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Riassunto: Fotografia e inconscio tecnologico - Franco Vaccari, Sintesi del corso di Antropologia

Riassunto di: Fotografia e inconscio tecnologico - Franco Vaccari

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 12/02/2024

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Scarica Riassunto: Fotografia e inconscio tecnologico - Franco Vaccari e più Sintesi del corso in PDF di Antropologia solo su Docsity! Vaccari è interessato al superamento dell’idea tradizionale d'autore a favore della anonimità e in un certo senso all’automatismo. In Opera Aperta, Umberto Eco definisce l’arte come un processo mobile, con struttura aperta e proprie leggi autonome, ambiguo nei molti significati che origina soprattutto al momento della fruizione. Con il processo avviato da Duchamp, si annulla idealmente la differenza tra artista e pubblico, conferendo a quest’ultimo un ruolo attivo e portatore di senso. L’artista ricopre il ruolo sociale di operatore culturale. La fotografia si trova al centro della grande trasformazione che investe l’arte e la comunicazione. Vaccari riconosce il potere della macchina fotografica quando questa non viene usata in modo forzatamente artistico e creativo, ma più liberamente, lasciandola agire come uno strumento in grado di registrare memorie autonome rispetto alle capacità e intenzioni dell’operatore. Vaccari non considera la fotografia come un’immagine da ammirare nei suoi aspetti estetici, ma un’occasione di natura tecnologica per il manifestarsi di azioni, reazioni, comportamenti colti sul terreno del quotidiano e dell’ordinario.. usa la fotografia come azione e non come contemplazione. Bisogna vedere nello strumento una capacità di azione autonoma, come se la macchina fosse un frammento di inconscio in attività. Vaccari si discosta completamente dalla visione di Bresson di “momento decisivo” dove il fotografo ha il completo controllo dello strumento. Vedi inconscio ottico di Walter Benjamin. Con il concetto di inconscio tecnologico applicato al mezzo fotografico, Vaccari vide la possibilità di scardinare i suoi condizionamenti visivi per arrivare a vedere ciò che non sapeva in contrapposizione all’idea che si vede solo quello che si sa. Essenziale al concetto di inconscio è il concetto di attività che si collega al concetto di produzione. L’inconscio è un centro di attività produttiva indipendente che struttura e dà forma agli elementi che lo attraversano. Se l’uomo ha potenziato i suoi sensi con i media ha contemporaneamente proiettato all’esterno anche anche le proprie attività inconsce. La tecnologia e i suoi prodotti appartengono al circuito simbolico collettivo. L’inconscio tecnologico L’inconscio tecnologico non deve essere interpretato come pura estensione e potenziamento di facoltà umane, ma bisogna vedere nello strumento una capacità di azione autonoma; come se la macchina fosse un frammento di inconscio in attività. Tutte le macchine possono essere viste come macchine di distruzione in quanto tutte tendono a produrre uniformità, uniformano il reale secondo la cattiva molteplicità della serie. La distruzione è una drastica alterazione dei rapporti esistenti nella direzione della loro massima semplificazione. Segno = significante / significato Es: una parola è il segno, l’immagine acustica della parola è il significante, mentre il concetto legato alla parola è il significato. Il segno è quindi l’atto di unificazione tra un significante e un senso. Il segno però deve essere parte di un intero sistema linguistico per far valere questa equazione. Solo il rapporto con gli altri segni conferisce al segno la sua specificità. Nel caso della fotografia l’immagine ottica diventa il significante. Il significato risulta complesso, ci sembra evidente. La fotografia è sempre un segno perché la macchina fotografica opera sempre con il proprio inconscio tecnologico una strutturazione dell’immagine secondo serie di concetti caratteristici dell’uomo occidentale nei confronti dello spazio, del tempo, della rappresentazione, della memoria… L’immagine fotografica ha sempre un senso anche in assenza di un soggetto cosciente. Non è importante che il fotografo possa vedere, la macchina vede per lui. La macchina fotografica, come ogni strumento di produzione, obbedisce già alle convenzioni più profonde e diffuse della cultura in cui è sorto. Al momento dello scatto intervengono: - l’inconscio tecnologico del mezzo - l’inconscio sociale - l’inconscio del fotografo - la motivazione personale cosciente Il fotografo, strutturando l’immagine secondo le proprie convinzioni estetiche e vivendole come oggettive, si perde in una condizione tautologica dove non incontra altro che le proprie proiezioni; l’immaginario viene vissuto come reale e la fotografia diventa il luogo dei miraggi e dei fantasmi. Vedi: Magnum contact sheets e Garry Winogrand https://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2013/06/07/il-naufrago-delle-immagini/ A differenza dell’inconscio umano che è plastico e dinamico, quello tecnologico è bloccato e statico. La strada per far emergere il significato del segno fotografico sono due e opposte tra loro: 1. intervenire sull’autonomia del mezzo fino a spegnerla, piegandola il più possibile alla volontà del soggetto 2. interpretare le foto come segno appartenente a un linguaggio solo in parte riducibile all’uomo. Da qui il suo carattere insostituibile come documento. La fotografia è realmente tale se ci aiuta a scoprire quello che non sappiamo invece che a confermarci in quello che già conosciamo. L’inconscio ottico di Benjamin Vedi l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. La natura che parla alla cinepresa è diversa da quella che parla all’occhio. Diversa specialmente per il fatto che, al posto di uno spazio elaborato dalla coscienza, interviene uno spazio elaborato inconsciamente. Se di solito ci si rende conto approssimativamente dell’andatura della gente, certamente non si sa nulla del suo comportamento nel frammento di secondo in cui affretta il passo… Qui interviene la cinepresa con il suo salire e scendere, ingrandire e ridurre. Con inconscio ottico si intende ciò che sfugge al soggetto a causa dei suoi limiti, ma che si rivela al mezzo (come nel caso dell’andatura della gente). Con il decimillesimo di secondo l’occhio umano si vede rivelare dalla fotografia la scomposizione delle fasi del movimento e si vede aprire un mondo fino allora sconosciuto.
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