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Riassunto "Il Gattopardo", Sintesi del corso di Letteratura

Riassunto del romanzo "Il Gattopardo" di Filippo Tomasi di Lampedusa

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Caricato il 14/12/2020

francescarrrr
francescarrrr 🇮🇹

4.3

(28)

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto "Il Gattopardo" e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura solo su Docsity! IL GATTOPARDO Maggio 1860 Fine del Rosario. Descrizione degli affreschi di casa Salina: divinità olimpiche che sostengono lo stemma del Gattopardo. Viene presentato l’erede primogenito: il duca Paolo e il Principe Fabrizio. < Descrizione del principe: non grasso ma soltanto immenso e fortissimo, ira che lo porta a piegare forchette e cucchiai, colorito roseo, pelame color di miele che denunziavano l’origine tedesca della madre, inclinazione alle matematiche che lo porta a scoprire due pianetini: Salina e Svelto, contemplava la rovina del proprio ceto senza porvi rimedio. Il principe Fabrizio è in perpetuo scontento e stava a contemplare la rovina del proprio ceto e del proprio patrimonio. > < Descrizione del giardino: per ciechi, perché la vista era costantemente offesa mentre l’ odorato poteva trarre un piacere forte. (Le rose paul Neyron sembrano cavoli ma odorano come la coscia di una ballerina dell’Opera). Ma questi odori piacevoli lo portano con il pensiero ad un mese prima: zaffate in tutta la casa provenienti dal cadavere di un giovane soldato del quinto battaglione che si trovava in giardino. Era morto per il re? Quale re, il defunto da poco o l’attuale? > Ingresso nello studio del Re a Napoli. Fabrizio colloquia con il re della famiglia e della scienza, da amici. Poi da sovrano chiede informazioni su che si dice in Sicilia di Castelcicala e infine raccomanda di far mettere la testa a posto a Tancredi Falconieri. Fabrizio nota la faccia sofferente del re e si chiede: chi lo sostituirà? Cena in Villa Salina. Il principe guarda felice i suoi figli, dedicando un triste pensiero a Giovanni, secondogenito andato a Londra per vivere una vita più modesta. (alla fine si dirà che era il figlio che assomigliava di più al padre) La moglie, Maria Stella, gli accarezza la mano e lui decide di partire per Palermo (= città pericolosa per gli scontri). Un momento di incertezza viene demolito da un attacco di isteria della moglie che lo convince a partire. Vicino a villa salina si scorgeva la villa semidiruta dei Falconieri appartenente a Tancredi che per colpa del padre dissipato era stato affidato allo zio, il principe. Il quale avrebbe voluto avere lui come primogenito. Tancredi aveva frequentazioni discutibili e rapporti con il Comitato Nazionale. Fabrizio lascia il parroco Pirrone al convento e si dirige a peccare. Monologo interiore: “pecco per non peccare oltre. Stella è troppo prepotente, troppo anziana, teme il peccato. Non ho mai visto il suo ombelico”. Sulla via del ritorno: Pirrone è emozionato per le notizie che ha ricevuto sulla situazione politica sempre più grave. Il principe pensa a Mariannina (la prostituta). Ritorno a casa. Dialogo Tancredi-Principe, il ragazzo annuncia che partirà per scontrarsi con l’esercito borbonico. “Ritornerò col tricolore”. Il principe guarda nei quadri appesi allo studio i feudi di casa Salina e pensa “ questa ricchezza che aveva realizzato il proprio fine era composta soltanto di oli essenziali e come gli oli essenziali evaporava in fretta”. Entra nello studio il contabile Ciccio Ferrara, poco fiducioso in un cambiamento e il dipendente Russo che confida al principe di essere dalla parte dei ragazzi arditi come Tancredi. Il principe pensa: “molte cose sarebbero avvenute ma tutto sarebbe stato una commedia, una rumorosa romantica commedia con qualche macchiolina di sangue sulla veste buffonesca.” Il principe inizia a ragionare su questa specie di cambio generazionale. Ad un certo punto “ questi Ferdinando, questi Franceschi (i re) tanto disprezzati gli apparvero come dei fratelli maggiori”. Dialogo Principe-Pirrone: Pirrone è preoccupato per la situazione politica e la parte che vuole ricoprire il principe a discapito della chiesa. Ma il principe: “la chiesa è immortale, durerà nei tempi. E credere voi che se potesse adesso o se potrà in futuro salvare se stessa con il nostro sacrificio non lo farebbe? Certo che lo farebbe, e farebbe bene.” Pranzo in famiglia sereno (boccolo di Carolina che cade nel piatto, non increscioso ma da sorridere). Si discute di Tancredi: Paolo in silenzio, Concetta preoccupata. Successivamente Paolo chiede al principe “come dovremo comportarci con Tancredi quando lo rivedremo?... è andato a unirsi a quei farabutti che tengono la Sicilia in subbuglio” Il principe irritato risponde: “meglio far sciocchezze che guardare la cacca dei cavalli tutto il giorno!” Il principe riceve la lettera del cognato Màlvica: sono arrivati i piemontesi quindi ha intenzione di lasciare Palermo per andare in Inghilterra. Agosto 1860 La famiglia Salina viaggia per Donnafugata (no alberi, no acqua, 50 grandi). Lì era arrivato anche Tancredi. Staranno 3 mesi e il Principe ne è felice. Considerazione politica: “sono tutti felici tranne un pugno di minchioni”. “Quando passavano nelle vie principali, e dai lamenti dei “sorci” degli agenti della polizia borbonica che venivano torturati, adesso che i feriti erano guariti ed i “sorci” superstiti si erano arruolati nella nuova polizia”. morta. Alcuni erano spuntati fuori dei crepacci della situazione politica; altri erano stati buttati addosso dalle passioni altrui; altri ancora erano germogliate del suo proprio interno cioè dalle razionali reazioni sue alla politica ed ai capricci del prossimo; E questi fastidi se li passava in rivista ogni giorno, li faceva manovrare, comporsi in colonna, o spiegarsi in fila sulla piazza d’armi della propria coscienza sperando di scorgere nelle loro evoluzioni un qualsiasi senso di finalità che potesse rassicurarlo; e non ci riusciva.” (Ricorda il passo dei promessi sposi dei maglialini. Narratore onnisciente?) Don Fabrizio è inquieto: era arrivato molto felice a Donnafugata, poi molti mutamenti. “ le 1000 astuzie alle quali doveva piegarsi lui il gattopardo, Che per anni aveva spazzato via le difficoltà con un rovescio della Zampa”. Tancredi parte e sta a Caserta. Angelica continua a girare per Donnafugata a far visita: “sono arrivate notizie del principe?” “ il vocabolo per designare non Fabrizio ma quello usato per evocare il capitanuccio garibaldino: ciò provocava in Salina un sentimento buffo, tessuto del cotone dell’invidia sensuale e della seta del compiacimento per il successo del caro Tancredi; sentimento, a conti fatti, sgradevole.” Don Fabrizio modificava le notizie, plasmando un’immagine insipida di Tancredi. Un giorno in una lettera più solenne Tancredi chiede il permesso a Don Fabrizio di sposare Angelica. Il principe lo dice alla moglie, lei: “E io che avevo sperato che sposasse Concetta! Un traditore è, come tutti liberali della sua specie: prima ha tradito il re ora tradisce noi. Lui, con la sua faccia falsa con le sue parole piene di miele e le azioni cariche di veleno ecco che cosa succede quando si porta in casa gente che non ha il vostro sangue!” Il principe: “A Concetta non aveva mai detto nulla e poi non è un traditore, segue i tempi in politica come nella vita.” Maria Stella piange e Fabrizio dichiara con prepotenza di aver già deciso. Don Fabrizio va a caccia. Cani uccidono un coniglio “L’animale moriva torturato da una ansiosa speranza di salvezza immaginando di potere ancora a cavarsela quando di già era ghermito proprio come tanti uomini” (anticipazione di quello che accadrà al principe?) Immagine delle formiche che si dirigono verso i chicchi d’uva sputati: “ I dorsi lucidi di quegli imperialisti sembravano vibrare di entusiasmo e senza dubbio al di sopra delle loro file, trasvolavano le Note di un inno.” (= garibaldini?) Le formiche non fanno dormire il principe, che chiede a Don Ciccio (a caccia con lui): per chi avete votato? < Il plebiscito delle province siciliane del 1860 si svolse il 21 ottobre 1860 nelle province siciliane del Regno delle Due Sicilie, già liberate dai Borbone e sotto il governo della dittatura garibaldina, e sancì la fusione con il costituendo Regno d'Italia. Il plebiscito delle province siciliane del 1860 è raccontato da Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel celeberrimo romanzo Il Gattopardo. Il principe Fabrizio Salina, dopo aver osservato la progressiva e inesorabile decadenza del proprio rango nobile a favore di quello borghese anche in seguito allo sbarco dei Mille di Giuseppe Garibaldi, aveva consigliato agli abitanti di Donnafugata di votare "sì" per l'annessione alla nuova Italia, «perché avendo ormai gli eventi preso un certo corso, non si poteva sperare che un Plebiscito deviasse quel corso, tanto valeva assecondarlo»; tuttavia il principe era sicuro che, a causa del «machiavellismo incolto dei Siciliani», qualcuno avrebbe potuto intendere che bisognasse agire in modo contrario a quanto detto, e quindi ci sarebbe stata almeno una trentina di voti per il no. Invece, a sorpresa, il risultato annucnaito dal sindaco fu: 515 iscritti, 512 votanti, 512 sì e zero no. L'indomani, durante una battuta di caccia, don Ciccio si sfogò col principe, dicendogli che in realtà lui aveva votato "no" in quanto uomo d'onore fedele alla monarchia borbonica. Il municipio di Donnafugata aveva dunque imbrogliato, oltretutto senza motivo dal momento che i "sì" avrebbero vinto comunque e il voto negativo avrebbe reso più significativo il risultato. > Don Fabrizio a chi gli aveva chiesto consigli su cosa votare aveva sempre risposto di sì ma molti avevano interpretato le sue parole, favorevoli alla rivoluzione, come ironiche. Altri pensavano fosse un mentecatto. Per una quindicina di persone egli aveva avuto l’impressione penosa ma netta che avrebbero votato no, una minoranza esigua certamente ma non trascurabile nel piccolo elettorato donnafugasco. Il principe aveva calcolato che la compattezza fermatina di donna fugata sarebbe stata variegata da 40 voti negativi circa. Verso sera Don Calogero dichiara i risultati: Si 512, No zero. Grandi festeggiamenti, ma don Fabrizio sente come se da qualche parte qualcuno fosse morto. “poi tutto era finito e non rimase che l’oscurità, come ogni altra sera, da sempre. ” Don Ciccio: “io eccellenza avevo votato no. No 100 volte no. So quello che mi avevate detto... io di politica non me ne sento, lascio queste cose gli altri. Ma Ciccio Tumeo è un galantuomo, povero miserabile con i calzoni sfondati e il beneficio ricevuto non lo aveva dimenticato; E quei porci in municipio singhiozzano la mia opinione la masticano e poi la cacano via trasformata come vogliono loro.” Ecco chi era morto: la buona fede. Don Ciccio: “voi signori potete essere ingrati per un feudo in più, per un pezzo di pane la riconoscenza è un obbligo. Un altro paio di maniche ancora è per i trafficanti come Sedara, per i quali approfittare è legge di natura.” Era stata Isabella la spagnola duchessa di Calabria a farlo studiare e a farlo diventare organista. Inoltre ogni volta che la sua famiglia aveva bisogno di denaro sua madre mandava una supplica alla corte e da Napoli arrivavano dei soldi. “era un fedele suddito, sono diventato un borbonico schifoso ora. Tutti savoiardi sono, ma i savoiardi me li mangio col caffè, io!!” Poi il principe gli chiede che cosa sa su don Calogero: tirchio, intelligente come il diavolo, lo attende un futuro brillante, “ l’uomo nuovo come deve essere, un peccato però che debba essere così” altre info sulla moglie: bellissima e brava a letto, ma con un’ ignoranza di un animale, pare non voglia bene nemmeno alla figlia. Era tenuta nascosta dal marito da quanto bella ed era figlia di un mezzano di don Fabrizio, da quanto rozzo chiamato Peppe merda. Il quale, due anni dopo la fuga di Don Calogero con la moglie Bastiana, fu trovato morto con 12 Lupare nella schiena perché stava diventando inopportuno e prepotente. Poi Don Ciccio parla di Angelica, insistendo sulla sua bellezza. Il principe lo interrompe dicendogli che sarà la moglie di Tancredi e lui: “questa è una porcheria, un nipote vostro non doveva sposare la figlia di quelli che sono i vostri nemici e che sempre vi hanno tirati i piedi. È la fine dei Falconieri e anche dei Salina.” Alla villa arriva don Calogero. Don Fabrizio gli confessa la lettera di Tancredi. Don Calogero dice che chiederà alla figlia. Poi don Fabrizio parla delle tristi condizioni economiche di Tancredi, ma anche di quanto egli sia un ragazzo di valore. Invece don Calogero esplicita il valore del contratto matrimoniale, aggiungendo che presto anche Angelica acquisterà un nome nobile. Novembre 1860 Piano piano don Fabrizio inizia a nutrire una certa stima per Sedara, gli racconta dei propri affari. Dall’altra parte anche sedara inizia a riconsiderare l’aristocrazia, non più nobile-pecora. Ciò che apprezza di più è l’educazione che rende (T e F) gentiluomini. Angelica arriva a Villa Salina in veste di fidanzata, regìa perfetta. Tutta la famiglia è felice e commossa (anche la Principessa, Concetta e padre Pirrone) tranne Bendicó che ringhia insistentemente. La principessa racconta alcuni episodi dell’infanzia di Tancredi, mentre il principe lo descrive com’è in quel momento. Angelica non amava Tancredi, possedeva troppo orgoglio e troppa ambizione per essere capace di quell’annullamento della propria personalità senza il quale non c’è amore. Pur non amandolo però, era innamorata di lui. Mentre Don Fabrizio parlava di Tancredi nella politica Angelica era una di quelle ragazze che pensava che la politica fosse in un universo a parte. “ intanto essa vedeva la possibilità di avere un bel posto nel mondo nobile della Sicilia, mondo che essa considerava pieno di meraviglie... ed in lui desiderava anche un vivace compagno di abbracciamenti”. A Villa Salina stanno leggendo insieme un romanzo, quando la domestica annuncia l’arrivo di Tancredi. Tutti si precipitano da lui, che si toglie il mantello inzuppato “odorava di cane bagnato e da tre giorni non si era tolto gli stivali ma era lui, Per Don Fabrizio il ragazzo più amato che non i propri figli, per Maria Stella il caro nipote perfidamente calunniato, per padre Pirrone la pecorella sempre smarrita sempre ritrovata, Per Concetta un caro fantasma rassomigliante al suo amore perduto.” Bendicó galoppava intorno alla stanza. Insieme a Tancredi erano arrivati il conte Carlo Cavriaghi e il lanciere Moroni. non hanno più la divisa rossa perché non sono più garibaldini ma sono ufficiali dell’esercito regolare di sua maestà il re di Sardegna, per qualche tempo ancora, d’ Italia fra poco. Perché quando l’esercito di Garibaldi si sciolse si poteva scegliere o andare a casa o restare nelle armate del re. Il principe: “i siciliani non cambiano e non cambieranno, si credono perfetti, la vanità è più forte della loro miseria. Gli svevi, i baroni angioini, i viceré spagnoli, tutti hanno provato a cambiarli e non ci sono riusciti. Li compiango. Questi non sono discorsi che si possono fare ai siciliani, ed io stesso, Se queste cose me le avesse dette lei, me ne sarei avuto a male. Febbraio 1861 Padre Pirrone: padre era un soprastante, condizioni economiche dignitose. Torna per l’anniversario della morte del padre nel suo paese natale. Ritorna nella sua casa natale e trascorre la serata con gli amici che gli chiedono notizie “vedrete che non ci lasceranno neanche gli occhi per piangere”. Gli amici si uniscono nella lagnanza per il peso fiscale. Poi padre Pirrone parla solo con don Pietrino, che gli chiede come don Fabrizio veda la situazione. La risposta di Pirrone è, senza volere, evasiva e fa addormentare l’interlocutore. Riflessione: non solo i signori disprezzano i popolani, ma ogni categoria di persone ne ha un’altra da disprezzare. Padre Pirrone l’indomani incontra la sorella Sarina piangere. Lei si confida: la figlia, Angelina non è sposata ma si è fatta mettere incinta ed ora è già a 3 mesi di gravidanza, il marito Vincenzino non sa nulla “anche a me ammazza quello perché non ho parlato; lui è uomo di onore.” L’uomo che l’ha messa incinta è Santino, figlio di Turi, fratello del padre di padre Pirrone e Sarina. Tra i due fratelli c’erano state delle asprezze: avevano litigato per un mandorleto che era poi stato ereditato dal padre di Sarina e oggi apparteneva a lei. Grazie a quel mandorleto l’abisso fra i due rami della famiglia Pirrone divenne incolmabile. Padre Pirrone pensa a questa soluzione: Sarina deve dare il mandorleto in dote ad Angelina, in questo modo Santino la sposerà. Padre Pirrone si reca dallo zio Turi e gli fa sapere del fidanzamento dei nipoti accennando alla dote di Angelica: metà di chibbaro. Riesce a convincere Turi. Poi padre Pirrone ritorna da Sarina e parla con Vicenzino che si lascia andare a nefandezze verbali e bestemmie appena gli viene detto che in palio c’è Il castagneto. A quel punto allora Padre Pirrone gli dice che rinuncerà alla sua parte di proprietà. Anche lui convinto. Al pomeriggio Turi e Santino si presentano alla famiglia. “Il geranio rosso che aveva di nuovo all’orecchio non appariva più a nessuno un riflesso infernale.” Novembre 1862 Ballo di Ponteleone, il più importante “100 persone che componevano il mondo non si stancavano di incontrarsi, sempre gli stessi, per congratularsi di esistere ancora”. Al ballo la famiglia Salina fa invitare anche Angelica e il padre. Angelica viene istruita a dovere da Tancredi: deve mostrare un certo contegno (mai espansiva, solo con il suo fidanzato), deve lodare la casa, viene considerata intenditrice d’arte. Don Fabrizio passeggia, le donne (alcune ex amanti) non gli piacciono e nemmeno le ragazze “in quegli anni la frequenza di matrimoni tra cugini dettati dalla pigrizia sessuale dei calcoli terrieri avevano creato una turba di ragazzine incredibilmente basse, inverosimilmente olivastre e insopportabilmente ciangottanti… gli sembrava di essere un guardiano di giardino zoologico posto a sorvegliare un centinaio di scimmiette”. Poi si reca nella sala degli uomini: discorsi piatti. Poi va nella sala dei ballerini, continua il malessere. Sedara si siede vicino a lui: Don Fabrizio sentì che lo odiava. “era all’affermarsi di lui, di 100 altri suoi simili, che era dovuto il senso di morte che adesso chiaramente incupiva questi palazzi” però gli dice “bello, ma quello che supera tutto sono i due nostri ragazzi” descrizione: “ne uno ne l’altro erano buoni, ciascuno pieno di calcoli, gonfio di mire segrete”. Don Fabrizio prima provava disgusto per la gente che vedeva, ora prova compassione. Poi si trova davanti all’opera “Morte del giusto di Greuze” e pensa alla sua stessa morte. “Come sempre, la considerazione della propria morte lo rasserenava tanto quanto lo turbava quella della morte degli altri; forse perché, stringi stringi, la sua morte era in primo luogo quella di tutto il mondo?” Arrivano poi Tancredi e Angelica nella stessa stanza. Lei gli chiede di concederle un ballo. “Presto si ritrovò come a venti anni, quando in quella stessa sala ballava con Stella, quando ignorava ancora cosa fossero le delusioni, il tedio, il resto. Per un attimo, quella notte, la morte fu di nuovo si suoi occhi roba per gli altri”. Conversazione principe- colonnello dice: “mai siamo stati tanto disuniti da quando siamo riuniti. Torino non vuole cessare di essere la capitale, Milano trova la nostra amministrazione inferiore a quella austriaca, Firenze ha paura che le si portino via le opere d’arte...” Il ballo dura fino alle sei del mattino, sono tutti stanchissimi ma è maleducazione andarsene prima della fine del ballo. Don Calogero si addormenta con la testa all’indietro e si vedono le mutande paesane. Don Fabrizio decide di tornare a casa a piedi per trovare un po’ di conforto guardando le stelle. “Come sempre il vederle lo rianimó, erano lontane, onnipotenti e nello stesso tempo tanto docili ai suoi calcoli; proprio il contrario degli uomini, troppo vicini sempre, deboli e pur tanto riottosi.” (Contrario del X agosto di Pascoli) Luglio 1883 (notevole salto temporale come nel sesto capitolo dell’ Educazione Sentimentale.) La morte del principe. “Erano decenni che sentiva come il fluido vitale, la facoltà di esistere, la vita insomma, e forse anche la volontà di continuare a vivere, andassero uscendo da lui lentamente ma continuamente.” È di ritorno dal viaggio di Napoli. Arriva a Palermo e davanti alla famiglia sviene, Tancredi lo porta così all’albergo di Trinacria. “Ripensó a tutte queste cose che gli sembravano umili anche Se preziose... che fra poco sarebbero piombate, incolpevoli, in un limbo fatto di abbandono e di oblio... era solo, un naufrago alla deriva su una zattera, in preda a coerenti indomabili... l’ultimo Salina era lui, il gigante sparuto che adesso agonizzava sul bancone di un albergo...quel Garibaldi... dopo tutto aveva vinto.” Poi arriva il prete. Don Fabrizio ripercorre con la memoria i momenti nei quali ha vissuto davvero. Su 73 anni, 2. Immagine di una donna che decide di essere sua= il Principe ha sedotto la morte. Maggio 1910 Concetta, Carolina e Caterina governano la Villa all’interno della quale c’è una cappella. Il monsignore si presenta alle donne dicendo che sua eminenza vorrebbe vedere la cappella perché desidera che il culto privato sia conforme ai riti di santa madre chiesa. All’interno numerose opere d’arte raccolte da Concetta. Camera di Concetta: casse sigillate con il corredo mai utilizzato, ritratti e fotografia, Bendicó imbalsamato. Concetta molto delusa perché sa che la chiesa verrà riconsacrata e soprattutto che il prestigio della casa svanirà “Nel rapporto con la chiesa i Salina avevano mantenuto la loro preminenza.” Concetta con Angelica e Senatore. Il senatore dice a Concetta di averla sentita nominare spesso da Tancredi: “certo sarebbe assurdo dire che Concetta amasse ancora Tancredi: l’eternità amorosa dura pochi anni e non cinquanta. Ma come una persona da 50 anni guarita dal vaiolo ne porta ancora le macchie sul volto benché possa aver dimenticato il tormento del male, essa recava nella propria oppressa vita attuale le cicatrici della propria delusione” Fino a quel momento aveva pensato che a Donnafugata le era stato fatto un torto da parte di Tancredi e suo padre “ora invece pensava che non vi erano stati nemici, ma una sola avversaria, essa stessa”. Forse Tancredi era innamorata di lei? (Il narratore sottilmente fa intendere di sì, ma non lo esplicita.) Ultima scena: Vengono salvate solo alcune cose come reliquie. Concetta non prova più niente. Ordina che anche Bendicó venga eliminato, “Durante il volo giù dalla finestra la sua forma si ricompose un istante si sarebbe potuto vedere danzare nell’aria un quadrupede dai lunghi baffi e l’anteriore destro alzato sembrava imprecare. Poi tutto trovó pace in un mucchietto di polvere livida.” OSSERVAZIONI Il cuore della narrazione sembra essere il momento di passaggio tra il disfacimento di un’epoca e l’arrivo di un’altra, passaggio personificato nella figura del principe Fabrizio. Parrebbe un romanzo finalizzato alla descrizione di un mutamento di costume, politico e sociale. Ma, fin da pagina 24, viene
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