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riassunto FORMAZIONE: I METODI, Appunti di Metodologia E Tecniche Di Ricerca Sociale

riassunto libro FORMAZIONE: I METODI, Quaglino capitoli richiesti dal professore: cap.1, 6, 7, 23, 29, 30, 34

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 21/02/2023

silvia-cristinelli
silvia-cristinelli 🇮🇹

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Scarica riassunto FORMAZIONE: I METODI e più Appunti in PDF di Metodologia E Tecniche Di Ricerca Sociale solo su Docsity! FORMAZIONE: I METODI Quaglino, cap.1, 6, 7, 23, 29, 30, 34 INTRODUZIONE Quaglino cercò di tentare un progetto di raccolta che fosse la composizione di una lista di metodologie; ne è emerso così: ● Metodi classici che comprendono gli irrinunciabili della formazione in aula e cioè lezioni, caso, esercitazione, role play, t-group e outdoor come metodologie formative classiche. ● Metodi centrati sul gruppo che si focalizzano sulla dimensione del gruppo; comprendono conference, gruppo analitico, gruppo operativo. ● Metodi centrati sulle competenze e sull’organizzazione che comprendono tutte quelle proposte metodologiche rivolte a privilegiare da un lato le finalità proprie della formazione professionale e dall’altro quelle orientate allo sviluppo organizzativo, ne fanno parte la didattica per situazioni, discussione casi clinici, autocaso, comunità di pratica, gruppo facilitato. ● Metodi centrati sull’individuo che comprendono tutte quelle soluzioni formative cosiddette one to one rappresentate da consulenza al ruolo, counselling, tutoring e si potrebbe accostare anche la supervisione. ● Metodi centrati sulla messa in scena che comprendono tutte quelle metodologie che a vario titolo richiamano una dimensione narrativa, qui rappresentate da cinema, gruppo fiaba, teatro e storytelling. ● Metodi centrati sulla tecnologia che con e-learning e video interattivo rappresentano il fronte innovativo per l’apprendimento. ● Metodi centrati sulla persona che comprendono tutte quelle soluzioni metodologiche al confine tra formazione ed educazione, per le quali il contesto privilegiato di riferimento per l’apprendimento è il soggetto. Esse possono essere l’autoformazione, coltivazione di sé, pratiche filosofiche, scrittura di sé, social dreaming. Sono state sette forze, ad aver spinto a questa trasformazione: 1. La forza del gruppo: principio che tutto ciò che accade in un collettivo che apprende genera apprendimento (a partire dagli anni 40) 2. La forza dell’adulto: come interlocutore che non solo da conoscenze ma costruisce sapere e con ciò emancipazione, crescita e sviluppo personale. (anni 60) 3. La forza della realtà: del mondo dei problemi e pratiche concreti (anni 70) 4. Forza della simulazione formativa: come realtà rappresentata e sceneggiata, funzione narrativa. 5. Forza della virtualità: la tecnologia ha portato infinite possibilità di ridisegnare spazi e luoghi, tempi e momenti dell’apprendere. 6. Forza dell’individuo: operare secondo il principio di unicità, per un apprendere capace di adattarsi a esigenze particolare, di rispondere a problemi del singolo. 7. Forza della persona: è capace di restituire alla formazione l’accompagnamento a itinerari di ricerca, di conoscenza e di cura di sé. Il formatore verrà visto come una figura di facilitatore, animatore, coordinatore, conduttore, guida di percorsi formativi che prima di ogni altra cosa sono eventi di apprendimento. Silvia Cristinelli Cap 1. ACTION LEARNING L'action learning è un metodo ideato e sperimentato da Evans. È stato utilizzato a partire dagli anni ‘80 in contesti differenti e ha subito diverse sperimentazioni e modifiche rispetto alla definizione e all’impostazione originaria data da Evans. Possiamo considera l’ACTION LEARNING un’attività di formazione degli adulti operanti nelle organizzazioni, a partire da un approccio al lavoro attraverso l’affrontare un progetto o un problema reale proposto dal committente ed elaborato in setting educativi diversi. Si fonda sul concetto che per apprendere è necessario sviluppare una coscienza critica in grado di interrogarsi e di interrogare il mondo. Non è solo attraverso il fare che si apprende, ma occorre transitare dall’azione-lavoro all’autonomia relazionale. AL è dotato di una struttura che permette il raggiungimento di determinati obiettivi: - NATURA DEL PROBLEMA: il problema proposto dal committente deve essere fattibile e rientrare nell’ambito delle capacità dell’organizzazione. Se il problema fosse troppo difficile rispetto alle capacità del gruppo, si genererebbe sopraffazione e ansia. Il problema offre varie prospettive di soluzione, imponendo la scelta tra diverse possibilità e non connotate da un’unica soluzione possibile. - SET OPERATIVO: AL è un metodo di formazione relazionale caratterizzato dall’interscambio dei membri di un gruppo. Il gruppo deve essere costituito da min 5 e max 8 persone, con conoscenze diverse e possono esserci livelli gerarchici diversi. Nel setting si svolge la CON-VERSAZIONE: confronto anche conflittuale, dove si effettuano i tentativi esplorativi e investigativi. Ruolo fondamentale è quello del facilitatore/trainer. - PROCESSO DI LAVORO DI AL: si sviluppa attraverso le seguenti fasi: 1. ANALISI DELLA NATURA DEL PROBLEMA: il committente propone in problema al gruppo. L’obiettivo è quello di porre i partecipanti dinanzi alla reale natura dei problemi che devono affrontare. 2. RICERCA SUL TERRENO E COSTRUZIONE DELL’IPOTESI RISOLUTIVA: fase nella quale il gruppo investe la maggior parte del tempo a disposizione, si confronta e cerca la soluzione del problema supportato dal facilitatore. 3. PRESENTAZIONE DELLA PROPOSTA E CONFRONTO CON IL COMMITTENTE: è la fase finale del processo, durante la quale si esce dal set per rientrare nella vita organizzativa e, confrontarsi con il committente. L’occasione vera di apprendimento in questo caso è, il confronto del gruppo di lavoro con il proprio prodotto, ovvero la risposta risolutiva presentata al committente. - RUOLO DEL FACILITATORE ALL’INTERNO DELL’AL: il facilitatore o trainer assiste il gruppo di lavoro nel processo di apprendimento durante le varie fasi dell’AL. Svolge un’attività di contenimento, vigilanza, garantisce lo sviluppo del processo di apprendimento, non ha responsabilità in termini di risultati e contenuto ma, deve fornire spunti di riflessione, garantire un livello di informazione adeguata. - RUOLO DEL TUTOR ALL’INTERNO DELL’AL: il tutor rappresenta l’autorità dell’organizzazione committente e, presidia i confini dei rapporti con l’organizzazione nella fase di preparazione, garantendo al gruppo di lavoro le risorse per lo svolgimento dell’esercizio. Verifica l’avanzamento dell’attività rispetto al piano iniziale. AL può essere un considerata una delle pratiche educative maggiormente caratterizzate da un approccio attivo allo sviluppo manageriale. Silvia Cristinelli GOLDE individua cinque principali modalità di utilizzo del materiale cinematografico:  Riscaldamento: il materiale cinematografico può rappresentare un momento di riscaldamento aiutare i partecipanti ad avere una partecipazione attiva, entrare in tema, fare gruppo condividere la visione e la riflessione su un film.  Esempio: quando il materiale cinematografico offre una dimostrazione chiara di un concetto o di un comportamento che il formatore vuole illustrare ai partecipanti.  Caso: film usato per presentare una situazione da discutere in aula, suscitando commenti, riflessioni e ipotesi di problem solving e decision making.  Esercizio: una scena di un film rappresenta lo stimolo per un compito che i partecipanti sono chiamati a svolgere individualmente o in sottogruppo, proponendo soluzioni che poi vengono confrontate con quelle ottenute da altri partecipanti/sottogruppi o dai protagonisti della sequenza filmica utilizzata.  Simbolismo/metafora: le scene di un film possono rappresentare esempio simbolico rispetto a contenuti astratti generali difficili da comunicare, una metafora per chiarire concetti teorici. 3. LA MESSA A PUNTO DEI MATERIALI: il materiale cinematografico non può essere semplicemente fatto vedere ma i partecipanti devono comprenderlo approfondirlo interiorizzarlo, attraverso la descrizione e analisi del film tramite una SCHEDA DI DESCRIZIONE del materiale cinematografico preparata dal formatore: dati (regista, anno, attori), trama, descrizione del film (durata, nomi dei personaggi), temi centrali, riferimenti teorici principali. A fianco di questa scheda, un secondo materiale da predisporre è rappresentato dalla CHECK-LIST per la riflessione, un insieme di sollecitazioni e domande per condurre il partecipante lungo una ricerca di collegamento con la propria esperienza personale e professionale. 4. L’AZIONE IN AULA: Le attività d’aula possono essere progettate per condurre i partecipanti attraverso dei passaggi del ciclo:  Osservazione: il momento della visione del materiale può essere seguito da una sessione di lavoro centrata sull’osservazione, in questa fase è utile chiedere ai partecipanti un commento ai comportamenti degli attori, esempi positivi e negativi del comportamento oggetto di apprendimento.  Concettualizzazione e riprogettazione pratiche del comportamento organizzativo trasferibili nella propria esperienza di lavoro in organizzazione. Inoltre, i comportamenti dei differenti personaggi possono essere riprogettati ovvero è possibile formulare ipotesi relative a modi alternativi di agire più efficaci.  Sperimentazione: i partecipanti prendono il posto degli attori del film e rifanno la sequenza cercando di agire secondo le regole di efficacia individuate, trasformando dunque le modalità di svolgimento e il finale delle interazioni. - MATERIALI: Importante fare divisione tra: Materiali tratti dal “cinema vero e proprio”, spezzoni di film e Materiali audiovisivi: possono essere filmati didattici, i documentari, gli show, i cortometraggi, gli spot pubblicitari. Essi vengono trasmessi su piattaforma televisiva oppure proposti sul web. Vi sono 6 tipi di filmati didattici: 1. Lezioni: le registrazioni di lezioni tenute da persone di fama internazionale. 2. Video testimonianze: racconti di personalità di spicco 3. Video casi: storie di eccellenza che si distinguono per il successo ottenuto o video che approfondiscono le vicende di un’organizzazione 4. Video narrativi: racconti diretti ed evocazioni visive capaci di sollecitare un registro di pensiero sia razionale che emotivo. Silvia Cristinelli 5. Video workshop: video anche piuttosto lunghi dedicati a un unico tema che propongono attività di problem solving commentate da un esperto che sostiene il gruppo in apprendimento sia nell’individuazione di errori nel processo di lavoro sia nella scelta degli approcci più efficaci per fronteggiare la situazione illustrata. 6. Video sportivi: i materiali filmici ispirati allo sport traggono spunto da eventi agonistici per evidenziare dimensioni d’azione con valenza organizzativa. Altri materiali sono i documentari, dalle serie televisive e dagli show spesso disponibili anche su piattaforma web e su YouTube. - VANTAGGI: 1. Le scienze cognitive hanno dimostrato come l’uso del cinema abbia effetti positivi per la comprensione poiché vengono sollecitate diverse aree/funzioni nervose. 2. Il cinema può sostenere l’apprendimento di abilità relative all’esplorazione di una situazione da differenti punti di vista (reframing). 3. Sul fronte dell’attivazione emozionale; il cinema ha la capacità di suscitare emozioni, attraverso diverse strategie di ripresa e monitoraggio. 4. Attraverso il cinema è possibile anche sollecitare un’immaginazione personale che consente di richiamare i frammenti della propria esperienza, di rivedersi in ciò che si sta osservando nel cinema. - SVANTAGGI: 1. lingua di produzione originale, spesso straniera, non permette di cogliere tutti i riferimenti se una persona non la capisce a pieno. 2. il filmato didattico potrebbe non aggiungere molto a ciò che il formatore stesso non sarebbe in grado di offrire ai partecipanti 3. non sempre vi sono molti punti di analogia con la concreta esperienza di lavoro vissuta dai partecipanti - VINCOLI DI UTILIZZO: Il formatore deve confrontarsi con due principali vincoli: il vincolo tecnico (tecnologie di proiezione) e vincolo giuridico (copyright, necessario rispettare alcune regole). Tuttavia, la legge consente di non richiedere il consenso dell’avente diritto se la rappresentazione parziale delle opere cinematografiche, ha scopo di insegnamento, critica o discussione. - ERRORI DA EVITARE:  Utilizzare troppi materiali filmici,  Non prestare la dovuta attenzione alla coerenza tra il tipo di filmato e le caratteristiche dei destinatari dell’azione formativa.  Utilizzare film di difficile reperibilità, in quanto il partecipante, incuriosito, potrebbe essere interessato a vedere l’intera opera.  Utilizzare una sequenza senza aver visto tutto il film, in quanto può capitare che il messaggio globale dell’opera in questione sia differente da quello della singola scena.  Utilizzare film ambientati in contesti molto connotati. Cap 23. LEZIONE La lezione nonostante le critiche continua a essere impiegata nelle aule di formazione di persone di ogni età, dalla scuola elementare alle università della terza età, passando dalle aule di formazione aziendale. Il termine “corso di Silvia Cristinelli formazione” si identifica quasi automaticamente con l’idea di un docente che parla davanti a un gruppo di persone silenziose. - OBIETTIVI: ➢ Migliorare le conoscenze e le nozioni di partecipanti ➢ Migliorare la loro comprensione di concetti astratti e di principi generali - LIMITI: non aiuta a… ➢ migliorare le capacità pratiche dei partecipanti di fare, ➢ modificare il loro comportamenti interpersonali e le loro capacità relazionali Un minimo di spiegazione teorica da parte del docente facilita i partecipanti e li aiuta ad apprendere meglio, ma è indubbio che il fattore di successo della didattica in questi casi sta molto di più nelle situazioni esperienziali e applicative. - ASPETTI GENERALI: ➢ LA DURATA: è altamente consigliabile che essa non si protragga eccessivamente nel tempo, per non perdere l’attenzione dei partecipanti. Dopo circa 30-40 minuti la concentrazione si riduce in modo significativo. Un’ora e mezza-due ore di lezione sono un limite da non superare. ➢ MEZZI DI COMUNICAZIONE: Per favorire l’attenzione dei partecipanti è bene non usare solo la voce, ma anche altri mezzi quali i vari tipi di lavagna, pc e relativi proiettori per le slide ➢ INTERAZIONE: non ridurre la lezione ad un monologo del docente per non perdere l’attenzione, serve un’interazione tra docente e partecipanti - PREPARAZIONE COMPIUTA DAL DOCENTE: 1. PREPARARE UNA SCALETTA: predisposizione di una scaletta dei contenuti che intende trattare durante il tempo a disposizione. I criteri utilizzati per predisporla solo: ➢ L’OBIETTIVO DIDATTICO: Cosa devono ricordare i partecipanti al termine di questa lezione? Cosa devono sapere di diverso da prima? Quale utilizzo dovranno fare di quanto verrà trattato durante la lezione? ➢ IL LIVELLO DI PREPARAZIONE DEI PARTECIPANTI sul tema in oggetto: Cosa sanno già? Quali sono le esperienze che hanno maturato su questi temi? Qual è il gap tra l’obiettivo che si vuole raggiungere e il punto di partenza? ➢ IL TEMPO A DISPOSIZIONE: partendo da un certo obiettivo didattico e considerando il livello di partenza dei partecipanti, il docente dovrebbe poter indicare il tempo che ritiene necessario. ➢ LA SEQUENZA DEGLI ARGOMENTI: due modi per trattare i propri argomenti: A) Lezione classica e deduttiva: introduzione dell’argomento, progressivo approfondimento dei vari aspetti, presentazione degli esempi. B) Lezione induttiva: presentazione di un caso concreto o da un fatto di cronaca o da un’esperienza personale, riflessione su quale sia la causa di quanto è accaduto , formulazione di una teoria in base alle risposte emerse sulle cause e applicazione di tali risposte ad altre situazioni simili. Ognuno dei due approcci presenta vantaggi e svantaggi e la scelta dipende dalle condizioni ambientali nelle quali si adopera, dal tipo di argomento da trattare può condizionare il docente nel decidere il tipo di sequenza da adottare. Alcuni argomenti richiedono necessariamente di essere esposti in modo vincolato proprio perché costituiscono un processo concatenato che non può essere modificato. Silvia Cristinelli - SETTING: il gruppo deve essere formato da massimo 10-12 persone disposte in cerchio per favorire la comunicazione, meno persone significherebbero meno contributi, con più persone si rischierebbe il poco coinvolgimento di tutti i membri. Tra i membri del gruppo sono nominati: 1. Un moderatore: guida il gruppo nell'analisi discussione e soluzione del problema favorendo la partecipazione di tutti 2. un segretario: verbalizza, mette per iscritto il percorso del gruppo - RUOLO DEL TUTOR: fornire il caso PBL e supervisionare il percorso del gruppo chiarendo le fasi, non intervenire in caso di ipotesi errate, verificare la capacità di soluzione del caso PBL da parte del gruppo e la propria capacità di organizzazione degli incontri (auto ed eterovalutazione). - PROCESSO DI APPRENDIMENTO: APPRENDIMENTO AUTO-DIRETTO tramite la formulazione analisi e soluzione di un problema. 1. scenario: presentazione del PROBLEMA, Oggetto dell'apprendimento 2. identificazione dei fenomeni da spiegare 3. sviluppo di ipotesi esplicative 4. identificazione delle necessità formative 5. applicazione delle nuove conoscenze per la soluzione del problema - FASI: • Apertura PBL: Il tutor fornisce il caso PBL al gruppo • Prima fase: termini non noti. Il moderatore chieda al gruppo se ci sono parole non chiare che devono essere spiegate e dal gruppo regole precise che tutti devono rispettare. • Seconda fase: definizione dei problemi. il moderatore chiede al gruppo quali parti richiedono una spiegazione e il gruppo formula i quesiti. • Terza fase: ipotesi esplicative. Ehi il moderatore sollecita il gruppo rispondere alle domande emerse nella seconda fase, il gruppo tenta di rispondere ai quesiti e formulare le ipotesi e il segretario stimola il gruppo a elaborare una sintesi delle ipotesi emerse. • Quarta fase: obiettivi di apprendimento. Il gruppo mette in relazione i quesiti e le ipotesi esplicative per elaborare degli obiettivi di apprendimento, e cerca di individuare le fonti utili per lo studio individuale. • quinta fase: studio individuale. Ogni componente del gruppo ricerca la soluzione ai quesiti coerente con gli obiettivi di apprendimento. • chiusura Pdl: Moderatore e segretario si scambiano di ruolo. Il gruppo di chiara il lavoro svolto a livello individuale, se ha trovato risposta ai quesiti e che fonti ha utilizzato. • sesta fase: il gruppo espone il lavoro individuale, si confronta e giunge a una soluzione condivisa. • Valutazione: 1. AUTOVALUTAZIONE: il \moderatore il segretario e il gruppo effettuano un'autovalutazione rispetto al lavoro individuale svolto, alla propria attività, ha raggiungimento degli obiettivi, alla capacità di risolvere i problemi. Il tutor auto valuta l'applicazione del metodo e l'organizzazione degli incontri. 2. ETEROVALUTAZIONE: Il gruppo valuta anche da attività svolta dal moderatore, dal segretario e dal tutor. Il tutor 2valuta il lavoro svolto dal gruppo, la completezza, la chiarezza, il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento, la capacità di soluzione del problema e le attività del moderatore e del segretario. - MATERIALI E STRUMENTI: caso Pdl, computer, videoproiettore lavagna o fogli, verbali per riportare il processo, fonti informative come libri o siti Internet. Schede di auto e dettero valutazione - CONTESTI DI APPLICAZIONE: ambito scolastico per implementare le capacità di risoluzione dei problemi e applicare quel che si impara teoricamente, ambito lavorativo (es. aziende) per trovare soluzioni a problemi concreti che possono emergere o per formare gli adulti alla collaborazione e all’applicazione delle loro competenze. - A CHI SI PUÒ PROPORRE: studenti dalle medie in poi, adulti. Silvia Cristinelli Cap 30. ROLE PLAY Il termine role play è tradotto in “gioco di ruolo” e descrive un insieme di attività caratterizzate dal coinvolgimento dei partecipanti in situazioni in cui viene esercitata la possibilità di comportarsi “come se”. Sul piano etimologico richiama appunto i concetti di gioco e ruolo. È quindi una tecnica di drammatizzazione dei ruoli sociali o organizzativi espressa attraverso una rappresentazione di situazioni simulate, prossime alla realtà. Conduttore, uno o più attori impersonano un ruolo e, altri soggetti fungono da osservatori. Il role play è un metodo didattico che valorizza l’esperienza dei partecipanti, in una modalità protetta e sperimentale consente di far emergere comportamenti e atteggiamenti che possono essere associati a situazioni reali. - DEFINIZIONE: rientra tra i metodi pedagogici attivi, il soggetto viene coinvolto direttamente nel processo di apprendimento attraverso la mobilitazione della loro esperienza unita alla conoscenza diretta delle situazioni simulate. Evidenzia anche la relazione dinamica tra formatore/discenti e discenti/discenti che la simulazione rende interattiva e interdipendente. Grazie agli aspetti di creatività e di identificazione, viene attivato anche l’apprendimento motorio e affettivo. Esso ha un valore transizionale, come fattore di transizione tra far finta e fare per davvero. Avviene l’acting in, dove tra il protagonista e i propri sentimenti si determina una GIUSTA DISTANZA che permette al soggetto di sviluppare una maggiore consapevolezza delle proprie azioni e del proprio vissuto. - SCOPO: accrescere le competenze relazionali (ascolto attivo, gestione dei conflitti, comunicazione, gestione di un gruppo di lavoro). Il fine del role play è la drammatizzazione di comportamenti di ruolo, dove non sono in gioco, se non direttamente, categorie e aspetti personali e soggettivi. Sul piano dell’apprendimento, ai soggetti viene chiesto di simulare ruoli, organizzativi o sociali, in vista di migliorare comportamenti di lavoro e svolgere meglio il proprio mestiere. - ROLE PLAY E PSICODRAMMA: ANALOGIE E DIFFERENZE: Il role play ha origine nello psicodramma di Moreno, il cosiddetto “teatro della spontaneità”. Si tratta di una modalità di affrontare problemi relazionali e psichici alternativa rispetto al tradizionale racconto verbale del paziente. Analogamente, il role play è una messa in scena che al ragionamento e al racconto privilegia la drammatizzazione dei problemi indagati. ➢ ANALOGIE: Un elemento comune alle due tecniche è la presenza di un CONDUTTORE, il quale non soltanto allestisce e dirige il processo, ma svolge un ruolo di contenimento delle dinamiche emotive. ➢ DIFFERENZE: Lo psicodramma ha obiettivi terapeutici, mentre il role play ha obiettivi formativi. Nello psicodramma generalmente la ricerca riguarda gli elementi personali implicati nella rappresentazione, mentre nel role play si indagano le dinamiche sociali, con accentuazioni minori sulle dimensioni soggettive implicate. - CARATTERISTICHE ESSENZIALI del role play: ➢ Si chiede espressamente al partecipante di comportarsi come se, seguendo condizioni date. ➢ Viene presentato un episodio, una situazione professionale significativa, un evento distaccato dal flusso di continuità del reale, con un inizio ed una fine precisamente individuati. - OBIETTIVI DIDATTICI: Distinguiamo 2 categorie di role play con differenti obiettivi didattici: Silvia Cristinelli 1. ROLE PLAY ADDESTRATIVI: prevale il modello e la prescrizione, sono simulazioni addestrative il cui obiettivo consiste nel far apprendere ai partecipanti regole comportamentali predefinite, funzionali all’esercizio di ruoli che richiedono competenze standardizzate. 2. ROLE PLAY FORMATIVI: sono simulazioni utilizzate per apprendere comportamenti non prescrivibili in modo preciso ma che la persona deve essere in grado di gestire grazie all’uso della creatività e riflessività. - STRUTTURAZIONE: informazioni sul contesto fisico, psicologico (quali atteggiamenti/valori/pregiudizi) e comportamentale (come agire). Il COPIONE è l’esito di una progettazione di dettaglio che il formatore ha in precedenza effettuato, considerando le variabili e ipotizzando le possibili dinamiche, senza alcuna pretesa di certezza. 3 tipi di strutturazione: 1. strutturato: oltre alla descrizione del contesto e dei ruoli, indicazioni su cosa deve essere detto o fatto nel dettaglio. È molto complesso, può aiutare gli attori e rassicurarli, ma può risultare artificioso assicura maggior controllo. 2. Semi-strutturato: si indica in modo dettagliato il contesto e la situazione psicologica dei ruoli giocati e si accenna la questione problematica. I copioni sono meno vincolanti. 3. Non strutturato (libero): si stabiliscono ruoli e contesto. Non prevede quindi alcuna informazione scritta per gli attori ma semplicemente coordinate generali sul contesto. Vantaggi: Responsabilizza i soggetti. Svantaggi: il numero di partecipanti deve essere limitato per non disperdersi, i tempi e le fasi diventano più difficili da stimare, la rappresentazione può assumere una piega imprevista. - PROGETTAZIONE: preparazione da parte del formatore delle schede progettuali che lo guidino nella redazione di copioni, nella messa in scena del role play e nella gestione delle osservazioni. La scheda contiene titolo, obiettivi didattici, descrizione sintetica della vicenda simulata, ruoli presenti nella simulazione. - 10 FASI DEL RP: 1. Presentazione della metodologia 2. Il formatore presenta il tema-problema 3. Individuazione degli attori (dovrebbe sempre avvenire su base volontaria) 4. Ai diversi attori viene assegnato il copione che dovranno interpretare. I restanti membri del gruppo con l’aiuto del conduttore stabiliscono i risultati aspettati, grazie all’aiuto di griglie di osservazione e schede di rilevazione. 5. Fase del warming up: riscaldamento per creare un clima caldo e stimolante che faciliti l’assunzione del ruolo, tramite varie tecniche. 6. Messa in scena: gli attori recitano mentre gli altri osservano. 7. Fase di commento: al termine della recita, attori e osservatori annotano le osservazioni personali con lo scopo di aprire la discussione di gruppo. 8. Conclusioni: i commenti vengono contestualizzati rispetto agli obiettivi didattici, sottolineando i comportamenti positivi e negativi e gli effetti che ne derivano. 9. Fase del closing off: ricollocamento nella realtà, si punta a fare uscire gli attori dal gioco prendendo le distanze da quello è successo. 10. Debriefing: riflessione e analisi sistematica sul gioco, l’attenzione dei partecipanti viene focalizzata sulle loro esperienze individuali e sulla praticabilità di mutuare l’esperienza individuale in altre esperienze. - SETTING: Per lo svolgimento del role play è necessario un ambiente fisico che consenta agli attori di muoversi con agio e agli osservatori di stare seduti a una distanza dagli attori. - EFFICACIA: dipendono da fattori: la creazione di una situazione ambientale favorevole, relazioni presenti tra i membri, problemi che i partecipanti percepiscono maggiormente e capacità di fornire al gruppo le giuste info. Silvia Cristinelli
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