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riassunto GEOCARTOGRAFIA - E. Lavagna, G. Lucarno, Sintesi del corso di Geografia Storica

riassunto del libro GEOCARTOGRAFIA dal capitolo 1 al capitolo 7

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 03/07/2021

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sere9919 🇮🇹

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Scarica riassunto GEOCARTOGRAFIA - E. Lavagna, G. Lucarno e più Sintesi del corso in PDF di Geografia Storica solo su Docsity! GEOCARTOGRAFIA 1. LA TERRA E LA SUA RAPPRESENTAZIONE 1.1 Il concetto di carta geografica ha un campo di diffusione molto vasto. È una rappresentazione “pittorica” della forma della superficie terrestre. È la rappresentazione grafica ridotta, simbolica e approssimata della superficie terrestre su una superficie piana. È ridotta perché non è possibile descrivere la superficie della Terra nelle sue dimensioni reali ma secondo un rapporto determinato detto scala. È simbolica perché tutti gli elementi sono descritti da segni imitativi o convenzionali. Oggi le carte ricorrono a simbologie codificate e difformi dal vero aspetto dell’oggetto da rappresentare. Ogni rappresentazione risulterà sempre approssimata in quanto la superficie sferica della Terra non sarà mai riproducibile con esattezza su un piano. Lo scopo dei modelli matematici è ridurre le imprecisioni conservando le proporzioni tra superfici e distanze e l’invariabilità degli angoli. 1.2 La Terra approssimativamente è una sfera. Nell’antichità ci fu chi, presupponendo la sfericità, tentò di calcolarne la dimensione (Eratostene di Cirene, 39000 km). Durante la rivoluzione francese non si ponevano problemi sulla precisione dei calcoli in quanto si pensava che la Terra fosse perfettamente sferica. In realtà risulta schiacciata in corrispondenza dei poli e rigonfia all’equatore a causa della velocità di rotazione, descrivendo un ellissoide di rotazione, e tagliandolo avremmo un’ellisse con indice di eccentricità pari a circa 1/300. In realtà non ha neanche la forma di un ellissoide, questo perché presenta varie irregolarità dipendenti dai materiali costitutivi; i geodeti gli attribuiscono una forma particolare definita geoide, rigonfio in corrispondenza dei continenti e leggermente depresso in corrispondenza degli oceani. La rappresentazione delle terre emerse è affidata a istituti geografici statali con i relativi servizi cartografici. 1.3 Biunivocità (fra i punti sul terreno e quelli sulla carta) = a ogni punto sul terreno deve corrispondere un solo punto sulla carta e viceversa. Le carte geografiche adottano un sistema di coordinate, ad esempio le carte di media e piccola scala utilizzano quello delle coordinate angolari. Immaginiamo la Terra come una sfera tagliata da un piano nel suo centro. L’intersezione del piano con la superficie sferica determina una linea circolare chiamata circolo massimo, se il piano non passa per il centro, si ottengono dei circoli minori. I circoli massimi: ● Sono i più grandi circoli tracciabili su una sfera; ● Sono infiniti; ● Due distinti si intersecano sempre; ● Ogni punto della superficie sferica è attraversato da infiniti c.m.; ● Uno passante per due punti individua la distanza massima più breve tra due punti. I poli sono l’intersezione dell’asse di rotazione con la superficie della sfera e ogni circolo massimo passante per i poli determina due semicerchi, i meridiani, che, procedendo dal polo verso l’equatore, tendono a distanziarsi. Ogni punto della superficie è attraversato da un solo meridiano. I paralleli sono circoli minori perpendicolari ai meridiani ottenuti intersecando la superficie sferica con piani perpendicolari all’asse di rotazione. Il piano che passa per il centro della sfera (piano equatoriale) determina l’equatore, l’unico parallelo ad essere circolo massimo. La possibilità di costruire un reticolo di meridiani e di paralleli ci può far definire un sistema di coordinate per individuare un punto della superficie terrestre. Da qui, si possono distinguere meridiani e paralleli numerandoli. La latitudine si definisce come il valore angolare dell’arco di meridiano compreso fra il punto e l’equatore ed è espresso in gradi sessagesimali, primi e secondi ed è misurato dall’equatore verso nord o sud (punti dell’equatore latitudine 0, massima latitudine 90°). La longitudine si definisce come il valore angolare dell’arco di parallelo compreso fra quel punto e un meridiano di riferimento, inizialmente era quello passante per l’Isola del Ferro, nelle Canarie (confine del mondo conosciuto), poi ognuno prese in considerazione quello passante per le proprie capitali, anche se quello di riferimento internazionale è quello passante per l’osservatorio di Greenwich (longitudine 0, meridiano opposto 180°). È possibile quindi dare le coordinate di un punto indicando latitudine e longitudine relative ad una coppia di meridiani e paralleli che si intersecano solo in quel punto. La quota di un punto indica l’altitudine rispetto ad un livello di riferimento, quello medio del mare. 1.4 Durante la notte le stelle compiono un’ampia rotazione attorno ad un punto, coincidente con la stella polare nel nostro emisfero boreale. La latitudine è molto importante perché da essa dipende la quantità di energia che ci giunge dal sole, che dipende a sua volta dall’inclinazione dell’asse terrestre (66° 33’) e solo in due giorni all’anno il Sole culmina a 90° sull’equatore, mentre negli altri giorni ciò succede il 21 giugno sul tropico del Cancro e il 22 dicembre sul tropico del Capricorno. I circoli polari artico e antartico sono i due paralleli dove, nel 21 giugno e nel 21-22 dicembre, il Sole sfiora l’orizzonte senza tramontare. La longitudine non ha effetto sul clima ma sul tempo in senso cronologico: se l’ora locale è più tarda rispetto al meridiano 0° (Greenwich o linea del cambiamento di data) la longitudine sarà orientale e viceversa. Correlati ai meridiani sono i fusi orari, compresi tra due meridiani che distano 15° e tutti i punti all’interno dello stesso fuso orario hanno la stessa ora convenzionale, quindi, tra i due meridiani estremi, la differenza è di un’ora solare. Nel suo moto apparente il Sole impiega 4 minuti per percorrere 1° attorno alla Terra. Note le longitudini di due località basterà moltiplicare per 4 minuti le loro differenze in gradi per ottenere la loro differenza di ora solare. Per convenzione i fusi seguono i confini degli stati che li adottano, con grandi scostamenti. Nella realtà geografica è però necessario considerare anche l’altitudine. 1.5 Per i cartografi rappresentare le altitudini è sempre stato un problema. Ora esistono vari metodi: ● Tratteggio = disegno di trattini disposti lungo le linee di massima pendenza; ● Tratto forte = semplice tracciato di linee che indicano la direzione delle catene montuose; ● Sfumo = integrato con lumeggiamento obliquo con le ombre prodotte dal rilievo; ● Curve di livello = curve disegnate dall’intersezione del terreno (isoipse, fondali isobate) con piani paralleli al livello del mare. Viene integrato con le Tinte altimetriche. Si può attribuire un’altitudine compresa tra due curve, ma sarà più approssimato quanto più sarà contenuta l’equidistanza. 2. CENNI DI STORIA DELLA CARTOGRAFIA 2.1 Le rappresentazioni su un piano di porzioni di territori risalgono ad epoche antiche. Sono state ritrovate mappe incise su roccia di 10000 anni fa in Giordania, Ucraina e anche in Val Camonica. Sono state ritrovate anche tavolette in argilla in Medio Oriente del 2400-2200 a.C. o papiri egizi del 1200 a.C. circa. Il primo tentativo di rappresentazione del mondo intero risale al VII secolo a.C. in una tavoletta di argilla babilonese con la Terra a forma di disco circondata da un anello di acqua. La prima rappresentazione dell’ecumene è di Alessandro di Mileto: aveva la forma di un cerchio circondato dall’oceano, con qualche toponimo. Il fondatore della cartografia scientifica è Dicearco di Messina che disegnò il Mediterraneo diviso da una linea orizzontale (diaframma) tra le Colonne d’Ercole e i monti del Tauro. Nel V secolo a.C. esisteva il concetto di sfericità tanto da tentarne la misurazione (Dicearco, Eratostene). La carta di Eratostene rappresentava una porzione di mondo più vasta rispetto agli antichi. Nel mondo greco i progressi ebbero notevoli ricadute ● Conformità o isogonia: gli angoli delle intersezioni sono inalterati sulla carta ma è impossibile rispettare le proporzioni fra le distanze; ● Equidistanza: tutte le distanze sulla carta sono proporzionali alle distanze sul terreno. La proiezione non le avrà mai tutte, per questo devono essere scelte in base all’uso che si fa della carta: le proiezioni equivalenti sono per le carte ad uso didattico, le proiezioni isogone sono per le carte nautiche. 3.2 Le proiezioni prospettiche si ottengono proiettando i punti della superficie sferica su un piano tangente ad esso, a partire da un centro di proiezione. Il piano di proiezione può essere tangente a uno dei poli (proiezione polare), all'equatore (proiezione equatoriale), o in un punto di latitudine intermedia (proiezione obliqua). Il centro di proiezione può essere al centro del globo (proiezione centrografica) sul punto della superficie del globo (proiezione stereografica) o all'infinito (proiezione ortografica). Le proiezioni centrografiche (per carte nautiche e aeronautiche) possono rappresentare la superficie del globo vicino al punto di tangenza e rappresentano tutti i circoli massimi con un segmento di retta. Le rotte ortodromiche subiscono variazioni dell'azimut e quindi si traccia prima l'ortodromica e se ne trasferiscono alcuni punti sulla carta di Mercatore ottenendo una spezzata con le caratteristiche di una lossodromica. Uno dei difetti è che nelle zone lontane dal centro c'è una dilatazione progressiva delle distanze e quindi la proiezione non è né equivalente né equidistante. Nelle proiezioni stereografiche l'errore viene corretto quindi è conforme ma non equivalente. Nelle proiezioni ortografiche i raggi di proiezione producono un errore opposto, quindi la tangenza delle distanze risultano contratte. Le proprietà di equidistanza, equivalenza e isogonia sono accettabili con una buona approssimazione nei punti di tangenza. Tutte queste proiezioni sono azimutali nel senso che le varie direzioni conservano gli azimut reali rispetto al punto di tangenza e ne consegue che tutti i cerchi massimi che vi passano figurano come rette. Esistono rappresentazioni che si ottengono solo applicando algoritmi matematici che riducono le alterazioni spaziali (azimutale equidistante polare). Con questo tipo di proiezione si possono collocare anche paralleli dell’altro emisfero o il polo opposto. Nella proiezione azimutale equivalente polare i paralleli attorno al centro della carta sono cerchi con raggio corrispondente alle rispettive corde. 3.3 Nelle proiezioni per sviluppo si avvolge il globo in un cilindro, o cono, proiettando il reticolo sulle superfici. Nelle proiezioni cilindriche le maglie del reticolo sono rettangolari e più ci si allontana dal circolo di tangenza più si dilatano le aree, quindi le distanze tra i paralleli risulterà in aumento o diminuzione. Questa proiezione comporta un crescente aumento della spaziatura tra i paralleli verso il polo. Una sua varietà modificata è quella di Mercatore in cui i gradi di meridiano sono allungati nella stessa misura di quelli si parallelo e uno dei suoi pregi è quello della isogonicità (rappresentare tratti della curva lossodromica come segmenti di retta). Se il cilindro è tangente lungo un meridiano la proiezione si dice trasversa. Nelle proiezioni coniche i paralleli sono rappresentati da archi di cerchi e i meridiani sono rette convergenti verso il vertice del cono (meridiani e paralleli formano maglie trapezoidali). Questa proiezione consente l’adeguata rappresentazione di un solo emisfero alla volta. entrambe le proiezioni conservano l’equidistanza solo in corrispondenza della linea di tangenza. Nelle proiezioni secanti il foglio risulta secante la superficie sferica (lungo due paralleli) e tutta la rappresentazione cartografica fra essi compresa è a scala costante quindi sono equidistanti. All’esterno le distanze si dilatano progressivamente. 3.4 Oltre queste tipo di proiezioni, molto usate sono le proiezioni convenzionali. La proiezione pseudocilindrica di Mollweide è utilizzata per creare planisferi con aree equivalenti. La proiezione cilindrica piana rettangolare è una costruzione geometrica in cui le maglie del reticolato sono rettangolari con una delle dimensioni corrispondente alla reale misura e a latitudine più bassa le zone sono sottodimensionate e viceversa. La cilindrica modificata di Mercatore è utilizzata per rappresentare l’intera superficie terrestre e gli archi di meridiano compresi tra due paralleli vengono allungati nella stessa proporzione in cui aumentano nella realtà gli archi di parallelo. Arno Peters ha proposto una diversa modifica per ridurre la distanza tra i paralleli man mano che aumentano le latitudini producendo una carta equivalente ma tutt’altro che conforme ed equidistante. La proiezione interrotta di Goode ha il vantaggio dell’equivalenza e della conformità questo perché interrompe la carta in corrispondenza degli oceani essendo la carta usata per scopi economici - politici. Le proiezioni utilizzate dall’Istituto Geografico Militare sono:  Poliedrica o policentrica: di Sanson – Flamsteed. Ogni folgio della carta è una faccia trapezoidale del poliedro, tangente alla sfera terrestre nei centri delle rappresentazioni cartografiche di ogni foglio;  Cilindrica trasversa: di Gauss. Si proietta la superficie terrestre su quella laterale di cilindri tangenti alla sfera terrestre lungo un meridiano e distanziati tra loro di 6°. Ne deriva una serie di 60 spicchi o fusi inseriti in un sistema noto come UTM. Nell’UTM si traccia sulla carta un reticolato cartesiano in cui in ordinata figurano le distanze dall’equatore e in ascissa quelle dal meridiano di tangenza del cilindro. 3.5 La scelta di un tipo di proiezione può dipendere dal contenuto della carta e dal tipo di riflessioni e confronti che ne derivano. Un altro fattore da considerare è la posizione sulla superficie del territorio da rappresentare (poli, equatore, …). In qualche caso può essere rilevante anche la scelta del centro della proiezione stessa. 4. TIPI DI CARTE 4.1 La scala è definita come un rapporto tra la distanza grafica e quella reale e viene espressa da un numero “puro”. Vengono di stinte in:  Scala numerica: indicata con una frazione che indica il rapporto di riduzione. Il numeratore è sempre l’unità e il denominatore è un numero che indica di quanto deve essere moltiplicata la distanza grafica;  Scala grafica: rappresentata da segmenti rettilinei sui quali è indicato il valore della corrispondente distanza reale sul terreno. Quanto più il denominatore del rapporto di scala è grande, tanto più la scala diventa piccola e più ridotta è la rappresentazione dei dettagli sul terreno. La superficie territoriale rappresentata varia quindi in funzione del quadrato della variazione del rapporto di scala. Le grandi scale sono utilizzate per una lettura di dettaglio mentre le piccole scale consento la rappresentazione di grandi superfici. Nel caso di carte a piccola scala, in base alla proiezione usata, i rapporti possono variare nelle zone lontane dal centro delle proiezioni e la scala indicata è valida solo nelle aree nelle quali l’equidistanza si conserva meglio. La scala è un criterio per classificare e denominare varie tipologie di carte geografiche:  Mappamondi o planisferi: (scala da 1:100 000 000 a 1:5 000 000) rappresentano l’intera superficie terrestre. Rendono l’ordine di grandezza delle distanze fra i continenti riportando solo alcuni dei maggiori elementi fisici. Utili per fini didattici. I mappamondi vengono confusi con i globi, che forniscono una rappresentazione senza errori di approssimazione perché su superficie sferica;  Carte generali: (scala da 1:5 000 000 a 1:1 000 000) rappresentano un continente o parti di esso e sono visibili i maggiori particolari fisici, grandi vie di comunicazione, città grandi e medie. Utili per scopi turistici;  Carte corografiche: (scala da 1:1 000 000 a 1:200 000) rappresentano parti estese di uno stato o di una regione con un maggior numero di centri abitati e quasi tutta la rete stradale percorribile con mezzi ordinari. Utili per spostamenti in ambito reginale;  Carte topografiche: (scala da 1:200 000 a 1:10 000) rappresentano le costruzioni all’interno e all’esterno di un centro abitato. Si apprezzano di più i dettagli e la viabilità minore. Utili per scopi escursionistici e militari;  Mappe catastali: (scala da 1:10 000 a 1:1000) rappresentano una parte molto limitata di territorio. Utili per scopi fiscali e censimenti delle unità immobiliari;  Piante: (scala maggiore di 1:1000) rappresentano la distribuzione degli edifici nei centri abitati e i loro particolari interni. 4.2 Le carte geografiche possono essere classificate anche in base alla loro funzione ed utilizzo e la cartografia tematica, studiando la migliore rappresentazione di un fenomeno che si evolve o si distribuisce sul territorio. Le più diffuse sono:  Fisiche: evidenziano le caratteristiche fisiche del territorio;  Idrografiche, marine e nautiche: rappresentano le superfici marine, la profondità dei fondali, le caratteristiche idrologiche, l’andamento costiero e le strutture per la navigazione;  Geologiche: rilevano la natura geologica del terreno con la tipologia delle rocce e la loro età;  Geomorfologiche: studiano la conformazione attuale della superficie terrestre e i fenomeni che l’hanno modellata;  Climatiche: individuano regioni aventi le stesse caratteristiche climatiche;  Meteorologiche: evidenziano la localizzazione e lo sviluppo dei fenomeni meteorologici;  Antropiche: trattano fenomeni legati alla presenza e alle attività dell’uomo;  Storiche: rappresentano un territorio nelle condizioni del suo passato;  Stradali e ferroviarie: rappresentano le vie di comunicazione terrestri;  Dell’utilizzazione del suolo: indicazione le trasformazioni di un terreno agricolo, di allevamento o sfruttamento forestale;  Industriali e minerarie: indicano i siti di produzione industriale e di estrazione mineraria. La scelta della carta viene fatta in base alle esigenze di studio ed elaborazione. 4.3 Le carte geologiche e geomorfologiche hanno bisogno di competenze specifiche per essere lette. Una carta geologica è rappresentata da una base geografica o topografica di scala appropriata su cui viene riportata la distribuzione delle formazioni rocciose ed evidenziarne le sue caratteristiche tramite una particolare simbologia. Se la scala è abbastanza grande, vengono evidenziate le risorse minerarie anche nel sottosuolo. La Carta Geologica d’Italia viene editata con una scala di 1:100 000 ed è compilata dal Servizio Geologico d’Italia. I fogli della carta geologica presentano dei colori che stanno ad indicare il particolare tipo di formazione rocciosa presente in quel punto, colori indicati in una specifica legenda ai margini della carta. Non riuscendo a tenere conto di ogni minima differenza fisica, le formazioni rocciose sono raggruppate per gruppi omogenei. Nella legenda solitamente in alto a sinistra si trovano le rocce più recenti e in basso a destra quelle più antiche, con l’indicazione dell’era e del periodo geologico, la descrizione della roccia, la composizione mineralogica, la forma, il colore, l’aspetto, micro o macro-fossili (è facile notare che le rocce che affiorano nei fondi valle sono più antiche di quelle sovrastanti, prossime alla sommità delle montagne). Ogni colore viene contrassegnato da un indice alfanumerico a causa della gamma molto ampia e dei colori molto simili tra loro. La legenda riporta anche la simbologia convenzionale specifica di questo tipo di carte, e altre importanti indicazioni. In colore rosso, tramite linee continue o tratteggiate vengono indicate direzione, immersione e inclinazione degli strati, riferendosi a formazioni di rocce sedimentarie. Dello proiezione cilindrica trasversa di Gauss-Mercatore (avvolgere l’ellissoide con un cilindro tangente ad un meridiano); l’Italia è compresa tra due fusi, per questo si è dovuta utilizzare la proiezione stereografica polare. La proiezione di Gauss venne adattata da Giovanni Boaga per alle esigenze di rappresentazione dell’Italia (si immaginò di proiettare la sua superficie su quella laterale di due cilindri tangenti ai meridiani 9° est e 15° est); la precisa individuazione dei punti poteva essere effettuata tramite un reticolato cartesiano con asse delle ascisse all’equatore e asse delle ordinate al meridiano di tangenza. Anche la cartografia nazionale venne poi inserita nella rete mondiale realizzata in proiezione trasversa di Gauss-Mercatore. I due fusi dell’Italia sono il 32 e 33 e ogni fuso è suddiviso in fasce ampie 8 gradi in latitudine; ogni zona è divisa in quadrati di 100km di lato. Poi la quadrettatura chilometrica è stata sovrastampata alla carta per facilitare l’individuazione di un punto con il coordinatometro. La coincidenza delle coordinate del sistema Gauss-Boaga non è perfetta, inoltre al meridiano centrale di ogni fuso si attribuisce il valore convenzionale 500 con aumento e diminuzione di una unità a km. 5.2 L’IGM dal 1970 ha iniziato a pubblicare una nuova carta ricavata dai rilievi areofotogrammetrici integrati da quelli di campagna al 25000. Si adegua al nuovo modello di carta del mondo al milionesimo che ha 636 fogli al 50000; ogni foglio copre una superficie molto maggiore di quella di un vecchio quadrate, è a colori ed ha una rete di coordinate leggermente diversa. È possibile anche riferirsi alle vecchie coordinate avendo però maggiore completezza e approssimazione al metro. Venne scelta la scala 1:50000 al posto della tavoletta, che serviva per muoversi su tragitta da percorrere a piedi e era molto utile per gli studi sull’agricoltura. La realtà attuale riduce l’utilizzo di una scala come quella al 25000 ma una carta del genere è in corso di realizzazione col nome di sezione (prima riservato a scale di 10000; produzione procede lentamente). Esiste una produzione cartografica di recente realizzazione con scala 1:25000 e maggiori per ogni area italiana, acquisendo anche con l’aiuto dell’IGM, la realizzazione di idonei supporti cartografici. 5.3 La produzione dell’IGM è molto varia e comprende anche le riproduzioni di carte antiche. Le più importanti sono le edizioni delle serie topografiche, corografiche e geografiche:  Carta “Il Mondo” serie 1000: carta geografica dell’Italia a scala 1:1000000, in 6 fogli con 6° longitudine e 4° latitudine, realizzata con proiezione policonica modificata;  Carta “Il Mondo” serie 500: carta corografica a scala 1:500000, in 14 fogli con 4° longitudine e 2° latitudine, deriva dalla proiezione conica conforme di Lambert (con meridiano di Greenwich);  Carta “Il Mondo” serie 250: in 39 fogli a scala 1:250000, a uso aeronautico (quote in piedi);  Carta d’Italia serie 250: in 15 fogli a scala 1:250000, deriva dalla proiezione cilindrica conforme di Gauss-Boaga (meridiano di G.), un foglio comprende una o due regioni;  Carta topografica d’Italia serie 100/V e 100/L: in 178 fogli numerati e denominati con un toponimo importante, due edizioni a scala 1:100000, descrive nel particolare l’orografia e i particolari topografici più importanti, deriva dai rilievi a scala 1:25000, inquadrata nella proiezione conforme di Gauss-Boaga;  Carta topografica d’Italia serie 50 e 50/L: in 636 fogli a scala 1:50000 con 20’ longitudine e 12’ latitudine, in proiezione cilindrica conforme (sistema UTM), deriva dai rilievi a scala 1:25000;  Carta topografica d’Italia serie 25/V: in 3545 tavolette a scala 1:25000 (molti particolari), realizzata con la proiezione conforme di Gauss-Boaga, l’orografia è a solo curve di livello, vengono riportati i confini amministrativi comunali;  Sezioni al 25000: inquadrate nei fogli della nuova carta al 50000, con 10’ longitudine e 6’ latitudine;  Spaziocarte serie 50/S: inquadrate al 50000in rappresentazione UTM, con 20’ longitudine e 12’ latitudine, ricavate dai sensori sui satelliti Spot, sono riportate quadrettature chilometriche e toponomastica dei principali centri abitati, destinate a coprire aree non dotate di carta al 50000. L’Istituto inoltre realizza foto aeree e fornisce ai produttori privati di carte e alle regioni dati numerici. 5.4 Per quanto riguarda le spaziocarte bisogna considerare le nuove tecniche di rilevamento a distanza, o telerilevamento. Inizialmente venivano utilizzati aerostati o aerei per fotografare dall’alto terreni accidentati. L’aerofotogrammetria (già dagli anni 20) è stata molto usata ma, dagli anni 70 venne superata dall’utilizzo del telerilevamento con i satelliti artificiali che forniscono immagini ad altissima risoluzione. I satelliti sono dotati di sensori in grado di percepire e trasmettere i segnali delle onde elettromagnetiche riflesse dagli oggetti della superficie terrestre e quindi percepiscono anche altri tipi di onde come quelle ultraviolette, le infrarosse e le microonde. Le immagini multispettrali registrano diverse sezioni dello spettro con uno o più sensori. Quando i segnali vengono decodificati possono produrre false immagini a colori in grado di evidenziare alcune caratteristiche del terreno. Ci sono vari tipi di satelliti. I satelliti geostazionari ruotano alla stessa velocità di rotazione della Terra e sono molto lontani dalla superficie, in modo da abbracciare una zona vasta, ma non sono molto utili alla cartografia. I satelliti a orbita eliosincrona ruotano a quota molto più bassa, compiono diverse rotazioni al giorno passando su luoghi diversi e sono molto utili alla cartografia perché forniscono immagini del territorio ad alta risoluzione. Anche l’Italia partecipa ai progetti più avanzati di telerilevamento con l’Agenzia Spaziale Europea, in cui opera la società Telespazio. I dati si telerilevamento possono essere digitalizzati in vari formati: quello vettoriale che consta di punti, linee e poligoni (che corrispondono a determinate caratteristiche) memorizzati in base alle coordinate geografiche, e quello raster che consta di una griglia di unità elementari (pixel) e produce immagini e carte tanto più precise quanto più numerosi sono i pixel per unità di superficie. L’IGM ha in catalogo un gran numero di dati georeferenziati. Tutti questi dati sono indispensabili per la realizzazione di GIS, molto utili nella ricerca e nelle pubbliche amministrazioni. 5.5 Per quanto riguarda la copertura cartografica con le nuove sezioni 25000 e con i nuovi fogli al 50000 per alcune zone d’Italia, l’IGM fornisce vecchi prodotti cartografici dei quali però è cessata la produzione. Per la cartografia a grande scala provvedono le regioni, sia con carte tecniche al 5000 e al 10000, sia con carte tematiche relative alle competenze regionali per agricoltura e ambiente. Tutte le regioni fanno riferimento per il taglio delle loro carte a quello delle nuove produzioni dell’IGM al 50000. Ad esempio la Liguria ha prodotto una carta regionale al 50000 e al 25000 (1990-1994), per le scale più grandi hanno delle carte tecniche al 5000 e al 1000 (1977-1982). Anche tutte le altre regioni dispongo di carte simili. 6 SIMBOLOGIA E TOPONOMASTICA 6.1 Dopo l’ultimazione della carta, c’è il lavoro del topografo che si occupa di determinare la posizione degli elementi presenti sul terreno, umani e naturali, che vengono rappresentati per mezzo di simboli dopo un’attenta selezione da cui emergono solo quelli veramente importanti. La simbologia è formata da un insieme di segni convenzionali, cui si associa un preciso significato. Solitamente si fa una legenda, ma la conoscenza di questi simboli permette una più facile lettura e comprensione della carta e del territorio. Per questo le rappresentazioni convenzionali devono essere chiare e leggibili, evitando di eccedere nell’inserire i segni. Bisogna ricordare che ciò che c’è sulla carta corrisponde a quanto il topografo ha rinvenuto all’epoca del rilevamento e che riporta opere umane già presenti e non quelle in fase di progetto, per questo bisogna sempre procurarsi delle edizioni aggiornate. La toponomastica usata è conforme a quella effettivamente esistente e usata dagli abitanti del luogo. 6.2 Gli elementi fisici più caratterizzanti sono quelli dell’orografia, che descrive la distribuzione e la conformazione dei rilievi (fornisce utili elementi per la determinazione del paesaggio, della morfologia, della conformazione geologica e punti di riferimento), e dell’idrografia, che tratta la configurazione delle reti idriche e degli specchi d’acqua (sono in funzione della conformazione del rilievo). Per la descrizione dell’altimetria si utilizzano le curve di livello o isoipse, definite come il luogo dei punti della superficie terrestre aventi la stessa quota altimetrica rispetto al livello del mare (consente di visualizzare il terreno tridimensionalmente). L’equidistanza è sempre indicata a margine delle mappe ed è la differenza di quota tra due isoipse consecutive. L’intervallo è la distanza planimetrica tra due isoipse continue; il loro infittimento potrebbe essere eccessivo e renderebbe difficile la lettura per questo si deve sempre fare una corretta scelta dell’equidistanza. Le curve di livello si distinguono in curve direttrici (con tratto più spesso) e curve intermedie (con tratto più fino), che hanno lo scopo di facilitare la lettura e seguire l’andamento delle curve senza confondersi (in genere hanno equidistanza di 25m, ogni tre c.i. c’è una c.d.) e consentono di determinare la quota dei punti compresi fra due curve adiacenti ma, a volte, l’andamento irregolare del terreno non consente un’attendibile quotatura dei punti compresi tra le isoipse con il metodo dell’interpolazione. Però, le curve ausiliarie servono a descrivere meglio queste irregolarità: curve distanziate indicano un terreno con modesta pendenza, curve chiuse concentriche indicano la sommità di colline o monti, una sola curva chiusa o più concentriche indicano una depressione o un avvallamento, ma anche delle doline carsiche, con l’aggiunta del segno «-» o contrassegnate da piccoli cunei adiacenti alla linea sul alto diretto verso il fondo della depressione. La percezione tridimensionale può essere facilitata dallo sfumo a lumeggiamento obliquo che rende l’idea delle ombre proiettate dal rilievo, illuminato in direzione NO-SE. La quota delle isoipse non viene indicata ma si deduce da quelle dei punti quotati inseriti fra esse. Le quote vengono riferite al suolo a meno delle “curve di livellazione di precisione” misurate su piastre di rilevamento topografico. I punti trigonometrici (usati per compiere rilevamenti) sono indicati con un piccolo triangolo equilatero e sono quotati, ma non sempre corrispondo ad elementi ben visibili del terreno. La quota topografica viene indicata con un puntino e per gli altri punti non quotati va fatta la valutazione approssimativa dell’altitudine, in riferimento agli elementi già quotati più vicini e con strumentazione apposita (altimetro). Per altre forme di rilievo vengono usate altre simbologie che rendono meglio l’andamento del terreno (es. le dune vengono disegnate con un insieme di puntini). Per i versanti più ripidi l’infittimento o la sovrapposizione delle isoipse può rendere confuso il disegno e vengono sostituite con disegni imitativi. L’idrografia viene descritta dalle linee di impluvio che separano falde del rilievo appartenenti a versanti opposti e percorsi da corsi d’acqua più o meno permanenti. Le carte topografiche forniscono una descrizione quasi completa dei corsi più piccoli. La linea di impluvio dei ruscelli è punteggiata se il letto è quasi asciutto e tratteggiata se l’acqua scorre solo in precisi periodi dell’anno. I fossi di pianura sono rappresentati con tratto continuo. I corsi più grandi si indicano con doppia linea, che comincia d essere in scala quando l’alveo supera la larghezza dei 20m. La direzione del flusso si indica con una freccia al centro dell’alveo solo per i corsi a lieve pendenza ma, solitamente, la direzione deve essere dedotta confrontando la conformazione delle curve di livello. Le sponde variabili sono quelle in cui l’assenza di una scarpata non permette la delimitazione precisa del letto del fiume e sono disegnate interrompendo la linea continua e indicando in grigio la vegetazione di acquitrino o sabbia. Per le isole variabili la rappresentazione fa riferimento allo stato reale del territorio al momento del rilevamento. Simboli particolari si riferiscono ai terreni paludosi ma non agli specchi d’acqua libera, che sono disegnati come i laghi. I corsi d’acqua ripidi si considerano stabili per il tempo di vita medio di una cartina mentre i fiumi di pianura subiscono periodiche variazioni dell’alveo. I pozzi, sorgenti, cisterne, fontane, abbeveratoi e acquedotti sono riportati solo se facilmente riconoscibili sul terreno. 6.3 L’ago della bussola punta costantemente verso il polo nord magnetico, che non corrisponde al polo nord geografico, situato nella Terra di Ellesmere in Canada, mentre quello sud è situato alla Terra di Wilkes in Antartide. La posizione dei poli magnetici non rimane fissa nel tempo ma cambia continuamente sulla superficie, spostandosi anche di 10km all’anno, quindi le linee di forza tendono a variare lentamente la loro direzione nel corso degli anni. 7.2 L’ago della bussola non coincide con il nord geografico quindi bisogna stabilire se questa differenza sia determinabile con precisione punto per punto sulla superficie terrestre. L’angolo di scostamento è detto di declinazione magnetica. Nelle tavolette a scala 1:25000 dell’IGM è indicata in margine alla carta con la rappresentazione dell’angolo, che ai due lati presenta le lettere N (nord geografico) e Nm (nord magnetico). Se Nm è a sinistra di N, si è in presenza di un angolo di declinazione occidentale (viceversa, orientale). Il valore dell’angolo di declinazione (δ) è indicato in gradi sessagesimali e in gradi millesimali. In margine è ) è indicato in gradi sessagesimali e in gradi millesimali. In margine è riportata anche la data del rilevamento del campo magnetico. Vicino viene riportata anche la variazione annuale dell’angolo di declinazione e l’insieme di queste informazioni permette di calcolare l’angolo attuale di declinazione magnetica. Sempre a margine viene riportato un quadro d’unione che simboleggia la tavoletta e le altre che la circondano, attraversate da linee di isogonia (linee che congiungono punti con lo stesso angolo di declinazione) che non devono essere confuse con le linee del campo di forza. Il principio descrittivo del campo magnetico è simile a quello delle isoipse. Due linee isogoniche contigue differiscono di un piccolo valore costante e un punto a metà delle due avrà un angolo di declinazione compreso tra quelli delle due linee. Quindi, la determinazione dell’angolo di declinazione magnetica va fatta prima di orientare la carta con la bussola. Per trovare un punto qualsiasi del terreno sulla carta (ad esempio B partendo dal punto A) con l’aiuto di un goniometro bisogna calcolare l’azimut del punto B, ovvero il valore dell’angolo formato dalla direzione del nord geografico e quella della retta AB. Il problema contrario è l’identificare sulla carta un punto topografico visibile dal punto di stazionamento, dopo averne calcolato l’azimut con la bussola: al valore dell’azimut magnetico va sottratto l’angolo di declinazione, calcolando così un azimut geografico (questo se la declinazione è a ovest, se è ad est bisogna sommare). L’utilizzo di uno strumento semplice come la bussola in realtà permette di raggiungere punti invisibili dal punto di stazionamento. Nel margine delle carte topografiche, nella rappresentazione dell’angolo, è presente un terzo segmento che viene indicato con le lettere Nr, ovvero il nord reticolato, e l’angolo compreso tra Nr e N è indicato con la lettera γ. La direzione del Nr corrisponde a quella delle linee subverticali del reticolato chilometrico che si discosta da quella dei meridiani. L’angolo γ non muta nel tempo e una maglia verticale del reticolato è sempre disponibile nelle vicinanze del punto. La determinazione dell’azimut di un punto rispetto al nord reticolato differirà da quello rispetto al nord geografico. 7.3 La bussola può misurare piccole fluttuazioni del campo magnetico e subisce l’influsso della presenza di altre fonti magnetiche come, ad esempio, le condutture in continua tensione percorse da forti correnti che possono deviare l’ago anche di 180°. Vi sono delle vere e proprie zone che impossibilitano l’utilizzo della bussola, definite zone di anomalia magnetica. Il fascio delle linee di forza del campo magnetico terrestre può assumere un andamento sinuoso non descrivibile dovuto alla presenza nel sottosuolo di minerale ferromagnetico. 7.4 In assenza di una bussola, non bisognerebbe ricorrere a metodi empirici poco attendibili (es. muschio su lato settentrionale di un albero, molto margine d’errore). Un metodo più o meno attendibile è quello dell’orologio analogico riferito alla posizione del sole. Il sole a mezzogiorno si trova verso il sud geografico, da qui si deve orientare la lancetta delle ore verso il sole e potrà essere usato come quadrante di una bussola. Sole e lancetta delle ore hanno in comune il loro ruotare in senso orario, ma la lancetta ha una velocità angolare doppia (compie due giri in 24 ore). Infatti, la traiettoria del sole descrive un angolo pari alla metà di quello percorso dalla lancetta delle ore. Questo metodo è applicabile solo nelle ore diurne e si basa sulla esatta conoscenza dell’ora solare locale, infatti bisogna sempre tenere presente che durante l’adozione estiva dell’ora legale corrisponde ad uno scostamento di 15° dell’angolo solare. Inoltre, l’ora nazionale è in realtà l’ora media del fuso che, in Italia, è centrato sul meridiano 15° est: quando l’orologio segna mezzogiorno, in realtà il sole si trova a sud solo nei territori posti su quel meridiano. In alcuni casi quindi l’errore provocato da un’inesatta valutazione dell’ora locale è dell’ordine di grandezza dell’errore indotto dalla lettura degli angoli a mezzo del quadrante dell’orologio. Un altro problema riguarda l’equazione del tempo, ovvero, la velocità angolare del sole non è costante, ma subisce variazioni stagionali: in determinati periodi dell’anno il sole può passare in anticipo o ritardo della posizione relativa all’ora locale e questo lasso di tempo si calcola con l’equazione detta analemma. L’entità dello scostamento è limitata (errore massimo di 16 minuti). Considerando tutti questi fattori però un’accettabile orientamento (anche se con approssimazione inferiore rispetto a bussola). 7.5 La capacità di utilizzare una carta da una conoscenza approssimata della propria posizione, confrontandola con gli elementi del territorio incontrati. Ma per conoscere l’esatta posizione del punto di stazionamento per calcolarne l’azimut rispetto al punto che si deve raggiungere, si devono conoscere altri metodi. Ad esempio, trovandosi in punto A, si deve raggiungere il punto B e sono collegati da un percorso lungo e tortuoso. Si può decidere di raggiungerlo tramite un percorso rettilineo AB e se B non è visibile ad A, per determinare la direzione giusta si calcola sulla carta il suo azimut rispetto ad A. la direzione si determina puntando la bussola in modo da leggere un angolo pari all’azimut calcolato sulla carta, corretto aggiungendo o togliendo l’angolo locale di declinazione magnetica. Se però il punto A non si trova vicino ad un riferimento topografico ben definito e il punto B non è visibile, è impossibile calcolare l’azimut di B, ma si può calcolare la posizione di A se, da esso, ci sono altri due punti topografici noti (C e D), dei quali si deve calcolare l’azimut con la bussola e si devono collegare al punto A tramite rette. i punti del segmento CA avranno tutti lo stesso azimut, come quelli del segmento DA (CA ≠ DA). Conoscendo ora la posizione di A si potrà calcolare l’azimut geografico di qualsiasi punto visibile e non. Per individuare un punto, quando la posizione deve essere comunicata chiaramente, è importante utilizzare una sequenza numerica di 8 cifre, a volte preceduta da un codice alfanumerico della zona. Il reticolato UTM delle nuove sezioni non corrisponde a quello italiano in proiezione Gauss-Boaga, ma si può far riferire ad esso in quanto in una tabella a margine sono indicate le coordinate dei vertici della carta secondo tale reticolato. 7.6 Chi legge una carta è in grado di dare una descrizione sommaria del terreno e di individuarne le caratteristiche salienti. L’aspetto generale di un territorio è decritto dalle isoipse e dai segni grafici che descrivono la presenza di vari elementi. Le forme fondamentali del profilo altimetrico di un territorio sono la pianura, le valli e le sommità montuose: questi elementi consentono di riconoscere altrettanti tipi di paesaggio naturale, infatti, l’analisi di una carta topografica a grande scala parte dal riconoscimento dei tratti morfologici della regione rappresentata. Un bacino imbrifero (o idrografico) è la porzione di territorio in cui tutte le acque di scorrimento superficiale confluiscono in un corso d’acqua (hanno una forma irregolare tipo foglia). Importanti per questi sono le linee displuviali (spartiacque) che separano due bacini adiacenti. Una displuviale che scende da una cima verso un valico o un fondovalle, interseca perpendicolarmente le isoipse nel punto di loro massima curvatura (difficile avere uno spartiacque in un terreno pianeggiante). Per capire l’estensione un bacino imbrifero occorre confrontarlo con altre figure di riferimento. Nelle tavolette, nelle quali troviamo il reticolato chilometrico, si può contare il numero di quadrati di un chilometro di lato contenuti all’interno di un bacino per avere una valutazione approssimata in chilometri. 7.7 Da qui si inizia la lettura del paesaggio umanizzato, nel quale si devono individuare la presenza di centri abitati, valutarne la concentrazione o dispersione nel territorio riconoscendo i motivi che hanno determinato quel tipo di struttura urbana. Individuare reti stradali e ferroviarie è importante per capire che tipo di economia caratterizza e caratterizzava prima il territorio, così tracciando in definitiva una gerarchizzazione dei centri urbani nella rete di comunicazioni. La lettura di altri simboli topografici permettono di completare il quadro macroeconomico dell’area, consentendo una prima classificazione in base al grado di antropizzazione del paesaggio. La carta è in grado di fornire anche una sintesi di insieme, potendo riportare nuove simbologie convenzionali per descrivere meglio i fenomeni. 7.8 Per calcolare la distanza reale in linea d’aria tra due punti bisogna moltiplicare la distanza grafica, che si definisce G, per il denominatore del rapporto di scala, definito s, mentre la distanza reale è R. R = G × s; G = R/s; s = R/G Le formule determinano una delle variabili quando sono note le altre due; la formula 2 ad esempio è utile prima di costruire una carta in cui ci si chiede quali dimensioni dovrà avere il foglio per contenere un territorio di notevoli dimensioni. Il problema più ricorrente è quello di determinar la distanza reale. La conversione fra unità di misura lineari si può superare confrontando direttamente la distanza grafica “rilevata con il righello” con la scala grafica eventualmente riportata in calce alla carta, ovvero con lo scalino, righello graduato che riporta le distanze già tradotte in metri o chilometri. La conoscenza delle coordinate chilometriche dei punti consente l’applicazione di una formula della geometria analitica: x e y coordinate di P, x’ e y’ coordinate di P’ d = √ (x – x’)2 + (y – y’)2 ovviamente è valida per i punti situati all’interno dello stesso quadrato di 100 chilometri di lato, più complesso è per i punti situati all’interno di quadrati diversi. La formula comunque discende dal teorema di Pitagora, in cui d è l’ipotenusa di un triangolo rettangolo. La carta topografica è la rappresentazione di punti spesso situati a quote diverse, quindi la distanza grafica sulla carta è una distanza planimetrica riferita alla proiezione della distanza reale su un piano orizzontale. Se identifichiamo d come la distanza planimetrica e h la differenza di quota tra i due punti possiamo ricavare la loro distanza effettiva D D = √ (d2 + h2) Più in generale, dette q e q’ le quote dei punti P e P’ si possono combinare le ultime due formule. D = √ (x – x’)2 + (y – y’)2 + (q – q’)2 La valutazione della differenza in quota non può essere trascurata quando essa sia dello stesso ordine di grandezza della distanza planimetrica fra i punti. Si tiene conto della differenza di quota solo quando la pendenza della retta congiungente i due punti assume una certa rilevanza. È più frequente il problema di valutare le distanze non rettilinee. In tal caso si può approssimare la linea curva a una spezzata, in seguito si sommeranno le lunghezze dei vari segmenti. Il tracciato spezzato si può misurare con un balaustrino che
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