Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Giovanni Pascoli: Vita e Opere, Appunti di Lingue e letterature classiche

Literatura Italiana ModernaTeoria della letteraturaBiografia di scrittori italiani

Biografia e produzione poetica di Giovanni Pascoli, dalla nascita a Bologna fino alla pubblicazione dei suoi primi libri. Il poeta romagnolo, attivista politico e amante della natura, vive una vita povera e segnata dalla perdita di sue sorelle e dalla sua passione per la poesia latina. La sua produzione poetica, caratterizzata da un linguaggio tecnico e dialettale, illustra la sua teoria della letteratura e la sua visione della poesia come una forza morale e sociale.

Cosa imparerai

  • Che tipo di poesia pubblica Pascoli per la prima volta nel 1891?
  • In che anno Giovanni Pascoli nasce?
  • Che tema ricorre frequentemente nelle poesie di Pascoli?
  • Che tipo di lingua utilizza Pascoli nelle sue opere?
  • Che ruolo giocano le sorelle Ida e Maria nella vita del poeta?

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 18/02/2022

claudia-garzillo-2
claudia-garzillo-2 🇮🇹

1 documento

Anteprima parziale del testo

Scarica Giovanni Pascoli: Vita e Opere e più Appunti in PDF di Lingue e letterature classiche solo su Docsity! Giovanni Pascoli Giovanni Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 in un piccolo paese della Romagna, San Mauro. Il padre Ruggero amministra la tenuta agricola del principe Alessandro Torlonia; la madre Caterina ha portato in dote la casa, e questo garantisce alla famiglia una certa agiatezza. Tra il 1850 1865 nascono 10 figli; Giovanni é il quarto; Ida e Maria, le sorelle che giocano un ruolo decisivo nella vita del poeta, sono le più piccole. Il 10 agosto 1867 il padre viene ucciso da una fucilata mentre sta tornando da Cesena sul suo carro. L’omicidio resta impunito. Il mandante del delitto sembra essere un tale Pietro Cacciaguerra, che prende il posto di Ruggero come amministratore della tenuta. Nei quattro anni successivi muoiono una sorella, la madre e un fratello. I fratelli superstiti verranno aiutati dagli zii. Pascoli diventerà un attivista politico di sinistra. Pur non avendo una borsa di studio, rimane a Bologna: patisce la fame, qualche volta chiede l’elemosina e povero, o quasi, Pascoli resterà a lungo, ben oltre i trent’anni. Nel 1885 porta le tue sorelle Ida e Maria vivere con sè: Pascoli ricostruisce quello che lui chiama il “nido”, cioè il luogo in cui figli superstiti, si ritrovano per vivere insieme. Nell’ottobre del 1887 Giovanni e le sorelle si trasferiscono a Livorno. Tra l’autunno del 1888 e primi mesi del 1889 Pascoli è innamorato di una ragazza e la vuole sposare. Contemporaneamente, anche Ida accetta e incoraggia le visite di uomo. Pascoli è turbato dalla prospettiva perdere la sorella: stringendo quello che sembra un patto di fedeltà al nido, interrompe la sua relazione e Ida fa altrettanto. Il 10 agosto 1890 compaiono sulla rivista “Vita nuova“ nove poesie intitolate Myricae. Nel 1891 esce la prima raccolta di poesie, Myricae, E nel gennaio del 1892 una seconda edizione. A marzo Pascoli vince un premio internazionale di poesia latina. La produzione latina di Pascoli conta 30 poemetti e una settantina di testi più brevi. Inizieranno ad essere conosciuti solo nel 1917 quando, verranno raccolti e pubblicati da un amico di Pascoli. La poesia latina pascoliana ha caratteristiche differenti da quella italiana, ma è altrettanto raffinata. Nell’autunno del 1984 compare Lyra romana, l’antologia scolastica pascoliana dedicata alla poesia lirica latina. È il primo dei quattro volumi che Pascoli prepara per la scuola: seguono Epos nel 1897 e le due antologie di contenuto moderno, Sul limitare nel 1899 i Fior da Fiore nel 1901. Il fidanzamento di Ida dá a Pascoli un dolore indescrivibile, scriverà infatti delle lettere di giugno del 1895 dove vi è la disperazione e il risentimento contro la sorella, che osa amare un uomo e sposarsi, abbandonando il nido. Il matrimonio di Ida si celebra il 30 settembre: Pascoli fa pubblicare un opuscolo Nelle nozze di Ida, ma non si fa vedere in chiesa né a rinfresco. Dopo il matrimonio di Ida, Giovanni e la sorella Maria continuano a vivere insieme, Maria non hai intenzione di sposarsi poichè per lei non sarebbe nemmeno semplice: non è più giovane ed è senza dote. Da metà ottobre i due fratelli si spostano a Castelvecchio, una frazione del comune di Barga, in Garfagnana. In primavera Pascoli si fidanza con una cugina riminese: le regala un anello, ma Maria non lo sa. L’ultimo tentativo di farsi una vita propria dura poco. In autunno, a Bologna si trasferisce anche il fratello “Cattivo“, Peppino, che convive con la figliastra: è povero e ricatta i fratelli con la minaccia di dare pubblico scandalo. Nel 1897 Pascoli pubblica i Poemetti, la sua seconda raccolta poetica, costituita da poesie narrative in terzine di argomento campestre. Nello stesso anno esce anche la quarta edizione di Myricae. Nell’aprile del 1903 escono i Canti di Castelvecchio. Tre anni dopo, nel 1906, esce Odi e Inni, una raccolta di ispirazione politico-civile. Tratta degli eroi della patria, delle avventure coloniali in Abissinia, degli eventi politici, religiosi e civili. Dal punto di vista metrico, gli Inni si distinguono perché sono costruiti sulla ripetizione di una struttura ternaria, costituita da strofe e antistrofe ed epodo. La differenza tra Myricae e i Canti è l’ambientazione: le Myricae sono romagnole,mentre i Canti nascono nella campagna lucchese,tra Castelvecchio e Barga. Pascoli fa uso del lessico dialettale di Barga. Dal punto di vista dei contenuti,nei Canti si accentua la presenza dei sogni,delle tradizioni folkloriche,dei presagi offerti dalla natura: sono tutti elementi che riguardano la parte irrazionale dell’uomo. Nei Canti di Castelvecchio Pascoli sperimenta sia strofe di struttura innovativa sia l’uso del novenario (un verso raro della nella tradizione italiana). Nei Canti vi è un ordine: prima emozioni,sensazioni,affetti d’inverno,poi di primavera,poi d’estate e poi di autunno. In realtà il ciclo sembra andare da “autunno ad autunno”,secondo l’ordine di successione dell’anno agricolo. Bisogna inoltre dire che l’insoddisfazione per la vita con le sorelle negli anni Novanta e poi il matrimonio di Ida creano un'infelicità profondissima che genera l’ossessione per la tragedia familiare. Poemi conviviali I Poemi conviviali hanno questo titolo perché alcuni di essi erano stati pubblicati sulla rivista “Il Convito”. Sono il libro del Pascoli classicista ,del professore-poeta che sa tutto sulla lingua e sulla poesia dei Greci e dei Latino,ma anche sui loro riti,sulla loro mitologia,sulla loro vita quotidiana e espone questo suo sapere nei versi. Poiché furono scritti nell’arco di un decennio,i Poemi conviviali presentano tra loro differenze di concezione e stile. In tutto sono 16. Pascoli li dispone secondo un ordine cronologico e si va da quelli ispirati dai poemi omerici e alla grecità,fino alla Buona Novella. Tra i Poemi conviviali più famosi vi é “L’ultimo viaggio”,24 brevi canti. Il fanciullino: Il fanciullino,composto da 20 capitoli e pubblicato integralmente nel 1907,è il più importante scritto pascoliamo di teoria poetica. Dentro di noi esiste “un fanciullino”, un bambino che non cresce e che rimane in noi anche quando diventiamo adulti, continuando a comunicarci le sue sensazioni ed emozioni con la stessa voce. Ma noi non lo ascoltiamo perché impegnati ad affrontare le difficoltà della vita. Ad affascinare il fanciullino sono le gesta degli eroi,le avventure. Questo bambino non cresce mai ed è presente in tutti gli esseri umani. Secondo Pascoli, la poesia non ha alcuna utilità pratica, ma ha una «suprema utilità morale e sociale» La poesia spinge gli uomini a essere contenti di ciò che hanno, a moderare i desideri e anche i sentimenti. Dunque il poeta è colui che esprime la parola che tutti avevano sulle labbra e che nessuno avrebbe detta. Pascoli non esclude però la possibilità di una poesia storica e civile : la ammette a certe condizioni, ma avverte che la poesia civile,sociale,patriottica intristisce i libri. Il fanciullino è più complesso e articolato di quanto normalmente si pensi. Pascoli combatte per una sua visione della poesia e le sue posizioni contrastano Carducci e D’Annunzio. Combatte: anche se esprime le sue idee in un modo che talora sembra ingenuo,da bambino. Novembre: Pascoli descrive una giornata tiepida e serena nel periodo definito estate di San Martino, che cade attorno all’11 novembre. L’illusione di trovarsi in primavera svanisce in un attimo: gli alberi sono secchi e le foglie cadono. Gèmmea l'aria,[3] il sole così chiaro che tu ricerchi gli albicocchi in fiore, e del prunalbo l'odorino amaro senti nel cuore... Ma secco è il pruno, e le stecchite piante di nere trame segnano il sereno, e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante sembra il terreno. Silenzio, intorno: solo, alle ventate, odi lontano, da giardini ed orti, di foglie un cader fragile. È l'estate, fredda, dei morti. Analisi: Il titolo della poesia in questione richiama la stagione autunnale tutta e, in particolare, il mese dell’anno in cui si commemorano i propri cari defunti. Il poeta accosta, infatti, l’illusione che si prova in una giornata autunnale che sembra primaverile alla precarietà dell’esistenza. Se nella prima strofa della poesia ci troviamo dinanzi alla rappresentazione di una giornata cristallina di novembre che può, seppur per pochi istanti, portare l’illusione della primavera, colta sia attraverso sensazioni visive («gèmmea l’aria») che olfattive («del prunalbo l’odorino amaro»), nella seconda siamo già dinanzi alla consapevolezza, rafforzata dal Ma avversativo (v.5), che in realtà si sta vivendo la stagione autunnale che è una metafora dell’esistenza. L’albero spinoso del Pruno è secco e nel cielo si disegnano i reticoli dei rami spogli; non volano uccelli e il terreno risuona vuoto sotto il piede che vi cammina sopra; il vento fa cadere le foglie con un suono lieve. Questa è l’estate di San Martino, che Pascoli chiama “estate… Dei morti” (vv.11-12). All’illusione della primavera, che altro non è che una metafora della vita, si contrappone la realtà funerea, l’algida legge della morte. Vi è, dunque, una forte analogia tra la primavera, che rappresenta la vita e l’autunno, che è collegato alla morte. Si devono aprire le stelle nel cielo sì tenero e vivo. Là, presso le allegre ranelle, singhiozza monotono un rivo. Di tutto quel cupo tumulto, di tutta quell’aspra bufera, 15. non resta che un dolce singulto nell’umida sera. È, quella infinita tempesta, finita in un rivo canoro. Dei fulmini fragili restano 20. cirri di porpora e d’oro. O stanco dolore, riposa! La nube nel giorno più nera fu quella che vedo più rosa nell’ultima sera. 25. Che voli di rondini intorno! che gridi nell’aria serena! La fame del povero giorno prolunga la garrula cena. La parte, sì piccola, i nidi nel giorno non l’ebbero intera. Nè io… e che voli, che gridi, mia limpida sera! Don… Don… E mi dicono, Dormi! mi cantano, Dormi! sussurrano, 35. Dormi! bisbigliano, Dormi! là, voci di tenebra azzurra… Mi sembrano canti di culla, che fanno ch’io torni com’era… sentivo mia madre… poi nulla… 40. sul far della sera. Analisi: La mia sera è stata composta nel 1900. La poesia, in cui molti critici hanno visto evidenti analogie con La quiete dopo la tempesta di Giacomo Leopardi, descrive la pace serale di un giorno tormentato da un selvaggio temporale; in questa situazione meteorologica il poeta vede strette connessioni con la sua vita familiare, funestata dal misterioso omicidio del padre quando egli era ancora fanciullo. Ogni strofa è divisa quasi a metà a seconda del tema che lì viene svolto: il confronto tra la furia della tempesta e la “pace” (v. 8) della sera (strofe 1 e 2) oppure tra la situazione esterna e il proprio dramma personale (strofe 3 e 4); fa eccezione solo la strofa conclusiva (vv. 33-40), che conclude il discorso mettendo in rilievo i ricordi infantili del poeta. In una prospettiva più ampia, la suddivisione in due parti è altrettanto precisa: i primi venti versi presentano la situazione meteorologica, mentre i restanti (vv.21-40) presentano le analogie simboliche tra questa e lo “stanco dolore” (v. 21) che deriva al poeta dalla “nube [...] più nera” (v. 22) della perdita del padre. La poesia La mia sera presenta lunghe parti descrittive: durante la giornata il temporale ha imperversato con lampi e tuoni, mentre verso il tramonto il cielo è diventato sereno, ma la descrizione non ha nulla di oggettivo, bensì è totalmente simbolica: la sera che porta serenità dopo una giornata di tempesta sta ad indicare gli anni della vecchiaia, quando si avvicina la fine della vita, come già sottolinea l’aggettivo possessivo “mia” nel titolo, che anticipa la soggettività del componimento. Nelle prime due strofe assistiamo alla comunione del poeta con la natura, poi il riferimento alle vicende personali diventa via via più esplicito. In questo momento della “sera”, finiti gli affanni e le tragedie della vita, anche il peggior dolore si stempera nei dolci ricordi dei canti uditi da bambino. Poi giungerà il sonno, e con il sonno il “nulla”, la morte. Questa pace finalmente ritrovata dopo tanto patire, attraverso la consueta immagine del “nido”, rimanda alla sicurezza data dall’unità familiare e si configura come un ritorno all’infanzia e alle sue immagini rassicuranti, a cui nell’ultima strofa Pascoli si abbandona malinconicamente. Tra le figure retoriche del testo (alcune delle quali di uso tipicamente pascoliano) troviamo naturalmente onomatopee (v. 4: “c’è un breve gre gre di ranelle”; v. 33: “Don… Don… E mi dicono, Dormi!”), allitterazioni ed anafore (anche a lunga distanza, come per la ripresa del termine “sera” in chiusura di ogni strofe) che sottolineano i termini-chiave della poesie, e li propagano come in un “effetto eco”. Non mancano metafore (v. 22: “La nube nel giorno più nera”), metonimie (vv. 29-30: “La parte, sì piccola, i nidi | nel giorno non l’ebbero intera”, in cui i “nidi” indicano ciò che vi risiede dentro, ovvero i piccoli della rondine) e sinestesie (v. 36: “[...] voci di tenebra azzurra”).. Ė dentro di noi un fanciullino
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved