Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto Food Porn. L'ossessione per il cibo in TV e nei social media di Luisa Stagi, Sintesi del corso di Sociologia

Riassunto completo del libro Food Porn. L'ossessione per il cibo in TV e nei social media di Luisa Stagi

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 30/01/2021

sofi.gazpa
sofi.gazpa 🇮🇹

4.5

(68)

34 documenti

1 / 24

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto Food Porn. L'ossessione per il cibo in TV e nei social media di Luisa Stagi e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! Luisa Stagi FOOD PORN L’ossessione per il cibo in TV e nei social media INTRODUZIONE Negli ultimi anni, come mai è accaduto prima, la televisione presenta una ridondanza di trasmissioni di cucina, di ricette, di gare culinarie, ma anche di reality, con specifici format lifestyle e makeover, che si occupano della gestione del corpo e del grasso in eccesso, quindi di dieta. Nell’attuale produzione televisiva, quindi, da un lato aumenta la costruzione di desiderio e di fantasie di consumo intorno al cibo, dall’altro continua a reiterarsi un discorso normativo sulla gestione del sé attraverso il controllo del corpo. Come se ne evince dl Minnesota study se sottoposti ad un regime di anoressia, anche soggetti normali sviluppano gli stessi comportamenti che si riscontrano nelle persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare, in particolare del pensiero ossessivo intorno al cibo. Nella società occidentale contemporanea, dove la maggior parte delle persone è costantemente a dieta, si sta cioè diffondendo una vera e propria ossessione per la cucina, per gli stili alimentari, per le ricette, in generale per tutto ciò che ruota intorno al cibo. Il food porn è il piacere voyeristico del cibo, un edonismo mentale che si nutre del piacere dell’attesa piuttosto che dell’esperienza del godimento. Il proliferare di format di cucina, di fare culinarie o di esperienze alimentari estreme è parte del food porn. La diffusione del food porn è connessa alla foodie culture, una sottocultura che si costruisce intorno al gusto. Per i fodies, segueci della fodie culture, lo stile alimentare è parte significativa della propria rappresentazione identitaria. I food blog hanno anche influenzato i modi di costruire i programmi televisivi di cucina, più affini al web per il coinvolgimento diretto del pubblico soprattutto nei format di lifestyle television basati sull’esemplificazione dei corretti stili di vita. Le trasmissioni di cucina hanno svolto un ruolo importante nel percorso di ricostruzione dell’identità nazionale nel dopoguerra attraverso la ricomposizione dell’idea di una cucina nazionale. I più recenti format hanno la funzione di educare al corretto consumo alimentare dato che nella modernità alimentare , caratterizzata da istanze contradditorie, per il consumatore è fondamentale poter beneficiare di un sapere esperto che funga da guida in una società gastroanomica. Per Mary Douglas la struttura prevedibile di ogni pasto crea una disciplina che elimina la potenziale confusione. Il pasto è il microcosmo di più ampie strutture sociali. Attraverso differenti dispositivi i discorsi mediatici intorno all’alimentazione riproducono alcuni confinamenti come l’ordine di genere: le rappresentazioni di genere sono quelle tradizionali per cui cucinare per il genere femminile è un’attitudine e non professione o godimento. L’idea della dieta come capacità di autocontrollo e autosorveglianza è anche alla base dei format di makeover televison per cui il corpo magri non rappresenta solo la buona salute ma anche una serie di virtù quali controllo sociale e buona cittadinanza. L’obesità ne emerge come una forma di devianza sociale da cui il soggetto obeso è tenuto a emanciparsi attraverso la forza di volontà e l’ausilio di un sapere esperto che assume la funzione di imprenditore morale. La parabola della sfida è paradigmatica di una società neoliberale che considera i soggetti artefici ma soprattutto responsabili del proprio destino. Metodologia: etnografia dei media supportata dagli archivi televisivi presenti su internet. 1 1. I DISCORSI SUL CIBO 1.1 Food porn: origine ed evoluzione di un concetto Food porn è l’espressione comunemente utilizzata per indicare la pratica di chi fotografa il cibo e poi condivide l’immagine sui social network. L’origine del concetto di food porn viene attribuita a Roland Barthes, che lo definì “ciò che offe fantasie a coloro che non possono permettersi di cucinare certi pasti”, mentre l’uso recente del termine pare ricondursi a Michael Jacobson, che lo ha utilizzato in contrapposizione al concetto di sana alimentazione, argomentando la necessità di pensare a un termine “per connotare un cibo così clamorosamente fuori dai limiti di ciò che un alimento dovrebbe essere, da meritare di essere considerato pornografico”. Food porn, infatti, evoca quell’idea di irraggiungibile che, come nella pornografia, stimola fantasie e immaginari. Secondo altri il termine compare nel 1984 nel libro Female Desire. Women’s Sexuality today della Coward e parla dello spostamento del cibo come dono al cibo come piacere estetico. In generale, nella società dei consumi, la moderna soggettività non si esprime nell’atto materiale di acquisto o di consumo, ma nella ricerca e nell’attesa del piacere: un “EDONISMO MENTALE”. Anche nel passaggio al food porn è proprio l’anticipazione, piuttosto che l’esperienza, a divenire la questione centrale: il food design, l’accostamento cromatico degli alimenti e l’impiattamento, non hanno a che fare con il godimento ma con la mera dimensione estetica di esso. Dal momento in cui l’attenzione per l’estetica ha reso le persone consapevoli di sì e del mondo fisico a loro circostante come potenziali esperienze e oggetti di bellezza sensuale, il cibo, considerato oramai simbolo della capacità di saper vivere bene, ha cominciato a configurarsi come territorio privilegiato per costruire il desiderio dell’anticipazione di esperienze sensuali. Il food porn ha a che fare con la diffusione dei discorsi intorno al cibo, ciò che il semiologo Marrone chiama gastromania. Nel panorama televisivo il proliferare di trasmissioni di pasticceria è senza dubbio legato a diversi aspetti del food porn, spazi dove il cibo diventa esercizio estetico. La struttura dei format (boss delle torte, il re del cioccolato…) prevede la preparazione di torte commissionate per un avvenimento speciale dove gli ingredienti sono in secondo piano rispetto all’estetica. È l’eccesso estetico e calorico ad alimentare in questo caso il mental hedonism. 1.2 La grande abbuffata: gastroanomia e modernità alimentare In questo periodo come mai è accaduto prima, la televisione presenta da un lato una ridondanza di trasmissioni di cucina, di ricette, di gare culinarie, dall’altro un moltiplicarsi di format sulla dieta e il dimagrimento. Già alla fine degli anni 90 Baumann aveva rilevato come i libri più venduti fossero i manuali di cucina e i libri di diete e lo legge come ricerca di conciliazione tra spinte contradditorie provenienti dal livello macro e culturale e la loro ricaduta sul soggetto. Il corpo snello assume infatti un valore simbolico assai potente poiché codifica l’ideale di un sé perfettamente gestito, in cui tutto viene mantenuto in ordine nonostante gli imperativi culturali siano contraddittori. La contraddizione fondamentale del sistema, ideale della magrezza da un lato e pulsione al consumo dall’altro, deve essere dunque gestita e risolta a livello individuale; anche per questo i disturbi del comportamento alimentare, e in particolare la bulimia, sono stati letti come un modo per scaricare sul corpo (individuale) quei contrasti che non trovano più soluzione in referenti sociali capaci di rappresentarne i termini ed esprimerne i conflitti. 2 rappresentare i loro piatti, poi hanno dato avvio alla condivisione su Instagram o Facebook e Pinterest: è così che si è cominciato a diffondere il food porn. Dal food blog alla TV (pag. 29) Un film per concludere Jiro e l’arte del sushi (Gelb, 2011) (pag. 32) 2. QUESTIONE DI GUSTO: ALCUNE FUNZIONI DELLE TRASMISSIONI SUL CIBO 2.1 La cucina nazionale Il termine lifestyle television si riferisce a un genere televisivo orientato a informare e guidare i comportamenti e i gusti delle persone. In realtà, l’idea di base di questo tipo di format è presente nella televisione fin dalle sue origini ed è rintracciabile in quei programmi che si occupavano di dare consigli sulla vita quotidiana e domestica (fai da te, cucina, giardinaggio). Tale tipo di programmazione, che è parte della struttura più profonda della nostra televisione, è strettamente legata a quella funzione pedagogica- culturale- educativa del media ai suoi albori. Negli anni ’50, infatti, il ritorno alla sfera domestica e il boom dei consumi del Dopoguerra fecero crescere l’esigenza di programmi che, oltre a intrattenere, orientassero i gusti e gli stili di vita e contribuissero alla (ri)costruzione dell’identità nazionale attraverso il medium televisivo. Ciò valse anche e soprattutto per la cucina (costruzione di un’identità nazionale basata sull’idea di consenso e riconoscimento di una cucina nazionale). I primi programmi di cucina, mandati in onda negli anni ’50 e più tardi negli anni ’70, ebbero proprio la funzione di ricostruire e trasmettere una cultura alimentare che era stata interrotta dalla guerra. L’affiancamento, in seguito, di un secondo personaggio più popolare rispetto al primo, colto e raffinato, in uno di questi due programmi, ebbe la funzione di costruire la base per il riconoscimento di una cucina nazionale; l’interazione tra le classi può favorire, infatti, un consenso tra le norme gastronomiche. Questi processi interdipendenti sono strettamente connessi alla ricostruzione di un’identità nazionale basata sull’idea di consenso e di riconoscimento di una cucina nazionale. Lifestyle television La specialità della lifestyle television consiste nel saper tematizzare e isolare alcuni aspetti della vita quotidiana. È a partire dagli anni ’80 che si comincia a parlare di rappresentazione della realtà e di tv di verità. Le diverse trasmissioni che si occupano di rintracciare persone scomparse o riaprire casi di cronaca, inaugurano la stagione della tv-realtà come attività di pubblica utilità. Da questo punto in avanti la televisione subisce un processo di mutamento verso la reality television, perdendo gradualmente la sua funzione pedagogica: dalla tv confessionale del primo pomeriggio, alla tv che mette in scena conflitti di varia natura, fino ad arrivare alla tv “caritatevole” che ricongiunge familiari o che raccoglie fondi per le cause più disparate. Tuttavia, il vero punto di svolta avviene alla fine degli anni ’90 con l’arrivo dei primi reality show, inaugurato dal Grande Fratello. In seguito, il reality si differenzierà in due versioni: la prima rimarrà sulla tv generalista assumendo prevalentemente la forma del talent show, la seconda più estrema si declinerà nel makeover. 5 2.2 Alla ricerca del cibo perduto “Viaggio nella valle del Po” di Mario Soldati si basa sul format dell’inchiesta, una ricerca sui saperi alimentari delle diverse tradizioni regionali e coniugava le finalità divulgative con la necessità di raggiugere un pubblico poco alfabetizzato ma curioso. “A come Agricoltura” poi “Linea verde” è tra le prime trasmissioni incentrate sull’agricoltura a inserire momenti dedicati alla cucina tradizionale delle località trattate. Diversi studi sui media italiani hanno mostrato come le impostazioni e gli stili comunicativi delle programmazioni focalizzate “culture locali” abbiano sempre seguito un preciso discorso sul Paese e sull’idea di comunità; i dispositivi di rappresentazione più importanti sono stati veicolati soprattutto nelle trasmissioni “di cucina” e “in cucina”. Uno dei meccanismi più facilmente riconoscibili riguarda il rapporto tra centro e periferia della cultura, ovvero lo sguardo del centro urbano sul folclore della provincia. I repertori per la messa in scena di questa rappresentazione comprendono i tipi di location (le piazze, per esempio), specifici testimonial (personaggi del posto, bambini e anziani) e diversi elementi di folclore (gruppi locali di musica e danze, di solito in costume). • In questa prima fase, intorno agli anni ’60, una tale coreografia rappresenta lo sfondo; l’apparato testuale si costruisce intorno alle categorie del cibo genuino, autentico e tradizionale. • Durante gli anni ’70, nelle trasmissioni enogastronomiche sono gli elementi folcloristici a diventare • protagonisti della scena, mentre i piatti tipici diventano elementi complementari alla narrazione. Il dispositivo di rappresentazione di sposta sul discorso nostalgico di valorizzazione del passato e della memoria. • Tra gli anni ’80 e ’90 gli elementi folcloristici si trasformano in spunti o in suggerimenti per incentivare un nuovo tipo di turismo del fine settimana, in cui il cibo diviene l’espediente per il viaggiatore metropolitano in cerca di svago e genuinità. Un posto particolare in questo scenario è occupato dal fenomeno dello street food. Per street food si intendono tutti gli alimenti, generalmente legati a una tradizione culinaria tipica di un luogo, venduti (e spesso anche preparati) soprattutto in strada o in altri luoghi pubblici (come mercatini o fiere) da commercianti ambulanti. Il cibo di strada può rievocare l’idea delle tradizioni locali e dei molti aspetti antropologici legati alla cultura e all’identità di un luogo. In questi contesti la socialità svolge un ruolo importante, riproducendo l’atmosfera della vecchia sagra di paese e favorendo l’informalità delle relazioni conviviali. Poter consumare cibo di diversa provenienza in contesti come le fiere culinarie consente quindi a chiunque di partecipare con una certa facilità, anche economica, al grande discorso sul cibo. Lo street food rappresenta in questo contesto l’autenticità, la socialità e l’economicità. Ha caratteristiche glocal in quanto coniuga il bisogno di ritrovare le radici e autenticità locali in modo dislocato. Sono soprattutto i food truck, ovvero furgoncini adibiti alla vendita di questi cibi, a rappresentare un buon esempio di tensione tra località e dislocazione, ma soprattutto l’ambivalenza fra tradizione e modernità. 2.3 Noi e loro: la distinzione attraverso il cibo Il recupero della località non è soltanto una tendenza legata alla ricerca dell’antico come sinonimo di genuino, è soprattutto una risposta all’esigenza di contrastare le spinte centrifughe della globalizzazione e 6 della mcdonaldizzazione, e riguarda anche l’ancoraggio all’autenticità come dispositivo di resistenza all’omologazione globale. La globalizzazione infatti induce a insistere sulla diversità,a cercare di riscoprire le tradizioni locali perdute, a rafforzare l’identità culturale del luogo. il cibo è uno strumento eccellente per rafforzare i nazionalismi locali e gli atteggiamenti etnocentrici. Secondo Bourdieu, l’avversione per i gusti degli altri è strumentale alla costruzione di distanza, alterizzazione, ed è un mezzo di distinzione. Programmi come “orrori da gustare” che in contraddizione con la sua presunta funzione antropologica produce disgusto verso ciò che mangiano gli altri e “cambio cuoco” che sottolinea come l’incontro di culture nelle coppie miste sia sopportabile solo quando l’ibridazione determina una rivisitazione di ricette tradizionali. Il cibo è uno degli elementi simbolici più significativi per una lettura di tipo culturale della società; come ha mostrato Mary Douglas, le categorie alimentari codificano e quindi strutturano gli avvenimenti sociali; la condivisione del cibo, infatti, introduce le persone nella medesima comunità, le rende membri della stessa cultura alimentare e per tutto ciò il cibo è strumentale nel sottolineare le differenze tra le culture e rafforzare l’identità di un gruppo. Non è un caso perciò che si siano moltiplicate le trasmissioni che spiegano che cosa mangiamo, come vengono prodotti gli alimenti industriali, oppure che lavorano sulla nostra ansia rispetto al cibo pericoloso. Tra queste ricordiamo “cucina da incubo” con Gordon Ramsey (USA) e Canavacciuolo (ITA), programmi che fanno crescere l’ansia di essere sottoposti a rischi costanti quando non si possono controllare le fonti alimentari La distinzione, tuttavia, non avviene soltanto attraverso la costruzione di confinamenti e distanze da culture altre ma anche all’interno della propria. Nelle società contemporanee il dominio simbolico utilizza le differenze culturali per sancire e legittimare le disuguaglianze sociali; in questo modo le pratiche di distinzione simbolica sono rintracciate nel cibo, nel vestiario, nell’arredamento della casa e negli stili di vita, ambiti nei quali si celano i confinamenti di inclusione e di esclusione. L’affiancamento di Ave Ninchi a Luigi Veronelli nella trasmissione “a tavola alle 7” ha accostato visioni diverse alle stesse ricette ma ha anche messo in scena la contrapposizione tra cultura culinaria alta e cucina casalinga popolare. Le sue lezioni di cucina hanno prodotto nel pubblico la percezione che i codici del gusto esistono e sono difficili da comprendere per chi non fa parte di una certa élite culturale. “Cortesie per gli ospiti” è una messa in scena dell’inaccessibilità dei giusti codici del gusto per le classi popolari Un film per concludere il discreto fascino della borghesia (Luis Bunel, 1974) 3. CHE GENERE DI CIBO 3.1Territori di genere La satira, attraverso l’enfatizzazione e il paradosso, è riuscita a far emergere un “dato per scontato” che può sfuggire: come nel frame culinario televisivo siano messi in scena modelli di maschilità e femminilità conformi all’ordine sociale di genere. 7 Inoltre, gli uomini che varcano il confine della cucina devono cercare di distanziarsi il più possibile dai modelli femminili, poiché corrono il rischio di “demascolinizzarsi”; per questo motivo mettono in scena una performance di maschilità quasi caricaturale. Situandola in scenografie lontano dagli ambienti domestici. Per le donne è l’opposto: accostate alla cucina casalinga, sono considerate cuoche e non chef, perché per loro cucinare è un compito e non una competenza acquisita. Gli uomini possono cucinare per piacere, perché è una festa o comunque un’occasione speciale, oppure se è un dovere, poiché si tratta di un lavoro di alto profilo e riconoscimento. La professionalità, infatti, mette l’uomo in una luce diversa, poiché si presume che le sue capacità e competenze siano rilevanti, soprattutto se lavora sotto la definizione di chef. Tutte queste distinzioni nelle trasmissioni di cucina sono enfatizzate a diversi livelli: posture, divise e scenografie sono alcuni dei dispositivi funzionali alla rappresentazione dei confini di genere. 3.3.1 Gli chef Gli chef devono incarnare la competenza e l’autorevolezza, ma anche quei tratti di durezza o spavalderia che rispondono al modello di maschilità egemonica. Alcuni dei protagonisti dei cooking show sono rappresentati come dei veri maschi: a volte urlano, strepitano, insultano i partecipanti e rappresentano l’incarnazione dell’autorità legata allo status di Chef maschio (Gordon Ramsey) Nei format italiani le rappresentazioni di maschilità sembrerebbero riconducibili alla modellizzazione proposta da alcune recenti analisi sociologiche. Personaggi come Simone Rugiati e Alessandro borghese simboleggiano l’uomo metrosexual. Altri protagonisti come chef Rubio, Cannavacciuolo e Cracco impersonano la figura di giudici e sono riconducibili al modello di maschio alfa. 10 Nella prospettiva della messa in scena della maschilità, appare interessante la trasmissione I re della griglia, gara culinaria incentrata sul barbecue: il barbecue è una pratica che si colloca in tempi e spazi extradomestici, si tratta di una cucina del tempo libero, realizzata fuori casa, all’aperto. La carne e il fuoco sono elementi che sono parte dei repertori della maschilità. Nel nostro immaginario, costruito su film e serie tv americane, il barbecue è una pratica svolta abitualmente dagli uomini e in ogni occasione delle festività. Si tratta di uno dei casi di contaminazione culturale in cui modelli e stili di vita stranieri vengono naturalizzati attraverso un processo di localizzazione. Che genere di stelle (pag. 66) 3.3.2 Le cuoche Il panorama delle rappresentazioni femminili nel frame culinario si caratterizza per una netta prevalenza della contestualizzazione domestico/quotidiano eccezioni: Laura Ravaioli e Viviana Varese). Nigella Lawson, da un lato impersona un nuovo angelo del focolare che dichiara di aver scelto con consapevolezza questo ruolo e dall’altro è considerata una rappresentante del food porn. Il promo della sua trasmissione più popolare è tutto giocato sulla provocazione di un cibo super calorico che sfida le norme morali della dieta considerata sana: burro, fritti e dolci sono gli “alimenti proibiti” che Nigella Lawson promette di preparare e gustare nella sua trasmissione.mQuesta donna sembra, in effetti, una delle poche protagoniste di cooking show a voler affermare il suo diritto al piacere: il corpo formoso, il continuo assaggiare con versi compiaciuti i suoi piatti, gli ammiccamenti alla telecamera, sono repertori della messa in scena di una femminilità che gioca consapevolmente con il godimento e la seduzione. Le viene criticato il fatto che sia una donna in carriera più che angelo del focolare. Richiamando il format del reality le trasmissioni sono girate nella sua casa dove manca la vita quotidiana familiare (figli inesistenti e inviti a raffinati party). È dunque una donna manifestamente borghese come lo è anche il suo modo di trasgredire. Un’altra figura femminile interessante è Csaba dalla Zorza, che prepara ricette particolarmente attente sulla scelta dei cibi sani, ma soprattutto spiega l’apparecchiatura della tavola e fornisce consigli di mise en place e buone maniere. Queste due donne hanno in comune il fatto di non condividere la caratteristica tipica delle donne nelle trasmissioni culinarie: entrambe cucinano sì in un’ambientazione che riprende la cucina di una casa, ma sono cucine estremamente eleganti, chic. Nell’ambito della televisione italiana generalista, le figure femminili presenti nelle trasmissioni culinarie sono caratterizzate dal fatto di essere poco esperte e per nulla autorevoli in cucina. Ad esempio, Wilma de Angelis in primis incapace in cucina ma diviene comunque la conduttrice di Sale e Pepe in quanto ben rappresenta una figura familiare riconoscibile come una “zia”. Antonella Clerici incarna un modello di femminilità tradizionale: forme prosperose, modi seducenti e goffi producono un’immagine di femminilità rassicurante. Viene affiancata da Anna Moroni che dà la possibilità alle casalinghe di rivedersi in lei. Benedetta Parodi e Antonella Clerici le due conduttrici hanno in comune il fatto di non essere particolarmente competenti in cucina e di affidarsi spesso al sapere esperto maschile per avere consigli. Benedetta Parodi, tuttavia, rappresenta un altro modello di femminilità in cucina: vestita e truccata come una donna in carriera, sembra essere stata catapultata ai fornelli tra un impegno e l’altro. Il messaggio della sua trasmissione è che chiunque può riuscire a cucinare, anche con capacità e tempi ridotti, utilizzando scorciatoie e arrangiamenti. La conduttrice, inoltre, è snella e lanciata, si muove in cucina su tacchi alti e 11 senza mai scomporsi, e alla fine assaggia ma non mangerebbe mai una porzione intera di quello che ha cucinato. Lei rappresenta quindi una donna il cui compito resta comunque preparare, e non gustare, il cibo e che, nonostante i suoi molteplici impegni, deve dimostrarsi capace di essere una perfetta padrona di casa. Rappresenta le donne che devono cucinare per gli altri ma non per sé stesse. 3.4 La dieta come dispositivo di autodisciplina femminile La letteratura femminista ha da tempo ragionato su come il controllo dell’appetito femminile debba essere considerato come un controllo sulle pulsioni che le donne devono limitare. Il desiderio femminile, e in generale il comportamento femminile, sono solitamente concepiti come risposte all’azione maschile, e da questa dipendenti. Molti studi hanno mostrato come l’enfasi da parte dei media sul culto del corpo magro eserciti una forte pressione sul pubblico producendo una diffusa frustrazione e senso di inadeguatezza rispetto alle forme corporee. In particolare le donne sono più soggette degli uomini a questa pressione, in quanto socializzate fin da piccole a derivare il proprio valore dal giudizio e dallo sguardo maschile sul proprio aspetto estetico. L’interiorizzazione dello sguardo maschile su di sé è uno degli effetti collaterali della cultura patriarcale sul genere femminile. La violenza simbolica (Bourdieu) si rende efficace attraverso l’autocontrollo che la donna esercita attraverso l’occhio maschile, Che diventa criterio di valutazione apparentemente neutrale e naturalizzato. Nel panorama televisivo sono molti i programmi dedicati alla cura del corpo femminile che hanno come finalità dichiarata quella di far recuperare sicurezza e consapevolezza di sé alle donne a prescindere dalla forma corporea, ma che in realtà utilizzano il giudizio di uomini per convincerle a modificarsi secondo parametri di valutazione maschile. Diverse ricerche hanno evidenziato che sono soprattutto le donne a manifestare insoddisfazione per le proprie forme corporee e sviluppare una vera e propria dispercezione tra immagine di sé e aspetto fisico ed è il sistema culturale ad alimentare in forma diffusa il terreno alla dismorfofobia, un angoscioso senso di inadeguatezza estetica e disapprovazione, configurabile come una situazione preclinica. È da questo “terreno di coltura” che emergono i disturbi alimentari. La critica femminista già a partire dagli anni ’70 ha prodotto riflessioni sui modi in cui le donne, rispetto agli uomini, sono state storicamente deprivate di cibo pur avendo la responsabilità di prepararlo, oltre a dover adempiere agli altri compiti domestici, a discapito della loro partecipazione alla vita pubblica. L’attenzione di tale tipo di analisi si è anche indirizzata verso il legame tra la costruzione della femminilità e le pratiche dietetiche delle donne, inclusa la quantità di cibo mangiato. Secondo Susan Orbach nelle società occidentali le donne sono soggette a continue pressioni sociali affinché limitino le loro razioni di cibo, per uniformarsi ai canoni estetici correnti, e perciò sviluppano una relazione patologica con l’alimentazione; secondo questa visione, l’enfasi posta sulla taglia e sulla forma del corpo serve a distogliere le donne dalle cose importanti, assorbendo quelle energie che potrebbero invece essere utilizzate per raggiungere posizioni di potere nella società. Negli ultimi anni sono stati numerosi gli studi che hanno parlato dell’anoressia come disturbo etnico, un disturbo cioè che esprime le contraddizioni culturali di un gruppo sociale e che utilizza, per esprimere il disagio, una grammatica specifica connessa alle contraddizioni che lo hanno generato (il corpo e il cibo). Tra i molti format legati ai comportamenti alimentari, si stanno sempre più diffondendo trasmissioni che si occupano a vario titolo di disturbi alimentari. Tra tutte le storie, hanno maggior successo e impatto quelle incentrate sull’anoressia, poiché permettono di mettere in scena un processo di “vittimizzazione romantica” 12 testimoni, è maggiormente accentuato. I due aspetti principali del genere makeover sono le narrazioni del “potere della trasformazione” e lo “spettacolo della rivelazione”. I problemi di chi si sottopone al rituale di cambiamento sono raffigurati come il risultato di errori personali o scelte sbagliate, piuttosto che come esito di diseguaglianze o di problemi economici e sociali, perché questo tipo di format sottende un’ideologia neo-liberale che privatizza i servizi sociali e sottolinea la responsabilità individuale. La makeover television rappresenta un processo di addomesticamento che ha perso ogni connotazione di pedagogia: l’azione normativa che viene messa in atto è produrre soggetti docili, integrati nella disciplina del sistema attraverso la centralità del discorso psicologico e l’adozione di tecniche di sorveglianza e continuo regolamento della propria condotta. Di norma, la validazione di tale miglioramento avviene nel momento della rivelazione. Sono varie e diverse le strategie narrative che portano al momento culminante, tuttavia si rintracciano molti momenti comuni. L’elemento della trasformazione aumenta l’appeal del programma attraverso elementi di sorpresa e incertezza nella narrazione. Generalmente, la struttura narrativa del makeover contiene questi elementi: 1. contestualizzazione delle informazioni, 2. intervista con il partecipante, 3. sapere esperto che offre consigli, 4. work in progress 5. il momento della rivelazione 6. la convalida 7. la valutazione finale del sapere esperto. 4.2 La costruzione sociale dell’obesità e gli imprenditori morali Il potere dell’esperto deriva dalla sua posizione sociale ovvero dalla distanza simbolica tra chi giudica e chi è giudicato. “Jamies, ministry of food”: educatore alimentare per una classe sociale che ha perso ogni sapere intorno alla dieta corretta- imprenditore morale. I telespettatori borghesi vedono in lui l’imprenditore morale necessario in una società in cui l’anomia alimentare è indice di disgregazione e patologia sociale. Il messaggio morale veicolati dalle trasmissioni di makeover, è che nella società dell’incertezza e del rischio il soggetto debba farsi carico della responsabilità della sua salute attraverso le giuste scelte nei consumi. Tuttavia, alcune categorie sociali non possiedono le giuste competenze per riuscirci e per questo devono essere supportate con determinate tecniche de sé di cui il lifestyle mediator si fa portatore: educa all’utilizzo del cibo come pratica espressiva dello stile di vita. L’individualizzazione promossa attraverso i programmi di makeover risiede nell’operativizzazione di uno specifico capitale sociale, culturale, economico e simbolico. La sovra-rappresentazione degli appartenenti alle working class ha permesso l’esplorazione di come alcune classi siano valutate e interpretate come inadeguate, carenti e bisognose di miglioramento. Si rintracciano tuttavia anche altre questioni, per esempio la costruzione e la rappresentazione di una sorta di panico morale intorno alla questione dell’obesità: usare espressione come “epidemia” o “minaccia alla salute pubblica”, quando ci si riferisce all’obesità, è parte di questa costruzione. le organizzazioni di Managed Care hanno capito che conviene maggiormente coprire un intervento di bypass gastrico, piuttosto che curare i potenziali disturbi legati all' obesità. È iniziato il discorso sulla 15 medicalizzazione dell’obesità e si sono diffuse trasmissioni come Chirurgia XXL, Extreme makeover diet Edition o vite al limite. Considerare l’obesità una malattia modifica le soglie di interventi coperti dalle assicurazioni e contribuisce a produrre un mercato della cura. Il discorso sull’”epidemia dell’obesità” quindi è costruito anche da interessi economici che lo utilizzano per legittimare politiche sanitarie, ma poi riflessivamente circola, si diffonde e produce altri discorsi. È la stessa proliferazione delle trasmissioni di makeover sul dimagrimento dei corpi in sovrappeso a collaborare alla costruzione dell’idea che esista un’epidemia globale dell’obesità. È allora interessante notare come la necessità di orientarsi contro il rischio dell’”epidemia obesità” possa diventare un problema morale di competenza personale in un contesto in cui ognuno deve dimostrarsi responsabile e rispondere personalmente della propria salute. 4.3 Fat-shaming Il presupposto è che nella società contemporanea il corpo magro non rappresenti solo la buona salute ma anche una serie di virtù quali il controllo e la buona cittadinanza, che sono quegli imperativi morali di autosorveglianza e di responsabilità a cui il soggetto obeso risulta essersi sottratto. In tale senso si può affermare che la lifestyle television è una tecnologia del sé funzionale a costruire una cittadinanza adeguata a una società neoliberale. L’ideologia neoliberale, infatti, pone la responsabilità per la salute e la forma del corpo nelle mani del singolo, eliminando il ruolo del contesto sociale dell’individuo. L’appeal del corpo magri si basa sulla sua posizione all’interno della gerarchia grasso-magro, prodotta in parte da un nuovo sistema di salute pubblica. Il successo disciplinare si fonda sull’interiorizzazione di tale gerarchia e produce percezioni e valutazioni del valore morale del proprio sé in relazione al posizionamento del proprio corpo. Pe questo nelle società occidentali, ha assunto sempre maggiore importanza il concetto di corpo vigile: un corpo cosciente, che appartiene a un soggetto morale e sano, un imprenditore individuale che sa prendersi cura di sé stesso. L’autodisciplina dei confini corporei è un governo del sé attraverso una dottrina dell’obbligo che ci porta a re-investire continuamente nel nostro capitale corporeo e a mantenere i corpi come entità controllate. Nel programma la clinica del cibo la coppia che si sottopone la rieducazione è costantemente seguita dalle telecamere, una sorveglianza continua che richiama il Panopticon di Jérémy Bentham che dovrebbe scoraggiare i partecipanti da eventuali cedimenti, Nonostante ciò a volte il peso stimato non è raggiunta perciò i partecipanti subiscono il controllo delle feci, che dovrebbe smascherare eventuali cedimenti sfuggiti alle telecamere. La messa in scena del controllo durante tutta la trasformazione dei partecipanti nei programmi di makeover (attraverso, per esempio, una continua ripresa da parte delle telecamere), è uno dei tanti dispositivi di quello che è definito fat-shaming. I repertori più diffusi del fat-shaming sono: • la rivelazione dell’indice di massa corporea (BMI); • l’esposizione in un’unica soluzione di tutto il cibo consumato in una settimana dai partecipanti; • la messa in mostra di corpi che indossano una biancheria intima adeguata; • le possibili ispezioni che svelano cibo spazzatura nascosto dai partecipanti. Tutte le operazioni di fat-shaming sono funzionali alla rappresentazione delle persone obese come ingorde, indisciplinate e poco propense all’attività. The biggest loser è un altro di questi format, In questa trasmissione si sposta completamente l'attenzione sulla responsabilità individuale. L’obesità in questi format non è mai narrata come problema sociale o 16 culturale che può avere legami con fattori genetici e ambientali ma come un fallimento personale. Le narrazioni di questi programmi contribuiscono a perpetuare gli stereotipi legati all’obesità. La forza di volontà diventa la misura delle capacità di autoresponsabilità e lacuna rintracciabile nella storia personale. Le narrazioni prodotte in questi programmi non fanno altro che perpetuare gli stereotipi legati all’obesità, come anche la responsabilizzazione individuale di eventuali fallimenti Su youtube si trovano molti video che ridicolizzano le persone obese. Le reazioni di stigmatizzazione e di derisione sono legittimate dall’idea che le persone obese abbiano “tradito” il patto sociale sulla responsabilità individuale del proprio peso. Le persone che seguono i makeover show provano diversi stati d’animo, come l’immedesimazione, la commiserazione o il disgusto, e coltivano il desiderio di poterla replicare: è così che il discorso sul potere del controllo, dell’autodeterminazione e della normalizzazione dei corpi si diffonde. La decisione di sottoporsi al percorso di trasformazione è raccontata attraverso repertori e archetipi fiabeschi che giustificano tale scelta, secondo motivazioni individuali di riscatto e di recupero di autenticità. Scegliere la trasformazione per se stessi, piuttosto che a causa delle pressioni sociali, sposta la questione su fattori quali “riprendere il controllo, determinare il proprio destino”, offuscando in parte il discorso sulla normalizzazione. Nella costruzione dei racconti, la questione dell’autenticità è fondamentale, poiché parla di un sé esteriore che va riportato in linea con la verità interiore: una personalità autentica di grande bellezza morale deve essere portata fuori da un corpo che non riesce adeguatamente a rifletterla. Nella normalizzazione dei corpi che è operata nel makeover, la dimensione politica è assai rilevante: ogni corpo che appare in queste trasmissioni è misurato in base alla deviazione da una norma fissata dalla desiderabilità eteronormata e valutata attraverso un sistema di genere binario. I soggetti che si sottopongono alla trasformazione narrano questa esperienza come una presa in carica del proprio destino, come scelta per assomigliare a ciò che hanno sempre sognato di se stessi o come possibilità data per esporre le doti morali di cui dispongono. Si tratta cioè della questione della negoziazione tra soggettività e regimi di normalizzazione. 4.4 La politica della dieta Se il corpo è divenuto il territorio privilegiato della responsabilità individuale, la sua cura rappresenta un compito e anche un dovere che va assolto dal proprietario attraverso una serie di pratiche culturalmente adeguate. Le regole o le tecnologie del sé rappresentano le modalità con cui gli individui interiorizzano modi e regole di comportamento e li applicano nella vita quotidiana. Le regole del sé possono essere intese come il modo in cui i discorsi e i fenomeni fisici entrano a far parte del progetto individuale di costruzione ed esibizione della soggettività. Questo concetto spiega in qualche modo perché gli individui adottino volontariamente determinate pratiche. Le pratiche del sé rappresentano infatti le risposte individuali agli imperativi esterni sull’autoregolazione e sulla condotta e la loro adozione nella vita quotidiana; esse si inscrivono nel corpo, segnandolo e modellandolo in modi culturalmente specifici che possono essere interpretati dagli altri. Le abitudini e le preferenze alimentari sono pratiche fondamentali del sé, diretta alla cura di sé attraverso il costante nutrimento del corpo con cibi considerati culturalmente appropriati che, oltre a costituire fonte di piacere, agiscono anche simbolicamente come materie prime per rivelare l’identità di un individuo a se stesso e agli altri. In questo senso la scelta del regime alimentare e dell’aspetto che s’intende conferire al corpo fanno sì che la dieta stabilisca un rapporto fra l’aspetto fisico e la soggettività. Perciò i corpi diventano indicatori 17 2. La fase di diagnosi, con la proposta di una serie di regole; 3. La messa alla prova e la valutazione finale della trasformazione. Il format Tesoro salviamo i ragazzi ha una struttura simile a quella di SOS Tata, ma è incentrato sulle abitudini alimentari. Il ricercatore chef Marco Bianchi entra nelle case di bambini obesi per aiutare le famiglie a risolvere il problema. Le regole sono semplici tanto da apparire banali ma l’enfasi con le quali sono esposte conferisce una certa solennità. Il richiamo più rilevante alle responsabilità genitoriali avviene quando è mostrata con la tecnica del morphing la proiezione di come sarà il bambino da adulto se non cambierà stile di vita. Attraverso queste operazioni è sottolineata la responsabilità dei genitori sul futuro dei propri figli, un futuro che si prospetta pieno di rischi per la salute se le cattive abitudini alimentari continueranno.I ragazzi sono sottoposti a una serie di test fisici e psico-attitudinali, i cui risultati saranno funzionali a sostenere la verità della proiezione. Le immagini dei ragazzi all’età di 40 anni raffigurano persone poco curate e attraenti, costruite per enfatizzare un destino di infelicità.I genitori che si trovano in questa posizione devono negoziare le loro responsabilità e contemporaneamente proteggere le loro identità come genitori competenti. Le strategie che mettono in campo vanno da specifici dispositivi linguistici e paralinguistici come piccole grida a manifestazioni emotive come il pianto. Il momento della diagnosi e della comunicazione delle regole da seguire e degli obiettivi da raggiungere avviene in una scenografia completamente bianca che ricorda molto l’atmosfera di una clinica. Parallelamente alla diagnosi-previsione-medica e costruita poi una diagnosi-previsione-psicologica. La struttura della trasmissione prevede poi la visione di scene di vita quotidiana che raccontano le difficoltà dei bambini nell’affrontare il nuovo regime dietetico e mostrano l’opera di educatore alimentare del conduttore nell’aiutare i membri della famiglia nella trasformazione, accompagnandoli a fare la spesa o preparando insieme a loro piatti sani. In generale, la figura presa di mira da questo tipo di trasmissioni è la madre, con una continua enfasi sulla responsabilità materna per il lavoro di cura e alimentazione e sul suo ruolo simbolico di portatrice dei valori morali della nazione; i personaggi femminili principali sono solitamente definiti per il loro ruolo di madri, mentre i principali protagonisti maschili sono definiti dalle loro occupazioni. I dati italiani sull’obesità nell’infanzia e nell’adolescienza Vedi libro (pag. 111) 5.3 Il peso di crescere La grande attenzione per l’adolescenza è probabilmente ascrivibile alle molte narrazioni che costruiscono “il problema dell’adolescenza” come esito della disgregazione familiare e dell’incompetenza genitoriale. Nel programma adolescenti XXL, iragazzi sono sottratti alle famiglie e confinati in un istituto che li deve rieducare a stili di vita corretti. Il programma Teenagers in crisi di peso si focalizza spesso sulle colpe materne secondo la prospettiva del mother blame. Il concetto di mother blame fa riferimento alla costruzione della figura della “cattiva madre”, e riguarda la diffusione di un discorso intorno alle madri considerate responsabili di tutti quei comportamenti dei figli definibili come socialmente devianti. Secondo questa prospettiva anche i disturbi dell’alimentazione o l’orientamento sessuale e anche l’autismo sarebbero esiti di errori materni: atteggiamenti soffocanti nei primi due casi, anaffettività nell’ultimo. In particolare, però, il vero oggetto del mother blame sono le madri sole che, secondo alcune ampagne denigratorie, rappresenterebbero la causa dello sviluppo di varie forme di devianza (droga, criminalità, suicidio) nei figli. Alla base del mother blame si pone la questione morale connessa alla funzione educativa. Nella società contemporanea la preoccupazione maggiore diventa lo sviluppo psicosociale dei bambini che 20 crescono all’interno delle famiglie spezzate dal divorzio, e il mother blame si rivolge in particolare alle madri sole perché separate. L’approccio critico al mother blame intende mostrare come negli ultimi decenni la definizione di ciò che costituisce una cattiva madre si sia ampliata ad opera dei saperi esperti e sia poi circolata come discorso nei media e in politica fino a influenzare gli approcci dei servizi e delle politiche sociali. Anche in teenager in crisi di peso si riproduce la medesima sequenza degli altri maeover: pretrasformazione, trasformazione e moment of revelation. La pre-trasformazione ha tuttavia uno stile particolare: la voce narrante è quella del protagonista che di solito racconta di una passione che non riesce a seguire a causa del suo peso; mentre nella post trasformazione i ragazzi raccontano di poter finalmente fare ciò che hanno sempre. Nella fase di diagnosi si ripercorre la storia del protagonista alla ricerca della causa dell’obesità. È facilmente riconoscibile parte dei discorsi sul mother blame e sugli esiti della disgregazione famigliare. Il momento di cedimento è parte della struttura narrativa di tale tipo di format. È il momento dell’azione moralizzatrice del conduttore, il coach, esperto, Il messaggio infatti è “noi stiamo facendo tutto ciò per te, ti stiamo offrendo una possibilità e tu non ti stai impegnando”. Ritorna spesso la logica del riscatto morale che passa attraverso il corpo e l’idea del controllo del corpo come controllo sociale. In più puntate compare la partecipazione dei protagonisti a organizzazioni della strada (le bande giovanili) e l'opera di disciplinamento del corpo avrà come conseguenza positiva anche l’allontanamento da queste realtà. Frequentemente i ragazzi sono sudamericani e molti dei problemi sono ricondotti alla loro appartenenza culturale. “L’obeso” Canzone di Giorgio Gaber e Sandro Luporini (pag. 118) 5.4 Cappuccetto Rosso era un’adolescente La storia da cui è stata tratta la moderna favola di Cappuccetto Rosso è ambientata in Francia e parla di una ragazza adolescente che appena uscita da un rito di passaggio che l’ha trasportata fuori dall’infanzia la pone di fronte alla sfida di diventare adulta. Nella storia originale cappuccetto rosso opera una scelta consapevole scegliendo la via degli aghi una volta uscita dalla casa della socializzazione femminile. La ragazza possiede tutte le informazioni per sapere a cosa va incontro. Dopo essere entrata nel letto con il lupo, cappuccetto rosso si serve dello spezzatino del lupo fatto con la carne della nonna: con tale gesto diventa adulta recidendo il legame con la famiglia ma incorporando però la tradizione. Nella versione originale la ragazza si salva da sola o meglio, grazie all’aiuto della solidarietà delle sue amiche tipico dell’epoca pre-moderna. Nella versione di Perrault invece il cappuccetto rosso serve ad indicare la devianza di chi, cogliendo il sentiero sbagliato, contravviene alla norma che la società, tramite la madre, aveva imposto. Nella variante dei fratelli Grimm la protagonista è una bambina che in quanto tale non avrebbe nessuna possibilità di scegliere  metafora dello stato moderno in cui i sentieri appaiono ben tracciati. I fratelli Grimm lasciano che la bambina sbagli perché in ogni caso o stato ordinatore saprà riportare l’ordine messo in pericolo dalla piccola deviante. Le diverse versioni della storia delineano alcune epoche sociali: la prima può corrispondere ad un’epoca pre-moderna in cui è forte il legame sociale e il soggetto è sostenuto e accompagnato nei riti di passaggio dalla comunità. Nella versione di Perrault e dei fratelli Grimm si delinea un’epoca fatta di “fabbriche dell’ordine”, socializzazione forte, una società che sa riportare l’ordine se questo p messo in crisi da soggetti devianti. 21 Cappuccetto rosso presenta una struttura comune a molte fiabe: il protagonista che parte per un’impresa che comporterà rischi e da cui torna cambiato. Nella crescita identitaria adolescenziale appare necessario passare per alcune tappe ben simboleggiate nella fiaba: il distacco dalla casa materna, l’attraversamento del bosco, la scelta  elementi su cui si basano i riti di passaggio. Secondo Dennis jeffrey, sociologo dell’educazione, le nostre società non permettono di trovare lo spazio necessario per ritualizzare il difficile passaggio dall’infanzia all’età adulta e ciò genera angoscia poiché il rinnovamento di uno statuto implica una modificazione profonda nelle aspettative degli altri e una sorta di ritualizzazione della morte e rinascita sociale. Per entrambi i generi, nonostante le differenze nel lito liminare, la nuova identità sociale e sessuale è spesso marcata da modificazioni corporali. I riti delle società tradizionali avevano più funzioni: trasmissione delle regole, rielaborazione individuale e sociale della nuova identità, messa a prova delle capacità, riconoscimento dei nuovi ruoli sessuali. Nelle società contemporanee queste funzioni non sono né riconosciute né legittimate. Gli adolescenti cercano così di interpretare individualmente tale spazio dovendo gestire autonomamente la sfida di diventare adulti nella società dell’incertezza  sentimento di disagio e ansia. Non solo non si hanno gli strumenti per scegliere il sentiero da seguire ma non s è neanche sicuri che tale sentiero porti a qualcosa o che sarà ancora possibile ritrovare la casa – orizzonte privo di senso, crisi economica e sociale, precarietà  difficoltà di immaginare un futuro in cui essere adulti. Un’odierna cappuccetto rosso può decidere di non affrontare il bosco come succede per le adolescenti che sviluppano disturbi alimentari come l’anoressia, letta da alcuni come un modo di rimandare la crescita identitaria, prolungando la fase liminale dell’attesa. Si può anche rimanere intrappolati nel bosco attingendo alla sublimazione dell’esperienza del piacere che è il consumo compulsivo. +il corpo è il territorio in cui si iscrivono le sofferenze e si canalizzano i disagi generati dalle molte contraddizioni prodotte a livello culturale e sociale. Per gli adolescenti il corpo è uno dei principali sostegni identitari con cui operare la chirurgia del senso (Le Breton) per enfatizzare l’importanza di poter incidere sulla propria identità attraverso il corpo, in una fase in cui il cambiamento fisico rende più evidente il peso di dover gestire il proprio destino. Per alcuni l’impatto è più forte e la riflessività non è uguale per tutti: le perone reagiscono in maniera differente in base alla loro appartenenza a gruppi o reti sociali, del loro accesso alle risorse materiali, della fase del ciclo di vita e della collocazione che i rapporti assegnano a loro. Le donne e i giovani sono più vulnerabili e devono lavorare maggiormente sul senso e sul controllo (Le Breton). Si rimane affascinati da makeover show che coinvolgono adolescenti perché si tratta del racconto del ripristino del controllo della vita e della possibilità di autodeterminazione secondo archetipi fiabeschi, mediante un lavoro sui confini corporei agito attraverso i repertori d’ordine e della disciplina. Un film per concludere The Maze Runner – il labirinto (W.Ball, 2014) (pag. 125) Riflessioni conclusive: Dal Food all’ED (Eating Disorder) Porn Il Minnesota Study è il più importante studio pubblicato che abbia valutato gli effetti della restrizione dietetica calorica e della perdita ponderale nelle persone di peso normale. Nel 1944 tra i 100 volontari se vengono scelti 36 per valutare gli effetti fisiologici e psicologici di una severa e prolungata restrizione dietetica calorica. Tutti gli uomini sperimentarono drammatici cambiamenti fisici, psicologici e sociali. Per molti studiosi del comportamento alimentare tale studio ha rappresentato una tappa fondamentale per comprendere i disturbi del comportamento alimentare, soprattutto perché mostra come alcuni dei 22
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved