotidiana, usano delle semplificazioni della realtà.
Gli stereotipi sono una di queste. • La componente affettiva si riferisce alle emozioni associate all’oggetto dell’atteggiamento perciò resistenti al cambiamento in virtù di questa dimensione, che non è razionale. In altre parole, si tende a mantenere i propri pregiudizi per le emozioni che si provano, indipendentemente dal ragionamento. • La componente comportamentale: la discriminazione: un’azione dannosa verso i membri di un gruppo compiuta senza alcuna giustificazione, ma solo a causa dell’appartenenza a quel determinato gruppo. Quando ci si aspetta che due elementi siano collegati, ci si inganna pur di soddisfare la propria aspettativa  correlazione illusoria, ovvero l’esagerazione cognitiva della frequenza con cui si manifestano contemporaneamente due stimoli o eventi, nonché la percezione di una co-occorrenza inesistente. è strettamente connessa agli stereotipi che si possiedono, può essere veicolata anche dai mezzi di comunicazione che ritraggono gruppi sociali in modo stereotipico. Il pregiudizio non conosce confini storici o culturali: Certi gruppi sociali sono vittime «privilegiate»: Ciò che può cambiare, nel corso del tempo e a seconda del contesto culturale, è l’espressione del pregiudizio. Il pregiudizio moderno: i pregiudizi si manifestano in modo più indiretto e nascosto poiché le persone hanno imparato che non è «politicamente corretto» esprimerli. Teoria del sessismo ambivalente (Glick e Fiske, 1996) sostiene che l’atteggiamento nei confronti dei due generi si compone di una dimensione esplicitamente ostile e di una dimensione apparentemente benevola. • Il sessismo ostile critica uomini e donne che si discostano dai ruoli tradizionalmente previsti per il maschile ed il femminile
 • Il sessismo benevolo apprezza uomini e donne che rispecchiano le caratteristiche stereotipiche associate al maschile e al femminile Entrambe le dimensioni implicano un pregiudizio basato sul genere sessuale, ma il sessismo benevolo si esprime in forma più subdola. Patricia Devine (1989), l’informazione può venire elaborata in modo automatico o controllato. L’elaborazione automatica introduce l’informazione basata sullo stereotipo, ma quella controllata mette in discussione il contenuto dello stereotipo
 (quando si è sotto pressione potrebbe non essere attivata l’elaborazione controllata, dunque è più probabile agire secondo stereotipo) Rilevare il pregiudizio implicito mediante misure indirette: la più diffusa è l’Implicit Association Test (IAT), che misura la velocità di associazioni positive e negative che le persone compiono rispetto ad un gruppo target. Criticato poiché non considera come effettivamente le persone di comportano con gli altri nella loro vita quotidiana. Per studiare l’attivazione del pregiudizio, Correll e colleghi (2002, 2011). Partecipanti bianchi guardavano fotografie di uomini in contesti “naturali”. Metà delle foto ritraevano bianchi e metà afroamericani. Inoltre, metà degli uomini aveva in mano una pistola, mentre l’altra metà un oggetto non minaccioso.
Ai partecipanti era richiesto di agire in meno di un secondo, premendo il tasto “spara” quando il soggetto in foto era armato ed il tasto “non sparare” se non lo era.
I risultati dimostrarono che i partecipanti erano significativamente più pronti a sparare gli afroamericani, indipendentemente fossero armati o meno. Il pregiudizio nei confronti dei neri, benché di norma non esplicitato, guida comunque le azioni delle persone, quando esse sono sotto pressione. Le vittime di pregiudizio subiscono svantaggi materiali e psicologici: bassa autostima, stigma sociale, ridimensionamento delle proprie aspirazioni. I pregiudizi sono processi culturalmente condivisi e dunque talvolta vengono fatti propri dalle vittime stesse. Due fenomeni sono particolarmente frequenti per quanto concerne le vittime di pregiudizio: - Il nuovo arrivato
 - Il capro espiatorio - Il clown: riveste il ruolo socioemozionale - Il leader d’opposizione
 Le funzioni svolte dalla strutturazione in ruoli sono molteplici: - I ruoli facilitano il raggiungimento degli obiettivi del gruppo - I ruoli forniscono ordine e prevedibilità: - I ruoli contribuiscono alla definizione di sé, favorendo la consapevolezza delle proprie caratteristiche e capacità. 
 Gli psicologi sociali hanno evidenziato una serie di indicatori di status: chi riveste una posizione di alto status tende a promuovere iniziative, chi ricopre ruoli inferiori tende a seguire quanto definito da altri.
Per il comportamento verbale, alto status: parlano di più, , interrompono più frequentemente l’interlocutore, ricevono un gran numero di comunicazioni dagli altri membri. il comportamento non verbale, posizione gerarchica più elevata: mostrano una postura eretta, mantengono il contatto visivo, voce ferma.
 il leader è anche un ruolo specifico di status elevato la leadership efficace implica sia un’attenzione al compito sia una certa considerazione per i membri del gruppo. Il leader più efficace è colui che in un certo momento e in una data situazione risulta meglio equipaggiato per aiutare il gruppo a raggiungere il suo scopo. In un’altra situazione qualcun altro può emergere come leader. La leadership come processo alcuni studiosi  modo in cui il leader si guadagna la credibilità dei seguaci, processo più o meno lungo nel tempo, attraverso cui il leader ottiene la legittimazione da parte del gruppo. Lippitt e White (1943)  determinante lo stile di leadership per il raggiungimento del compito e per il clima sociale del gruppo. Tre gruppi di bambini impegnati in attività di dopo-scuola e tre collaboratori si proposero come leader adottando stili di leadership diversi. Un leader autoritario e direttivo; uno democratico; uno permissivo. Dopo sette settimane i leader cambiavano gruppo e stile, in modo da far sì che gli effetti osservati non potessero essere attribuiti alla personalità del leader, ma al suo stile. I risultati: il raggiungimento del compito avveniva in misura maggiore con il leader autoritario, ma solo finché il leader era presente. I gruppi condotti in modo democratico; lievemente meno produttivi, proseguivano anche in assenza della guida. Lo stile permissivo; per nulla efficace per il raggiungimento dell’obiettivo.
Per il clima sociale, il leader democratico era il più gradito, con i leader autoritari si sviluppava maggiore aggressività. I leader permissivi; poco considerati come punti di riferimento. Hollander evidenzia alcune specifiche fonti di legittimazione di un leader: - La modalità con cui il leader arriva a ricoprire tale ruolo. - La capacità del leader in relazione al compito - L’identificazione del leader con il gruppo. L’oggettivazione 
 
 Si parla di oggettivazione ogni volta in cui le parti del corpo di una persona vengono separata dal resto della persona, che viene dunque ridotta a mero strumento o oggetto.
Tali parti del corpo, inoltre, vengono ritenute in grado di rappresentare la persona nella sua interezza.
I processi di oggettivazione sono costruiti e perpetrati a livello culturale e sociale. 
 Kant aveva descritto l’oggettivazione sessuale, definendola come quel processo per cui una persona non è 
considerata come fine, bensì come mezzo per il soddisfacimento del piacere altrui
 L’oggettivazione implica dunque una «negazione di umanità» nei confronti dell’altro, svilito in quanto semplice strumento per il raggiungimento del proprio scopo 
 Secondo la filosofa contemporanea Martha Nussbaum (1995), l’oggettivazione è caratterizzata da sette dimensioni: 1. La strumentalità: l’altro viene trattato come mezzo per ottenere il proprio fine 
 2. La negazione di autonomia: l’altro viene ritenuto come privo di capacità di autodeterminazione 
 3. L’inerzia: l’altro viene considerato come non propenso ad agire per proprio conto 
 4. La fungibilità: si ritiene l’altro interscambiabile con oggetti simili 
 5. La violabilità: si ritiene l’altro come privo di propria integrità e dunque manipolabile 
 6. La proprietà: l’altro viene trattato come un oggetto che può essere comprato e venduto a proprio piacere 
 7. La negazione della soggettività: l’altro viene considerato come privo di sentimenti e pensieri personali 
 Per oggettivazione sessuale si intende quel fenomeno per cui il corpo delle donne (ma anche degli uomini) o parti di esso sono separati dal resto della persona e considerati come in grado di definire il valore della persona stessa. 
 In psicologia sociale un filone di studi molto ricco è quello che si concentra sui processi di deumanizzazione ovvero la negazione della dimensione umana nei confronti di un’altra persona. Collegato a questo concetto vi è quello di infraumanizzazione, ovvero una negazione parziale dell’umanità. Si possono deumanizzare gli altri non in modo esplicito, negando del tutto la loro dimensione umana, ma in modo più sottile. Nei process i di oggettivazione sessuale si otterrebbero effetti simili, per cui all’altro oggettivato viene negata la dimensione di umanità. Se, per effetto dell’oggettivazione sessuale, si considera una persona solo sulla base del suo aspetto estetico, tale persona assumerà quella stessa prospettiva oggettivante nei confronti di se stessa.
Questo è il processo di auto-oggettivazione, ovvero l’interiorizzazione di uno sguardo esterno per guardare a se stessi, enfatizzando la componente corporea come unica misura del proprio valore in quanto persona. Il concetto di auto-oggettivazione è stato affrontato da due prospettive teoriche quasi contemporanee: 1. La consapevolezza del corpo oggettivato di McKinley e Hyde (1996)
 2. La teoria dell’auto-oggettivazione sessuale di Fredrickson e Roberts (1997) La consapevolezza del corpo oggettivato, McKinley e Hyde: indica quel processo psicologico per cui il soggetto è consapevole di essere considerato esclusivamente in quanto corpo, si compone di tre dimensioni: • La sorveglianza del proprio corpo implica un continuo monitoraggio del proprio aspetto fisico, associato alla tendenza a occuparsene troppo spesso nel corso della propria quotidianità • La vergogna per il proprio corpo deriva dalla percezione del proprio corpo come inadeguato rispetto ai modelli di corpi sessualizzati promossi a livello socioculturale 
 • Le credenze associate al controllo si riferiscono alla credenza di poter modellare e controllare completamente il proprio corpo ed il proprio aspetto estetico 
 La teoria dell’auto-oggettivazione sessuale  Fredrickson e Roberts (1997), il modo di intendere il corpo si costruisce attraverso pratiche culturali e discorsive. I mass media costituiscono un agente di influenza nell’ambiente sociale e contribuiscono a diffondere i processi di oggettivazione sia da un punto di vista culturale che da un punto di vista più individuale, nella costruzione del rapporto delle persone con il proprio corpo. I messaggi oggettivanti dei media vengono veicolati principalmente in due modi:
 1. Mediante la continua proposizione di immagini di modelli di corpi ipersessualizzati e/o caratterizzati da una perfezione inarrivabile
 2. Mediante messaggi specifici che promuovono ed enfatizzano l’importanza prioritaria del corpo. I messaggi che promuovono i processi di oggettivazione sessuale vengono rivolti anche a target molto giovani: ai bambini attraverso prodotti di intrattenimento specificamente rivolti all’infanzia. Anche i prodotti mediatici rivolti agli adolescenti e ai ragazzi giocano sull’ipersessualizzazione, I video musicali, ad esempio. Secondo il modello socioculturale di Thompson e Stice (2001), il problema principale si pone quando i modelli mediatici vengono fatti propri dalle persone.
Gli ideali sociali di bellezza presenti in una cultura, infatti, vengono trasmessi dai media e da altri canali e quindi interiorizzati dalle persone, così che la soddisfazione o insoddisfazione per il proprio aspetto dipendono da quanto le persone si sentono vicine o lontane dall’ideale interiorizzato Lo spettro delle conseguenze a livello individuale è ampio e va dall’insoddisfazione corporea ai disturbi alimentari, dall’abuso di sostanze alla depressione, dai deficit sulla performance alle disfunzioni sessuali. A livello sociale e culturale, l’oggettivazione favorisce il mantenimento di atteggiamenti sessisti, ovvero favorevoli alle diseguaglianze di genere
L’oggettivazione, peraltro, riducendo il valore personale all’aspetto estetico, rinforza quelle credenze sessiste nei confronti delle donne, secondo cui esse sono un oggetto sessuale il cui successo dipende dalla bellezza e dalla capacità di conquistare gli uomini. Relazione tra oggettivazione e giustificazione della violenza: gli uomini che oggettivano le donne tendono ad avere atteggiamenti più favorevoli nei confronti dello stupro ed una maggior disponibilità alla molestia sessuale.
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