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riassunto freud disagio della civiltà, Appunti di Filosofia Moderna

riassunto schematizzato del libro '' freud e il disagio della civiltà ''

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 10/07/2021

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Scarica riassunto freud disagio della civiltà e più Appunti in PDF di Filosofia Moderna solo su Docsity! Sigmund Freud e il disagio della civiltà: Sigmund Freud scrisse “Il disagio della civiltà” nell’estate-autunno del 1929. Il primo titolo da lui scelto era “L’infelicità della civiltà”". Alla sua traduttrice inglese Joan Riviere, Freud consigliò nel 1930 il titolo di “Il disagio dell’uomo nella civiltà”? e l’edizione italiana dell’opera di nostro riferimento reca un titolo simile e non del tutto implicito, scelto con oculatezza dai curatori della casa editrice Bollati Boringhieri. Il tema protagonista dell’opera è l’antagonismo tra le esigenze pulsionali dell’individuo e le restrizioni imposte dal processo evolutivo che innalza la specie umana alla civiltà. La questione, non era affatto nuova per Freud e la si può ritrovare in scritti di qualche decennio prima come in A/ di là del principio del piacere, ma qui egli si accinge a sciogliere i principali nodi concettuali che ancora erano rimasti irrisolti nelle sue trattazioni. Incerta era rimasta soprattutto la parte avuta in questo processo dalle imposizioni sociali e dalle determinazioni organiche ed ereditarie, e il problema non poteva essere delucidato finché Freud non avesse perfezionato l’analisi dell’Io giungendo alla concezione del Super-io e della sua origine dalle prime relazioni con gli oggetti costituite dal bambino*. La trattazione del Super-i0 porta Freud ad indagare sul senso di colpa e quest’ultima ricerca porta a sua volta verso un’indagine sulla pulsione aggressiva, la manifestazione più evidente della cosiddetta “pulsione di morte”. Sono questi i temi principali dai quali prende il volo la spiegazione freudiana della civiltà. Nella lotta di Eros e Thanatos, le due pulsioni primarie che accompagnano le speculazioni dell’ultimo Freud, 1’ Autore riassume il suo pensiero finale. L’opera è strutturata in otto capitoli. Capitolo l: Nelle prime righe, Freud muove le danze con una attenta analisi del sentimento religioso, un sentimento che un amico di penna dell’ Autore aveva osato chiamare in una lettera «senso della “etemità”, un senso come di qualcosa di illimitato, di sconfinato, per così dire di “oceanico”’»°. L’analisi di questo sentimento, operata da Freud, è chiara e getta le basi per la spiegazione di alcuni concetti chiave del contributo freudiano: nella nostra vita psichica originaria - cioè dalla nostra !Das Ungluck in der Kultur. ?Joan Riviere scelse poi il titolo “Civilization and Its Discontents”. *FREUD SIGMUND, 1! disagio della civiltà e altri saggi, Bollati Boringhieri editore, Torino, prima edizione italiana del 1971 e ristampa del 2010 con traduzione a cura di Ermanno Sagittario. Da qui in avanti questa sarà l'edizione di riferimento per la stesura dell’elaborato. “Per approfondire, vedi ad esempio L’io e /’Es del 1923. 5Protagonisti effettivi del percorso dell’ Autore già dal saggio “Al di là del principio del piacere” del 1920. SFREUD S., Il disagio della civiltà e altri saggi, p. 199. L’amico di penna è (lo scopriamo per una confidenza di Freud stesso) Romain Rolland. nascita —l’Io include tutto (mondo interno e perfino mondo esterno), formando una sorta di realtà unica. Successivamente, quando cioè l’individuo scopre che ci sono fonti di eccitamento (nelle quali presto riconoscerà i propri organi corporei) che possono trasmettergli sensazioni in qualsiasi momento e ci sono invece fonti di eccitamento (fra cui quella secondo Freud maggiormente desiderata, cioè il seno materno) che gli si sottraggono, l’individuo tende ad imparare e a distinguere ciò che appartiene all’Io (cioè ciò che è interno al soggetto) e ciò che scaturisce da un mondo esterno. In tal modo viene compiuto il primo passo verso ciò che Freud chiama la costruzione di “principio di realtà” e di “principio di piacere”: l’accorgersi che parte di ciò a cui non si vorrebbe rinunciare nella nostra vita psichica (in quanto dispensa piacere) non è To ma anzi puro oggetto$, mentre dall’altro lato abbiamo ciò che è interno all’Io (e quindi inseparabile da noi) ma non rientra nel piacere (ad esempio il dolore e il dispiacere nel constatare che non tutto il mondo esterno obbedisce al nostro piacere). Il principio di realtà e il principio di piacere, dunque, “lottano tra di loro” generando l’identità psichica di ogni soggetto. Dunque, in origine 1’Io include ed unifica “mondo interno e mondo esterno”, in seguito separa da sé il mondo esterno e, per così dire, lo isola. La conservazione di tale “senso primario” e assolutamente inclusivo dell’Io nell’entità psichica, è ciò che può spiegare il “sentimento oceanico”?. Infatti, come fa notare lo stesso Freud, «nell’ambito della psiche la conservazione del primitivo accanto al trasformato derivatone è [...] così frequente, che è superfluo dimostrarla con esempi»!0 e inoltre «soltanto nello psichico è possibile tale conservazione di tutti gli stadi anteriori accanto alla strutturazione finale» per ribadire ancora una volta che «nella vita psichica la conservazione del passato è regola più che sorprendente eccezione. [...] L’origine dell’atteggiamento religioso può venir individuata nei suoi chiari contorni risalendo al sentimento d’impotenza dell’infanzia. Dietro può esserci ancora qualcos’altro, ma per il momento è avvolto nella nebbia. [...] Questo “essere uno con il tutto” [...] ci appare come un primo tentativo di 7I due principi che, secondo Freud, regolano il funzionamento mentale. Essi formano una coppia indissolubile di “piacere” e di modifica di quest’ultimo. Nella misura in cui il Principio di Realtà riesce a imporsi come principio regolatore, la ricerca del soddisfacimento non si effettua più per le vie più brevi (del solo Principio del Piacere), ma passa per vie indirette e rinvia il suo risultato in funzione delle condizioni imposte del mondo esterno. Per approfondire, consultare l’Enciclopedia della psicoanalisi. LAPLANCHE J. & PONTALIS J.B. , Enciclopedia della psicoanalisi, Laterza editore, Roma-Bari, 2010, pp. 517-521. 8Cioè è inevitabilmente e completamente fuori da noi. ?Tale sentimento viene perciò ricondotto da Freud alla “prima fase del sentimento dell’Io”. !°FREUD S. , // disagio della civiltà e altri saggi, p. 203. 2 - L'amore: questa “tecnica dell’arte del vivere” si avvicina alla meta della felicità positiva più di tutte quelle citate precedentemente. Come fa notare 1’ Autore, una delle forme dell’amore, l’amore sessuale, procura la più intensa esperienza di una travolgente sensazione di piacere. Tuttavia l’amore non è esente da punti deboli: mai come quando amiamo prestiamo il fianco alla sofferenza, mai come quando abbiamo perduto l’oggetto amato o il suo amore siamo così disperatamente infelici. Dunque, conclude Freud a fine capitolo, il programma che il principio del piacere ci impone — diventare felici — non può essere compiuto e tuttavia noi non possiamo abbandonarci ad esso per cercare di “portarlo a termine” in qualche modo. Né conseguire il piacere, né evitare il dispiacere sono mete bastevoli per ottenere tutto ciò che desideriamo. La felicità!” diventa perciò un problema fondamentale dell’economia libidica individuale?. Ogni scelta, portata agli estremi, finisce col punirsi da sé, perché espone l’individuo ai pericoli che una tecnica di vita adottata in maniera esclusiva reca inevitabilmente con sé, proprio per la sua inadeguatezza, per la sua insufficienza. E le alternative estreme a “queste tecniche” di vita sono terribili: la malattia nevrotica, l’intossicazione cronica, la psicosi”!. Esistono dunque molte strade per raggiungere la felicità nessuna è sicura??, Capitolo 3: Come perseguire la felicità? Mentre delle tre fonti di sofferenza citate nel capitolo secondo, ben due?3 sono ineliminabili ed insostituibili, la terza fonte di sofferenza, quella sociale, smuove l’Autore ad una riflessione profonda. Difatti, già nel periodo di stesura dell’opera in nostro oggetto, risulta ben nota alle orecchie di Freud una tesi “popolare” che afferma quanto segue: gran parte della colpa della nostra infelicità va addossata alla cosiddetta civiltà e sarebbe opportuno un ritorno alle condizioni primitive. Questa tesi è tuttavia fallace per Freud, il quale afferma come sia fondamentale capire che «Ia felicità è [...] qualcosa di assolutamente soggettivo» e di conseguenza sia impossibile mettersi nei panni, oggi, degli uomini primitivi o dei contadini nella Guerra dei trent’anni o in quelli delle vittime della Santa Inquisizione. Risulta impossibile, dunque, mettersi nei panni di persone che siano vissute in un’altra epoca lontana dalla nostra e risulta, invece, !°ntesa qui nel suo significato effettivamente realizzabile. 20Per economia libidica si intende qui la “compensazione economica” intesa in senso psichico. L'economia della libido è un concetto chiave per comprendere tutto il saggio e si riferisce all’aspetto quantitativo dell'energia psichica, la quale è suscettibile di diverse ripartizioni e se non ben bilanciata porta a scompensi psichici nel soggetto. 2!Che garantiscono rispettivamente dei soddisfacimenti sostitutivi, un piacere intenso alienante e una rivolta verso la realtà. ?°Da notare come la religione, secondo l'Autore, pregiudica questo “gioco di scelta e di adattamento”, in quanto impone a tutti in modo uniforme la sua via verso il raggiungimento della felicità e la protezione dalla sofferenza. ?3Le prime due, cioè il nostro corpo e il mondo esterno. FREUD S. , Il disagio della civiltà e altri saggi, p. 225. 5 utilissimo interrogarsi sull’essenza della civiltà stessa per poter fare affermazioni più consistenti a riguardo. Quali sono le caratteristiche della civiltà? La parola “civiltà” designa per Freud tutta la somma delle realizzazioni e degli ordinamenti che differenziano la nostra vita da quella dei nostri progenitori animali e che servono a due scopi: - Proteggere l’umanità contro la natura. - Regolare le relazioni degli uomini tra di loro. Civili sono dunque tutte le attività e i valori che sono utili all’uomo per piegare la terra al suo servizio, per proteggerlo dalla violenza delle forze naturali etc. Civiltà è perciò la costruzione di una casa, civiltà è l’uso del fuoco. Inoltre, secondo l’Autore, dall’alba dei tempi l’uomo si è fatto una “rappresentazione ideale dell’onnipotenza e dell’onniscenza” per l’appagamento di tutti i suoi desideri ed ha inseguito la loro realizzazione in maniera diretta o indiretta. L'uomo è divenuto una sorta di “dio-protesi”’?5, magnifico quando è “equipaggiato” di tutti i suoi accessori, anche se questi ultimi non formano un tutt’uno con esso e ogni tanto gli danno del filo da torcere. E se anche le ere future accresceranno la somiglianza dell’uomo con Dio, non c’è da dimenticare, tuona Freud, che già e perfino l’uomo di oggi, simile in molti aspetti a Dio, non si sente felice. La civiltà è dunque tutto ciò che all’uomo è utile. Ma non solo. La civiltà è anche caratterizzata da altri tre fattori importanti: la bellezza, la pulizia e l’ordine?9. Inoltre, nulla contraddistingue meglio una civiltà del fatto che essa apprezza e coltiva le più alte attività psichiche, siano queste intellettuali, scientifiche o artistiche, e attribuisce alle idee una funzione di guida nella vita degli esseri umani. Tra queste idee 1’ Autore ne mette in evidenza tre in particolare: i sistemi religiosi, le speculazioni filosofiche e le cosiddette formazioni ideali degli ini? uomini””. Ci resta ora da considerare l’ultimo, ma non meno importante, carattere distintivo di una civiltà: il modo con cui sono regolate le relazioni reciproche, le relazioni sociali. Difatti la vita in gruppo è resa possibile se si afferma una maggioranza più forte di ogni singolo e tale da restare unita contro Cfr. IBIDEM, p. 227. 2©Difatti, esigiamo che l’uomo civile onori la bellezza ovunque la incontri nella natura; in secondo luogo, ogni genere di sporcizia ci sembra incompatibile con la civiltà; inoltre, i benefici dell'ordine sono incontestabili: esso dà all'uomo la possibilità di utilizzare nel modo migliore il tempo e lo spazio, risparmiando forze psichiche. 2711 fatto che queste tre creazioni non siano indipendenti l’una dall’altra, bensì strettamente intrecciate tra loro, rende per Freud difficile descriverle e determinarne la derivazione psicologica; tuttavia non si deve nemmeno cadere in giudizi di valore su questo o quel sistema religioso o filosofico, o su questo o quell’ideale: sia che li vediamo come il risultato massimo dello spirito umano, sia che li deploriamo come “errori”, bisogna riconoscere che la presenza di questi sistemi e ancor più il loro predominio significano un alto grado di civiltà. ogni singolo. Dunque, il primo requisito della civiltà è la giustizia, cioè la sicurezza che l’ordine stabilito non sarà infranto a favore di nessun singolo?8. La libertà individuale non è quindi frutto di civiltà. Essa era massima prima di ogni civiltà?” e subisce delle limitazioni ad opera dell’incivilimento e dalla giustizia, la quale esige che queste restrizioni colpiscano tutti. Di conseguenza il desiderio di libertà che nasce spontaneo da queste restrizioni si deve rivolgere o contro particolari forme/pretese della civiltà, o contro la civiltà tutta. Inoltre, sottolinea Freud, bisogna sottolineare come “civiltà” non sia né sinonimo di perfezione né la via verso la perfezione?° tracciata per l’uomo. L’incivilimento è piuttosto un “processo” (al quale l’umanità è sottoposta) grazie al quale vengono incanalate (e con il quale vengono mediate) le pulsioni del singolo. Alcune di queste pulsioni vengono erose in modo tale che al loro posto compaia qualcosa che nel singolo individuo l’ Autore descrive come “particolarità del carattere”. Altre pulsioni sono indotte a spostare le condizioni del loro soddisfacimento, a incanalarle su altre strade: è questo il caso della sublimazione pulsionale. In terzo ed ultimo luogo, bisogna sottolineare come sia impossibile ignorare che tutta la civiltà sia costruita sulla rinuncia pulsionale ed abbia come presupposto il non soddisfacimento di potentissime pulsioni del singolo: questo è il caso della cosiddetta “frustrazione civile”, la quale domina il vasto campo delle relazioni tra gli esseri umani. La frustrazione civile è la causa dell’ostilità contro cui tutte le civiltà devono combattere e farlo non ci solleva da pericoli, anzi, se questa frustrazione non è “compensata” a livello psichico?", «bisogna rassegnarsi a serie perturbazioni»*?. Ma quali influssi diedero il via all’evoluzione civile? Come essa sorse? Capitolo 4: Dopo che “l’uomo delle origini” ebbe scoperto che dipendeva dalle sue mani il migliorare la propria sorte (sulla terra e con il lavoro), non gli poté più essere indifferente se un altro essere umano qualsiasi lavorasse insieme a lui o contro di lui. Così perfino quando l’uomo era simile alle scimmie egli formò il nucleo familiare: i membri della famiglia lo aiutavano a vivere meglio?*. 28Il risultato finale dovrebbe quindi essere lo stabilirsi di un diritto al quale tutti i membri di una comunità hanno contribuito con il loro sacrificio pulsionale e che non lascia nessuno alla mercé della forza bruta. Benché di fatto in quei casi (a quel tempo) la libertà fosse in gran parte priva di valore, perché l'individuo era difficilmente in grado di difenderla. *Potremmo aggiungere, per chiarire, “l’unica e sola via”. 3!Si intende qui ancora una volta la “compensazione economica” intesa in senso psichico. *FREUD S. , /l disagio della civiltà e altri saggi, p. 233. 3*Freud spiega in queste righe i motivi che portarono l’uomo ad essere stabile nella formazione e nella gestione del nucleo familiare e richiama la sua opera Totem e tabù per una panoramica più completa del cammino che dalla famiglia “di base” portò allo stadio successivo della vita in comune nella “forma di alleanza tra fratelli”. Per approfondire, cfr /l disagio della civiltà e altri saggi, p. 236 o in particolare FREUD SIGMUND, Opere 1886-1921, Newton Compton editori, Roma, 2010, pp. 1735 e seg. (nello specifico tutto il paragrafo su L’orrore dell’incesto contenuto in Totem e tabù del 1913). secondo l’Autore, l’uomo primordiale stava meglio perché ignorava qualsiasi restrizione pulsionale. In compenso la sua sicurezza di godere a lungo di tale felicità era molto contenuta. L’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po” di sicurezza. Capitolo 6: Durante i suoi studi”, Freud ebbe il dubbio che le pulsioni non erano tutte delle stessa specie e di conseguenza, negli anni, teorizzò accanto alla pulsione di vita (Eros) un’altra pulsione, quella di morte*5 (Thanatos). Non fù facile per 1’ Autore dimostrare l’esistenza di questa pulsione, le manifestazione dell’Eros erano evidenti, ma non quelle di Thanatos. La pulsione distruttiva procura all’uomo una certa qual soddisfazione: la tendenza aggressiva è una disposizione pulsionale originaria del soggetto e proprio per questo si va a scontrare con la civiltà. L’incivilimento?® è opera di Eros, ma “a quest’opera di incivilimento” si oppone la natura umana?" che mette tutti contro tutti. Questa pulsione aggressiva è la “figlia” della pulsione di morte che troviamo accanto ad Eros. L'evoluzione civile è data dalla lotta tra Eros e Thanatos, lotta che è il contenuto essenziale della vita di ogni essere umano. Capitolo 7: Perché gli animali, perfino i nostri simili, non fanno alcuna lotta per la civiltà? Forse, teorizza Freud lasciando aperta la questione, nelle altre specie si è stabilito un equilibrio temporaneo tra le pulsioni interne e l’ambiente esterno, ottenendo una sorta di arresto dell’evoluzione. Ma un problema ben più scottante interessa 1’ Autore più da vicino fin dalle prime righe del capitolo: che mezzi usa la civiltà per frenare il desiderio di aggressione insito nell’uomo? L’aggressività viene interiorizzata, viene rimandata da dove è venuta, ossia contro l’io. Chiamiamo senso di colpa la tensione tra l’Io e il Super-Io: l’aggressività viene “introiettata” contro il proprio Io fino a venire “presa in carico” da una parte dell’Io, il Super-Io 0 coscienza morale®?. Ma come fa l'uomo a riconoscere un azione malvagia? Spesso, infatti, il male non è quello che danneggia 1’Io, ma qualcosa da cui 1’Io stesso trae piacere. Così si presuppone che debba esserci qualcosa di esterno, un influsso “estraneo”, che decide cosa sia bene e cosa sia male. L’uomo si 47M particolare dal 1920, con Al di là del principio del piacere. ‘8Freud risulta ormai convinto che la “tendenza aggressiva” sia presente nell’uomo come una vera e propria disposizione pulsionale originaria ed indipendente. ‘9Se questa pulsione di morte si dirige verso l’esterno del corpo essa diventa “visibile” sotto forma di distruzione e aggressione. Se la pulsione, al contrario, si rivolge all’interno (cioè verso l’individuo stesso), essa diventa autodistruzione (possiamo quindi parlare, a titolo esemplificativo, di masochismo e di sadismo, l’uno rivolto verso un oggetto esterno, e l’altro rivolto verso se stessi). 5011 processo che mira a raccogliere famiglie, stirpi, popoli, nazioni e continenti in un unico gruppo chiamato genere umano. 51Quella naturale pulsione aggressiva. 5°Nasce in questi “luoghi psichici” il senso di colpa. 10 sottomette a tale “influsso estraneo”, che può essere indicato come la paura di perdere l’amore53. Quindi se l'uomo si comporta bene, lo fa solo per la paura di essere scoperto dall'autorità? e di conseguenza per evitare la perdita dell'amore di qualcuno, che l'azione malvagia potrebbe causare. Le cose cambiano quando, per lo svilupparsi di un Super-Io, l’autorità diventa interiore. In questo “sviluppo” della psiche, vengono a cessare sia la paura di essere scoperti, sia la differenza tra fare e volere il male, poiché nulla può venire nascosto al Super-Io, nemmeno i pensieri. Tuttavia, se è vero che la reale gravità della situazione esterna è svanita, è vero anche che, osserva Freud, nel rapporto tra Io e Super-Io tutto rimane come era prima nel rapporto tra Io e autorità esterna: «il Super-Io tormenta l’Io peccatore facendogli provare le medesime paure e sta in agguato per farlo punire dal mondo esterno». Dal primo al secondo stadio, scopriamo quindi che nulla è cambiato dei “rapporti originari”: il destino è visto come un sostituto dell’istanza dei genitori?°. Il senso di colpa può quindi avere due origini: può scaturire dal timore per l’autorità e può nascere dal timore che suscita il Super-Io. Nel primo caso si dovrà rinunciare al soddisfacimento pulsionale, nel secondo caso si dovrà rinunciare al soddisfacimento pulsionale e, poiché nulla può essere 9957 nascosto al Super-Io, si verrà mossi verso una qualche “punizione In breve, la rinuncia pulsionale insita nel secondo stadio non ha più l’effetto liberatore che aveva nel primo: l’astinenza virtuosa non è più ricompensata dalla certezza dell’amore. Una minacciosa infelicità esterna9* è stata barattata con una permanente infelicità interna”. In parole povere la coscienza è il risultato della rinuncia pulsionale: la coscienza viene creata dalla rinuncia pulsionale (inizialmente impostaci dall’esterno) e nel suo svilupparsi esige altre rinunce (che non sono mai appartenute al mondo esterno). 53Se l’uomo perde l’amore degli altri da cui dipende, ci rimette anche la protezione contro molti pericoli e soprattutto si espone al rischio che la persona più forte mostri la sua superiorità punendolo. Pertanto il male è (originariamente) tutto ciò a causa di cui si è minacciati della perdita d'amore. E bisogna evitarlo per timore di questa perdita. 5Qui identificata con la figura dei genitori, della persona amata, dei parenti. Conta poco, per l’To, se si è già fatto del male o se soltanto si intenda farlo; in entrambi i casi il pericolo si presenta solo se l’autorità, qualunque essa sia, lo scopre, e in entrambi i casi l’autorità si comporterebbe allo stesso modo. Lo stato d’animo in cui l’Io si trova vivendo questa paura, viene definito da Freud “cattiva coscienza”. 5*FREUD S. , Il disagio della civiltà e altri saggi, p. 260. 55Se si ha sfortuna, significa che non si è più amati da questa somma potestà e, minacciati da questa perdita d’amore, si toma a inchinarsi davanti alla rappresentanza, nel Super-Io, dei genitori, che nella fortuna si trascurava a cuor leggero. 51 Super-Io prosegue semplicemente la severità dell’autorità esterna, alla quale è succeduta e che in parte ha sostituito. Ma è bene sottolineare che nel Super-Io non basta la rinuncia pulsionale (che invece è sufficiente contro le autorità esterne), poiché il desiderio rimane e non si lascia occultare di fronte al Super-Io. 58La perdita dell’amore e la punizione da parte dell’autorità esterna. 5°La continua tensione del senso di colpa. Dunque, in questo “secondo caso” azione cattiva e intenzione cattiva si equivalgono. Risulta interessante aprire qui una parentesi sul “rimorso” e sul senso del rimorso. Difatti, un conto è dire senso di colpa e un conto è commettere “un crimine”. Se si prova un senso di colpa dopo, e a causa di, un crimine, a questo 11 Si sono dunque chiarite ben due questioni: - La parte avuta dall’amore nella nascita della coscienza morale. - L’inevitabilità e fatalità del senso di colpa. Il senso di colpa è dunque l’espressione dell’eterna lotta tra Eros e Thanatos®!. Capitolo 8: Abbiamo dunque scoperto che il senso di colpa risulta, per Freud, il problema più grande dell’incivilimento; il progresso civile ha un prezzo, pagato in perdita di felicità a mano a mano che 3»62 aumenta il senso di colpa. Il senso di colpa non è che una diversa “specie topica”? di angoscia, una angoscia che nelle sue fasi successive coincide esattamente con il timore suscitato dal Super-Io93. A questo punto dell’Opera, l'Autore chiarisce ancora una volta il significato di alcune parole perché le ritiene, a buon motivo, parole chiave per comprendere al meglio il saggio. Questo sono: Super-Io, coscienza morale, senso di colpa, bisogno di punizione, rimorso. Una volta chiariti questi concetti, Freud ripassa ancora una volta le contraddizioni che per un po’ hanno confuso l'Autore (e il lettore) durante la ricerca nella comprensione dell’opera”. Nel corso del lavoro di analisi, si è quindi scoperto che forse ogni nevrosi, «cela un ammontare di senso di colpa inconscio, il quale a sua volta rafforza i sintomi servendosene come di una punizione» e di conseguenza si arriva ad un enunciato: «se una tendenza pulsionale soggiace alla rimozione, le sue parti libidiche si trasformano in sintomi, le sue componenti aggressive in senso di colpa». Il saggio propone, infine, un’ultima riflessione sul Super-Io e sull’etica, riflessione che l’ Autore lascia abbastanza aperta al lettore. Freud sa bene che non può dare una valutazione complessiva sulla civiltà umana e chiude il capitolo sottolineando quello che Egli reputa il problema fondamentale del destino della specie umana: «se, sentimento va dato, secondo l'Autore, il nome di rimorso. Esso difatti si riferisce ad una sola azione (non a tutte!) e presuppone una coscienza (intesa come la facoltà di sentirsi in colpa). 6!Questo conflitto si accende appena gli uomini sono posti nella necessità di vivere insieme. Finché l’unica forma di comunità è quella della famiglia, il conflitto si esprime per forza nel complesso edipico, insedia la coscienza e crea il primo senso di colpa. Quando si cerca di allargare la comunità, lo stesso conflitto si perpetua in forme che dipendono dal passato, si rafforza e provoca un aumento aggiuntivo del senso di colpa. E dato che la civiltà obbedisce a una spinta erotica interna che le ordina di unire gli uomini in una massa collegata intimamente, essa può raggiungere tale meta solamente seguendo la via di un sempre crescente rafforzamento del senso di colpa. ‘Cioè occupa una diversa posizione nella psiche. I t6poi, cioè i luoghi, possono essere, in Freud, relativi ai tre sistemi: Inconscio, Preconscio, Coscienza, oppure alle tre istanze: Es, Io, Super-Io. “E le religioni non hanno mai trascurato la parte del senso di colpa nella civiltà, anzi, esse pretendono di redimere l’umanità da questo senso di colpa che chiamano peccato. Questi due gruppi di chiarimenti non li ripeteremo per brevità e perché sono stati già esposti ampiamente nel corso dell’elaborato. Per ulteriori approfondimenti si rimanda comunque al Capitolo 8. FREUD S. , // disagio della civiltà e altri saggi, p.274. Cfr IBIDEM, pp. 277-278. Fa inoltre riflettere così l’ Autore in queste pagine: se l'evoluzione della società è tanto simile a quella dell’individuo e se essa usa gli stessi mezzi, non si potrebbe dire che alcune società, o epoche civili, siano divenute “nevrotiche” per effetto del loro stesso sforzo di civiltà? 12
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