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RIASSUNTO Genitorialità. Fattori biologici e culturali (Bornstein, Venuti), Sintesi del corso di Psicologia della Famiglia

In questo documento sono esposti i principali concetti espressi dal manuale di Bornstein e Venuti riguardo alla genitorialità: fattori biologici e culturali, idee e credenze genitoriali, genitorialità difficile (sindrome di Down e disturbo dello spettro autistico), la neurobiologia della genitorialità.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 01/02/2022

Gabriele.Deitinger
Gabriele.Deitinger 🇮🇹

4.6

(59)

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Scarica RIASSUNTO Genitorialità. Fattori biologici e culturali (Bornstein, Venuti) e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia della Famiglia solo su Docsity! PSICOLOGIA DELLA GENITORIALITÀ E DELLE RELAZIONI FAMILIARI GENITORIALITÀ: Fattori biologici e culturali dell’essere genitori INTRODUZIONE, CAPITOLO 1, CAPITOLO 2 Introduzione, Essere genitori, Genitorialità e cultura La genitorialità, o parenting, definita generalmente come “competenze genitoriali” o “l’essere genitori” presenta delle componenti sia biologiche che culturali. La genitorialità può essere definita anche come quell’insieme di comportamenti che servono a far crescere in maniera adeguata il bambino, permettendogli di conoscere il mondo che lo circonda e di agire in esso. Per quanto riguarda le componenti biologiche, sappiamo che i comportamenti di prendersi cura del piccolo sono presenti in tutte le specie di mammiferi, secondo modalità che variano da specie a specie, ma che implicano tutte il nutrimento, la termoregolazione e la protezione (i cosiddetti “comportamenti parentali”). Il piccolo, dal canto suo, è anch’esso dotato di un repertorio di comportamenti geneticamente determinati che lo portano a richiamare la vicinanza del genitore (es. seguire, aggrapparsi, lanciare richiami come il pianto). Questo ci suggerisce che la relazione genitoriale, almeno per quanto riguarda la madre, sia biologicamente determinata e trasmessa tramite la genetica. Secondo questa impostazione, quello della relazione madre-bambino sarebbe un “comportamento ambientalmente stabile”, poiché ricorrente, nonostante la variabilità ambientale. La figura paterna è invece caratterizzata da minore stabilità rispetto alla madre, dunque la sua relazione col bambino è ambientalmente labile e dipenderà dal contesto (es. negli esseri umani, fattori socio- economici quali l’orario di lavoro, benessere economico, solidità del rapporto di coppia). Il ruolo paterno, che non ha delle solide basi biologiche, trova la sua utilità in un importante sostegno alla genitorialità, nei termini di sostegno economico principalmente, ma anche emotivo nei riguardi della madre. Perché la genitorialità ha anche una componente culturale? Oltre ai basilari comportamenti parentali di origine biologica che facilitano la sopravvivenza del piccolo, negli esseri umani la genitorialità implica anche la trasmissione al piccolo di comportamenti e credenze adeguati per la sua età, e per i differenti contesti in cui si troverà a vivere. Questi “comportamenti e credenze” sono essenzialmente la cultura, da cui gli individui acquisiscono le informazioni sul come essere genitori. Col fatto che, si sa, le culture differiscono molto da Paese a Paese, ecco qui che si hanno tanti diversi modi di essere genitori e dunque la genitorialità è anche culturalmente definita. Adottare una “prospettiva cross-culturale” allo studio della genitorialità ha 3 vantaggi. (1) Innanzitutto, possiamo ampliare la nostra descrizione del concetto di genitorialità, liberandoci di un punto di vista etnocentrico su come debba essere la genitorialità e del concetto di “normalità”*. (2) Così facendo possiamo spiegare alcune peculiarità di un bambino o di una famiglia come derivanti dalla sua cultura di appartenenza (es. tradizioni familiari, grado di urbanizzazione). Possono esistere anche sotto-culture interne ad una macro-cultura (es. culture di quartiere all’interno di una stessa città/Paese) che possono o meno condividerne alcuni aspetti; il “modello culturale condiviso” (Romney e Moore) definisce il grado in cui i membri di una cultura condividono particolari conoscenze. (3) Potremo così evitare i rischi dell’interpretazione: ogni nostra comprensione di un fenomeno passerà da un’analisi del suo contesto sociale e culturale. Secondo Super e Harkness il “contesto culturale di sviluppo del bambino” o “nicchia evolutiva” sarebbe formato dagli aspetti fisici e sociali (caratteristiche del luogo e della società in cui si è nati, es. società di cacciatori-raccoglitori nomadi), dalle abitudini di cura dei bambini (es. se sono curative/restrittive/sociali, la frequenza con cui ci si prende cura del bambino, quanto gli è permesso esplorare...) e dalle conoscenze psicologiche dei genitori riguardo al bambino. La neotenia della specie umana: i piccoli dell’uomo sono i più immaturi tra i mammiferi; questo perché, per com’è fatta la donna (dimensioni ristrette del bacino) c’è di fatto un limite a quanto grossa può essere la testa del figliolo e dunque un limite a quanto è sviluppato cerebralmente alla nascita (lo sviluppo cerebrale richiede un considerevole aumento di dimensioni della capoccia). Questa immaturità è compensata da un più lungo periodo di cure parentali. *= ad esempio, se consideriamo la crescita psicomotoria, i nostri bambini occidentali sono molto più indietro rispetto agli standard normativi dei bambini africani. Adottare un approccio cross-culturale significa essere curiosi, fare domande, cercare di capire la famiglia, l’altro. Avere un approccio inter-culturale vuol dire quindi sì, se possibile conosciamo quante più culture possibili (le macro- differenze), ma vuol dire essenzialmente avere un atteggiamento mentale che fa sì che noi chiediamo quali sono le pratiche di cura, le idee del buon genitore, cosa rende un genitore un buon genitore, cosa rende un bambino felice, “secondo voi, come famiglia, che cosa fa crescere un bambino?”, “cosa dice la vostra tradizione culturale rispetto a fare crescere bene un bambino?”. L’approccio è quello di una sana curiosità, di chiedere e cercare di conoscere le famiglie; questo è un approccio culturale alla genitorialità, che permette anche di ridefinire cos’è normale e cosa no. CAPITOLO 4 Fattori che influenzano la genitorialità I fattori che modellano la genitorialità sono moltissimi; i più importanti sono: Le caratteristiche del bambino... - Caratteristiche fisiognomiche e “strutturali” Il carattere di “bambinità” o “baby schema” dei neonati (testa e occhi grandi, naso e mento piccoli, faccia rotondeggiante) suscita nell’adulto reazioni di accudimento, così come il pianto o il sorriso. Inoltre, la condizione di prematurità, il genere e l’età del bambino influenzano i comportamenti e le aspettative che i genitori hanno nei loro confronti. - Regolazione dello stato ed Espressione delle emozioni Bambini che piangono spesso (perché magari ancora troppo piccoli per gestire la fame o il disagio o perché hanno un temperamento difficile) costringono i genitori a prendersi cura di loro, anche durante le ore notturne. Inoltre, la manifestazione delle emozioni nel bambino influenza il modo in cui i genitori si relazionano a lui e si sentono efficaci. es. nei bambini affetti da autismo, essendo il pianto più difficile da comprendere, creano un senso di inadeguatezza nella madre, il quale accresce la distanza di comprensione tra i due (circolo vizioso) es. un bambino sorridente incoraggerà i genitori a mantenere la prossimità con lui e li farà sentire più apprezzati - Capacità psicomotorie e statura Le caratteristiche di altezza e peso del bambino, ma più specificatamente, la sua capacità di deambulare correttamente (= indipendenza e maggiore capacità esplorativa), influenzano il modo in cui i genitori si rivolgono a lui e strutturano il suo ambiente. - Temperamento Il livello di attività, consolabilità, umore e intensità emotiva, ovvero le dimensioni che definiscono un temperamento “facile“ o “difficile”, influenzano i genitori nel modo in cui loro percepiscono i bambini e se stessi, e nel modo in cui si comportano. es. i bambini “facili”, maggiormente in grado di orientare le attenzioni e le emozioni verso i genitori li rendono più soddisfatti es. i bambini “difficili”, che presentano un pianto più acuto e una più difficile consolabilità, sono percepiti dai genitori come più richiestivi e oppositivi, e mettono alla prova il senso di efficacia del proprio ruolo genitoriale Le caratteristiche dei genitori... - Caratteristiche biologiche e intrapsichiche I comportamenti parentali, così come il riconoscimento visivo del proprio bambino e la risposta elettrofisiologica alle sue richieste sono tutti aspetti della genitorialità che sono mediati da processi biologici. Un fattore considerato “intrapsichico” è il motherese. - Personalità e famiglia di origine Gli aspetti di personalità che favoriscono una genitorialità positiva sono la consapevolezza empatica, la prevedibilità e la disponibilità emotiva, oltre che il senso di autoefficacia ( quando un genitore si sente competente viene rinforzato, e quindi è più motivato ad essere coinvolto in ulteriori interazioni con i propri figli, che a loro volta forniranno ulteriori opportunità per leggere pienamente i loro segnali, in un circolo virtuoso) Inoltre, anche gli atteggiamenti e lo stile di attaccamento della famiglia di origine vengono trasmessi al figlio (essi sono tendenzialmente stabili): le caratteristiche qualitative di sensibilità e responsività, fondamentali aspetti del caregiving, rendono possibile la trasmissione di uno stile di attaccamento sicuro. La sensibilità si riferisce alla capacità del caregiver di leggere i segnali unici del bambino, adattandosi ad essi; la responsività si riferisce alla capacità di rispondere ai segnali in modo appropriato alla situazione e stadio evolutivo in cui il bambino si trova. - Età e fase della vita Dalla ricerca emerge di come le donne che diventano madri in età più precoce (es. madri adolescenti) siano inclini ad un accudimento dei bambini meno favorevole ed abbiano aspettative meno realistiche, rispetto alle madri più “adulte”. - Status socio-economico NdA: ho spostato lo status socio-economico dalle caratteristiche dal contesto a queste, dei genitori. Un fattore chiave nello status socio-economico è il livello di istruzione dei genitori. Questo è un fattore di protezione riguardo alla salute e alle condizioni psicosociali del bambino: i genitori più “studiati” si informano e possiedono più conoscenze riguardo allo sviluppo dei bambini, gli fanno leggere i libri e mangiare tanta verdura. Le caratteristiche del contesto... - Struttura familiare Il principale fattore di cambiamento nella struttura familiare è la nascita di un secondogenito, al quale viene tendenzialmente rivolta un’attenzione minore rispetto al primogenito al momento della nascita. - Cultura Lo ripetiamo: la cultura influenza in maniera molto forte, pervasiva, la genitorialità, nei termini di quanto e come i genitori si prendono cura dei figli: quanto i bambini possono esplorare in libertà, quanto i genitori sono accudenti o restrittivi e quali comportamenti tendono a sostenere. Questo avviene fin dalle prime fasi di vita. Un esempio che abbiamo già fatto riguarda le madri statunitensi e quelle giapponesi: le prime interagiscono col bambino in modo da favorirne assertività fisica e indipendenza, le seconde mirano a rinforzare la cortesia sociale e la dipendenza madre-bambino CAPITOLO 5 Idee e credenze genitoriali Alla base di tutte le idee genitoriali vi è la conoscenza che i genitori hanno rispetto al proprio ruolo. Questa conoscenza include il sapere come ci si prende cura di un bambino, come esso si sviluppa e che ruolo deve avere il genitore stesso; questa conoscenza serve ai genitori, ad esempio, per orientare le proprie pratiche di cura e strutturare l’ambiente del bambino, così come per avere delle aspettative realistiche sul suo sviluppo. Questa conoscenza, lo abbiamo già detto, viene acquisita dalla cultura, mentre alcune credenze e comportamenti più specifici vengono trasmesse di generazione in generazione. Ad esempio, l’uso di tecniche punitive o di aggressività fisica nei nonni viene trasmesso ai nipoti; bambini con genitori che hanno divorziato hanno più probabilità, da adulti, di concludere con un divorzio il proprio matrimonio. Il senso di efficacia parentale percepito è un altro tipo di idea genitoriale che è particolarmente importante in quanto, lo abbiamo già detto, favorisce un maggiore coinvolgimento genitoriale nelle cure e negli sforzi rivolti al bambino. Le aspettative genitoriali circa le tappe di sviluppo sono sempre presenti, anche se inconsce, e condizionano lo sviluppo del bambino, il quale tendenzialmente conferma tali aspettative. Gli stili genitoriali riflettono quelle che sono le idee che i genitori hanno riguardo all’interazione sociale, alla didattica e alla disciplina dei figli, principali ambiti della genitorialità. Tutti e tre gli ambiti sono correlati con conseguenze cognitive e comportamentali nel bambino. Ad esempio, gli scambi interpersonali nella diade madre-bambino, che includono sensibilità, reciprocità ed emotività favoriscono lo sviluppo cognitivo; uno stile troppo incentrato sulla disciplina o troppo poco controllante è risultato produrre effetti negativi. Gli stili genitoriali differiscono da cultura a cultura (es. lo stile educativo “italiano” predilige l’interazione sociale a la poca propensione per la disciplina) e tra status socio-economico (tendenzialmente, genitori con livello socio-economico basso tendono ad essere più disciplinanti). Da diversi studi emerge di come esistano tantissime differenze culturali nelle idee sulla genitorialità; ad esempio, le madri di alcuni paesi si sentono più autoefficaci rispetto a quelle di altri paesi; alcune madri si sentono più coinvolte nella socialità, piuttosto che nella didattica; altre madri attribuiscono i loro successi o insuccessi a se stesse, oppure alle caratteristiche del figlio. Quasi tutte le variazioni nelle idee e credenze genitoriali coincidono con i valori culturali di appartenenza. Per spiegare queste differenze è dunque necessario analizzarne il contesto culturale. Ad esempio, il fatto che le madri italiane si sentano meno coinvolte rispetto a quelle americane, è spiegato dall’idea che le prime hanno circa lo sviluppo del bambino, il quale è considerato “naturale” e non necessita di particolari coinvolgimenti, se non di calore e protezione; al contrario, le madri americane fanno di tutto per stimolare una sua autonomia ed autorealizzazione, coerentemente con i valori americani. Tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare... Nella maggiorparte dei casi*, idee e comportamenti genitoriali non sono concettualmente corrispondenti. Questo è stato osservato per quanto riguarda gli stili genitoriali: madri che dicono di essere più sociali ma che risultano essere più didattiche, col crescere dell’età del bambino, e che quindi senza accorgersene si adattano perfettamente ai suoi bisogni di sviluppo. Il fatto che esistano dei pattern comportamentali comuni, discordanti con le credenze genitoriali, suggerisce l’idea che le credenze possano rispecchiare più i fattori culturali (valori), mentre il comportamento i fattori biologici (universali, intuitivi). *= ovviamente questo non è vero ad esempio per le attitudini autoritarie, che si riflettono in comportamenti disciplinanti, così come per le idee di autoefficacia genitoriale, che si riversano in modo naturale nelle pratiche di accudimento
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