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Riassunto Il gioco dei bambini - Emma Baumgartner, Sintesi del corso di Psicologia Generale

Riassunto del libro capitolo per capitolo

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Riassunto Il gioco dei bambini - Emma Baumgartner e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! IL GIOCO DEI BAMBINI 1) MODELLI DI DESCRIZIONE E TEORIE DEL GIOCO 1.1 Caratteristiche descrittive Il gioco può essere inteso come: – Disposizione psicologica: comprende la combinazione tra motivazione intrinseca (si gioca per il piacere di farlo), priorità dei mezzi sul fine (il procedimento è più importante del risultato), dominanza dell'individuo rispetto alla realtà esterna (il gioco può verificarsi quando le condizioni ambientali sono benevole), la non letteralità del gioco (giocano “a fare finta di”), la libertà dai vincoli (le regole si accordano tra i giocatori), il coinvolgimento attivo – Comportamento osservabile: Piaget individua tre forme di gioco, cioè il gioco di esercizio (il bambino varia gli schemi sensomotori acquisiti), il gioco simbolico e i giochi con regole. I giochi si dividono anche in giochi con oggetti, con le parole, con materiali sociali – Contesto: sia come situazione all'interno della quale leggere specifici fenomeni, sia in rapporto alle circostanze nell'ambito delle quali le condotte ludiche hanno luogo. Ad esempio vengono considerate la qualità e la quantità dei materiali, lo spazio interno ed esterno, il gruppo, la presenza di adulti. Il contesto è una componente intrinseca del gioco 1.2 Alcune teorie sul gioco Jean Piaget. Egli colloca il gioco nella teoria dello sviluppo e più precisamente nel processo di “formazione del simbolo”. Il gioco sostiene la funzione simbolica in quanto giocando il bambino si confronta con una realtà immaginaria. I bambini fanno pratica di un'attività mentale e di assimilazione, cioè un processo mentale per cui i bambini adattano la realtà esterna in funzione del proprio gioco. Secondo Piaget, il gioco serve per consolidare le capacità già acquisite attraverso la ripetizione, e rafforza il sentimento di poter agire efficacemente sulla realtà. Lev Vygotskij. Egli rivolge la propria attenzione agli affetti, alle motivazioni e alle circostanze interpersonali. Nel passaggio dall'infanzia all'età prescolare, il gioco permette al bambino di affrontare la tensione tra i suoi desideri e l'impossibilità di soddisfarli immediatamente. Nel gioco il pensiero è separato dagli oggetti e l'azione nasce dalle idee più che dalle cose. Quando il bambino sarà grande non avrà più bisogno di un oggetto come supporto al processo di creazione simbolica. Donald Winnicott. Egli definisce lo spazio-tempo del giocare come un'area che non può essere facilmente lasciata e che non ammette intrusioni. Approda alla teoria del gioco attraverso lo studio degli oggetti transizionali: ad esempio, un pelouche permette al bambino di affrontare i momenti di ansia (es. addormentarsi). Mead, Bateson, Bruner. Essi hanno focalizzato la loro attenzione sulla funzione del gioco nella realtà interpersonale e le potenzialità del gioco nei processi di apprendimento. Mead analizza il gioco come una delle condizioni sociali al cui interno emerge il sé (assunzione di ruolo, gioco di ruolo: il bambino risponde anche per l'interlocutore immaginario). Bateson individua nel gioco una specie di palestra per l'esercizio delle abilità metacomunicative. I bambini sanno che non è la realtà, ma si comportano come se lo fosse. Bruner esamina il rapporto tra il gioco e le strategie di soluzione dei problemi. Secondo alcuni studi, le attività strutturate presentano un grado maggiore di complessità cognitivae motivano i bambini alla ricerca di soluzioni, mentre quelle non strutturate hanno il fine di rafforzare la competenza sociale (alternanza dei turni, coordinazione). 2) IL GIOCO NEI PRIMI DUE ANNI DI VITA 2.1 Le origine del gioco Una delle caratteristiche del gioco è quella di essere un'attività disinteressata. Secondo gli studi di Piaget (1945), il gioco è da intendersi come “assimilazione pura”, ovvero come un processo cognitivo attraverso il quale i dati dell'esperienza vengono inglobati entro schemi mentali già acquisiti. Il gioco comincia quando il comportamento del bambino non è più guidato dalla necessità di apprendere o di ricercare una soluzione ma soltanto dal piacere funzionale, cioè dal piacere di esercitare abilità già acquisite (il corpo è il primo oggetto di cui il bambino dispone per non annoiarsi). Alle origini il gioco è puro esercizio di schemi innati, a 2-3 mesi il bambino mostra una serie di interessi verso il proprio corpo, quali il coinvolgimento attivo, l'attesa dell'effetto e i segnali di piacere (giocano con la testa, mani, gambe, voce). 2.2 Le interazioni ludiche faccia a faccia Il compito evolutivo della madre e del bambino nei primi 2-3 mesi di vita è quello di conoscersi e di adattarsi reciprocamente. Dal secondo mese di vita il bambino riesce a sostenere lo sguardo e a rispondere alle stimolazioni da parte degli adulti. Il gioco vocale è una delle interazioni ludiche tra il bambino e la madre in cui è evidente l'alternanza dei turni: le madri quando interagiscono con i loro piccoli adottano un linguaggio “speciale” costituito da espressioni brevi, semplificate e ridondanti. Questi scambi vocali tra il bambino e la madre sono stati definiti protodialoghi (durata e ritmo, pause). Stern parla di “sinfonia” delle azioni materne e paterne perché caratterizzate dall'estensione della ripetizione e dalle variazioni che vengono introdotte nel gioco per evitare la noia (es. espressioni facciali). A partire dai 5-6 mesi si nota che il bambino tende a iniziare spontaneamente le interazioni con i genitori e gli oggetti entrano a far parte del gioco adulto-bambino. 2.3 Il gioco sociale nel primo anno di vita Le interazioni ludiche intorno al primo anno si dividono tra l'oggetto e il partner: anche il comportamento dei genitori cambia e il loro linguaggio inizia a contenere più informazioni del mondo esterno. Bruner ha svolto diversi studi sui “giochi sociali” (es. lettura di un libro, distruzione di una torre di cubi), cioè giochi che coinvolgono due persone e sono caratterizzati da regole e ripetizioni. Le azioni di questi giochi sono organizzate in sequenza (il bambino può anticipare le mosse successive). Nei primi 4-5 mesi di vita si hanno giochi di stimolazione tattile, motoria, percettiva, di imitazione vocale, mentre nei mesi successivi il repertorio si amplia a giochi come il cucù-settete, il dare e prendere, gettare e raccogliere... 2.4 Il gioco sociale nel secondo anno di vita A partire dai 9-12 mesi il bambino sviluppa notevoli abilità sociali e il suo vocabolario comunicativo si amplia notevolmente (richiedere, indicare un oggetto specifico). Nel secondo anno di vita, il compito evolutivo è costituito dall'autonomia: il bambino inizia a camminare e a muovere. Il gioco sociale dalla relazione madre-padre e bambino si estende allo scambio sociale bambino- bambino e viene a costruire una delle modalità di interazione ludica tipica tra coetanei a partire dal secondo anno di vita. 2.5 Le origini del gioco tra bambini Si è visto che già nel primo anno di vita i bambini sono aperti al contatto sociale con un coetaneo e mostrano interesse reciproco e interagiscono tra loro prevalentemente attraverso gli oggetti, imitandosi l'uno con l'altro. Nel secondo anno di vita, alla modalità imitativa si aggiunge quella complementare (turni e ruoli vengono alternati. 2.6 Le funzioni del gioco sociale Diversi fattori di natura contestuale influenzano la qualità del gioco dei bambini (presenza di adulti, quantità, forme, funzione degli oggetti..). Le sostituzioni simboliche degli oggetti più elaborate sono state osservate prevalentemente tra i 24 e i 28 mesi. 4.4 Il gioco simbolico condiviso Fin dalle prime manifestazioni il gioco simbolico ha carattere sociale: all'inizio le altre persone sono coinvolte come destinatari passivi, in seguito hanno un ruolo più attivo, in quanto le esperienze quotidiane rappresentate dai bambini richiedono la partecipazione dei genitori. Durante il secondo anno di vita l'imitazione reciproca caratterizza anche il gioco simbolico tra coetanei. A partire dal terzo anno i bambini sono capaci di decidere autonomamente la situazione di gioco e come strutturarla. Nel quarto anno di vita il gioco simbolico condiviso con altri bambini diventa l'esperienza più frequente. 4.5 Gioco simbolico e sviluppo del linguaggio Sembrerebbe che la comprensione del linguaggio sia correlata ai livelli iniziali del gioco simbolico, mentre la complessità del gioco è collegata alla produttività linguistica. Il gioco simbolico combinatorio emerge simultaneamente alle prime parole, mentre la capacità di pianificare il gioco corrisponde alle combinazioni variate ed estese di parole. 4.6 Gioco simbolico e differenze individuali Il gioco simbolico contribuisce allo sviluppo sociocognitivo da molteplici punti di vista: la costruzione del senso di sé, il consolidamento del saper fare sociale, lo sviluppo di conoscenze convenzionali, il pensiero e l'azione “come se”. I bambini che tendono al gioco di fantasia sono risultati meno aggressivi e più aperti alla collaborazione con i compagni anche in situazioni di non gioco. 5) DAI GIOCHI DI FANTASIA AI GIOCHI CON REGOLE Dai tre anni in poi, i temi del gioco simbolico non dipendono più dall'esperienza diretta del bambino ma diventano temi di fantasia. Il gioco di finzione si differenzia dal gioco di fantasia o sociodrammatico nei contenuti, nella partecipazione sociale e nella presenza di regole (pianificazione condivisa: es “facciamo che io ero”). 5.1 Il gioco di fantasia (Singer e Singer) L'età prescolare è l'età del gioco di fantasia o sociodrammatico, che può essere definito come una particolare interazione ludica all'interni della quale vengono interpretati ruoli immaginari. Il termine “drammatico” vuol significare che nel gioco sono riconoscibili azioni, personaggi trame, mentre “sociale” significa la natura collettiva del gioco e la presenza di ruoli socialmente codificati. Gli indicatori del gioco di fantasia sono “facciamo che io ero..”, la mimica, la contraffazione della voce, esagerazione dei gesti. Il gioco di fantasia inizia a declinare verso la fine della fanciullezza. 5.2 Le regole del gioco di fantasia Vygotskij per primo ha sottolineato l'esistenza di regole di coerenza interna nel gioco di simulazione, alle quali i bambini sono molto attenti. A differenza dei cosiddetti giochi con regole, le prescrizioni su cosa è consentito e cosa è obbligatorio nel gioco non sono dichiarate in partenza ma vengono concordate dai giocatori stessi mentre stanno giocando. La metacomunicazione riguarda la maniera con la quale i giocatori comunicano che le loro azioni sono per finta. 5.3 Metacomunicazione e gioco di fantasia Per poter giocare insieme, i bambini hanno bisogno di comunicare ai propri compagni chi sono nella finzione, che cosa stanno facendo, in quale situazione immaginaria si trovano. I bambini in una situazione di fantasia fanno spesso riferimento all'essere dentro o fuori la finzione. 5.4 Componenti del gioco di fantasia Catherine Garvey dice che i discorsi dei bambini in un gioco di fantasia riguarda il “come” si gioca. I componenti principali della finzione sono: – i ruoli: si dividono in ruoli funzionali (specifiche funzioni), ruoli familiari (organizzati a coppie: marito/moglie, mamma/figlia) e ruoli caratteristici (occupazioni che i bambini conoscono meglio: dottore, pompiere, maestra). La scelta dei ruoli è condizionata dal sesso e dall'età – i piani: si intende una sequenza coordinata di azioni riguardanti uno specifico tema (es. guarire un malato, fare un viaggio. Ciascun piano di gioco prevede un repertorio limitato di azioni, ruoli e oggetti elaborato nel corso del tempo – oggetti e scenari: gli oggetti a disposizione dei bambini, così come i contesti nei quali essi si trovano, influenzano le modalità di gioco, i ruoli e i piani adottati. I bambini per assumere reciprocamente i ruoli devono condividere la rappresentazione mentale per mantenere lo scenario coerente La negoziazione sul come si gioca è un elemento naturale del gioco di fantasia che, con l'andare del tempo, si evolve nei giochi con regole. 5.5 I giochi con regole Secondo Piaget, i giochi con regole devono avere almeno due partecipanti in competizione tra loro e il comportamento dei giocatori è regolato da un codice solitamente prestabilito. Il gioco con regole è di natura competitiva e compare tardivamente alla fine dell'età prescolare. Le regole, a differenza dei giochi di fantasia che possono essere modificate in un qualsiasi momento, rappresentano l'essenza del gioco e devono essere accettate da tutti all'inizio del gioco (i giocatori hanno un obiettivo). I giochi con regole hanno dei nomi che li rendono riconoscibili e possono essere appresi. 5.6 Origine e sviluppo dei giochi con regole I giochi con regole hanno inizio nei primi incontri del bambino con la realtà sociale. Tra i bambini le prime forme di gioco con regole sono di natura collaborativa (es. girotondo); soltanto in età prescolare il principio della competizione diventa dominante. 6) GIOCHI DI BAMBINE E BAMBINI Bambine e bambini nel corso del tempo acquisiscono modi diversi di giocare che progressivamente diventano congruenti con gli stereotipi di ruolo sessuale. 6.1 Differenze di genere dei giochi Nella cultura occidentale la lotta per finta è un gioco considerato maschile, poiché lo scopo della lotta (o gioco turbolento) è quello di stabilire una posizione di superiorità; si basa sulla simulazione, senza avere alcuna intenzione di recare danno ai propri compagni ( i bambini sono amici). Il gioco della lotta serve per acquistare il controllo sulla propria aggressività, incanalandola entro comportamenti socialmente accettabili perché ritualizzati e inoffensivi. Il gioco crea uno spazio “sperimentale” nel quale si possono mettere alla prova i comportamenti, sospendendone le conseguenze. Il gioco di lotta e di inseguimento scompare tra i ragazzi all'inizio dell'adolescenza, quando la forza fisica viene usata per stabilire rapporti di dominanza soltanto in situazioni di conflitto reale. I giochi tipici delle bambine sono invece alcuni giochi di ruolo, che compaiono in età prescolare, mentre in età più precoce preferiscono il gioco di finzione con le bambole. Le bambine nei giochi preferiscono temi della vita quotidiana, mentre i bambini temi di fantasia. 6.2 Preferenze di gioco e scelta dei partner I bambini e le bambine sono più facilmente accettati dai loro compagni se giocano con giocattoli “adeguati” al loro sesso (segregazione di genere). Il desiderio di essere accettati dai pari, di giocare ancora con loro e la volontà di evitare reazioni negative da parte del gruppo rappresentano fattori motivazionali che contribuiscono a determinare la scelta di un gioco piuttosto che di un altro. 6.3 Differenze di genere nel gioco e fattori di influenza Le aspettative e il comportamento degli adulti variano in rapporto al sesso del bambino (es. anche le camere dei bambini sono disposte in base al sesso, così come gli spazi ludici degli asili). I coniugi Singer osservano che spesso insegnanti e genitori guardano con sospetto e allarme i maschi di età prescolare che amano giocare alla casetta o ai travestimenti, leggendo in questi comportamenti possibili indizi di sviluppo omosessuale o di atteggiamenti effeminati. Vari studi documentano come le scelte di gioco dei bambini riflettano le scelte fatte dai genitori nell'acquistare i giocattoli in base al sesso. Gli adulti hanno aspettative diverse e incoraggiano attività appropriate al genere fin da età precoci (i padri hanno una modalità di gioco più improntata alla stimolazione fisica e motoria, mentre le madri hanno una modalità di interazione più orientata alla conoscenza e alla comunicazione socioaffettiva). Anche televisione e pubblicità agiscono suggerendo i personaggi di fantasia nei quali i bambini si identificano e i modelli di comportamento ai quali conformarsi. 6.4 Differenze di genere e gioco in età prescolare Per illustrare il rapporto tra la scelta delle attività e dei giochi e le differenze di genere si è svolta una ricerca in una cittadina del Lazio. Si sono osservati i bambini per 40 minuti ciascuno. Il repertorio dei giochi osservati I dati sono stati letti in base alla sezione e in base al sesso (i dati sono influenzati dal programma curricolare). Differenze di genere e interazione sociale Il 75% delle interazioni si è verificato all'interno di piccoli gruppi omogenei per genere, mentre il restante 25% di scambi sociali consisteva nella presenza di uno o al massimo due soggetti di sesso diverso nei gruppi omogenei per genere. Dall'analisi del repertorio di giochi osservati è emersa una maggiore diversificazione dei giochi nelle bambine e una preferenza di giochi di fantasia nei maschi. 7) VIOLENZA E AGGRESSIVITA NEL GIOCO 7.1 Il mercato dei giocattoli In Europa l'industria dei giocattoli cominciò a espandersi tra il 1880 e il 1890, anche se allora l'acquisto di giocattoli era riservato a famiglie benestanti. Il Teddy Bear è il primo giocattolo industriale di massa che si diffonde anche nelle classi medie. I giocattoli in breve tempo diventano simboli della modernità, vengono pubblicizzati e si diffonde l'idea che tra le necessità domestiche vi siano anche i giochi dei bambini (importanza della televisione, Mattel). La Barbie p il giocattolo della Mattel per la prima volta frutto di un'attenta ricerca di mercato. 7.2 Violenza dei media e condotte aggressive Secondo Bandura, l'aggressività ha origine nell'apprendimento per osservazione e per esperienza diretta. Egli nota che gli effetti in età prescolare dell'esposizione a modelli di comportamento violenti induco i bambini ad assumere maggiore aggressività. È emerso che le ragazze non sembrano essere direttamente influenzate dalla violenza televisiva, al contrario dei ragazzi (non è da generalizzare). Altri studiosi invece sostengono la tesi che la violenza televisiva è inefficace perché i bambini sanno distinguere tra personaggi reali e personaggi di fantasia e la visione ripetuta di episodi aggressivi può sensibilizzare gli spettatori; sono più gravi i conflitti tra genitori.
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