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Riassunto il cinema dell'estremo oriente, Appunti di Storia Del Cinema

Riassunto Libro "Il cinema dell'estremo oriente"

Tipologia: Appunti

2023/2024

Caricato il 26/05/2024

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Scarica Riassunto il cinema dell'estremo oriente e più Appunti in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! IL CINEMA DELL’ESTREMO ORIENTE Taiwan, Cap. 19, pp. 458-466. Parte prima: CINA POPOLARE Cap. 1: IL CINEMA CINESE DAGLI ANNI 80 AD OGGI A partire dalla terza plenaria del Congresso del Partito Comunista, Deng Xiaoping inaugura una stagione di riforme economiche trasformando il paese in una nazione statalista, capitalista, autoritaria e aperta al «libero mercato». Con la svolta denghiana raddoppia il numero di film e, grazie alla possibilità di vari registi di diverse generazioni di lavorare assieme, emerge una molteplicità di rappresentazioni che coabitano tra loro. I membri della Quarta generazione introducono nuovi paradigmi teorici, stili e strategie narrative proprie del cinema occidentale con un’inedita sensibilità per temi di natura umanista. Il decennio è segnato dall’emergere della Quinta generazione. Una coincidenza di fattori consente loro di assicurarsi visibilità in una situazione industriale ancora transitoria: 1. assegnazione a stabilimenti periferici o appena inaugurati, carenti di personale e quindi disposti a offrire loro una chance di regia senza sottostare a lunghe gavette 2. formazione corroborata dalla possibilità di studiare su film stranieri, sui capolavori cinesi degli anni Trenta e su testi teorici internazionali 3. coincidente affiorare di una stagione di «nuove onde» (Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud) che prepara il campo alla penetrazione di alcuni loro film nei mercati esteri 4. disinteresse verso temi contemporanei, ignorati in favore di soggetti ambientati in realtà atemporali per aggirare, con più facilità, le maglie del controllo politico. Il primo film della nuova generazione “One and Eight” di Zhang Junzhao, storia di otto criminali e un ufficiale militare che combattono contro l’esercito giapponese. L'opera mantiene ancora oggi intatti i lineamenti di rinnovamento per merito di alcune soluzioni formali visivamente coraggiose, per la carnalità dei corpi-personaggi e per un intreccio che a tratti riesce ad essere eterodosso. “Yellow Earth” di Chen Kaige, pellicola che narra l'inutile intervento di un soldato dell’ Armata Rossa nella vita di un villaggio contadino nello Shaanxi. “On the Hunting Ground” e “The Horse Thief” di Tian Zhuangzhuang, realizza due shaoshu minzu nei quali culti e tradizioni di due minoranze etniche sono raccontati senza alcun intento didascalico e l’esigenza di tracciarne le complementarità con la maggioranza han. "Black Cannon Incident” di Huang sulle tragicomiche avventure di un ingegnere scambiato dai suoi datori di lavoro per una spia. Black comedy e una riflessione sull'ottusità di chi tiene in mano le redini del potere. “In Their Prime” di Zhou, war-movie sulla guerra sino-vietnamita bloccato dalla censura perché reo di raffigurare i nemici come soldati psicologicamente più forti di quelli i cinesi. Wu Ziniu si specializza in war-movie spietati e tormentati. “Evening Bell” mette in scena, un dialogo possibile tra cinesi e giapponesi. “Sorgo rosso” di Zhang Yimou tratto da un romanzo di Mo Yan, un film seducente, ambiguo che narra la storia di una giovane ragazza che gestisce una distilleria di grappa e che attira l’interesse di alcuni personaggi maschili, cattura l'attenzione non solo per la presenza di Gong Li ma perché propone un corpus simbolico primigenio. Sancisce la bontà della politica produttiva portata avanti da Wu Tianming dal momento che Sorgo rosso sarà il primo lungometraggio cinese a conquistare uno dei tre premi festivalieri più rinomati al mondo (L’Orso d’oro) A unire i registi della Quinta generazione è la comune esperienza della Rivoluzione culturale, l’appartenenza alla cosiddetta «generazione perduta» privata di un’identità, di una professione e di una posizione sociale per quasi un decennio e ora spinta a ritrovarsi ma facendo affidamento soltanto sulla propria forza, sul proprio linguaggio, sulle proprie azioni concrete. Nelle produzioni, li lega l’uso ambiguo e stratificato del linguaggio audiovisivo e dei pattern narrativi, nella scrupolosità praticata per perimetrare sguardi e raggio d’azione dei personaggi nella fiducia nei confronti delle capacità di percezione e sintesi degli spettatori. Attraverso il loro lavoro diversificato affermano una triplice supremazia: mostrare sul raccontare, visibile sul narrabile, immagine sulla sua interpretazione. Ad accomunarne i destini è anche la tendenza a delegittimare le figure che incarnano le istituzioni, per mezzo di raffigurazioni in chiaro-scuro di soldati, insegnanti, quadri di partito, capi villaggio In One and Eight i protagonisti sono un ufficiale accusato di essere una spia giapponese e otto criminali, suoi compatì di sventura, informati sotto una luce positiva. Gli assalti dei giapponesi spingeranno i nove reietti a difendere la propria patria con maggiore dedizione rispetto ai militi del distaccamento da cui sono stati catturati. Analogo destino di sconfitta accomuna l’istituzione militare in Yellow Earth, The Big Parade, In Their Prime, Evening Bell. Questi film seguono un doppio criterio narrativo; smontare l’eroismo solitamente associato agli uomini in uniforme, lavorare sulla loro sfera psicologica per delineare il gioco sociale in cui sono stati inseriti senza possibilità di scelta e via di fuga. L'avvento della Quinta generazione determina un’ultima radicalizzazione delle tendenze, condivisa anche con gli altri registi più anziani: la raffigurazione della Cina medievale, mitizzata e arcaica, ancorata ai connotati immodificabili del territorio e al suo sistema di riti e fantasie. Campione dell’arbitraria proiezione dei simboli in un milieu fuori dal tempo è Zhang Yimou che con i suoi primi tre film Sorgo rosso, Ju Dou e Lanterne rosse racconta realtà di confine, descrive varietà di costumi registra la resistenza di talune abitudini culturali, denunciando il ruolo subalterno a cui è ricondotto l’individuo in questi contesti. Se l’obiettivo apparente delle pellicole citate è quello di criticare pratiche barbare e medievali o esaltare la diversificazione culturale del subcontinente, in realtà questo surplus di rappresentazioni frutto della soffocazione di natura identitaria affermata durante la Rivoluzione culturale ma anche delle paure dell’ignoto che sono determinate dal salto nel digitale ha consentito in questi anni, in Cina più che altrove, la formazione di immaginari collettivi dal basso e una circolazione di idee e ipotesi artistiche di rara intensità. Insieme al digitale emerge una seconda onda di cineasti, di cui meritano una menzione • Wang Chao: si segnala per The Orphan ofAnyang storia di un everyman che deve accudire il bambino di una prostituta e di un gangster malato di leucemia. Con Night and Day e Luxury Car riflettere sulle distanze tra identità pubbliche e private, sulla dissoluzione degli istituti familiari e l’ipocrisia che sorregge i rapporti interpersonali • Liu Bingjian: cineasta che ama il lato assurdo o inaspettato delle cose: Men and Women affronta il tema tabù dell’omosessualità femminile, Cry Woman mette in scena la storia di una donna che si guadagna da vivere piangendo ai funerali altrui. Plastic Flowers è il ritratto di una che gestisce una fabbrica di fiori di plastica. • Jia Zhang-ke: il primo lungometraggio, Xiao Wu, è un low budget in cui un piccolo borseggiatore timido e romantico incarna l’idea di cinema sostenuta da Jia. Xiao Wu ruba portafogli avendo cura di restituire alle proprie vittime le carte di identità come il cinema ruba immagini alla realtà avendo cura di restituire un’identità ai soggetti che riprende. Lo spirito etico che guida le sue azioni è lo stesso che vorrebbero conservare i cineasti che scelgono itinerari artistici fortemente collegati alle questioni sociali del paese I personaggi descritti sono i rappresentanti di una stagione che celebra il protagonismo del dilettante, il silenzioso eroismo dell’uomo comune, l’intensità significante dell’ordinari. Le centinaia di cineasti destinati, tra qualche anno, all’anonimia malgrado fiction o documentari interessanti e impegnativi sono come quegli operatori Lumière che tra Ottocento e Novecento vagavano per i quattro angoli del mondo alla ricerca di nuove vedute da registrare. Anche grazie ai sempre più numerosi e imponenti progetti di documentazione sociale che vengono avviati in questi anni, questi operatori wu ming (senza nome) stanno diventando i fautori, quasi impudenti. di un immenso archivio storico di immagini, patrimonio indifferenziato della comunità, che sfida il processo di amnesia collettiva che sta colpendo la Cina del nuovo corso capitalista. Rientrano in tale pentagramma alcune generali direzioni di sviluppo del cinema contemporaneo: 1. Tentativo di abbattere i tabù di rappresentazione (Zhang Yuan con East Palace West Palace uno dei primi film sull’omosessualità realizzati nella Terra di Mezzo) 2. Documentare ciò che viene cancellato, ignorato, espulso dalla società capitalista. 3. Analisi della disgregazione della famiglia, la confusione dei ruoli sociali, l’incomunicabilità di coppia, sintomi di una società che si avvia a vivere i mali di ogni borghesia mingong, contadino-operaio, ex lavoratore dell'industria agricola trasferito nelle metropoli per lavorare nei cantieri edili, figura che incarna le tendenze e le inclinazioni più recenti West of the Tracks: l documentario costituisce una testimonianza della dismissione di una zona industriale nel distretto di Tiexi. Il digitale e le nuove tecnologie producono un forte impatto di ammodernamento nelle produzioni mainstream, in quelli che anche in Cina iniziano ad essere definiti blockbuster. È Zhang Yimou a tirare la volata al nuovo filone di wuxiapian storici, film di cavalieri erranti dai poteri straordinari, collocati in un milieu temporale preciso, legato ai fasti delle dinastie imperiali del passato. Peter Loehr, fondatore di una delle prime case di produzione a capitali privati specializzata in opera di confezionamento medio/alto, mirate a un pubblico autoctono a cui si racconta i cambiamenti del paese. Chen Kaige in The Promise impone un’iconografìa fumettistica priva di qualsiasi referenza al reale e al film d’azione Wang Bing con A Journey of Crude Oil ritrae la vita di operai che lavorano in una industria petrolifera nel deserto del Gobi in un documentario. Cap.4: FUORI LUOGO: IL CINEMA DI JIA ZHANG-KE Nato a Fenyang nel 1970 da genitori di umili origini Fino a 23 anni vive in una piccola cittadina e come tale non può osservare con i propri occhi la trasformazione delle metropoli. Senza grandi ambizioni scopre l’amore per il cinema soltanto nel 1991 assistendo alla proiezione di Yellow Earth in un circolo di lavoratori. Entra all’Accademia del cinema di Pechino nel 1993 accedendo al dipartimento marginale di Letteratura filmica. il cinema di Jia Zhang-ke deve la sua originalità alla capacità di individuare lo spazio di azione delle tre figure che stabiliscono il senso delle cose: autorità, individuo e artista One day in Beijing: documentario girato in Piazza Tiananmen. L’idea di partenza è descrivere il disorientamento dei turisti stranieri di fronte all’enorme spianata cittadina, ma sono altre le figure a incuriosire la troupe, tra cui, i mingong, che si accalcano attorno al piccolo set cinematografico, incuriositi dalla presenza delle videocamere. Tale figura attrae il regista e filma Xiaoshan Going Home storia di un aiuto cuoco che vaga per le strade della città alla ricerca di qualche conterraneo che lo accompagni nel viaggio di ritorno al paese. Il mediometraggio anticipa il volto delle autorità che coincide con quella del Grande timoniere La prima immagine di Xiaoshan è emblematica: si tratta di un’incisione lignea su cui è raffigurato un uomo di fronte all’ingresso di piazza Tiananmen, davanti alla Porta della pace celeste, decorata con il «ritratto» del padre della nazione. Il Grande Timoniere appare il fantasma di una figura patema agli occhi di un giovane per qualche ragione confuso. L’icona maoista diventa per Jia un crocevia polisemantico irrinunciabile, una proiezione ipertrofica del potere da cui si deve passare per comprendere lo «stato delle cose» e dal cui sguardo pare impossibile sottrarsi. Xiao Wu storia di un borseggiatore «romantico», delinquente emarginato e solitario. Il racconto incomincia con l’episodio di uno scippo perpetrato da Wu durante un tragitto in corriera. L’azione è resa con un montaggio che alterna il dettaglio della mano del pickpocket in azione e il totale del cruscotto del bus dove campeggia il santino di Mao, appeso sotto lo specchietto retrovisore e il quale assiste al furto di un Self- Made Man che per non pagare il biglietto aveva finto di essere un poliziotto. Platform: affresco della prima fase dell’età delle riforme denghiane, ambientato tra il 1979 e il 1989. È la storia di quattro adolescenti che fanno parte di una compagnia teatrale di propaganda destinata, dopo la fine della Rivoluzione culturale, a chiudere i battenti. Nella sala prove della compagnia campeggia un grande ritratto di Mao ripreso in due circostanze: 1. quando Zhong Ping arriva in ritardo a una riunione perché è appena stata dal parrucchiere per farsi la permanente 2. quando balla con un vestito rosso e una rosa tra le labbra al ritmo di un sensuale flamenco. L’apparizione del simulacro maoista serve per ricordare allo spettatore che qualsiasi promessa di emancipazione viene vagliata da un potere invisibile. L’icona maoista se comunica apparentemente opulenza e fiducia, rappresenta in verità la migliore assicurazione che nulla cambi nei rapporti di forza tra individuo c istituzione Questa forma di trasformazione fossile è la principale accusa che Jia Zhang-ke rivolge, con ironia e acutezza, agli istituti politici che stanno gestendo il periodo delle riforme. In Xiao Wu il protagonista assiste alle fortune di Xiao Yong, ex amico di infanzia, ora onorato del titolo di «imprenditore modello dell'anno». La qualifica indica implicitamente i nuovi punti di riferimento del comunismo denghiano. La sofisticazione dei campi di competenza dei lemmi valica i supporti e contamina tutti i canali di comunicazione. La televisione mette in onda «programmi educativi» che spingono al voyeurismo e alla demagogia. I dazibao incollati sulle pareti degli edifici si trasformano in poster pubblicitari mentre gli altoparlanti che diffondevano la voce ufficiale del regime ora sono diventati mezzi di informazione commerciale. In Platform durante la sequenza dell’aborto di Zhong Ping l’operazione chirurgica avviene con in sottofondo un notiziario radiofonico che esalta la svolta «liberista» di Deng Xiaoping, come se l'aborto non fosse che l’effetto della liberalizzazione dei mercati e dei costumi In Unknown Pleasures durante la sequenza dell’arresto di Xiao Wu dai megafoni si reclamizza la lotteria statale, miraggio di facile guadagno simile a quello per cui immoleranno la loro adolescenza i due protagonisti; in In The World all’interno del parco a tema dove è ambientato il film, un’esplosione di messaggi pre-registrati inducono gli avventori a godersi l’esperienza ludica, come se a gestire il sapere e il piacere fosse un’autorità simile a quella immaginata da Kubrick in 2001. L'autorità estende il proprio controllo anche sull’area di espressione artistica del singolo: Qiao Qiao in Unknown Pleasures si esibisce in bisca clandestina per reclamizzare vini e liquori, ballando tra gli avventori del locale senza che alcun palcoscenico la protegga segnando il confine tra arte e merce, lavoro e svago, realtà e recitazione In The World, Tao e Taisheng vivono una crisi di coppia correlata alla sottrazione delle loro identità, inevitabile se si abita nel parco a tema) senza frontiere, stagioni, distanze, specificità culturali, e se si indossano solo costumi di scena; Jia Zhang-ke utilizza utensili considerati residuali, improduttivi e antieconomici come la carrellata lenta, il piano fisso, il campo lungo, l’ellissi. Quel che sfrutta, sono i materiali di scarto dell’industria cinematografica, come materiali di scarto sono i protagonisti che porta sul grande schermo. Unknown Pleasures, dialoghi sui muraglioni medievali tra Mingliang e Ruijian Xiao Wu, sequenza del bagno pubblico di sono tutti istanti dove intagliando lo spazio e diluendo il tempo si ottiene il massimo grado di verosimiglianza c, nel contempo, di astrazione, il più intenso momento di fenomenologia e, egualmente, il più denso surrogalo di un pensiero estetico. Sono i rumori delle attività umane a scandire la battuta, a cadenzare il respiro e sillabare il montaggio: i martelli e le sirene di Still Life e di Dong, il traffico di Xiao Wu e di In public, le fornaci di 24 City, le macchine da cucire di Useless, le giostre di The World. Abitudine del regista è quella di infondere ai suoi piani un’identità ibrida dove il principio di organizzazione della diegesi è reso friabile nella propria sfera d’azione: nel finale di Xiao Wu durante il quale un’improvvisa panoramica passa dal borseggiatore ammanettato al crocchio di passanti che lo fìssa incuriosito. Alcuni piani diambientazione di The World si caratterizzano per la presenza di skyline smaccatamente false eppure intimamente vere, a sancire l’impossibilità di capire dove si arresta la finzione e dove parte la realtà. Ancora più significative sono quelle inquadrature che ritornano, identiche, sia in Still Life, sia in Dong. L'uso frequente di lente carrellate laterali, di percettibili recadrage, di improvvisi splitscreen naturali, di vedute panoramiche. SEQUENZE CHIAVE: finali di Xiao Wu, Platform, Unknown Pleasures, Still Life: il primo per l’interpellazione diretta e minacciosa dello spettatore attraverso una panoramica che lo incita a domandarsi se è criminale o voyeur, fallito o delatore, il secondo per quel quadro di inquietante normalità famigliare dentro il quale si seppelliscono i sogni di emancipazione dei protagonisti &di quasi tutti i giovani che diventano adulti, il terzo per la fuga (dalla propria vita) senza speranza e fine di Xiao Ji e per il canto amaro di Bin Bin, il quarto per quell’equilibrista, simbolo del cinese medio, che cammina su una fune tra due ruderi (il comunismo e il capitalismo). piano sequenza durante il quale, in The World, Taisheng giunto in ospedale piange la morte di un operaio compaesano. Sanming in Still Life confronta il disegno della Baia delle Tre gole impresso nella sua banconota da 10 yuan con il panorama o osserva silenzioso il passaggio di un ufo In fondo, il cinema di Jia Zhang-ke è proprio come un ufo: un oggetto significante non identificato Parte seconda: COREA DEL SUD Cap. 5: IL CINEMA SUDCOREANO DAGLI NOVANTA AD OGGI La storia della Corea del Sud degli ultimi cent’anni può essere divisa in tre grandi periodi: 1. occupazione giapponese, istituzionalizzata nel 1907 e protrattasi sino alla fine della Seconda guerra mondiale 2. inizio della guerra con la Corea del Nord (1948), successiva divisione del paese (1952) e dittature militari, fino al 1991 3. democrazia, si apre nel 1992 con l’elezione di Kim Young-san, primo Presidente della Repubblica coreana senza trascorsi militari. Nonostante i travagli provocati prima dall’occupazione e poi dalle dittature, il cinema coreano aveva già conosciuto almeno due età dell’oro: la prima fra il 1926 e il 1938, la seconda «tra il 1955 e il 1969, quando l’industria del cinema risorse dalle rovine della guerra di Corea e costruì un cinema energico e pieno di divi, amato dai cittadini dell’epoca». Legge sul cinema del 1962 --> imponeva che le case di produzione dovessero ottenere una licenza governativa, cosa che di fatto bandiva la produzione indipendente. La libertà d’espressione dei cineasti era limitata da un processo di censura che interveniva in sede sia di sceneggiatura, sia di prodotto ultimato. La situazione si aggrava negli anni 70, il periodo più nero della cinematografia coreana, con una riduzione del numero di spettatori di un quarto rispetto al decennio precedente. La legge imponeva che una società potesse distribuire un film straniero solo dopo aver realizzato un certo numero di film nazionali, così le case di produzione sfornano lavori a basso costo e di scarso valore, indicati come quota quickies. Nel 1986, la sesta revisione della legge permise che le compagnie di produzione estere potessero operare direttamente sul suolo coreano, senza doversi affidare a compagnie locali, per distribuire film senza più alcuna restrizione né tasse d'importazione. La Corea divenne quindi terreno di caccia delle majors hollywodiane. Gli anni Novanta si aprono all’insegna di una notevole indifferenza del pubblico nei confronti del prodotto nazionale, e di una forte ingerenza della distribuzione americana. Si registra uno dei fenomeni che contribuiranno maggiormente alla rinascita del cinema coreano, ovvero l’ingresso nel mondo della produzione cinematografica dei grandi conglomerati industriali (i chaebol, come Samsung. Hyundai e LG) che risolvono quella mancanza di capitali che aveva a lungo afflitto il cinema nazionale. Nel 1995 viene emanata una nuova legge sul cinema, basata sul sostegno. L’ente ministeriale di censura è sostituto, nel 1999, dal Korean Rating Board, formato da critici, avvocati e persone del mondo dei media. Nel 1996, nasce il Festival di Pusan, che diventa una vetrina importante per il cinema coreano e sarà destinato a diventare il maggiore festival del continente asiatico. Il periodo dal 1996 al 2000 è considerato la prima fase del boom del nuovo cinema coreano: per la quota di mercato conquistata, per la capacità di allontanare i fantasmi della crisi provocata dalla congiuntura del 1997, per l’introduzione di nuove fonti di finanziamento che permettono una crescita dei budget, per la nascita di una nuova generazione di registi che esordiranno tutti in questi anni eper l’avvio di quel fenomeno dei blockbuster (film dal grande budget, divi, scene spettacolari ed effetti CG che aspira al primato nel box office, ma non sempre riesce ad arrivarci.) Shiri: considerato l’inizio vero e proprio del nuovo cinema coreano. Il film racconta il tentativo di un gruppo di terroristi nordcoreani di uccidere il presidente del Sud in un affollato stadio sportivo, e le conseguenti operazioni della polizia sudcoreana per far fallire l’attentato. Shiri scalò la classifica degli incassi riuscendo ad abbattere il precedente record ottenuto da Titanic, dando al cinema coreano una nuova fiducia nei propri mezzi. Fra le ragioni del successo del film ci fu la forma spettacolare e nazional-popolare data a un tema come quello del conflitto fra le due Coree, non più vissuto in biechi termini anticomunisti bensì echeggiando la tendenza dell’epoca verso la distensione tra Nord e Sud sfociata nel 2000 nella Dichiarazione congiunta dei due stati. L'uscita di Shiri avvenne nei momenti più aspri della lotta per il mantenimento dello Screen Quota System, tanto che la visione del film divenne quasi un dovere patriottico. Friend non era stato concepito come un blockbuster, ma lo divenne. ELEMENTI POSITIVI: alta quota di mercato dei film coreani, film e diritti di remake di film coreani cominciano ad essere acquistati da distributori stranieri e si diffonde una moda per la cultura popolare coreana detta Hallyu. ELEMENTI NEGATIVI: un numero elevato di blockbuster falliscono. La ricerca insistita del film di grande successo ha favorito una produzione mainstream, rendendo spesso angusti gli spazi per altre forme di cinema. Impennata costi di produzione dei film e dei compensi agli attori. Riduzione Screen Quota System. Nel 1988 si afferma l’era del realismo sociale caratterizzata dal comune punto di partenza di tutti i giovani registi che debuttano in quegli anni: la realtà. Nasce Io Changsan kotmae, il movimento cinematografico nazionale, che realizza in forme indipendenti film dal carattere militante come Oh the Land of Dreams e The Night Before the Strike che vedrà i suoi leader duramente perseguiti dalle forze dell’ordine. Park Kwang-su è in Corea l’epitome del cinema politico e militante, come testimoniano Chilsu and Mansu, Black Republic, To the Starry Island e A single spark film che denunciano la violenza politica e l’ingiustizia sociale celate nella vita quotidiana della gente comune e del mondo del lavoro. Jang Sun-woo, che partendo da premesse sociali simili di Park, si allontana però dal didascalismo di quest’ultimo. Pur non rinunciando a un richiamo diretto alla storia recente del paese e alle sue contraddizioni sociali, Jang rifrange questa sua attenzione in chiave metaforica rifacendosi, in una perfetta logica degli opposti, sia alla realtà dell’esperienza religiosa e sessuale A Petal è un film sull’occultamento del massacro di Kwanju e sulle sue tragiche conseguenze. The Age of Success è un’ironica presa in giro del mito del denaro; • The Host (2006), che dietro la facciata di un film di mostri, che gli ha garantito quello che è a tutt’oggi il maggior incasso della storia del cinema coreano, racconta una volta l’impotenza delle istituzioni che lasciano una famiglia sola a combattere contro la terribile creatura fuoriuscita dal fiume Han, proprio nel cuore di Seul. Guns & Talks (di Jang Jin)storia di quattro amici killer e del poliziotto che dà loro la caccia. Si tratta di una commedia piena di inventiva sul piano dei dialoghi, dello stile (si veda la scena in triplo splitscreen della perquisizione del poliziotto,la lunga sequenza dell’omicidio in teatro, la cattura del capobanda) e dell’intreccio narrativo (alquanto mosso e con frequenti andirivieni temporali). Jang è stato anche produttore, autore del testo e sceneggiatore di Welcome lo Dongmakgol uno dei maggiori successi della storia del cinema coreano. Il sentimentalismo che attraversa molti dei suoi film diventa protagonista di My Son, storia di un uomo che dopo quindici anni di prigione ottiene un giorno di libertà per andare a trovare il figlio che non vede dalla sua incarcerazione. Cap. 8: RITRATTO D’AUTORE - SENZA FAMIGLIA: IL CINEMA DI LEE CHANG-DONG Pur con solo quattro film all’attivo, Lee Chang-dong è una delle figure chiave del cinema coreano Green Fish, storia di un giovane che si batte per riunire la famiglia e finisce con l’essere ucciso dal boss della banda criminale cui si era unito e con cui aveva instaurato un rapporto filiale Peppermint Candy, riprendendo l’impeto militante di Park Kwang-su, narra la storia degli ultimi venti anni della Corea del Sud, con un movimento a ritroso nel tempo che dal presente va al passato, e ne ripercorre alcuni momenti salienti (il massacro di Kwangju, la dittatura militare e fascista, l’uso della tortura come mezzo per estorcere informazioni, la crisi finanziaria degli anni Novanta) attraverso le vicissitudini di un uomo che si è ritrovato a giocare «sia il ruolo di vittima, sia quello di perpetuatone di questa dittatura". Uscito simbolicamente il primo gennaio del 2000, il film è un invito a non dimenticare gli anni più bui del recente passato del paese. Il protagonista si rifugia in una banda criminale Oasis, narra la storia dell’amore impossibile fra un giovane appena uscito di galera con dei problemi mentali e una ragazza tetraplegica. Il film, ad oggi è l’unico del regista ad essere stato distribuito in Italia. Il protagonista si rifugia nella polizia. Per espiare la colpa relativa all’uccisione di un uomo in un incidente automobilistico, si reca a trovare la figlia dell'uomo per chiedete perdono a lei e ai suoi familiari. La donna finirà per accoglierlo fra le sue braccia, i parenti lo denunceranno alla polizia, provocandone l’arresto finale Secret Sunshine, storia di una donna che cerca inutilmente salvezza in un gruppo religioso, dopo il rapimento e l’assassinio del proprio figlioletto. Sin dalle loro battute iniziali, i film di Lee Chang-dong danno vita a una sorta di poetica dell’intruso, con l’arrivo del protagonista in un luogo e il suo confronto con un’entità collettiva che è in qualche modo infastidita dalla sua presenza e costretta a confrontarsi con essa. In Green Fish e in Oasis quest’entità è la famiglia. All’inizio dei due film, Mak-dong e Jong-du ritornano a casa dopo una lunga assenza, dovuta, per il primo, al servizio di leva e, per il secondo, all’internamento in un carcere. Entrambi all’arrivo dei mezzi pubblici che li riportano in città, non trovano nessuno ad accoglierli. Anche Peppermint Candy si apre con una scena di sgradita intrusione del protagonista, Young-ho, che irrompe nel picnic organizzato dai suoi vecchi compagni di lavoro, e rovina loro la festa prima coi suoi sguaiati atteggiamenti, e poi col tragico suicidio. Infine, Secret Sunshine inizia con la protagonista Sin-ae che, insieme al figlio Jun, arriva per la prima volta in vita sua nella cittadina di Milyang, luogo natale del marito defunto, decisa a stabilirvisi. Anche Sin-ae è un’intrusa all’interno di una comunità che l’accoglie con una certa diffidenza. La protagonista si rifugia in una setta di cristiani protestanti Il conflitto fra il singolo e il gruppo si esplicita come uno dei temi portanti dell’opera del regista, che questi poi sviluppa attraverso la rappresentazione di un rapporto di forza in cui l’individuo è costretto a soccombere. Ad accomunare i protagonisti dei film di Lee Chang- dong c’è il fatto che grava su loro un drammatico passato che è anche causa della precarietà del loro equilibrio psichico è proprio questa drammatica situazione a spingere i protagonisti dei film di Lee Chang-dong a cercare rifugio in istituzioni, congreghe o gruppi che in qualche modo li possano accogliere, lenire le loro ferite, offrir loro una sorta di consolazione Anche se non sembra esserci salvezza per i personaggi di Lee Chang-dong, tutti in qualche modo travolti da quelle entità in cui avevano cercato rifugio, paradossalmente i loro desideri trovano nei finali dei film una realizzazione. Green Fish si chiude con un epilogo che mostra come, grazie al denaro che Mak-dong aveva avuto in cambio dell’omicidio perpetuato, la sua famiglia si è davvero riunita sotto uno stesso tetto, gestendo un ristorante, così come sognava il protagonista. Allo Young-ho di Peppermint Candy è data la possibilità di ripercorrere indietro nel tempo la sua vita, e di ritornare così «all’origine di una purezza perduta: Sun-im, la donna amata», in un viaggio espiatorio verso un paradiso lontano dove tutto potrebbe ricominciare e svolgersi diversamente. Oasis si chiude con la lettera che Jong-du invia alla ragazza disabile dal carcere, mentre le immagini ci mostrano la stessa ragazza che sta facendo le pulizie di casa in un comportamento che nella sua normalità contraddice il modo in cui la giovane viveva prima la sua vita di reclusione: e i suoi gesti paiono coronare il desiderio di Jong-du, che più volte l’aveva portata fuori per invitarla a condurre, a discapito della sua disabilità, una vita normale. Secret Sunshine all’inizio del film Sin-ae consiglia alla proprietaria di una merceria di ridipingere il proprio locale per attirare un maggior numero di clienti. La donna reagisce con una certa perplessità, credendo Sin-ae una restauratrice alla ricerca di lavoro. Alla fine del film, quando Sin-ae sta rientrando in casa, la donna della merceria la ferma e le dice di aver seguito il suo consiglio: ha ridipinto il suo negozio, e la clientela è aumentata. Si coglie così anche il senso che è la volontà della protagonista di entrare a far parte di una nuova comunità, in grado di incidere anch’essa sulla sua realtà, contribuendone al miglioramento. Nei rapporti fra i protagonisti dei film di Lee e la comunità sociale di cui questi sono parte, il ruolo di outcast esistenziali che essi assumono è determinato dalle loro colpe. Il personaggio più emblematico di questo atteggiamento è lo Young-ho di Peppermint Candy, col suo passato di assassino (per caso) e di torturatore (per scelta) “ad ogni tappa della sua esistenza, sarà riacciuffato da un vecchio dolore fondante il suo odio per sé stesso”. Le sue colpe sono condivise anche dal gangster Mak-dong di Green Fish, che arriva a uccidere per obbedite al padre-padrone, così come colpevole è anche il Jong-du di Oasis che coi suoi comportamenti mette nei guai i fratelli, costretti più volte ad andarlo a riprendere al dipartimento di polizia. La Sin-ae di Secret Sunshine, si macchia di qualcosa, quando usa Jong-chan, il garagista di lei innamorato, come una sorta di cavalier servente, ma ignorandone con crudeltà i sentimenti. Gli eroi di Lee Chang-dong percorrono il loro calvario all'interno di strutture narrative che rievocano il genere per eccellenza del cinema sud-coreano: il melodramma I protagonisti dei film di Lee Chang-dong sembrano condannati da un destino che non dà loro tregua eppure uno spiraglio sembra aprirsi: se Green Fish vede morire il suo protagonista contro il parabrezza dell'auto dell’uomo che l’ha ucciso, Peppermint Candy allontana il suicidio del suo «eroe» collocandolo all’inizio di un film che invece termina col compiersi di un viaggio in cui questi ha fatto ritorno alla sua purezza iniziale. Oasis termina si con l’arresto di Jong-du, ma la lettera conclusiva che scrive alla ragazza lascia loro almeno la possibilità di un qualche futuro, per quanto diffìcile esso possa essere. In Secret Sunshine, Sin-ae appena uscita dall’ospedale psichiatrico, si risistema i capelli davanti a uno specchio che Jong-chan tiene fra le mani, mentre la macchina da presa si sposta verso terra, inquadrando vicino a una zona d’ombra, quella illuminata da raggi di sole. Parte terza: GIAPPONE Cap. 9: IL GIAPPONE DAGLI NOVANTA A OGGI I Settanta e gli Ottanta sono decenni di prosperità e benessere che fanno del Giappone una delle più grandi potenze economiche mondiali. Ma il sogno si interrompe bruscamente all’inizio del decennio successivo con lo «scoppio della bolla» e l’avviarsi di una crisi che dà vita al «decennio perduto», nel corso del quale il tasso di crescita del paese si riduce , i salari e i consumi diminuiscono, e la disoccupazione, cresce. Il «decennio perduto» è stato segnato da un generale senso di smarrimento esistenziale. Sarà in questi anni difficili che il cinema giapponese ritroverà quella forza espressiva che aveva smarrito. Gli anni Settanta e Ottanta sono quel periodo che si colloca fra «il collasso dello studio system che ha sostenuto il cinema giapponese per settant’anni e l’emergere di una nuova generazione di giovani produttori che supporta registi indipendenti» Un ritorno alle origini, al chase-movie Shuffle è rappresentato da Dead End Run un film di inseguimenti a tre episodi girato in digitale e che ricorre a un nuovo sistema audio. Kurosawa Kiyoshi muove i suoi primi passi realizzando film in 8mm negli anni dell’università, e arriva a coronare questi sforzi con un premio del PiaFF per Vertigo College che gli consente di entrare nel mondo del cinema e lavorare come assistente sul set di registi important Nel 1983 la Nikkatsu lo arruola nel mondo del Roman Porno per cui gira Kandagawa Wars e Joshi dai sei: hazukashii seminaru (Ragazze universitarie: seminario vergognoso, 1984), che portano alla rottura fra compagnia e cineasta. The Excitement of the Do-Re-Mi-Fa Girl: film che in un intreccio erotico introduce una serie di elementi ripresi dal cinema di Jean-Luc Godard e della Nouvelle Vague, manifestando subito una naturale vocazione alla ricerca espressiva pur all’interno delle strutture di genere. Lo scontro con la Nikkatsu ha conseguenze pesanti: Kurosawa finisce in una lista nera, e per quattro annni viene ostracizzato dall’industria cinematografica giapponese. Il regista ritorna all’università che aveva frequentato da studente e tiene una serie di lezioni sul cinema. È un momento fondamentale della sua carriera per due ragioni. 1. stringe un legame di amicizia con Hasumi Shigehiko, di cui aveva seguito i corsi in quella stessa università e che aveva contribuito non poco ad accendere in lui l’amore per il cinema di genere inteso come una sorta di canovaccio da cui partire per approfondire la realtà dell'uomo e del mondo. 2. con i suoi seminari, Kurosawa diventa punto di riferimento per un gruppo di aspiranti cineasti che daranno un contributo al Nuovo cinema giapponese del 1995: Aoyama Shinji, Shinozaki Makoto, Shiota Akihiko. Suo Masayuki e Manda Kunitoshi. Nel 1989 Kurosawa ritorna finalmente dietro la macchina da presa con Sweet Home che di inaugura la sua carriera di regista horror. All’inizio degli anni Novanta, Kurosawa non è ancora riuscito davvero a emergere, di una certa importanza risulta l’esperienza nel V- Cinema, in cui realizza una decina di film, fra cui la serie Suit Yourself or Shoot Yourself! giungendo a quella maturazione espressiva che lo porterà al suo capolavoro, Cure un horror metafìsico in cui il lavoro sulla profondità di campo va di pari passo con l'esplorazione delle pulsioni nascoste nell'uomo e nella società. Cure è il film che fa di Kurosawa un autore a tutto tondo dei Nuovo cinema giapponese, riconosciuto anche sul piano intemazionale: ruolo che manterrà sia coi suoi successivi horror, in particolare Pulse, Loft e Retribution La filmografia di Kurosawa si presenta come un’opera compatta e coesa, fatta di spazi desolati e luoghi abbandonati; di giovani «senza legami con gli altri, senza genitori, senza amici, senza amori e, beninteso, senza rapporti sessuali»; di personaggi in solitudine, opachi e reticenti, che si trascinano stancamente verso la propria fine, segnati da un’identità vaga e sfuggente. Ha uno stile costruito su piani sequenza e immagini distanti, dove ciò che conta può essere relegato sullo sfondo e ai bordi delle inquadrature. Il terzo «padre» della nuova onda del cinema giapponese è Tsukamoto Shin’ya il quale sfoga la sua passione per il cinema - in particolare per i kaijù eiga, i film di mostri alla Godzilla realizzando 8mm nel corso degli anni 70 e fondando il gruppo teatrale «Kaijù Gekijó» (Teatro dei mostri marini). Quando nel 1979 entra nel mondo del lavoro in una televisione commerciale, il suo personaggio di artista underground deve confrontarsi con la realtà del salaryman. Realizza due cortometraggi in cui la passione per il cinema di mostri si fonde con il cyberpunk: The Phantom of Regular Size: protagonista è un uomo che si trasforma in cannone umano The Adventure of Denchu Kozo: ragazzo sulla cui schiena cresce un palo elettrico. Tetsuo: The Iron Man: storia di un salaryman che si trasforma in una creatura meccanica metafora della riduzione dell’uomo a ingranaggio produttivo, dove l’alienazione urbana acquista una sua fisicità, divenendo essa stessa corpo. Girato in bianco nero, quasi senza dialoghi, con un montaggio rapido, frenetici movimenti di macchina, rudimentali accelerati, inquadrature instabili, un andamento narrativo sincopato, un’illuminazione, un trucco e una recitazione espressionisti, una colonna sonora fatta di stridenti percussioni e «musica industriale» --> diverrà un cult degli anni Novanta e riporta il cinema giapponese alla ribalta interazionale. TEMI DEL SUO CINEMA: rapporto alienante fra l’individuo e la metropoli all'idea che l'esistenza possa definirsi a partire dal confronto col dolore e la morte: è solo quando le sicurezze vengono meno che possiamo arrivare a comprendere il vero significato dell'esistenza, attraverso la riscoperta del corpo e dei sensi. I protagonisti di Tsukamoto sono persone immerse nella routine quotidiana, ne subiscono i disagi, le pressioni, sacrificano le loro sensazioni fìsiche ed emotive. Poi accade qualcosa, spesso rincontro con qualcuno, che manda all’aria il loro sistema di vita e li «getta nell’inferno costringendoli a ripensare alle proprie esistenze: quel che emerge alla fine è che essi sono cambiati, a volte irriconoscibili, ma sempre in meglio» Haze 49 deliranti minuti di un uomo che si risveglia in un cunicolo labirintico da cui cercherà disperatamente di uscire, Tsukamoto realizza gli onirici Nightmare Detective e Nightmare Detective 2 narrano le vicende di un giovane tormentato che ha la possibilità di entrare nei sogni altrui. Gli anni Ottanta si chiudono con l’esordio alla regia di Kitano Takeshi cineasta diventato più il paese degli anime e dei manga, che non quello delle geisha e dei samurai. Il suo debutto nel cinema avviene per conto di una major, la Shochiku, ma da cui si renderà indipendente fondando nel 1992 una propria società di produzione, l’Office Kitano. Violent Cop suo film d’esordio, è la storia di un poliziotto che non ha niente da perdere, impegnato in una lotta senza quartiere contro una potente banda di criminali e un efferato killer psicopatico. Il film è legato al mondo della yakuza (gangster) Boiling Point storia di un giovane che deve combattere contro un gruppo di delinquenti, Sonatine banda yakuza obbligata a trascorrere una vacanza sulle spiagge di Okinawa, Hana-bi storia del dolente amore di un uomo e della moglie malata terminale, inseguiti da una banda yakuza e da una coppia di poliziotti Brother il protagonista è uno yakuza in trasferta negli Stati Uniti. Si tratta di un insieme di film che riscrivono il genere yakuza. La filmografia di Kitano si presenta come un’opera coesa fondata su una dialettica di elementi antitetici fra loro quali quelli di violenza e gioco («molti personaggi di Kitano prima di morire fanno una cosa molto semplice: si mettono a giocare»). crudeltà e dolcezza. Sulla pulsione di morte che segna quasi tutti i suoi protagonisti; su un metodo di lavorazione affidato all’improvvisazione; su uno stile peculiare fatto di immagini statiche, campi lunghi, ellissi, fuori campo, un montaggio alieno in cui «un’intera situazione viene condensata e “congelata” in due o tre inquadrature con un effetto di sintesi e di intensità stupefacente. Getting Any? con Takeshi's e Glory to the Filmmaker: due film autoreferenziali, in cui mette in scena sé stesso e il proprio ruolo di regista e uomo di successo rifacendosi a una sorta di format televisivo per sketch, ricorrendo a frequenti soluzioni comiche di tipo demenziale e non sense e intessendo una narrazione slegata e divagante di riferimenti al mondo della televisione e dello spettacolo nipponici. Ichikawa Jun, Koreeda Hirokazu e Kawase Naomi rappresentano quello che è oggi il cinema d'autore in Giappone. Ichikawa esordisce nel cinema di finzione con Bu•Su storia di un’apprendista geisha Lo stile calmo e controllato, l’attenzione alla dimensione interiore dei personaggi, la capacità di cogliere il senso attraverso un gesto e uno sguardo sono caratteri che hanno spesso spinto la critica giapponese a definire il suo cinema con l’espressione jimi (calmo, senza scosse). Ichikawa ha più volte dichiarato che un punto di riferimento del suo cinema è Ozu, come possono testimoniare l’esplicito omaggio di The Tokyo Siblings storia di un fratello e una sorella orfani, che vivono nella casa che era dei genitori, alle prese col possibile matrimonio di lei l’uso ricorrente di inquadrature di transizione che sospendono la narrazione e consentono il fluire di quei sentimenti che il film ha suscitato nello spettatore. Un elemento ricorrente del cinema del regista è la dimensione metropolitana nel racconto attraverso sequenze di montaggio dedicate alla città, ai suoi abitanti e ai loro riti quotidiani, come in Tokyo Lullaby, Osaka Story, Tokyo Marigold e Dying in a Hospital: film quest’ultimo che, a metà tra fiction e documentario, narra di alcuni malati terminali, ripresi sempre da una certa distanza come a indicare le difficoltà di ognuno a stabilire un rapporto con chi sta morendo, dove gli inserti metropolitani di ordinaria quotidianità, contrapposti alla realtà dei malati, diventano un o inno alla vita (tutto il cinema di Ichikawa). Il cinema di Koreeda Hirokazu è un cinema d’osservazione e di rapporti interpersonali, in cui la memoria e il ricordo assumono un ruolo fondamentale nel definire «chi siamo», tema questo evidente nei suoi primi tre film, Maboroshi, storia di una donna che cerca di venire a istituto superiore, mette in scena un universo anarchico e violento, dominato da un gruppo di studenti fortemente gerarchizzato, in cui la lotta per la leadership è condotta senza esclusione di colpi. Il film di Toyoda dipinge un universo le cui rigide strutture gerarchiche sono quelle dell’intera società, ribadendo un uso metaforico del mondo adolescenziale. Il genere che ha più contribuito al successo commerciale del Nuovo cinema giapponese è l’HORROR che riprende gli stilemi del tradizionale film di fantasmi giapponese, il kaidan eiga un insieme di film dell’orrore ispirati a un'ampia tradizione letteraria e teatrale, il regista più rappresentativo è Nakagawa Nobuo. Nakata Hideo entra nel mondo del cinema erotico della Nikkatsu nel 1985 come assistente di Konuma Masaru, cui dedicherà il documentario Sadistic and Masochistic. Ring narra la storia dello spirito vendicatore di Sadako, una bambina dai lunghi capelli neri che le coprono il volto, così come vuole l'iconografia tradizionale del kaidan, la quale, gettata viva in un pozzo dal padre, diffonde ora il suo contagio mortale attraverso una videocassetta e le sue riproduzioni. A frenare il terribile virus ci proverà una giovane giornalista, madre del piccolo Yoichi, insieme al suo ex marito. Il film è un esempio di horror suggerito, di atmosfere inquietanti, di apparizioni fugaci e spaventose, la cui modernità risiede nella rappresentazione di una tecnologia che, attraverso il meccanismo delle riproduzioni della videocassetta maledetta. Il fatto che l’unico modo di fuggire alla maledizione sia quello di copiare il video e darlo a qualcun altro suggerisce che non c'è modo di sfuggire all’alienazione tecnologica di una società saturata dai media Dark Water narra la storia di una madre che va ad abitare con la figlioletta in un grigio condominio e deve fare i conti con un altro spirito di bambina, Mitsuko. I due film sono accomunati da una rappresentazione di quella frantumazione dell'unità familiare Kaidan film a episodi ambientato nell’epoca Edo, che si caratterizza come un’operazione dal sapore filologico che solo sporadicamente riesce a coinvolgere lo spettatore Shimizu ha legato il suo lavoro al J-Horror con la serie Ju-on: The Grudge. La serie ripropone la stessa inquietante atmosfera dei film di Nakata e la stessa idea di un passato truce che riaffiora nel presente come una scheggia impazzita, colpendo chiunque le si avvicini. Orizzonti Noir: Hayashi, Ishii Takashi e Sabu. Il carattere variegato del neo-noir giapponese può essere esemplificato attraverso tre cineasti Hayashi autore postmoderno che ha proposto una rilettura del cinema giapponese del passato e del noir. Il carattere surreale del suo cinema è evidente nel suo film d’esordio To Sleep So as to Dream in bianco e nero e privo di dialoghi, racconta la storia di due detective alla ricerca di una donna rimasta intrappolata in una pellicola di samurai degli anni Dieci. Il film omaggia i primi anni del cinema giapponese e i benshi (i narratori di film muti) The Most Terrible Time in My Life ambientato nella cosmopolita città di Yokohama, ha per protagonista il detective Maiku Hama (omaggio a Spillane) il cui ufficio si trova all'interno di una sala cinematografica. Il film, in bianco e nero, richiama il pop-noìr e la stagione del detective film americano. Ishii Takashi assume fino in fondo la natura drammatica del genere. Formatosi come autore di manga, il nome di Ishii comincia a circolare nell’ambiente del cinema con Originai Sin un thriller che riprende l’idea della rappresentazione di un personaggio femminile in una situazione estrema, quella dello stupro e delle sue conseguenze Il film più apprezzato di Ishii è Gonin (id., 1995), storia di cinque uomini che decidono di rapinare una banda yakuza, che non tarderà però a identificarli e a mettersi sulle loro tracce. Il film è il ritratto dell’insicurezza e della precarietà della società giapponese negli anni della crisi. Quello di Gonin è un mondo dove le opportunità di lavoro non esistono, il suicidio è un’opzione realistica e la violenza è ovunque. Sabu (nome d’arte di Tanaka Hiroyuki) Tutti i primi film di Sab, commedie d'azione, sono costruiti su coincidenze assurde che provocano catastrofiche reazioni a catena, tra cui i lunghi inseguimenti ispirati in parte al cinema comico degli anni del muto e all’epoca dello slapstick, che spingono l’intreccio lungo direzioni imprevedibili. Gli eroi di Sabu sono travolti da una successione di eventi che coinvolge e intreccia i destini di diversi personaggi, tutti egualmente incapaci di controllare ciò che accade. Generazione del cinema EROTICO, di cui Zeze è l’esponente maggiore. Nasce negli anni 90, il gruppo «Shitennò» («I quattro imperatori»), che intorno Satò Hisayasu comprende i nomi di Satò Toshiki, Sano Kazuhiro e Zeze: quattro film maker che usano il cinema Pink. No Man’s Land il regista lo firma come Jean-Luc Zezemusch, a indicare due suoi punti di riferimento, Godard e Jarmusch, è un film sull’alienazione urbana e sulle difficoltà di comunicazione, intervallato da una serie di notiziari sulla Guerra del golfo. Il Pink più noto di Zeze è The Dream of Garuda dove l’incontro di un uomo in libertà vigilata con la donna che ha violentato è punteggiato di sequenze oniriche. Cinema al femminile --> Nishikawa Miwa esordisce nel 2003 con Wild Berries sul crollo di una rispettabile famiglia borghese causato dai debiti accumulati dal padre dopo aver perso il posto di lavoro. La centralità che nel film assumono il contrasto fra le apparenze di facciata e la verità che vi si cela, sono ripresi da Sway storia del rapporto tra due fratelli legati dalla morte misteriosa di una ragazza, e Dear Doctor (id., 2009), che ha per protagonista un uomo che si finge medico conquistandosi la riconoscenza degli abitanti del luogo, ma non quella delle autorità. Racconti crudeli di gioventù: «enjo kosai», «otaku» e il cinema di Iwai. Il cinema giovanilistico (seishun eiga) nato nel 1955 col cinema tayozoku, il seishun eiga ha conquistato una dignità artistica coi film dei registi della Nouvelle Vague degli anni Sessanta. Vi sono due filoni principali presenti all’interno del contemporaneo seishun eiga. 1. enjo kosai (incontro a pagamento) a prostituzione adolescenziale 2. Otaku i giovani ossessionati da un’unica passione, legata al mondo dei manga, delle anime o di internet, che li porta a isolarsi dalla società Un autore emblematico è Iwai Shunji, raggiunge una certa fama attraverso una serie di originali fiction televisive e di mediometraggi indipendenti dedicati alle inquietudini del mondo giovanile. Il successo di Love Letter, quasi una meditazione kieslowskiana sui temi del caso, del ricordo e dell’identità, fa di Iwai un vero e proprio aidoru delle nuove generazioni, e lo spinge a realizzare, Swallowtail Butterfly che racconta le avventure di un gruppo di immigrati clandestini e il loro tentativo di realizzare i propri sogni. Narrato attraverso gli occhi di una adolescente di origini cinesi, il film esibisce lo stretto rapporto del regista con diversi aspetti della cultura giovanile, come lo stile MTV, fatto di movimenti di macchina a spalla, montaggio rapido ed esibiti interventi digitali, e la presenza di numerose sequenze musicali. Cap. 10: AI MARGINI: STORIE DI OUTSIDER DEL NUOVO MILLENNIO Ci soffermiamo su quattro autori che rappresentano l’ultima onda del cinema giapponese: 1. Sono Sion, 2. Hiroki Ryùichi, 3. Kobayashi Masahiro 4. Yamashita Nobuhiro I quattro cineasti hanno in comune di aver realizzato i loro film più importanti nel corso degli anni Duemila e di aver saputo costruire il ritratto di un mondo fatto di outsider. I loro personaggi si muovono ai margini della società, e sono uno specchio dei recessi e del senso di inquietudine che ha travolto il Giappone dopo quella crisi degli anni Novanta SONO SION--> Vincitore del Premio speciale della giuria al Tokyo Sundance Festival è The Room (Heya, 1992) storia di un killer alla ricerca di una stanza in un distretto di Tokyo. giovane cameriera. Il suo impegno si dirige verso altre attività artistiche, come quella del progetto Tokyo GAGAGA, una sorta di performance di strada in cui un gruppo di artisti sedicenti guerriglieri presentano, nei luoghi più frequentati della città, le loro poesie di protesta scritte con inchiostro nero su stendardi e bandiere. Suicide Club / Suicide Circle girato in due settimane, il film prende spunto dal drammatico problema dei suicidi giovanili e si apre con una scena destinata a farne un cult: la morte volontaria di 54 studentesse che, tenendosi per mano, si gettano tutte insieme sotto un treno nella centrale stazione di Shinjuku. Come in una sorta di epidemia, a questo primo suicidio collettivo ne seguono altri, in forme quasi altrettanto spettacolari. Il film alterna a questi «suicidi show» le indagini di una coppia di poliziotti che si ritroveranno ad avere a che fare con un mondo a loro piuttosto estraneo, fatto di hacker, messaggi in codice, chat e community. Into a Dream, storia di un attore fallito e della sua paura per le donne, la cui particolarità sta nel raccontare una vicenda onirica secondo modi vicini al cinema véritè con un ampio uso della macchina da presa a spalla e una messinscena realistica. Prequel di Suicide Club è Noriko i Dinner Table attraverso una dimensione surreale e grottesca che inizia a delinearsi come l’habitat ideale dei suoi intrecci, il film narra della giovane Noriko che, decisa a proseguire gli studi a Tokyo raggiunge la capitale, dove modo minimalista su una rappresentazione dell’adolescenza come momento di provvisorietà, confusione e alienazione. Lo sguardo freddo ma partecipe che Yamashita getta sul suo universo insieme alla presenza di personaggi che sembrano non conoscere le istruzioni di vita del mondo cui appartengono, sono evidenti anche in The Matsugane Potshot Affair che racconta la storia di due fratelli gemelli, uno poliziotto e l’altro mezzo delinquente, e di una coppia di improvvisati criminali che incrocia le loro vite, dipingendo un mondo di emarginati sul baratro della follia e in A Gentle Breeze in the Village una commedia d’amore adolescenziale, la cui protagonista presenta una dimensione stralunata, ingenua e attonita. Cap. 12: TRACCE DELLA MEMORIA: IL CINEMA DI KOOREDA HIROKAZU Attraverso le dichiarazioni sull’Alzheimer del nonno, Kooreda Hirokazu spiega la genesi di After Life: la memoria, la morte, il confronto tra le generazioni, il bisogno di contatto tra gli esseri umani statuiscono il campo di tensioni tematico che attraversa ogni sua opera. Koreeda può essere considerato oggi uno tra i cineasti più appartati ed eccentrici della cinematografia nipponica. Sul suo primo libro, Shikashi, incentrato sulle testimonianze raccolte intorno al caso di un funzionario governativo morto suicida gira il primo documentario However.... Seguendo il magistero di Ogawa, Koreeda cambia registro: il film diventa un video-diario che documenta il rapporto del protagonista con parenti, amici, medici e lo stesso regista impegnato nelle riprese. Maboroshi: Yumiko, sposata con Ikuo e madre di un bimbo di pochi mesi, resta vedova per l’inspiegabile suicidio del marito ed entra in una forte depressione da cui esce solo alcuni anni dopo quando accetta di sposare Tamio. Koreeda punta su una narrazione priva di acuti drammatici e sull’uso di una serie di elementi cinematografici che assegna al racconto un andamento definito e coerente. Dalla fotografia morbida e sfumata che circonfonde personaggi e ambienti di un alone irreale, alla posizione della macchina da presa, sempre ad altezza tatami, distante dall’azione e incuriosita ai giochi di incorniciatura prodotti dalle porte e dalle finestre della tipica casa giapponese, dall'uso espressivo del paesaggio, schermo riflettente dei sentimenti dei personaggi,tutto contribuisce a restituire lo stayo d’animo di Yumiko. Il breve elenco dimostra quanto siano grandi i debiti estetici che il regista contrae con il cinema di Ozu. Dimostra di saper assorbire da Ozu e più in generale di un certo cinema autoriale del passato, la capacità di raccontare senza giudicare, di mettersi completamente al servizio di un sentimento, descrivendo le situazioni attraverso sottrazioni e piccoli scarti. In Maboroshi si limita a osservare il mistero la sorda angoscia nell’animo della protagonista, senza mai ricondurre il gesto tragico del primo marito a un orizzonte razionale. Il rapporto con la morte e il suicidio acquista ulteriore senso e stratificazione se messo in collazione con i precedenti lavori del cineasta. Di After Life conta l’architettura significante che porta inscritta in sé un’apparente contraddizione secondo cui la memoria di un individuo è esterna e collettiva, recuperabile solo se condivisa con il prossimo. Il film alterna lunghe sessioni di interviste ad alcuni dei protagonisti con parti narrative, interpretate da attori professionisti, esplicitamente finzionali. Documentario e finzione sono binari che corrono paralleli per esprimere questa doppia accezione della reminiscenza come collante sociale e relazionale. L’obiettivo di Koreeda è mettere in scena l’eccezionalità della morte attraverso una rappresentazione che allude in ogni momento alla normalità della vita: le interviste ai defunti, girate con camera fissa e voce dell’intervistatore fuori campo. La fede laica e affatto metafisica nel cinema in quanto mezzo realmente capace di testimoniare l’essenza dell’uomo è attestata nel finale quando, grazie a un'inversione del punto di vista da «oggettivo» a soggettivo, il protagonista riuscirà a eludere, almeno in parte, il meccanismo selettivo della memoria che governa il passaggio all’aldilà. Bazin chiama «complesso della mummia», quel desiderio di trattenere un'immagine delle persone care, delle gioie più grandi da parte di chi è condannato a perderne il ricordo. Distance: il legame con la realtà è nel pre-testo della vicenda. Il tema della morte viene affrontato da Koreeda da un punto di vista dei familiari dei carnefici, con tutto il portato di sensi di colpa e rimpianti che ne consegue. Elemento ricorrente è quello della reclusione di un gruppo eterogeneo di persone in un luogo isolato dal mondo. Sul piano dello stile la pellicola si caratterizza per la capacità di organizzare visivamente gli spazi attraverso un uso espressivo della fotografia. La notte è la dimensione che costringe i personaggi ad accettare l’incontro con la propria memoria. Con Nobody Knows Koreeda, ricongiungendosi con la matrice documentaristica del suo lavoro, pone il racconto al presente, annulla i flashback, in favore di una contingenza temporale assoluta che elude la questione della memoria per concentrarsi su corpi che non hanno nulla da ricordare Lo spunto di partenza è un fatto di cronaca della fine degli anni Ottanta conosciuto in Giappone come «il caso dei quattro bambini abbandonati nel quartiere di Nishi Sugamo». È la storia dei quattro figli che una giovane madre ha avuto da quattro diverse relazioni e che, per via della discriminazione nei confronti dei figli illegittimi, ha deciso di non denunciare all’autorità pubblica. Solo Akira, il più grande dei fratellastri, registrato all’anagrafe, può uscire. L’ intimità è contribuita da una serie di scelte formali come girare in un vero appartamento per accrescere il realismo, la focalizzazione delle inquadrature su particolari dei corpi dei protagonisti per evidenziare l’armonia segreta di un mondo a sé stante, l’uso originale delle finestre come unica fonte di luce accecante. Il paradosso della pellicola sta nella rivelazione della verità: lo sguardo del mondo esterno dal quale i bambini pensavano di doversi proteggere non è interessato alla loro vicenda. Koreeda spiazza lo spettatore con un finale che vede i tre fratelli riprendere «normalmente» la loro vita ai margini di un mondo che non si interessa a loro. Still Walking è il film della piena maturità di Koreeda. La storia ruota attorno alla tradizionale riunione di famiglia con figli e nipoti che fanno visita a una coppia di anziani nonni. Sono in scena tutte le età della vita, e tutte con la medesima importanza all’interno dell’economia narrativa del film. In Still Walking il rapporto con la memoria è vissuto all’insegna di una trasfigurazione del fratello scomparso che assurge a ideale di figlio. Il film è una celebrazione della vita e dell’amore declinata attraverso la capacità di trasmettere rituali, gesti, usanze immutabili nel tempo. Omaggio ad Ozu dichiarato nella sequenza inaugurale della pellicola, quando madre e figlia puliscono una carota e un daikon, i due ortaggi che compaiono nel titolo di quello che avrebbe dovuto essere l’ultimo film del maestro giapponese. Koreeda sembra volersi ricongiungere con questo film, a quella matrice profondamente realista del cinema giapponese che fa capo a Ozu Yasujiro rappresentanti del filone shoshimingeki, attento alle dinamiche che si vengono a creare negli universi famigliari Parte quarta: HONG KONG Cap. 12: IL CINEMA DI HONG KONG: DALLA NASCITA DELLA NEW WAVE (1980) AD OGGI Nel corso degli anni 70, il tradizionale cinema di arti marziali hongkonghese è costretto a confrontarsi con una serie di film provenienti dall'occidente e dal Giappone: lo spaghetti western, i film di James Bond, il chanbara (film di samurai nipponici) sono accolti con entusiasmo da un pubblico stanco del tradizionale wuxiapian (storie di cavalieri erranti) cantonese alla Wong Fei-hung, il più noto eroe di film di arti marziali della storia di Hong Kong. La Shaw Brothers reagisce lanciando il nuovo wuxiapian di King Hu che fonde la tradizione dell’Opera di Pechino con le più sofisticate tecniche del linguaggio cinematografico, e di Chang Cheh che opta invece per un approccio più crudo e violento, fondato sui motivi della fratellanza e dell’amicizia virile Il wuxiapian lascia spazio al gongfupian (cinema di kung fu) che si caratterizza per il maggior realismo di combattimenti a mani nude, che prendono il posto di quelli con la spada. Il cinema di kung-fu fa conoscere Hong Kong in Occidente. Il cinema di kung-fu, anche nella variante da commedia diffusasi verso la fine del decennio con i film con Jackie Chan, come Snake in the Eagle’s Shadow e Santino Hung, prepara la strada al sopraggiungere della New Wave attraverso la rottura col realismo del melodramma cantonese, Caratteristiche fondamentali dei cinema della New Wave: la stessa violenza e gli spargimenti di sangue dei film di Chang Cheh possono essere visti come un riflesso dei tumulti scoppiati a Hong Kong, come quelli per la protesta contro l'aumento dei biglietti del traghetto che collega le due principali zone della città, Kowloon e Central, in concomitanza con l’avvento della Rivoluzione Culturale. Dal punto di vista dell'industria cinematografica, gli anni 70 del cinema di Hong Kong sono dominati da due grandi major: la Shaw Brothers e la Golden Harvest. Gli anni 80 segnano la fine del duopolio e della politica dei grandi studi, favorendo il raffermarsi di compagnie indipendenti, tra cui la Cinema City, che darà vita, grazie alla serie Aces Go Places, a quello che sarà il Cinema City Style, una formula fatta di commedie cantonesi di intrattenimento con cascatori, effetti speciali e apparizioni di grandi nomi dello starsystem. Quando l’omonima protagonista di Ah Ying si reca per la prima volta ali’Hong Kong Film Culture Centre, il giovane che l’accoglie le parla subito di un certo Tsui Hark e del suo The Butterfly Murders TSUI HARK: Formatosi anche lui nel mondo della televisione e costituitosi una relativa fama grazie alla serie «wuxia» Golden Dagger Romance, Tsui aveva subito manifestato una propensione per gli orizzonti del grande immaginario. Il suo esordio al cinema avviene nell’ambito del mondo delle arti marziali, ma fantascientifico. La modernità del film non passa solo attraverso il lavoro sul genere (riferimenti a Chang Cheh per l’uso delle armi fantasiose e le citazioni dal cinema occidentale dall’Hitchcock de Gli uccelli alle rivisitazioni di Poe sino al gotico della Hammer) ma per l’uso di un narratore interpretato da un personaggio di scrittore, un «doppio» dello stesso regista, il cui limitato punto di vista lo costringe a confessare di non essere in grado di raccontare tutto. We Are Going to Eat You: storia di un agente segreto che, a caccia di un malvivente, deve vedersela con un villaggio popolato da cannibali. Il film è tutto un fuoco di fila di inseguimenti dove le tipiche peripezie dei film di Jackie Chan assumono un tono grottesco, con evidenti riferimenti a certo exploitation americano, ma anche a un cinema più nobile, come quello felliniano (si veda la figura lasciva del gigante travestito). Il tono gore è parte di una metafora sull'imperante consumismo della nuova Hong Kong e il suo materialismo onnivoro: non è un caso che il ladro si chiami Rolex, e che il villaggio dei cannibali sia su un’isola Dangerous Encounter -1st Kind: a fare da sfondo alla vicenda è la Hong Kong contemporanea e i turbolenti anni degli attentati anticoloniali. Gioventù disorientata e allo sbando, che organizza un attentato in un cinema. II massacro finale del film si chiude con immagini di repertorio delle turbolenze della Hong Kong dell’epoca. È un dato di fatto che in tutti i principali generi che hanno determinato tale affermazione Tsui Hark abbia esercitato un ruolo di protagonista assoluto, sia in veste di regista/autore sia in veste di produttore/autore. CINEMA NERO--> svolta del genere nel 1986 con A Better Tomorrow di John Woo quale diventa il modello di un cinema nero che riprende in un contesto contemporaneo i miti e le strutture del «vecchio» cinema di arti marziali. Nasce come remake di Story of a Discharged Prisoner di Lung Kong. Quello di John Woo è un cinema fatto di «personaggi legati a un codice d’onore, come gli antichi cavalieri cinesi, che affrontando soli il proprio destino si votano al sacrificio». Gira inoltre City on Fire, il quale sarà ripreso da Tarantino in Le Iene CINEMA GHOST: A Chinese Ghost Story assume il ruolo di film ambasciatore della scuola Film Workshop nel mondo. Il modello dominante ruota intorno alla presenza di una donna fantasma che ritorna nel mondo dei vivi per cercare l’amore che non ha mai trovato in vita. Il primo vero successo commerciale del genere è Encounter of the Spooky Kind. Si impone per la sua eleganza e la sua capacità di mediare fra riferimenti occidentali e orientali A Chinese Ghost Story. Ciò che del film colpi furono la capacità di tenere in equilibrio generi diversi e la vivacità di un uso del linguaggio cinematografico. ARTI MARZIALI: Zu: Warriors from the Magic Mountain è un tentativo di aggiornare la mitologia cinese e le tradizioni confuciana, taoista e buddista alla sensibilità contemporanea. The Swordsman afferma un nuovo tipo di personaggio (tran), che non solo mescola e confonde i sessi ma anche i tipi, con una figura di «cattivo» che nello stesso tempo è un protagonista romantico in grado di conquistare la simpatia dell’eroe e del pubblico Once Upon a Time in China: ambientata durante la guerra dell’Oppio COMMEDIA: All the Wrong Clues... for the Right Solution, Shanghai Blues (1984) e Peking Opera Blues Il ruolo di grande mattatore della commedia hongkonghese spetta a Stephen Chow, la cui comicità nonsense «si fonda su un surrealismo onnivoro, sull’arte della citazione straniante e su giochi di parole asserviti a ritmi frastornanti» !! Il successo del cinema hongkonghese popolare e di genere della 1985 permette la rinascita di un cinema d’autore, in grado di riprendere il discorso avviato dalla New Wave --> Seconda New Wave. Segnata da una sperimentazione più matura di quella della prima ondata, questa seconda New Wave ha portato con sé importanti riconoscimenti internazionali che hanno contribuito a stabilire una nuova immagine di Hong Kong. WONG KAR-WAI: è considerato ovunque il regista più autorevole del cinema di Hong Kong, nonché uno dei più importanti su scala mondiale. Punto di partenza del suo cinema è il cinema di genere. Forte legame con la cultura popolare. Uso di voce over e monologhi. Le voci narranti dei personaggi indulgono a ricordi, memorie e nostalgie. Il tema dominante è il tempo, evidenziato dalle inquadrature di orologi e dall'ossessione per le scadenze. Carattere MTV gli permette di diventare un regista di culto STANLEY KWAN: pone sempre al centro dell’attenzione un personaggio femminile. Il carattere straniato e di identità divisa proprio ai suoi film è evidente e la sua solitudine è forse deteminata dall’omosessualità del regista. ! Importanza del 1997 anno in cui gli incassi dei film stranieri superano al botteghino quelli dei film nazionali e anno in cui Happy Together di Wong Kar-wai vince la Palma d'oro. La trilogia che più di altri ha però tenuto alto il nome del cinema di Hong Kong su un piano interazionale, è Infernal Affairs, a cui si ispira Martin Scorsese. Altri registi che meritano un riconoscimento sono: Fruit Chan (il regista dell’ hand-over, ovvero del passaggio di Hong Kong alla Cina popolare), Johnnie To e Pang Hocheung. Cap. 16: SENZA RESPIRO: IL CINEMA DI WONG KAR-WAI Due momenti, una scena e un’inquadratura, rappresentano la radicalità della strutturazione dello spazio come oppressione nel cinema di Wong Kar-wai. 1. Epilogo di Days of Being Wild: un uomo, seduto su un letto con una sigaretta in bocca, si alza, indossa una giacca e sfoglia una mazzetta di banconote, si pettina con cura davanti a uno specchio, spegne la luce, getta la sigaretta e se ne va. La scena, girata in piano sequenza, introduce un personaggio che appare qui per la prima volta nel film. L’aspetto interessante del piano sequenza sta nell’uso dello spazio: l’angolazione dal basso e il tipo di obiettivo fanno si che, in una radicalizzazione della lezione wellesiana, lo spazio assuma una dimensione fortemente claustrofobica, con il soffitto della stanza che grava sulla testa del protagonista 2. il personaggio di Murong in Ashes of Time è più che ben determinato sul piano narrativo. Si tratta di un personaggio doppio, somma di una parte maschile e di una femminile ed è interpretato dall’attrice transgender Brigitte Lin. Il personaggio è mostrato in primo piano in un’immagine più bassa del dovuto La caratteristica principale dei personaggi di Wong Kar-wai è di essere prigionieri delle proprie contraddizioni sentimentali. Ciò è esplicito solo con Murog. Soluzioni profilmiche: corridoi, vicoli, cabine telefoniche (bacio Wah e Ngor in As Tears Go). In the Mood for Love: fra i modi con cui Wong rappresenta il vicolo cieco in cui i due sembrano essersi cacciati, c’è il ricorso a spazi angusti. L'incontro tra i due personaggi è in ellissi. Campo lungo della donna di spalle e immobile rappresenta la dimensione claustrofobica. Nicchia in cui si trova il telefono per gli ospiti dell’Oriental Hotel dove vive la maggior parte dei protagonisti di 2046 che crea una sorta di mascherino intradiegetico. Insieme all’uso di spazi angusti, Wong ricorre a inquadrature di personaggi che si ritrovano di là da vani di porte o finestre. In queste occasioni, al tipico «effetto cornice» di qualcuno o qualcosa messo in evidenza, si aggiunge l’idea di uno spazio soffocante, dove a regnare sembra essere un senso di angoscia e disperazione. Ne sono un esempio due immagini di Happy Together dedicate a Ho incapace di reagire alla rottura col compagno Lai e trascorre il tempo in casa mentre la macchina da presa lo mostra oltre il vano di una porta e dietro una tenda che ne nasconde, nel fuori campo interno, parte del corpo. Nell'altra inquadratura Ho è ripreso di là da una porta-finestra chiusa, con un campo ancora una volta ristretto da una tenda, e con l’immagine del suo corpo parzialmente nascosta sia dall'inferriata della porta-finestra sia dal riflesso delle persiane sul vetro. Queste due inquadrature esibiscono almeno tre strategie di rappresentazione: il corpo tagliato di esseri non più in grado di dominare il proprio mondo, i riflessi che diminuiscono la leggibilità delle immagini rendendole indistinte e l’uso di inferriate che accentuano l’idea di uno spazio inteso come prigione. Nel finale di Days of Being Wild vi è una doppia prigione in cui si ritrova Su ed è espressa dal regista attraverso 3 quadri di uno stesso piano in cui prima si vede la donna dietro le sbarre di uno sportello col volto tagliato a metà dal giornale aperto, poi dal suo volto sempre dietro le sbarre ma senza più giornale e infine, in un gesto di radicale occlusione, dallo sportello stesso che la donna chiude, cancellando definitivamente il suo volto dall’inquadratura. The Sandwich Man delinea, con maggiore precisione i caratteri e le coloriture del Nuovo Cinema. Ha tre episodi: The Taste of the Apple (ritratto di servilismo, povertà e soprattutto di ignoranza generalizzata), Son’s Big Doll (ironia per veicolare un «dramma in costume», metafora della società capitalista chiede al singolo di diventare «uomo-merce») That Day On the Beach: primo lungometraggio di Edward Yang costruito su un accumulo di analessi: racconta pezzi disarticolati della storia di Jia-ji, una giovane donna che abbandona la casa paterna per andare a vivere in città con il fidanzato e che finisce intrappolata in un matrimonio borghese Questi quattro titoli, in poco più di dodici mesi, rappresentano l’avanguardia di un manipolo di lavori contraddistinti da un’omogeneità tematica, figlia di un’intensa attività di cooperazione. Fino al 1987 verranno prodotti essenzialmente quattro tipi: 1. Bildungsroman pensati come pretesto per riflettere sulle lacerazioni identitarie prodotte dalla situazione storico-politica dell'isola e sul passato rurale (tetralogia di Hou Hsiaohsien) 2. Drammi al femminile per sottolineare il cambiamento dei costumi famigliari 3. Urban movies a vivisezionare gli stili di vita delle nuove generazioni e a metterne in caricatura le illusioni di ricchezza: film di Edward Yang 4. Adattamenti dei romanzi nativisti (o romanzi di altre correnti letterarie come modernista) ritenuti testi chiave per monitorare le mutazioni e lo sradicamento culturale delle comunità indigene. Scioglimento new wave: «Manifesto del cinema taiwanese»: redatto da Zhang Hongzhi nel 1987, firmato da tutti gli appartenenti al gruppo ed espressione di un disagio provato nei confronti di istituzioni, enti e addetti ai lavori incapaci di difendere e sostenere un cinema di carattere civile e sociale. I componenti del gruppo iniziano a muoversi autonomamente. EREDITÀ: • modo di rappresentazione, quell’insieme di principi, norme e orientamenti stilistici che costituiscono la forma di un testo filmico. • imporsi delle Nouvelle Vague asiatiche e idea «scientifica» di racconto, il quale inizia a sottostare a un rigore metodologico nella ricerca delle fonti, sia dirette che indirette, a una comunità che detta e stabilisce modelli e metodi a cui attenersi • l’autobiografia rimette in moto la tradizione del racconto orale e del trapasso intergenerazionale dei saperi, interrotta dalle pratiche della modernità WangTong inaugura il filone storico che tra il 1987 e il 1992 realizza un trittico di film «nativisti» Strawman, Banana Paradise e Hill of No Return. La «trilogia della memoria» di Hou Hsiao-hsien composta da Città dolente, Il maestro burattinaio e Good Men, Good Women è più nota di quella di Wang in virtù della maggiore forza espressiva, della lucidità delle argomentazioni e della profondità di sguardo del suo autore. Città dolente, tra i tre film, è quello che ha avuto il maggiore impatto sull’opinione pubblica perchè racconta per la prima volta in assoluto l’incidente del 28 febbraio 1947, tragico episodio dell’occupazione nazionalista che vide la soppressione da parte dell’esercito di migliaia di cittadini che protestavano contro il nuovo governo. Il tema dell’identità in prestito individuale e contemporanea sarà il leitmotiv che accomunerà quasi tutti i lavori realizzati nel corso degli anni Novanta. Wang Tong continua a raccontare il trauma del distacco dalla madrepatria con l’autobiografico Red Persimmons, sperimentazione narrativa in Blue Moon, un film interscambiabile, pensato affinché a ogni proiezione le cinque bobine di cui è formato possano essere disposte secondo scansioni diverse. Accanto ai cineasti già in attività, tre nuovi esordienti meritano attenzione: Stan Lai, Ang Lee e Tsai Ming-liang. ! Nuova onda di giovani registi composta da personalità già mature. Lin Cheng-sheng, è forse il regista più difficile da classificare: autodidatta, con una giovinezza spesa in furti, soggiorni in prigione e lavori umili, gira pellicole sporche che risentono dei propri vissuti sia sul piano tematico sia su quello stilistico. A Drifting Life: parabola sentimentale di un uomo che dopo la morte della moglie affida il figlio ai genitori che abitano in campagna e va a lavorare in città come murato Murmur of Youth: piccolo trattato sull'amicizia, protagoniste due adolescenti, immagini speculari di una stessa personalità. Per colpa di un bacio rubato tra le due, il film si fa latore di una speranza che le diversità e le distanze possano trovare un punto di congiunzione Sweet Degeneration: sentimenti inconfessabili di Ah Fen, moglie infelice, innamorata segretamente del fratello più piccolo Chuen-sheng. Rispetto ai precedenti lavori, Lin stempera i nessi concausali preferendo affidarsi a un avanzamento narrativo episodico, per cogliere stati d'animo nella migliore tradizione del cinema autoriale del suo paese. Chang Tso-chi debutta come regista con Ah Chung pellicola che racconta la storia di un ragazzo che vive in una bidonville ed è costretto da sua madre a frequentare un gruppo religioso. Film girato in dialetto. Chen Kuo-fu, noto per il blockbuster Double Vision ma protagonista di una prima parte di carriera dedicata alla sperimentazione. In Treasure Island architetta un meccanismo narrativo inedito, fondato su una serie di coincidenze che generano eventi casualmente giustapposti tra loro. The Personals: per realizzare il film Chen parte da una serie di vere interviste filmate realizzate con la moltitudine di uomini che cerca un’anima gemella attraverso le inserzioni nei giornali. Il risultato è una galleria di volti, posture ed espressioni sorprendenti, autentiche testimonianze del «mal di vivere» contemporaneo. Uno dei primi tentativi di esplorare il registro della commedia lo compie Wang Shau-di, autrice di tre lungometraggi, Accidental Legend farsa anarchica ambientata ai tempi della dinastia Ching, che vede protagonisti una coppia di ladri stolti che ruba due pepite d’oro ,Yours and Mine black comedy corale che si accende grazie alle vicende di una decina di abitanti di Taipei di diversa estrazione sociale, malati di feticismo e fissazioni varie, Grandma and Her Ghosts, film d’animazione dove un bambino di città, in visita dalla nonna in campagna, si trova alle prese con una serie di creature sovrannaturali. La tigre e il dragone di Ang Lee: wuxiapian pensato per un pubblico quasi esclusivamente occidentale, ripulito delle «spigolosità» tipiche del cinema hongkonghese Double Vision di Chen Kuo-fu: thriller soprannaturale con substrati taoisti e venature horror ed un ticket interraziale di protagonisti (un taiwanese e un americano) utile per essere distribuito sia nei mercati asiatici sia in quelli americani. Cap. 19: DI UN VEDERE CONFUSO: EDWARD YANG E «A BRIGHTER SUMMER DAY» Indiscusso protagonista del Nuovo cinema taiwanese degli anni 80, Edward Yang è autore di un cinema algido e geometrico, i cui protagonisti, spesso esponenti della borghesia di Taipe mancano di qualsiasi pregio personale. A Brighter Summer Day: narra, in 4 ore, un episodio di cronaca nera che ebbe per protagonista un adolescente reo di aver assassinato una sua coetanea. Adottando una struttura corale e un punto di vista adolescenziale, il film si concentra sullo scontro fra due bande giovanili, che da una parte assumono il compito di porsi come un sostituto di padri e famiglie che, sconvolti dall’esilio, non riescono più a porsi come una guida protettrice nei confronti dei propri figli, e dall’altra simboleggiano il più generale clima di tensione e violenza che la lotta al comunismo di Mao imponeva nella Taiwan di quegli anni. Due aspetti essenziali: 1. modo in cui il film articola la dialettica di «vedere e non vedere» per esprimere i confusi sentimenti dei due giovani protagonisti, Sir e Ming, 2. modo in cui quest’incertezza rimanda al problema dell’incerta identità culturale della stessa Taiwan. È paradossale che un film il cui titolo contiene le parole «Brighter», «Summer» e «Day» sia in buona parte immerso nell’oscurità. Strutturato come un romanzo di formazione il film di Yang mostra, in una delle sue prime scene, Sir rubare da uno studio cinematografico una torcia elettrica (strumento atto a consentirgli di vedere nell’oscurità, ma segnala anche la difficoltà a farlo) accede e spegne ripetutamente diverse lampadine. È nel momento in cui Sir, ormai deciso a uccidere una Ming che non sembra più contraccambiare i suoi sentimenti, riporta la pila rubata negli studi cinematografici --> definitiva rinuncia a ricercare la luce nel buio che lo circonda Sir e Ming all’uscita dall’infermeria scolastica: si apre con un’immagine della ragazza ripresa di là dal vano di una porta, in un ricorrente restringimento di campo. Mentre il dottore visita Ming, Sir si trova nella stanza accanto a farsi medicare gli occhi. Quando Sir esce dall'infermeria scende le scale. Uno stacco passa a Ming mentre esce anche lei dall’ infermeria, guarda nella direzione di Sir, e inizia a sua volta a scendere le scale. A questo punto la macchina da presa opera una panoramica nella direzione opposta, e inquadra una porta sulla cui vernice si riflette l’immagine dei due giovani, seguendone così l’incerta conversazione: scena che doppia discorsivamente i sentimenti di confusione vissuti. Un’altra strategia che Yang usa per rendere incerto il vedere dello spettatore, mettendolo in sintonia con quello dei suoi protagonisti, riguarda il frequente uso del fuori campo. Associato a quest’insistito uso del fuori campo è quello degli effetti di riquadro che restringono lo spazio a disposizione dei personaggi, rilevandone il loro isolamento.
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