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Riassunto: Il Museo Oggi. Linee Guida per una museologia Contemporanea, Sintesi del corso di Museologia

Riassunto del manuale "Il museo oggi. Linee guida per una museologia contemporanea" di Lucia Cataldo e Marta Paraventi. Sintesi completa di tutti i capitoli, con una trattazione sulla storia del museo e una conseguente visione globale del museo contemporaneo: aspetti giuridici, gestione delle collezioni, problematiche della conservazione e del degrado, nuove tipologie di musei, educazione museale, new media, comunicazione e rapporto con il pubblico, marketing museale.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Scarica Riassunto: Il Museo Oggi. Linee Guida per una museologia Contemporanea e più Sintesi del corso in PDF di Museologia solo su Docsity! IL MUSEO OGGI. LINEE GUIDA PER UNA MUSEOLOGIA CONTEMPORANEA PARTE I: IL MUSEO E LA SUA STORIA CAPITOLO 1: LA NASCITA DEL COLLEZIONISMO L’abitudine di collezionare oggetti con l’intenzione di conservarli avviene fin dall’antichità, ma ancor prima è un fenomeno antropologico, conservare gli oggetti o le reliquie (= resti) è un atteggiamento già presente dalla preistoria. I corredi funerari sono i più antichi esempi di collezionismo. L’accumulo è anche un fenomeno religioso: i templi mesopotamici ed egiziani, ma anche i templi greci possedevano una ricca collezione. La logica collezionista attingeva anche ai saccheggi nei momenti di guerra. Gli abitanti di Elam (attuale Iran) esposero gli oggetti saccheggiati nella loro capitale Susa. Un altro esempio di esposizione pubblica di opere fu quello della grande collezione di Nabucodonosor, ottenuta anch’essa con le spoliazioni belliche. I tesori greci, costituitisi grazie ad un accumularsi di offerte votive, venivano costruiti tramite i Thesauroi all’interno dei santuari, i primi depositi di opere d’arte. Anche il tempio greco divenne al tempo un luogo nel quale venivano depositati gli oggetti. Sull’acropoli di Atene nacque il più antico esempio di pinacoteca. La pinacoteca dell’acropoli di Atene era al tempo stesso una raccolta di quadri ed una sala di soggiorno, forse per visitatori di riguardo, funzione comprovata forse dai sedili che correvano lungo le pareti. Durante il periodo ellenistico le collezioni si concentrarono nelle mani dei principi, governatori o ricchi, a differenza dell’età classica in cui le collezioni erano pubbliche. Attalo I, governatore di Pergamo, fu il rappresentante di un nuovo collezionismo basato sull’integrazione dei saperi, poiché creò una notevole raccolta di opere di dimensioni enciclopediche. In questo periodo comparvero le figure del mercante d’arte, incaricato di trovare le opere, e quella del critico d’arte. LA BIBLIOTECA DI ALESSANDRIA D’EGITTO La Biblioteca ed il Museo furono organizzati intorno al 280 a.C., da Tolomeo SOtere o Tolomeo II Filadelfo, con l’intento di offrire agli scienziati e ai letterati i mezzi per praticare le loro discipline. Grazie al binomio biblioteca-museo, Alessandria divenne patria della scienza, al suo interno era presente una scuola di medicina, un giardino botanico e un osservatorio. Dal punto di vista architettonico il Mouseion alessandrino consisteva in un ampio recinto, circondato da un porticato a colonne, in cui era presente anche un giardino botanico, un anfiteatro e sale di lavoro. Il Mouseion, luogo sacro alle muse, si arricchisce dunque in età ellenistica di altri significati designando, oltre all’edificio alessandrino, anche le scuole filosofiche. ROMA: COLLEZIONI, IMMAGINI E MANIFESTAZIONE DEL POTERE Anche le collezioni romane erano costruite in gran parte da bottini di guerra, usati come trofei ed esposti nelle grandi strade della capitale come simbolo di vittoria. Da ciò prese inizio il commercio dell’arte e la copia delle opere d’arte. Alcuni mercanti cominciarono a vendere copie spacciandole come originali, arricchendosi notevolmente. Un’importante figura fu quella di Marco Agrippa, consigliere di Augusto, il quale inculcò l’idea che Roma dovesse trasmettere la cultura e l’arte al popolo rendendo pubbliche le collezioni custodite nelle grandi ville private. La consuetudine di trasportare opere greche a Roma per collocarle a ornamento delle ville determina il venir meno della funzione sacra e l’affermarsi di quella estetica. Il collezionismo imperiale dunque fa riferimento alla parola “riunire” e mantenere insieme le cose raccolte e “porre fuori” o mostrare, ciò venne fatto dai romani, in primo luogo per ribadire il loro potere e per manifestarlo al popolo. A Roma vennero esposte in pubblico numerose opere d’arte, una vera e propria galleria era il ninfeo di Punta Epitaffio a Baia (Napoli). Dopo il declino dell’Impero Romano d’Occidente, Costantino riunì nella sua residenza oggetti provenienti dalla Grecia e da Roma e trasformò tale raccolta in senso semiprivato, mostrandole al popolo solo in alcune occasioni. DAI TESORI DELLE CATTEDRALI AL COLLEZIONISMO LAICO Nel Medioevo la Chiesa divenne protagonista del collezionismo. Venivano collezionati ad esempio resti dei martiri, oggetti venuti in contatto con i Santi o strumenti che riguardavano la passione di Cristo o la vita della Vergine. L’accumulo di questi oggetti ha dato via ai cosiddetti tesori, meta dei pellegrini, conservati in piccole stanze o cappelle isolate. I primi tesori veri e propri risalgono a Carlo Magno, il quale riunì un grande tesoro nella cappella di Aquisgrana insieme ad una numerosa raccolta di libri, reliquie ed oggetti d’epoca, donati in seguito alla chiesa in cambio della salvezza eterna. L’età della crociata diede inizio alla seconda fare di formazione dei tesori, ad esempio il tesoro di San Marco a Venezia. Da un uomo di chiesa, l’abate di Suger, giunse una delle prime testimonianze relativa al piacere del possesso a fini collezionistici, ed egli riuscì ad aggirare la censura. Difatti la Chiesa fu per prima la vera custode di oggetti e la prima a dedicare l’allestimento di questi oggetti in un’ottica museografica in Europa. Esistevano altri esempi nell’Islam, in Cina e in Giappone. In epoca medievale l’utilizzo di colonne, capitelli e frammenti portò all’annullamento della funzione estetica a favore di quella sacra. Una delle prime raccolte in ambito laico fu quella del Duca Jean De Berry, il quale le conservava in un luogo privato ed era accompagnata da un inventario compilato dal Duca stesso, nel quale c’erano tutte le informazioni riguardanti ogni singolo oggetto. Gli oggetti venivano classificati secondo gli oggetti personali del Duca e secondo gli arredi dell’ambiente. Una figura a parte fu quella di Ciriaco d’Ancona, con la sua collezione erudita e le sue preziose informazioni nei suoi Commentari. GLI STUDIOLI Nel XV secolo si assiste al fenomeno degli studioli. Erano dei piccoli spazi adibiti inizialmente a guardaroba in cui oltre a scrivere e a leggere si accumulavano oggetti. L’idea era di un piccolo universo, con oggetti di natura eterogenea, dai significati simbolici. Uno dei primi studioli fu quello di Carlo Magno, che si configurava però come un sacellum. Una vasta documentazione scritta ed iconografica descrive gli studioli, prima appartati e destinati in ambienti monastico-cristiani e poi laici. Studiolo è il diminutivo di studio, nel quale si tenevano le collezioni delle monete, lontano dalle altre stanze della casa, così da non essere disturbato, affacciato sul giardino. Petrarca stesso si fece raffigurare seduto nello studiolo, circondato da libri. L’invenzione dello studiolo è la tappa fondamentale del fenomeno del collezionismo, da qui poi si svilupparono le prime forme di museo privato. La nascita degli studioli è un fenomeno italiano, ed erano direttamente collegati al loro committente dal programma iconografico. Fra i tanti esempi citiamo lo studiolo del Palazzo Ducale di Urbino, che prevedeva la celebrazione delle virtù politiche e degli interessi umanistici del duca. Lo studiolo di Francesco I de Medici dichiarava gli interessi esoterici del principe. Nello studiolo di Lionello d’Este a Ferrara, il programma iconografico era volto all’esaltazione del Buon Governo sotto la protezione di Apollo e delle Muse. Nel progetto di Lionello, la presenza di Apollo insieme alle muse richiama al modello del principe filosofo descritto da Platone. Isabella d’Este invece, scelse invece di collezionare oggetti antichi in rapporto al suo studiolo. IL COLLEZIONISMO EUROPEO NEL SEICENTO Alla fine del Cinquecento subentrò la volontà da parte dei collezionisti di esporre le raccolte ad un pubblico più ampio e in luoghi meno appartati. La Galleria affonda le sue radici nel mondo classico, venne ritenuta più adatta all’approccio col pubblico, essa divenne un luogo ideale per l’esposizione e per la celebrazione della potenza del principe. IL COLLEZIONISMO MEDICEO FRA 400 E 500 Le sculture antiche furono usate per trasmettere messaggi sulla superiorità della famiglia. Il mecenatismo Mediceo spianò la strada per la nascita del museo moderno. Francesco I riorganizzò le collezioni all’interno degli Uffizi. Con il Rinascimento si perfezionò il concetto di museo e di collezione. ROMA: RECUPERO E DISPERSIONE DELL’ANTICO A Roma i papi si impegnarono a proteggere il patrimonio archeologico con leggi ed editti. Sisto IV nel 1471 donò a Roma alcune opere, tra cui La Lupa, lo Spinario e la Testa di Costantino. Giulio II utilizzò i reperti per costruire il Museo del Belvedere. Dagli scavi clandestini e dal saccheggio dei reperti nacquero le più grandi collezioni private di famiglie nobili, come i Borghese, i Pamphilj, i Colonna e i Farnese. Nel 600 Roma pullulava di collezionisti. Nel 1543 Paolo Giovio fece costruire a Borgo Vico una villa composta di vari ambienti fra cui giardini, portici e cortili. Una delle sale venne fatta decorare con immagini delle Muse: da qui la riscoperta del termine museo. RACCOLTE SCIENTIFICHE E WUNDERKAMMERN secondo tipo, definito “MUSEO INTERNO”. Trasformazione di vecchi edifici è consuetudine. Dagli anni ’60 uscita dai musei, si espone ovunque. Negli anni ’80 massiccio reimpiego di palazzi. NUOVI ASPETTI ALLA FINE DEL XX SEC Spazio e contenuti: 1997, a Parigi è inaugurato il Centre Pompidou, manifesto della corrente high tech con l’intento di creare un complesso interdisciplinare. Il Museo è visto come centro polifunzionale: funzione didattica, necessari spazi adeguati. Sempre più attenzione ai servizi rivolti al pubblico. In molti istituti si tengono conferenze, si producono film. Spazi serviti (mostre, conferenze, biblioteche, banchi vendita), spazi che servono (uffici, documentazione, restauro, ricerca), spazi accessori (ristoranti, bar, negozi). VERSO IL MUSEO DEL TERZO MILLENNIO Il rapporto tra visitatore e museo dev’essere neutrale. L’architettura museale dev’essere un involucro il più naturale possibile. Il museo è al centro di dibattito circa la sua metodologia e i suoi allestimenti. Nuovi allestimenti dinamici, interattivi, non più storici-cronologici, spesso tematici, monografici, multimediali. Cambia l’idea del pubblico: non più museo aperto al pubblico ma MUSEI DEI PUBBLICI. Oggi è fondamentale coinvolgere il visitatore. PARTE II: IL MUSEO CONTEMPORANEO CAPITOLO 5: IL MUSEO E LE SUE DEFINIZIONI La nozione giuridica di museo ha subito una trasformazione per la quale da semplice contenitore di beni è passato ad essere un soggetto attivo, che contribuisce a rafforzare l'identità e la crescita sociale di una comunità. I beni culturali raccolti nel museo ne costituiscono la ragion d'essere e la loro conservazione rappresenta il compito primario dell’istituto, tanto che il museo va considerato da una parte un bene culturale in sé e dall'altra come un servizio pubblico. D.lgs. 490\1999: “struttura comunque denominata, organizzata per conservazione, valorizzazione e fruizione.” Codice di deontologia professionale ICOM: “istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società, aperto al pubblico, compie ricerche che riguardano testimonianze dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva e le espone per finalità di educazione e studio.” Codice dei beni culturali e del paesaggio 2004: contempla tra i beni culturali le raccolte di musei le pinacoteche le gallerie e gli altri luoghi espositivi dello Stato delle regioni degli enti pubblici. - Per raccolta museale si intende un insieme di oggetti privi di un principio di aggregazione e di un progetto collezionistico; - Per collezioni si intende un insieme di oggetti EO materiali scelti e riuniti in musei; - Per deposito attrezzi si intende una struttura che accoglie le opere d'arte rimosse dagli edifici del territorio per lavori o restauri; - Per bene monumentale con valenza museale si intendono quei beni e complessi monumentali che racchiudono all'interno beni e arredi di particolare interesse storico artistico che sono assimilabili alle strutture museali. I soggetti che si occupano in Italia dei musei sono: 1) gli enti pubblici, i comuni, le province, lo Stato, le Regioni e in qualche caso le università. Nei musei statali lo Stato ha avuto da sempre un ruolo centrale sia come proprietario che come gestore. Le competenze gestionali per i musei statali spettano alla Direzione Generale per i musei storici, artistici ed etnoantropologici e alla Direzione Generale per i beni archeologici per i musei e i parchi archeologici, che agiscono sul territorio tramite le Soprintendenze. I musei degli enti locali o altri enti territoriali costituiscono quasi la metà dei musei esistenti in Italia, la cui stragrande maggioranza è costituita dai musei civici, nati in epoca post-unitaria. L'attuale apparato legislativo prevede una grande responsabilità da parte delle regioni che disciplinano la fruizione e la valorizzazione di quei beni non appartenenti allo stato o dei quali lo stato abbia trasferito la disponibilità. Appartengono a questa categoria anche i musei universitari, nati con finalità didattiche. 2) enti ecclesiastici, dalle diocesi alle parrocchie. Possono essere diocesani, parrocchiali, musei dell'opera del Duomo o semplici raccolte di arte sacra, per i quali si richiede una collaborazione sempre più intensa con il ministero e le regioni. 3) enti privati che risultano titolari di un bene. I musei privati sono la realtà più piccola tra i musei esistenti in Italia, per i quali il Codice prevede un esplicito riferimento in termini di visita e di accesso al pubblico, soltanto in caso di eccezionale interesse. Secondo un'indagine della Corte dei conti del 2006 sono stati individuati in Italia 3430 musei, di cui la parte più rilevante è pubblica per il 66%, il 22% rappresenta il patrimonio privato ed infine quasi il 12% il patrimonio ecclesiastico. I musei degli enti locali sono i più numerosi, mentre musei statali sono i più conosciuti e i più visitati. L’ICOM è l'organizzazione internazionale dei musei e dei professionisti museali, non governativa con finalità di comunicazione di confronto. All'estero c'è una particolare attenzione verso tutte le serie di comitati di settore che producono documenti di approfondimento e studiano gli standard di riferimento specifici per le varie tipologie di oggetti. La museologia in Italia ha sempre sofferto una mancata attenzione da parte della legislazione, quando invece la stratificazione capillare del patrimonio culturale in Italia meriterebbe più attenzione , aspetto che invece è assai curato in altri paesi. L’ANMLI Riguarda la tutela del patrimonio artistico; L’ANMS promuove l'eccellenza nello sviluppo della museologia scientifica, rappresentando orti botanici, giardini zoologici e acquari; L’AMEI Riguarda i musei religiosi esistenti in Italia; LA SIMBDEA è un punto di riferimento per i beni demo etnoantropologici. Da decenni in Italia si è aperto il dibattito sulle opportunità di favorire iniziative economiche investimenti da parte di privati per migliorare il livello dell’offerta. La tipologia più diffusa è quella del privato proprietario del bene responsabile in prima persona della conservazione della promozione dello stesso. Un'altra modalità di coinvolgimento è quella della sponsorizzazione da parte di editori, società, cooperative, associazioni culturali e banche. Il museo è un’istituzione attiva, che svolge funzioni per sé e per l’intero territorio. CAPITOLO 6: LINEAMENTI DI LEGISLAZIONE IN MATERIA DI BENI CULTURALI E MUSEI La Costituzione, all’art 9 assegna allo Stato il compito di promuovere lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico nazionale. Nel 1964 il Parlamento istituì la Commissione Franceschini che emanò la definizione di bene culturale, ratificando questo termine apparso per la prima volta nella convenzione dell'Aja del 1954: fu indicato come un bene afferente la sfera pubblica e testimonianza avente valore di civiltà, ponendo inevitabili conseguenze sull’importanza della sua fruizione per la formazione delle giovani generazioni e delle comunità. Nel 1972 fu trasferita alle regioni una vasta serie di funzioni relative ai musei, i servizi e le attività per il funzionamento e il pubblico godimento dei musei. Nel 1993 la legge Ronchey affrontò il ruolo dei privati nella gestione dei musei statali in merito ai servizi aggiuntivi. IL DECENTRAMENTO AMMINISTRATIVO: LE LEGGI BASSANINI E IL D.LGS 112/1998 Il primo provvedimento è stata la legge 59/1997 detta anche Bassanini 1, una delle più incisive riforme dell’amministrazione pubblica italiana, con cui il Parlamento promosse un trasferimento di funzioni e compiti amministrativi fino ad all’ora svolti dallo Stato, alle Regioni e alle autonomie locali. Allo Stato fu riservata la sola competenza di tutelare i beni culturali. Con la successiva legge 117/1997 detta Bassanini 2, si stabilì che il governo prevedeva il trasferimento della gestione dei musei statali alle autonomie territoriali. Tutto ciò implicò un nuovo quadro di competenze basate sul decentramento di compiti e attività dallo Stato agli enti territoriali. L’articolo più innovativo fu il centocinquantesimo, dedicato alla gestione, dove un’apposita commissione avrebbe dovuto definire quali beni sarebbero rimasti allo Stato e quali beni sarebbe stato possibile trasferire agli enti territoriali. Con il D. Lgs. 112/1998 vennero definiti per la prima volta i termini di tutela , valorizzazione e gestione dei beni culturali. Il 2001 è considerato l’anno della svolta per i musei italiani. La legge Costituzionale 3/2001 modificò il titolo V della parte II della Costituzione e attribuì allo stato la potestà legislativa esclusiva e la legislazione concorrente di Stato e regioni per la valorizzazione dei beni culturali oltre ad aprire forme di intesa e coordinamento. Le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni. Mancava però qualsiasi riferimento alla funzione di gestione. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio adottato nel 2004 si fonda sulla concezione di patrimonio culturale, nato per dare stabilità sul piano delle competenze amministrative. I principi dei codici che riguardano le discipline museali sono: 1) la tutela: ha il compito di individuare i beni costituenti il patrimonio culturale e garantisce protezione e conservazione. 2) la valorizzazione: promuove la conoscenza del patrimonio culturale. Comprende la promozione e il sostegno degli interventi di conservazione. Lo Stato, le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali assicurano la fruizione dei beni presenti negli istituti, nei luoghi di cultura e in virtù di tali accordi il Ministero può trasferire alle Regioni e agli altri enti pubblici territoriali la disponibilità di tali istituti di proprietà statali a fine di consentire un adeguata fruizione. La perplessità riguardante il Codice riguarda la mancanza di regole operative esplicite e di strumenti utili per realizzare quel principio collaborativo tra stato e regioni di cui si parla. Il sistema museale italiano presenta ancora delle grandi lacune per via della mancanza di un assetto giuridico istituzionale preciso, tanto che ogni museo dovrebbe essere dotato di un atto che ne disciplini l’organizzazione e l’attività e che definisca l’ordinamento giuridico, mentre invece questo spesso non si verifica. La prima regione in Italia che si è posta il problema del riconoscimento dei musei è stata la Lombardia, seguita dalla Campania, dall’Umbria e dalla provincia di Bolzano. CAPITOLO 7: LE TIPOLOGIE DI MUSEI I musei possono presentarsi sotto forme diverse sulla base degli oggetti che sono raccolti al loro interno. Attualmente non esiste un unico documento che classifichi tutte le tipologie e di musei, bensì esiste un sistema di classificazione redatto da un documento dell’Unesco del 1984 che ha lo scopo di suddividere i musei in 11 grandi classi: musei d'arte, musei di storia e archeologia, musei di storia e scienze naturali, musei della scienza e della tecnica, museo di etnografia e antropologia, musei specializzati, musei territoriali, musei generali, altri musei, monumenti storici e aree archeologiche, giardini zoologici orti botanici acquari e riserve naturali. Esiste anche una suddivisione in quattro grandi gruppi elaborata dal museologo francese George Henry Rivier, padre degli ecomusei: musei d'arte, musei di Scienze dell'uomo, musei di Scienze della natura, musei delle scienze e delle tecniche. per quanto riguarda la tipologia degli oggetti conservati nei musei, essi possono essere suddivisi in: Accademia, antiquarium, armeria, calcografia, Casa Museo, ecomuseo, gabinetto, gabinetto dei disegni e delle stampe, galleria, galleria d'arte moderna, gipsoteca, gliptoteca, lipsanoteca, museo archeologico, museo antropologico ed etnografico, museo d'arte, museo di arte industriale, Museo del gioiello, Museo del paesaggio, Museo del territorio, museo d'impresa, museo navale, museo numismatico, museo di preistoria, museo di Scienza e tecnica, museo specializzato, Museo di Storia, Museo di Storia e scienze naturali, museo virtuale, palazzo o dimora museo, parco museo di scultura all'aperto, Pinacoteca e quadreria. La museografia nel suo significato attuale si sviluppa nella prima parte del XX secolo quando si inizia a riflettere sui fini e i percorsi che un museo avrebbe dovuto seguire. Tra le due guerre mondiali si pongono le basi per nuove teorie e progettualità, rendendo le esposizioni più selettive. Nello stesso periodo nasce, soprattutto nei musei tedeschi, la necessità di accompagnare ogni oggetto con i corrispondenti cartellini e un interesse ad ordinare le esposizioni in criteri più culturali. Si inizia a riflettere sull’illuminazione zenitale e sulla climatizzazione. Prima della II GM solo pochi musei avevano i mezzi per mettere in pratica queste idee. In Italia, nell’esposizione ora l’attenzione viene focalizzata sull’opera d’arte che viene spesso presentata isolata e anche sul trattamento moderno dell’architettura del museo. Gli stessi spazi museali preesistenti vengono ripuliti e rivisti dal punto di vista storico artistico. Si tratta di una museografia interpretativa ammirata in tutta Europa. In tutta Europa e in America alla fine degli anni Sessanta si sviluppa un grande dibattito sul ruolo sociale del museo. La scelta dei criteri espositivi si deve valutare diversamente a seconda che si tratti di un museo o di un’esposizione temporanea. Per i musei già esistenti il limite posto dalla collezione e dall’edificio già strutturato può essere superato con un intervento di riconvertire alcuni spazi per esposizioni a rotazione. Il progetto museologico possiede un’impostazione metodologica di base, che favorisce la definizione di percorsi cronologici-tematici o monografici. Nel caso di un museo ex novo si può avere come riferimento una particolare vocazione del territorio, che costituisce un richiamo dell’identità culturale e che compaia nello statuto del museo. Nell’elaborazione museologica sono auspicabili le seguenti linee-guida: - Fase concettuale e di verifica ambientale: riguarda il progetto su cui si lavorerà e i suoi obiettivi. - Fase di verifica gestionale: fase di adeguamento dell’idea alle risorse finanziarie. - Fase di sviluppo progettuale: include il progetto museografico, i dettagli dell’esposizione e la fase di montaggio, la predisposizione di laboratori didattici e delle iniziative educative. - Fase funzionale: l’esposizione è aperta al pubblico. - Fase valutativa: valuta gli effetti sui visitatori. Nell’esposizione gli oggetti sono presentati al pubblico nell’ordine stabilito dal museologo e dal museografo. Gli interventi espositivi sono stati suddivisi in due grandi gruppi da Greenblatt: la “risonanza” che organizza gli oggetti creando collegamenti impliciti ed espliciti e la “meraviglia” che gli oggetti pongono sul visitatore carichi di significato e fascino. Pinna distingue tre diverse interpretazioni del rapporto che si instaura tra l’oggetto e il visitatore. 1) la museologia della meraviglia. Attualmente molto diffusa nelle pinacoteche, come nelle antiche Wunderkammern, fa perno sullo stupore di fronte all’usuale. 2) la museologia razionale: tipica dei musei scientifici suscita curiosità. 3) la museologia evocativa. Tipica dei più moderni musei archeologi, fa perno sul sentimento. I percorsi: accompagnare il visitatore è lo scopo di una buona pratica nell’ambito di una buona progettazione dei percorsi di visita. L’approccio museografico quindi deve modulare il progetto e le strategie espositive con un atteggiamento progettuale secondo alcune procedure: 1. mettere in rapporto l’idea della mostra con la vocazione del museo 2. mettere in rapporto l’idea della mostra con lo spazio a disposizione 3. considerare lo spazio come luogo della molteplicità e dell’elaborazionedell’alterità 4. mettere in relazione gli oggetti tra di loro e con lo spazio 5. salvaguardare la percezione degli oggetti e degli insiemi. ALLESTIMENTO E PSICOLOGIA DELLO SPAZIO MUSEALE Storicamente, l’importanza dei percorsi all’interno del museo risale fra il 19 e il 20secolo. Il più noto è quello di Stein, fondato sul principio di destinare i bracci radiali dell’edificio alle opere più importanti e la corona poligonale che li recinge alle opere di minore interesse. La parte destinata agli studiosi era così separata da quella accessibile al grande pubblico. Mentre Carlo Scarpa voleva accompagnare il visitatore senza segnali evidenti e ponendo lungo il tragitto dei rallentamenti e delle fughe che inducessero ad arrivare al punto preciso per vedere l’opera secondo un angolo visuale da lui prestabilito. Vi sono vari tipi di percorsi: -PERCORSI ARTERIALI: sono i più semplici da allestire ma quelli che creano più folla perché obbligano a seguire la direzione senza variazioni. -PERCORSI A PETTINE: vantaggi sono quelli tipici dei percorso lineari, ma si hanno gli stessi svantaggi dell’affollamento -PERCORSI RADIALI O ANULARI: il visitatore sceglie il proprio cammino. -PERCORSI A BLOCCHI: dove vi è assoluta libertà di movimento, non sono propriamente dei percorsi. I percorsi si possono distinguere anche in percorsi bidirezionali, con un solo varco e unidirezionali, con un’entrata e un’uscita. I percorsi unidirezionali si dividono ulteriormente in obbligati, con alcune possibilità di scelta o sdoppiati. Per motivi di sicurezza sono più validi i percorsi bidirezionali perché richiedono minor personale di controllo, anche se i percorsi unidirezionali causano nel visitatore la cosiddetta “crisi del ritorno”. Il percorso dovrebbe essere chiaramente indicato proprio per salvaguardare l’orientamento. Non sono diffusi anche se molto utili, percorsi pensati per i bambini. La collocazione delle vetrine, sculture o oggetti deve avvenire in modo tale da consentire al visitatore di girare attorno agli oggetti. COLLOCAZIONE DELLE OPERE SUPPORTI: la vetrina dona protezione e aiuta a preservare l’oggetto; il pericolo della vetrina è l’effetto di riflessione della luce, eliminabile con l’illuminazione interna. Nel caso di opere troppo grandi per stare in un ambiente si usano ampi piedistalli. La maggior parte dei quadri si appendono alle pareti. Ove possibile va preferita una sola unica altezza per tutti i quadri a distanza regolare. PANNELLI E DIVISORI: aumentano la superficie espositiva. Un pannello appoggiato alla parete agisce percettivamente, in rapporto a colore, materia e forma dell’oggetto. Se i pannelli sono usati centralmente, per scandire il percorso di grandi sale, bisogna invece evitare che creino ambiguità nel percorso successivo. Il pannello opera una mediazione psicologica e dimensionale. I divisori posso essere più alti dei pannelli e delimitare lo spazio in maniera più netta l’unificazione degli elementi in un tutto. Il risultato finale dunque della nostra percezione avrebbe a che fare con un tutto che non è semplicemente la somma dei singoli elementi, ma un’organizzazione immediata e unitaria delle diverse parti. Ma il fattore sicuramente più importante di un’organizzazione percettiva secondo la gestalt è quello della buona forma, secondo cui esiste una tendenza a percepire forme buone cioè semplici, regolari, simmetriche. All’interno del museo sono importanti alcuni fenomeni percettivi tra cui: illusioni ottiche, ambiguità, le alternanze, l’assimilazione, il contrasto, i fenomeni delle costanze percettive, il completamento, la contraddizione, l’adattamento, la saturazione psichica, il mascheramento, il risalto. COLORE: È il mezzo per comunicare e individuare i significati del tema trattato. Spesso viene scelto un colore guida per differenziare sezioni o ambiti cronologici. L’uso del colore come codice semantico è spesso una scelta valida dal punto di vista comunicativo, ma non deve creare problemi o disturbi percettivi. Tuttavia la monocromia può stancare il visitatore. DIDASCALIE: I cartellini devono essere abbastanza in alto perché gli adulti non debbano chinarsi per leggere ma comunque non troppo affinché anche bimbi e disabili possano farlo. L’altezza media è di 100cm. Le informazioni dovrebbero essere scritte in colore scuro su sfondo chiaro. Ecco le principali regole per scrivere le didascalie: dare informazioni principali, come titolo dell’opera, tecniche, materiali, numero di inventario, donatore, collezione, provenienza, datazione. Il linguaggio deve essere semplice, deve fornire un’idea per ogni riga, usare linee di 45 lettere, usare la forma attiva dei verbi, discutere il testo coi colleghi. FORMA, FUNZIONE E RELAZIONI DELL’OGGETTO La musealizzazione porta alla loro decontestualizzazione. Forti ha descritto alcuni modi di collocazione dell’oggetto: -feticizzazione: si attribuisce all’oggetto una sacralità o eccezionalità estetica -prevaricazione del supporto sull’oggetto: oggi è in calo -imbalsamazione: relegare l’oggetto in inamovibilità -enfatizzazione simbolica: usata nei musei storici come forte segno di identità. Spesso può essere migliorato l’impatto con le opere o oggetti che oltre ad una particolare struttura o forma, hanno assunto nel tempo anche una funzione. Evidenziare le relazioni fra gli oggetti è consuetudine abbastanza radicata nel museo scientifico, mentre la museografia archeologica italiana è ancora oggi incapace di esprimersi nel comunicare le interpretazioni ed applicazioni che un oggetto archeologico presenta. Mancano infatti negli allestimenti i criteri espositivi che evidenziano i rapporti fra gli oggetti e le relazioni fra la cultura materiale e la molteplicità di aspetti delle società di provenienza. Ciò che serve al visitatore nel contesto espositivo per sentirsi a proprio agio: libertà di movimento, orientamento, comfort, competenza e controllo. MUSEOGRAFIA E COMUNICAZIONE AMBIENTAZIONI Le period rooms servono per far immedesimare il pubblico nell’ambiente contestuale e sono stanze dove è ricostruito un certo periodo storico a grandezza naturale. Si tratta di stanze tematiche. Sono frequenti negli allestimenti inglesi e americani, ci possono anche essere manichini e strumenti meccanici per dare movimento alla scena. Secondo alcuni queste stanze possono distrarre il pubblico dalla percezione dell’oggetto singolo. RICOSTRUZIONI, PLASTICI E SCENOGRAFIE Si possono fare ricostruzioni di scene quotidiane di periodi storici antichi o che mostrano interni di case per comprendere meglio l’ubicazione degli oggetti e l’organizzazione degli spazi. Sono diffusi i plastici di battaglie famose. Ci sono anche le ricostruzioni scenografiche di elementi archeologici o storici, ossia sagome a grandezza naturale o ricostruzione sceniche di resti architettonici. Le scenografie museali sono scene artificiali costruite attorno ad un oggetto con l’intento di suscitare emozioni. DIORAMI Letteralmente significa “attraverso la veduta”. È un panorama artificiale mediante l’uso di lenti, dove è esaltato l’effetto prospettico. Il termine fu dato da Daguerre ad uno strumento ottico da lui inventato nel 1822. Utilizzato soprattutto nel teatro, il diorama era una sorta di fondale dipinto con l’aiuto della camera oscura sul quale venivano proiettati luci e colori di intensità diversa in modo da creare effetti molto particolari. Oggi il diorama è usato frequentemente nei teatri, ma anche nei musei di storia naturale. È un supporto museale che mediante l’illusione percettiva trasporta l’osservatore dentro la scena ricostruita. Offre un approccio sia emozionale che razionale. CAPITOLO 11: LA PERCEZIONE NEL CONTESTO MUSEALE VEDERE E PENSARE NEL MUSEO La percezione visiva è fondamento della comunicazione e dipende da una percezione fisiologica, da un’elaborazione neurologica e dagli aspetti psicologici della percezione. Lo studio della percezione in ambito museale ha i seguenti scopi: - comprensione della percezione nel complesso sistema-museo e delle sue interrelazioni con altri aspetti nella dinamica della fruizione. - comprensione e previsione dei fenomeni percettivi più comuni nell’ambito di allestimenti già esistenti, al posizionamento degli oggetti, ai colori, all’illuminazione e alle qualità psicopercettive. - individuazione o previsione di fenomeni o disturbi percettivi nella progettazione di allestimenti ed ambientazioni. - valutazione del peso delle componenti psicopercettive nella fruizione museale, in termini di rapporto con oggetti (qualità ponte, riconoscimento), con il contenitore e con i percorsi interni. L’incongruenza è positiva nei musei di scienza e tecnologia perché la contraddittorietà fa cogliere meglio il valore delle innovazioni tecnologiche in mostra. GLI EFFETTI DI ASSIMILAZIONE: sono un disturbo percettivo per cui un elemento fa si che un altro elemento modifichi le sue qualità in modo da attenuare le sue caratteristiche. Negli effetti di contrasto accade che l’elemento indotto si modifichi in modo da differenziarsi all’ elemento inducente. Di solito l’elemento inducente è quello con maggior importanza psicologica, o di maggiore stabilità o di più forte valenza affettiva. Assimilazione simultanea: detta anche eguagliamento si verifica con la presenza simultanea dei due elementi, si intende la riduzione delle differenze fra due o più elementi. Ai processi di assimilazione sono collegabili anche alcuni tipi di configurazioni percettive come l’anamorfosi, si tratta del processo in cui un oggetto noto viene fortemente deformato. L’anamorfosi è collegata ad alcuni meccanismi psichici come ad esempio la tendenza alla regolarità. Alcuni casi di assimilazione sono: -Si può riscontrare nei lapidari con iscrizioni messi in lunghe sequenze sulle pareti. Negli oggetti e manufatti in pietra poggiati su una parete di identico materiale producono vari fenomeni di disturbo percettivo fra cui l’assimilazione di colore e la saturazione di eterogeneità. -Nelle mostre d’arte a forte carattere tematico e di ambito cronologico ristretto. In presenza di oggetti esposti in ordine cronologico, tipo dei vasi, a volte non vengono percepite le variazioni e le differenze tra i reperti di una fase e alla seguente. Quindi i servizi educativi del museo hanno l’onere di evidenziare un percorso storico e le modificazioni della cultura materiale lavorando con spettatori che hanno in precedenza immagazzinato solo una lunga sequenza di vasi. FENOMENO DEL RISALTO: può essere considerato una forma di contrasto. Esso è il contrario del mascheramento in quanto qui la forma si distinguerà dallo sfondo e da altre figure fino ad assumere maggiore importanza psicologica. La figura è ciò che assume importanza agli occhi dell’osservatore, lo sfondo è il campo percettivo nel quale si trova la figura. Noi non vediamo quasi mai gli oggetti nella loro interezza. Vediamo parti di essi da cui deduciamo la globalità dell’oggetto. Siamo dunque protagonisti di un effetto di completamento. In alcuni casi il completamento ha una funzione positiva del museo in quanto facilita i processi di integrazione o ricostruzione mentale di immagini o oggetti. Come ad esempio nei musei paleontologici dove gli scheletri degli animali sono spesso incompleti. EFFETTI DI CONTRASTO: Nel contrasto l’elemento indotto si modifica per differenziarsi dall’inducente. In situazioni di forte contrasto può esserci la protesta percettiva: le anomalie percettive vengono evidenziate di più rispetto agli schemi mentali. Il contrasto può essere generato anche da schemi mentali che generano aspettative. APPLICAZIONI DEL FENOMENO DEL RISALTO NELLE ESPOSIZIONI MUSEALI: si possono usare i fenomeni percettivi del contrasto o risalto per incrementare i significati che i curatori vogliono veicolare nelle esposizioni. Ciò che assume rilevanza psicologica nel percipiente viene chiamata figura, il resto è lo sfondo. Quest’ultimo è considerato la porzione del campo visivo su cui si trova la figura, assume il ruolo di schema di riferimento, quindi è l’ambiente nel quale la figura occupa una determinata posizione.I l risalto può dare maggiore rilevanza ad insieme di oggetti che sono collegati fra loro o si può usare il contrasto per incrementare i significati che i curatori vogliono veicolare. Anche il risalto può essere una forma di contrasto. IL COMPLETAMENTO: noi non vediamo quasi mai gli oggetti nella loro interezza ma ne deduciamo la globalità grazie all’effetto di completamento. Esso consolida gli schemi mentali della persona, nel museo è favorito da stress e stanchezza. Talvolta ha funzione positiva perché facilita la ricostruzione mentale di oggetti o immagini, cosa utile negli affreschi incompleti o nei musei archeologici con reperti spesso rotti. La tendenza al completamento può essere interrotta per esempio dal tipo di supporto adottato che spesso si confonde con l’oggetto stesso causando ambiguità. Il completamento si verifica anche nei diorami. L’ADATTAMENTO è un fenomeno che porta l’osservatore a cogliere stimoli prima non visualizzati e a discriminare le differenze tra figura e sfondo. In condizioni di protratta monotonia il soggetto può sviluppare l’interesse verso una realtà alternativa e scende nell’area del fantastico fino ad avere allucinazioni. Nel museo si verificano varie forme di adattamento, per esempio quello che avviene durante l’osservazione di un dipinto in questo caso il campo visivo dell’occhio viene catturato dall’area più luminosa del dipinto. Le pareti bianche sono altamente riflettenti, rendendo difficile all’occhio la messa a fuoco dei quadri meno brillanti di quadri scuri. Questo inconveniente può essere eliminato con la riduzione del contrasto cromatico tra parete e dipinto, che tra l’altro facilita e sveltisce il processo di adattamento. Si parla di adattamento anche per parlare dell’illuminazione delle sale, è necessario dare all’occhio umano il tempo necessario per adattarsi all’effetto di spazi illuminati in modo diverso. Spesso accade che in alcune sale, per esigenze conservative, la luce sia soffusa. Il rapporto degli illuminamenti adiacenti non dovrebbe superare la misura di 10 a 1 e probabilmente dovrebbe essere inferiore. Questo rapporto è basato sull’effetto fisiologico dell’impatto visivo sul visitatore nella fase di transito da uno spazio all’altro. È necessario che l’occhio si adatti all’effetto di spazi illuminati in modo diverso. Il tempo è tanto maggiore quanto più forte è la riduzione della luminanza media degli ambienti. Un altro caso è quando le stanze per esigenze conservative sono totalmente buie, queste situazioni possono generare sensazioni spiacevoli o errate attribuzioni di significato dove si pensa che essendo meno illuminato sia meno importante, oppure pensando che sia una stanza misteriosa forme o dilatare lo spazio dell’opera. SATURAZIONE, OMOGENEITÀ ED ETEROGENEITÀ Saturazione di omogeneità: provoca desiderio di eterogeneità e frammentazione e dalla tendenza a cogliere i particolari. Si ha nel caso di file di oggetti dello stesso tipo, ed è facile da eliminare per esempio mantenendo le distanze e riducendo il numero di elementi uguali. Saturazione di eterogeneità: è il contrario, se veniamo bombardati incessantemente da immagini, le soglie percettive si alzano. Nel museo bisognerà evitare la monotonia e il sovraccarico di varietà. La saturazione di eterogeneità si verifica nel caso di esposizioni troppo lunghe e articolate che producono confusione. IL MASCHERAMENTO: fenomeno per cui un’immagine può perdere la sua identità se si trova assorbita in un altro contesto percettivamente più significativo. La perdita di identità è un fattore temporaneo, che permane fin quando non viene eliminato il fattore di mascheramento. Si può parlare di mascheramento come di una forma estrema di assimilazione. In natura il fenomeno del mimetismo è una forma di mascheramento. LA PERCEZIONE DEL MOVIMENTO NEL MUSEO: Il movimento è l’azione di un corpo che agisce seguendo una direzione (successione delle posizioni che il corpo occupa) con una certa velocità (rapporto tra lo spazio percorso e tempo impiegato). Nel museo si verificano diversi casi di percezione del movimento. Ad esempio nelle opere della Optical Art o dell’arte cinetica. FENOMENI FISIOLOGICI DI DISTURBO PERCETTIVO: Esistono fenomeni fisiologici di disturbo percettivo come il daltonismo, l’acromatopsia (non si percepisce il colore) e l’astenopia (affaticamento degli occhi) ed è dovuta quando un oggetto, magari per motivi di conservazione, è illuminato in maniera insufficiente o inadeguata. LA PERCEZIONE DELLO SPAZIO NEL MUSEO Esistono degli indici fisiologici che risultano di aiuto nella percezione della tridimensionalità e indici pittorici. Esempio di indici pittorici: ad esempio la sovrapposizione: una figura posta anteriormente rispetto ad un'altra, appare più vicina. IL RAPPORTO FIGURA SFONDO: L’articolazione figura-sfondo è uno degli aspetti fondamentali nel museo d’arte. Fu lo studioso Rubin ad affrontare per primo il problema. Con le immagini ambigue dopo un periodo di osservazione avviene un’inversione di articolazione del rapporto figura sfondo, basti ricordare la coppa formata da due profili umani. LE RELAZIONI FIGURA-SFONDO-COLORE: in un museo la parete fa da sfondo e può influenzare la percezione degli oggetti. Anche la luce può condizionare l’oggetto facendolo cambiare colore. La percezione del colore deriva dalla discriminazione della differenza tra la lunghezza d’onda della luce riflessa da un oggetto e quella della luce riflessa dallo sfondo. Il rapporto figura sfondo nel museo in relazione al colore: Nell’analisi del rapporto figura sfondo all’interno di un esposizione bisogna sottolineare l’importanza del colore della parte di sfondo. Normalmente il fruitore medio non nota il colore di una parete o del panneggio di una teca, né fa caso alla posizione di un proiettore perché per lui conta solo la visione delle opere. La scelta del colore della parete avviene in base al colore dell’oggetto da esporre. Si opta in genere per colori neutri come il bianco e il beige, che spesso però appiattiscono le forme e dilatano lo spazio di un’opera. Il disturbo percettivo viene definito assimilazione del colore dell’inducente rispetto alla superficie indotta. Spesso le pareti bianche riflettono troppo e quindi ostacolano l’occhio nella messa a fuoco di porzioni meno brillanti di quadri scuri. Un allestimento curato è garantito dalla scelta del colore della parete cioè dello sfondo, dal colore del panneggio delle teche e dai materiali utilizzati per i supporti o per il rivestimento degli stessi. In generale la luce dovrebbe creare le migliori condizioni di percezione dell’oggetto. LA PERCEZIONE DELLO SPAZIO: La percezione della tridimensionalità avviene nell’occhio umano in una superficie bidimensionale, la retina, che non potrebbe fornire dati sulla profondità dello spazio o sulla distanza degli oggetti. Esistono degli indici fisiologici che risultano di aiuto nella percezione della tridimensionalità e indici pittorici evidenziati anche da Leonardo da Vinci: -sovrapposizione, la figura posta anteriormente rispetto all’altra appare più vicina. - altezza del campo visivo, tendono ad essere percepite più lontane le immagini che compaiono nelle zone superiore del campo visivo rispetto a quelle collocate nelle zone inferiori, esempio i disegni di Paul Klee. - chiaroscuro: apporta un ulteriore elemento di spazialità, il rapporto illuminato -in ombra fornisce infatti un effetto di rilievo. - grandezza relativa, ovvero prospettiva dimensionale è il fenomeno per cui oggetti di forma uguale ma di differenti dimensioni risultano identici ma dislocati a distanze differenti in modo da mantenere invariato il rapporto grandezza-distanza. - prospettiva cromatica o aerea, gli oggetti maggiormente contrastanti con lo sfondo appaiono più vicini rispetto a quelli meno contrastanti, così da tendere ad una costanza della loro chiarezza e tonalità, mentre l’effetto di attenuazione viene attribuito nel mezzo interposto (aria, nebbia, fumo). Vi sono poi influenze della tinta, per cui tendono ad apparire anteriori gli oggetti con colori caldi rispetto a quelli con colori freddi. INTERAZIONI PSICO-PERCETTIVE NELL’AMBIENTE MUSEALE: LA RELAZIONE CON GLI OGGETTI LA RELAZIONE OGGETTO-CONTESTO E I PROCESSI COGNITIVI COINVOLTI: nella percezione il risultato esperienziale si gioca tutto nel modo con cui lo spettatore entra in contatto con la figura-stimolo. I significati percettivi vengono contestualizzati secondo una relazione biunivoca, il contesto modifica il significato e viceversa. Ad esempio uno sfondo rosso ed uno spiedo potrebbero essere ricollegati al focolare, ma è compito dell’esposizione far intendere al visitatore che si tratta invece di un rito funerario greco e che i reperti provengono da un contesto funerario. La visita al museo equivale ad un contatto percettivo con gli ambienti, con gli oggetto e ad un contatto immaginativo con la storia di questi ultimi. Questi contatti possono avere ripercussioni sul fruitore durante e dopo la visita, esse sono esperienze complementari nella formazione dell’individuo. Spesso non siamo in grado di prendere in considerazione e trattenere tutte le informazioni di tipo visivo e uditivo che ci provengono dall’ambiente. Essendo a capacità limitata dobbiamo necessariamente operare una selezione attentiva, qui opera il processo dell’attenzione. L’attenzione è strettamente collegata al contatto, che è la capacità di stabilire e mantenere una relazione con l’ambiente esterno, esso è legato sia a processi cognitivi che a componenti affettive, perciò esistono diverse e modalità e stili di contatto. Inoltre il contatto è funzione delle aspettative, dei pregiudizi, degli schemi cognitivi e delle capacità di coinvolgimento emozionale dei diversi soggetti. Con la memoria siamo in grado di trattenere l’informazione e depositarla in un magazzino cui accediamo quando abbiamo bisogno di recuperarla, anche se il successo non è sempre garantito. Con la categorizzazione possiamo ridurre un numero di attributi di diversi oggetti ad una tipologia media a cui facciamo ricorso quando dobbiamo parlare di un oggetto specifico. Col pensiero proviamo a risolvere i numerosi problemi che continuamente ci si pongono. La motivazione costituisce una spinta propulsiva iniziare ad agire, mentre l’emozione tiene conto di tutte le modificazioni inerenti alla sfera affettiva, ma anche del significato espressivo ed estetico. Percezione, contatto, l’insieme dei processi cognitivi elencati e l’attenzione sono in realtà intrecciati tra di loro ma anche collegati all’oggetto. Le qualità – ponte: sono i processi che conducono a cogliere nelle configurazioni d’arte. È infatti frequente il caso di degrado di un manufatto artistico in ambienti non idonei. Infatti bisogna ben conservare le opere all’interno dei musei cioè creare intorno all’opera un ambiente il più idoneo possibile. I fattori di degrado di tipo fisico sono: - la temperatura che viene misurata in gradi centigradi. Progettare l’impianto di riscaldamento nei musei, vuol dire tenere certamente conto del benessere dei visitatori e degli operatori che vi lavorano ma anche considerare le esigenze dell’opera d’arte e quindi ridurre al minimo gli sbalzi termici. Gli strumenti per misurare la temperatura sono ad esempio il termometro a mercurio che si basa sul principio di dilatazione dei corpi, per cui aumentando la temperatura il mercurio si dilata, o ad esempio le termocoppie, basate sull’osservazione che un conduttore elettrico genera. Oppure termometri a infrarossi che permettono di misurare la temperatura di un corpo senza alcun contatto fisico. - l’umidità, che può essere assoluta, ed esprime la quantità in grammi di vapore acqueo presente in un ambiente per ogni kilogrammo d’aria. L’umidità relativa invece è una variabile che dipende dalla temperatura, essa esprime l’umidità presente in un ambiente. L’umidità si misura con gli igrometri e termo igrometri. Inoltre c’è l’igrografo che è anche un registratore dove il tracciato viene riportato su carta. Vi sono fattori di degrado anche chimici, come i gas inquinanti e le polveri che sono in gran parte composti da ossidi di zolfo e in minore quantità di ossidi di azoto e da idrocarburi e dagli ossidi di carbonio. Vi sono infine fattori di degrado anche biologici, si pensi alle muffe che si formano nel retro dei dipinti o dagli insetti che si nutrono di legno. I fattori che favoriscono il deterioramento biologico sono temperatura, acqua e luce. PARTE IV: IL PUBBLICO CAPITOLO 14: LA COMUNICAZIONE MUSEALE Se il ruolo attuale del museo è, anche negli intenti dell’ICOM, quello di essere un servizio pubblico, il museo deve essere realmente rivolto a tutta la collettività. Non è più sufficiente rispondere alle aspettative dei fruitori mostrando semplicemente gli oggetti. Comprendere l’enorme portata comunicativa del museo, permette di capire meglio anche l’importanza del suo ruolo di istituzione educativa. La comunicazione un ruolo importantissimo all’interno del museo e può seguire diversi modelli: portatore di significato; sotto il profilo sintattico (relazione tra segni e segni), semantico (relazione tra segni e oggetti designati), pragmatico (relazione tra segni e utenti). De Saussure nel 1916 divise il segno in significante cioè una traccia grafica di lettera o parola e significato (il significato attribuito al significante). La comunicazione non si limita a trasmettere una serie di dati fisici, ma con essi trasmettono un senso. Nella comunicazione è importante il segno cioè l’oggetto esposto, la sintassi cioè la posizione di un reperto in una vetrina o sfondo e l’intreccio conseguente di relazioni fra gli oggetti. Inoltre in un segno vi sono due livelli di significazione: la denotazione e la connotazione. La connotazione è l’insieme di significati e valori aggiunti di cui il segno è simultaneamente portatore di una determinata cultura. Con concetto di semiotica connotativa si intende la possibilità di una molteplicità di livelli di significato insito in un segno. Dunque, comunicare non significa unicamente far arrivare un dato da una fonte ad un destinatario, ma soprattutto far arrivare un senso- teoria della matematica della comunicazione: messaggio creato sull’impronta del curatore. Possono esserci fattori di disturbo non previsti, che condizionano il messaggio, la sua ricezione e l’elaborazione interpretativa. Shannon e Weaver nel 1949 formularono la teoria matematica della comunicazione. Considera la comunicazione come realtà culturale, scambio di valori sociali; anziché come processo di trasmissione. In tale ottica la comunicazione diviene scambio di valori sociali (secondo Levi Strauss). I processi comunicativi sono parte integrante della cultura, che diviene un concreto sistema di significazione, per cui gli aspetti della vita sociale contribuiscono alla costruzione del significato. Proprio l’arte e i musei possono essere un esempio delle trasformazioni dei significati attribuiti ai segni ed alle cose. Molteplici sono gli approcci allo studio del processo comunicativo. APPROCCIO SEMIOLOGICO: APPROCCIO COSTRUTTIVISTA: In base al quale il visitatore deve poter costruire liberamente la propria conoscenza all’interno del museo. E ciò lo si può fare ad esempio nel seguente modo: 1) mettere i visitatori a loro agio. 2) rendere il museo accessibile all’esplorazione. 3) non sovraccaricare il visitatore. APPROCCIO PLURISENSORIALE: è poco diffuso in Italia. Una delle sfide del museo è il miglioramento continuo dell’educazione e della comunicazione, ed in tal senso la strada dell’approccio plurisensoriale è un’opportunità unica di progresso. In Italia, l’approccio a questo tipo di museo lo riscontriamo nel museo di “la civitella” che sorge nell’area dell’antica acropoli di Chieti. Ad esempio all’interno di questo museo si possono sentire riprodotti i suoni di un ambiente all’aperto, alla visualizzazione sonora della storia ecc.. un discorso a parte riguarda l’esplorazione tattile, in Italia l’antico divieto di toccare le opere d’arte resiste ancora. I MEDIA ED IL MUSEO Il museo è un’istituzione che svolge due ruoli importantissimi: è un sistema complesso di comunicazione ma anche di un metalinguaggio, costituito da tutti i mezzi di comunicazione possibili. Nel museo possiamo distinguere due livelli di comunicazione: -comunicazione di orientamento o immediata, per orientare l’utente all’interno del museo (segni, icone) in modo che siano percepiti immediatamente e in modo chiaro -comunicazione dell’oggetto o del sistema di oggetti, per trasmettere i contenuti (mette in relazione sensazioni, stati d’animo e competenze del pubblico, approccio emotivo e cognitivo con il repertorio semantico degli oggetti). L’uso di mezzi, il loro ruolo all’interno dei processi formativi, passa attraverso due importanti dimensioni: quella del processo che si riferisce a un prima e un dopo dell’azione comunicativa e quella del contesto che si riferisce invece alla rete di relazioni tra le diverse componenti del sistema comunicativo che nel museo si stabiliscono fra le parti. I media non sono solo dei canali ma degli ambienti. McLuhan suddivide i media in caldi e freddi secondo la tipologia e l’intensità del coinvolgimento del fruitore. Quelli caldi esigono un forte impegno iniziale nella scelta dell’attività. I messaggi devono essere ben chiari all’inizio. Quelli freddi invece hanno un accesso molto facile e richiedono particolari strategie rivolte a tenere desta l’attenzione e la partecipazione dell’utente. McQuail ne ha individuato otto modi in cui i media mettono in relazione l’uomo con la realtà:  finestra, sull’esperienza che allarga il nostro panorama senza interferenze  interprete, che spiega e da senso ad eventi frammentari  piattaforma o veicolo per informazioni e opinioni  legame interattivo che pone in relazione emittenti e ricevimenti tramite feedback, segnale diretto in una direzione con la funzione di guida o di istruzione  filtro che seleziona solo alcune parti dell’esperienza, scartandone altre  specchio, riflette sulla società un’immagine di se stessa  schermo o barriera, che nasconde la verità a scopo di propaganda o fuga dalla realtà. Se l’effetto finestra e quello di unificazione della frammentarietà sono effetti positivi, l’effetto filtro, specchio o schermo sono negativi. TIPOLOGIA DI COMUNICAZIONE NEL MUSEO Per quanto riguarda i mezzi della comunicazione nel museo, il linguaggio si unisce all’esperienza estetica del guardare che non equivale solo alla percezione dell’opera in se stessa, ma anche all’edificio museale che interagiscono con l’osservatore nel campo visivo e percettivo. La comunicazione culturale può essere suddivisa in 4 categorie: 1)La comunicazione simbolica: mappe illustrate, sistemi segnaletici, segni e icone. Questo tipo di comunicazione organizza gli ambienti. 2)La comunicazione scritta: si avvale di schede, guide, opuscoli, pannelli di sala, materiale cartaceo in più lingue che si stanno evolvendo con supporti digitali. Essa comprende: la comunicazione peritestuale cioè gli apparati didascalici, cartellini o peritesti, posti nelle vicinanze degli oggetti, sono descrittivi e brevemente esplicativi. La comunicazione paratestuale, include tutti i supporti comunicativi inerenti all’oggetto, come i pannelli didascalici o di sala, compresi anche gli elementi informativi lontani come libri, filmati e cd-rom. Esistono anche schede informative mobili che sono poste all’ingresso della sala e possono essere usate con tempi e modalità individuali, oppure brochure, guide che illustrano le caratteristiche storiche dell’esposizione. 3)La comunicazione elettronica, con autoguide, videoproiettori, lettori dvd e tutti quei dispositivi attualmente usati per lo più a scopo esplicativo (filmati prodotti dalle stesse istituzioni museali). 4)La comunicazione informatica, con postazioni multimediali come info-point, work- stations, siti internet, podcasting e touch-screens con i quali si avrà la possibilità di interagire e di decidere testi, suoni ed immagini. Codifica dei messaggi e contestualizzazione. Le scelte riguardanti la comunicazione diventano fondamentali e dovranno oscillare tra due livelli paralleli: uno per un pubblico non preparato e per chi non ha bisogno di un’introduzione generica. Il museo deve ricondurre l’oggetto artistico, archeologico o tecnico anche alle ragioni sociali e storiche che lo hanno prodotto e legittimato, utilizzando il materiale non solo in chiave estetica o tecnologica ma anche in chiave antropologica per giungere così ad una ricostruzione sociale e storica. Per poter rendere l’insieme di messaggi più esplicito e chiaro possibile di dovrà procedere con uno studio attento delle modalità di trasmissione. Alcune strategie comunicative sono: - oggettuale: basata sulla forza dell’oggetto e sulla trasmissione delle sue qualità intrinseche. - tematica: basata su un approccio per associazioni e comparazioni. - concettuale: gli oggetti vanno utilizzati per trasmettere idee. Gli oggetti dovrebbero essere inseriti in tematiche o narrative che svolgono lungo il percorso espositivo, tenendo presente che il percorso espositivo non può corrispondere a quello della ricerca scientifica. Un ruolo essenziale ha la segnaletica e il sistema informatico che aiutano l’utente a decodificare in modo chiaro dove e come svolgere le attività proposte dal museo. Il problema della decontestualizzazione e della estraniazione degli oggetti e delle opere è stato sempre evidenziato a partire dalle storiche testimonianze di Quatremere de Quincy. Sicuramente nel museo contemporaneo che cerca di codificare strategie su molti fronti, è possibile usare gli strumenti indicati dalle diverse letture museologiche per un processo di contestualizzazione, ad esempio in un’esposizione di un artista vivente è possibile mettere accanto alle opere delle foto, immagini o testi dell’autore che testimoniano il suo percorso e la sua evoluzione personale. Nel museo archeologico o paleontologico va operata invece una ricontestualizzazione degli oggetti, sia quelli frammentari che integri con intersezioni con il presente. Lo scopo è quello di creare indizi e suggestioni che stimolino il fenomeno dell’insight, così che il fruitore possa avere una percezione immaginativa dei luoghi antichi che si trovano gli oggetti esposti nel museo ed instaurare con esse un livello di comunicazione. COMUNICAZIONE E PERCEZIONE E NEL MUSEO: L’INSIGHT E IL RICONOSCIMENTO Nel museo i visitatori devono essere a proprio agio, devono essere forniti di varie modalità di apprendimento e i sensi devono essere colpiti per produrre sensazioni emotive e positive. Il modello di comunicazione ottimale prevede il collegamento alla comprensione con il ricordo dei suoi significati La teoria della gestalt sostiene il concetto di insight, ossia la capacità di percepire coni sensi per poi riunire le sensazioni tramite la ragione e cogliere un significato di livello superiore. Il tema del riconoscimento è un altro codice comunicativo di estrema importanza ed è costituito dall’impressione di familiarità che a volte le persone trovano in un oggetto e fornisce un appiglio per continuare il percorso con uno stato d’animo positivo. Va inoltre detto che il potere evocativo di alcuni luoghi in cui sono posti i beni culturali, ad esempio i siti archeologici in cui gli oggetti e le strutture non sono stati asportati bensì sono visibili in loco agevola la soggetto. Le teorie e i modelli cognitivi cercano dispiegare e di definire come si riesce ad apprendere. I modelli cognitivi si basano sulle teorie della conoscenza, che studiano la natura di cosa apprendiamo e le teorie sull’apprendimento, che studiano come apprendiamo. L’apprendimento è visto come aggiunta di nozioni ad una mente inizialmente tabula rasa. Hein cita l’opera di Piaget: la mente costruisce schemi e l’apprendimento consiste nel selezionare e nell’organizzare attingendo alla ricchezza delle sensazioni che ci circondano. Le tre grandi aree di ricerca degli studi sull’apprendimento sono: il comportamentismo che definisce l’apprendimento come l’acquisizione di un nuovo comportamento da parte del soggetto; il cognitivismo che pone l’accesso sui processi mentali che permettono l’apprendimento; il costruttivismo che vede l’apprendimento come l’impegno attivo da parte dei discenti a costruire la propria conoscenza. Il comportamentismo(behaviorismo): Fondato da Watson nel 1930, fu continuato da Skinner. La psicologia può studiare solo il comportamento di un individuo perché non sappiamo nulla dei processi mentali che lo causano. Far apprendere qualcosa a qualcuno vuol dire indurre in lui un comportamento desiderato, lo si può ottenere col condizionamento operante e la molla dei rinforzi negativi e positivi. C’è la convinzione che la mente sia una tabula rasa e tutto viene acquisito con l’esperienza. Modello di sistema didattico di comportamenti sta ad identificare gli obiettivi, analizzare la struttura della conoscenza e le capacità richieste, stabilire i comportamenti attesi, creare test per misurare il comportamento atteso, produrre il corso e valutarlo per capire se lo studente si sta comportando come previsto. Nel sistema didattico comportamentista gli obiettivi sono imposti dall’insegnante e non c’è interesse per la motivazione del singolo né attenzione per i modi di apprendere personali. Il cognitivismo: La mente è un elaboratore di informazioni che differenzia le informazioni in entrata(input) e in uscita(output). La conoscenza di costruisce sulla base di info già presenti. L’apprendimento è una costruzione attiva da parte del soggetto e non frutto del condizionamento da parte dell’ambiente. Modello di sistema didattico cognitivista. Secondo Gagnè vi sono otto tipi di apprendimento: 1) Apprendimento di segnali 2) Stimolo – risposta 3) Concatenazione motoria 4) Concatenazione verbale 5) Apprendimento di discriminazioni 6) Apprendimento di concetti 7) Apprendimento di regole 8) Problem Solving L’apprendimento mediante l’esperienza museale avviene con la possibilità di scegliere fra vari percorsi quello più opportuno. Il costruttivismo: Apprendere significa costruire la conoscenza mediante schemi dovesi collocano i nuovi dati. Non più apprendimento come trasferimento di conoscenze. L’allievo interagisce con oggetti ed eventi e così impara le loro caratteristiche, i docenti costruttivisti incoraggiano lo studio autonomo. L’apprendimento non è più trasferimento di conoscenze dal docente all’allievo (travaso). Linee guida del costruttivismo sapere come costruzione personale, l’apprendimento è un processo attivo e collaborativo e può essere un apprendimento sia conscio che inconscio. Si dà importanza al contesto perché non può esserne separato. La teoria delle intelligenze multiple. La teoria di Gardner delle intelligenze multiple afferma che il museo deve permettere al soggetto di sfruttare l’intelligenza che vede meglio. Tra le intelligenze individua quella logico matematica e linguistica, musicale, spaziale, cinestetica, interpersonale, intrapersonale e naturalistica. Bisogna distinguere tra apprendimento museale ed educazione museale, in quanto l’apprendimento ha varie fasi con il momento valutativo, l’educazione invece deve far sedimentare l’esperienza in modo gradevole. Tipologie di museo organizzato sulle linee-guida delle diverse teorie cognitive: Museo organizzato secondo le linee di apprendimento didattico tradizionale: curriculum tradizionale, l’esposizione è consequenziale con un inizio e fine chiari con obiettivi specifici. Museo organizzato secondo le linee di apprendimento comportamentista: museo ben ordinato con elementi di rinforzo che inducono nel visitatore la risposta appropriata. Museo organizzato secondo le linee di apprendimento per scoperta : incoraggia l’esplorazione, gli studenti sono coinvolti in attività pratiche. Museo organizzato secondo le linee di apprendimento costruttivista: diversi percorsi, l’organizzazione dipende dal visitatore. EDUCAZIONE ED APPRENDIMENTO NEL MUSEO: GLI ORIENTAMENTI DELLA RICERCA Nel 1951 a Parigi si svolge la prima riunione congiunta UNESCO-ICOM che apre il dibattito sulla funzione educativa del museo. Nel 1952 viene ribadita l’importanza del ruolo educativo del museo sia a Brooklyn che ad Atene. Conservazione, ricerca ed educazione vanno collocate sullo stesso piano. Nel 1955 al Convegno di Museologia tenutosi a Perugia viene affrontata per la prima volta la questione della didattica museale in modo sistematico. Queste premesse teoriche si concretizzano per la prima volta alla Pinacoteca di Brera. Il museo è un mezzo necessario all’educazione collettiva. Nel 1971 al convegno Il museo come esperienza sociale, si studiano i mezzi più adatti per avvicinare il museo al pubblico a fronte della profonda trasformazione delle strutture sociali e della massificazione della cultura. Per la prima volta in Europa, direttori di musei, pedagogisti, sociologi, esperti della comunicazione sociale, psicologi, si riuniscono per discutere la crisi dei musei. Nel 1974 viene istituito il Ministero dei Beni Culturali, prospettando una visione unitaria del patrimonio culturale e un ampio riconoscimento politico, ma la didattica non assume il giusto rilievo all’interno delle istituzioni. Le prime sezioni didattiche verranno aperte negli anni 80 al Castello di Rivoli e al MART di Rovereto. La linea delle esperienze psicopercettive e di carattere ludico-creativo sono state eseguite ai musei d’arte contemporanea. La prospettiva italiana L’apprendimento museale è un percorso di struttura didattica che dovrebbe per definizione riversarsi in ambito museale e come tale dovrebbe avere delle precise caratteristiche e fasi consequenziali che comprendono anche delle verifiche sistematiche e finalizzate dei risultati ottenuti. L’educazione museale invece dovrebbe consentire di far sedimentare una esperienza gradevole con gli oggetti e i loro significati che si traduca in un conseguimento di conoscenze non di tipo nozionistico, ma producendo maggiore contatto e presa di coscienza. Quindi l’educazione non è solamente intesa come studio sul rapporto del pubblico e musei. Il museo italiano ha rivolto le sue proposte didattiche maggiormente alla scuola con l’appoggio di studi sia storico ma anche tecnico-pratico. Vertecchi sottolinea l’intento della didattica museale, essa deve favorire dei prerequisiti, in modo che il fruitore possa integrarsi a vari tipi di musei, patrimoni e mondi culturali diversi. Mattozzi insiste sui concetti di formazione, mediazione e trasposizione. Il primo concetto cioè la formazione non riguarda solo la fruizione dei beni stessi, magli strumenti, gli obiettivi e i fini. Strategie che non vedano i ragazzi solo destinatari dell’azione didattica, ma rendendo i ragazzi protagonisti di una ricerca affascinante col passato e col presente. La trasformazione è intesa come rinnovamento non solo della riorganizzazione tradizionale ma anche nel senso della riconsiderazione delle attività-funzioni di didattica e divulgazione. La didattica deve diventare servizio imprescindibile nella tutela dei beni culturali. Brambilla invece dice che nella didattica scopo principale non è la trasmissione del sapere ma la costruzione di un sapere che crei nei visitatori un nuovo sguardo verso i beni culturali. Mentre Trombini ha definito terreno comune l’educazione museale ribadendo l’importanza nella pratica educativa di creare le condizioni migliori perché tutti possano sentirsi liberi di appropriarsi del patrimonio museale secondo le proprie caratteristiche individuali. L’APPROCCIO ANGLOSASSONE: IL MODELLO CONTESTUALE DI APPRENDIMENTO In ambito americano ed anglosassone sono stati elaborati dei modelli di apprendimento museale in ottica sociale. Questo apprendimento si articola intorno atre dimensioni: contesto personale, fisico e socio- culturale. Otto sono i fattori cruciali: - nel contesto personale: 1. motivazioni e aspettative2. conoscenza pregressa, interessi e credenze3. scelta e controllo - nel contesto socio-culturale: 4. mediazione attraverso il gruppo5. mediazione facilitata attraverso altri - nel contesto fisico: 6. segnaletica ed orientamento7. allestimento8. esperienze ed eventi fuori dal museo che rinforzano l’apprendimento museale. L’apprendimento è visto come comunicazione circolare dove il visitatore interagisce con il museo e si può intendere come apprendimento collaborativo. È importante la visita ma anche le variabili delle condizioni di questa visita. Il contesto personale si basa su tutte le esperienze porta con sé al museo, le quali fungono da tramite per capire le cose nuove, esso comprendere le emozioni, l’interesse e le aspettative che vanno soddisfatte tramite la visita. Il contesto fisico serve a mettere a proprio agio il visitatore, determinando l’esito finale della visita. Il museo ha un compito educativo nei confronti di chi lo visita, anche occasionalmente. Fank e Dierking forniscono suggerimenti sul miglioramento dell’esperienza museale, ritengono che l’apprendimento non sia circoscritto ad un luogo, ma che possa avvenire ovunque e sempre e sicuramente anche al museo. I due ricercatori hanno affermato che l’esperienza museale interattiva consiste nella sovrapposizione di contesto personale, fisico e sociale che produce la varietà di esperienze dei visitatori. I fattori che favoriscono l’apprendimento sono: una motivazione forte, l’appagamento delle nostre aspettative, l’aggiunta di una conoscenza e un’esperienza nuove a quelle già acquisite, la possibilità di realizzare qualcosa e la coscienza della sua fattibilità l’assenza di paura o preoccupazioni, la possibilità di scegliere delle attività e di poterle controllare. Educazione ed apprendimento museale di tipo costruttivista: il concetto di free choice learning. La free choice learning è l’apprendimento a scelta libera. Perché il significato che il curatore attribuisce ad un oggetto non è concepito come verità assoluta. Le conclusioni di Hein sulle modalità di apprendimento nel museo sono le seguenti: le persone imparano nei musei, garantire il comfort cioè l’orientamento, la presenza di segnaletiche chiare, le persone fanno connessioni sorprendenti e uniche nel museo, non prevedibili dal curatore, i musei non sono adatti per una educazione scolastica tradizionale, in quanto le classi non posso rimanere nel museo abbastanza a lungo. Lo staff del museo non deve mai sottostimare il valore della meraviglia, dell’esplorazione, dell’apertura mentale, del trovarsi in un luogo di esperienze estetiche. Interpretazioni dell’apprendimento museale L’apprendimento è visto come un complesso di azioni e reazioni. Le esposizioni complesse e difficili incutono timore e rispetto nel visitatore, ma non comprensione del significato. I diversi stili di mostre inducono diversi modi di rispondere, vi è una certa differenza tra adulti e bambini. Le mostre funzionano meglio quando sono correlate agli interessi prioritari dei visitatori. Alcuni studiosi affermano che la comunicazione museale non è un processo lineare ma interattivo. Perry indica che una soddisfacente visita al museo dipende da 6 fattori: 1. curiosità= il visitatore è sorpreso e intrigato 2. confidenza= il visitatore ha un senso di competenza 3. sfida= il visitatore trova qualcosa con cui confrontarsi 4. controllo= il visitatore mantiene la consapevolezza della propria persona 5. gioco= il visitatore sperimenta il piacere dei sensi e del gioco 6. comunicazione= il visitatore si addentra in interazioni sociali ricche di significati Il museo costruttivista deve presentare varie prospettive, convalidare diversi modi di interpretare gli oggetti, anche se differenti da quelli del curatore, deve tener conto di diverse verità sui materiali esposti. Hein afferma che la gente ha bisogno di visitatori. Questa mediazione avviene in primo luogo tramite il bene culturale e anche con l’allestimento (didascalie, libretti illustrativi e tutti gli altri strumenti utilizzati per comunicare l’opera), infine anche attraverso l’educatore museale. Nell’educazione formale (formal learning) il processo educativo è guidato dalla persona che insegna, istruendo. Nell’educazione informale (informal learning) il processo è autocondotto da chi apprende. L’educatore deve assumere il compito di mediatore e non di insegnante, non deve solo far apprendere dei contenuti ma li deve mediare. È fondamentale avere all’interno dei musei delle figure che si prendano cura del pubblico, i cosiddetti audience advocates che si trasformano in facilitatori, capaci di aprire un dialogo con il visitatore e incoraggiandolo e coinvolgendolo nell’attività museale. Un fenomeno negativo che si può verificare è che l’animatore, è un pilot cioè che conduce alla scoperta di fenomeni e idee o l’organizzazione troppo rigida delle visite e dei laboratori. Questo fa si che il visitatore deve seguire l’itinerario dell’animatore e non il suo liberamente. EDUCAZIONE E COMUNICAZIONE NEL MUSEO APPROCCIO COGNITIVO E APPROCCIO EMOTIVO I new media servono al visitatore che li utilizza per ricevere informazioni e servizi, per soddisfare ulteriori curiosità o bisogni di approfondimento. Oltre a fornire informazioni sul museo o singole sale, fungono anche di supporto ad un’opera di valore o per mostre o eventi. Le seconde invece consentono l’accesso alle informazioni delle materiali esposti, ai contenuti degli archivi, di stampare, le mappature visive del museo. Ovviamente si deve tenere conto che questi dispositivi non distraggano o bloccano il flusso dei visitatori. DISPOSITIVI INFORMATICI CON CUI IL MUSEO COMUNICA ALL’ESTERNO Il sito online viene consultato da bambini in età scolare per l’attività didattica e quindi imparare a conoscere l’arte mediante basi di dati e di immagini, lo studioso, e il turista/frequentatore occasionale, che cerca gli orari e i giorni di apertura per organizzarsi la visita. Secondo Lamberti il museo perfetto è quello che tiene conto di questi tre livelli di utenza. Il sito viene creato da storici d’arte, esperti di comunicazione e informatici. CARATTERISTICHE DEI DISPOSITIVI INFORMATICI Jpeg per immagini, movie map cioè le mappe sensibili, per la catalogazione si rincorre ai database, a realtà virtuali con VRML o la visualizzazione grafica in 3D come Quicktime VR. Ogni documento della rete è un ipertesto, cioè un sistema di organizzazione delle informazioni che permette un collegamento ad altri documenti consimili. I documenti ipertestuali sono dotati di parole chiave che vengono registrate da un sistema informatico chiamato motore di ricerca. Elemento importante è il forum che permette in tempo reale visite guidate, dialogo con gli studiosi, porre domande e lezioni per utenti. LA REALTÀ VIRTUALE Il suo obiettivo è quello di simulare ambienti e oggetti che risultino al fruitore indistinguibili dalle esperienze reali, per farlo si avvale di potenti calcolatori e software grafici, tali da fare immergere l’utente nell’ambiente virtuale. L’ambiente viene modellato in 3 dimensioni (3D) e riprodotto precisamente in tutti i suoi particolari. Poi viene passato all’elaboratore grafico (il motore) che calcola il punto di vista dell’utente e mostra l’ambiente relativo a esso. Questo calcolo deve essere istantaneo e istantaneamente aggiornabile, soltanto se avviene questo è possibile far sentire l’osservatore immerso realmente nell’ambiente. Negroponte asserisce che l’idea che sta alla base della realtà virtuale è quella di darvi la sensazione di essere sul posto, presentando alla vista tutto ciò che vedreste realmente e cosa ancora più importante, modificando la scena istantaneamente quando ambia il punto di osservazione. Se l’osservatore muove la testa, la visione cambia. La difficoltà sta nell’istantaneità e la definizione grafica (realismo) del modello, che è il metro di valutazione di una realizzazione seria di realtà virtuale. Il risultato di queste elaborazioni viene infine passato ad un dispositivo di visualizzazione che attraverso particolari accorgimenti avvicina quanto è possibile le caratteristiche della visione simulata a quelle della visione reale. L’utente potrà muoversi liberamente e a piacimento e visitare l’ambiente virtuale provando sensazioni percettive analoghe a quelle che proverebbe se visitasse un ambiente reale. Potrebbe capitare però che crei nausea per la non puntuale coordinazione della stimolazione sensoriale, soprattutto se questa è di natura multisensoriale. I dispositivi non immersivi come il desktop spesso non sono in grado di coinvolgere in modo sufficiente l’utente. Per questo motivo si stanno sempre più sviluppando dispositivi semi-immersivi, come schermi di proiezione con differenti forme e gradi di convessità in grado di coinvolgere sensorialmente l’utente e di permettere la produzione di adeguati indici di profondità dell’immagine. L’esperienza virtuale è uno strumento comunicativo in continua fase di sperimentazione e come tale oggetto di studio in progress da parte della psicologia cognitiva e delle scienze della comunicazione. La realtà virtuale può servire per la restituzione o ricostruzione di un oggetto ad esempio in frammenti che è difficile capirlo o si possono ricostruire gli ambienti nello stato originario (urbanistica, aree templari, singole unità abitative). Esempio la tomba di Nefertari in Egitto, anche se richiedono investimenti economici e strumentazioni hardware elevatissime. La realtà virtuale a scopo documentativo consente all’utente di esaminare le varie fasi del restauro che vanno dalla diagnosi del tipo di degrado, i metodi di diagnostica e le opere restaurate. L’utente potrà vedere inoltre opere che essendo fragili o bisogno se di determinati allestimenti, non posso essere esposte, oppure ambienti non facilmente fruibili. L’uso di questa tecnologia, in molti casi può permettere un promemoria sulle opere che anche se non esposte necessitano comunque di restauro o di conservazione. La conservazione virtuale cerca di conciliare l’esigenza di conservare inalterata l’autenticità dell’opera deteriorata e quella di renderla comprensibile e fruibile esteticamente. La prima delle due esigenze mira a non toccare l’originale, la seconda invece tende a ricostruire il più possibile per rendere l’opera leggibile, in modo da non intaccare in senso fisico ed estetico, l’autenticità dell’originale. Si possono anche fare ricostruzioni virtuali di opere smembrate o del tutto distrutte, ricontestualizzazioni, approfondimenti di studi, mostre, visite e restauri virtuali di opere sparse nel mondo, interconnessione telematica tra i musei ed altro ancora rappresentano quasi sempre per i musei un’ottima soluzione. IL MUSEO VIRTUALE Si intende un sito che cerca di far vivere al visitatore l’emozione di essere dentro il museo reale. La struttura di un museo è articolata di solito così:- la ricerca scientifica raccoglie le informazioni culturali- la metodologia operativa ordina e struttura le informazioni secondo la scelta operata- le informazioni strutturate vengono divulgate tramite la comunicazione. Nel museo virtuale le informazioni di tipo testuale ed iconografico vengono rese disponibili in formato digitale dai curatori del museo:al primo livello le singole schede che identificano i vari pezzi al livello intermedio vi sono pagine ipertestuali di collegamento nelle quali vi sono collegamenti alle schede previste per il primo livello a livello superiore troviamo altre pagine ipertestuali che si collegano a quelle di livello intermedio tramite a ipertesto che delinea un periodo più ampio. Nel museo tradizionale corrisponderebbero alle sale espositive. Vi sono tre tipi di museo virtuale: - museo tradizionale virtuale: riproduzione dei musei reali; - museo virtuale: estensione di quello reale con approfondimenti; - museo realmente virtuale: sorta di non luogo. Il museo virtuale non è un’alternativa a quello reale ma deve avere funzione di completamento. La realizzazione di percorsi virtuali è usato anche per la progettazione museografica, rendendola più semplice, valutando con anticipo la distribuzione degli spazi, la collocazione degli elementi espositivi, il colore delle pareti e dei pavimenti, la disposizione dei punti illuminanti e il rapporto degli spazi con la futura frequentazione del pubblico. Inoltre, si rende più diretto il rapporto tra i museologi dello staff dell’istituzione (direttori o conservatori) e il museografo (architetto o designer).Rendono possibile grazie alle macchine fotografiche digitali, lavorare con le immagini degli oggetti, creando esposizioni virtuali del tutto simili alla realtà e facilità la comprensione del progetto che si andrà a sviluppare per committenti o finanziatori con tutti i vantaggi che questa comprensione comporta. Tra i vantaggi troviamo i costi, l’eccesso di informazioni che può condurre alla neutralizzazione o alla saturazione della comprensione dell’opera, l’uso eccessivo di tecnologie troppo avanzate e invadenti, rincontrabile sui fruitori non giovanissimi. Abbiamo due tipi di contatto: Contatto diretto: con le opere Contatto indiretto: prima di quello diretto, potrebbe essere una preparazione ad una visita già decisa o da organizzare. Spesso ci si chiede se il museo online possa far si che la gente non visiti in modo reale il museo, ma non è così, anzi serve per invogliare la gente a visitarlo. Anche se il contatto diretto è insostituibile. ARTE E TECNOLOGIE COMUNICATIVE: LE NUOVE FORME D’ARTE NEL MUSEO Tra le diverse sperimentazioni ricordiamo: - L’arte interattiva, il cui il fare artistico è un’esperienza mutevole – mutante caratterizzata da un ribaltamento spazio-temporale ed è in grado di interagire continuamente agli stimoli dati dal fruitore. L’intervento esterno diviene parte attiva nella costruzione dell’opera anche all’interno dello spazio museale. - La net art e la web art che prevedono l’uso di tecnologie di rete. Nella prima l’interattività svolge un ruolo centrale, essa trova la sua manifestazione esistenziale nel medium della realtà digitale, ma il suo destinatario è la rete, queste nuove opere possono essere reperite in internet, che diventa lo strumento medium privilegiato per proporle e diffonderle. - La video art in cui la videocamera è un dispositivo analogico o digitale che ha rapporto immediato con la realtà, oggi arricchita da ulteriori competenze tecniche e di linguaggio. - La computer art o arte digitale, cioè un metodo espressivo di impronta tecnologica in grado di esprimere la creatività dell’artista. STANDARD DI QUALITÀ PER IL WEB DEL MUSEO I siti italiani in confronto a quelli esteri non brillano per qualità della comunicazione e i biblioteche o archivi museali. Sezioni dedicate al rapporto col pubblico (indirizzi email dello staff, questionari, raccolta reclami e proposte). Per venire incontro alle esigenze dei musei che si accingono a realizzare un sito web, nell’ambito del progetto europeo MINERVA è stato proprio progettato Museo&Web, seguendo le linee-guida contenute nella prima edizione del Manuale per la qualità dei siti web culturali pubblici. Si tratta di un prototipo destinato a un museo medio-piccolo. Museo & Web può essere utilizzato dai musei sia come guida nella progettazione dell’architettura del sito web sia nella realizzazione pratica, sfruttando i modelli messi a disposizione online, che potranno essere personalizzabili con adeguati interventi di carattere grafico. PARTE V: MUSEO, SOCIETÀ E STRATEGIE DI SVILUPPO CAPITOLO 17: IL MUSEO TRA SOCIETÀ E TERRITORIO SOCIOLOGIA DEL MUSEO Le discipline sociologiche approfondiscono il processo sociale che conduce alla creazione dell’opera. L’evento artistico è il risultato tra le due fasi di produzione e ricezione. Ovviamente ci deve essere da parte del museo il riconoscimento di trovarsi di fronte a un pubblico che è espressione delle molte facce della società civile e della comunità. Riflettere sul ruolo sociale del museo implica uno scenario privilegiato per la rielaborazione della memoria e un luogo di lettura del passato e del presente. Si è aperta la strada del discorso sul ruolo dell’importanza del patrimonio culturale per la società con l’introduzione degli oggetti popolari, la considerazione del territorio fisico, l’allargamento al contesto immateriale. L’accelerazione del processo di globalizzazione ha generato due effetti tra loro coesistenti, ossia la cultura internazionale e la riscoperta dell’identità culturale dei luoghi in reazione alla standardizzazione culturale. Ci sono tre fattori legati tra loro da tenere presenti: la comunità locale, la creazione dei musei post bellici e gli ecomusei. Hugues Varine ha posto le basi al concetto di ecomuseo, museo come strumento di sviluppo del territorio. Nella sua idea, lo sviluppo locale sarà sostenibile solo se in armonia con il patrimonio culturale. Per cui non si ha sviluppo senza la partecipazione effettiva, attiva e consapevole della popolazione, poiché in questa concezione il patrimonio è considerato come l’autentico motore del territorio e delle comunità. Esempi di ecomuseo li troviamo in Piemonte e in Trentino-Alto Adige, con lo scopo da parte delle comunità di far conoscere la loro storia. In Italia si diffuse il museo diffuso: termine recente per definire la continuità tra bene culturale e paesaggio e lo stretto rapporto con il territorio. Il concetto di museo diffuso parte dal territorio inteso come deposito di tracce del passato, da riconoscere, decifrare e contestualizzare in collegamento con il patrimonio conservato nei musei, e che può aiutare a rileggere le vicende storiche della comunità cittadina. CAPITOLO 18: ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DEI MUSEI. VERSO UN NUOVO MANAGEMENT Il problema dell’organizzazione museale italiana riguarda gli squilibri gestionali, specialmente nei musei medio-piccoli, nati a partire dalla II GM. Non sempre l’aumento della domanda di cultura è stato seguito da un’offerta adeguata, dal punto di vista organizzativo e gestionale. PUNTI DI DEBOLEZZA E CRITICITÀ DEI MUSEI ITALIANI  Quella connessa all’organizzazione dei servizi di divulgazione (comunicazione, trasmissione del sapere, accoglienza). Importante è raccogliere i dati di carattere informativo per valutare tutti gli elementi in grado di influire sulla percezione del bisogno del visitatore di recarsi il museo. I principali ambiti sono: I fattori socio-culturali, cioè le caratteristiche dei consumatori che influenzano i comportamenti individuali, orientando il sistema delle preferenze; Le esperienze personali, riconducibili anche alle valutazioni di fruizione di servizi analoghi e quindi oggetto di comparazione. DOMANDA E DESTINATARI DEI SERVIZI DEL MUSEO L’analisi della domanda riguarda la conoscenza e comprensione delle motivazioni, in merito al processo decisionale di acquistare o meno un servizio museale. La domanda del museo è formata da un insieme più ampio di relazioni che comprende una pluralità di stakeholders, termine con il quale si indica ogni soggetto che esprime un quale tipo di interesse nei confronti del museo, stabilendo con esso dei rapporti di scambio, ovvero: i proprietari, i dipendenti, i fornitori di beni e servizi, i visitatori, la comunità scientifica, la comunità locale e politica. L’ANALISI DELL’ATTRATTIVITÀ DI UN MUSEO In genere le analisi del grado di attrattività di un museo vertono su questi aspetti:  Caratteristiche della domanda, per cercare di identificare anche gli stili di vita e le abitudini di consumo culturale di chi visita i musei.  Processo decisionale di acquisto dei visitatori, per cercare di comprendere quali siano i fattori che spingono un soggetto a considerare la possibilità di impiegare delle risorse scarse di cui dispone nella visita ad un museo.  Informazioni quantitative sui visitatori, sapere il numero di visitatori risulta di grande importanza e anche sapere le categorie di soggetti che lo visitano.  Informazioni qualitative, per sapere quali sono le motivazioni che hanno portato all’acquisto del servizio museale e il livello di soddisfazione raggiunto attraverso la visita.  Modalità di consumo, per sapere il tipo di reazione che il visitatore ha durante il processo di fruizione, la soddisfazione della visita e l’impatto che il museo ha sul sistema di conoscenze degli individui. I concorrenti del museo. Quattro sono le tipologie che vanno tenute presenti per valutare la concorrenza della visita al museo:  La prima tipologia riguarda il comportamento casalingo, ovvero la propensione a guardare la tv, a navigare in internet, ad ascoltare la musica  Il secondo tipo di consumo riguarda le attività come il cinema, le escursioni naturalistiche, la pratica di sport.  La terza tipologia consiste nella partecipazione ad attività culturali diverse dal museo: teatri, concerti, biblioteche.  La quarta è la visita di altri musei. Per quanto riguarda i fattori di successo su cui il museo può contare è necessario porre l’attenzione alle offerte che diversificano e qualificano il museo rispetto ai concorrenti diretti, grazie a sistematiche operazione di benchmarking che possano offrire una valutazione comparativa rigorosa tra il proprio sistema di offerta e quello della concorrenza. Un altro metodo è quello del marketing mix, strumenti che cooperano per influenzare il mercato. Un visitatore guarda l’offerta, il prezzo del biglietto, il prodotto in termini di tempo per raggiungere il museo, oppure le code alla cassa ecc… PROPOSTE FINALI Sulla base dei risultati ottenuti dalle valutazioni in merito all’analisi della domanda, dell’attrattività e della competitività e sulla base anche dei vincoli finanziari cui il museo è sottoposto, posso essere attuate le seguenti azioni:  Consolidamento della propria posizione competitiva, favorendo la nascita di club di amici del museo per fidelizzare il “cliente” per un lungo periodo  Modifica e innovazione dei rapporti con il pubblico, attraverso nuove iniziative  Perseguimento dell’espansione della domanda da attuare nei confronti di un pubblico nuovo, focalizzando l’attenzione su nuovi target e magari sviluppando appositamente progetti o percorsi innovativi. In ogni caso, indipendentemente da quali azioni di marketing strategico si portino avanti, queste devono essere declinate con la missione del museo e le sue finalità. Il museo e i rapporti con gli operatori del turismo. È inoltre necessaria una collaborazione con l’industria urbana o locale del turismo. Su questo fronte i partner del museo sono diversi: le aziende di promozione turistica, gli operatori turistici, le agenzie di viaggio, gli operatori del settore alberghiero e della ristorazione, i centri congressi, i taxisti ecc.
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