Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto Geopolitica delle lingue Del Zanna, Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Riassunto del libro Geopolitica delle lingue del professor Del Zanna. Sono le parti che ho sottolineato leggendo il libro e poi riscritto per avere un documento più sintetico. Completissimo.

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 05/05/2022

chiara-cangiano
chiara-cangiano 🇮🇹

5

(2)

6 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto Geopolitica delle lingue Del Zanna e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! GEOPOLITICA DELLE LINGUE CAPITOLO 1 Il discreto è proprio del piano della conoscenza; il continuo è tipico dell’esperienza nel suo svolgimento storico. A partire da Coseriu è d’uso distinguere differenze espressive legate alla variazione territoriale (diatopica), socio-culturale (diastratica) o stilistico-funzionale (diafasica). Le diverse varietà possono essere ricondotte sotto il tetto di una varietà standard di riferimento. L’italiano standard domina diverse lingue romanze, ma anche i dialetti d’Italia e altre diverse lingue che non appartengono al gruppo italo-romanzo. L’Italia è infatti uno dei paesi più ricchi linguisticamente con cinque gruppi linguistici diversi della famiglia indoeuropea: albanese, germanico, slavo, greco, romanzo. 1.1 > LA REALTA’ LINGUISTICA ARBERESH L’albanese è la lingua ufficiale in Albania e Kosovo, è co-ufficiale in Macedonia e Montenegro. Il termine arberesh indica la realtà linguistico-culturale albanese nell’Italia del Sud. Gli insediamenti risalgono al XV-XVI secolo, quando le terre dell’Albania furono occupate dagli Ottomani. 1.2 > IL TEDESCO E ALTRE VARIETA’ GERMANICHE Il Tirolo è storicamente territorio d’incontro della realtà romanza con quella germanica. All’interno della comunità tedescofona vi è una tendenziale diglossia: il tedesco ha funzione sociale di prestigio, il bavarese è privilegiato per la comunicazione informale. Nel gruppo germanico occidentale rientrano altre varietà alto-bavaresi come il mocheno e il cimbro. In Piemonte e Valle D’Aosta si trovano poi alcune varietà di alemanno superiore, dette anche walser. 1.3 > LA SLAVIA MERIDIONALE IN ITALIA Sul territorio italiano il gruppo slavo meridionale ha tre presenze: lo sloveno standard, le varietà slavo-friulane e lo slavo-molisano. 1.4 > VARIETA’ GRECANICHE Continuano a esistere varietà di greco in Calabria e nel Salento. 1.5 > IL COMPLESSO DELLE LINGUE ROMANZE I confini politici tra Italia e Francia non coincidono del tutto con quelli linguistici. La Valle D’Aosta è un’area caratterizzata da un plurilinguismo manifestato nella scelta di impiegare sia l’italiano che il francese. Inoltre, a caratterizzare il paesaggio linguistico sono le varietà franco-provenzali (patois). Due isole linguistiche franco-provenzali sono attestate in Calabria (dove è fatta risalire a un insediamento di valdesi verso i primi del Trecento) e in Puglia (dove l’origine non è chiara). A partire dall’alta val di Susa e procedendo verso sud poi vi sono parlate provenzali-alpine. Nel comune di Alghero è tuttora praticata una varietà di catalano che risale al Trecento e testimonia il passato dominio degli Aragonesi. Nelle località sarde di Carloforte e Calasetta la lingua usata è il tabarchino, una varietà ligure antica che era prima usata da un insediamento genovese sull’isola di Tabarqa da dove poi emigrò. Lo spazio sardo è articolato nelle aree del logudorese, del nuorese e del campidanese. Si è avvertito il bisogno di costituire un sardo comune (basato sul logudorese); sembra tuttavia che la maggioranza dei sardofoni sia più interessata alla tutela della varietà linguistica. Verso la fine del medioevo e fino al Settecento, nel settentrione della Sardegna affluirono comunità di corsi, le cui parlate si sono sviluppate nel Gallurese e nel Sassarese. 1.6 > L’ITALIA PLURILINGUE Al di qua e al di là delle Alpi Retiche la presenza del latino si sviluppò in una serie di parlate romanze che oggi sono continuate nelle varietà dei Grigioni, del ladino dolomitico e del friulano. In italiano la parola dialetto designa realtà linguistiche non standardizzate; la Repubblica riconosce alcune lingue minoritarie, ma ne esclude molte altre. Una lingua è tale anche in forza di fondamentali ragioni simboliche. CAPITOLO 2 2.1 > LO STATO DELL’ITALIANO NEL MONDO L’italiano è una lingua poco parlata nel mondo, ma molto studiata. Al di fuori dei confini dell’Italia, l’italiano è lingua nazionale della Confederazione Svizzera nonché lingua nazionale de facto della Città del Vaticano e della Repubblica di San Marino. È inoltre riconosciuta come lingua ufficiale nella Regione Istriana della Repubblica di Croazia e nei territori della Slovenia; come lingua minoritaria in Romania. Vedovelli osserva come l’italiano sia la seconda lingua straniera più diffusa dopo l’inglese nei panorami linguistici e semiotici urbani. 2.2 > L’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO NEL MONDO In primo luogo, viene segnalato il ruolo delle istituzioni sostenute dal Governo italiano per la promozione della lingua e della cultura italiana, come gli IIC. Essi (83 istituti) attendono a compiti di diffusione della lingua e della cultura attraverso l’organizzazione di eventi culturali e la gestione di corsi d’italiano. 2.3 > PROMOZIONE DELLA LINGUA E DELLA CULTURA ITALIANA NEL MONDO Viene ricordata la “Settimana della lingua italiana nel mondo” la quale, nata dalla collaborazione tra l’Accademia della Crusca e il Maeci, coinvolge tutti gli IIC. Essa consiste in una settimana tematica di eventi dedicati alla lingua e alla cultura italiana. Si colloca anche l’attività del CLIQ e la creazione del “Portale della Lingua Italiana”. CAPITOLO 3 consolidamento dei nuovi Stati sul modello delle nazioni europee, dallo Stato alla nazione. L’affievolirsi delle rivendicazioni politiche delle minoranze linguistiche, determina nel corso degli anni Ottanta la fine dell’interesse per questi temi. 4.3 L’ASCESA DEL GLOBAL ENGLISH: UN FENOMENO APOLITICO? Centrale tra i postulati del discorso sull’inglese come lingua globale, è una concezione strumentale della lingua vista come mezzo acquisibile da qualunque individuo. Un secondo postulato riguarda la compatibilità tra più lingue all’interno del repertorio linguistico di ogni individuo. In questa prospettiva, l’ascesa globale dell’inglese viene spiegata in termini quasi completamente apolitici. L’affermazione universale dell’inglese sarebbe pienamente spiegabile senza il riferimento a posizioni di potere. La diffusione globale dell’inglese sarebbe un fenomeno del tutto spontaneo. Poca influenza avrebbero avuto le strategie di promozione internazionale della lingua inglese da parte dei governi britannico e americano dagli anni Cinquanta. E nessuna influenza sarebbe riconducibile al predominio militare, economico e politico- diplomatico stabilito dagli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale. In questa prospettiva, alle politiche linguistiche degli Stati tende a essere attribuita una valenza distorsiva. Essa andrebbe cercata nei tentativi di frenare la penetrazione della lingua franca per favorire interessi locali. 4.4 L’ECONOMIA DELLE LINGUE L’approccio che emerge dal lavoro degli studiosi ha introdotto innovazioni significative nel dibattito sul Global English. La più importante è la tendenza a considerare l’insieme delle competenze linguistiche come una forma di capitale umano. L’attenzione alla costruzione del capitale linguistico conduce, da un lato, alla distinzione tra la lingua nativa e le altre lingue; dall’altro al riconoscimento dei vantaggi che vengono individuati nell’accesso ad opportunità di impiego direttamente create dall’uso della lingua franca. Il nuovo approccio economico al multilinguismo ha ispirato un dibattito sul futuro del regime linguistico comunitario nato con i Trattati di Roma, basato sulla parità fra tutte le lingue ufficiali dei paesi membri. Questo dibattito ha perso parte del suo slancio. 4.5 DALL’ECONOMIA DELLE LINGUE ALLA POLITICA DELLE LINGUE L’attenuarsi dello slancio è dovuto anche al fatto che le soluzioni proposte sono apparse poco innovative e poco praticabili. L’individualismo metodologico, e cioè l’idea che la chiave di lettura di ogni fenomeno sociale possa essere cercata nelle scelte dell’attore individuale, rende difficile integrare quella dimensione collettiva che è invece tipica dell’esperienza politica e anche di quella linguistico-culturale. Tuttavia, lo spazio per operare questa espansione esiste e potrebbe essere esplorato sviluppando la ricerca in tre direzioni. In primo luogo, occorre approfondire in cosa consista la differenza tra la lingua nativa e le lingue che gli individui apprendono successivamente. Un secondo tema è rappresentato dal nesso che lega la lingua e la cultura. Qui l’ipotesi di partenza potrebbe essere quella di considerare ogni lingua come un’infrastruttura nella quale è accumulato un capitale culturale collettivo. Infine, un terzo e ultimo argomento è il ruolo autonomo che occorre ritornare a riconoscere alle istituzioni politico-territoriali e alle loro politiche linguistiche. È un fatto che nessuna organizzazione e nessuno Stato può permettersi di essere pienamente neutrale sul piano linguistico. CAPITOLO 5 La diffusione della lingua spagnola avviene come conseguenza di due azioni politiche: la Riconquista e la Conquista dell’America. In entrambe le occasioni la lingua spagnola superò ampiamente lo status di mero strumento comunicativo, dimostrandosi un’arma in grado di stabilire confini di possesso. In Spagna il castigliano si diffuse con la Riconquista dei territori che erano stati assoggettati al dominio arabo. A partire dalla Toma de Toledo (1085) il castigliano si impose come lingua franca sulle altre varianti presenti nel territorio iberico. Durante il regno di Fernando III è promosso a lingua giuridica e amministrativa del Reino de Castilla. Lo status di lingua colta arriverà invece tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo, grazie anche alle politiche culturali promosse da Alfonso X. La necessità di preservare l’immenso patrimonio di conoscenza e diversità fu il motivo che spinse Alfonso X a proseguire l’opera traduttiva della Escuela de Traducciòn de Toledo già avviata nel XI secolo dall’arcivescovo della città. In questa fase il castigliano inizierà a sostituirsi completamente al latino, anche come lingua del sapere. Il decorso si sarebbe chiuso solo nel 1492, in concomitanza con la fine della campagna militare di Riconquista, sancita dalla Toma de Granada, e in contemporanea alla pubblicazione della Gramàtica de la lengua castellana di Nebrija. Diversamente, la diffusione dello spagnolo in territorio latino-americano fu violenta e repentina. Il primo dato che ci fa capire la forza politica della lingua spagnola è l’uso del Requerimiento, un testo giuridico che veniva letto dai conquistatori al loro arrivo. La sola lettura del testo, visti gli evidenti problemi di comprensione, imponeva alle comunità autoctone un cambio di paradigma sociale. Il linguaggio scritto stabiliva forzatamente il passaggio da una comunicazione collettiva e orale (orizzontale) a un’altra verticale. Il codice linguistico non era accessibile a gran parte della popolazione indigena che rimaneva quindi relegata in una situazione di subordinazione. La prima conseguenza di questo stato di cose fu la costituzione di una società parallela che diede luogo alla creazione di due lingue: una pubblica e l’altra popolare. Solo le classi sociali più alte che già possedevano il codice scritto potevano entrare a far parte dei gruppi di potere. L’impossibilità di far valere i propri diritti fu uno dei motivi che stimolarono lo sviluppo dei movimenti indipendentisti. Nel periodo delle Indipendenze lo spagnolo fu designato a rappresentare l’unità delle popolazioni latinoamericane: questo non ha però evitato che nuclei linguistici minoritari continuassero a esistere. Secondo alcuni studiosi, la promozione linguistica dello spagnolo messa in atto dalle istituzioni negli ultimi decenni avrebbe come obiettivo l’imposizione di un soft power che dalla Spagna si irradierebbe verso l’esterno. Nei paesi di lingua spagnola la critica non si limita a parlare di una geopolitica della lingua, ma individua nel caso spagnolo una vera e propria glottopolitica. Tra i principali enti che si occupano di promuovere la diffusione della lingua spagnola, vi è l’Instituto Cervantes con l’obiettivo di consolidare la conoscenza della lingua e della cultura spagnola e ispano-americana. Che la promozione delle politiche linguistiche sia un vero e proprio affare di Stato lo dimostrano anche la creazione di Marca España e l’istituzione dei CILE. La prima si definisce come una vera e propria politica di promozione di Stato, mentre i secondi discutono periodicamente lo stato della lingua. Secondo i critici si tratterebbe di strategie culturali che, in realtà, nasconderebbero fini politici e commerciali. Gli elementi a supporto di questa tesi sarebbero due: sotto la Spagna promotrice della difesa della lingua si nasconderebbe una prospettiva centripeta, nella quale i valori presi rispecchierebbero i valori conservatori. Dal punto di vista economico, le promozioni culturali sarebbero viste come una via facile per garantire alle società spagnole di mettere le basi per un’espansione nel mercato latino-americano. Nel complesso l’azione dello spagnolo nel corso dei secoli si è ben sviluppata secondo quelle che già nel 1997 Hamel aveva identificato come le quattro frontiere dello spagnolo: lingua dominante, lingua subordinata, lingua di frontiera, lingua internazionale. È fuori discussione come in vent’anni lo spagnolo abbia raggiunto un buon equilibrio in ciascuno dei quattro fronti. L’unica eccezione è quella che si riferisce alla frontiera dello spagnolo come lingua dominante perché la lingua spagnola continua a cedere spazio nei confronti delle lingue co-ufficiali. Probabilmente l’ambiente più ostico nel quale lo spagnolo si trova a dover trattare è proprio quello iberico, nel quale la lingua spagnola ha dovuto cedere maggior terreno. Le comunità linguistiche minoritarie accusano la Spagna di españolismo linguistico, cioè abuso di posizione dominante. È all’incirca a metà degli anni Ottanta che le regioni autonome di Paìs Vasco, Galicia e Cataluña approvano quelle che generalmente sono chiamate Ley de Normalizaciòn, a segnalare che la volontà era quella di normalizzare una situazione nella quale le lingue minoritarie erano state spinte al disuso. In conclusione, è possibile identificare due diversi atteggiamenti che caratterizzano la lingua spagnola. Da una parte si può tranquillamente individuare uno spagnolo lingua dominante, imposto con la forza; dall’altra uno spagnolo lingua forte, che resiste al di fuori dei confini nazionali. Un caso paradigmatico è quello di Puerto Rico, dove nel 2015 lo spagnolo è stato dichiarato prima lingua. Il riconoscimento della lingua sarebbe un modo per evidenziare le speranze dell’isola di annettersi alla Spagna e abbandonare il protettorato USA. A questo esempio, si aggiunge il notevole influsso dello spagnolo nelle Filippine o della Guinea Equatoriale, dove lo spagnolo è lingua co-ufficiale e lingua letteraria. CAPITOLO 6 Negli ultimi venticinque anni la lingua spagnola ha sperimentato una diffusione esponenziale. Le ragioni sono almeno tre: una politica linguistica-istituzionale LA PRESENZA FRANCESE IN CINA Ricordiamo a livello di relazioni internazionali i contatti tra Luigi XIV e l’imperatore Kang Xi. In epoca coloniale la Francia creò in Cina le cosiddette concessioni imponendo la propria presenza nelle città. A proposito delle concessioni, incontriamo un medico francese: Matignon. Le sue opere ebbero una certa eco in Francia a causa della cosiddetta Rivolta dei Boxer scoppiata nel corso del 1900 (i Boxer tennero sotto assedio le ambasciate occidentali di Pechino). Matignon coltiva un senso di superiorità che lo portano a disprezzare i cinesi. 7.2.2 LA FRANCOFONIA MEDITERRANEA MEDIORIENTALE La comunità cristiana maronita nacque nel V secolo in Siria e visse la sua storia in stretto rapporto con la cristianità europea. Nel corso del 1800, i cristiani maroniti libanesi favorirono l’arrivo di missionari cattolici francesi. Nel 1875 venne fondata l’università cattolica francofona Saint-Joseph. Molti musulmani mandarono i loro figli nelle scuole francesi, per assicurare loro di entrare nel mondo del commercio europeo. La Francia iniziò a esportare un modello di scuola ideologicamente neutrale. La politica educativa francese di inizio Novecento fu contraddittoria: in Francia gli ordini religiosi venivano perseguitati, ma le scuole francofone all’estero venivano sostenute dal Governo francese (veicolo per la diffusione della lingua e cultura francese). Durante la Prima guerra mondiale, in Libano, tutte le scuole chiusero. I francesi torneranno solo nel 1923, con un mandato della Società delle Nazioni, secondo il quale la Francia doveva accompagnare Siria e Libano verso l’autonomia. Nel 1943 terminò il mandato, il Libano divenne indipendente mantenendo il francese come lingua d’insegnamento. 7.2.3 LA FRANCOFONIA NEL MAGHREB Esistono altri quattro Paesi in cui il francese è lingua d’insegnamento. Il Maghreb costituisce una vasta zona di influenza francese. Questi Paesi, con l’indipendenza, hanno rifiutato l’insegnamento del francese, ma a poco a poco sono tornati al bilinguismo. L’Algeria è, tra i paesi del Maghreb, quello che più tiene le distanze dalla Francia nonostante il francese sia molto diffuso. Ricordiamo la vicenda della comunità trappista di Tibhirine, abitata da monaci di origine francese, che nel 1996 vennero uccisi dagli estremisti. 7.2.4 LA FRANCOFONIA IN AFRICA In alcuni Paesi il francese è l’unica lingua ufficiale, nonostante non sia l’unica parlata dalla popolazione. Le politiche linguistiche di questi Paesi puntano anche alla valorizzazione delle tradizioni locali. Ci sono Paesi in cui il francese è lingua co-ufficiale (Burundi, Camerun, Rwanda ecc.). Paesi in cui il francese non è lingua ufficiale, ma occupa un posto importante nell’istruzione. Paesi nei quali il francese ha una funzione culturale. 7.2.5 LA FRANCOFONIA NEL CONTINENTE AMERICANO Ricordiamo, tra i tanti missionari francesi, De Brébeuf che visse a lungo con gli Uroni e stabilì la prima grammatica e il primo dizionario di questa lingua. Nelle riserve indiane, la lingua della scuola è ancora oggi il francese. 7.3 > LE ORIGINI DELL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DELLA FRANCOFONIA La francofonia attiva nacque come movimento di scrittori nel 1926, sotto il nome di ADELF. Nel 1950 emerse un movimento che legava tra loro i giornalisti: questa associazione si impegna per i diritti dell’uomo nei paesi in via di sviluppo. Pochi anni dopo, fu fondata anche una federazione della radio. L’organizzazione della francofonia iniziò a strutturarsi a livello politico negli anni Sessanta con la CONFEMEN. Da questa associazione emerse poi l’AUF. Oggi tutte queste organizzazioni fanno capo all’OIF, che ha lo scopo di promuovere la lingua francese. Dal punto di vista politico, invece, la Francia agisce attraverso l’ENA. CAPITOLO 8 North mette in risalto il ruolo della lingua che diviene espressione di una cultura. 8.1 > IL FRANCESE NELLA FRANCOFONIA Nel corso degli anni sono state create istituzioni garanti di dialogo nella sfera francofona. Ricordiamo l’ACCT, la cui convenzione fu firmata nel 1970: l’obiettivo era quello di creare una cooperazione in ambito culturale. Nel 1998 l’ACCT diventa AIF, prima di assumere lo statuto di OIF nel 2005. L’OIF svolge il compito di difendere la diversità culturale. In Canada, vi è un’istituzione preposta alla politica linguistica francese. L’evoluzione della situazione linguistica è oggetto di rapporto ogni cinque anni. La lingua francese è lingua ufficiale e co-ufficiale di 32 Stati. Il francese è la seconda lingua appresa al mondo; si afferma quale lingua di comunicazione nello scenario mondiale; è la terza tra le principali lingue d’affari. 8.2 > IL DIRITTO AL FRANCESE L’articolo 2 della Costituzione francese, proclama il diritto al francese da parte del cittadino. North ha mostrato le ragioni e le conseguenze della modifica di questo articolo nel 1992. Affermare che la lingua della Repubblica è il francese sottolinea l’importanza del ruolo della Francia. Sul territorio nazionale, il francese è l’unica lingua ufficiale. La politica linguistica di questo Paese si basa sul diritto al francese: il cittadino ha diritto a ricevere ogni informazione utile in francese. La finalità è che il francese resti funzionale in tutti i settori in cui si diffonde in particolare l’uso dell’inglese. North mette in risalto il fatto che la politica linguistica francese si sforza di riunire le condizioni necessarie per l’esercizio del diritto al francese e non per un’opposizione all’utilizzo dell’inglese. 8.3 > IL DIRITTO AL FRANCESE NELL’ECONOMIA E NEGLI AFFARI L’identità francese nelle marche del lusso è un riferimento nazionale. Mettere in risalto i nomi di marca francesi contribuisce alla diffusione stessa del prodotto e del servizio francese. Truchot ha condotto nel 2014 uno studio sulle lingue parlate nelle aziende multinazionali francesi. Il caso di GEMS costituisce un esempio eccellente: GEMS ha adottato un testo di riferimento, attraverso il quale è possibile stabilire un accordo di convenzione fra gli attori sociali sulla gestione delle diversità linguistiche. CAPITOLO 9 9.2 > IL TEDESCO COME LINGUA PLURICENTRICA Dobbiamo ad Ammon l’aver definito il tedesco una lingua pluricentrica, cioè con diverse varietà standard che vengono impiegate per la comunicazione ufficiale. Distinguiamo così tre cosiddetti centri pieni e quattro centri parziali della lingua tedesca, a seconda che essi dispongano di una propria codificazione linguistica o che facciano riferimento ai codici pubblicati in un altro centro linguistico. Vi sono poi alcune aree geografiche in cui la lingua tedesca è lingua minoritaria. 9.3 > IL TEDESCO IN EUROPA Il tedesco ha sempre dovuto fare i conti con altre lingue che di volta in volta si sono imposte come lingue per la comunicazione internazionale nei territori di lingua tedesca. Il tema dell’ampia diffusione della lingua inglese sul territorio germanofono ha dato origine a vari dibattiti. Nel vortice di queste tendenze si colloca la politica linguistica attuata dalla Repubblica Federale. Dobbiamo alla geniale intuizione dell’allora ministro degli esteri Brandt gli ingenti investimenti federali nella politica culturale estera. 9.4 > IF I’M BUYING, DANN MUESSEN SIE DEUTSCH SPRECHEN! L’inglese può essere utile con clienti anglofoni. Quando però si tratta di vender beni o servizi a clienti germanofoni, è assai profittevole impiegare la lingua del cliente. L’inglese necessariamente rientra tra le competenze imprescindibili dei professionisti attivi in ambito internazionale, tuttavia la sola conoscenza di tale lingua non basta più. Emerge l’esigenza di professionisti qualificati che conoscano almeno un’altra lingua straniera e siano in grado di spostarsi per motivi professionali. Chi cerca impiego presso un’azienda a capitale tedesco, deve necessariamente conoscere il tedesco. CAPITOLO 10 La grandezza della Russia non dipende più dalla politica, non è più legata alle terre possedute, ma alla cultura, meglio a una cultura spirituale. La formula di Dostoevskij ci lascia almeno altri due problemi: il primo è quello di una contrapposizione marcata all’Occidente, la contrapposizione tra Oriente e Occidente d’Europa. Il secondo problema è quello legato alla definizione di primo dopo-guerra, si formò la Società per la difesa dei diritti nazionali: i leaders del movimento, tra cui stava emergendo la figura di Kemal, intesero la nazione come la comunità musulmana formata da turchi e curdi. La comunità nazionale era definita dalla religione. Nel 1923 ci si accordò a Losanna per lo scambio di popolazioni tra Grecia e Impero Ottomano, al fine di interrompere la catena delle pulizie etniche incrociate: caso dei karamanli, popolazione di lingua turca che, in quanto cristiana, fu spinta a trasferirsi in Grecia, in un contesto socio-culturale completamente estraneo. La dirigenza nazionalista nel 1923, opta per un modello nazionale turco. Da questo momento cominciò il processo di turchizzazione, nel quale la lingua giocò un ruolo fondamentale. La Costituzione del 1924 definì turchi i nativi della Turchia. Intervenne la politica per imporre a tutti i cittadini la lingua turca, riformata nel 1928. La politica linguistica bandì le lingue non turche. Con la lingua, Kemal (chiamato Ataturk), volle imporre alla popolazione turca una nuova percezione di se stessa. Il problema principale fu la differenza tra la lingua comunemente parlata dai turchi e il nuovo turco. D’altro canto, fece sì che il processo di alfabetizzazione della popolazione andasse di pari passo con la sua turchizzazione. La diffusione della riforma fu affidata all’Istituto della Lingua Turca. Si giunse a sviluppare la teoria della lingua del sole, secondo cui il turco rappresentava la lingua primigenia da cui erano discesi tutti gli altri idiomi. 11.4 > LA LINGUA NELLA PROFONDITA’ STRATEGICA DELLA TURCHIA La Turchia che si è affacciata al nuovo millennio riflette il grande cambiamento geopolitico seguito alla dissoluzione del blocco sovietico. Il paese, membro della NATO dagli anni Cinquanta, è stato infatti occidentale lungo tutta la Guerra Fredda, ma dopo il 1991 ha riacquistato un ruolo centrale in una vasta regione che va dal Mediterraneo all’Asia centrale. Istanbul ha ritrovato la sua centralità e la società turca si è aperta all’esterno. Sono state queste le premesse per l’ascesa dell’AKP, alla guida del paese da un quindicennio. L’AKP ha saputo imprimere una spinta riformatrice. Secondo alcune delle tesi esposte, la Turchia rappresenta un attore che intende far leva su quella profondità strategica che gli deriva dalla sua storia. In questo quadro si colloca la creazione degli Istituti Yunus Emre, centri culturali turchi che intendono diffondere la lingua e la cultura del Paese. CAPITOLO 12 12.1 > UNA FORTISSIMA IDENTITA’ PLURIMILLENARIA Una caratteristica forte dell’Iran è certo il radicato senso identitario nazionale e il rifiuto di ogni interferenza straniera. Generalmente, si riconosce alla dinastia dei Safavidi (1502-1722) il merito di aver fondato lo Stato moderno della Persia. Fu la dinastia safavide che impose lo sciismo duodecimano come religione ufficiale della nuova struttura imperiale: attraverso questa imposizione la Persia trovava una sua identità peculiare. Lo sciismo duodecimano permetteva di riprendere anche caratteristiche tipiche della società preislamica iraniana, caratterizzata da una forte presenza della chiesa zoroastriana. Altro pilastro fondamentale è proprio la lingua che apparentemente finì travolta nella prima metà del VII secolo, quando le armate islamiche del califfo Al-Khattab sconfissero ripetutamente gli eserciti sasanidi. 12.2 > SCOMPARSA E RINASCITA DELLA LINGUA PERSIANA Il processo di arabizzazione del Medio Oriente finì per sostituire quasi tutte le altre lingue. Dopo un’eclissi seguita al collasso dell’impero sasanide e al crollo della chiesa zoroastriana, il persiano riprese vigore imponendosi nella forma neoiranica. Il neopersiano divenne la seconda lingua dell’Impero. Con l’arrivo delle popolazioni turciche, dopo il X secolo, si venne a formare quello che Lewis chiama multilinguismo verticale. Fra le classi colte, gli intellettuali arabi si limitavano all’arabo e al persiano; i turchi a tutte e tre le lingue (farsi). Per secoli il persiano divenne una sorta di lingua franca nel mondo islamico. 12.3 > IL RUOLO DELLA VIA DELLA SETA L’altopiano iranico è un passaggio privilegiato lungo la Via della Seta: luogo di scambio dove si parlavano tutte le lingue, ma che contribuiva alla diffusione del persiano. I commercianti di maggior successo lungo la Via della Seta sono probabilmente una popolazione di cultura iraniana, i Sogdiani. Allo stesso tempo, la Via della Seta è sempre stata qualcosa di più di un semplice fornitore di beni fra continenti lontani: credenze religiose, idee, innovazioni culturali si sono diffuse lungo le sue vie. Stando al centro di questi grandi corridoi commerciali, non sorprende che la Persia ne abbia beneficiato più di altre regioni. Una dimostrazione di questa ricchezza è offerta dall’importanza delle biblioteche che divennero un centro di aggregazione anche sociale. 12.4 > IL PERSIANO OGGI Il Farsi, lingua indoeuropea del ceppo indo-iranico, è oggi parlata da oltre 110 milioni di persone. Vi sono poi lingue collegate, come il Kurdo e il Balucio. La Repubblica Islamica dell’Iran, fondata nel 1979, sta da tempo incentivando l’uso del persiano. Soprattutto in queste due ultime decadi, il confronto geopolitico con il mondo arabo si è fatto sempre più netto. Le monarchie arabe del Golfo hanno sviluppato una vera e propria ossessione anti-iraniana e anti- sciita. Quanto potrebbe fare il persiano e la sua cultura per contrastare questa deriva: per secoli questa civiltà ha creato ponti fra popoli diversi. CAPITOLO 13 A partire dalla conquista di Mosul nel 2014, l’offensiva scatenata dalle coorti jihadiste ha portato il movimento a estendere la sua autorità su un’area che andava dal nord della Siria all’Iraq orientale. Lo Stato Islamico ha posto la strategia del terrore al centro della propria azione. 13.1 > L’ESPLOSIONE DELL’ARCO DI CRISI MEDIORIENTALE L’avvento del nuovo millennio ha visto l’emergere di una fase di instabilità, manifestatasi in una serie di crisi che ha investito un’area la quale dall’Africa settentrionale si estende sino all’Asia centrale e al sub-continente indiano. Questo nel mezzo di una competizione crescente tra le principali potenze regionali che non hanno esitato a sfruttare a loro vantaggio legami di natura etnico-religiosa pur di sostenere le proprie ambizioni. Secondo alcune tesi, era necessario accostare alla pars destruens del messaggio jihadista, anche una pars construens capace di dimostrare come la realizzazione di uno Stato realmente islamico non rappresentasse una mera astrazione. La nomina di Al- Baghdadi alla guida dello Stato islamico in Iraq, coincise non solo con il ritiro delle forze statunitensi, ma anche con un inasprimento delle contrapposizioni interne. Dinamiche simili si registrarono anche all’interno del teatro siriano, alle prese con una guerra civile. La scelta di Al-Baghdadi di sostenere in prima battuta Al-Nusra per poi sostituirla con la proclamazione dello Stato Islamico in Iraq, costituiva una risposta a queste dinamiche. 13.2 > LA STRATEGIA COMUNICATIVA Centrale è il ricorso a una strategia posta su due livelli che prevede la creazione di uno Stato realmente islamico e la restaurazione del califfato. L’obiettivo era costruire una nuova Medina capace di restituire all’Islam la sua centralità nel mondo. Come il profeta dovette abbandonar la propria casa per fondare Medina, così i musulmani sono chiamati a lasciarsi il passato alle spalle per unirsi allo Stato islamico. Già nel secolo scorso, la Società dei Musulmani predicava la necessità di staccarsi dal mondo corrotto. Per lo Stato islamico l’obiettivo non è mai stato quello di chiudere il mondo fuori, ma di ricostruirlo da zero in una logica che non si esauriva nel solo ambito militare. Anche su questo punto il movimento differenzia rispetto ad Al-Qa’ida: sin dal principio la formazione di Bin Laden ha lottato per dare vita a un’avanguardia di fedeli combattenti. Se, da un punto di vista, le azioni del gruppo non paiono discostarsi da una tradizione jihadista che ha sempre privilegiato attentati dall’alto valore simbolico, il grado di efferatezza raggiunto dal movimento segna un discrimine profondo con il passato. Essa è una componente fondamentale di una strategia volta a lasciare un segno indelebile sulla psiche dei nemici, ma anche a scoraggiare l’emergere di oppositori interni. 13.3 > LA PIATTAFORMA COMUNICATIVA La strategia comunicativa rappresenta senza alcun dubbio uno degli elementi più caratterizzanti della guerra psicologica tratteggiata nelle pagine precedenti. CAPITOLO 14 14.1 > LA LINGUA CINESE NELLA SECONDA META’ DEL NOVECENTO Nei primi anni dopo la nascita della Repubblica popolare cinese, la politica linguistica del Partito comunista cinese considerò la lingua ancora da estendere e da consolidare. Il primo compito assegnato alla lingua era la diffusione di una cultura comunista. A questo scopo, apparve necessario definire uno standard nazionale per la scrittura e la pronuncia. La lingua comune fu, dagli anni
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved