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Riassunto - Fare formazione. I fondamenti della formazione e i nuovi traguardi (Quaglino), Sintesi del corso di Modelli di progettazione pedagogica e politiche educative

Riassunto completo e ben strutturato del libro 'Fare formazione. I fondamenti della formazione e i nuovi traguardi' di G.P Quaglino. Utile per il superamento dell'esame di 'Modelli Formativi e Economia Del Capitale Umano' (prof. Vischi).

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 21/04/2021

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Scarica Riassunto - Fare formazione. I fondamenti della formazione e i nuovi traguardi (Quaglino) e più Sintesi del corso in PDF di Modelli di progettazione pedagogica e politiche educative solo su Docsity! Fe fmazione I fondamenti della formazione e i nuovi traguardi Educazione L’EDUCAZIONE è il tema specifico della pedagogia, ovvero della scienza teorica e pratica che si occupa dell’educabilità e della formazione lungo tutto il corso della vita (Life Long Learning) e in ogni contesto di vita (Life Wide Learning) che sia esso formale (creato per l’istruzione e l’educazione), non formale (creato con finalità differenti, ma che possono diventare dei contesti di apprendimento) o informale (quotidianità). La pedagogia è relazione su fini, valori e azioni connessi con l’educativo. « L’educazione è il momento che decide se noi amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento, senza l'arrivo di esseri nuovi, di giovani. Nell'educazione si decide anche se noi amiamo tanto i nostri figli da non estrometterli dal nostro mondo lasciandoli in balìa di se stessi, tanto da non strappargli di mano la loro occasione d'intraprendere qualcosa di nuovo, qualcosa d'imprevedibile per noi; e prepararli invece al compito di rinnovare un mondo che sarà comune a tutti. » Hannah Arendt, famosa filosofa, dà speranza e valore ai giovani nella consapevolezza che un domani saranno gli adulti che potranno contribuire al cambiamento del mondo, alla costruzione delle società, a diffondere valori come la cittadinanza o la libertà… « Tutti i bambini hanno diritto a ricevere un’istruzione di qualità, a non soffrire per il lavoro minorile, per la tratta degli esseri umani. Hanno il diritto di essere felici. Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è istruzione. E non ho paura di nessuno. » Malala Yousafzai, premio nobel 2014, denuncia attraverso il suo blog le discriminazioni sui diritti e sulle donne (le donne non hanno diritto all’istruzione). Più volte minacciata e esposta a rischi, ha continuato comunque a far valere i propri diritti affermando che “non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola, tutto ciò che voglio è l’istruzione e non ho paura di nessuno”. «L’educazione è il grande motore dello sviluppo personale. È grazie all’educazione che la figlia di un contadino può diventare medico, il figlio di un minatore il capo di una miniera o un bambino nato in una famiglia povera il presidente di una grande nazione. Non ciò che ci viene dato, ma la capacità di valorizzare al meglio ciò che abbiamo e ciò che distingue una persona dall’altra. L’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo» per promuovere il benessere di una persona, la sua formazione integrale ma anche per contribuire al miglioramento delle società nelle quali viviamo. Nelson Mandela, politico e attivista sudafricano, presidente del Sudafrica dal 1994 al 1999 e antagonista dell'apartheid. «Educare è un compito strategico, dal quale dipendono la conservazione, l'evoluzione il rinnovamento, senza i quali, come dice Hannah Arendt, la civiltà e le sue conquiste andrebbero inesorabilmente in rovina. […] Il dibattito sulle professioni educative negli ultimi anni ha coinvolto il mondo accademico e le associazioni professionali, ha dato adito a un intenso lavoro di confronto sulle esperienze ed è stata formulata una proposta di legge sui profili professionali di carattere pedagogico. Le figure dell'educatore e del pedagogista appaiono strategiche nella prospettiva di un’indispensabile innovazione del sistema di welfare secondo un'ottica promozionale e rigenerativa» L’educazione è l’evento umano per l’eccellenza: permette l'incontro, la comunicazione e la relazione e per questo non è possibile improvvisarsi “educatori” ma è necessario frequentare dei corsi di laurea (professione) o acquisire delle competenze specifiche. Etimologicamente, educare deriva da: • ex-ducere = trarre fuori, aiutare a venir fuori i talenti di una persona (maieutica); • edere = nutrire, far crescere; • edocere (doceo) = insegnare, istruire; • educare = allevare, condurre. 1 Educare è un rapporto interpersonale, un incontro, scoprire il volto dell’altro (Levinas), intenzionalità e trasformazione, ha una tensione assiologia (caratterizzata da valori) e teleologica (finalità pedagogica), progetto, si relaziona con spazio/tempo, azione. Formazione La FORMAZIONE può essere definita come «il processo (insieme esperienziale, esistenziale e valoriale) attraverso cui si promuove nei formandi il riconoscimento di ciò che è proprio di quella parte di vita di cui la formazione si occupa; [...] cioè della vita professionale». Secondo Rita Fadda: la formazione riguarda «l’acquisizione della forma che è propria dell’uomo in quanto uomo, ma soprattutto in quanto quel particolare uomo» infatti il processo formativo non è standardizzato, ma anzi negoziato secondo le singole esigenze dell’adulto. La formazione si inserisce pedagogicamente (≠ psicologia, non entra nella vita personale ma rimane in ambito educativo) in un contesto con diverse finalità e ciò le consente di essere la chiave risolutiva di numerose situazioni. La formazione fa riferimento a tre parole chiavi provenienti dal passato: • PAIDEIA = parola di origine greca che si caratterizza per un forte legame tra anima-corpo, cultura-polis, persona-comunità, di cui la stessa cultura è lo specchio; legata all’assimilazione della cultura. • HUMANITAS = parola di origine latina che ha connotazione più culturale, legato alle humaniora (materie umanistiche) e alla retorica in particolare, come coltivazione del loquere (parlare, discutere). • BILDUNG = parola di origine tedesca che inserisce l’uomo nell’universo complesso e totale delle forme simboliche; secondo un modello estetico, lo nutre e lo spinge a darsi-forma, ad auto-regolarsi, a farsi umano, individuo portatore di un senso e del o di un progetto sul mondo, oltre alla cura di sé. Si assiste quindi ad un continuo confronto con gli altri e con la cultura in cui l’obiettivo è quello della realizzazione della persona nella consapevolezza della sua diversità. Questo concetto è presente ancora oggi, ma come afferma Sennet si assiste anche alla flexibility e quindi ad una parcellizzazione della formazione, questa non più orientata solo al divenire della persona ma, come sottolineato da Sirignano, a più accezioni: socializzazione, interculturazione, autoregolazione, emancipazione, tensione dialettica tra poli opposti e capacità riflessiva. Ciò implica che da un lato ci possa essere una frantumazione dell’unitarietà dell’idea di formazione, ma dall’altro si evidenzia la pluralità e la complessità delle varie dimensioni che costituiscono l’idea di formazione (necessità di considerare diverse metodologie) -> non solo competenze e logiche funzionali, ma formazione per la persona e integrale. Le dimensioni chiavi della formazione per Alessandrini sono: • INTENZIONALITÀ: concetto strettamente connesso all’idea di Bildung, considerare l’idea di formazione nel rapporto tra la persona e il mondo; • PROCESSUALITÀ: concetto connesso all’idea di gradualità del soggetto (rispettoso dei tempi) e riguarda il rapporto dialettico tra il soggetto, che partecipa alla formazione e l’oggettività culturale e sociale; • RIFLESSIVITÀ: formazione vuol dire anche sviluppare la capacità della riflessione sulle buone pratiche e sugli errori commessi -> in educazione il fallimento è necessario o possibile? È possibile ma non necessario, il fallimento permette di scoprire alcune lacune e di colmarle e quindi è un’occasione di formazione; • SOGGETTUALITÀ: enfasi riposta sul soggetto che partecipa ai processi formativi; • PROBLEMATICITÀ: la formazione è il contesto nel quale la persona adulta può prendere consapevolezza e riprogettare il proprio divenire, ma anche l’acquisizione della consapevolezza delle sue capacità. Secondo Quaglino “la formazione è attività educativa. Dunque il suo obiettivo è il sapere: la promozione, la diffusione, l’aggiornamento del sapere” e Mostarda aggiunge che “la formazione è richiesta per sviluppare competenze, migliorare la situazione esistente, risolvere problemi, gestire conflitti, aggiornare, promuovere nuovi approcci al lavoro, preparare le persone ad impegni più complessi, informare”. 2 • Scissione: ricorso costante al principio di concretezza come prova della teoria che porta inevitabilmente ad oprare a un livello di parzializzazione, di frammentazione dei componenti, senza che a questa operazione di smontaggio corrisponda un’analoga operazione di montaggio che restituisca alla teoria la sufficiente e necessaria unitarietà. Si tratta di “sapere meglio ciò che si fa (facendo formazione) per farlo sempre meglio”: è importante che ci sia un costante rapporto tra la teoria e la pratica e una dimensione della riflessione sull’attività. 1.2 Un punto di vista sulla formazione Esistono certamente modi diversi di intendere la formazione anche rispetto ad un piano di definizioni generali: si può parlare di prodotto, servizio o processo. La formazione è attività educativa e dunque il suo obiettivo è il sapere: essa ha a che vedere con il significato profondo dell’azione educativa come momento di crescita dei soggetti a cui si rivolge in un contesto e con una finalità culturale, sociale, professionale, personale. È in questi termini che l’attività educativa lega inestricabilmente APPRENDIMENTO E CAMBIAMENTO a un primo più generale livello. Se si passa a considerare la formazione nelle sue determinazioni di attività educativa interna ad un’organizzazione dove inevitabilmente la sua finalizzazione è traguardava in rapporto al sistema organizzativo. A questo secondo livello è possibile una scissione tra i due termini, apprendimento e cambiamento, ma questo comporta dei rischi per quanto riguarda efficacia dell’azione educativa. Il rischio consiste nel pensare che i soggetti imparano, le organizzazioni cambiano e che tutto questo sia opera della formazione -> la formazione diventa un’attività organizzativa (ma non lo è!). Nel legame apprendimento - cambiamento i soggetti cambiano in quanto apprendono, mentre le organizzazioni apprendono in quanto cambiano; il vero problema per i soggetti è di essere disposti a cambiare, mentre per le organizzazioni è di essere disposte ad apprendere; per i soggetti il legame apprendimento - cambiamento è fattuale, mentre per le organizzazioni il legame cambiamento - apprendimento è solo possibile. La formazione è ATTIVITÀ EDUCATIVA rivolta al sapere dei soggetti che può diventare momento per il cambiamento organizzativo solo a certe condizioni e non in virtù di alcun automatismo di legame tra apprendimento individuale e cambiamenti organizzativo. Tra queste condizioni si tratta di riconoscere che: a) La formazione deve essere pensata e realizzata in termini di processo L’efficacia della formazione e la possibilità di definire concretamente il legame tra apprendimento individuale e cambiamento organizzativo risultano vincolate dall’attrezzatura di istruzioni, regole, tecniche, linguaggi e procedure dei due sistemi, dalla loro rispettiva compatibilità e interdipendenza delle azioni a cui presiedono o danno luogo: SISTEMA INFORMATIVO (insieme di istruzioni, regole, tecniche, linguaggi e procedure finalizzati ad aumentare una banca-dati indispensabile per la guida e l’orientamento della formazione) e SISTEMA OPERATIVO (finalizzato all’esecuzione). Il processo di formazione può essere inteso come un sistema sovraordinato rispetto ai due sistemi, ciascuno dei quali comprende a sua volta due differenti sottosistemi di azioni. b) La formazione condivide un significato e un orientamento strategico Nella logica della finalizzazione organizzativa alla formazione deve essere riconosciuta una posizione e un compito che non possono definirsi se non strategici e non meramente gestionali: - come presidio dei processi di trasmissione alle necessità -> all’interno dell’organizzazione si instaura un rapporto di reciprocità tra il professionista e la stessa, creando un incontro e un’occasione per ri-costruire i sistemi di relazione e di valore. Ogni organizzazione ha una cultura d’impresa che è importante che i lavoratori condividano poiché direttamente connessa al benessere del clima aziendale e alla coesione sociale: più la cultura d’impresa è positiva e condivisa, più la coesione sociale è forte (e viceversa). 5 - come veicolo di riqualificazione e crescita professionale -> upskilling = aumento di competenze per persone che già lavorano ma sono chiamate a rivestire un ruolo più elevato; reskilling = acquisizione di nuove competenze per cambiamenti che riguardano organizzazioni interne, gestione del personale, software… - come prospettiva di medio-lungo periodo -> modello educativo centrato sulla persona, in cui il cambiamento e l’apprendimento necessitano di una determinata tempistica; all’effettiva acquisizione delle conoscenze, ne segue l’apprendimento e successivamente l’azione (strategia). Una formazione di breve periodo non è al servizio della persona, ma vincolata ad una logica funzionale e strumentale (tattica). - come orientamento dell’azione educativa non allo stato-problema quanto pietisti alla logica stato-progetto (obiettivo). - come rinnovamento dei più precisi collegamenti tra il processo formativo, istituito dal funzionamento sintonico di un sistema formativo e di un sistema operativo, e taluni sottosistemi organizzativi: in particolare il sistema di gestione del personale e il sistema di pianificazione strategica. - come complemento laterale del processo di formazione, finalizzato al perseguimento di obiettivi molteplici. c) La formazione richiede tecnologia ed espressione di valori - La formazione va orientata secondo la configurazione della complessità e richiede una TECNOLOGIA ADEGUATA: l’uso di tecnologie povere (queste diventano “solite” se non vengono accompagnate da una riflessione sul modello formativo, se manca il quadro valoriale entro il quale posizionare e scegliere il tipo di metodologia, attrezzatura o tecnologia), di strumenti tradizionali e di irrilevanti investimenti nell’attrezzatura sono un evidente ostacolo alla ricerca di più elevati livelli di efficacia dell’attività educativa. Tecnologia sofisticata significa non solo attrezzatura più ricca, ma anche teoria più solida. L’ATTREZZATURA che presiede al funzionamento del processo di formazione è un insieme di dispositivi (istruzioni, regole, strumenti, linguaggi e procedure) articolato a tre livelli differenti: principi generali (come apparato di teoria), modelli procedurali (come dotazione di schemi operativi), soluzioni tecniche (come complesso di specifiche modalità operative). - La configurazione della complessità richiede tuttavia anche ESPRESSIONE DI VALORI: la perdita di confidenza rispetto al piano di valori è forse proprio il risultato più evidente della tendenza alla razionalizzazione spinta dell’attività educativa, alla “logistica pedagogica” intesa come puro presidio della trasmissione dei contenuti che servono, all’ottimizzazione dell’apprendimento in chiave budgetariana, all’adesione alla logica pragmatista come espressione dell’efficientismo (della formazione) e non già di una più precisa filosofia pedagogica. Per i pedagogisti, le persone assumono sempre e comunque una posizione centrale e c’è un senso di abnegazione da parte del formatore per mettere il gruppo al centro: la leadership del gruppo è autorevole e relazionale, poiché gestisce il gruppo in base agli obiettivi formativi e alle persone presenti. Il recupero del soggetto del progetto educativo diviene allora per la formazione stessa un atto di valore e, contemporaneamente, il passaggio obbligato per il recupero della capacità di esprimere valori. - Tecnologia sofisticata (attrezzatura e teoria) ed espressione di valori sono del resto intimamente complementari: non solo non si escludono ma, al contrario, si confermano reciprocamente, nel senso che ciascuno tende a indurre il bisogno dell’altro e divengono cruciale riferimento per ogni possibilità di reale evoluzione della capacità della formazione di adempire ai suoi compiti, di conseguire più elevati livelli di efficacia nei risultati. 1.3 Prospettive di una teoria generale della formazione La TEORIA è un insieme, più o meno ampio e articolato, di conoscenze (informazioni, proposizioni, asserzioni, sapere…) che consentono la lettura (descrizione/spiegazione) di un certo oggetto x. Le azioni che compiamo quotidianamente (compresi i pensieri) sono guidate dalle più diverse teorie, che costituiscono un prezioso strumento per fornirci la conoscenza dell’oggetto e per orientare il nostro rapporto con lo stesso (azione/ interazione) anche nel senso dell’anticipazione di un evento (descrizione/spiegazione + previsione). 6 L’esperienza personale, resa possibile tramite molteplici canali, consente l’accumulo, consolidamento, trasformazione, arricchimento, abbandono, selezione, conferma e disconferma, ricordo e oblio di conoscenze, dunque di teorie. Nell’analisi delle teorie si presentano due principali problematiche: • non vi è un campo di conoscenze, e dunque un’area di sapere tecnico o scientifico, che oggi si esprima attraverso un’unica teoria -> l’operazione di rielaborazione e trasformazione soggettiva (da parte del soggetto) di smontaggio e montaggio di elementi di conoscenze di molteplici teorie, può di fatto dare origine ad una nuova teoria. • ciascun campo di azioni può richiedere il ricorso contemporaneo (ancoraggio) a conoscenze di più di una teoria di altrettanti elementi dell’oggetto dipendentemente dalla sua complessità -> problema dell’elaborazione di un set di teorie come operazione di accostamento di un certo numero di tessere di conoscenza per altrettanti campi di sapere connessi con i singoli elementi che compongono l’oggetto e ne determinano la sua maggiore o minore complessità. Nel momento in cui si raggiunge la consapevolezza dell’importanza della teoria, si giunge ad una TEORIA GENERALE DELLA FORMAZIONE che secondo Quaglino comprende a sua volta diverse teorie: L’azione formativa non è solo espressione del programma, ma della teoria dell’apprendimento che lo ha guidato (Teoria dell’Azione Formativa e della TGF a essa sovraordinata). Il pensiero di Lewin “non vi è nulla di più pratico di una buona teoria” si accosta al circolo vizioso espressione del vuoto di teoria: “pieno di consapevolezza della teoria, pieno di concretezza della formazione”. 7 Esempio - La BCC di Ostiglia Premessa: Nel corso del 2011, ad esempio, la BCC di Ostiglia ha erogato 2534 ore di formazione, il 59% a favore dei commerciali presenti all'interno dei filiali e il 41% destinato ai membri della direzione (vision: acquisire sempre nuove competenze professionali è fondamentale e indispensabile per accrescere le capacità dei propri collaboratori e di conseguenza mantenere ai massimi livelli la competitività aziendali). L’analisi dei bisogni formativi - obiettivi: l'analisi dei bisogni formativi proposta, come obiettivo, quello di indirizzare le persone verso percorsi formativi coerenti con i bisogni espressi dei lavoratori, con la realtà aziendale, con le richieste del mercato e con l'offerta formativa nell'ambito di riferimento. Tale analisi, se realizzata correttamente, rappresenta un elemento di forza e può diventare l'inizio di un processo, capace di coinvolgere direttamente l'organizzazione e tutti gli individui che la compongono, nella ricerca di miglioramento della propria capacità di agire. L’analisi dei bisogni formativi - strumenti: le modalità tecniche per realizzare l’analisi dei fabbisogni formativi sono state proposte su tre diversi livelli di approfondimento: - interviste semi-strutturate responsabili di funzione: la finalità dell'intervista semi-strutturata è stata quella di raccogliere informazioni sulle attività svolte sulla struttura dell'organizzazione, al fine di far emergere eventuali bisogni formativi e linee di sviluppo future. - rilevazione delle conoscenze e delle competenze dei lavoratori: l'obiettivo della rilevazione delle conoscenze è stato quello di misurare il livello posseduto di ciascuna persona rispetto alle singole conoscenze così da individuare eventuali gap tra livello ideale livello agito. - valutazione del ciclo di attività formativa. Questa metodologia permette, partendo dalla MATRICE DELLE COMPETENZE* definita dalla banca e dall'esperienza diretta delle persone, di far emergere delle evidenze e di raccogliere informazioni così da rilevare il persistere di alcuni gap e definire i contenuti da dare alla formazione futura. * La matrice delle competenze di rete (o di direzione) mostra tre dimensioni (tre diversi livelli: operativo, specialista e responsabili) in relazione al ruolo, ai processi e procedure, alle conoscenze e ai comportamenti messi in atto confrontando la realtà di un soggetto con un individuo irreale. Capitolo 2 - Gli obiettivi 2.1 Criteri e condizioni di una Teoria degli Obiettivi Partendo dall’inidivuazione di un bisogno inteso come mancanza si giunge ad una domanda di formazione, la quale deve essere tradotta in obiettivi formativi. La ricerca di un’efficace TdO risulta attualmente vincolata alla possibilità di acquisire valore attraverso il pieno soddisfacimento di alcune capacità: • la capacità della teoria di garantire sufficiente autonomia al suo oggetto, ovvero di garantirne identità sul piano eminentemente definitorio, e differenziazione rispetto a un ipotetico campo di oggetti cui è riconducibile e per cui rappresenta un'emergenza dotata di specificità. • la capacità di esprimere concettualmente l'oggetto nel senso della chiarezza e della completezza. • la capacità di aderire all'oggetto, ovvero di mantenersi pertinente e adeguata a esso. In sintesi, ogni tipologia di obiettivi che non soddisfa le seguenti condizioni non si risolve, conseguentemente, in una TdO forte capace di guide in modo consapevole l’efficacia dell’azione educativa: 1) Individuazione di un oggetto differenziato rispetto a una TdA • La ricerca di una TdO ha per oggetto i TRAGUARDI EDUCATIVI (= contenuti di apprendimento con riferimento ristretto, e vincolante, a un progetto educativo) e per questo è necessario che ci sia una Teoria dell’Apprendimento (TdA) per individuare i processi di apprendimento (= le modalità soggettive con cui si apprende). Occorre intendere dunque l'azione formativa come governata e ispirata non solo da una TdA come insieme di conoscenze attinenti la complessità dei progressi soggettivi nato in ogni situazione riferita all'apprendere, ma anche da una TdO come modello concettuale concernente specifici contenuti di apprendimento e corrispondenti traguardi educativi. 10 • La loro inconciliabile diversità non può che essere ricondotta ad alcuni assunti teorici fondamentali: ciò che si può insegnare rappresenta solo una parte di ciò che si può imparare; a sua volta, ciò che si può imparare è solo una parte di ciò che si può apprendere e infine ciò che si può apprendere è in riferimento a una capacità globale di apprendimento che solo in parte può essere oggetto di sviluppo “culturalmente” guidato. 2) Definizione dei collegamenti con una TdS necessariamente implicata • Un’ adeguata TdO deve rimandare a una teoria del soggetto (TdS) in quanto i traguardi educativi raggiunti sono strettamente connessi ai risultati in termini di cambiamento per i soggetti (al centro di qualsiasi TdO che possa essere ritenuta efficace). Il collegamento tra TdO e TdS può essere meglio individuato attraverso le sue sottocondizioni: a) OLISMO (principio di totalità —> superamento di un modello di soggetto per parti distinte e separate) b) CONTESTUALISMO (principio di determinazione situazionale —> superamento di un modello di soggetto indifferenziato) 3) Articolazione degli elementi (i singoli obiettivi) rispetto a un quadro unitario e superamento di una logica per elementi distinti e separati. • Gli obiettivi, adeguatamente specificati e classificati, devono rispondere ad un quadro unitario e coerente con i bisogni emersi. Si riconoscono diversi contributi della letteratura di riferimento che possono essere utili al fine della costruzione di una TdO che soddisfi condizioni e criteri: A. TIPOLOGIE SEMPLICI, in cui gli obiettivi formativi vengono ricondotti a tre dimensioni: conoscenza (sapere teorico, apprendimento cognitivo), capacità (sviluppo o potenziamento abilità opertativo-pratico), atteggiamenti (soft skills, caratteristiche personali, apprendimento emotivo). Tale tipologia di base ha come punti di forza la non eccessiva parcellizzazione  degli obiettivi e il mantenimento di un quadro unitario, ma ha anche dei punti di debolezza: non soddisfa sufficientemente le condizioni poste da una TdO quali la capacità di risolvere compiutamente il suo oggetto, di mantenervisi aderente o di chiara individuazione rispetto ad altri campi di oggetto. B. TASSONOMIE = lista più o meno complessa, articolata, gerarchizzata e sequenziale di obiettivi educativi, ovvero di traguardi di apprendimento. Peculiarità e punti di forza di una tassonomia sono: l'esplicita differenziazione dei suoi contenuti rispetto a una TdA implicata o comunque richiamata (chiara individuazione di un oggetto differenziato rispetto ad altri campi di oggetto); l’essere rappresentazione dello schema concettuale di riferimento, del modello rispetto al quale è orientata l'attività di programmazione formativa; l'articolazione degli elementi componenti (gerarchica e/o sequenziale) rispetto un principio di totalità o sintesi. Nonostante ciò vi sono anche dei punti di debolezza quale il rischio di perdita di un quadro unitario e del soggetto a cui è destinata la formazione. Tra le tassonomie è possibile distinguere: • Tassonomie più propriamente psicologiche, come la gerarchia degli apprendimenti di R.M.Gagnè (1969) o la tassonomia strutturale di J.P.Guilford (1967) • Tassonomie contenutistiche, come la tassonomia zetetica di J.T.Tykociner (1964) • TASSONOMIE DI DERIVAZIONE PSICOLOGIA, come la Taxonomy of Educational Objectives (TEO) di B.S.Bloom (1956) - suddivisa in conoscenze (campo cognitivo), abilità abilità e capacità intellettuali (campo cognitivo), recepire (campo affettivo) - che sembra soddisfare adeguatamente criteri di analiticità e completezza, ma anche: - Esigenze di contenuto, riproponendo una suddivisione chiara tra obiettivi cognitivi, affettivi e psicomotori; 11 - Esigenze di differenziazione, sia nel senso della posizione occupata da ciascun elemento rispetto allo schema complessivo, sia nel senso della sequenza temporale di apprendimento implicata(dal “facile” al “difficile”); - Esigenze operative, in quanto ciascun obiettivo è definito in funzione della possibilità di misurarne il raggiungimento. Tuttavia, l’eccessiva analiticità e articolazione dell’oggetto, se soddisfa la condizione 1 e 3, finisce per divenire al tempo stesso vincolo determinante per il soddisfacimento della condizione 2, ovvero il rapporto tra TdO e TdS (nell’eccedere circa il dettaglio, si perde il soggetto e la conseguente attenzione al suo apprendimento). La TEO, in quanto tassonomia di derivazione psicologica, rappresenta così un privilegiato riferimento per la costruzione di una TdO, ma non certo la soluzione cercata. C. LISTE DI CAPACITÀ = dove possono essere fatti confluire tutti quei contributi che propongono liste o elenchi di abilità operative connesse direttamente con l’agire finalizzato (obiettivi e risultati) e per raffronto a più specifici ambiti di riferimento professionale, di funzione o di ruolo. Le liste di capacità costituiscono un importante punto di ancoraggio per la costituzione della TdO: il soggetto rappresenta il fulcro degli obiettivi formativi (stabiliti sulla base dell’organizzazione aziendale e quindi con riferimento alla posizione, funzione o ruolo dell’individuo) e l’articolazione da semplice elenco a modello complesso evita il problema relativo a liste o troppo semplificate o troppo di dettaglio, mantenendo un buon equilibrio. Tale importanza risulta evidente se si considera come larga parte delle tendenze in atto nel campo della formazione propongono di qualificarsi proprio in termini di concretezza e operatività dei contenuti, con obiettivi di sviluppo di capacità dove il riferimento a schemi che riassumono o ricategorizzano tali capacità è d’obbligo. • Rispetto agli altri tipi di contributi esaminati, le liste di capacità costituiscono elemento di significativa integrazione esaudendo pienamente la condizione di contestualismo: la soddisfazione può dipendere in larga misura proprio dalla ricchezza, differenziazione e articolazione della lista di capacità. Ogni lista eccessivamente semplificata o piuttosto di dettaglio ma priva di integrazione interna tra gli elementi non può costituire utile riferimento per la costruzione di una TdO. Utili si rivelano molti dei contributi in tema di valutazione del potenziale, di solito basati su elenchi di capacità sufficientemente ricchi e articolati: - Marchetti e Quaranta (1984) propongono una lista suddivisa per quattro diverse aree: Area della competenza manageriale (pianificazione, organizzazione, delega, controllo); Area delle abilità sociali e interpersonali (sviluppo delle risorse umane e mot i vaz ione , cooperaz ione , sens ib i l i t à e persuasione, gestione dei conflitti); Area della risoluzione dei problemi (analisi, sintesi, creatività, apprendimento); Area dell'influenza sui risultati (autonomia e flessibilità, decisione, orientamento ai risultati, sensibilità economica). - J.W.Pfeiffer (1983), propone uno schema elenco che prevede otto aree principali di capacità per un totale di circa 70 abilità specifiche. Il suo contributo per ricchezza e articolazione rappresenta il miglior esempio di una lista di capacità in grado di soddisfare compiutamente alla condizione di contestualismo posta dalla TdO e, più in generale, di rivelarsi efficace in campo formativo —-> 12 2.3 Linee di proposta per una Teoria degli Obiettivi L'esigenza prioritaria che deve soddisfare una TdO è connessa con la definizione dell'oggetto che non può coincidere né con un elenco di finalità educative come livelli generali di apprendimento (tipologia semplice) né con una lista di obiettivi adeguatamente analitica ma priva di articolazione unitaria (tassonomia). Come proposta di una possibile la direzione percorribile richiede: 1. Individuazione di un referente unico, di una unità obiettivo —> nel nostro caso la proposta coincide con l’uso del termine competenza; 2. Definizione di un piano generale di traguardi educativi associati a competenze: - consapevolezza = sviluppo della capacità del soggetto di riconoscere le competenze possedute (caratteri, modalità, ma soprattutto ruolo rispetto all'azione e alle comportamento; dunque consapevolezza come controllo) - sviluppo = miglioramento di tali competenze 3. Configurare un sistema di obiettivi corrispondente a un’articolazione di competenza con caratteri di unità e totalità. Nel nostro caso, adottando la terminologia di Burgoyne e Stuart, ci si può riferire a: - competenze 1: conoscenze (banche-dati) - competenze 2: abilità (modelli operativi) - competenze 3: metaqualità (dispositivi di controllo ed elaborazione sovraordinati) 4. Individuare i contenuti di tali competenze. Nel nostro caso si può distinguere tra: - unità di informazione - sistema di regole 5. Definire per ciascun livello di competenza l’insieme degli elementi componenti (delle singole e specifiche competenze). Una TdO così concepita rimanda a uno schema di riferimento del tipo in figura —> In tale modello, un ruolo centrale è occupato dal soggetto: ogni azione educativa che, pur nella specificità del suo obiettivo, ignora o nega la totalità del soggetto cui si rivolge in termini di mancato riconoscimento della totalità del sistema di competenze possedute, non può che rivelarsi inefficace, in quanto “ignora ciò che fa”. Tra l’assoluta indeterminatezza del soggetto e una tipologia estesa di soggetti dell'azione educativa vi è una strada intermedia: il riferimento contestuale dell'azione educativa può ottenersi in base ad una tipologia ristretta che distingue: a) AREA DEL LAVORO, riguarda il contesto dell'attività professionale del soggetto (insieme dei compiti, contenuti del lavoro); b) AREA DEL RUOLO, costituisce un più ampio riferimento alla posizione occupata dal soggetto rispetto al contesto di lavoro; c) AREA DEL SÉ, rappresenta un riferimento ancora più ampio in cui convergono elementi professionali ed elementi personali del soggetto. In base a questa tipologia non vengono individuati soggetti diversi, ma ambiti differenziati di riferimento al soggetto. 15 Capitolo 3 - L’apprendimento 3.1 Presupposti e condizioni di una Teoria dell’Apprendimento Somiglianze e differenze, punti di sovrapposizione e specificità trovano in ogni caso massima evidenza nelle condizioni che vincolano una TdA e che, in parallelo per quanto formulato per la TdO ma con le necessarie modifiche possono essere le seguenti: Condizione 1) DEFINIZIONE DELL’OGGETTO Una TdA ha per oggetto i processi soggettivi che presiedono al conseguimento di sapere, ovvero le modalità e i percorsi in base ai quali gli individui realizzano un apprendimento entrando in possesso di un nuovo sapere o maturando un cambiamento di sapere. Il processo di apprendimento si definisce con riferimento al rapporto tra uno stato di sapere iniziale e uno terminale, al quale si giunge attraverso un tragitto compiuto dal soggetto che è caratterizzato dall’acquisizione (dall’esterno), rielaborazione e creazione/scoperta di sapere 1 (unità di informazione) e sapere 2 (sistemi di regole). Una TdA è anzitutto una teoria di come si apprende e non già la modalità su come far apprendere.. Condizione 2) RIFERIMENTO AL SOGGETTO Per la definizione dell’oggetto, la TdA richiede l’esplicazione del legame con una TdS: si parla infatti di progetti soggettivi. In questo caso il soggetto non è definibile della determinazione di mero “destinatario dell’apprendimento”, ma piuttosto in un’accezione allargata che tende a coincidere con l’evento stesso (globale) dell’apprendere. Ciò significa anche che, per confronto con la TdO, le sotto condizioni di olismo e contestualismo sono mutate in quelle di: a) CENTRATURA SUL SOGGETTO = esclusione di ogni determinazione aprioristica di ruolo (es. ruolo dell’allievo) e centralità dell’apprendere rispetto a una molteplicità di “forme soggettive”, lungo il continuum da acquisizione dall’esterno a produzione originale e autonoma di sapere b) NON-RIDUZIONISMO = esclusione di ogni definizione dell’apprendere in termini di modalità o processio univoco o privilegiato. Tale sotto condizione segnala la necessità di una definizione aperta di soggetto come attore dell'apprendimento rispetto una pluralità di possibilità di conseguire apprendimento (soggetto attivo, molare e agente) .. Teoria degli obiettivi Teoria dell’Apprendimento Differenze La TdO ha per oggetto i traguardi educativi: dunque ciò che si tratta di far apprendere, ovvero i contenuti di apprendimento con riferimento ristretto e vincolante a un progetto educativo (azione formativa) La TdA ha per ogget to i process i d i apprendimento: dunque le modalità soggettive in base alle quali si apprende o viene l’apprendimento, con riferimento allargato l ' i n te ro panorama de l l a poss ib i l i t à d i apprendimento dei soggetti, di cui i progetti educativi non rappresentano che una parte. Ciò che si può insegnare rappresenta solo una parte di ciò che si può imparare; a sua volta ciò che si può imparare è solo una parte di ciò che si può apprendere. Ciò che si può apprendere è il riferimento a una capacità globale di apprendimento che solo in par te può essere oggetto d i sv i luppo culturalmente guidato. Somiglianze Il livello di concettualizzazione, nel senso dell'implicazioni di ambiti di sapere consolidati, ricchi di contributi e dagli ampi confini disciplinari (pedagogia, psicopedagogia, psicologia dell'educazione, psicologia dell'apprendimento…) I criteri che vincolano una teoria nel senso della sua più generale capacità di essere modello concettuale con più o meno elevato riscontro operativo (ovvero, della capacità di risolvere, esprimere, aderire all’oggetto). 16 Condizione 3) DEFINIZIONE DI UN OGGETTO RISTRETTO ALL’AMBITO DEL PROGETTO EDUCATIVO Nonostante l’oggetto della TdA (i processi formativi), si presenti come di ordine più generale e più ampio di quello implicato nella TdO, è importante ridimensionare i confini per ricollocare opportunamente la TdA all’interno di una TGF. La determinazione della TdA nell’ambito dell’azione formativa ha valore di principio non puramente concettuale bensì sostanzialmente operativo. Questa condizione formula peraltro la necessità per la TdA di definire il suo oggetto con riferimento privilegiato a quei processi soggettivi di conseguimento di sapere coerenti e conformi a un particolare campo o forma dell’apprendere quale quella in atto (cioè attivabile) nell’ambito di un progetto educativo. Se da un lato la TdA vincola profilo e contenuti, contemporaneamente propone un ampliamento del concetto di progetto educativo: l’uguaglianza automatica per cui fare formazione è fare corsi tradizionalmente intesi è solo una delle possibili forme di apprendimento: non è l'unica nella sola e, se si guarda ai mutamenti in atto e ai prossimi anni, forse neanche la più importante. 3.2 Contributi alla Teoria dell’Apprendimento Ricostruire la TdA come elemento di una TGF significa fissare regole e individuare contenuti. Mentre le regole sono riassunte nelle tre condizioni, i contenuti vanno ritrovati a partire da un'esplorazione del panorama di contributi attualmente disponibili sui temi dell’apprendimento. L'apprendimento è oggetto di studio e ricerca in ambiti disciplinari differenti ma ancora troppo pochi se non sono stati sufficienti a garantirci alcuna teoria matura ma solo molte teorie parziali tra loro a volte in netta contrapposizione. Tali contributi possono essere classificati in funzione di una tipologia che distingue tra: A. TEORIE GENERALI: il tema dell’apprendimento chiama in causa le grandi teorie riconducibili alle grandi scuole della psicologia. Le teoria dell’apprendimento nel tempo vanno ad identificare un settore abbastanza specifico della psicologia e da questo punto di vista è possibile trovare alcune caratteristiche dietro le teorie generali: • Il rapporto tra innato e acquisito; • il rapporto tra fatti di ordine più propriamente psicologico e fatti di ordine neurofisiologico; • la convivenza di una pluralità di definizioni dell'oggetto; • l'interdipendenza tra processi di apprendimento e altri processi quali esempio quelli della memoria o dell'attenzione Partendo da questi presupposti ci sono diversi elementi fondamentali da considerare: • Diviene prioritario il rimando diretto alle fonti —> vi è l’impossibilità di trattare della complessità del tema e dei differenti orientamenti teorici; valgono però i riferimenti a due opere manualistiche di indispensabile consultazione quali Le teorie dell’apprendimento di E.R.Hilgard e G.H.Bower e il più recente Psicologia applicata all’insegnamento di R.F.Biehler. • È indispensabile ritrovare una tipologia base di teorie dell’apprendimento —> è possibile proporre una “tipologia-base” di teorie generali che distingue tra: - Approcci S - R (stimolo - risposta) - Approcci cognitivi - Approcci umanistici • È cruciale intendersi sul significato da attribuire ad concetto di apprendimento —> esso è da ritrovarsi, secondo Quaglino, nella coppia di elementi: - Cambiamento —> rimando all’elemento-cambiamento di Lewin (1942) - Connessione —> rimando all’elemento-cambiamento di Bateson (1979) • Ciò che assume importanza è soprattutto la corretta individuazione del ruolo del soggetto rispetto all’apprendere —> L’apprendimento non è un processo sterile, automatico e non avviene meccanicamente: è esperienza comune, legato alla disposizione del soggetto che apprende (motivazione, desiderio, autonomia, responsabilizzazione, coinvolgimento, disponibilità all’ascolto in una determinata situazione). 17 • Accademismo significa distanza tra docente e allievo, rigidità della relazione pedagogica (lezione ex- catedra), difficoltà a realizzare progetti educativi intensive (seminari o corsi di più giornate consecutive e full time), «comunicazione a una via», impossibilità di ottimizzare sui tempi dilatati l'apprendimento, freddezza, impersonalità, astrattezza…. • Attivismo significa coinvolgimento diretto dell’allievo, riferimento al gruppo, imparare facendo esercizi, sperimentando, risolvendo problemi, alternanza di momenti di apprendimento (guidati o autocondotti), costruzione progressiva, finalizzata e guidata dell’apprendimento, «comunicazione a due vie» (il formatore è gestore di processi più che di contenuti), discussione confronto, vivacità, responsabilizzazione, concretezza… (modalità non adatta a tutti i contesti) L'opposizione tra i due approcci si sintetizza così come differenza tra una modalità di conseguimento del sapere vincolata all'ascolto e all'attenzione e una basata sul coinvolgimento (attivo) in prima persona dell'allievo; tra un sapere per trasmissione e uno per elaborazione, per analisi, soluzione, discussione dei problemi. b) CONTENUTI VS PROCESSI: la differenza tra temi e argomenti formativi diviene reale opposizione proprio rispetto al metodo, come confronto tra: c) STRUTTURAZIONE VS DESTUTTURAZIONE: sviluppando le differenze tra i metodi e le modalità didattiche centrate sui contenuti e quelli centrati sui processi, viene a configurarsi una più precisa opposizione di approcci didattici tra: • Una formazione programmata nei dettagli, modalità educativa espressa nel far compiere un certo percorso di apprendimento in modo logico e ordinato secondo una sequenza prestabilita rigorosamente strutturata    • Una formazione come contenitori di eventi non previsti ma pur sempre prevedibili: possibili rispetto un certo numero finito di accadimenti; modalità educativa pensata come il percorso stesso, che si tratterà di costruire momento per momento e in quel momento, dove ciò che è prestabilito non sono i temi ma solo ed esclusivamente i confini spazio-temporali. 20 CONOSCERE CONTENUTI CONOSCERE PROCESSI   Finalità di apprendimento e traguardi educativi sostanzialmente espressi dal conoscere contenuti, ovvero vincolati a temi specialistici anche fortemente connotati in s e n s o t e c n i c o , p r o p r i d e l cosiddetto know-how professionale   Finalità di apprendimento e traguardi educativi connessi a un sapere aspecialistico e «universale»: quello dei comportamenti di lavoro e delle relazioni interpersonali. Il rimando all’ambito professionale fa riferimento non già ai contenuti di lavoro, quanto piuttosto ai processi implicati nel senso del suo svolgimento in relazione o con gli altri : a fatti, cioè, di comunicazione, di comando e guida dei collaboratori, di esercizio, di autorità, di conflitto e collaborazione, di decisione… Modalità di apprendimento: basata prevalentemente sulla trasmissione di sapere centrata sull’elaborazione più personale tendente a promuovere una conoscenza degli «oggetti» tendente a promuovere delle implicazioni personali, dei «soggetti» tendenzialmente formalizzata in modo preciso, definita, «chiusa», decisamente razionale tendenzialmente problematica, interrogativa, «aperta», disponibile a «trattare» aspetti, problemi, implicazioni emotive Oltre a queste tre opposizioni, si giunge alla teorizzazione di una nuova opposizione tra ATTIVISMO E PROGETTUALISMO (tra simulazione e realtà, tra apprendere e agire) in cui il punto di partenza è costituito dal duplice problema della concretezza e del trasferimento dell’apprendimento: della distanza tra aula, dove si svolge il progetto educativo, e ambiente di lavoro, dove si realizza l’applicazione di quanto appreso o più semplicemente si esplica l'azione. Il nodo teorico affrontato coincide con il ristabilimento della condizione di circolarità tra apprendere e agire rispetto alla semplice sequenzialità da sempre postulata da ogni approccio pedagogico. Nella direzione del progettualismo è possibile riconoscere ogni azione formativa che condivida sostanzialmente i seguenti principi: a) la ricerca di una stretta e vincolante integrazione tra oggetti di conoscenza e soggetto che conosce; b) la ricerca di un’efficace identificazione tra contenuti di apprendimento e contenuti di lavoro; c) il riferimento al soggetto come unità globale al di là di ogni determinazione di ruolo sia rispetto al progetto educativo sia rispetto al contesto di lavoro; d) l'orientamento delle finalità educative a condizioni di sviluppo, crescita, autonomia e autorealizzazione del soggetto. Il termine con cui si indica tale approccio pedagogico (di metodo teoria allo stesso tempo) è SELF DEVELOPMENT. Pedler e Boydell (1981) precisano opportunamente il significato da attribuire al termine di self-development sia come lo sviluppo del sé (of self) che come sviluppo attraverso il sé (by self) nel senso della diretta e piena responsabilità del soggetto. I concetti che vi si possono collegare in modo diretto sono rispettivamente quelli di: riferimento al sé (a partire dalla differenziazione fra le aree di lavoro/ruolo/sé) e centratura sul soggetto (rispetto al continuo tra eterodirezione e autodirezione del progetto educativo). È in questo orientamento al self-development che va ritrovata quell’occasione di innovazione radicale, di svolta, di nuova era nel campo dei metodi educativi cui alludevano J.Burgoyne e R.Stuart. Il problema-metodo viene quindi configurato almeno nelle sue linee essenziali: • Una ridefinizione, nel senso dell’ampliamento, dei confini e dei caratteri di ciò che si designa come progetto educativo al di là di quanto tradizionalmente e riduttivamente si riconosce e si riassume nel corso, • Una saldatura esplicita tra problemi connessi con i riferimenti teorici in tema di processi di apprendimento e problemi eminentemente operativi: di strumenti e tecniche didattiche. • Un' esigenza di riformulazione di ogni teoria sulla formazione nella direzione del riferimento al soggetto globale. 4.2 Il campo delle metodologie didattiche La premessa rispetto ai metodi porta a considerare le cosiddette metodologie didattiche (più corretta sarebbe la dizione di metodi formativi). Si tratta di istituire uno posizione di partenza tra metodi tradizionali e metodi emergenti: è soprattutto per i primi che vale l'uso del termine didattico come riferimento implicito alla classica (tradizionale) configurazione del rapporto pedagogico tra docente allievo. 4.2.1 I metodi tradizionali a) ISTRUZIONE PROGRAMMATA (IP): metodologia che occupa uno spazio a sé in quanto percorso di apprendimento altamente formalizzato e strutturato e che è richiesto al soggetto di compiere in modo vincolato. Esso si concretizza in una sequenza di unità di conoscenza in forma di altrettante domande per ciascuna delle quali è prevista risposta e possibilità di controllo della stessa. La logica di fondo è un apprendimento per rinforzo, progressivo e sequenziale, per micro unità di sapere rispetto a un oggetto la cui completa conoscenza è garantita dal compimento dell'intero percorso. Si ha quindi una frammentazione dell'oggetto di conoscenza per elementi minimi di apprendimento detti item o frame. Evidenti sono i richiami ad ambiti teorici del behaviorismo skinneriano, seppure esistono almeno due principali versioni del metodo di IP: l’una schematizzata nel percorso “semplice e lineare” skinneriano l'altra nel percorso ramificato di Crowder (1959). 21 b) LEZIONE, LETTURA E DISCUSSIONE: quest'area di metodi riassume l'approccio accademico classico e la tradizionale relazione di insegnamento. L'apprendimento è vincolato a condizioni di base (ascolto e attenzione) oltre che, per i contenuti, alle informazioni trasmesse dal docente. Nella logica di questo scambio di unità di conoscenza o di sapere la lezione è vincolata a tempi limitati, istituisce massima dipendenza dell'allievo dal docente e consente basso controllo da parte di quest'ultimo sull'apprendimento del primo. A parziale integrazione della lezione, lettura e discussione consentono uno scambio più attivo tra docenti e allievi: un confronto, un'interrogazione reciproca, una verifica, ma pur sempre entro i confini assai limitati e nella conferma della classica relazione di insegnamento. c) INCIDENT E CASO: Un caso è: • una situazione-problema che richiede soluzione, ma anche il resoconto o la cronaca degli eventi che hanno condotto a tale situazione-problema; • una ricostruzione più o meno dettagliata di un certo periodo di storia organizzativa rispetto al presente rappresentato nel problema stesso; • una decisione da prendere, un intervento da proporre, un cambiamento da adottare come soluzione della situazione-problema. Il metodo didattico punta sull'attivazione di processi di analisi di fatti e dati di una determinato contesto organizzativo. In tal senso esso costituisce il punto di passaggio dall'approccio accademico a quello cosiddetto attivo: la relazione pedagogica tra docente allievo privilegia la discussione e il confronto al semplice ascolto e il tipo di apprendimento sollecitato si caratterizza nella logica del problem-solving o più in generale del problem-analysis. Si riconoscono però limitate possibilità di attivare processi di apprendimento complessi e la tendenza implicita a favorire percorsi di apprendimento rivolti alla razionalizzazione e alla ricostruzione razionale della realtà in funzione di catene casuali semplici e lineari. Ai soggetti posti di fronte a una situazione-problema delineata nei suoi tratti essenziali è anzitutto richiesto di ricostruire il caso, di individuare il tipo di dati e informazioni necessarie all'analisi e di proporre una soluzione in ipotesi. Il metodo Incident si caratterizza, pur nell'adesione ad analisi di principi didattici, per una maggiore flessibilità e apertura del percorso di analisi (di apprendimento) sollecitato. Entrambi condividono un modello pedagogico largamente centrato sul docente, vincolante per l'apprendimento e che lascia al soggetto da un lato margini troppo ristretti di autonomia rispetto al processo e dall'altro confini troppo indeterminati rispetto i contenuti. Infatti più delle volte, il contenuto non riesce ad attivare gradi elevati di coinvolgimento da parte del soggetto, restando piuttosto estraneo e mantenendo unicamente valori di esercizio. d) SIMULAZIONE, IN-BASKET, ROLE-PLAY E ESERCITAZIONE: raggruppati in un'unica area, questi metodi segnano il definitivo passaggio da un approccio accademico ad uno attivo. Si tratta quindi di metodi didattici che: - puntano ad un più elevato e diretto coinvolgimento dei soggetti nel processo di apprendimento di tipo esperienziale che segue rigorosamente i passaggi di sperimentazione (per esercizio, riproduzione di problemi e situazioni…) > analisi > concettualizzazione. - ridefiniscono il ruolo del docente in funzione di compiti, obiettivi di stimolazione e conduzione del processo stesso - richiedono precisa strutturazione e formalizzazione dei materiali, delle condizioni, dei contenuti e dei passaggi di apprendimento L'opposizione tra contenuti e processi permette di distinguere tra progetti educativi che: • utilizzano tecniche di simulazione più vicine alla logica dell'apprendimento di contenuti tecnico specialistici - Business-game = simulazione di una specifica realtà organizzativa e, sulla base di dati informazioni predisposti, viene richiesto ai soggetti di prendere decisioni a più riprese, con la possibilità di verificarne i risultati e dunque di ridefinire obiettivi e direzioni delle decisioni stesse 22 Il progetto educativo non tende a proporre obiettivi di unidirezionalità e sequenzialità del processo di apprendimento in conformità con la linearità del rapporto docente allievo: le situazioni di Learning Community  e Autonomy Laboratory possono essere rappresentate come una pluralità intreccio di percorsi in cui il ruolo del docente tende ad essere assimilato anche esso a quello del soggetto in apprendimento. c) ACTION LEARNING: la proposta di AL formulata da Reg Revans (1971-1983) venne ripresa e sostenuta successivamente da un sempre più vasto consenso e dai contributi di un sempre maggior numero di studiosi e che ha trovato anche nel nostro paese le prime significative esperienze da’avanguardia per opera di A. Cartoccio, C. Cassani e G.Varchetta  (1983). È possibile ritrovare dei principi generali relativi a questo modello, quali: • Il tentativo di saldare il momento dell'apprendimento con quello dell'azione, ovvero della quotidiana attività di lavoro del soggetto: quindi, il tentativo di ristabilire quella circolarità sempre cruciale tra apprendere e agire come identità inscindibile dei due momenti; • L'ancoraggio del progetto educativo a problemi concreti di lavoro nel senso proprio della trasformazione delle modalità connesse con il gestire un problema in quelle di un vero e proprio progetto di apprendimento;                  • La sollecitazione di processi di apprendimento complessi finalizzati a promuovere il sapere non per semplice acquisizione dall'esterno ma per rielaborazione e scoperta originale, sapere che ha per oggetto al tempo stesso i contenuti del problema e le modalità del soggetto di affrontarlo, analizzarlo e risolverlo recuperando ampiamente l'esperienza passata (sviluppo e consapevolezza); • Il conseguente richiamo a modelli di apprendimento di tipo pragmatico ed esperienziale confluenti a realizzare compiutamente un percorso di apprendimento di tipo eminentemente cognitivo. d) JOINT DEVELOPMENT ACTIVITIES (JDA): formulato e proposto in particolare da J.Morris nell’ambito delle attività formative e di ricerca organizzativa della Manchester Business School, tende a coincidere in larga misura con il AL. • Identico è l'approccio teorico di base rivolto a promuovere attraverso l'apprendimento uno sviluppo globale dei soggetti nel ruolo ricoperto, assai simile il riferimento a problemi concreti e reali come il contenuto del progetto educativo, identica ancora la possibilità di costruire gruppi di soggetti che prevedono scambi tra organizzazioni differenti (Joint, appunto). • L'unica differenza, per quanto di rilievo, a che vedere con l'orientamento eminentemente propositivo dei progetti JDA (orientano i soggetti a ricercare nuove idee finalizzate anzitutto alla crescita, allo sviluppo e alla realizzazione di nuove opportunità in riferimento al ruolo ricoperto dai soggetti stessi nonché esplicitamente all'organizzazione coinvolta nel processo) rispetto a quello tendenzialmente risolutivo di AL (vincolano il modello di apprendimento e la struttura del progetto ai problemi e alla risoluzione di questi ultimi). e) METODI RIFLESSIVI: ampia area di tecniche formative che possono essere accomunate da un riferimento privilegiato a modelli di apprendimento di tipo riflessivo. Caratteristiche principali di quest'area di metodi sembrano essere: • la centratura sul soggetto a livello della più generale area del sé; • il distacco da più precisi riferimenti sia all'esperienza di lavoro, di ruolo e organizzativa in termini di problemi concreti, sia all'agire; • Il recupero del più generale campo di esperienza personale come rimando per l'auto riflessione; I metodi emergenti esaminati rimandano a una possibilità di riclassificazione secondo un duplice criterio in funzione: • Da un lato, dei continuum da coinvolgimento e responsabilizzazione. Ricollegandosi a quei metodi tradizionali che puntano anzitutto sul coinvolgimento dei soggetti nel progetto educativo, sono postulati differenti gradi di partecipazione al progetto stesso, ovvero differenti livelli di responsabilizzazione e autonomia nella sua conduzione e nella sua guida. 25 • Dall'altro, del riferimento a unità di apprendimento più o meno ampie nel senso della maggiore o minore capacità di investire o focalizzare l'area del Sé come espressione del soggetto globale. Tutto ciò costituisce ulteriore arricchimento, nonché indispensabile riferimento per la costruzione di una più compiuta TdM nella logica di ipotesi della proposta di TGF. In questa direzione vanno ancora tenuti presenti i seguenti aspetti, in cui tutti i metodi emergenti: a) sembrano caratterizzarsi anzitutto per il principio, comune e condiviso, di rottura del setting di aula tradizionale. Ciò si compie nel tentativo di ristabilire una ciclicità tra unità di apprendimento e azione sia rispetto ai contenuti che alle condizioni fisiche del progetto educativo. b) puntano alla sollecitazione dei processi di apprendimento complessi nel senso dell'orientamento al problema reale e del recupero della reale esperienza soggettiva. Il tentativo di ristabilire una ciclicità tra l'unità di apprendimento e l'azione si compie in questo caso non già nella rottura dei confini fisici, spaziali dell'aula, quanto piuttosto in quella parallela dei confini temporali. c) Si propongono di attivare processi di “apprendimento dell’apprendere": puntano cioè a conseguire il sapere non solo inerente allo specifico oggetto-problema, bensì ai principi soggettivi stessi che presiedono a tale conseguimento (capacità ed approccio ad un soggetto globale). 4.3 Indicazioni e riferimenti per una Teoria dei Metodi In questo momento di profondo rinnovamento e trasformazione, risulta prioritario ampliare i confini invece di restringerli, riconsiderare i diversi approcci secondo una visione maggiormente integrata e unitaria, evidenziandone le differenze come altrettante opportunità di lavoro e, in ultima analisi, pensare alla formazione come pluralità di progetti e non già come progetti alternativi. Ciò che si vuole sostenere è l'assoluta importanza di una riflessione sulla formazione che sempre abbia ben presenti i suoi destinatari. Occorre pensare alla TdM come un modello integrato di soluzioni operative che presidiano alla realizzazione di progetti educativi. Aldilà di più rigorosi criteri e condizioni, si può sostenere che una TdM esige anzitutto: a) DEFINIZIONE DELL’OGGETTO: Una TdM ha per oggetto le strategie formative adottabili al fine di attivare processi di apprendimento conformi con i traguardi educativi fissati. Una TdM è una teoria delle forme che può assumere il progetto educativo come configurazione del setting di apprendimento. In base a tale definizione i singoli metodi: • vengono riconosciuti come l'insieme delle condizioni, ovvero il campo rispetto al quale si realizza l’apprendimento. • esprimono l'unità di spazio-tempo e azione che identifica il progetto educativo, dove lo spazio ed è intendersi sia in senso fisico (aula, organizzazione) sia in senso sociale (gruppo, ruoli e relazioni); • si differenziano in funzione delle dimensioni di tali unità (micronunità quali, ad esempio, la lezione o macrounità quali l’action learning); • preferiscono il tipo di relazione pedagogica tra i soggetti (comunicazione unidirezionale come tra docente e allievi o piuttosto comunicazione attiva tra conduttore e partecipanti). b) CONFIGURAZIONE ARTICOLATA DI ELEMENTI COMPONENTI: La differenziazione dei metodi per dimensioni dell'unità di campo rimanda tuttavia a una più complessa e articolata tipologia vincolata a più precisi criteri di contenuto. Criteri legati a quanto in precedenza evidenziato nel riferimento al soggetto (maggiore o minore ampiezza dell'area soggettiva interessata dal progetto educativo lungo il continuum no-sé <->sé) e nella centratura sul soggetto (maggiore o minore responsabilizzazione del soggetto 26 rispetto all’apprendimento). Questa tipologia di base prevede tre aree di metodi differenziate in funzione del duplice criterio considerato e due sotto-aree di confine. Lo schema riposiziona tali aree di metodi in funzione dei criteri considerati: dove i cosiddetti metodi riflessivi sembrano poter occupare una zona di confine e, per l'eterogeneità delle tecniche che vi convergono, prevedere differenti livelli di responsabilizzazione ↓ c) PRECISI RIMANDI (CONNESSIONI, LEGAMI) AGLI ALTRI ELEMENTI DELLA TFG: Lo schema riclassifica i differenti metodi esaminati (con esclusione delle aree di metodi considerate di confine) in funzione della tipologia di modelli di apprendimento, saldando ciò con TdA e TdM. Tale schema tenta di ritrovare connessioni e pertinenze privilegiate tra singoli modelli di apprendimento e singoli metodi. Va precisato che: • Tali condizioni privilegiate vengono indicate con l’asterisco; • Singoli metodi prevedono connessioni con più di un modello di apprendimento; • I differenti percorsi risultano tra loro interconnessi e convergenti rispetto al metodo educativo: le frecce esprimono la direzione di tali convergenze. Lo schema tende a escludere semplici relazioni biunivoche e dirette tra i singoli metodi e i singoli modelli di apprendimento: piuttosto introduce ulteriore differenziazione tra i metodi in f u n z i o n e d i u n s e t d i p e rc o r s i d i apprendimento e del tipo di interconnessioni tra gli elementi del set (i differenti modelli di apprendimento). Il modello evidenzia il fatto che a ogni metodo corrisponde un percorso di apprendimento comunque complesso mai semplicisticamente riassumibile in uno e un solo modello: tale complessità è per l'appunto espressa nella tipicità della convergenza e del legame tra più modelli, oltreché dalla dominanza di uno di essi. 27 0. Istruzione programmata 1. Metodi centrati sull’ascolto (accademismo) a) Lezione b) Caso (+ Lettura/Discussione) (+ Incident) 2. Metodi centrati sul coinvolgimento (attivismo) a) Lavoro di progetto b) Esercitazione c) Gruppo esperienziale (+ Gruppo di studio/Autocaso) (+ Simulazione/Role-play/In-basket) 3. Metodi centrati sulla responsabilizzazione (progettualismo) a) Outdoor Development b) Learning Community c) Action Learning (+ Outward Bound) (+ Autonomy Laboratory) (+ Joint Development Activities) 4. Metodi riflessivi 5.2 La natura pedagogica del ruolo di formatore Il nodo cruciale da affrontare per assicurarsi di poter procedere nella direzione di un più completo disegno è incentrare la riflessione sulla natura pedagogica del ruolo del formatore, anziché limitarla alle implicazioni istituzionali e organizzative, agli aspetti di rischio, alle expertises (importanti ma non decisive sul piano teorico). Se è vero che ogni identificazione automatica tra docente e formatore è puramente nominale, ristabilire il collegamento tra formatore e progetto educativo, non può che significare individuare una nuova configurazione di possibili ruoli di docenza, ovvero di ruoli formativi, per una ridefinizione del ruolo del formatore in termini di: A. UN MODELLO: Burgoyne e Cunningham formalizzano un modello di ruoli informativi che si distingue da altri contributi per la chiarezza dei contenuti e la coerenza dell’impianto, concettualmente orientato nella logica self-development e costruito intorno a tre elementi base: l’esperto, l’utente e l’oggetto. I. Esperto/consulente: La figura base che rappresenta il «grado zero» di articolazione del modello identifica una situazione relazionale classica nel senso del rapporto di consulenza finalizzata alla soluzione di un problema; dove cioè il ruolo dell’esperto-consulente è sostanzialmente quello di assumersi «per conto» del cliente il problema è di fornire adeguate soluzioni. II. Esperto/docente: A partire dalla figura base è possibile costruire progressive differenti ipotesi di relazione come per esempio docente-allievo. L'oggetto problema non è più in questo caso assunto come obiettivo dell'azione dell'esperto: piuttosto esso diviene occasione di apprendimento o meglio tramite per l'acquisizione da parte dell'allievo di quegli strumenti che gli consentiranno di far fronte al problema (Problem-solving). Mentre il ruolo dell’esperto si caratterizza per l'inclusione dell'oggetto- problema nella sfera d'azione dell'esperto stesso come diretta responsabilità della sua risoluzione «al posto» del soggetto-utente, il ruolo di docente rinvia piuttosto a responsabilità connesse con il processo di trasmissione di sapere inerente al problema e la sua soluzione dal docente stesso al soggetto-allievo; dove tuttavia essi (problema e soluzione) sono per così dire restituiti alla sfera dell’azione del soggetto. III. Dinamiche relazionali di superficie o profonde: nuova trasformazione del ruolo di esperto, dove la sua azione si identifica nella trasmissione di un tipo di sapere non semplicistico né finalizzato direttamente all'oggetto-problema, quanto piuttosto inerente la relazione tra soggetto e oggetto-problema; in questo caso è la relazione stessa a essere oggetto-problema, con riferimento più ampio ai fatti attinenti ai rapporti di lavoro o, ancora più in generale, ai rapporti interpersonali e sociali. In questo livello la figura dell'animatore si sostituisce a quella del docente; il ruolo di partecipante a un corso ovvero, in senso più ampio, a un progetto educativo finalizzato all’acquisizione di un sapere per definizione a- specifico quale quello attinente al campo delle relazioni interpersonali di lavoro, organizzative e sociali, si sostituisce a quello dell’allievo. 30 IV. Gestore (manager) del processo di apprendimento: è possibile identificare nel processo di apprendimento l'oggetto della relazione tra esperto utente a un terzo livello di articolazione ovvero ritrovare i contenuti dell'apprendimento stesso incluso nella sfera d'azione dell'utente. In questo livello l’animatore si trasforma in gestore di un progetto educativo (coordinatore e guida al tempo stesso): assume cioè ruolo di presidio delle modalità di svolgimento del progetto nonché di risorsa a disposizione dell'utente. La sua azione non è focalizzata né in termini di trasmissione di un sapere specialistico né in termini di produzione di un «sapere relazionale» il cui oggetto è il soggetto stesso; essa piuttosto si esprime nel controllo delle condizioni di svolgimento del progetto educativo rispetto al quale il soggetto ha un margine più o meno ampio di autonomia quanto agli obiettivi e ai contenuti. Il ruolo del «gestore» si risolve nel presidiare l'attivazione, nel soggetto, di un processo di apprendimento per scoperta, ovvero di ri- a p p r e n d i m e n t o attraverso il recupero d e l l a c o n c re t a e personale esperienza di lavoro (si potrebbe meglio dire dell’» e s p e r i e n z a d i problemi»). V. Agevolatore dello sviluppo personale: Nell’ultimo livello di articolazione previsto dal modello alla figura del gestore si sostituisce quella dell’agevolatore dello sviluppo personale. Con analoghe funzioni di guida e coordinatore da un lato, e «risorsa a disposizione» dall’altro, il ruolo di agevolatore va pensato rispetto a una relazione tra esperto e utente che ha per oggetto l'apprendimento delle modalità di apprendimento. Si potrebbe affermare che quest'ultimo livello di articolazione del modello postula un rapporto esperto-utente finalizzato all’acquisizione, da parte di quest'ultimo, del ruolo di esperto; alla riappropriazione di u n a f u n z i o n e d i « e s p e r t o d i s é » ovvero al passaggio di consegne quanto al ruolo di esperto. B. Un criterio: Il modello proposto da Burgoyne e Cunningham individua nuovi elementi di articolazione della figura del formatore, nuovi ruoli connessi con l'ampliamento dei confini del progetto educativo nella direzione e evidenzia un passaggio da una logica di ruoli per opposizioni a una per continuum. Lo schema individua il criterio che guida il modello nell’ampiezza dell’area di controllo sull’apprendimento rispettivamente attribuito al formatore e al soggetto: il continuum rispetto al quale si ricollocano i differenti ruoli di formatore istituisce così altrettanti momenti di trasferimento o passaggio del controllo sull’apprendimento dal formatore stesso al soggetto. Sembra evidente come questo criterio sia a sua volta riconducibile a quello definito della centratura sul soggetto. La realtà operativa, anche in termini di caratteristiche dei progetti educativi, è però da intendersi come assai più differenziata ed eterogenea. 31 Il modello vede un apprccio integrato del formatore nella re laz ione pedagogica: da consulente (senza controllo sull’apprendimento) fino ad agevolatore (formatore come elemento esterno ma non e s t r a n e o ) → L’ e s p e r t o acquisisce sempre di più il ruolo di facilitatore di processi. C. UN PROFILO DI CAPACITÀ: J.Burgoyne e R.Stuart (1977) consentono di riformulare soddisfacemente anche il tema delle cosiddette expertises richieste al formatore, punti deboli della riflessione del dibattito sul suo ruolo. Le indicazioni fornite dagli autori vengono rielaborate nel tentativo di ricercare massima coerenza con il modello di processo di formazione. Non basta quindi una semplice lista o elenco di expertises serve piuttosto un più integrato e articolato profilo di capacità, ovvero un sistema di competenze riconducibili al ruolo del formatore. La figura riprende lo schema adottato in tema di competenze manageriali (pagina 14): 1) Competenze 1 - CONOSCENZE Le caselle 1 - 3 fissano ciò che si suppone corrispondere al sapere-di-base richiesto al formatore. Fanno riferimento a un ambito di preparazione professionale (know-how) che comprende, accanto alle più diverse conoscenze specialistiche di ordine tecnico o disciplinare, il possesso di più generali competenze conoscitive in merito all’oggetto-organizzazione da un lato (teoria/e dell’organizzazione) e all'oggetto- educazione degli adulti dall’altro (teoria/e pedagogiche). 2) Competenze 2 - ABILITÀ Le caselle 4 - 10 individuano un più complesso ambito di «capacità operative» collegate al ruolo di formatore, per cui sono ipotizzabili due differenti sotto sistemi di competenze: • Operazioni di «gestione» del progetto formativo (caselle 4 - 6): richiama capacità connesse ad attività di controllo del processo stesso (analisi della domanda, gestione della relazione con il cliente, analisi dei bisogni e valutazione dei risultati) di progettazione del disegno dell’intervento formativo (individuazione della forma del progetto educativo con obiettivi, contenuti, metodi…) nonché di presidio dell’innovazione dei «prodotti» di formazione. • Operazioni direttamente connesse con la realizzazione di progetti educativi (caselle 7 - 10): con l'attività di insegnamento, in senso lato, ovvero di guida e presidio dell’apprendimento degli utenti; si ritrovano «capacità sociali», «sensibilità emotiva» e «impegno» analoghe a quelle previste dal modello di competenze manageriali. 32
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