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Riassunto Geografia e Antropocene a cura di Cristiano Giorda, Schemi e mappe concettuali di Geografia

Riassunto completo e dettagliato, con alcune immagini, della monografia

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 06/06/2022

cignoaffidabile
cignoaffidabile 🇮🇹

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Scarica Riassunto Geografia e Antropocene a cura di Cristiano Giorda e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Geografia solo su Docsity! Geografia e antropocene. Uomo, ambiente, educazione A cura di Cristiano Giorda Cap.1 - Piccolo lessico per una scrittura geografica dell’Antropocene ● Addomesticazione “Lo spazio geografico include sempre l’uomo come attore e come spettatore, come essere emozionale, produttore di poetiche, come fruitore e trasformatore”: il concetto di addomesticazione, che è reciproco, porta con sé anche la cura e il legame emozionale, e l’Antropocene esprime il timore di mettere a rischio la natura, la stessa che ci ha accolti. Il geografo ascolta la percezione del mondo, raccoglie impressioni del senso del luogo dalle voci e dagli occhi delle persone che lo vivono. ● Cambiamento Luoghi, risorse, politica, clima, economia, società dell’Antropocene sono in continua evoluzione, e ogni descrizione geografica è attuale solo se disegna un processo, un movimento. ● Velocità L’Antropocene è l’era di un mondo che cambia, ma che lo fa con una straordinaria accelerazione. ● Sfida ● Crisi La necessità è riportare i cambiamenti a scale intermedie e locali, decostruendo la loro connotazione globale approssimata. ● Capitalocene Idea di J. Moore (2017) che risente delle posizioni di Harvey, da intendere più come una provocazione, e come tentativo di pensare la crisi ecologica dando maggiore risalto alla dialettica tra natura e società, rispetto a quella tra natura e uomo. ● Clima A connotare l’Olocene è stato soprattutto il clima, grazie ad una fase interglaciale stabile che ha sviluppato le condizioni favorevoli per l’evoluzione umana. Esso, inoltre, si sta rivelando uno dei fattori geografici più mutevoli e dal maggiore impatto sui processi di territorializzazione, e non può più essere visto come un semplice fattore naturale, dato che è sempre più legato all’azione umana. ● Conflitti Gli studi sull’Antropocene hanno sempre trascurato la geopolitica e la geografia politica, ma dato che il cambiamento climatico e la gestione delle risorse saranno sempre più legati all’insorgenza di nuovi conflitti e movimenti di popolazioni, sarebbe sicuramente un interessante campo di analisi. ● Controllo L’Antropocene sembra affermare che l'uomo abbia perso il controllo della natura, però, allo stesso tempo, sembra voler dire che esso, attraverso il progresso tecnologico accompagnato da un cambiamento delle coscienze, possa porre rimedio ai danni già compiuti. ● Educazione Pensare geograficamente l’Antropocene passa dalla capacità di territorializzarlo, solo così l’educazione geografica può orientare il futuro della vita sul pianeta, stimolando una partecipazione attiva. ● Energia L’Antropocene spinge a rivedere il ruolo dell’energia nella storia da un punto di vista ecologico, dato che ogni forma di territorializzazione è legata ai modi di aumentare l’energia. Oggi, però, la liberazione di energia che si è accumulata nei combustibili fossili è anche la causa del riscaldamento climatico, per questo è necessario fare più attenzione al ruolo dell’energia in questi processi, considerando che, anche se gli effetti dell’Antropocene vengono solitamente considerati globalmente, la produzione dell’energia è innanzitutto locale. ● Estinzione di massa/biodiversità Stiamo entrando in una fase di estinzione di massa, correlata direttamente all’impatto causato dall’Antropocene sulla biodiversità. Essa diviene il centro del rapporto uomo-ambiente, prospettando un necessario riavvicinamento tra geografia fisica e umana. ● Foreste Marsh, in Man and nature, afferma che "La distruzione dei boschi fu la prima conquista geografica dell'uomo, il suo primo turbamento dell'armonia della natura inanimata", spiegando il ruolo ecologico delle foreste e le alterazioni sugli ecosistemi suscitate dai disboscamenti. L'ambiente, ormai, è quasi sempre il risultato di un'interazione con l'uomo, ed è tempo che i manuali di geografia si adeguino ai cambiamenti generati da questa interazione. L'Antropocene cambia le basi stesse della costituzione moderna delle scienze; è il punto di intersezione tra le scienze della Terra e la storia dell'uomo. ● Ibrido Innanzitutto, ibridazioni di natura e cultura, né artificiali né naturali, né politiche né scientifiche. È l'Antropocene stesso ad essere di natura ibrida. ● Irreversibilità È la condizione dei processi ambientali alterati dall'uomo. Ogni tentativo di rinaturalizzazione non è mai un ripristino di condizioni precedenti ma il progetto di un'impronta nuova da dare al territorio. ● Luoghi di origine e tempi Recentemente sono state scoperte, in Sudafrica, le tracce di una civiltà scomparsa che ha estratto l'oro da miniere trasformando in maniera irreversibile - rendendo impossibile, cioè, una distinzione fra ciò che opera umana e ciò che non lo è - paesaggio già in un'epoca compresa tra i 70.000 e i 200.000 anni fa, prima delle innovazioni romane, egizie, cinesi ecc. Le fondamenta spaziali dell’Antropocene, infatti, sono le megalopoli e le monoculture. Una riconversione ecologica della società è necessaria, dato che l’Antropocene si è avvalso di sistemi lavorativi e di consumo industrializzati, non biodegradabili e non rinnovabili. In cosa potrebbe consistere un agire territoriale lungimirante? Occorrerebbe recuperare territori viventi, dar vita a processi di enlivenment (Weber, 2013), per ricercare nuovi modelli di civiltà. Albrecht ha coniato, in proposito, un neologismo che suona forse come una speranza, “Simbiocene”, vita in comune. Occorrerebbe arginare la deterritorializzazione; rifondare i luoghi e i paesaggi in quanto beni comuni; riconfigurare le pratiche lavorative. Rio de Janeiro Cap.3- Educare geograficamente all'Antropocene La sfida educativa è capire come abitare il mondo nell'epoca dell'Antropocene, rendere gli individui consapevoli e responsabili delle loro azioni. Il più recente documento che contiene gli obiettivi dell'educazione geografica è la Carta internazionale sull'educazione geografica (CIEG), aggiornata al 2016: essa non parla mai di Antropocene, ma dimostra di riconoscere che società e ambiente operano congiuntamente, che l'azione trasformativa dell'uomo agisce innanzitutto a livello locale e che è necessario un coinvolgimento diretto, quotidiano, alle questioni geografiche dei singoli. Un'agenda geografica per educare all'Antropocene: ● territorializzare l'Antropocene, cioè interrogarsi su dove i fenomeni accadono, senza rinunciare comunque ad una visione d'insieme globale; ● personalizzare l'Antropocene, stabilire con esso una relazione soggettiva che implichi anche il farsi carico dei relativi problemi, coerentemente con gli obiettivi della geografia delle emozioni, a cui fa spesso riferimento anche la CIEG. Le mobilitazioni dal basso, come ad esempio Fridays For Future, sono centrali in questo senso. ● Educare al futuro dell'Antropocene Scenari, proiezioni e stime. Ogni rappresentazione non è mai neutrale: la capacità di pensare il futuro passa attraverso l'analisi del presente. Questo campo comprende anche il tema tecnologico, di cui la geografia deve insegnare a comprendere vantaggi e rischi. ● Costruire azioni di cittadinanza attiva Quali sono le soluzioni concrete che possono consentire di migliorare la qualità della vita, a tutte le scale geografiche? Cittadinanza attiva è prendersi cura (già un atto politico) e assumersi responsabilità nei confronti dei luoghi che si abitano, attraverso iniziative di sensibilizzazione o interventi concreti. Cap. 4 - L’Antropocene, ovvero il riavvicinamento fra geografia fisica e umana La scienza del sistema Terra, concepito come un sistema integrato, trascende i confini disciplinari, per cercare una comprensione profonda delle interazioni fisiche, chimiche, biologiche, e umane che determinano gli stati passati, presenti, futuri. Il risultato di una simile sinergia di studi deve servire a costruire una conoscenza globale, che permetta di valutare il ruolo dell’uomo nel condizionare la natura e i processi del nostro pianeta. Il contributo della geomorfologia, disciplina dedicata allo studio delle forme terrestri che condizionano l’ambiente superficiale in cui si sviluppa la biosfera, è stato fondamentale nello sviluppo della scienza del sistema Terra. Oggi è possibile raccogliere ed analizzare dati con una precisione sempre maggiore e i risultati delle indagini locali servono per interpretare quelli regionali, e questi ultimi, poi, per quelli dei processi globali, permettendo di ricostruire scenari evolutivi a vario termine. La scala dei tempi geologici, suddivisa in unità geocronologiche, descrive in modo univoco la storia della Terra. I tempi geologici sono misurati in milioni di anni e la scala inizia dal tempo presente. Oggi, infatti, viviamo nell’Olocene (iniziata 11.650 anni fa), all’interno del Quaternario (2 milioni e mezzo di anni fa), nel Cenozoico (66 milioni di anni fa). Per discutere l’Antropocene è necessario stabilire l’esistenza di una continuità o meno fra la storia dell’uomo e quella della natura. Si può evidenziare un cambiamento globale recente della storia della Terra indotto dall’uomo? Dall’analisi dei segnali “antropici”, dei processi in grado di provocare cambiamenti ambientali globali, emergono diverse ipotesi, di cui si è già parlato: alcuni situano l’inizio dell’Antropocene 5000 anni fa (ipotesi “precoce” di Ruddiman, che lo collega all'avvio della pratica dell'agricoltura), altri nel 1610 (ipotesi “culturale”, collegata all'incontro tra europei e indigeni americani e asiatici), altri ancora intorno al 1964 (ipotesi “bomba nucleare”). Tutte le ipotesi, ovviamente, avanzano in qualità di prove analisi scientifiche, ad esempio anomalie nella quantità di metano, biossido di carbonio, anidride carbonica nell’atmosfera, o anomalie radiometriche nei sedimenti marini e terrestri. La geografia, con il suo carattere intrinsecamente multidisciplinare contribuirà a stabilire non solo quando l’Antropocene è cominciato, ma anche come evolverà. Cap.5 - Cambiamento climatico e Antropocene: verso una riconferma o una nuova fase? Il sistema climatico e i suoi squilibri diventano punti di riferimento per meglio datare la nuova era geologica. La tesi è che la reazione a breve termine al cambiamento climatico, finalizzata a contenerlo entro gli 1,5/2 °C, sarà cruciale per capire se verrà inaugurata una nuova fase, più positiva, dell'Antropocene o se l'azione umana si confermi come distruttrice. Recentemente, ricercatori tra cui Crutzen hanno avanzato una nuova ipotesi di periodizzazione, distinta in tre momenti: una fase in cui non si riscontra nessuna influenza umana, un Paleoantropocene, che va dalla comparsa dei primi ominidi alla rivoluzione agricola con le sue conseguenze, ed infine l'Antropocene vero e proprio, dal 1850 in poi, con la fase di maggior crescita dello sviluppo industriale. Il cambiamento climatico è uno degli effetti più antichi è più impattanti delle azioni umane sul pianeta , e ha anche il vantaggio di dimostrarsi esteso ed omogeneo a livello spaziale, dato che vi influiscono sia i comportamenti quotidiani che gli squilibri locali. L'IPCC ha affermato, nel suo ultimo rapporto, che il riscaldamento della terra è inequivocabile, anche perché le sole variazioni naturali non possono essere responsabili dei cambiamenti degli ultimi 50 anni, mentre è probabile che quelle umane ne abbiano causato più della metà. Le cause più rilevanti sono: emissioni di gas serra, che, trattenendo le radiazioni infrarosse in uscita dalla terra, agiscono come una cappa di calore, poi quelle di aerosol e di polveri, nonché cambiamenti di destinazione dell'uso dei suoli. I gas serra più influenti sono la CO2, il metano (CH4), che esercita un effetto serra di molto maggiore trattenendo di più il calore, e il protossido d'azoto (N2O). Dalla rivoluzione industriale a oggi, la CO2 è aumentata del 49% e le cause maggiori sono l'utilizzo dei combustibili fossili, la deforestazione e le reazioni chimiche connesse alla produzione del cemento; la presenza del metano, invece, è aumentata del 158%, soprattutto a causa delle tecniche agricole e dell'allevamento, dato che ha origine dalla decomposizione anaerobica di sostanze organiche presenti in zone paludose o che vengono emesse durante la fermentazione enterica dei bovini; quella del protossido d'azoto del 23%, anche se solo per un terzo è di origine antropica. Con l’aumento dei gas serra nell’atmosfera viene rotto un equilibrio che prima era costante. L'effetto serra Le politiche per il cambiamento climatico Si distingue tra politiche di mitigazione e politiche di adattamento. Le tappe principali dello sviluppo delle politiche di mitigazione: 1988; 1992 Viene istituito l'IPCC; viene adottata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), i cui 189 paesi firmatari si riuniscono annualmente nella COOP (conference of the parties) per programmare le strategie di mitigazione. Il principio di equità sottolinea le responsabilità "comuni ma differenziate". 1997 Entra in vigore il protocollo di Kyoto, che rende vincolanti gli obiettivi della Convenzione per i paesi sviluppati. Post-Kyoto Fase di crisi e transizione in cui si determina un approccio meno vincolante basato su un sistema di impegni a base volontaria. 2015 L'accordo di Parigi ha l'obiettivo dichiarato di mantenere il riscaldamento entro il limite massimo di 2°C, puntando a limitarlo a 1,5°C. I Paesi industrializzati dovranno quindi non solo stabilizzare le proprie emissioni ma anche ridurle auto-definendo i propri target di riduzione. Implementazioni future Gli studi scientifici sostengono che gli impegni volontari presi in base all'accordo di Parigi non L'analisi delle fonti letterarie sull'Antropocene, cioè di quei testi che riflettono sul ruolo assunto dall'uomo nel condizionare l'ambiente, è utile per più motivi: ● attraverso la pluralità delle voci si può comporre un mosaico di punti di vista, e dunque non rischiare di semplificare la natura di un concetto così complesso e variegato; ● essendo la letteratura una traccia del pensiero umano nella Storia, individuale ma molto spesso anche collettivo, è possibile tentare di collocare cronologicamente la nascita di una sensibilità ecologica che ha fatto sì che il tema dell'Antropocene occupasse il dibattito internazionale; ● grazie alla sua dimensione comparatistica, rende possibile un'analisi spaziale del concetto, in base alle aree geografiche, culturali e sociali in cui si è sviluppato; ● proporre una sguardo critico in grado di decodificare i processi in corso, e di orientare le azioni future. L'autore, Davide Papotti, conduce un esempio di questo tipo di analisi sulla base di due opere, entrambe attinenti ad esperienze autobiografiche: ● Variazioni selvagge (Hélène Grimaud) ● Nelle foreste siberiane (Sylvain Tesson) I nuclei tematici affrontati vanno dal lupo come simbolo dello spirito selvaggio ed incontaminato della natura, alla proiezione temporale verso il futuro, al paese-altrove (in molta letteratura la Russia, per la sua vastità, lontananza e rarefazione, ha incarnato questo ruolo), alla wilderness, ai soundscapes, al concetto dell'abitare, al ruolo della riserva naturale. Cap. 8 - Figure dell’Antropocene negli olivi di Puglia In questo capitolo verrà affrontata la questione della proliferazione del batterio Xylella fastidiosa negli olivi di Puglia. Si è parlato di Antropocene come di era delle piantagioni (Plantationocene, Donna Haraway), come esempio di semplificazione ecologica, di sfruttamento, di dominio e alienazione. La distesa degli olivi in Puglia può essere considerata una piantagione solo in un primo periodo storico, quando, a partire dal Settecento, vengono studiate le prime tecniche per incrementare la produzione e combattere le malattie. Oggi, invece, quello che si manifesta è un paesaggio “pezzato”, dove campi di terra rossa e compatta si alternano ad un verde molto più acceso. Esaminando le radici, il tronco, la chioma e la potatura degli olivi, emergono delle differenze nelle pratiche di coltivazione, riguardo cui ogni coltivatore doveva avere la propria sensibilità. L’olio, infatti, nella storia, è stato usato per vari scopi, molto diversi fra loro e non solo alimentari e le necessità hanno determinato pratiche differenti. Dal 2008, si iniziano a notare diversi fenomeni di disseccamento, dalla zona di Gallipoli. Nel 2013 viene riscontrata la presenza del batterio Xylella fastidiosa, che nel 2017 viene riconosciuto la causa dei disseccamenti. La seconda categoria antropocenica che viene chiamata in causa è quella dell’ibridazione. Lo Xylella, infatti, ha causato patologie a specie vegetali in tutto il mondo, e ha sempre dimostrato un rapido adattamento ai cambiamenti di clima, ibridandosi diversamente a seconda delle condizioni ecologiche, tra piante ed insetti vettori. Un elemento decisivo per la proliferazione di un simile batterio è proprio la piantagione monoculturale: in un contesto in cui natura e cultura si mescolano, il risultato non può che essere ibrido. L’ibrido è opera umana, ma non di umana fattura, è locale e globale insieme. Questa riflessione ci conduce al concetto di “fine della natura”, e all’esistenza, invece, di sistemi “multinaturali”, coevolutivi, relazioni nuove e ambienti sconosciuti. Essa si accompagna ad una crisi delle attività territoriali. Cap. 9 - Gli uomini e le foreste nell’Antropocene Roger Deakin, in Wildwood: a journey through trees, afferma che un'intima relazione culturale e spirituale ma anche fisica legga gli alberi agli uomini, cioè un vero scambio di ossigeno e anidride carbonica. Infatti, nella storia, essi hanno sempre avuto una funzione culturale, nonostante si siano alternate fasi di forestazione, deforestazione e successiva riforestazione. Molto probabilmente, 10'000 anni fa la Terra era coperta da una fitta foresta naturale, che man mano l'uomo ha frammentato. Il processo di deforestazione della terra rappresenta uno dei più significativi segni dell'impatto dell'uomo: negli ultimi 2000 anni la massa vegetale globale è stata ridotta del 45%. Tuttavia, è soprattutto negli ultimi 250 anni che si è verificato questo processo, quindi con una certa accelerazione. Si riscontra, comunque, almeno in alcune zone, una tendenza alla rinascita delle foreste, per motivi di diversa natura, e tra questi soprattutto l'abbandono di alcune tecniche agricole. Oggi, i boschi e le foreste si trovano comunque a dover affrontare delle sfide impegnative dovute alle trasformazioni in corso, dato che è venuta meno una sinergia uomo-natura che era stata per anni fonte di equilibrio. I boschi assumono nell’attualità anche un valore narrativo legato al tema della wilderness. Oggi molte aree wilderness sono zone di protezione per le normative statali. Cap. 10 - L’uomo sta mangiando la Terra? Sistemi del cibo nell’Antropocene Il Corn Belt (Mid-west americano): la biodiversità delle pianure dell’Iowa si è ridotta enormemente per lasciare spazio alla monocultura del mais, con le sue ripercussioni sulle specie animali, con l’aumento di nitrati nell’idrosfera che ha conseguenze fino nel Golfo del Messico, e la degradazione dei suoli nella litosfera. Si tratta di una delle manifestazioni territoriali più evidenti del sistema agroindustriale intensivo e produttivista contemporaneo. I principali impatti ambientali della produzione di cibo agroindustriale e globalizzata comprendono: 1) la trasformazione dello strato di sedimenti che ricopre le terre coltivabili (suolo), ridotto in estensione e spessore e degradato; 2) effetti sulla quantità e qualità delle risorse idriche, dato che l’agricoltura è responsabile del 70% dei prelievi idrici globali. La percentuale di pesticidi presenti nelle acque superficiali italiane supera il 60% e il 30% nelle acque sotterranee; 3) diffusione di agenti inquinanti e di gas serra nell’atmosfera: l'agricoltura, nel 2015, sarebbe stata responsabile del 12% delle emissioni antropogeniche di gas climalteranti globali (fonte: IPCC); 4) pesanti impatti sulla biosfera, con la trasformazione di biomi in “antromi”, la riduzione delle specie nei territori maggiormente produttivi; 5) riduzione della biodiversità agraria, infatti i mercati agricoli sono dominati da pochissime varietà; 6) modificazione del DNA di specie animali e vegetali (OGM, diffusi soprattutto nel nord-America); L’umanità ha prodotto cibo per molto tempo senza avvicinarsi a superare i limiti planetari della sostenibilità, gli equilibri ambientali si sono modificati solo in seguito alla Rivoluzione industriale e all’aumento dell’uso dei combustibili fossili ad essa connessi, come dimostrano gli studi scientifici. Infatti, nello stesso periodo, si è assistito alla diffusione dell’approccio produttivista e capitalista, di un sistema di cibo globalizzato e territorializzato dagli impatti sopra descritti e dell’economia di piantagione (alcuni studiosi hanno proposto l’espressione “Plantationocene”). I sistemi agricoli attuali, di conseguenza, sono geograficamente diseguali: negli stessi territori esistono paradigmi produttivi diversi. I problemi connessi ai sistemi di produzione del cibo sembrano più connessi al capitalismo. Nel 2019, la EAT-Lancet Commission of Food, Planet and Health, ha pubblicato un rapporto con una serie di strategie considerate necessarie per attivare la Grande trasformazione alimentare, basata su diete individuali più salutari e sistemi globali più sostenibili. Cap. 11 - Perché un museo delle tecnologie dell’Antropocene? Il museo è stato fondato da Frank Raes, l'autore di questo contributo, nel 2017. Il MAT si trova in Italia, a Laveno Mombello. Il museo come strumento per pensare, per indagare l'Antropocene attraverso degli oggetti che ne recano le tracce, in maniera più diretta, più intuitiva. Mentre è diffusa l'opinione che la
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