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Riassunto “Gramatica: insegnarla e impararla”, Schemi e mappe concettuali di Didattica Pedagogica

Riassunto del libro “Grammatica: insegnarla e impararla” di Cecilia Adorno, Franca Bosc, Paola Ribotta

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

In vendita dal 21/09/2022

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Scarica Riassunto “Gramatica: insegnarla e impararla” e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Didattica Pedagogica solo su Docsity! 1. Il concetto di “grammatica “ Grammaticalismo: atteggiamento didattico che vede l’insegnamento esplicito della grammatica come momento fondamentale della didattica di una lingua. Per lo studente c’è differenza tra: - imparare delle regolette grammaticali e saperle applicare in modo guidato negli esercizi; - interiorizzarle davvero, in modo da rendere automatica l’applicazione nel corso del discorso orale. Si può benissimo comunicare in una lingua straniera senza conoscerne la grammatica, esistono modalità pragmatiche di comunicazione che sopperiscono a tale mancanza. 1.1 La grammatica nelle opinioni di insegnanti e studenti 1.2 Quanti significati per la grammatica? Grammatica —> ellissi dell’espressione latina (ARS)GRAMMATICA —> greco GRAMMATIKÉ[TÉCHNE] “arte dello scrivere” Grammatica normativa o prescrittiva - individuazione di regole grammaticali che chiunque voglia esprimersi in modo corretto deve rispettare - stabilisce le regole sulla base di un modello ideale e immutabile al quale i parlanti dovrebbero adeguarsi —> è la lingua che si adegua alla grammatica Grammatica descrittiva - descrivere la lingua come effettivamente parlata dalla maggioranza , tenendo anche conto delle sua varianti regionali, situazionali e sociali - si limita ad individuare le regole di una lingua così come è normalmente usata dai parlanti —> è la grammatica che si adegua alla lingua Grammatica come langue —> sistema stratto delle regole che costituisce la struttura di una lingua. Grammatica può denotare anche direttamente le regolarità stesse, l’insieme delle regole grammaticali che costituisce l’oggetto stesso della descrizione. Il linguista ha il compito di rendere esplicite queste regole e i meccanismi di trasformazione che le interrelato, procedendo intuitivamente dall’osservazione degli enunciati prodotti dai parlanti e avvalendosi dei giudizi di grammaticità e agrammaticalità che essi vi attribuiscono. La grammatica generativa - Nata negli Stati Uniti alla fine degli anni ‘50 da Chomsky, che mirò a fare della linguistica una scienza rigorosa come tutte le scienze sperimentali - Scopo: fornire un sistema finito di regole che siano in grado di “generare” tutte e solo le frasi corrette di una lingua - Anni ‘80: si consolida nella Grammatica Universale, che prevede un insieme di principi (universali) e di parametri (con valori specifici per ciascuna lingua) - La linguistica generativa diventa così una vera e proprio a scienza cognitiva, impegnata a mostrare attraverso lo studio del linguaggio il funzionamento della mente. La grammatica della valenza - Teoria grammaticale della valenza: si sviluppa in Europa grazie a Tesnière ed è una manifestazione del cosiddetto “funzionalismo - valenza: designa la potenzialità che hanno i verbi, sostantivi e aggettivi di reggere un determinato numero di sintagmi che lo completano (zerovalente, monovalente, bivalente e trivalente). Così come per l’atomo per completare la propria configurazione atomica si lega ad altri atomi, così il verbo per completare la propria struttura semantica si lega ad altre unità linguistiche - consente di evidenziare le affinità fra complementi diversi tra loro come forma, ma che fanno tutti parte dei complementi richiesti dalla struttura semantica del verbo - consente di distinguere i complementi argomentali dai complementi non richiesti dalla struttura semantica del verbo - la semplice opposizione fra verbi transitivi e intransitivi non consente di evidenziare questi aspetti. “Grammatica” ha due significati di base: - insieme di regole di una lingua (g) - modello descrittivo di tali regole (G) 1.3 Le gramatiche pedagogiche (GP) Apposite grammatiche predisposte per l’insegnamento di una lingua e presentano maggiore o minore grado di contratività, ovvero livello di comparazione tra sistemi linguistici. Si basano normalmente sulle grammatiche descrittive. È basata su scelte pedagogiche che devono aiutare i discenti a capire ed interiorizzare in modo efficace determinati espetti di una lingua. Requisiti: - Utilità per il destinatario: - adotta diversi livelli di esplicitatezza e di dettaglio - stabilisce quali aspetti o varietà dell’uso linguistico vadano tralasciati e quali altri presi in considerazione - in che modo gli aspetti presi in considerazione vadano affrontati per soddisfare determinati obiettivi di apprendimento - Esaustività Esistono diversi tipi di grammatiche pedagogiche: - grammatica per il docente non in relazione con il materiale usato in classe - grammatica per il docente in relazione con il lavoro in classe - grammatica di riferimento per lo studente indipendente dal lavoro svolto in classe - grammatica per lo studente collegata al lavoro svolto in classe Grammatica linguistica - totalità - astrattezza - brevità - nessuna attenzione per la psicologia dell’apprendimento Grammatica pedagogica - scelta - concretezza - dettagli - categorie per la psicologia di apprendimento Comprensibilità Funzionalità: Una spiegazione che veda come complementari gli aspetti linguistici, quelli situazionali e quelli sociali della comunicazione. Dovrebbe descrivere e spiegare i mezzi linguistici in relazione ai loro usi reali nello scambio comunicativo Operatività: Descrizione delle forme e degli usi di una lingua condotta in modo essenziale e finalizzata a facilitare l’allievo ne suo processo d’apprendimento. Dovrebbe utilizzare un linguaggio semplice, non ridondante e immediatamente comprensibile 1.5 La competenza linguistica e la competenza grammaticale nel Quadro comune europeo Il “Quadro comune europeo di riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione” suddivide la competenza linguistico comunicativa in tre: - dimensione linguistica - dimensione sociolinguistica - dimensione pragmatica Le competenze linguistiche includono conoscenze e abilità riferite a lessico, fonologia, sintassi e altre dimensioni del linguaggio visto come sistema indipendentemente dalla valenza sociolinguistica delle sue variabili e dalle funzioni pragmatiche delle sue realizzazioni. Questa componente non si limita soltanto alla gamma e alla quantità di conoscenze, ma si occupa anche dell’organizzazione cognitiva e del modo in cui queste conoscenze sono immagazzinate e accessibili —> l’apprendimento grammaticale non deve ridursi ad un’acquisizione mnemonica e automatica di determinate regole morfologiche e sintattiche, ma deve strettamente connettersi allo sviluppo di una competenza metalinguistica che consenta di riflettere consapevolmente sui meccanismi e sulle strutture della lingua. Nel Quadro comune si: -cerca di superare l concetto che tale competenza sia legata solo alla dimensione formale del sistema linguistico - vuole evidenziare l’importanza della competenza metalinguistica che ha come oggetto di riflessione la lingua e la comunicazione 2.2.2 Il trattamento delle regole, dei loro ambiti di applicazione e delle eccezioni Ogni regola ha degli ambiti di applicazione che ne limitano l’uso e delle accezioni. L’insegnate può: - Scegliere di presentare in successione la regola, i sui ambiti, le sottoregole e le eccezioni —> l’insegnate propende per un’esplosione lineare; l’argomento va affrontato in toto in modo da “impedire” allo studente di commettere errori, anche in un lavoro creativo - Limitarsi ad enunciare una regola generale, e parziale, riservando ad altro momento ulteriori precisazioni —> seguirà un’esposizione graduata, aggiungendo nuove regole a piccole porzioni; bisogna evitare che lo studente sia costretto ad usare della regola più di quanto non sappia oppure bisogna accettare che. proprio per la sua conoscenza parziale produca errori Metodo grammaticale o strutturale o tradizionale —> metodo didattico fondato e organizzato sulla componente grammaticale della lingua 2.3 Il metodo diretto Insegnare la grammatica attraverso traduzioni è poco raccomandabile —> può portare lo studente alla cattiva abitudine di cercare ogni volta “la parola che corrisponde” a una parola della lingua madre, anziché “pensare nella lingua di arrivo”. Quando si incoraggia a vedere i rapporti esistenti tra espressioni della lingua di arrivo senza fare riferimento alla lingua madre, il sistema della lingua di arrivo può essere costruito in modo autonomo. Metodo audio-orale o diretto Metodo didattico centrato sull’insegnamento di strutture linguistiche attraverso modelli, che tende a escludere la riflessione esplicita sulla grammatica. Fa riferimento allo sforzo di mettere in contatto l’apprendente con la lingua “direttamente”, senza la mediazione della riflessione grammaticale. Il punto di partenza è l’esposizione della lingua, principalmente nella forma del dialogo orale. L’ascolto e la riproduzione di ciò che si è ascoltato occupano la maggior parte della lezione e la spiegazione grammaticale mira a scomporre in costituenti le strutture apprese, a non ad una ricostruzione del sistema. Obiettivo —> far acquisire delle abitudini verbali piuttosto che fare osservare delle regolarità (l’approfondimento grammaticale non è obbligatorio). Il docente ha un ruolo preminente perché è lui che fornisce il modello di lingua da imitare. Nasce come adeguamento della didattica alle teorie logiche del comportamento —> la teoria del comportamento postula come fatto esplicativo fondamentale dell’ agire umano il meccanismo di azione-reazione: ogni azione viene vista come reazione a uno o più stimoli; stimoli e risposte si susseguirebbero in maniera lineare come in una catena, dove ogni anello giustifica l’anello seguente ed è motivato dal precedente. L’adozione della visione comportamentista—> rifiuto di categorie esplicative grammaticali nell’intento di imitare quello che è ritenuto il modo di acquisizione della prima lingua da parte dei bambini o di chi per necessità deve imparare una lingua “naturalmente”, apprendendola dai nativi. Partendo da questo punto di vista si può ritenere che non vi sia nella pratica didattica alcun bisogno di utilizzare concetti grammaticali per “spiegare” la lingua degli apprendenti —> compito dell’insegnante sarebbe quello di instillare nell’ apprendente le corrette “ abitudini linguistiche” fornendogli stimoli adatti e un rinforzo adeguato. L’inserimento del linguaggio nel più ampio contesto di comportamenti umani porta con se l’attenzione ali scopi del parlare. 2.4 L’approccio comunicativo Negli anni recenti la linguistiche si è sempre più interessata individuare e descrivere le regolarità di funzionamento che accomunano le lingue del mondo al di là delle diverse manifestazioni superficiali. Due diversi modelli vendono proposti per descrivere e giustificare queste regolarità: Linguistica generativa —> approccio della linguistica teorica e descrittiva secondo cui le lingue sono descrivibili a partire da un sistema di regole, che consentono di descrivere strutturalmente le frasi e le forme possibili della lingua stessa. Ritiene che esse rispecchino le caratteristiche di funzionamento della parte del cervello proposta al linguaggio; la grammatica universale sarebbe insita quindi nella mente umana. Linguistica funzinalista—> approccio della linguistica teorica e descrittiva che propende per una descrizione delle lingue a partire dalle sue funzioni, cioè dai suoi usi e scopi, per arrivare alle forme che esse esprimono. Ritiene che le regolarità di funzionamento delle lingue siano dovute agli scopi per cui noi usiamo le lingue: la grammatica universale si configura allora come una serie di principi a un tutte le lingue soggiacciono perché tutte sono usate per gli stessi scopi. La ricerca empirica sull’acquisizione spontanea ha messo in evidenza l’esistenza di percorsi di acquisizione simili, indipendentemente da quali lingue vengono considerate. Le descrizioni linguistiche recenti danno sempre meno importanza all’aspetto pragmatiche e funzionale della lingua. Sarebbero questi scopi a stimolare e guidare lo sviluppo delle lingue e quindi anche la loro acquisizione. Approccio comunicativo Metodo didattico centrato sull’insegnamento di funzioni linguistiche sull’incremento della competenza comunicativa. Prende le rime mosse a partire dagli anni ‘70, è alla base di numerosi metodo ed è ancora oggi l’approccio alla base dell’insegnamento delle lingue straniere. Obiettivo —> raggiungimento da parte dello studente anche della complessa e articolata competenza comunicativa che comprende tutti gli aspetti di una comunicazione in grado d veicolare un significato: - competenza linguistica; - competenza sociolinguistica che si occupa delle varietà geografiche, temporali, dei registri e degli stili linguistici; - competenza paralinguistica che si occupa degli elementi prosodici non pertinenti sul piano strettamente linguistico (velocità del parlato, tono della voce, uso delle pause) usati al fine di modificare il significato; - competenza extralinguistica che si occupa dei significati non veicolati dal linguaggio verbale (competenza cinesica, prossimità e sensoriale). Si mettono sullo stesso piano la correttezza formale e la capacità di perseguire scopi e sortire effetti tramite atti linguistici. Si rifà alla teoria degli atti linguistici da cui derivano le funzioni da inserire nel sillabo e che forniscono la denominazione all’approccio chiamato anche funzionale. 2.5 Non un metodo, ma un approccio all’apprendimento: lo studio dell’acquisizione spontanea Esistono delle regolarità nei percorsi di acquisizione delle seconde lingue, ch sono state messe in evidenza in studi osservativi svolti a partire dagli anni ‘60 che si occupavano di indagare gli errori compiuti dagli apprendenti: si sono distinti su questa base: - Sbagli —> errori occasionali - Errori —> errori sistematici (questi sono stati attentamente studiati per evidenziarne le regolarità e darne delle possibili giustificazioni). Le produzioni degli apprendenti non devono essere considerate semplicemente come riproduzioni imperfette dell’originale, ma che siano da considerarsi come manifestazioni di un sistema linguistico diverso, ovvero che siano dotati di una vera e propria grammatica, anche se altamente instabile e in evoluzione, diversa in parte da quella dei parlanti nativi. Inseguito all’esposizione alla lingua e spinto dalla necessità comunicativa, l’apprendente mette in moto inconsapevolmente un meccanismo di acquisizione, che si configura come elaborazione di ipotesi a proposito del sistema della lingua, sulla loro verifica e sul loro progressivo riaggiustamento. Maggiore spazio viene dato alla grammatica, senza ritenere però lo scopo primario dell’insegnamento. —> l’acquisizione delle diverse strutture e classificazioni grammaticali non è il punto di arrivo del processo di apprendimento ma uno strumento. Viene proposta una grammatica funzionale alla comunicazione e la presentazione delle regole non segue un ordine. Ogni struttura va affrontata qualora lo richiedano le necessità dello studente è presentata in diverse fasi del percorso didattico approfondendone così ogni volta gli aspetti più specifici. Una seconda lingua può essere appresa anche senza un insegnamento esplicito, in modo spontaneo, semplicemente attraverso l’interazione con i parlanti nativi o l’esposizione all’imputato dei quella lingua e la possibilità di usarla i qualche ambito comunicativo. Lingua degli apprendenti —> interlingua o varietà di apprendimento Intake: ciò che l’apprendente recepisce dell’input Sistema di interlingua: regole che l’apprendente ricostruisce e di cui si serve per parlare Input: dati della lingua Output: produzioni Comprensione Ipotesi Verifica delle ipotesi Produzione L’acquisizione di una lingua Vi sono quattro oggetti linguistici: - percepibili e osservabili: input e output - ricostruibili solo a partire dall’osservazione del comportamento dell’ apprendente: inteke e sistema di interlingua La ricostruzione delle grammatiche di interlingua può essere un utile oggetto di conoscenza per gli insegnati, che possono strutturare in modo più mirato il proprio insegnamento successivo. Risvolti didattici che i risultati delle ricerche nel campo dell’acquisizione spontanea portano con se: - viene rivalutato l’aspetto creativo e l’atteggiamento attivo dello studente —> il materiale linguistico che viene fornito non è semplicemente imitato ma rielaborato in maniera autonoma; - viene rivisto il significato dell’errore —> l’errore non è un segnale di mancato apprendimento o di apprendimento imperfetto, ma la manifestazione di un sistema linguistico in evoluzione; - viene rinnovata l’attenzione per la lingua come sistema di regole e quindi come grammatica —> non si tratta di un semplice ritorno alle posizioni dei metodi strutturali, perché la grammatica è uno strumento di cui l’apprendente si impadronisce per esprimere delle funzioni comunicative. La competenza dello studente si misura nella sua capacità di usare la lingua e le sue regole e tale competenza si asserisce con l’uso della lingua in contesto. 2.6 Lo schema dell’unità didattica secondo le indicazioni del Quadro comune europeo Contestualizzazione culturale e comunicativa Output comunicativo Verifiche della comprensione Attività esercitativa di rinforzo Attività metalinguisticaAttività di comunicazione dal/sul testo Input testuale Strumento di interazione e comunicazione Modello di lingua Rappresentativo di usi comunicativi e di tipi di testo Fonte di problemi e attivatore di apprendimento 4. L’intervento dell’insegnante 4.1 Selezione degli argomenti Gli argomenti della grammatica che è necessario insegnare sono di solito già stati scelti dall’autore del libro. Sulla base di quali criteri?: - Ciò che è utile - ciò che crea difficoltà - ciò che si può descrivere tramite regole 4.1.1 Centro e periferia del sistema Primo criterio —> motivi per cui si impara una lingua - nel caso dell’insegnamento scolastico nessuno scopo è individuabile a priori ed è più difficile operare una sezione in questo senso; - per gli studenti che ad esempio voglio solo imparare a leggere e scrivere corrispondenza commerciale vengono studiati metodi ad hoc. È meglio imparare una lingua nel modo più completo possibile, ma ciò non toglie che le persone non interessate alla studio dell’italiano se non per scopi limitati o con particolare fretta di apprendere, possano aver bisogno di curriculum particolari. La lingua è un sistema in cui ogni linguaggio specifico ritaglia il proprio spazio a seconda delle proprie esigenze comunicative. Non tutte le parti del sistema hanno lo stesso peso al suo interno. Elementi diversi saranno più o meno centrali a seconda della loro: - pervasività: diffusione nel sistema. La flessione di genere è più centrale rispetto a quella di caso; - vitalità: effettivo impiego da parte dei parlanti, varia a seconda del tempo e del luogo di rilevazione. In molte varietà di italiano il passato remoto tende ad annullarsi a favore del passato prossimo. Nucleo comune —> insieme di conoscenze basilari, che essendo sfruttate da tutti i linguaggi e in tutte le funzioni comunicative, devono essere possedute da qualunque parlante e costituiscono quindi parte ineliminabile di un sillabo. Queste nozioni sono necessarie ma non sufficienti, per questo motivo vi andranno aggiunti settori diversi della lingua, stabiliti tenendo conto delle esigenze comunicative degli studenti La selezione può anche avvenire nell’obiettivo che l’insegnamento si propone: per ogni elemento linguistico, la competenza dello studente può essere attiva (lo studente sa usare una struttura nelle proprie produzioni) o passiva (saperla riconoscere nel parlato dei nativi). Di solito la competenza passiva viene esercitata prima di quella attiva. Il saper riconoscere un elemento costituisce in ogni caso il primo passo verso l’apprendimento, quindi una competenza passiva aiuta la successiva competenza attiva anche senza esercitarla in modo specifico. 4.1.2 Che cos’è un “argomento di grammatica” Grammatica —> ciò che si può insegnare attraverso un numero limitato di regole - non tutti gli argomenti di Morfosintassi sembrano essere facilmente ascrivibili e quindi insegnabili attraverso un numero limitato di regole; - anche argomenti lessicali e pragmatici possono essere suscettibili di una trattazione sistematica; - lo stesso argomento di morfosintassi può essere insegnato attraverso criteri grammaticali, semantici o empirici. Per l’insegnate madrelingua, che ha appreso il proprio sistema linguistico in forma implicita, il lavoro di esplicitazione delle regole può essere assai complesso 4.2 Progressione degli argomenti 4.2.1 I criteri di progressione Probabilmente vorremmo insegnare prima gli elementi semplici, frequenti e utili e lasciare gli argomenti difficili, rari e meno utili per fasi successive. Purtroppo queste tra esigenze sono spesso in contrasto tra loro. Es. la flessione dei nomi e degli aggettivi è un argomento complesso, ma in cui ci si imbatte immediatamente, perché di solito i manuali prediligono le ragioni della frequenza su quelle della complessità. Un criterio più convincente è quello di valutare la difficoltà di un settore della grammatica sulla base degli errori commessi dagli studenti. In questo caso bisogna fare attenzione anche ai risultati dell’analisi contrastiva: la somiglianza di una struttura fra una lingua e l’altra. Può interferire sia in senso negativo sia in senso positivo. Da questo punto di vista gli autori sono quasi sempre eurocentrici, ovvero considerano “semplice” ciò che è tale per un parlante di una lingua romanza o germanica. Un’altra definizione delle complessità di una struttura può basarsi sul numero di prerequisiti di elaborazione da essa richiesti. Ipotesi di insegnabilità —> una struttura non potrà essere acquisita prima che ne siano stati acquisiti i prerequisiti In quali casi la gradualità può aiutale? ad esempio la struttura fonologica di una lingua non viene presentata per gradi ma in blocco. Non sempre è evidente cosa significhi procedere per gradi: - talvolta è possibile —> presentare le regole prima delle eccezioni, applicare nelle esercitazioni regole separatamente prima che contemporaneamente, esporre concetti difficili da inquadrare in una serie di regole formali attraverso una serie di casi tipici; - talvolta è difficile —> imparare ad assegnare i sostantivi alla corretta classe flessiva È necessario tenere in conto le esigenze comunicative dello studente: es. il condizionale è più semplice del passato prossimo, ma viene insegnato dopo (criterio di utilità) 4.2.2 Acquisizione naturale e apprendimento guidato L’apprendente naturale, in condizione di bagno linguistico, si ingegna a crearsi una grammatica transitoria che soddisfi le sue esigenze comunicative e sia complessa nei limiti delle sue capacità di acquisizione. Nell’evoluzione attraverso successive varietà di apprendimento, l’efficacia comunicativa e la complessità strutturale sono strettamente legate: gli elementi che entrano più lentamente nell’ interlingua sono quelli che vengono ritenuti “meno salienti” (es. i morfemi lessicali che contengono più informazione, vengono appresi prima dei morfemi grammaticali). Questo porta l’apprendente ad attraversare una serie di frasi in cui la sua interlingua è efficace, ma scorretta. L’apprendente naturale progredisce verso grammatiche transitorie sempre più complesse e vicine alla competenza dei nativi. Una prima implicazione didattica degli studi di acquisizione è quella di ordinare il sillabo sul modello delle grammatiche transitorie dell’ apprendente naturale. La lingua distingue tra: - input: il materiale linguistico che all’apprendente è offerto dall’esposizione alla lingua; - intake: ciò che di tale materiale l’apprendente è effettivamente in grado di ricevere ed elaborare sulla base della sua competenza della lingua. Proporre un input che non è ancora pronto a divenire intake, potrebbe rivelarsi uno sforzo inutile. Andrebbe poi maggiormente sfruttata la distinzione tra competenza attiva e passiva —> la ricerca sull’acquisizione spontanea mostra come le fasi di produzione vengano compresse e in seguito, irregolarmente prodotte. Lo studente esercita la propria competenza passiva quando: - ascolta l’insegnate parlare nella propria lingua; - legge o fa esercizi di comprensione.. Sillabo lineare —> mira ad esaurire ogni argomento alla sua prima trattazione Questo tipo di strutta pare non trovare giustificazione dato che l’idea di successione lineare sarebbe appropriata se gli elementi o gruppi di elementi fossero legati da qualche tipo di relazione logica di dipendenza, oppure fossero tutti indipendenti. Ma la lingua è piuttosto un “sistema di sistemi” fittamente interrelati, al punto che ogni settore si può conoscere completamente solo per differenza dai settori circostanti. La migliore strategia è quella di ritornarvi più volte, ogni volta approfondendo e ampliando le informazioni. Questo modo di presentare gli argomenti è detto sillabo ciclico o a spirale. - Il ritorno va inteso come sviluppo; - Accettare l’uso di un sillabo a spirale significa perciò anche trattare valutare diversamente l’errore. Consente di procedere rapidamente ad argomenti comunicativamente necessari senza che questo venga rallentato da moli di regole grammaticali; - dovrebbe consentire la comunicazione prevenendo nel contempo la fossilizzazione, perché il periodico ritorno sugli argomenti permette di “tenere sotto controllo” costantemente la grammatica. 4.3 Il Quadro Europeo e i sillabi per l’intaliano Il quadro ha l’obiettivo di descrivere dettagliatamente le categorie e le sottocategorie descrittive dell’uso della lingua, i contenuti e gli obiettivi del processo di insegnamento/approfondimento, i risultati ottenuti e i livelli di acquisizione linguistica. L’obiettivo finale del quadro è di rendere possibile la messa in atto del Portfolio Europeo, la carta d’identità linguistica dei cittadini europei che ha bisogno di un codice comune per la traduzione dei sitemi di valutazione e dei loro parametri. Certificazioni dell’italiano: - CILS (università di Siena): CILS A1; CILS A2; CILS1 -> B1; CILS2 -> B2 - CELI (università di Perugia): CELI2 -> B1; CELI3 -> B2 Sillabo delle strutture morfosintattiche del livello CILS A2: - testi: le strutture morfosintattiche di cui è richiesta una conoscenza “passiva” - articolo determinativo e indeterminativo - nomi e aggettivi qualificativi - coniugazione attiva e riflessiva dei verbi all’indicativo presente e passato prossimo, all’infinito presente e all’imperativo - verbi modali - pronomi personali soggetto e complemento - aggettivi e pronomi possessivi dimostrativi e interrogativi - i più frequenti avverbi qualificativi, di tempo, luogo, quantità, affermazione e negazione - numeri cardinali - preposizioni semplici e articolate - la frase semplice: dichiarative, interrogative, volitive con l’imperativo - la frase complessa: coordinate (copulative, avversative, dichiarative) e subordinate esplicite (temporali, causali, ipotetiche, relative) - saper fare: la conoscenza “attiva”, le strutture morfosintattiche che gli studenti devono essere in grado di gestire e produrre, anche in caso di errori - genere e numero dei nomi regolari - aggettivi qualificativi (non è richiesta la concordanza nome aggettivo) - coniugazione attiva degli ausiliari essere e avere e dei verbi regolari ai seguenti modi e tempi: indicativo presente, indicativo passato prossimo, infinito presente, imperativo - verbi modali: potere, dovere e volere - pronomi: personali soggetto e ci (+ essere) - principali avverbi di tempo, luogo e altri frequenti - numeri cardinali da 1 a 20, le decine, centinaia, migliaia e milione - preposizioni semplici - la frase semplice: proposizioni dichiarative, interrogative (introdotte da chi, come, dove, quando, perché, che cosa) volitive con l’imperativo - la frase complessa: proposizioni coordinate introdotte da ma ed e - proposizioni subordinate: temporali (quando), causali (perché), ipotetiche (se), relative (che) Si tratta. Di un sillabo a spirale i cui argomenti vengono ripresi ed approfonditi. Lo studente produrrà sicuramente degli errori di iper generalizzazione. Il Quadro non da indicazioni di progressione per quanto riguarda gli argomenti grammaticali perché non può sostituire le gramatiche di riferimento, né imporre un ordine, ma solo fornire un quadro nel cui ambito gli operatori possono prendere decisioni. Da suggerimenti su che cosa si può fare per migliorare l’apprendimento linguistico e ha una sezione specifica anche per la competenza grammaticale per la gradazione e la selezione. La capacità di organizzare le frasi in modo che comunichino un significato è fondamentale per la competenza comunicativa, per cui bisogna tenerne conto nella selezione, organizzazione, presentazione graduale e uso di nuovo materiale. Solitamente si parte da brevi frasi costituite da una sola proposizione, i cui sintagmi sono costituiti da una sola parola, fino ad arrivare a frasi complesse costituite da molte proposizioni. Ciò non impedisce che si possa introdurre precocemente materiale che risulterebbe complesso, basterà presentarlo come una formula fissa o come una cornice predisposta per l’inserimento lessicale o come parole di una canzone che si impara globalmente. 5.4 Una risorsa per insegnare la grammatica: i dizionari valenziali Da un dizionari ci si aspetta di solito di imparare il significato di una parola non la grammatica. A volte però i fenomeni a cavallo tra morfosintassi e lessico rischiano di essere trascurati da entrambe le parti: è il caso degli schemi valenziali dei verbi. Valenza di un verbo —> il numero e il tipo di sintagmi che esso regge. La descrizione della struttura dei verbi nei termini della loro valenza può essere molto efficace dal punto di vista didattico: quando l’apprendente impara un nuovo verbo, questo può essere imparato con il suo schema di valenze. Per l’italiano un lavoro di questo genere è svolto dal “Dizionario italiano Sabatini Coletti” 6. Jrammatica e pragmatica La lingua è uno strumento di cui l’uomo si serve intensamente nelle interazioni sociali quotidiane e grazie al quale può formulare in frasi quello che pensa, ma anche compiere delle azioni. Teoria degli atti linguistici di J. Austin —> noi non solo diciamo qualcosa (atto linguistico locutivo ), ma nel dire facciamo anche qualcosa (atto linguistico illocutivo ) e inoltre attraverso il dire perseguiamo i nostri scopi (atto linguistico perlocutivo). Ed è proprio degli aspetti non semplicemente locutivi della lingua che la pragmatica si occupa, ovvero di come le parole possano essere impiegate dal parlante per “fare” determinate cose. Il tipo di forza illocutiva di una frase può dipendere dal contesto, ma soprattutto è veicolato da certi dispositivi linguistici come: - l’intonazione: interrogativa, esclamativa, imperativa - il modo verbale: imperativo per ordinare, condizionale per esprimere un desiderio - particolari parole dal significato non lessicale definibili come “particelle” o “marcatori” pragmatici —> qui pragmatica e grammatica si incontrano, giacchè è anche attraverso mezzi grammaticali che si definisce lo statuto pragmatico di una frase. Il Quadro comune dedica particolare attenzione alla competenza pragmatica e invita gli utenti a prendere sempre in considerazione e, se opportuno, specificare: - le caratteristiche del discorso che l’apprendente deve essere preparato/invitato a controllare; - le macro funzioni che l’apprendente deve essere invitato/preparato a produrre; - le micro funzioni che l’apprendente deve essere invitato/preparato a produrre; - gli schemi internazionali di cui l’apprendente ha bisogno o che deve essere invitato ad usare; - che cosa, dei punti precedenti, si ritiene sia già in suo possesso e che cosa debba essere insegnato; - i principi in base ai quali selezionare e disporre in sequenza microfunzioni e macrofunzioni; - come di può descrivere il progresso “qualitativo” della componente pragmatica. 6.1 Particelle di significato modale PURE - è un vero e proprio modificatore di illocutività e ha la funzione di attenuare la forza di ordine dell’imperativo nel senso di una concezione o di un permesso - Venga pure! —> il suo uso presuppone che l’interlocutore abbia espresso il suo desiderio di compiere l’azione denotata dal verbo. Il semplice imperativo può essere usato senza questa condizione contestuale. - nel suo significato primario è sinonimo di ANCHE MICA - Non sono mica scemo! —> non veicola la semplice negazione di un’asserzione, bensì la negazione di un’aspettativa dell’interlocutore - non ha mica una sigaretta? —> viene spesso usato nelle frasi richiestive con un effetto di maggiore cortesia rispetto a quello che si otterrebbe attraverso la negazione semplice TANTO - non correre, tanto non c’è nessun treno in partenza per Roma —> compare in posizione di iniziale di frase all’interno di enunciati articolati in due parti: un consiglio (enunciato con forza illocutiva di tipo esercitivo) e una ragione a sostegno del consiglio. Quello che esprime è l’equivalente di due alternative diametralmente opposte rispetto all’effetto che esse ottengono su ciò che esprime la seconda frase. Segnala l’ininfluenza di un certo comportamento legittimando cos’ quello opposto. - ha il significato di base di un avverbiale o aggettivo di quantità MAGARI - magari venisse! —> funzione di base di tipo ottativo (desiderativo), intensifica la forza illocutiva desiderativa del congiuntivo - Ti piacerebbe venire con me? Magari! —> può occorrere solo e costituire una risposta pragmaticamente marcata in senso desiderativo. Il parlante attenua il rifiuto mascherandolo col valore desiderativo. - un cioccolatino? Magari —> nell’uso assoluto può significare una risposta affermativa attenuata, equivalente a: PERCHé NO?. Il palante comunica un desiderio sottendendo l’accettazione dell’offerta - È l’equivalente di FORSE CHISSÀ - chissà cosa sta facendo il bambino —> trasforma una domanda diretta in una informazione con la quale il parlante comunica di avere il desiderio di sapere qualcosa - chissà se è possibile provare anche la maglia rossa —> è possibile che operi come mezzo di cortesia POI - questa, poi! —> segnala che il fatto a cui si riferisce non è l’unico che sorprende negativamente il parlante - non è poi così importante —> segnala un incongruenza tra quanto preventivato in precedenza e il risultato effettivo, che è migliore del previsto - può avere la funzione di segnale discorsivo metatestuale di continuazione - è l’equivalente di DOPO 6.2 Particelle temporali GIÀ - Giulia è già a Madrid —> un avverbio fra sale incoativo, il quale qualifica lo stato denotato da un predicato come iniziato da poco in seguito alla cessazione dello stato opposto. Talora il contesto fa emergere la componente di anticipo del significato, cosicché esso viene a significare che il passaggio dalla fase negativa a quella positiva è avvenuto in ritardo - possiede una componente di anticipo - è interrogabile e nagabile e può specificare un sintagma - non dispone di un uso assoluto, può sostituire da solo una frase quando assume la funzione interiettiva ORMAI - implica una fase negativa precedente - ormai dovresti aver capito! —> può alludere a un processo temporale conclusosi nello stato denotato dal predicato - spiacente, ormai l’ho rotto —> usato con un’implicazione di perduta possibilità - è indifferente sia all’anticipo che al ritardo - può essere utilizzato in modo assoluto con tono esclamativo - non è né interrogabile né negabile e ha la sintassi parentetica tipica degli avverbi di frase - dispone di un uso assoluto FINALMENTE - lessicalizza la componente del ritardo, cui si aggiunge una componente valutativa positiva - può essere usato in modo assoluto con tono esclamativo Se è relativamente facile tradurre un termine lessicale, non si può dire lo stesso delle particelle pragmatiche, il cui significato sfugge a traduzioni e definizioni perché non è costituito da un insieme di tratti semantici. Il loro apprendimento avrà bisogno di molti stimoli esterni ed esercizi, ed è esso avverrà compiutamente solo nel momento in cui l’allievo avrà modo di interagire direttamente con i parlanti nativi. Le particelle pragmatiche sono soprattutto usate nell’interazione orale non troppo formale. 6.3 Avverbi focalizzanti Avverbi focalizzanti —> hanno portato a, cioè agiscono su un sintagma (Focus della frase), di solito posto immediatamente dopo l’avverbio. ANCHE - significato di tipo additivo: oltre al sintagma in Focus, almeno un altro elemento si trova nella stessa situazione o ha la stessa caratteristica - significato scalare: l’elemento in Focus viene indicato come inaspettato o esterno rispetto all’insieme di possibili alternative PERFINO - contiene sia un significato additivo che uno scalare ADDIRITTURA - ha quasi esclusivamente un significato scalare SOLO - ha un valore quasi simmetrico rispetto ad ANCHE, avendo nel proprio significato una componente esclusiva, unita spesso a una componente scalare, che però non è obbligatoria PROPRIO - significa ESATTO PRECISO - indica che l’elemento in focus è l’unico a svolgere esattamente la funzione o a possedere le caratteristiche espresse dalla frase - alla componente di esattezza e precisione può affiancarsi un elemento di sorpresa per la coincidenza della condizione - nel ruolo di evidenziatore svolge una funzione simile a quella di una frase scissa - punta l’attenzione sul fatto che fra tante eventualità indifferenti fra loro si è verificata esattamente quella che, nel contesto, gode di uno status particolare. A seconda del contesto potrò esprimere sorpresa, paradosso, rimprovero - svolge un ruolo di intensificatore e di enfatizzatore, in maniera simile a DAVVERO, DEL TUTTO, COMPLETAMENTE 6.4 I segnali discorsivi Un tipo particolare di espressioni della funzione pragmatica è costituito dai cosiddetti segnali discorsivi ovvero espressioni di varia natura grammaticale che hanno una funzione connettiva a livello pragmatico. Segnali discorsivi interattivi —> funzione di esplicarsi nella struttura del discorso a due Dalla parte del parlante Presa di turno ALLORA, ECCO, DUNQUE, PRONTO, ME, PRONTO (al telefono) Riempitivi Per mantenere il turno in caso di difficoltà di pianificazione, vuoti di memoria o esitazioni logico-linguistiche EHM, PRATICAMENTE, CIOè, NON SO, DICIAMO, (silenzio) Richiesta di attenzione SENTI/A, MI SEGUI/E?, DI’/DIMMI/ DICA, GUARDA/I, VEDI/E/A, EHI! Fatismi sottolineano l’aspetto fatico del linguaggio, ovvero la connessione materiale o psicologica che collega emittente e destinatario. Sono quei segnali che costituiscono uno strumento di mantenimento del canale comunicativo o di coesione sociale Vocativi, Allocativi, SAI/SA, CAPISCI, COME DICI TU/DICE LEI Meccanismo di modulazione necessità di rafforzare o mitigare quello che si sta per dire PRATICAMENTE, IN QUALCHE MODO, PER COS’ DIRE, DIREI, IN UN CERTO SENSO, APPUNTO, PROPRIO, DAVVERO Controllo della ricezione CAPISCI/E?, CAPITO?, EH? Richiesta di accordo e/o conferma NO?, VERO?, NON è VERO? Cedere il turno NO?, DIMMI/MI DICA In Italia la situazione è da questo punto di vista particolarmente complessa: - La frammentazione politica che segnò la sua storia dalla tarda antichità fino alla metà del secolo scorso e l’unificazione tardiva rispetto a quella degli altri paesi europei fanno dell’affermarsi dell’italiano come lingua nazional un fenomeno piuttosto recente; - il sostrato dialettale italiano è molto variegato tanto che difficilmente un siciliano e un piemontese riuscirebbero a capirsi parlando dialetto. L’Italia è divisa in due dalla cosiddetta linea La Spezia-Rimini, che divide la Romània occidentale dalla Romània orientale. È normale quindi che ogni regione italiana abbia il suo italiano regionale, il quale sarà marcato soprattutto nella pronuncia rispetto all’italiano standard. 7.2.2 Diafasia Alla dimensione diafasia appartiene soprattutto il dominio delle scelte lessicali, ma anche la grammatica può essere resa più o meno essenziale a seconda del grado di formalità richiesto dal discorso. Registri —> le varietà della lingua in funzione del loro maggiore o minore grado di formalità. Da ascriversi alla dimensione diafasiaca della lingua sono: - sottocodici: linguaggi tecnici. Nessun parlante conosce tutti i sottocodici dell’italiano, ma solo una minima parte, altrimenti avrebbe una conoscenza enciclopedica. - gerghi: linguaggi di gruppi sociali particolari. Non sono semplicemente apporti supplementari al lessico della lingua, ma vere e proprie manipolazioni e storture del nesso significante-significato ordinario. Gergale è ad esempio il linguaggio dei giovani. Che brulica di metafore, iperboli e forestierismi distorti e può cambiare con velocità generazionale. 7.2.3 Diastratia Italiano popolare —> italiano regionale dei semi colti e degli incolti, ovvero di quei parlanti che hanno appreso come madre lingua il dialetto sul quale pochi anni di scuola elementare e media hanno innestato un italiano ricco di popolarismi semantici ed espressivi, malapropismi, ricostruzioni paretimologiche e semplificazioni varie. Popolarismo semantico —> espressione che ha assunto nella varietà popolare un diverso significato. Popolarismo espressivo —> l’uso metaforico o connotato di certe forme nell’italiano popolare. Malapropismo —> forma impropria Paretimologia —> falsa ricostruzione etimologica L’italiano popolare è caratteristico non solo nel lessico e nella pronuncia, ma anche nelle costruzioni grammaticali. 7.2.4 Diamesia È noto che di solito la lingua scritta tende ad essere più controllata e formale di quella parlata e la spiegazione sociolinguistica di ciò sta nel fatto che gli atti comunicativi più ufficiali e formali sono di norma scritti. Dal punto di vista psicologico, è vero che allo scritto si può dedicare più tempo e attenzione, mentre le esecuzioni orali si svolgono in tempo reale e sono perciò meno pianificabili e più soggette a meccanismi di semplificazione oltre ad essere più marcate dal punto di vista pragmatico. Per quanta attenzione si dedica alle forme orali, la didattica ha sempre preferito partire da forme linguistiche affini allo scritto, sia pure informale e quotidiano, per presentare agli studenti dei testi “normalizzati” e costruiti quanto più possibile secondo regole individuabili e insegnabili. L’ordine in cui sono disposti gli elementi di una frase è il risultato dell’influenza di diverse tendenze, talvolta in contrasto tra loro. La struttura sintattica canonica dell’italiano prevede: SVO (soggetto verbo oggetto). La struttura informativa di un enunciato invece tende a disporre le parole a seconde del loro valore informativo, secondo diversi criteri, i principali sono: Dato nuovo Le informazioni tendono a disporsi secondo un ordine che procede dall’informazione data (cioè già nota all’interlocutore) a quella nuova (cioè non nota all’interlocutore). La parte nuova è quella parte della frase che costituisce la risposta a una domanda, anche non posta realmente, cui la frase risponde Topic-comment Ogni enunciato tende a presentare come primo elemento l’argomento (topic) di cui si sta parlando, specialmente nel caso che esso sia un top Di regola dunque il dato precede il nuovo e il topic è posto all’inizio della frase. Quando queste tendenze informative contrastano con l’ordine sintattico canonico dell’italiano SVO si possono generare strutture informative e sintattiche particolari. Talvolta la semplice inversione dell’ordine soggetto-predicato consente di rendere una diversa struttura informativa della frase. La regola secondo cui in italiano il predicato segue sempre il soggetto ha bisogno di debite distinzioni: ci sono alcuni verbi, normalmente i verbi monovalenti o non transitivi, per i quali l’inversione predicato soggetto è più semplice Dislocazione —> un elemento della frase viene spostato dalla sua posizione e emarginato all’inizio o alla fine della frase. Il fatto è segnalato dall’ intonazione, che si spezza separando l’elemento dislocato dalla frase vera e propria. - a sinistra: consente di mettere all’inizio dell’enunciato il topic. La dislocazione a sinistra del complemento oggetto è frequentissima nell’uso orale e nello scritto meno formale. In uno scritto accurato puo essere usato con la stessa intenzione il passivo, che portando a soggetto il complemento oggetto della forma attiva lo pone all’inizio della frase; - a destra: il parlante inserisce una “coda” di informazione data dopo la arte nuova, recuperando al fondo della frase il topic, già noto, del suo enunciato, nel caso che questo non sia più chiaro. Vocalizzazioni contrastive —> l’anteposizione e accentazione dell’elemento nuovo ha lo scopo di metterlo in particolare risalto, in contrasto con un’aspettativa precedente. Frase scissa —> l’anticipazione del nuovo ha loscopo di metterlo in risalto, ma ha una struttura sintattica più elaborata in cui l’elemento nuovo viene incorniciato in una struttura del tipo “è x che…” Frase presentativa —> il parlante può spezzare in piccoli blocchi l’informazione nuova che sta introducendo Non sempre i fenomeni di modifica dell’ordine sintattico sono sintatticamente rigorosi: il topic posto all’inizio dell’enunciato può essere privo della preposizione che ne segnala il ruolo nella frase, o addirittura non avere alcun collegamento sintattico con la frase —> tema libero o anacoluto. È una forma da evitare perché sentita come trascurata nel parlato e considerata errore nello scritto. 7.3 Italiano standard e neo-standard 7. Formale aulico 8. Tecnico scientifico 9. Burocratico (CENTRO) 1. Standard letterario 2. Neo standard (regionale collto medio) (PERIFERIA) (PERIFERIA) (Sub-standardità) (Asse diamesico) 3. parlato colloquiale 4. regionale popolare (Asse diafasico) (Asse diastratico) 6. Gergale 5. Informale trascurato X Al centro dello schema stanno l’italiano standard letterario e l’italiano neo standard, che costituiscono il nucleo dei fenomeni unificanti e normativi della lingua. Il fatto che il “centro” sociolinguistico non coincida con quello geometrico è dovuto alla peculiare storia della lingua italiana che ha modellato lo standard sullo scritto letterario. Italiano standard —> è la lingua disciplinata dalle grammatiche, in linea di principio sovraregionale, colta e formale. Tale varietà ha alla base del modello fiorentino colto epurato di alcuni tratti idiomatici ed è di fatto parlata solo da ristretti gruppi professionali. Nello scritto invece è d’effettivo uso nazionale presso le classi colte e mediamente colte. Tuttavia è in atto un processo di “ristandardizzazione” dell’italiano standard che lo avvicina alle varietà sub- standard: la nuova norma è più vicina al parlato e meno formale e legittima il parlante colto all’uso di tratti che le grammatiche hanno fino a ieri censurato —> italiano neo-standard Tratti più importanti dell’italiano neo-standard: - neutralizzazione della distinzione tra [è] e [ò] aperte e [é] e [ò] chiuse: in italiano le vocali non sono cinque a sette, ad essere cinque sono i segni grafici. “E” e “o” sono ambigui perché possono corrispondere a sia a una vocale aperta che ad una chiusa. Questa distinzione oralmente è attuata unicamente in toscana, dato che la non distinzione grafica ne ha reso difficile l’affermazione. -neutralizzazione della distinzione tra [s] sorda e [z] sonora: questa distinzione in posizione intervocalica viene ignorata dalla maggioranza dei parlati italiani, che ripiegano sull’omologazione su uno dei due fonemi, sordo al sud e sonoro al nord. La pronuncia “settentrionale” basata sulla grafia ha il vantaggio di essere più regolare e prevedibile, inoltre vita, dal punto di vista sociolinguistico, un maggior prestigio - caduta della [i] prospettica davanti a [s] complicata - caduta della [d] eufonica: la [d] eufonica è quella prevista dalla norma standard apposta alla preposizione A e alle congiunzioni E e O per facilitarne la pronuncia quando seguite da parola incominciante per vocale. AD e ED resistono, OD è obsoleta - sostituzione della serie dei pronomi personali “egli/ella/essi/esse” con la serie “lui/lei/loro”: l’italiano possiede una doppia serie di pronomi personali, quelli tonici (egli, ella, essi, esse) e quelli atoni o critici in quanto, essendo privi di accento proprio si appoggiano intonativamente alla parola che precede (lui, lei, loro). La serie “lui/lei/ loro” ha ormai scalzato “egli/ella/essi/esse”, dato che i primi sono pronomi delitti ci, ovvero denotati da una o più persone presenti al momento dell’enunciazione e concretamente indicati dall’ enunciatore; i secondi invece sono pronomi anamorfici ovvero riferentesi a una o più persone già citate in precedenza. Dato che la serie “egli/ella/essi/esse” è sentita troppo formale e la serie “lui/lei/loro” troppo colloquiale, in funzione anamorfica s’intende a utilizzare strategie alternative come l’anafora zero (sottointendere il pronome) o delle perifrasi in sostituzione del nome. - ristrutturazione del sistema dei critici “gli” al posto di “loro” - rarefarsi dell’uso del “ciò” come pronome neutro a favore di “questo/quello”, eliminazione di “codesto”, rafforzamento dei dimostrativi con “qui” e “lì”, desemantizzazione dei dimostrativi e uso delle forme sferiche “sto/sta” per “questo/questa” nel parlato: nell’italiano standard il sistema dei dimostrativi è tripartito (QUESTO, CODESTO, QUELLO). Questo denota un oggetto o persona vicino a chi parla e chi ascolta o entrambi, CODESTO vicino a chi ascolta e lontano da chi parla e QUELLO lontano sia da chi ascolta che da chi parla. CODESTO è usato esclusivamente in Toscana. Il rafforzamento dei dimostrativi con “qui” e “lì” nel parlato è l’effetto di un processo di assimilazione dei dimostrativi all’articolo determinativo, ovvero di perdita della componente deittica da parte dei dimostrativi con la conseguente riduzione del loro significato ai tratti [+ definito] e [+ dato] - riduzione del relativo “il quale” a “che”: è diffusa la tendenza a sostituire IL QUALE con CHE nei casi diretti e con CUI nei casi obliqui. IL QUALE resiste nello scritto formale. - il “che” polivalente: nella frase scissa, subordinante temporale generico, sstitutivo di una congiunzione di tipo esplicitamente finale, consecutivo o causale. - topicalizzazioni, dislocazioni, frasi scisse e “c’è” presentativo: l’italiano neo-standard è molto ricettivo dei tratti del parlato in genrale, è ciò vale anche per quei particolari costrutti che, stravolgendo l’ordine canonico SVO dei costituenti della frase, ne riorganizzano la struttura informativa, ovver l’articolarsi di una parte “data” e di una parte “nuova”. - concordanze a senso: l’attribuzione di predicati plurali a soggetti morfologicamente singolari, ma semanticamente collettivi, specie se seguiti da partitivo. - riduzione dei nessi logici - riduzione dell’uso del congiuntivo: espansione dell’uso dell’indicativo con i verbi di opinione, nelle interrogative indirette, nelle ipotetiche dell’irrealtà (dove l’imperfetto indicativo sostituisce sia il congiuntivo della protasi che il condizionale della apodosi) e nelle relative restrittive. L’uso dell’indicativo sortisce anche effetti molto marcati diatopicamente e diafasicamente, ma il congiuntivo non da segni di cedimento nello scritto. Il congiuntivo più avere due funzioni: modale di esprimere incertezza dubbio o possibilità, e di marca di subordinazione. L’indicativo risulta inadeguato nel caso in cui lol congiuntivo abbia la funzione modale.
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