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Riassunto - Giovinezza di Alfieri, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Sintesi del capitolo "Giovinezza" dell'autobiografia di Vittorio Alfieri

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 23/02/2020

giorgiobondioli
giorgiobondioli 🇮🇹

4.5

(17)

6 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto - Giovinezza di Alfieri e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! EPOCA TERZA - GIOVINEZZA I - primo viaggio INIZIO: 4 ottobre 1766 COMPAGNI DI VIAGGIO: quattro padroni, due servitori, un aio (precettore), un cameriere: Francesco Elia. NARRAZIONE: introduzione della figura di Elia, vista dal Poeta come l'eroe protagonista dei viaggio, è un uomo sicuramente non colto, ma di esso ammira molto la fierezza, il coraggio e la fortezza d'animo  lo definisce nocchiero del viaggio. 1^ tappa:  15gg a Milano, non gli piacque molto, soprattutto perché nella Biblioteca gg a Milano, non gli piacque molto, soprattutto perché nella Biblioteca Ambrosiana trova un manoscritto di Petrarca; autore che non gradisce e non comprende. Non è particolarmente interessato all'arte  Spiega quindi che la sua intenzione è narrare l'effetto del viaggio su di lui e nient'altro. 2^ tappa  Bologna 1 solo gg e poi Firenze, per un mese, la prima città che gli piacque. Visita molti monumenti e musei, ma si ritiene ''privo del senso del bello'' e non riesce ad apprezzare l'arte. L'unico apprezzamento è nei confronti della tomba di Michelangelo, ma non per il suo aspetto estetico, quanto per la riflessione che fa sorgere nel poeta, ossia che tra gli uomini rimane nella memoria dei posteri solo colui che è riuscito a realizzare e lasciare qualcosa di stabile e materiale. Sorge poi la questione della lingua: parla francese poiché viaggia con francesi, e studia inglese. Per quanto sia nella culla della lingua italiana e sia affascinato da quel modo così elegante di parlare egli non prova interesse nell'apprenderlo e non riesce a farlo suo  Giunge alla conclusione che probabilmente questo disinteresse è dovuto alla delusione che prova nei confronti dell'Italia, debole e divisa in confronto agli altri Stati europei 3^ tappa  Roma. Tante aspettative nei suoi confronti, fu affascinato dalla Porta del Popolo. Roma inizialmente non lo colpì quanto si era aspettato, ma il suo interesse andò crescendo con il passare dei giorni. II - continuazione 4^ tappa  Napoli. In questa sezione narra della prontezza di Elia in seguito alla frattura di un braccio, di come sia stato coraggioso e forte da continuare a sostenere il viaggio. È un onore per lui avere al suo fianco Elia in questo viaggio. Napoli è lieta e popolosa, sono nel periodo del carnevale e nulla sortisce in lui alcun effetto, tutta la gioia e la festosità di quei giorni non lasciavano nulla in lui se non una estrema malinconia. Ragionando giunge alla conclusione che questo sentimento è dato dal fatto che egli sente la necessità di avere sempre cuore e mente occupati, e quando ciò non accade lo pervade la malinconia.  Ciò accade durante il viaggio perché il suo continuo peregrinare fa sì che egli non intraprenda una relazione amorosa. A spronarlo è soprattutto il desiderio di indipendenza da quel precettore che gli era stato affidato, scrive quindi una lettera a Torino in cui narra della sua buona condotta e del desiderio di viaggiar solo. Il desiderio viene accolto ed egli lascia quindi i compagni di viaggio per tornarsene, solo con Elia, a Roma. III - proseguimento 5gg a Milano, non gli piacque molto, soprattutto perché nella Biblioteca ^ tappa  Roma, accompagnato solo da Elia Stesso senso di malinconia, noia e usuale ignoranza e mancanza di sensibilità nei confronti del bello. Lì però incontra il conte di Rivera, ministro di Sardegna, che gli legge l’Eneide (che lui stesso in passato ha tradotto e spiegato) ma nuovamente non lo comprende, realizza che il suo intelletto andava sempre più ad arrugginirsi. Tramite il conte incontra Papa Clemente XIII e scrive nuovamente una lettera a Torino per poter ottenere un prolungamento del suo viaggio di un altro anno, per poter visitare Francia, Inghilterra e Olanda. Il suo curatore acconsentì e gli fornì millecinquecento zecchini, che a lui sembravano molto pochi, ma riguardo a quali non obiettò, per la paura di perdere tale opportunità. Decide quindi di risparmiare, in maniera anche eccessiva (ad esempio cercando di non pagare più Elia  alla fine gli diede il suo salario). 6^ tappa  Venezia. Durante questo viaggio cerca di risparmiare sulla carrozza prendendo il vetturino (servizio pubblico di carrozze, scadente) che però sopportò solo fino a Bologna; decise poi di non sfociare nella spilorceria e di risparmiare in altri modi. A Venezia si trattenne fino a metà giugno 1767 e, nonostante quello fosse l'anno in onore del duca di Württemberg e vi fosse quindi un ambiente gioioso, egli passò la maggior parte del tempo solo e senza uscir di casa. Anni dopo dedusse che quello stato d'animo fosse dovuto alle stagioni di mezzo (primavera/autunno) e superò la vergogna per le opportunità sprecate convincendosi che quella fosse la sua natura e che non poteva fare altrimenti. IV - fine del viaggio in Italia, arrivo in Francia La smania di risparmiare e lo scarso interesse nei confronti dell'Italia lo spinsero a non visitare nulla di Venezia, né delle altre città italiane attraversate per giungere all'imbarcazione per la Francia. Giunse quindi a Genova, città che in passato apprezzò molto, ma la situazione non cambiò. Incontrò il suo banchiere che, vedendolo privo di ogni stimolo, gli fece conoscere Carlo Negroni (aveva trascorso parte della sua vita in Francia) che gli anticipò, in modo vero e schietto, come fosse la vita in Francia. 7^ tappa  Francia, partenza: fine giugno 1767. Giunto in Francia si sentì consolato, soprattutto nel sentire un'altra lingua, vedere altri luoghi e altri volti. Giunsero a Marsiglia, città pulita e dal ridente aspetto, venne incantato dal suo paesaggio. Lì non strinse amicizia con nessuno, essendo lui di natura timida ma, avendo compagnia ad ogni pranzo e cena (alloggiò in una tavola rotonda), si dilettava ad ascoltare i discorsi proposti dai suoi conoscenti. La ragione più grande per cui giunse fino in Francia fu l'interesse per le opere teatrali, con maggiore interesse nei confronti delle commedie. All'epoca egli non si sarebbe mai immaginato che avrebbe composto poi delle tragedie, soprattutto perché era annoiato dall'interruzione dell'azione e dell'inserimento di personaggi secondari in esse, lasciandolo quindi insoddisfatto. Le tragedie che meno gli dispiacquero furono la Fedra (di Racine), l'Alzira e il Maometto (entrambe di Voltaire). Il lungo soggiorno a Marsiglia e il desiderio di ripartire fecero sorgere nel poeta il solito senso di malinconia e noia, per cui decise di partire alla volta della frenetica Parigi. V - primo soggiorno a Parigi 8^ tappa  Parigi, partenza a metà agosto 1767. Tutte le aspettative del poeta vengono deluse, l’ambiente è lurido e nebbioso, arriva a definire la città una ''fetente cloaca''. Col passare del tempo si rese sempre più conto che la sua prima impressione era veritiera, tutto era orrendo, incluse le donne. L’unica, magra consolazione era la bellezza dei paesaggi naturali, la facciata del Louvre e gli spettacoli teatrali. Lì non conosceva nessuno, finché a novembre non tornò a Parigi l'ambasciatore di Sardegna, che lo introdusse alla vita mondana. Anche questo lo stancò e decise di partire per Londra. Prima, però, venne presentato dall'ambasciatore alla corte di Versailles ed ebbe l'onore di conoscere Luigi XV che però, era risaputo, non era solito mostrare entusiasmo nei confronti dei forestieri. Il re non reagì in alcun modo di fronte alla presenza di Alfieri. Egli ricorda però con gioia di aver avuto la fortuna di conoscere lui e, in poco più di vent'anni (nel 1789) un altro Luigi re. Non 7^ tappa  Fine di novembre 1770, si dirige verso Londra, dove rimase per sette mesi. X - secondo intoppo amoroso a Londra A Londra ritrova una donna che lo aveva già colpito durante il primo viaggio, sposata con un gelosissimo nobile inglese. Dopo il duro colpo nell'Haja si fece rapire il cuore da questa donna e, nonostante le difficoltà dovute al geloso marito, iniziarono a vedersi segretamente. Era poi stato stabilito che la donna, in giugno, dovesse partire per mesi verso la campagna e il sentimento di disperazione e il desiderio di porre nuovamente fine alla sua vita sorsero di nuovo in lui. D'altro canto Alfieri sperava che l'uomo scoprisse il tradimento, cosicché potessero vivere apertamente la loro storia. La donna andò poi a trascorrere una decina di giorni in campagna, poco fuori Londra, e quando il marito si ritrovava a stare a dormire a Londra per ragioni lavorative, Alfieri la raggiungeva, convinto di non essere seguito da nessuno. Il giorno prima di uno dei loro incontri egli cadde da cavallo mentre era in compagnia del marchese Caraccioli, ma nonostante il braccio slogato, raggiunse l'amata. Nei giorni seguenti, stanco di restare a riposo, andò al teatro italiano e fu lì che il marito della donna lo raggiunse. I due si diressero verso Green Park e l'uomo gli raccontò d'aver saputo tutta la verità dalla moglie. I due quindi duellarono con la spada, e Alfieri ne risultò solo ferito, probabilmente perché la vendetta del marito non consisteva nell'uccisione dell'amante. Tornò al teatro e si diresse poi a casa della cognata dell'amata, dove la incontrò. La donna gli spiegò che il marito lo aveva fatto seguire e di fronte ai fatti ella non aveva avuto altra scelta se non dire la verità. Il marito decise di voler divorziare da lei e poi si sfidò con Alfieri. Tutti lo davano ormai per ucciso. Tornò poi dal Caraccioli che gli medicò la ferita subita. XI - disinganno orribile Elia quella sera lo cercò a lungo, addirittura fino alla casa del marito tradito, e vedendolo tornare con la sua spada, diede anche lui Alfieri per morto. Alfieri, tornato a casa e medicate poi le ferite, tornò immediatamente dall'amata. La donna pareva tesa, temeva che Alfieri mai l'avrebbe sposata, ma affermava di amarlo con tutto il suo cuore. Nei giorni successivi gli raccontò di un amore precedente, nato con il palafreniere di suo marito. Era stato lui a raccontare tutta la loro storia, probabilmente per punire la donna dell'abbandono. Alfieri si sentì ferito e furioso e si rese conto che mai avrebbe sposato quella donna, la lasciò e nonostante il ribrezzo che provava nei confronti di ciò che aveva fatto, riuscì comunque ad apprezzare la sua sincerità. Solo il giorno dopo, leggendo tutto l'accaduto sul giornale, si rese conto che lei aveva raccontato tutto. Si sentì furibondo, la insultò, si disperò. La donna decise di ritirarsi in un monastero in Francia, e per fuggire da tutti i giudizi sull'accaduto anche Alfieri decise di mettersi in viaggio. XII - ripreso il viaggio in Olanda, Francia, Spagna, Portogallo e ritorno in patria 8^ tappa  fine giugno 1771, ritorna in Olanda con Elia per rivedere D'Acunha ma, nonostante la ripresa dell'amicizia, la malinconia si fece in lui sempre più crescente e decise di partire alla volta della Spagna. 9^ tappa  si ferma a Parigi durante il viaggio verso la Spagna. Lì avrebbe potuto conoscere Rousseau, apprezzato più per la condotta che per gli scritti, ma non lo volle fare. Da Parigi, città che non gli piacque tanto quanto la prima volta, acquistò volumi di opere italiane e iniziò ad interessarsi agli artisti italiani; si vergognò, all’età di ventidue anni, di non aver mai letto nessuno di quei grandi poeti e prosatori. A metà agosto parte per la Spagna. 10^ tappa  Barcellona, avendo lasciati i suoi cavalli in Inghilterra, decise di comprare due bellissimi esemplari di cavalli spagnoli, che lo intrattennero e lo divertirono molto. Lì poi, grazie ad un vocabolario, lesse il Don Chisciotte, che lo appassionò molto (molti sono i parallelismi tra i due, entrambi conducono un viaggio senza meta con un cavallo e un fidato servitore [Sancho Panza = Elia] alla costante ricerca del luogo adatto a loro). 11^ tappa  Madrid, dove conobbe un orologiaio tornato da poco dall'Olanda, giovane pieno d'ingegno e che concordava con le idee di Alfieri riguardo alle barbarie viste durante i viaggi all'estero. Qui si ricorda di un atto spregevole che lui stesso ebbe nei confronti di Elia. Elia, come al solito, si mise a sistemargli la chioma, ma durante l'azione gli tirò involontariamente i capelli. Alfieri d'istinto colse un candelabro e glielo tirò sulla tempia. I due iniziarono a lottare furiosamente e l'orologiaio fu costretto a separarli. Col passare del tempo si rese conto dell'assurdità del suo gesto e se ne vergognò a lungo, D’altro canto sostenne che Elia avrebbe potuto benissimo ucciderlo, essendo più alto e coraggioso di lui, e ancora una volta si stupì della forza e della correttezza di quest'uomo, che si limitò a rinfacciargli l'accaduto di tanto in tanto. Il soggiorno a Madrid terminò dopo circa un mese e alla fine di dicembre 1771 si diresse verso il Portogallo. 12^ tappa  Lisbona, città che dall'esterno lo affascinò moltissimo, ma che ancora portava le cicatrici del terremoto che la colpì quindici anni prima, e che quindi lo deluse. Il soggiorno durò circa cinque settimane e lì conobbe l'abate Tommaso di Caluso, ministro italiano in Portogallo, uomo che stravolse il suo pensiero. Egli gli lesse delle poesie e gli disse che, secondo la sua opinione, avrebbe potuto essere un grande poeta, ma all'epoca Alfieri ancora credeva che ciò sarebbe stato impossibile. 13^ tappa  Valencia, di essa rimase affascinato dallo stupendo paesaggio, dalle limpide acque, dal cielo, e mai nessun paese gli lasciò tanto desiderio di esser rivisto. Passa poi nuovamente a Barcellona, dove regala i suoi cavalli spagnoli, uno ferito e uno affaticato dal viaggio e poi in fretta, senza nessun'altra lunga sosta, si imbarcò per Genova. Si fermò due giorni ad Asti dalla madre e nel maggio 1772 tornò a Torino, dopo ben tre anni di assenza. L’estate fu poi spesa nel guarire e rimettersi in seguito alle ferite subite durante il viaggio. XII - dopo essere rimpatriato, incappo nella terza rete amorosa, primi tentativi di poesia Narrazione del 1772/1773 Abita ormai a Torino, dove fonda con un gruppo di giovani, suoi vecchi compagni di accademia, di variegata estrazione sociale e conoscenze culturali, una specie di 'club' nel quale i giovani scrivono per diletto, soprattutto in lingua francese, e si divertono a indovinare chi di loro è l'autore di questi testi, posti anonimamente in una cassetta di legno. Questa attività lo diletta molto, ma ancora non crede che possa diventare molto più di un semplice passatempo. Incappa poi in un terzo e triste amore, per una donna già conosciuta e molto più grande di lui, che rimase poi al suo fianco fino al 1775gg a Milano, non gli piacque molto, soprattutto perché nella Biblioteca . Lei ne era così innamorata che alla fine lui stesso si innamorò e anche quando l'amore passò, non ebbe per molto tempo il coraggio di lasciarla. Nel mentre lui ebbe una malattia, che lo portò ad avere problemi di stomaco (mai del tutto risanati) e una lunga degenza a causa del prolungato digiuno. Durante questo periodo si rese conto di aver già rischiato numerose volte di morire in giovane età, e riflettendo comprese che l'unico modo che un uomo ha per far appurare dagli altri il proprio valore è la morte stessa. Si dimise poi dal servizio militare, al quale non aveva realmente partecipato essendo stato più di cinque anni in viaggio. Si ammalò poi anche la sua donna, e lui stette al suo capezzale per tutta la durata della malattia. Fu in quel periodo che prese una manciata di fogli e dopo moltissimo tempo riprese a scrivere in lingua italiana, che poco aveva parlato e letto negli ultimi anni. Scrisse delle scene di dialogo, come una specie di tragedia sulla figura di Cleopatra, della quale aveva visto numerosi arazzi durante i viaggi; ma una volta che la sua donna guarì egli le nascose sotto una poltrona e lì rimasero per molto tempo. Stanco della situazione cercò di fuggire a Milano, nella speranza di liberarsi da quelle catene d'amore. Il tutto fu vano, poiché pentito tornò a casa a Torino a chiedere perdono alla donna, che glielo concesse e che gli concesse anche di partire in viaggio. Visitò Milano, Genova, Firenze e Pisa, nella speranza di poter ancora fuggire. Ma dopo nemmeno 18 giorni tornò a Torino, incatenato a quella donna, finché, nel 1775gg a Milano, non gli piacque molto, soprattutto perché nella Biblioteca , esplose di rabbia. XIV - liberazione vera, primo sonetto Narrazione del 1774/1775gg a Milano, non gli piacque molto, soprattutto perché nella Biblioteca Ricominciò ad andare a teatro ma poi, per liberarsi di quell'amore, decise di non muoversi più di casa e di non cedere, al costo di vincerla o morirne. Per far sì di limitarsi in casa si tagliò i capelli. Il taglio corto lo faceva a tal punto vergognare che si isolò in casa, comunicando con gli altri solo tramite missive. Si intrattenne tramite letture che però, a causa del suo stato d'animo, non comprendeva. Cavalcò e passò così le sue giornate fino al marzo del '75gg a Milano, non gli piacque molto, soprattutto perché nella Biblioteca . Iniziò poi a comporre un sonetto, che inviò a Paciaudi, letterato e bibliotecario, che non lo apprezzò ma che cercò comunque di fare degli apprezzamenti per non farlo perdere d'animo. Si intrattenne con la lettura dei migliori poeti italiani e si decise poi di ripescare la sua tragedia, nascosta un anno prima sotto una poltrona. Notò quindi la sua somiglianza con il personaggio di Marcantonio e si propose l'obiettivo di portare a compimento l'opera. La scrisse e la rielaborò, la inviò al Paciaudi e sotto suo consiglio la rielaborò ancora. Il desiderio di imparare crebbe sempre più in lui, a tal punto che la sua casa divenne una specie di “semiaccademia”, ma essendo arrendevole di natura, tale progetto non gli trasse alcun vantaggio. Per un periodo il suo animo fu così tormentato da doversi far legare ad una sedia e farsi slegare da Elia, solo quando le sue crisi erano ormai passate. La situazione col tempo migliorò e il suo cuore si aprì a un nuovo amore, l’amore per la gloria. La sua opera ''Cleopatra'', in cinque atti, venne arricchita da una farsetta, in cui il poeta, con lo pseudonimo di Zeusippo, derideva la sua stessa tragedia. Scrisse poi “i poeti” e le sue due composizioni vennero recitate per due sere di fila a teatro, fu la sua prima esposizione al pubblico. Definì il suo ingresso nel mondo letterario tramite una metafora: “Il mio burlesco ingresso in Parnaso col socco e coturno (1. calzatura bassa tipica dei comici, 2. Calzatura alta per gli attori tragici) ad un tempo, è riuscito poi una cosa assai seria”  indica che il suo goffo ingresso nel mondo letterario con abbozzi di tragedie e commedie, ha poi col tempo dato i suoi frutti e fatto nascere le sue grandi opere. Si conclude così la sua giovinezza.
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